“Socotra: il paradiso di Allah”
Yemen
Diario di viaggio 2008
di Mirka
Questo racconto
è il proseguimento di: “In viaggio con Mohammed”.
Dopo aver
trascorso tre bellissime settimane girando gran parte dello Yemen, atterriamo a
Socotra con un volo interno da Sana’a.
L’isola si
trova nell’oceano indiano a circa 500 km a sud-est della terraferma,
appartiene allo Yemen, ma morfologicamente è molto diversa, lunga 142 km e
larga 40 con una superficie di circa 3650kmq si
riserva l’appellativo di: paradiso endemico.
Le montagne
raggiungono i 1500 mt, con gole profonde, molte sono le grotte ancora
inesplorate, la vegetazione è particolare e unica al mondo, il mare è
cristallino con spiagge bianchissime e alte dune, delfini, tartarughe e pesci
tropicali sono i protagonisti di questi fondali.
Qui la natura ha
dato il meglio di sé: ogni albero, pianta, roccia o animale è in perfetta
simbiosi, tanto da apparire come un giardino dell’Eden.
Sull’isola è
presente il Socotra
Conservation and Development Programme (SCDP) a difesa e
tutela del patrimonio naturale, sono molti i ricercatori che vengono qui per
studiare la sua particolare vegetazione endemica.
L’isola di
Socotra è talmente bella, incontaminata, con aree naturalistiche
d’incomparabile bellezza, tanto, da poter essere definita l’ultimo paradiso
per i naturalisti.
Fortunatamente il
turismo non è molto, si può girare a bordo di un 4x4 dormendo nelle aree
prestabilite per il campeggio e facendo qualche sosta intermedia nella capitale
Hadibu.
25/01/2008 Hadibu-Ayhaft-
Dilisha
In aeroporto ad
attenderci ci sono, Shaya e Ali, saranno le nostre guide e cuochi per questa
settimana.
Lasciamo il
piccolo aeroporto a bordo di una Toyota Land Cruiser, il tratto di strada fino
ad arrivare alla capitale Hadibu è breve, circa 12 km, costeggiamo il mare, i
colori variano dal blu intenso al turchese, purtroppo non osservo molto ciò che
mi circonda: sono arrabbiatissima! si è rotto il caricabatteria della mia
reflex e non potendo rimediare al guasto sarò costretta a dosare gli scatti
facendo fede nelle sole due batterie a me rimaste.
Hadibu si trova a
nord dell’isola, è un piccolo villaggio dall’aspetto decadente e senza
nessuna attrattiva.
Alloggiamo al
funduq Summer Land, molto essenziale, ma pulito.
Pranziamo con
Shaya e Ali in un piccolo ristorante poi a bordo della Land Cruiser
ripercorriamo la strada fatta stamani, dopo poco, lasciato l’asfalto, saliamo
lungo una pista fino ad arrivare ad un luogo chiamato Ayhaft: davanti a noi c’è
un torrente, i monti che ci circondano sono punteggiati da Euphorbie, alberi
bottiglia, dell’incenso, della mirra e altre specie endemiche.
Siamo entusiasti
di questo luogo, ma non possiamo proseguire oltre, la mulattiera è
impraticabile.
Un po’
amareggiati ritorniamo sulla strada per Hadibu, oltrepassiamo la capitale e dopo
poco vediamo sulla spiaggia una balena morta.
Ci fermiamo
incuriositi, cerchiamo di avvicinarci per quanto il nostro naso ci permette di
sopportare l’odore acre che emana.
Shaya parla
perfettamente l’inglese, mentre Ali solo qualche parola.
Ci raccontano che
la balena si è arenata circa venti giorni fa e la sua vita si è spenta in
questa spiaggia, un vero peccato per il patrimonio marino!
Lasciamo la
balena e proseguiamo ancora verso est fino ad arrivare alla spiaggia di Dilisha.
Alla nostra
sinistra il mare color turchese è spettacolare, a destra a pochi metri dalla
riva c’è una grande duna di sabbia bianchissima che si appoggia delicatamente
alle montagne, la spiaggia è deserta, siamo stupiti dalla bellezza del luogo.
Facciamo un lungo
bagno poi decidiamo di scalare la duna: poco più su della metà ci fermiamo
restando a contemplare il mare e la natura straordinaria di quest’isola.
Poco prima del
tramonto Shaya viene a chiamarci dicendo che lo vedremo da un punto più
suggestivo.
Riprendiamo la
marcia per rientrare a Hadibu.
Ci fermiamo in un
punto dove la visuale ci regala un tramonto meraviglioso su una bellissima
insenatura.
Rientrati nella
piccola capitale salutiamo Shaya e Ali dandoci appuntamento per l’indomani
mattina.
Facciamo una
doccia e usciamo girovagando per le strade acciottolate del villaggio.
Notiamo che qui
sono molto più riservati, rispetto allo Yemen, ci sorridono ma in maniera più
timida.
Decidiamo di
cenare al Taj Socotra, anche se siamo alloggiati al Summer Land possiamo
mangiare in altri ristoranti senza pagare sovrapprezzi.
I tavoli sono
all’aperto, ci sediamo, e subito, facciamo conoscenza con le famose caprette
dell’isola, sono divertenti e buffe, salgono con le zampe sul nostro tavolino
tentando di rubarci i viveri. Mi diverto nel dargli da mangiare e, finito il
cibo divorano tovaglioli di carta come fossero fili d’erba.
Domani andremo
verso ovest, ci aspetteranno nuove emozioni.
26/01/2008 Shuaab-
Qalansiyah
Alle 7,30 Shaya e
Ali sono da noi, il Land Cruiser è carico con viveri e il necessario per
campeggiare.
Partiamo
dirigendoci verso la costa ad ovest della capitale, oltrepassiamo l’aeroporto
per poi addentrarci in una vallata, i monti in lontananza sono coperti da
nuvole, attraversiamo tratti con molti alberelli di Socotran Croton (pianta
endemica dell’isola) fino ad arrivare a Qalansiyah, piccolo villaggio di
pescatori. Arrivati alla spiaggia, i primi ad accoglierci sono i bambini,
timidamente ci porgono la mano, ancora una volta rimaniamo stupiti dalla loro
riservatezza.
Un pescatore si
avvicina, parla con Shaya, sarà lui che ci porterà a Shuaab.
Saliamo su una
vecchia barca a motore, salutato Ali che rimane al villaggio, ci allontaniamo,
lasciandoci alle spalle la terra ferma.
Dopo breve tempo,
lo spettacolo che si presenta ai nostri occhi è ineguagliabile, ci sono delfini
ovunque, saranno circa una cinquantina, saltano fuori dall’acqua, fanno
piroette per poi rituffarsi, sono talmente meravigliosi e vicini a noi che
l’emozione mi porta a non riflettere,
-mi tuffo- ma
purtroppo non ho l’effetto sperato, istintivamente si allontanano, risalgo
sulla barca e incantati li osserviamo, mentre si dirigono verso il mare aperto.
Riprendiamo la
navigazione costeggiando le pareti rocciose delle montagne punteggiate da alberi
bottiglia.
Ci sono
insenature meravigliose, con moltissimi gabbiani Sooty Gull e altri uccelli, al
nostro passaggio molti restano immobili, branchi di pesci saltellano fuori
dall’acqua, le emozioni che provo sono uniche, il perfetto equilibrio fra
mare, natura e animali è tangibile ai nostri occhi.
Il barcaiolo
dirige la prua verso un branco di pesci, lancia la lenza e dopo poco la recupera
con un bel pesce, ripetiamo l’operazione altre volte ritrovandoci in
brevissimo tempo tre pesci per il pranzo che consumeremo sulla spiaggia di
Shuaab.
Dopo circa
un’ora di navigazione tra insenature, pareti rocciose e scogli che emergono
dall’acqua, arriviamo a Shuaab. Questa lingua di spiaggia è un autentico
paradiso, alle sue spalle le pareti di roccia hanno colori che variano dal rosso
all’ocra, ci sono alberi bottiglia e Cucumber Tree, piccole dune di sabbia
bianca ricoperte da una fitta vegetazione di piccole piante grasse con fioriture
color giallo e rosa.
Sbarcati in
paradiso ci lasciamo ammaliare dal mare color turchese, qui non c’è la
barriera corallina, ma sono molti i pesci e le razze.
Tra un bagno e
l’altro esploriamo le tante particolarità che ci offre la spiaggia, scaliamo
una parete rocciosa fino ad abbracciare un albero di Cucumber Tree (pianta
endemica) la sua corteccia è levigata con foglie simili a quelle
dell’anguria.
Ci sono molti
uccelli e avvoltoi Egyptian Vulture con il loro piumaggio giallo. Non sono
impauriti dalla nostra presenza, tanto da avvicinarsi e poterli osservare nel
minimo dettaglio.
Pranziamo
all’interno di una piccola grotta dove c’è l’unico ospite della spiaggia
oltre noi Shaya e il barcaiolo. E’ un simpatico vecchietto che viene spesso:
quando la mattina i pescatori del villaggio escono per andare a pesca, lui parte
con loro, si fa lasciare qui, e per tutto il giorno rimane su questa incantevole
spiaggia.
Il pesce da noi
pescato è ottimo, ci tengono compagnia i molti passerotti, Socotra Sparrow, che
senza timore mangiano pezzetti di pane posandosi sulle nostre mani.
Il resto della
giornata trascorre facendo bagni e esplorando varie zone della spiaggia.
Poco prima del
tramonto a malincuore lasciamo questa incantevole spiaggia, il vecchietto
rientra con noi, il mare si sta increspando, il tragitto per rientrare al
villaggio è lungo e di conseguenza siamo costretti a una velocità più
sostenuta, ci diverte questo simpatico personaggio che in modo giocoso incita il
barcaiolo ad andare più forte.
Arriviamo al
villaggio di Qalansiyah quando il sole sta tramontando, non facciamo in tempo
per ammirarlo. Ali, ci saluta chiedendoci
se la spiaggia di Shuaab ci è piaciuta, immaginando già la nostra risposta:
“beautiful, is very paradise”.
Arriviamo al
punto di campeggio di Ditwan all’imbrunire, non riuscendo ad ammirare la sua
bellissima spiaggia.
Montate le tende,
ci laviamo attingendo l’acqua da un piccolo pozzo, ceniamo in compagnia di
Shaya, Ali altri drive e le simpatiche caprette che tentano di rubarci la nostra
cena.
Io e Ali ci
accingiamo al lavaggio delle stoviglie poi rimaniamo in loro compagnia a
chiacchierare.
27/01/2008
Dixsam- wadi Dirhur- Amak
Il cielo è
coperto dalle nuvole, dopo un’abbondante colazione a base di pane,miele,
formaggini e tè speziato, ci incamminiamo verso la spiaggia, c’è una lingua
di sabbia lunghissima che si protrae fino al mare, alla nostra destra una
laguna, dove ci sono molte razze, a sinistra le alte dune di sabbia bianchissima
non irradiano il loro splendore a causa delle nuvole minacciose di pioggia.
Lasciamo la
spiaggia prima del previsto pur sapendo cosa ci siamo persi!
Ci addentriamo
nelle montagne fino a ritornare sulla costa verso Hadibu, il sole è tornato a
splendere, facciamo una breve sosta sulla spiaggia, in questo tratto ogni anno
tra Giugno e Luglio le tartarughe vengono a deporre le uova.
Al villaggio di
Ghubba altra sosta: a poche centinaia di metri dal mare c’è una pozza
d’acqua salata, con pesci tropicali, pare che quì milioni di anni fa sia
caduta una meteorite, alcuni sub si sono immersi nella cavità senza raggiungere
la sua massima profondità.
Riprendiamo la
marcia, imboccando la strada che va a Dixsam, nella zona centrale dell’isola,
ci inerpichiamo sulle montagne, fino ad arrivare in cima a circa 1500mt di
altitudine.
Rimaniamo
estasiati dal panorama che ci circonda, ci sono molti alberi sangue di drago (Dragons
Blood Tree) hanno circa 500 anni, la loro forma è particolare, a ombrello
rovesciato, la resina una volta seccata e ridotta in polvere rilascia una
tintura rosso sangue, le sue proprietà magiche e le virtù terapeutiche erano
conosciute sin dall’antichità.
I ragazzi ci
raccontano la leggenda che si narra sull’isola: due fratelli si contendevano
l’amore per una donna e durante un litigio uno dei due sferrò una coltellata
all’altro, uccidendolo, dal sangue versato, gli abitanti dell’isola dicono
che sia nato questo albero endemico.
Imbocchiamo una
pista disastrata, scendiamo molto lentamente fino ad arrivare nel letto del wadi
Dirhur, le pareti rocciose sono ricoperte da alberi bottiglia e sangue di drago.
Camminiamo lungo il letto del wadi fino ad arrivare ad una piscina naturale
dall’acqua color smeraldo e contornata di palme da dattero, questo luogo è di
una bellezza indescrivibile, ho la sensazione di trovarmi all’interno di un
dipinto.
Non siamo soli,
c’è una coppia di turisti francesi e un gruppo di geologi e biologi italiani,
sono qui a studiare l’ecosistema dell’isola.
Ci tuffiamo nella
piscina naturale rigenerando corpo e mente, l’acqua a differenza di come la
immaginavo è calda, facciamo conoscenza con la coppia di francesi, siamo gli
unici turisti oltre a loro e abbiamo questo paradiso tutto per noi.
Andiamo in
avanscoperta, percorrendo il letto del wadi, ci sono altre piscine naturali.
Ci arrampichiamo
come caprette sulle pareti rocciose di pietra lavica, abbracciamo gli alberi
bottiglia (Socotran Desert Rose) sono unici, uno diverso dall’altro, di varie
misure e forme, ma tutti con la caratteristica sembianza di una bottiglia, la
corteccia è ben levigata, all’interno trattengono l’acqua, hanno piccole
foglie allungate e fiori rosa simili al nostro comune oleandro. Il sole li
scalda e quando li abbracci emanano calore.
Sono ammaliata da
questo luogo, è come se un bravissimo giardiniere avesse deposto a regola
d’arte ogni albero, pianta, roccia proprio come si vede nelle riviste di
giardinaggio a completare l’opera ci sono le immancabili caprette e gli
avvoltoi.
Risaliamo il
letto del wadi, i nostri ragazzi hanno già preparato il pranzo, c’è
un’altra persona con loro, è Yahya, la guida che accompagnò gli amici
lombardi nel loro primo viaggio a Socotra e quello di tre settimane antecedente
al nostro.
Nel pomeriggio
risaliamo la pista fino a Dixsam, lasciamo la jeep, ci addentriamo nella foresta
degli alberi sangue di drago, dal Dixsam Plateau ammiriamo le spettacolari gole,
ai loro piedi il wadi Dirhur, il panorama è superbo e imponente, camminiamo sul
bordo dello strapiombo, con cautela, un piede messo male avrebbe conseguenze
irreparabili !!
Acquistiamo da un
bambino sbucato dal nulla, la resina del sangue di drago, ripresa la marcia
ritorniamo sull’asfalto dirigendoci a sud, attraversiamo boschetti di alberi
bottiglia e di Socotran Jatropha, pianta endemica dalle proprietà curative.
Scendiamo
dall’altopiano e dopo pochi tornanti, ecco davanti a noi la costa sud che si
estende a perdita d’occhio.
Arriviamo a Amak,
le palme da dattero, le dune di sabbia bianchissima e l’oceano indiano, sono i
protagonisti della costa.
Ritroviamo Yahya,
Pierre e Laurence, montate le tende sulla spiaggia restiamo in riva al mare fino
al tramonto.
Questa sera i
ragazzi hanno preparato per tutti noi un’ottima cenetta a base di, pasta con
sugo di pesce, aragoste, verdure e come digestivo un buon tè speziato.
28/01/2008
Digab Cave- wadi Dirhur- Hadibu
Alle 9 lasciamo
la costa sud, passato il villaggio di Mahata, iniziano i monti, saliamo lungo la
pista fino ad arrivare a Digab Cave, è una piccola grotta con una emozionante
visuale sul mare.
Ripresa la marcia
ci inerpichiamo nuovamente nei monti centrali, decidiamo di ritornare nella
piscina naturale nel wadi Dirhur e trascorrere il resto della giornata in questo
luogo meraviglioso, oggi questo angolo di paradiso è tutto per noi.
Rientriamo a
Hadibu all’imbrunire, una doccia risanatrice è quello che serve. Ceniamo nel
ristorante semi deserto del Summer Land, un giretto per il villaggio e a nanna,
domani andremo verso est.
29/01/2008
Di Hamri- wadi Shifa- Homhil
Alle 8 puntuali
come sempre i ragazzi sono da noi, caricati gli zaini sulla jeep, passiamo da un
piccolo botteghino per acquistare il qat, lasciato il villaggio ci dirigiamo ad
est.
Una piccola
parentesi:
A Socotra il rito
del qat non è comune a tutti, chi mastica lo fa saltuariamente e in forma più
leggera. Arriva dallo Yemen con i due voli settimanali e viene conservato in
frigorifero per alcuni giorni. Sull’isola la pianta non viene coltivata, se la
sua coltivazione prendesse piede causerebbe danni al patrimonio naturale. Chiusa
parentesi.
Dopo pochi
chilometri ci fermiamo per visitare un vivaio gestito da alcuni isolani dove
riproducono tramite seme, l’albero sangue di drago, le caprette –che sono
ovunque- vanno ghiotte dei piccoli germogli causando un rallentamento nella
riproduzione naturale.
Il vivaio è
sostenuto da fondi internazionali e dalle offerte che possono lasciare i
turisti. Soddisfatti per aver contribuito a questa lodevole iniziativa,
riprendiamo la marcia, costeggiamo il mare, puntando ancora più a est fino ad
arrivare nella riserva marina di Di Hamri, questo luogo meraviglioso, è una
piccola baia variopinta composta da scogliere rosse, sassi, grosse conchiglie e
coralli, alla nostra destra due pinnacoli di roccia rossa erosa dal vento si
protraggono verso il mare, quasi a proteggere le sue acque cristalline (è
severamente vietato portare via qualsiasi cosa dall’isola).
Con
piacere ritroviamo i nostri amici, anche loro fanno il nostro stesso percorso.
Indossiamo tutti
maschera e pinne, ci immergiamo, la barriera corallina regala belle emozioni,
molti i pesci tropicali, avvistiamo anche una tartaruga -adoro le tartarughe- la
seguo ammirandola nei suoi movimenti lenti e sinuosi, è incredibile la
tranquillità che trasmette!
Marco è ancora
più fortunato avendo molta più tenacia nel restare in acqua, vede una manta,
mi descrive questa nuova emozione con gioia e stupore, l’avvistamento è
durato solo pochi secondi ma l’emozione è stata certamente unica.
Pranziamo sotto
tettoie di legno con pesce alla brace contemplando il contrasto straordinario
tra il blù intenso del mare e il rosso delle rocce.
Non curanti della
digestione torniamo a fare snorkeling lasciandoci trasportare dalle meraviglie
di questo fondale.
Lasciata la
riserva marina diamo inizio al rito della masticazione, c’inerpichiamo nei
monti, costeggiando il wadi Shifa fino ad arrivare a Homhil, nel bosco degli
alberi dell’incenso.
Siamo ammaliati
da questo luogo, ci sentiamo come all’interno di una fiaba, ci sono asinelli
color nocciola, i monti di pietra calcarea sono punteggiati da alberi
dell’incenso, euphorbie, alberi bottiglia e sangue di drago.
Questo bosco è
per me l’esatta immagine di una fiaba dove gnomi e fate sono gli abitanti
speciali di questo incantevole luogo.
Facciamo
campeggio nell’area prestabilita, i nostri amici sono già qui, Yahya ci
anticipa che stasera cucineranno una prelibatezza per tutti noi.
Ci accomodiamo
sotto la tettoia avvolti nelle coperte, si è alzato il vento, il cielo si è
coperto dalle nuvole e l’aria si è fatta pungente.
Al nostro gruppo
si sono unite altre guide che accompagnano alcuni turisti tedeschi, i quali
rimangono in disparte.
Yahya con
l’aiuto di Ali ci serve la cena, spaghetti con sugo di squalo, una vera
delizia per il nostro palato.
Dopo il consueto
tè speziato ci divertiamo assieme a Pierre e Laurence a farci impartire lezioni
di arabo. La serata è divertente, per comunicare ognuno di noi usa una lingua
diversa creando un po’ di confusione e tante risate.
30/01/2008
Homhil- Ras Irsil- Erher
Alle prime luci
dell’alba siamo svegli, il vento è calato, le nuvole in parte coprono ancora
il cielo.
Mi allontano dal
campo, scatto un po’ di foto e scendo nel wadi, c’è un orticello dove una
donna sta raccogliendo delle piccole patate, me ne porge alcune, sono grandi
come noci, nella mia mente creo la fiaba di Homhil, dove gli gnomi ogni giorno
scendono nel wadi per barattare con la contadina erbe magiche in cambio delle
dolcissime patate di cui vanno ghiotti.
Rientrata nella
realtà, torno al campo, la colazione è già pronta, le nuvole corrono veloci e
il sole inizia a splendere.
Lasciamo Ali e
gli altri drive, loro proseguiranno con le jeep, mentre noi Pierre e Laurence,
accompagnati da Shaya e Yahya iniziamo il trekking.
Scendiamo nel
wadi, dopo circa mezz’ora di cammino ci fermiamo, Shaya ci consiglia di
coprirci gli occhi e di guardare dove mettiamo i piedi.
Seguiamo il suo
consiglio e dopo pochi passi dice: - Ok, now you can watch – tolgo la mano
dagli occhi e il panorama che mi si presenta è un vero paradiso dell’eden.
C’è una
piscina naturale con acqua verde smeraldo, oltre, uno strapiombo dove si gode
una visuale pazzesca, è talmente stupenda che non trovo parole per descriverla.
I monti
punteggiati da questa natura incredibile si adagiano in una vallata fino a
delineare la lingua di sabbia che si perde nel blu intenso del mare.
Alle nostre
spalle l’acqua cristallina della piscina naturale è invitante e, seppur
gelida, non esitiamo a fare un bagno.
Riprendiamo il
trekking, scendiamo lungo la vallata fino ad arrivare al mare dove ritroviamo
Ali e gli altri drive ad attenderci.
Stanchi e
accaldati saliamo sulle jeep, riprendiamo la marcia per dirigerci verso la punta
più estrema a est dell’isola.
Ci fermiamo in
un’insenatura con una scogliera a picco sul mare, i ragazzi preparano il
pranzo, mentre noi assieme agli amici francesi facciamo un bagno per rigenerarci
dalle fatiche del trekking e per ammirare il fondale.
Dopo pranzo
riprendiamo la marcia fino arrivare a Ras Irsil, è una bella spiaggia con
moltissimi coni di sabbia creati dagli scavi che fanno i divertenti granchi
gialli presenti su tutta l’isola.
Facciamo un bagno
ammirando il passaggio di un branco di delfini, camminando lungo la spiaggia,
trovo una piccola chiave levigata dal mare, fantasticando mi chiedo: -sarà la
chiave di questo paradiso?
Tornati alle
jeep, non potendo proseguire oltre perché la strada finisce torniamo indietro
di pochi chilometri fino a Erher, qui due alte dune di sabbia bianchissima si
appoggiano alla parete rocciosa di una montagna.
Montate le tende
sulla sponda di un ruscello che termina nel mare, decidiamo assieme ai francesi
di scalare la duna più alta.
L’impresa non
è facile, affondiamo nella sabbia fino al polpaccio, i muscoli sono in
tensione, ma, malgrado tutto, dopo varie soste per riprendere fiato,
conquistiamo la cima.
Stremati ci
lasciamo andare ammirando il sole che scompare dietro i monti.
La discesa è
molto più semplice, rientrati al campo ceniamo alla debole luce di una
lanterna.
Mentre Ali ed io
laviamo i piatti nel ruscello, scorgiamo alcune anguille che tentano di risalire
la corrente.
Stanchi, andiamo
a dormire.
31/01/2008
Hug Cave- Di Hamri- Hadibu
Dopo
un’abbondante colazione salutiamo i nostri amici, ci ritroveremo nel
pomeriggio a
Di Hamri.
Noi oggi
visiteremo la grotta di Hug Cave.
Percorriamo pochi
chilometri, arrivati in un piccolo villaggio, sale con noi un ragazzo,sarà lui
che ci condurrà alla grotta.
Iniziamo il
trekking, oltre a noi, Shaya e la guida c’è un divertente gruppo di isolani,
anche loro saliranno con noi per visitare la grotta.
Il percorso è
ripido, il caldo si fa sentire, dopo circa due ore di cammino lungo boschi
punteggiati da alberi bottiglia, dell’incenso, della mirra, e African
Sterculia (con il caratteristico tronco color vinaccia), arriviamo all’entrata
della grotta: il panorama è stupendo, i colori dell’isola in contrasto con il
mare sono un vero incanto, la fatica fatta per arrivare fin quassù ne è valsa
la pena.
La grotta, lunga
alcuni chilometri è completamente al buio, armati di torce -entriamo- l’aria
è pesante, grossi pipistrelli volano sopra le nostre teste, sono talmente
concentrata nel guardare dove metto i piedi che la paura per questi strani
mammiferi cade in secondo piano.
Ci sono grandi
stalattiti e stalagmiti dalle forme e dai colori più svariati, è impossibile
spiegare la sua magnificenza, i fasci di luce prodotti dalle nostre torce ci
permettono solo in parte di ammirare questo paradiso nascosto –un vero
peccato!
Dopo un’ora
trascorsa all’interno della grotta ritorniamo alla luce del sole.
La discesa è a
nostro favore e dopo circa un’ora e mezza siamo da Ali.
Non rimane più
molto tempo, il viaggio sta per giungere al termine, domani saluteremo Socotra.
Prima di
rientrare nella capitale Hadibu ritorniamo a Di Hamri dove ci sono i francesi e
Yahya, facciamo snorkeling in questo magnifico fondale e come ultimo dono un
branco di delfini passa lungo la costa come a volerci salutare.
Rientrati nella
capitale, dopo qualche acquisto e una meritata doccia, andiamo al Taj Socotra
per terminare la vacanza con una cenetta tutti assieme.
Salutiamo Yahya,
ragazzo intraprendente e con molta passione per il proprio lavoro, con Pierre e
Laurence, ci rivedremo domani mattina, anche loro voleranno a Sana’a.
Rientrati al
Summer Land, Shaya e Ali hanno un regalo per noi: due brucia incensi dipinti a
mano con il sangue di drago.
01/02/2008
Alle 6,30 i
nostri cari ragazzi sono da noi.
Con tanta
tristezza nel cuore ci dirigiamo verso l’aeroporto, osservo tutto ciò che
scorre davanti ai miei occhi cercando di fissare in modo indelebile le immagini
stupefacenti che regala l’isola.
Con il nodo alla
gola salutiamo Shaya e Ali, usando il loro particolare e tenero modo:
“toccandoci naso a naso”.
Li ringraziamo
per l’amicizia riservataci, per la loro professionalità e per averci fatto
vivere un’esperienza indimenticabile.
Dall’aereo
guardo l’isola che si allontana sempre di più pensando: la chiave del
paradiso è con me, tutto mi fa presagire che un giorno tornerò in questo
incantevole luogo.
Mirka