GUATEMALA – BELIZE
Diario di viaggio 23/03-07/04/2001
22/03/2001 La nostra vacanza non inizia sotto il migliore degli auspici, infatti Chiara della Prismatour ci informa che l’Air France ha posticipato il volo dalle 9.40 alle 13.40.
23/03/2001 Partenza ore 4.00 della mattina con il Peugeottino verso Bologna, lo parcheggiamo in un posto riservato al personale, speriamo di ritrovarlo. Ore 7.30 I° volo per Parigi, da Parigi II° volo per Miami con circa 1 ½ ora di ritardo rispetto a quanto già preannunciatoci, arriviamo a Miami alle 19.00 c.ca, quindi la coincidenza con la Taca è persa, ci sbattiamo un po’ perché non vogliamo rimanere a dormire a Miami finchè non troviamo un incaricato della Air France che riesce a trovarci posto su un volo dell’Iberia in partenza alle 23.00, ci fornisce un buono per la cena e una tessera telefonica pre-pagata con la quale cercheremo invano di avvisare la Posada Belen che non arriveremo alle ore 21.00, in quanto non riusciremo a prendere la linea per il Guatemala. Arriviamo all’aeroporto di Guatemala City verso le 1.30, dopo vari controlli ai bagagli usciamo per prendere un taxi: non ce ne sono di ufficiali quindi saliamo su un’auto scassata che comunque riporta l’insegna “TAXI” sugli sportelli. Dopo una sospetta sosta in un distributore in una zona che, scopriremo più tardi, era completamente fuori da quella del nostro albergo, veniamo affiancati da un’auto che in un primo momento sembra voler gareggiare in velocità, ma poi ci taglia la strada bloccandoci, scendono due uomini armati che salgono sul nostro taxi, obbligando l’autista a voltare per una strada secondaria, buia e desolata, qui lo picchiano e lo scaraventano per terra, quindi ci obbligano a scendere, ci derubano di $ 600 e dopo una breve colluttazione per riprendere almeno il portafogli dove abbiamo le carte di credito, risalgono sul taxi e si danno alla fuga con i nostri zaini e passaporti. Shoccati torniamo a piedi sulla strada principale, dove fortunatamente passa una pattuglia della Polizia, la blocco urlando ed agitandomi in mezzo alla strada, il taxista spiega loro l’accaduto, quindi fermano un altro taxi e ci fanno accompagnare al comando più vicino per sporgere denuncia, mentre loro vanno all’inseguimento dei ladri. La stazione di polizia è a dir poco raccapricciante e non ci tranquillizza affatto: non c’è un telefono, un bagno, un computer, solo una vecchia macchina da scrivere con la quale un poliziotto batterà la denuncia su 5 fogli di carta velina intramezzati da carta copiativa. Sarà la stanchezza, sono più di 24 ore che non dormiamo, sarà la paura, ma, nonostante fuori sia caldo-umido, sento freddo e sanguino da un dito che mi sono ferita per salvare il mio zainetto dove tenevo la telecamera e la macchina fotografica. Cerchiamo di capire il racconto che il taxista fa al poliziotto e forniamo anche noi la nostra versione parlando un po’ in italiano e un po’ in spagnolo, visto che l’inglese non lo parla nessuno. Il poliziotto fa un sacco di domande al taxista, sembra accusarlo, più tardi ci farà capire che spesso il taxista è d’accordo con i ladri, per questo ci ha portato in un’altra zona.
24/03/2001 Alle 5.00 del mattino una pattuglia ci accompagna all’Hotel, cerchiamo di riposarci un po’ ma i pensieri, lo sconforto, l’indecisione sul da farsi non ci sono certo di aiuto. Alle 9.00 chiamo Francesca Sancinelli, con la quale mi ero sentita via e-mail i giorni passati per la prenotazione (Posada Belen – Casa Museo $43 a notte, un po’ caro considerando il fatto che si trova nella zona 1 della città: la più malfamata), le spiego l’accaduto e le chiedo di informarsi sull’orario di apertura dell’Ambasciata Italiana. Più tardi mi richiama e mi informa che il sabato e la domenica l’Ambasciata è chiusa ma c’è un numero per le emergenze che chiamo immediatamente, mi risponde un incaricato del Console, Sig. Francesco De Silveltris, che ci manda a prendere da sua figlia Miriana e un suo amico Rafael, che ci scortano in un centro commerciale per acquistare un po’ di vestiti, poi ci accompagnano in un Hotel poco lontano e ci tornano a prendere per il pranzo. Restiamo a casa del Viceconsole tutto il pomeriggio, anche perché la voglia di andare in giro non ci sfiora, ci raccontano un po’ di episodi accaduti e ci rendiamo conto che le informazioni forniteci dall’agenzia viaggi e dalla guida della Lonely Placet erano tutt’altro che allarmistiche, ma ormai dovremmo aver già dato, quindi decidiamo di continuare il ns/tour, facendo tesoro dei consigli di Francesco e Rafael. Rafael è un carabiniere romano che lavora in una base dell’ONU nel Quichè: una delle regioni più povere del Guatemala e appena ha un paio di giorni liberi viene nella capitale dove, oltre che vedere gli amici, può far scorta di cibarie che non si trovano dove sta lui. Ad agosto finirà la sua missione e potrà finalmente tornare a casa dove l’aspetta la moglie incinta: ha detto che l’ultima licenza è stata fatale. L’ospitalità e il calore di queste persone ci colpisce molto tanto che anche il freddo che sento dentro comincia ad affievolirsi. Dopo una breve sosta in un emporio gestito da cinesi e un giro panoramico nel quartiere più ricco della città ci riaccompagnano all’Hotel “Los Proceres” (250 Q a notte), li salutiamo ringraziandoli mille volte e su indicazione di Rafael telefoniamo all’agenzia Atitrans per farci venire a prendere l’indomani mattina per andare a Chichicastenago (costo $50).
25/03/2001 Partenza ore 6.00, arriviamo a Chichicastenago verso le 9.30 dopo aver fatto una ricca colazione ed iniziamo a respirare il vero Guatemala, quello che ci aspettavamo: donne indios con i costumi tradizionali, bancarelle piene di tessuti e maschere multicolori, odore di incenso bruciato davanti alla Chiesa San Tomas dove riti cristiani e pagani sembrano essere un tutt’uno; bambine che vogliono venderti per forza qualcosa: collanine, braccialetti, sciarpe o fischietti, bambini che vogliono pulirti le scarpe (ci tengono tantissimo forse perché essendo tanto poveri devono farle durare il più possibile). Il suono della marimba ci attira verso l’albergo San Tomas, il più esclusivo con un giardino ricco di fiori e pappagalli dove si può godere di un po’ di ombra. Alle 14.30 riprendiamo il pulmino che ci porta a Panajachiel. Il percorso è abbastanza movimentato: strade strette, ripide e piene di curve che i coloratissimi autobus locali percorrono a folle velocità, Rafael ci raccontava proprio ieri che la scorsa settimana ci sono stati due incidenti dove sono morte 35 persone. Fortunatamente il nostro autista è prudente e arriviamo incolumi a Panajachiel. Non avendo alcuna prenotazione seguiamo due americane e ci facciamo accompagnare in un albergo economico “Contemporaneo” (84 Q) semplice, pulito, vicino al lago. Dopo una doccia rinfrescante andiamo a fare un giro per il centro, ancora negozi e bancarelle pieni di mercanzie coloratissime, agenzie turistiche e ristorantini e una strana anche se preannunciata presenza di hippy. Sono le 18.30 i ristoranti sono vuoti e di gente in giro ce n’è veramente poca, quindi decidiamo di andare a cena sopra al Pana Rock Cafè dove ci gustiamo un meritato Margarita come aperitivo. Ore 20.30 siamo già a letto.
26/03/2001 Sveglia alle 6.00 per vedere l’alba sul lago, sembra un paesaggio da fiaba, i vulcani intorno al lago sono ancora avvolti nella nebbia, di lontano si sentono i galli annunciare il giorno, in giro solo noi, un altro turista armato di macchina fotografica e i camerieri che iniziano ad apparecchiare per la colazione. Ancora un po’ assonnati ci dirigiamo verso il centro per consumare una ricca colazione: uova, pancetta, patate, jugo, caffè, pane, burro e marmellata, ma è quello che ci vuole per un’altra giornata intensa. Prendiamo quindi una barca del servizio pubblico che per 100 Q ci farà fare il giro del Lago. Stranamente ci ritroviamo con altre due coppie di italiani, stringiamo amicizia con Stefania, avvocato, e Simone, consulente assicurativo, di Perugia. Ci raccontano di una serie invidiabile di viaggi che hanno fatto: Namibia, Madagascar, India, Sud Africa, etc. etc. e praticamente stiamo tutto il giorno con loro. I° tappa San Pedro dove l’aroma del caffè ad essiccare ci accompagna per tutto il paese. Ho perso una buona occasione per acquistare un top in pelle molto “hippy” che non troverò da nessun’altra parte. Il centro è situato in cima ad una ripida salita dove in una piazza dei bambini giocano a basket, c’è un mercatino di generi alimentari dove vendono delle carote gigantesche e il mitico carretto dei gelati con la campanella. Scendendo verso il lago ci imbattiamo in una scolaresca, scattiamo qualche foto con i bambini, tutt’altro che intimiditi dall’obbiettivo e risaliamo in barca. II° tappa Santiago, appena scesi ci si avvicinano bambini e vecchi che vogliono accompagnarci a vedere Maximon: il dio della prosperità economica, che fuma, beve e cambia casa ogni anno cosicché ogni famiglia del villaggio per almeno una volta potrà godere delle offerte che i turisti lasciano per assistere al rito , che non è altro che un po’ di incenso bruciato e una serie di preghiere. Scendiamo quindi a vedere la chiesa, stracolma di gente vestita con gli abiti tradizionali, scattiamo qualche foto e arriviamo alla barca, ma i 5 minuti di ritardo sono stati fatali e ci hanno lasciato a piedi, siamo costretti quindi a tornare a Panajachiel anziché continuare il giro. Giunti a Pana aspettiamo la barca per chiedere un risarcimento ma ci dicono che il servizio pubblico ha degli orari da rispettare e, se questo discorso può andare bene a noi che lo abbiamo pagato come tale, non soddisfa affatto Stefania e Simone che hanno acquistato il tour da un’agenzia viaggi pagandolo il triplo, ma piuttosto che perdere il pomeriggio a litigare decidiamo di noleggiare una lancia privata che ci porta a Santa Catarina e a Sant’Antonio. Nel primo villaggio veniamo praticamente assediati da bambine che vogliono venderci le solite collanine e sciarpette realizzate con telai a cintura. Tanto per non farsi mancare niente da turista fantozziano Diego per risalire in barca perde gli occhiali. Si è fatto tardi e quando arriviamo a Sant’Antonio le altre imbarcazioni hanno già finito il giro, per cui ci ritroviamo ad essere gli unici turisti. Il paesaggio è molto curato, si vedono ville con giardini coloratissimi ai bordi del lago, ma sono off limits per gli abitanti del villaggio che vivono in catapecchie dal tetto di lamiera. Ci fermiamo in un laboratorio tessile e Diego si ricompra i pantaloni che ci sono stati rubati. Rientriamo a Pana lasciandoci alle spalle un suggestivo tramonto. Saluti di rito con Stefania e Simone, ci scambiamo gli indirizzi e i numeri telefonici e ci diamo appuntamento per quest’estate a Portonovo, visto che sono degli habituè, poi cena al Pana Rock Cafè dove conosciamo un ragazzo italiano che fa il volontario in una missione per bambini orfani e si guadagna da vivere vendendo collanine e cantando nei locali, infatti in nostro onore ci canta qualche canzone italiana. Ore 10.00 circa a letto: tardissimo !!
27/03/2001 Dopo aver fatto colazione in centro torniamo all’albergo, ore 9,30 arriva il pulmino dell’Atitrans che ci porta ad Antigua per 140 Q. Ci lasciamo alle spalle un paesaggio bellissimo, ma quello che ci aspetta non è da meno. Antigua è una città coloniale con ancora tutte le strade in selciato, le vie che la dividono geometricamente fanno intravedere degli scorci mozzafiato: vecchie ville dipinte a tinte forti contornate da siepi di fiori multicolori, il vulcano che data la sua altezza riesce a far capolino anche dietro ai palazzi più alti, nella piazza principale c’è una fontana, tutto intorno dei porticati dove hanno sede il Governo, il Museo, le maggiori banche, la Chiesa di Santiago e un brulichio di venditrici ambulanti. Non può mancare il mercatino dell’artigianato e noi troviamo alloggio in un ristorante/hotel proprio lì vicino “Las Palmas” – 150 Q. La cosa che più ci colpisce sono sicuramente i giardini o pati dentro le mura dei palazzi, dove spesso si trovano bar e ristoranti. Dopo un po’ di giri di orientamento arriviamo alla Cattedrale “La Merced”, ancora intatta nel suo splendore, di un colore giallo intenso con delle decorazioni bianche che sembrano ricami. All’interno sono già iniziati i preparativi per la settimana santa: si danno tutti un gran da fare per spolverare le statue lignee di Cristo immortalato nei vari momenti della via crucis e c’è anche un piccolo tappeto di segatura raffigurante fiori e farfalle colorate che non è altro che una miniatura di quelli che verranno realizzati per le vie per la processione pasquale. Tra le varie soste merita sicuramente un appunto il convento di Santa Catarina e la Posada Don Rodrigo: ora alberghi di un certo livello arredati con mobili e suppellettili antiche.
Cena anche stasera molto presto, circa 19.30 in un ristorantino piccolo ma molto carino e romantico, siamo praticamente soli e non riusciamo a capire dove vanno i giovani, di cui la città è piena in quanto ci sono un sacco di scuole.
Dopo una piccola sosta nella piazza principale per qualche foto notturna rientriamo in albergo e ci fermiamo a bere un Rum Anjero che ci costa ben 54Q.
28/03/2001 La colazione al Ricky’s Bar ci viene servita con una lentezza incredibile, ma ne valeva la pena solo per la marmellata di fragole. Visitiamo quindi, su indicazione di Simone e Stefania l’Hotel Santo Domingo, dove loro hanno dormito, un tempo era un convento ma oggi è il più esclusivo hotel di Antigua, statue lignee di frati, l’altare adibito a reception, composizioni floreali bellissime, pappagalli, piscina, galleria di abiti dell’alta moda italiana, … e chi più ne ha più ne metta: senza parole. Pomeriggio in giro a fare shopping e poi un’eccellente cena al Ricky’s Bar dove si incontrano un sacco di studenti a bere e ad ascoltare musica: scoperto l’enigma di ieri sera !!
29/03/2001 Colazione sulla Piazza centrale e poi di corsa in albergo: c’ho la cagarella !!
Ore 8.00 partenza per Città del Guatemala dove ci aspetta il Viceconsole per i documenti. Mal di pancia terribile, arrivo giusto in tempo all’ambasciata per l’ennesima scarica liberatoria. Dopo un po’ di firme e qualche chiacchiera con Francesco De Silvestris, lasciamo i nostri nuovi zaini e andiamo in un paio di centri commerciali per acquistare costumi, ciabatte e creme solari. Pranzo a Mac Donald’s e rientro all’ambasciata. Saluti di rito poi con un taxi amarillo arriviamo al terminal bus della Linea Dorada, dal quale non ci muoviamo anche se è veramente squallido, visto che si trova nella pericolosa zona 1. Ore 21.00 partenza per Flores, l’autobus è veramente comodo, quindi riusciamo a dormire un po’. Per cena ci danno un hamburger, tacos e gazzosa.
30/03/2001 Arriviamo puntualissimi alle 5.00 a Flores dopo 9 ore di viaggio con alcune soste per controlli della polizia e per far scendere una ragazza sola sul Rio Dulce alle 3.00 di notte: che coraggio !! Anche se non ci sarebbe dispiaciuto scendere anche noi e raggiungere Livingston: dicono sia veramente carina, ma il tempo stringe e bisogna sapersi accontentare.
L’autista ci propone un albergo che non ci convince, così chiediamo di accompagnarci alla “Casona della Isla” (250 Q) che ho prenotato telefonicamente dal terminal della Linea Dorada. La descrizione sulla guida è fedele: molto accogliente e gode di una bella vista sul lago, ha la piscina, le camere sono pulite e ben arredate, inoltre ci fa entrare alle 5.00 del mattino senza farci pagare la notte e così sfruttiamo l’occasione per riposarci un po’. Verso le 9.00 ci alziamo e andiamo a far colazione, poi un giro per le vie,con i soliti negozi di tessuti e oggetti artigianali, alla ricerca di una banca e dell’Agenzia Mundo Maya per confermare il bus per Tikal e per Belmopan.
Purtroppo per noi non ci sono banche a Flores per cui ci incamminiamo sotto un sole cocente sul ponte che collega Flores a Sant’Elena, fortunatamente incrociamo un taxi e ci facciamo accompagnare. Ci rendiamo conto che la scelta di Flores anziché Sant’Elena è stata veramente felice perché quest’ultima è sporca, squallida e molto confusionaria. Ci incamminiamo per tornare a Flores quando un vecchietto ci invita a fare un giro sul lago sulla sua lancia, a Diego non gli sembra vero che si riesca a fare qualcosa visto che oramai si era rassegnato a rimanere a Flores dato che le agenzie non proponevano tour in giornata, quindi, concordato il prezzo 60Q, saliamo sulla lancia e con un velocità da crociera raggiungiamo lo zoo “Il Petensito – Paradiso Perdido” dove riusciamo a vedere coccodrilli, scimmie, giaguari, puma, pavoni etc. e trascorriamo così un’ora piacevole e rinfrescante.
Aperitivo in terrazza ad ammirare il tramonto, cena da dimenticare se non altro per l’abbondanza di cipolle e per il caldo soffocante.
31/03/2001 Ore 5.00 partenza per Tikal sul bus del Mundo Maya 10$ a testa dove incontriamo Cristina e Francesco, lei di Piacenza, lui di Olbia, sposati ma vivono separati per motivi di lavoro, entrambi infatti lavorano per delle compagnie aeree e appena possono prendono il primo volo e si incontrano, chissà forse un giorno decideranno di fare uno scalo a Falconara e magari di venirci a trovare, mi farebbe veramente piacere; anzi se qualcuno li ha riconosciuti dica loro di mettersi in contatto con noi.
Arriviamo a Tikal con un po’ di ritardo perché per strada c’era stato un incidente: un autobus era andato a finire in una scarpata. E’ ancora presto, quindi la nebbia avvolge ancora questo posto rendendolo ancor più affascinante. I° tappa alla Piazza Grande dove scaliamo un tempio, di fronte c’è il Trono, ma non ci si può salire, perché in passato due turisti sono precipitati. La vista è emozionante, si sentono cantare dei strani uccelli con la coda gialla e degli animali simili a formichieri si danno un gran da fare a cercare il cibo, incuranti dei turisti. 2° Tappa il Tempio n. 3, poi il n. 4 del quale raggiungiamo la cima attraverso una ripida scala di legno. Il caldo comincia a farsi sentire, quindi quando scendiamo ci ristoriamo con un pacchetto di patatine e una bottiglia d’acqua: una colazione un po’ misera ma non c’è di meglio. 3° Tappa il Mondo Perdido dove incontriamo Cristina e Francesco, una breve sosta, quattro chiacchiere, quando ci rendiamo conto di aver perdido la guida della Lonely Planet, quindi ripercorriamo tutta la strada, Diego sale di nuovo sul tempio n. 1 sotto il sole cocente, ma senza risultato. Dimenticavo che per la prima volta abbiamo visto le scimmie urlatrici: non sono molto grandi ma le loro urla in un primo momento ci avevano fatto pensare ad un giaguaro. Così soddisfatti per l’incontro ma delusi per la perdita torniamo all’ingresso del parco a mangiare qualcosa per poi rientrare e finire il nostro giro con l’acropoli del sud e i sette templi. Ore 17.00 rientro in albergo con il bus, qualche acquisto, facciamo le fotocopie delle pagine che ci interessano dalla guida di Francesco, saluti di rito e scambio di e-mail, poi cena sulla terrazza dell’albergo.
01/04/2001 Ore 5.00 partenza per Belmopan 8 $ a testa dove arriviamo verso le ore 10.00 dopo aver passato il confine con il Belize, qualche problema in dogana a causa dei documenti, ma alla fine ci lasciano passare. Non avendo più la guida né i ns/appunti di viaggio ci facciamo scaricare dall’autista in un incrocio dove dovremo aspettare la coincidenza per Dandriga. Non c’è una stazione degli autobus ma un campo pieno di insetti e non sappiamo quanto dovremo aspettare, ma fortunatamente verso le 10.45 arriva il bus della Z-Line che per 6 $ BZE a testa ci porterà a destinazione. A Dandriga, come da manuale, raggiungiamo il River Side Cafè dove incontriamo il Capitan Buck che con la sua lancia ci porterà a Tobacco Caye.
L’isola è grande più o meno quanto un campo da pallone, coperta da palme da cocco, contornata da un’acqua cristallina dalle mille sfumature di verde e azzurro, vicinissima alla barriera corallina. Appena scendiamo ci viene incontro Mark Bradley che mi chiama per nome e dissolve tutte le mie paure di non avere un posto dove dormire, visto che non eravamo riusciti a confermare la prenotazione a causa dei problemi sulle linee telefoniche. Ci mostra il bungalow : un po’ spartano ma ben si addice al resto dell’ambiente. Non abbiamo ancora mangiato niente quindi ci facciamo preparare uno snack: tortillas con tonno e cipolle. Un giro di perlustrazione dell’isola e ci rendiamo conto che anche stavolta la nostra scelta è stata fortunata, infatti gli altri lodge sembrano ciò che è rimasto in piedi dopo un uragano con spiagge piene di materiali trasportati dal mare, invece nel nostro spigolo di paradiso la spiaggia è curata e i bungalow i più nuovi: ci dirà infatti più tardi Arturo che sono stati ricostruiti dopo un terribile uragano che aveva spazzato via tutto.
E’ quasi ora di cena e un senso di depressione ci assale: il tempo si sta annuvolando, la cuoca con tutto il pesce che ha a disposizione sta cucinando del pollo e sull’isola ci sono solo turisti americani, quindi dopo cena comunichiamo ad Arturo di volercene andare l’indomani mattina.
Verso le 19.00 andiamo al bar, qui conosciamo Markos, un ragazzo svizzero che ci racconta di essere a Tobacco da una settimana, di aver fatto snorkel intorno all’isola e che non possiamo andarcene senza aver fatto prima almeno un’immersione, quindi saranno state le birre, sarà stata la simpatia di Markos, sta di fatto che decidiamo di rimanere un altro giorno.
02/04/2001 Incominciamo ad apprezzare Tobacco dopo la colazione facendo una prima immersione sul lato sinistro, ci sono ancora dei bei pezzi di corallo, pesci gialli e blu, qualche stella e avvistiamo anche due razze bellissime che sembrano danzare. Per pranzo ci servono una buonissima zuppa vegetale con conchiglie e riso. Nel pomeriggio un po’ di snorkel sull’altro lato, lezione di italiano a Faegon: un istruttore di dive con degli occhi più azzurri del mare nonostante sia di colore, una birra e a cena un trancio di barracuda con banane e patate. Dopo cena un cuba libre e un margarita (ne abbiamo bevuti di migliori), lezione di italiano a Faegon che è innamorato della musicalità della nostra lingua e vuole sapere le traduzioni delle frasi tipiche per sedurre le ragazze e naturalmente anche di qualche parolaccia, ogni tanto provo ad intavolare qualche discorso con il mio azzardato inglese e riesco anche a farmi capire, che soddisfazione !!
Su quest’isola non c’è molto da fare ma basta guardarsi intorno e ti rendi conto che tutto sommato non ti manca niente, anzi cerchi di immagazzinare un sacco di sensazioni con la speranza che restino indelebili nella tua memoria per poterle vivere ancora: il fresco della sabbia sotto ai piedi che non diventa mai rovente come dalle nostre parti perché è costituita da minuscoli frammenti di corallo, il vento che ti accarezza, il sole che ti brucia anche all’ombra delle palme, il brusio del mare che ti coccola, il dondolarsi su un’amaca di fronte a un mare dalle mille sfumature, il profumo delle spezie che la mami usa nei suoi semplicissimi piatti. Scusate, mi son fatta prendere un po’ troppo la mano, ma era solo per giustificare il fatto che non ce ne vogliamo più andare.
03/04/2001 Terzo giorno a Tabacco in pieno relax, un po’ di snorkel, pranzo a base di frutta, cena con zuppa di conchiglie. La sera ci tratteniamo un po’ più a lungo a bere birra al bar sulla spiaggia insieme ad Arturo, Faegon ed un loro amico, con la speranza di riuscire a telefonare a casa, ma l’impresa è impossibile, per cui decidiamo di mandare una e-mail ai ns/colleghi di lavoro.
04/04/2001 Dopo un’abbondante colazione a base di uova, pancetta, fagioli, toast burro e marmellata, ananas, ci sdraiamo un po’ al sole, un tuffo, un po’ di snorkel, pranzo veloce a base di frutta poi con Capitan Buck andiamo a fare un’escursione. Prima tappa alla Bird Island così chiamata perché una colonia di uccelli neri con un gozzo rosso gonfiabile se ne è impossessata, seconda tappa a South Water Caye: un’isola stupenda, un po’ più grande di Tabacco, con un reef quasi integro tutto da scoprire, sulla via del ritorno un’altra sosta in un tratto con un’acqua di un colore mai visto, spero proprio che foto e telecamera le rendano onore. Rientro a Tabacco, un po’ di relax sulla spiaggia, Arturo ci raccoglie un cocco, ancora caldo, è delizioso. Dopo una doccia tiepida, al suono della campana ci uniamo agli altri per la cena: stasera finalmente un pesce vero, dalla carne bianca, fritto, veramente buono!! Quello che lo rovina un po’ è la limonata al posto del vino ma pazienza. Avevo dimenticato di fare un appunto sugli altri ospiti del lodge: la prima sera sette americani che sembrano quelli della famiglia Bradford, altri due americani sulla cinquantina un po’ figli dei fiori, un inglese da solo esperto in immersioni, timidissimo, non parla con nessuno ma in compenso legge moltissimo; dalla seconda sera a rimpiazzare la famiglia Bredford sono arrivati una coppia: lei argentina molto petulante e lui canadese e due californiani forse padre e figlio che hanno fatto con noi l’escursione.
Ora ci troviamo di fronte a una scelta difficile: rimaniamo a Tabacco o andiamo da qualche altra parte? A schiarirci le idee è Arturo che praticamente ci dice che dobbiamo andarcene in quanto l’indomani gli serve la camera, quindi ci aiuta a pianificare la fine del nostro viaggio. Ci consiglia di andare a sud e visitare San Ignazio, invece Faegon, che fa l’operatore turistico da nove anni, ci invita a vedere la Jaguar Riserve e il Maya Centre, ma viste le difficoltà di comunicazione con questa gente che parla un inglese misto creolo, decidiamo di avvicinarci a Belize City.
05/04/2001 Ore 9.00 partenza dopo la colazione, c’è da dire che sono veramente commossa a lasciare questo posto perché mi ero abituata al suo ritmo di assoluta tranquillità e relax, infatti anche se in un primo momento non ci aveva colpito favorevolmente a causa della massiccia presenza di americani, pian piano siamo riusciti a stringere amicizia con Arturo, che è stato con noi disponibilissimo e l’isola, anche se un po’ trasandata è proprio quella che ho sempre sognato.
Ci imbarchiamo insieme alla coppia argentina/canadese sulla lancia di Capitan Buck e dopo una traversata non proprio tranquilla, arriviamo a Dandriga completamente bagnati, raggiungiamo quasi la stazione degli autobus quando ne sopraggiunge uno della James che porta il cartello Belize, quindi saliamo. Non ci sono turisti, ma solo gente locale, e …. tanta polvere, ma non ci sono altri mezzi se non l’aereo che chiaramente non è poi così economico. Vicino a me c’è seduta una signora di colore, la classica mami, che occupa quasi due sedili, legge, fa i conti, dorme e quando arriviamo a Belmopan prende i bagagli e scende convinta di essere arrivata, invece ci sono ancora un ora e mezzo di viaggio c.ca.
Attraversiamo un paesaggio molto movimentato, piantagioni sterminate di arance che profumano l’aria, piccoli paesi con l’immancabile campo da pallone dove giocano venti contro venti e hanno porte sparse un po’ su tutto il perimetro, le Chiese di qualsiasi professione religiosa anche in un agglomerato di sole quattro case e ci ripromettiamo di tornare a fare un giro per l’interno di questo paese che sicuramente ha tanto da offrire.
Arriviamo a Belize alle 12.45, seguiamo le indicazioni di Arturo e andiamo verso gli imbarchi, chiaramente, e non poteva essere altrimenti per la fantozziana coppia, la barca delle 13.00 è appena salpata quindi dobbiamo aspettare quella delle 15.00 che per 25 $BZE ci porterà ad Ambergrease. Compriamo una tessera telefonica e finalmente dopo 5 gg riesco a parlare con mia madre che non mi sembra affatto preoccupata, visto che la ns/ e-mail era arrivata e aveva avuto ns/notizie da Annamaria, la mia collega di lavoro. Fa molto caldo, la sala d’attesa comincia a riempirsi e arrivano anche le due americane che erano sul pulmino dell’Atitrans a Panajachiel e si sono fermate a dormire nel ns/stesso albergo, mi riconoscono, ci dicono di essere state in Messico e che ora vanno a Cayo Caulker per poi tornare in Guatemala. La barca non è altro che un motoscafo, probabilmente omologato per 10/15 persone invece siamo più di 40, prima fanno salire tutte le donne e i bambini, poi gli uomini, dobbiamo stare tutti seduti ma appiccicati come le sardine. Arriviamo ad Ambergrease dopo aver scaricato un po’ di gente a Cayo Caulker: un posto molto frequentato dai giovani dove si possono trovare sistemazioni più spartane ed economiche . Ci mettiamo subito alla ricerca di un hotel: il Ruby’s non ha un bell’aspetto e fortunatamente non ha camere disponibili, il Mayan Princess vuole circa Lit. 230.000, quindi proviamo al Lily’s: non è bellissimo ma ha camere pulite con A/C e bagno in camera al prezzo di 53.5 $BZE e decidiamo di fermarci.
Un giro per il centro, caratterizzato da una strada di sabbia dove c’è un continuo via vai di golf car e di gente che va in giro scalza, entriamo in un’agenzia per prenotare un’escursione, sfortunatamente però non ci sono più posti disponibili, quindi un po’ delusi andiamo a farci una doccia per poi andare a cena in un ristorante messicano “Caliente” dove per 60$BZE ci servono conchiglie in salsa de ajo e filetti di red snapper con una baked potatoes + rum e margarita.
06/04/2001 La mattina colazione al Lily’s quando vediamo arrivare l’argentina e il canadese, molto divertiti dal fatto di esserci rincontrati nello stesso hotel. Torniamo quindi in agenzia “Amigo Travel” prenotiamo uno snorkel per il pomeriggio , riconfermiamo il volo di rientro a casa e acquistiamo i biglietti per il volo da San Pedro a Belize City, perché ci sconsigliano la barca che potrebbe non arrivare in tempo.
Facciamo una passeggiata fino all’estremità nord dell’isola, incontriamo resort bellissimi e altri in via di ricostruzione, anche qui probabilmente qualche uragano ha lasciato il segno, ci fermiamo sulle sdraio di un resort a prendere un po’ di sole, poi rientriamo in albergo perché alle 13.30 dobbiamo andare a prendere l’attrezzatura a noleggio per fare snorkel. Pranzo due banane. La glass bottom boat è veramente bruttina e va a una velocità lentissima, passiamo a prendere due famiglie di americani e guarda caso sul molo ci sentiamo chiamare da Stefania e Simone, i Perugini, uno scambio veloce di battute, un appuntamento per la sera, ma la barca deve ripartire. 1° Sosta alla Shark Valley dove abbiamo fatto snorkel in mezzo agli squali e le razze, veramente emozionante. 2° Sosta all’Hole Chane: un parco naturale con dei pesci grossi come me e dei coralli veramente belli. Rientriamo soddisfatti in albergo anche se ci è costata ben Lit. 60.000 a testa. Una doccia e poi di nuovo a cena al “Caliente” dove per 70 $BZE prendiamo un red snapper + patata e dei filetti di pesce fritti con riso + due margarita frozen che non finivano mai.
07/04/2001 Terzo giorno ad Ambergrease: Diego è un po’ depresso perché non abbiamo prenotato niente quindi dovremo gironzolare tutto il giorno, ma sinceramente Lit. 250.000 a testa per andare a Lamanai erano decisamente troppe e per andare al Blu Hole bisogna star fuori almeno due giorni! Colazione buona e abbondante da Caruso, giri in spiaggia e per negozi, incontriamo un’altra coppia di giovani americani che era a Tabacco, mentre stavamo scrivendo delle cartoline ci si avvicina un rasta, bellissimo con occhi azzurri, e ci chiede se vogliamo del fumo, magari anche con annesso giro in barca, ma visto che questa vacanza ci ha riservato già delle sorprese poco piacevoli, perché andarsele a cercare. Rimaniamo nei pressi dell’albergo anche perché Felipe, il vecchio proprietario, ci ha detto che dobbiamo cambiare stanza. Nel pomeriggio una lunga passeggiata sul lato sud fino a raggiungere una bella spiaggia dove ci godiamo l’ultimo bagno. Il tempo comincia ad annuvolarsi e non rimpiangiamo di non aver fatto escursioni visto che il continuo vento rende il clima piuttosto freddino, specie se non c’è il sole. Rientriamo in albergo, prepariamo le borse e poi a cena da Caruso dove per 92 $BZE mangiamo scampi e red snapper + rum e Kalua. E’ sabato sera, c’è più gente del solito in giro, entriamo al Fido’s, un locale alla moda pieno di giovani, ma non abbiamo più soldi cash e domani mattina ci dobbiamo svegliare presto visto che il volo per Belize parte alle 7.00, così ci ritiriamo. Non riesco a dormire, forse il caldo, forse la cena, forse la paura che Felipe non ci svegli in tempo o solo la malinconia che anche questa avventura sta per finire.
08/04/2001 Alle 6.00 Felipe viene a svegliarci, puntualissimo, ci prepariamo, prendiamo un taxi e andiamo all’aeroporto, vediamo l’aereo che dobbiamo prendere, Diego non è molto tranquillo, invece il volo si rivela una vera passeggiata in cielo, a bassa quota, dalla quale possiamo ammirare per l’ultima volta la trasparenza di questo splendido mare. A Belize ci imbarchiamo sul volo della TACA per raggiungere Huston, di qui con l’Air France fino a Parigi e poi Bologna. Ritiriamo i nostri bagagli con la certezza che non passeranno inosservati alla dogana, invece tutto tranquillo, anche la macchina è al suo posto, senza multe e fa un caldo che ci fa sperare in un inizio precoce della stagione estiva, ma la vacanza è finita e domani ci aspetta la dura realtà: il lavoro.