Dalla Colombia: due inviati molto speciali di viaggiare liberi
Racconto di viaggio 2007
di Enrica Grifeo e Nello Radicchi
17/02/2007
Arrivati !
dopo 24 ore di sale d'imbarco, passaporti, dogane, file interminabili, cibi precari , un taxi ne la noche ci ha portati a Casa Viena -l'hostal piu' gettonato dai ragazzi nordeuropei- dove ci aspettavano cortesissimi e si sono fatti in quattro per trovarci una stanza velocissimamente.
Fa caldo, ma la ciudad e' stupendamente caraibica.
Il caffe' e' ottimo , il sole e' caldo ed il parco central risuona di stridii di uccelli tropicali, come inizio promette bene.
Ora ci accingiamo a pianificare l'itinerario e domani speriamo di andare al Carnevale.
besos para todos
Enrica
Hola Michele!!!
Era Cartagena.
Dacci il tiempo ed avrai i testi da pubblicare.
Siamo ubriachi di sole, fiesta cerveza....
Enrica e Nello
17-02-07
Cartagena:
Dopo una notte breve, con sveglia alle 3:00 a causa del gallo canterino e del fuso orario, abbiamo iniziato la giornata un poco rintronati, con il fine primario di pianificare il viaggio e toglierci al piu' presto di dosso gli eccessivi contanti che per un errore di programma ci siamo ritrovati in tasca.
Abbiamo quindi trattato per l'acquisto di due voli interni definendo cosi' due primi capisaldi dell'itinerario di viaggio.
Cosi' spostandoci tra un'agenzia di viaggi ed una officina di cambio, abbiamo iniziato ad assaporare il coloniale di Cartagena, scoprendo subito la piacevole frescura delle panchine del parco della Plaza Bolivar.
L'aria e' molto calda e umida, il sole picchia ma la piacevole brezza del Caribe, che ci circonda da tutti i lati, ci aiuta a sopportare la calura.
Ad ogni "esquina" si aprono nuove e deliziose viste di facciate coloniali vivacissime con balconi fioriti in un concerto di colori.
Una prima impressione della ciudad e' di un misto tra il buon gusto nicaraguense e la vivacita' cubana.
Le donne sono belle e lo sapevamo, ma anche gli uomini non scherzano, ma soprattutto hanno tutti un fantastico portamento che capiremo solo ...... a Baranquilla.
La comida e' caraibica..... ma non mancano le panaderie.
Per pranzo una majarra en salsa de coco para mi y frita para Nello.
Nella deliziosa plaza de S. Domingo, venerata e sploverata, giace su un fianco la "Gorda" di Botero col suo sederone lucido ed imponente, in uno spazio ricavato tra tavolini di ristoranti e bar.
Nelle altre piazze ancora sculture del genere boteriano, completamente nere, ma alcune non del tutto immobili ...... si tratta di ragazzi che raggranellano qualche offerta standosene immobili nella calura completamente pittati di nero (e spesso partono ...... avvantaggiati).
La citta' e' allarmata, indignata e mortificata per l'omicidio della turista italiana e ad ogni angolo si vede un poliziotto, ma abbiamo anche incontrato in pieno giorno una ronda di militari superarmati che perquisivano la gioventu' locale.
Ci siamo allontanati poco dalla citta' vecchia, super blindata, e , pur dormedo nel piu' popolare quartiere dei Getsemani, apperna fuori le mura, non abbiamo percepito rischi o pericoli imminenti al di la' di qualche ubriaco e qualche vagabondo addormentato sul marciapiede.
Ma Cartagena puo' aspettare .... il Carnaval no!
18/02/07
Cosi' senza indugio decidiamo di partire l'indomani alla ventura in direzione Baranquilla e costa Caraibica lasciando i bagagli a Cartagena e partendo con lo zaino leggero.
Arriviamo alle 12:00 a Baranquilla, la citta' e' gia' in movimento per la Gran Parata. Cerchiamo alloggio ma i prezzi sono alti, allora contando sulla cortesia colombiana lasciamo gli zaini in un hotel e affrontiamo la bolgia della fiesta con nulla dietro: solo le nostre macchine fotografiche e pochi spiccioli, il tutto ben mimetizzato in anonime buste di plastica per la spesa.
Ci avviciniamo alla zona della gran parata, la folla avanza tutta in quella direzione: facce allegre e dipinte, famigliole in maschera, buffi cappelli, anche le auto sono mascherate, festoni, musica a palla e venditori di ogni cosa commestibile e non.
Tutto e' molto semplice e genuino. Scopriamo pero' con tristezza che il "boleto" per l'ingresso ai palchi della sfilata costa l'equivalente di ben 40 euro, poiche' vale per tutti e tre i giorni della festa. Noi abbiamo solo poche ore e ci accontentiamo quindi di affacciarci da dietro i cancelli; subito un poliziotto ci fa cenno di entrare, "no tenemos boletos" dichiariamo noi; e lui insiste per farci entrare ugualmente; anzi ci spinge proprio facendoci passare avanti a tutta la fila.
Increduli ci avviciniamo alla mitica "Via 40". Anche li' mentre eravamo all'ombra dell'unico albero presente, allungando il collo, per vedere il corteo gia' iniziato da sopra le teste degli spettatori paganti, un giovane poliziotto ci suggerisce di intrufolarci per lo stretto passaggio tra l'ambulanza e le transenne e sempre "sin boleto" ci spinge a camminare ai margini della sfilata assieme ai fotografi accreditati.
Felici: per magia ci ritroviamo i mezzo ai gruppi che sfilano, saltelliamo tra venditori di acqua, "comparsas de fantasia", "disfrasas" e "Letanias".
Non finisce qui l'ospitalita' colombiana; poco dopo gia' avevamo conquistato un posto a sedere in prima fila! Fantastico ! Unico problema: siamo faccia al sole con danno per la nostra pelle chiara e per le foto in controluce. Ma come lamentarsi di fronte a tanta provvidenza?
Ora vi raccontiamo qualche cosa del Carnaval patrimonio dell'umanita': niente di sfarzoso, niente bellezze ignude, E' un carnevale popolare cui partecipa tutta la popolazione in gruppi, ciascuno per un rione cittadino, ciascuno con la sua band, la sua piccola coreografia ripetuta davanti ai palchi importanti (come il nostro)!
Lo spettacolo non e' di giovani ballerine poco vestite, ma delle "abuele" e degli "abueli", perfetti ballerini, e via via fino ai niños mas pequeños, tuttavia gia' in grado di mantenere il passo di danza.
Rumba sopratutto. E qui finalmente si comprende il bel portamento dei colombiani: sono tutti ballerini, sin dalla tenera eta', e veder ballare anche gli anziani (e anche molto anziani) senza aver perduto impegno passione e ritmo, e' affascinante.
Un popolo che tiene in conto anziani e bambini e' senza meno un popolo ancora sano.
Tra un gruppo e l'altro coreografico e danzante, si alternavano gruppetti di maschere grottesche e comiche con pantomime allegre, burle e scherzi, scambiati con gli spettatori dei palchi. Ovviamente noi, stranieri e in prima fila, siamo stati frequentemente coinvolti nelle loro burle.
La Gran Parada si svolge tra l'una e le cinque del pomeriggio, la temperatura e' rovente e tutto il corteo e' inframezzato da venditori di bibite, ma anche di spiedini, di bombolette di schiuma e ....... Rum.
I gruppi organizzati sono seguiti da carrelli colmi di bibite fresche per le comparse, ma i mattacchioni delle scenette comiche invece, lungo il cammino, vanno chiedendo da bere al pubblico. Nel frattempo nel nostro palco, come negli altri, imperversava una battaglia a colpi di schiuma.
I nostri vicini hanno evitato cortesemente di coinvolgerci. Alle 4:00 decidiamo di abbandonare la postazione, torniamo sui nostri passi fino all'ambulanza e nell'uscire dalla Via 40, il poliziotto ci sollecita a nascondere le macchine fotografiche.
Ma un'allegra ragazza decide a questo punto che Nello sta' troppo limpio e lo decora a dovere di bianco.
Tornati all'hotel (pagheremo 15000 pesos = 3.00 euro circa per il deposito bagagli, ricerca taxi, pipi') Wiliam, il tassista conosciuto in mattinata, rapido arriva a prenderci, rappresentando l'unica possibilita' per uscire di citta'. Prima della sbronza collettiva dell'intera popolazione, figgiamo con lui verso Santa Marta.
18/02/07
Dal Carnaval alla playa
Usciamo di citta' superando il rio Magdalena, fiume ampio e navigabile che proprio qui riversa le acque andine nel Caribe.
La strada e' particolarmente bella e viaggiamo tra il Caribe e piccole lagune dove bianchi aironi provvedono pigramente alla loro cena.
Sono solamente 85 Km, ma si viaggia a non piu' di 60 Km/h tra continui posti di blocco di Polizia.
All'inizio e' tutto piano, poi piccole colline, qualche pueblito in festa con musica a tutto volume per il suo essenziale Carnaval.
Poi un lungo tratto fiancheggiato da alti cactus. Costeggiamo quindi la famosa Cienaga Grande (quella che Garcia Marquez ci ha fatto conoscere) e qui ci appare un'immagine che ci lascia senza parole: el pueblo de los pescadores de la cienaga.
Decine e decine di casupole miserrime addossate l'una all'altra e affollatissime di gente, bambini, animali, panni stesi, barche, braceri fumanti; tutto a perdita d'occhio. Pensiamo alle favelas di Rio di cui Pedro ci ha recentemente fatto vivere uno spaccato.
Ci colpisce una capannina nuova nuova .... ma fatta di cartone da imballaggio.
Procediamo e appare davanti a noi la sagoma imponente della Sierra Nevada de Santa Marta, che e' la piu' alta catena montuosa sul mare della terra, con le due vette Cristobal Colon e Bolivar che superano i 5000 m.
Arriviamo a Santa Marta mentre il sole tramonta e, come sempre a questa latitudine, si fa rapidamente buio.
Il nostro Wiliam ha fretta di regresar a Baranquilla (per riprendere i suoi festeggiamenti) noi invece vogliamo continuare per Taganga; allora ad una stazione di servizio periferica organizziamo uno scambio di taxi e, salutato il nostro Caronte, proseguiamo per Taganga.
E' buio quando a piedi lungo la spiaggia cerchiamo alloggio.
In breve finiamo in una posada molto accogliente e trattiamo per 30,000 pesos (circa 10 euro) una spaziosa camera con 4 posti letto e bagno privato.
La sera sul lungomare davanti ad una pizza tentiamo di riassumere tutte le tappe della giornata e l'impresa si rivela veramente difficile.
19-20/02/07
Taganga
E' un piccolo paese di pescatori, chi puo' immagini san Juan de Sur (Nicaragua), o si ricordi di Puerto Viejo de Talamanca (Costarica). Bene: mescolate i ricordi ..... e questa e' Taganga.
Una incantevole baia a ferro di cavallo con alle spalle alte montagne.
Piccole amene costruzioni arrampicate sulla costa a picco sul mare ed un pueblito appena in salita e con le stradine bianche e sconnesse.
Un allegro lungomare tutto risotrantini e chioschetti, musica ovunque ma a volume troppo alto per i nostri gusti.
La spiaggia non e' speciale, tutta occupata com'e' dalle barche dei pescatori.
Nel pueblo un "supermarket" poco super, ma niente banca ne' bancomat, un solo internet....... mooolto lento.
In giro giovani turisti backpackers, ma anche tanti vacanzieri locali; italiani per ora noi, due ragazze e una coppia, come al solito si fanno riconoscere perche' ..... caciaroni.
Con una bella passeggiata sul monte a nord si puo' raggiungere Playa Grande, dove tutto il pueblo vacanziero si sposta fino dal mattino. Noi due scegliamo la via piu' comoda, arrivandoci in barca.
Sotto le tettoie di palme davanti ad un enorme "pargo frito" e la consueta cervecita ci rendiamo conto che finalmente siamo in vacanza.
Passeggiando per Tatanga incontriamo piu' volte degli strani personaggi vestiti di bianco; gli uomini portano borse a tracolla e collane. Sulle prime abbiamo pensato ad una ennesima mascherata di Carnevale, per poi scoprire, nella calle accanto a quella del nostro hostal, una casina verde quasi senza mobili, "piena" di questi strani personaggi che si siedono e dormono per terra.
I lineamenti sono tipici "indios" ed infatti chiediamo conferma e scopriamo trattarsi di un'enorme famiglia di indios Tayrona, scesi dalla Sierra e poverissimi (ma molto prolifici): sono i discendenti della popolazione della Ciudad Perdida. Gli abitanti di Taganga li stanno aiutando come possono; e' stato trovato loro un alloggio, gli hanno regalato delle sedie (ma non le usano) e una ragazza del pueblo, ogni giorno, va a lavare i bambini, visto che loro non usano farlo.
Abbiamo pero' incontrato la loro "abuela" al supermercato che tomava una cervecita tutta d'un fiato; dicono che anche i niños passano direttamente dal latte materno alla cerveza.
La sorte ha voluto che nonostante il nostro itinerario ristretto ci impedisca di addentrarci sulla Sierra, siano stati invece gli indios a venirci incontro!
Basta musica a palla: paghiamo tariffa doppia e ci facciamo lasciare in una spiaggetta di pescatori piu' distante. Ci siamo solo noi e una decina di pescatori che con flemma tutta caraibica stanno riparando le reti e sonnecchiando nelle amache. Di fronte a noi, in lontananza, nell'altra baia, s'intravedono le gru del porto di Santa Marta.
Santa Marta e' la piu' antica citta' colombiana (Cartagena fu fondata pochi anni dopo) e si e' sviluppata con le miniere di carbone, le piantagioni di banane e delle palme da olio. Mentre leggiamo la storia del passato, lontani dai mega altoparlanti che sparano musica, lontani da postazioni internet e senza un telefono che squilla, ci sembra davvero di essere tornati indietro di 500 anni, e allora ci sorge naturale una domanda: tornera' il barcaiolo a riprenderci alle tre e mezza?
sabato 24/02/2007
Ma il titi caca?
Non possiamo lasciare la costa Caraibica senza una puntata al Parco Tayrona. Le difficolta' sono molte, prima fra tutte che (stupidamente e sempre cercando un cambio migliore) continuiamo a restare senza pesos, e qui di dollari, e tantomeno di euro, non ne voglio sapere a meno di cambi strozzini.
Ci svuotiamo le tasche e valutiamo che per una sola giornata si puo' provare ad andare, magari rinunciando a qualche nostro succulento pranzetto.
Una prima buseta ci lascia al mercato di Santa Marta, poi un bus scassatoccio ci porta fino a El Zaino (dove e' l'ingresso del parco). Non proviamo nemmeno a farci passare per locali con la nostra pelle bianca e bruciacchiata dal sole e ci tocca sborsare 23.000 pesos a testa per l'ingresso al parco. Un enorme cartello indica come necessaria la vaccinazione contro la febbre gialla fatta da almeno 10 giorni. L'addetto al parco, di fronte alle nostre titubanze, ci dice serafico che non e' importante.
Ci viene fornito un braccialetto e con un altro busseto, piu' scassato dei precedenti, arriviamo a Cañaveral. Da li' si procede solo a piedi, a cavallo o su asino.
Il percorso e' segnalato di 45 minuti, ma noi, "osservatori attenti de la naturaleza che ci circonda" ci impiegheremo piu' di un'ora. Si deve attraversare lungo un sentiero, spesso sconnesso, una fitta foresta pluviale.
Siamo gia' sudati quando un primo infido cartello ci sottolinea che abbiamo percorso ben il 15% del cammino!
Fa molto caldo, sono le 11:00 della mattina, ma per fortuna la giungla e' talmente fitta che camminiamo all'ombra, nel silenzio, col frusciare delle foglie interrotto solo dalla confusione di famigliole di scimmie, scoiattoli rossi e tutte le varieta' di uccelli.
Un cartello ci indica anche la presenza del mitico titi in via di estinzione.
Ed e' li' che, sentendo un frusciare proprio sulla nostra testa, ci siamo posti la storica domanda: ma il titi caca?
Il sentiero all'inizio e' in piano ma poco dopo si devono oltrepassare lievi colline sassose e siamo costretti a camminare tra massi e greti di torrenti, con passaggi talora anche fangosi.
Siamo stanchi quando un altro cartello, stavolta provvidenziale, ci indica che il 95% e' percorso; infatti tendiamo l'orecchio e sentiamo la voce del Caribe.
Ancora pochi passi per rimanere incantati di fronte ad uno spettacolo naturale di luminosita' intensissima che non siamo degni di descrivere, per cui .......... guardatevi le foto.
Un breve giro nel pueblo di Arrecifes e scopriamo che qui e' tutto carissimo: ci chiedono 50 dollari per una cabaña, l'alternativa e' la tenda o l'amaca.
Meditiamo rapidamente sulle scelte da fare: non siamo forniti ne' di sacco lenzuolo e zanzariera, ne' di asciugamani e campeggiare sarebbe molto precario, regalare tutta quella plata per la cabaña non fa per noi.
Decidiamo cos¡ di farci custodire gli zaini e ci addentriamo nel parco con il minimo indispensabile(due macchine fotografiche, una crema di protezione solare, una bottiglietta d'acqua, occhiali da sole, cappello, sigarette di Enrica).
La prima enorme spiaggia ci appare quasi come in sogno per la forte luminosita' e per l'intenso aerosol che il frangere delle onde produce e se dapprima sembrava insuperabile per la sua vastita', vista l'ora calda, invece con la frescura del bagnasciuga e l'entusiasmo di addentrarci in tanta meraviglia ci ritroviamo ad attraversarla quasi senza accorgercene, tra uno scatto e l'altro di foto.
Il mare non e' balneabile per le forti correnti traditrici, continui cartelli avvisano che e' pericolosissimo nuotare. Seguiamo pertanto l'itinerario proposto per raggiungere la "piscina".
Si tratta di una playa chiusa al largo da una barriera di rocce e coralli che protegge le acque dall'impeto dell'oceano; qui si puo' tranquillamente nuotare.
Ci fermiamo per un meritato riposo ed un bagno ristoratore.
La nostra escursione finisce qui, ma con altri 40 minuti di cammino si arriva al Capo San Juan de la Guia e da li inizia il sentiero per le rovine archeologiche di Pueblito, meno imponenti dalla Ciudad Perdida ma almeno piu' facilmente raggiungibili.
A noi tocca solo iniziare il cammino del ritorno, pero' prima ci concediamo una salutare sosta pranzo a un capanno.
E' d'obbligo uscire dal sentiero nella foresta entro le 17 (e gia' il fatto che ci sia questo avviso mette un poco in ansia) per cui senza indugio abbandoniamo la visione fantastica di questo tratto del Caribe e dopo questo sogno ci avviamo verso il mondo....normale.
Non altre parole, le foto parlino, invece siamo qui a dare qualche suggerimento a chi volesse seguire le nostre orme.
1) se avete tanti soldi ....nessun problema, portate meno bagaglio possibile e dormite nelle cabañas, avete anche un hotelito per 200$ a notte.
2) Per i piu' squattrinati ci sono in affitto tende ed amache ma a non meno di 10000 pesos a notte e per l'amaca e' necessaria, anzi direi indispensabile nella stagione umida, la zanzariera (quel cartello sulla febbre gialla era abbastanza allarmante).
3) Ma se siete giovani e forti vi potete trascinare dietro la attrezzatura da campeggio, ma sappiate che l¡' costa tutto il triplo, nel rispetto della fatica dei muli che carichi di ogni mercanzia attraversano la foresta, per cui portatevi anche i viveri.
4) Per ultima soluzione vi propongo quella da noi sperimentata suggerendovi pero' di alzarvi all'alba in modo di arrivare al parco ben prima di noi due comodoni. Con tre, quattro ore di tempo in piu' potete anche raggiungere Pueblito ed essere fuori del parco per le 17.
Un'ultima nota riguarda il sentiero della foresta, noi lo abbiamo trovato asciutto, ma abbiamo avuto la sensazione che nella stagione umida potrebbe essere fangoso.
Concorso senza premi:
viste per le strade di Cartagena questi bei lumaconi a cosa serviranno?
indizi:
- non sono da comida
- sono abbastanza grossi e tranquilli
saluti Enrica e Nello
sabato 24/02/2007
Ritorno a Cartagena
Un bus preso al volo all'uscita del Parco di Tayrona, ci ha portato in
breve a Santa Marta.
E' questa vi rammentiamo la piu' antica citta' colombiana, purtroppo non le e' rimasto nulla del passato, salvo qualche vecchia casa coloniale.
Ed e`proprio in una di queste che scegliamo il nostro hostal.
La citta' e' moderna, ordinata e pulita, ha un bel lungomare con una bella passeggiata che costeggia una lunga spiaggia bianca fruibile al massimo poiche' priva di muretti, recinzioni, capanni o chioschi.
Non abbiamo soldi per la cena ne' grande fame.....non vogliamo usare il bancomat, avendo ancora contanti da cambiare, ci accontentiamo di un mega frullato di banana ed ananas preso ad un banchetto lungo la via.
Ed ora notiziole dal quotidiano locale:
- "la Loca" e' il forte vento che spira sul Caribe dal mediodia fino all'alba. Normalmente e' tipico dei mesi di dicembre e gennaio, quest'anno invece sta continuando a soffiare ed anche con maggiore intensita': la notte le raffiche scoperchiano i tetti e abbattono gli alberi. (Visto il caldo che fa ci chiediamo senza Loca che afa sarebbe.)
- (Mentre noi ci godevamo las playas di Tayrona) a Santa Marta la polizia ha sequestrato una grossa partita di coca. ( Buon segno vuol dire che in questa zona la polizia ha qualche voce in capitolo).
- Il Times ha indicato la spiaggia di Tayrona come la seconda spiaggia piu' bella al mondo dopo las islas Cies (España).
Al mattino, rifocillato il portafoglio, gironzoliamo per la citta'. C'e' veramente poco da vedere, ci infiliamo nel museo della Cultura Tayrona ed uscendo scopriamo che il termometro e' gia' a 35 gradi; decisione rapida: si parte. Al volo il solito taxi e "fuggiamo" verso il terminal dei bus . Quattro ore di bus per ripercorrere tutta la strada gia' fatta. Ci vediamo tre film, dormicchiamo, sopportiamo un venditore che con una lunga trattazione sul funzionamento dei reni e sui danni al fegato cerca di rifilarci una bustina di erbe da aggiungere al succo di arancia ( metodo di vendita gia' sopportato tale e quale in Ecuador). Unico lato positivo del viaggio : siamo riusciti a prendere dal bus qualche foto del villaggio dei pescatori sulla Cienaga che, all'andata, si era solo intravisto all'imbrunire.
Cartagena ci riaccoglie piu' fresca e sempre ridente.
Alle 7.30 della mattina siamo gia`al molo in fila per la crociera alle Isole del Rosario.
El barco ( una piccola, comoda e non affollata motonave ) e' uscito lentamente dal porto di Cartagena offrendoci ampi panorami sulla citta' vecchia, contornata da entrambi i lati dai grattacieli del moderno che avanza, in realta' il contrasto stride, ma affascina. Si esce in mare aperto superando il Forte di San Fernando e si naviga verso questo prezioso arcipelago di isolette, non c'e' vento ed il mare e' calmo.
Anche qui ognuno si commenti le foto a suo piacimento, noi vi diremo solo che abbiamo scelto il barco piu' grande perche' , in caso di mare agitato, regge meglio l'onda e non si ritorna tutti bagnati; la scelta e' stata fortunata perche' la nostra barca era semivuota quindi abbiamo goduto del massimo confort. Poi puntuale la loca si e' messa a soffiare alzando il mare e , nonostante la barca grande, siamo riusciti a prendere abbondanti spruzzate di onde .....quelli sulle lance erano solo da strizzare!
Sappiate comunque che le rapine le fanno soprattutto i venditori sulle spiagge visto i prezzi che sparano. Enrica non resiste e , come una drogata, paga 10.000 pesos per un piattino di gamberi in salsa cocktail . E cosi' abbiamo avuto la nostra dose di droga e di rapina.
La barca fa sosta solo all'isoletta con il balenario e poi a Playa Blanca dove si pranza.
Anche per Playa Blanca guardate le foto e commentate da voi: Due sole parore sono d'obbligo: per noi merita di piu' che una sola sosta di pranzo, al mattino con il mare calmo deve essere ancora piu' un incanto e, visto che e' raggiungibile anche da terra, noi consigliamo di farlo. Interrogandoci a vicenda, l'abbiamo classificata come una tra le spiagge balneabili piu' belle visitata fin ora.
domenica 25/02/2007
Si va sulla montagna dove la neve il volto ci abbronzera', la la la
23 de febrero
Ultima sera sul Caribe
E' tardi quando i due poveri iviati molto speciali escono stremati dalla postazione internet, dopo piu' di un'ora di duro lavoro ..... per loro resta solo una comida nei pressi dell'hostal. Sara' da dimenticare.
24 de febrero
Alle sette siamo puntualissimi in aeroporto ma il banco della nostra sconosciuta (todavia mas baratta) compagnia aerea (ADA) e' vuoto. Chiediamo in giro e ci rispondono il mitico : ahorita.
Con comodo e molto rilassata arriva la muchacha, in fondo ha solo .... sei passeggeri da registrare.
Poco prima il volo della compagnia Avianca invece era partito pieno.... ci sorge qualche dubbio.
Ai piedi della scaletta del modellino di aereo che ci accingiamo a prendere, con un sorriso ci vengono forniti tappi per le orecchie.
Siamo in sei passeggeri su 19 posti. niente hostess. Il pilota non usa il microfono per salutare ma si sporge dalla cabina aperta per darci i benvenuto.
Enrica valuta che almeno......il pilota e' un hombre muy hermoso.
Decollo perfetto. Salutiamo Cartagena dall'alto e voliamo per lungo tempo sopra la frastagliata costa del Caribe. In brevissimo si atterra soavemente a Monteria, tra fattorie e allevamenti di bestiame. Imbarchiamo pochi altri passeggeri e decolliamo dopo cinque minuti.
Un'oretta e siamo a Medellin.
La citta' e a 1400 metri ma la circondano alte motagne. La plista di atterraggio inizia subito dopo il magnifico campo da golf; arriviamo infatti nel piccolo aeroporo dentro la citta'. I passeggeri dell'Avianca, partiti prima di noi, sono andati ad atterrare al nuovo aeroporto distante ben 35 Km dal centro.
Solo dopo l'atterraggio possiamo finalmente dire di aver fatto un'ottima scelta.
Il solito breve giro in taxi in cerca di alloggio ci premia con un'ottima spaziosa stanza. doppiamente ventilata, bagno, acqua calda, televisione frigorifero e stereo per 33000 pesos a notte.
(Per Claudia che amava tanto le lire.... sono 22820 lire) .
Fa caldo nonostante l'altitudine, il sole picchia, la citta' ci travolge col suo caos, il traffico e' caotico e criminale: le strisce pedonali sono poco di piu' di una decorazione sulla strada. Ma cogliamo subito qualcosa da imparare: tutti i motociclisti indossano rigorosamente il casco e un leggero gilet dove su entrambi e' impresso, ben visibile il numero di targa del ciclomotore.
La Cattedrale, la Basilica della Candelaria, l'Iglesia de la Veracruz, via via in mezzo al caos cittadino andiamo scoprendo qualcosa di interesante.
Senza meno purtroppo i centri commerciali in numero battono dieci a uno le chiese.
La guida nel sito http://poorbuthappy.com/colombia/ ci da due ottime indicazioni mancanti nella Lonely.
Prima: il ristorantino Platano Maduro (gia' Mango Maduro), seminascosto, vicino alla plaza Bolivar (della Cattedrale) accanto al ristorante (solo turistico) Los Toldos, propone un menu' fisso ma perfetto per soli 7000 pesos a testa (cervecita extra compresa).
La seconda ottima indicazione e' quella di andare a vedere la nuova piazza di fronte alla biblioteca EPM (nei pressi della vecchia stazione ferroviaria). Come al solito non vi diciamo di piu' ma vale veramente la pena.
E ora tutto Botero!
Saltellando da una statua all'altra, cerchiamo di non dimenticarne nessuna, ma sono ben 23 solo sulla Plazoleta de las Esculturas, mentre il famoso pajaro, nel Parco de San Antonio, e' addirittura doppio visto che l'artista ne ha fatta una seconda copia dopo un attentato che l'ha danneggiato e dove hanno perso la vita molte persone.
L'originale danneggiato e' rimasto a testimonianza e ricordo delle vittime (e ora, bucato com'e', ricorda una scultura di Gio' Pomodoro).
Pueblito Paisa da saltare perche' non vale l'impresa.
Piccole scenette di citta'.
- In una stradina stracolma di piccoli banchettini di venditori di tutto, al grido "suolo pubblico" tutti hanno sollevato da terra il proprio banchetto pur continuamdo le loro vendite; abbiamo imiegato un attimo prima di capire che gioco collettivo fosse questo, per poi vedere che stava solo passando il vigile.
- Ancora un suggerimento agli amanti del caffe'. Avrete caffe' a disoisizione ad ogni angolo di strada e in ogni parco, ma por favor..... cuidado.... scotta da morire!
- Cabine telefoniche semoventi: un nuovo businnes condotto prevelentemente da giovani e quello di affittare l'uso del cellulare per chiamate a tempo (200 - 300 pesos a minuto). Ma qui a Medellin abbiamo visto il colmo: piu' di una fanciulla era provvista di un gran numero di telefonini tenendoli pero' ancorati a se stessa tramite catenelle, apparivano cosi' come una sorta di polipo che alla fine di ogni tentacolo ha un utente intento nella sua conversazione.
25 del febrero
Circuito di occidente
Evviva il metro' di Medellin! Ampio spazioso pulito, corre sopraelevato sulla citta', invero le stazioni stridono col tessuto urbano, ma pazienza, funziona e funziona bene.
Rapidamente raggiungiamo il terminal del norte (Caribe), dove, in un ordinato caos, troviamo rapidamente una buseta per San Jeronimo. Il busino sembrava nuovo nuovo ma scopriamo presto che gli ammortizzatori sono belli che andati e, tra un sobbalzo e l'altro, percorrendo la via nuova con tanto di tunnel di ben 7 Km, raggiungiamo tra salite e discese sulle montagne, il pueblito di San Jeronimo. C'e' poco da vedere, ma tutto e' molto pulito. Ci gustiamo un'ottima colazione conclusa con jugo del tomate de arbol con leche ...... non fate quelle smorfie, era ottimo!
Si tratta invero non di pomodoro ordinario, ma di un frutto simile nella forma e nel colore ad un pomodoro sammarzano tondeggiante e poco maturo.
Pensavamo salendo sui monti di trovare il fresco, invece l'intera vallata e' coperta da una cappa di afa insopportabile e i nativi ci confermano una stagione particolarmente calda.
Fuggiamo con un altro bus alla volta di Santa Fe' di Antioquia, sperando inutilmente di trovare meno calor.
A casa ...... Enrica sente di essere tornata a casa, ad ogni angolo continua a ripetere di sentirsi a Granada (del Nicaragua).
Stessa architettura, stesso caldo afoso, stessa comida, stessa musica. Todo es lo mismo!
Ci troviamo sulla Sierra Central ad ovest del rio Cauca che andra' ad unirsi al rio Magdalena prima di gettarsi nel Caribe.
Santa Fe' de Antioquia e' chiamata anche la Ciudad Madre perche' e' stata la prima citta' fondata nella regione di Antioquia e ne era la capitale, ora sostituita da Medellin.
Cosi' Santa Fe' e' rimasta intatta nel suo impianto urbano.
Abbiamo girato e rigirato per le stradine godendoci le deliziose abitazioni coloniali e dopo aver tentato inutilmente di entrare nelle chiese fuori dell'orario delle funzioni, capiamo che vengono aperte solo per la messa. Ci rinfreschiamo ad una fontana e contrattiamo per raggiungere il Ponte de Ocidente con un rojo furgone ape adattato a taxi (soprattuto finalmente ventilato). A quanto pare il ponte, che si trova a 5 Km dal pueblo, e' una delle strutture del genere piu' antiche dell'America Latina; possiede una luce di oltre 290 metri ed e' percorribile solo a senso alternato e solo da automobili, oltre che da pedoni. L'immagine e' suggestiva anche perche' i dintorni sono stati lasciati come in origine, inabitati, e percorrendo il ponte a piedi, si puo' godere lo scorrere lento del rio Cauca che forma anse sabbiose mentre alcuni ragazzi si frinfrescano nelle sue acque non particolarmente liimpide.
26 de febrero
Siamo ormai esperti e in un baleno con il metro’ arriviamo al terminal del nord. Stavolta si parte per Guatape’. Due ore di bus coloratissimo, dapprima si percorre la buona strada per Bogota’ poi si devia per le montagne uscendo finalmente dalla cappa di afa e smog.
L’aria pulita e limpida ci preannuncia un’ottima giornata. La vegetazione e’ ricchissima di varieta’: vediamo abeti accanto ad altissimi bambu’, poi piante di caffe’ e piantagioni ordinate, villette con prati all’inglese, belle mucche al pascolo.
Ci appare improvvisamente lo specchio d’acqua dell’Embalse del Peñol, un lago artificiale dalla forma estremamente frastagliata. Gli unici turisti con noi sul bus scendono alla Pedra Negra. Noi invece proseguiamo fino a Guatape’. E’ questa un’oasi ridente fra le montagne, un posto non indicato dalla Lonely, in cui siamo arrivati su suggerimento di due simpatici ragazzi di Medellin. Il bus si ferma sul lungolago, una serie di battelli riposa all’ormeggio dopo la fatica del fine settimana.
La sagoma di una coloratissima chiesa ci richiama subito per una salitella che ci porta alla piazza. Restiamo subito incantati dai particolari architettonici gli edifici, specialmente per quanto riguarda le balze decorative. Avrete presto qualche foto a testimonianza.
Ora, seduti in riva al lago ci godiamo la brezza fresca, il sole caldo, quiete ed un panorama d’incanto. Senza meno ad oggi e’ uno dei lugares piu’ piacevoli incontrati e suggeriamo a chi voglia mettersi in viaggio da queste parti, di non dimenticare di visitare Guatape’. Di piu’; chi avesse invece voglia di scomparire per quindici giorni prendendosi una vacanza in un posto sconosciuto, ameno e fuori da ogni itinerario: Bene, Guatape’ e’ il posto adatto.
Noi non possiamo
fermarci di piu’ l’itinerario deve proseguire. Una jeep-taxi ci
porta fino al bivio per raggiungere
E’ questo un
monolite granitico di enormi dimensioni, che qualcuno paragona per la
forma e la particolarita’ al Pan di Zucchero brasiliano, alto
In cima alla salita le solite bancarelle di souvenir, una vista fantastica del lago in tutte le sue ramificazioni e l’ingresso alla scala di 649 gradini che porta in cima al monolite.
Inviati si’, pazzi no!
Lasciamo a qualcun’altro di voi (ad esempio lo Spiriticchio) la gioia di raccontare le emozioni e la vista dalla cima.
Ora siamo in ombra sotto un capanno, noi due ed un simpatico poliziotto in tuta mimetica e superarmato che ci aiuta a programmare il proseguimento dell’itinerario della giornata e ci racconta della sua missione militare in Israele.
Arriva il bus e il militare spiega all’autista che dobbiamo scendere a Belen per proseguire poi per Rionegro. E qui la scelta e’ stata difficile, ma il prezioso kit di sopravvivenza fornitoci per il viaggio dall’amico Franco di Monte San Savino, ci consente di saltare il pranzo e placare comunque la fame in attesa di raggiungere la tappa successiva.
Rionegro e' un importante centro molto antico con una bella piazza con tanto di statua allegorica di un tal generale della guerra di indipendenza....nudo a cavallo. Abbiamo poco tempo ( e molta fame ) per cui la nostra attenzione si concentra soprattutto su un pollo asado.
Poi ci rendiamo conto di avere ancora solo un paio d'ore di luce per cui fuggiamo veloci verso il successivo pueblito paisa ( cosi' si chiamano gli abitanti della regione).
Ed ecco arriviamo a La Ceja .......tre foto ed il sole cala mentre abbiamo gia' conquistato un posto sul bus di regreso a Medellin.
LA MITICA RENAUT 4
E' stato bello scoprire che la mia amata mitica R4, il cui ultimo esemplare avevo rottamato soffrendo circa 5 anni fa, vive ancora e prospera sulle sierre colombiane. Semplici, abartizzate, tipo cabrio, di tutti i colori di serie e non, gia' sulle coste del Caribe ogni tanto ne incontravamo una, ma e' sulla Sierra il suo vero habitat di sopravvivenza. Tante, tantissime, piu' nuove o scassatocce si arrampicano come muletti sulle strade di montagna dando il loro meglio. Non resisto alla curiosita' e chiedo conferma di quella che mi appare ora una certezza: cacciate senza pieta' dall'Europa ecologica ora sono fabbricate direttamente in Colombia.
R 4 hasta siempre !!
Ancora una piccola parentesi :
Montezuma, che negli anni passati ci ha inseguito attraverso il Messico, il Guatemala, il Nicaragua il Costarica, l'Ecuador ed il Cile , ci ha ora colpiti in Colombia: Per cui il programma dell'itinerario ha incluso la visita a turno e con urgenza variabile di tutti i bagni tra Medellin e Cali. La nostra partecipazione all'ecosistema colombiano e' stata totale.
Orgoglio italiano:
Come abbiamo avuto modo di dirvi gia', molte sono le statue bronzee di Botero che abbiamo visto in Medellin, sparse per le varie piazze e per i pubblici parchi.
Bene, ci siamo dimenticati di dire che tutte le statue che abbiamo visto, sono state fuse in Italia, presso la Fonderia Mariani (LT).
Ogni tanto qualcosa di buono lo facciamo anche noi!
Peñol
Guatapè
Da Medellin a Cali
27 de febrero
Sette ore di bus. E' questa la tratta piu' lunga di bus e l'abbiamo volutamente inserita in itinerario ( le altre due lunghe le abbiamo sostituite con due voli interni) visto che la conquista del territorio palmo a palmo da' un altro senso al viaggio. Senza meno non e' stato un viaggio noioso e raramente ci siamo potuti appisolare per non perdere l'alternarsi dei panorami, tutti molto suggestivi.
In ordine di apparizione:
abeti + banani
palme + bamboo
caffe' + bamboo
pascoli con mandrie
frutteti
distese di canna da zucchero + ( udite udite) uva
Ci son volute ben tre ore per percorrere i primi 90 km di montagna .... eppure abbiamo preso il bus mas rapido. La strada e' molto tortuosa e trafficata con enormi bestioni (camion sbuffanti) che in salita arrancano senza possibilita' di sorpasso. La strada e' particolare perche' corre sul crinale dei rilievi ed anche i piccoli paesi sono tutti situati in alto, con viste stereo mozzafiato. Ci meraviglia poi la convivenza stretta tra abeti e banani.
Attraversiamo poi una zona in cui la palma diviene via via sempre piu' protagonista (per Michele che chiede confronti Enrica ricorda di aver visto qualcosa di simile solo a Cuba). Le palme disseminate sui versanti luccicano al sole del mediodia.
Alle 12:45 imbocchiamo l'autopista del Caffe' e qui l'entusiasmo e' al massimo. E' difficile descrivere; ci proviamo: continui saliscendi contornati da alture fitte di coltivazioni di caffe' con il loro tipico colore verde scuro brillante (paragone per Michele? fitte e ordinate come le vigne delle Langhe) inframezzate da boschetti di bamboo morbidi come piume di struzzo e se questo non vi basta aspettate le foto.
Superiamo Pereira (sostiene o non sostiene noi non ci fermiamo). Qui mandrie e palme, haciendas ridenti e contornate di fiori. Ancora mucche al pascolo, alcune sono bianche ed hanno le orecchie lunghe e la gobba (come quelle del Costarica ma un poquito mas gordas).
Dopo 6 ore di bus, inizia una zona piu' arida (chi si ricorda del Guanacaste?), poi frutteti ordinati, rigogliosi e per i curiosi come noi erano indicate anche le colture: guayaba, manzana, poi leggiamo trucas (ma no possono essere trote) e ICA (mancasse una lettera? Bho!)
A Zarzal un ... altrettanto rigoglioso .... campo di addestramento militare. Inizia poi l'enorme distesa di piantagioni di canna da zucchero. Finalmente confluiamo sulla bella statale 25 proveniente da Bogota'.
Cali ci accoglie brutta grigia, piena di smog. C'e' poco da vedere, gli hotel sono sensibilmente piu' cari rispetto a quanto finora incontrato, e pur di non uscire dalla zona centrale, per motivi di sicurezza, ci accontentiamo di una costosa stanza brutta sporca e rumorosa. Riusciamo ad intravedere di sfuggita qualche raro edificio di pregio e l'unica cosa che ci rimane impressa e' il complesso del Convento e della Chiesa di San Francisco con la vicina Capella de la Immacolata, in stile mujedar.
Michele ci sollecita, al di la' del resoconto qualche valutazone di confronto.
E' vero che le migliori valutazioni nascono lungo il volo del ritorno: a caldo e' difficile. Possiamo solo dirvi che il paese ci appare progredito, non abbiamo visto poverta' estrema, e sembra esserci un livello medio di classe sociale. Certo che noi pero' abbiamo prevalentemente frequentato i centri storici, ristorantini e alberghetti, ma e' pur vero che ieri sera a Cali, per uscire dal grigiume siamo finiti, anche per errata indicazione della Lonely, in un ristorante di lusso nella cosi' detta Zona Rosa; il resto dei clienti era comunque semplice ed informale, al tavolo accanto al nostro addirittura due addetti dell'ONU ma in maglietta con tanto di stemma.
Pianta di guadua, chiamata erroneamente da noi bamboo, tra Medellin e Cali, dal bus.
Popayan la Ostuni della Colombia
28 de febrero
Un'ora e mezza di taxi-collettivo lungo la bellissima strada Cali - Popayan e scopriamo la ciudad blanca.
Siamo solo con lo zaino leggero (i bagagli sono rimasti a godersi l'orribile hotel di Cali). Abbiamo tutto il tempo per trovare da dormire (sara' difficile .... e' tutto molto caro) e, tra una calle e una carrera, con la guida in mano non resistiamo a scattare da subito alcune foto, la luce e' fantastica e la citta' e' tutta dipinta di bianco.
Popayan, antica citta' coloniale, e' nota per due eventi: la Semana Santa che vede ogni anno l'arrivo di innumerevoli visitatori per le processioni tra le piu' famose in tutto il continente e per l'impressionante terremoto del 1983 che proprio il giorno del Giovedi' Santo, con la citta' piena di pellegrini, tra gli altri gravi danni, fece crollare la cupola della Cattedrale sulla folla dei fedeli provocando, solo in chiesa, piu' di cento morti.
Dice la Lonely, che "la difficile e costosa opera di restauro e' durata quasi venti anni ma il risultato e' veramente ammirevole". I vostri inviati confermano.
Dopo il grigiume di Medellin e Cali, finalmente un lugar muy lindo, hermoso y amable e finalmente fresco.
Troviamo alloggio (un po' piu' caro della media) in un'antica casa coloniale che ha resistito intatta al terremoto, in una stanza misurata ad occhio di circa 25 mq, con balconcino con vista sulla Plaza, patio interno arredato con mobili d'epoca. Ci dispiace solo starci per poco tempo. Vogliamo infatti cercare di andare a San Augustin e preoccupati per le note allarmistiche della Lonely, cerchiamo una soluzione che ci dia sicurezza.
La cortesia e premura degli abitanti ci porta in breve ad una delle agenzie specializzate dove troviamo una cordialita' fuori della media. Cosi' Gustavo dell'agenzia (calle 8 n. 7-61) in breve ci organizza un'escursione di tre giorni e due notti per visitare il famoso sito archeologico, accompagnandoci personalmente con una Jeep. Non solo, ma passa la serata a farci da guida per la citta'.
Vediamo le belle chiese, tra cui la Cattedrale con la torre dell'orologio, la chiesa di San Francisco, de Santo Domingo, San Jose', il teatro Municipal Guillermo Valencia che spicca per la sua colorazione crema e pistacchio unico in mezzo a tanto bianco. Al tramonto siamo sul ponte del Humiliadero godendoci i contrasti delle ultime luci della giornata. Questo ponte ha dodici archi, ognuno differente dall'altro e sostuisce il vecchio ponte, piu' piccolo, che non e' stato abbattuto pur essendo pressoche' contiguo (Nello impazzisce: due ponti in un colpo solo).
Il sole e' ormai tramontato e la citta' si trasforma: la bellissima illuminazione la colora interamente di giallo.
Verso San Augustin
1 marzo
In anticipo sulla cita , Gustavo e' gia' a prenderci in hotel.
Sono le sette in punto quando partiamo, con la jeep roja, per la lunga ruta che attraverso le montagne ci portera' a San Agustin.
Sappiamo di avere davanti oltre 6 ore di viaggio per una stradaccia di 120 Km , dovendo scavalcare la cordigliera per passare dal versante del rio Cauca a quello del rio Magdalena.
Solo pochi km di asfalto poi inizia subito la strada bianca e polverosa ( la stagione e' secca) .
La temperatura, nonostante l'ora mattutina, e' mite ed i panorami meritano qualche brevissima sosta . Come al solito la strada corre alta sul crinale.
Si inizia a salire e si entra in una lussureggiante nebbiosa foresta tropicale, si sale ancora e la temperatura si abbassa di molto , siamo intorno ai 10 gradi, la vegetazione si dirada, il sole e' coperto da basse nebbie, superiamo i 2.000 mt e raggiungiamo l'alto paramo, costellato di piccoli frailejones ( si, sono proprio gli stessi che vedemmo a 3.500 mt in Ecuador, solo che quelli , al confronto, erano di dimensioni mastodontiche).
Ci fermiamo in una casupola per un provvidenziale tinto caliente ( caffe' caldo) accompagnato da focaccia e queso. Il locale e' fatiscente, ma i pentoloni di alluminio, gia' sul fuoco per l'almuerzo, sono tirati a lucido e brillano come nuovi.
I tratti somatici dei campesiños sono qui' decisamente andini ( sembra di essere tornati sulle ande ecuadoreñe ) , cappelli di lana e ponchos, cavalieri a cavallo e scolari che camminano in direzione di una scuola che non riusciamo nemmeno ad intravedere.
Numerose e belle mucche al pascolo (ma non piu' quelle bianche dalle orecchie lunghe di razza Cebu' tipiche delle zone piu' calde ).
Superiamo il valico passando nel versante del Rio Magdalena e finalmente si comincia a scendere. La strada e' pessima ed anche la jeep fa fatica, scopriamo infatti di aver percorso 100 km in quattro ore, ma questa si rivela essere una ottima tabella di marcia perche' completeremo il percorso miracolosamente in meno di 5 ore.
Si passa per il pueblito di San Jose' , la strada ci fa sperare perche' diviene per un breve tratto asfaltata facendosi scendere ancora di quota velocemente, poi torna ad essere inesorabilmente bianca. Superiamo il ponte sul rio Magdalena: si tratta proprio dello stesso fiume che avevamo incontrato uscendo da Barranquilla dove , lento e maestoso, dopo aver accolto le acque del Rio Cauca, si accingeva a raggiungere il Caribe. Ora e' poco piu' di un torrente impetuoso in una profondissima gola. Basta ormai poco e siamo a San Agustin.
E' un pueblo campesiño, nulla da segnalare, non merita neanche una foto, e' comunque pieno di agenzie per la visita al parco archeologico, come anche di graziosi alberghetti.
Nessun problema quindi ad arrivare qui in modo autonomo con il bus pubblico ( ma la Lonely , non aggiornata, lasciava molta aleatorieta' alla possibilita' di raggiungere il parco archeologico per motivi di sicurezza, per cui noi abbiamo preferito muoverci sul sicuro facendoci accompagnare.
Dai vostri inviati quindi la buona notizia che ora non ci sono piu' tutti i pericoli segnalati, anzi, di piu' , un accampamento militare, collocato lungo la strada percorsa , controlla l'area).
Prendiamo alloggio nel semplice Hotel Centrale che appare come la versione di campagna della bella casona coloniale che avevamo lasciato a malincuore a Popayan: un patio centrale pieno di piante e fiori e, al'interno davanti alle numerose camere, un'ampia veranda in legno, arredata stavolta con mobili campesiños. Siamo gli unici clienti e l'atmosfera e' di relax totale. ( 15.000 pesos a persona a notte , ma .....sin agua caliente ......).
Dopo pranzo, in breve con la nostra jeep raggiungiamo il museo ( presso il sito archeologico). E' piccolo e non "remarcable" , rimandiamo la visita al sito all'indomani mattina e ci prendiamo invece un pomeriggio di descanso benefico, visto che qui in paese non c'e' nulla da fare ne' da vedere.
Una deliziosa saletta internet , con musica suave in sottofondo ci accoglie nel nostro quotidiano ....lavoro per voi.
Fa freschino a la noche e ben tre morbide copertine di lana andina ci coccolano in una notte serena e silenziosa.
Parco archeologico di San Augustin
2 marzo
Settemila pesos a persona d'ingresso (che alla fine valuteremo ben meritate) ed entriamo nel Parco archeologico di San Agustin.
E' ammirevole come questa area sia ben organizzata e la manutenzione sia perfetta. Prati all'inglese appena rasati, ombreggiate zone di sosta, cestini e vialetti pulitissimi: bravi, bravi questi colombiani, abbiamo anche lasciato le nostre congratulazioni sul libro degli ospiti.
Le sculture sono molto interessanti, ben tenute e conservate nel loro sito naturale contornate da ampi spazi verdi.
Non sta' a noi dirvi dei misteri ancora non risolti legati a questa civilta' antichissima, vi diciamo solo che la passeggiata nel parco e' estremamente amena tra orchidee spontanee che pendono dagli alberi e uccelletti di variopinti colori.
Il sito denominato "bosco delle statue" e' invece un percorso che si snoda dentro una fitta foresta (no, Michele, anche qui il serpentello non l'abbiamo trovato!).
Ci concediamo ancora un pomeriggio di lettura, corrispondenza (con voi), riordino degli appunti.
Domattina si parte all'alba per regresar.
Notiziole:
Quello che vi abbiamo gia' segnalato come uno stupendo bamboo ..... non e' un semplice bamboo. Si tratta di una varieta' molto piu' grande e molto piu' resistente chiamata Guadua che raggiunge i quindici metri di altezza.
Il pepino dulce e' una varieta' di cetriolo dolce e succoso. Nello, che l'ha mangiato dice che ricorda il melone, Enrica, che tanto odia il cetriolo, s'e' rifiutata di assaggiarlo.
L'albero senza foglie, carico di fiori fra l'arancio e l'aragosta, che vi abbiamo inviato in foto, si chiama Guasimo. Quello altrettanto bello con colori violetti o giallo si chiama Guayacan.
Parco archeologico di San Augustin
in viaggio verso Cali
3 marzo
Al sorgere del sole siamo gia' in viaggio sulle montagne.
Stanchi e impolverati, ben prima di mezzogiorno riusciamo ad arrivare a Popayan.
Gentilissimi in agenzia ci accolgono festosi e ci danno modo di cambiarci e rinfrescarci mentre loro provvedono cortesemente a confermare il nostro volo di domani per Bogota'.
Abbiamo ancora qualche ora per goderci la citta' bianca e soprattutto per comprarci un paio di magliette pulite!
Prima del tramonto saremo in viaggio per Cali dove ci attende, con i nostri bagagli, l'ignobile stanza nell'ignobile hotel ...... ma per fortuna una doccia calda.
Popayan-Cali-Bogota'
4 marzo
Due ore di bus sono previste da Popayan a Cali, ma se c'e' un incidente con un morto sulla carrettera si sta fermi per due ore e mezza. Pazienza, ci siamo divertiti a vedere come il piccolo pueblo dove si e' fermato l'inizio della interminabile coda di bus camion e vetture, si sia in immediato organizzato: da ogni casina sono usciti banchetti apparecchiati, barbeque fumanti con spiedini e quant'altro, venditori di queso, acqua , patatine insomma sembrava la festa del Santo Patrono. Il nostro bus poi si era fermato proprio davanti ad una discoteca che subito ha iniziato a diffondere musica a tutto spiano. Insomma , mentre si ritardava la riapertura della carrettera in attesa di riconoscere la povera salma, per il piccolo pueblo sono state due ore eccezionali di fiesta.
Siamo tornati a Cali, stessa stanza ignobile in hotel ignobile ( era talmente tardi che non c'era tempo di cercare alloggio migliore) consoliamoci ricordando che il letto era particolarmente comodo e pulito e la agua caliente.
Stamane poi abbiamo fatto pace con Cali........passeggiando di chiesa in chiesa ( almeno la domenica sono aperte) siamo finiti sulla collina di San Antonio delizioso posto: stradine e casette coloniali, bella vista sugli orribili grattacieli , traffico assente e caffe' caliente delle suorine davanti il portone.
Le sorelle, dopo aver spettegolato sul nuovo Papa che no les gusta mucho, ci hanno fatto entrare nella capilla direttamente dal loro cortile interno .
Un taxi, poi un bus e siamo in aeroporto.
Un volo aereo di soli 45 minuti e siamo a Bogota'
Prendiamo alloggio nel quartiere della Candelaria e, prima che cali il sole, abbiamo gia' scattato decine di foto. Tra una strada e l'altra ( che qui non hanno solo numeri come nel resto della Colombia, ma anche bellisiimi nomi: calle de la amicizia, calle de la fatica quella che sale su per la collina ....) cogliamo bellissimi scorci: in basso verso il centro ed in alto verso le ripide montagne ancora illuminate dal sole . E' domenica non c'e traffico, c'e' poca gente in giro ed e' tutto chiuso, ma siamo circondati da vigili e polizia. E' ormai buio quando scendiamo dalla collina per iniziare ad ammirare il centro della citta'.
L'impressione iniziale e' ottima: la citta' e' coloniale e le sue chiese (almeno queste oggi sono aperte per la messa serale) sono davvero preziose. Le piazze, il palazzo del Senato, quello prersidenziale, il teatro, tutto merita sicuramente. Assistiamo persino alle prove della cerimonia di accoglienza per il presidente della Repubblica Federale Tedesca che, con tanto di banda, si svolgono nel cortile del palazzo presidenziale e Nello viene severamente redarguito dalle guardie in alta uniforme perche' il palazzo presidenziale non si puo' fotografare.
Domattina si parte presto, rimandiamo l'approfondimento della conoscenza della capitale e i suoi musei al giorno prima del volo di ritorno, ora ci aspettano le Ande a nord di Bogota'.
A nord di Bogota'
5 marzo
Bus TrasMilenio!
Veltroni dovrebbe farsi una girata da queste parti per vedere come funzionano i bus di Bogota'.
Invero la linea TransMilenio (lunghi bus snodati rossi Mercedes su circuiti preferenziali) e' talmente complessa che ci siamo impiccati per capire a quale delle tante porte automatiche presenti nella fermata, sarebbe arrivato il nostro bus.
Il terminal dei bus e' ben distante dal centro; impieghiamo piu' di 45 minuti prima di poter prendere al volo un bus per Tunja.
Questa e' il capoluogo della provincia di Boyaca', la sua fondazione e' pressoche' contemporanea a quella di Bogota'.
Si trova ad un'altitudine di oltre 2820 m, ed e' contornata da ben piu' alte montagne.
Piena di salite e discese ci mozza il fiato e, tra uno sbuffo e l'altro, una comida e una ottima cioccolata caliente, riusciamo a visitare i luoghi piu' interessanti.
Tunja e' famosa per l'imponente ricchezza delle sue chiese. Nello saltella felice tra un Santo Domingo e un San Antonio, tra una Santa Clara e una Santa Barbara, li riconosce tutti (Enrica e' certa che a casa abbia di sicuro ......... l'album delle figurine).
Un amable responsabile della Polizia Turistica, con tanto di incastonamenti d'oro su un sorriso brillante, ci ha accompagnati nella visita del Palacio del Fundador ( Gonzalo Suarez Rendon) , lasciandoci entusiasti sopratutto per gli arredi originali e per gli affreschi nei soffitti.
Ma un'atra guida pequeñita ci ha guidato in giro per le chiese: si tratta di Christian Daniel di dieci anni, che ha cominciato dapprima a seguirci in modo assiduo, poi ha preso il coraggio di rivolgerci la parola. Abbiamo girato in lungo e in largo, scattato foto, tomato cafe', senza che lui ci lasciasse un momento, fino al frettoloso ma sentito adios mentre salivamo al volo sull'ennesima buseta, stavolta in direzione Villa de Leyva.
Arrivaimo a Villa de Leyva alla solita ora del tramonto quando la luce e' piu' bella.
Ancora una volta ci fermiamo a scattare le nostre foto, prima di aver trovato un hostal, con gli zaini in spalla.
Sono gli ultimi giorni di viaggio.....ci possiamo permettere il lusso di una camera di qualita' superiore e di una cenetta come si deve.
Avventura con Zorro
5 de marzo, Villa de Leyva
Siamo finiti in pieno in un set cinematografico e non stiamo scherzando: la ciudad e i suoi paraggi sono in fermento perche' stanno preparandosi per girare una pelicula di Zorro.
L'ambientazione in effetti appare perfetta, solo che la produzione ha preteso di dipingere in colori pastello antichizzati, meta' degli edifici, altrimenti bianchissimi, sia della piazza che di altri angoli pittoreschi e persino di un Santuario nei paraggi.
Doppia scenografia quindi: da un angolo possiamo riprendere il pueblo com'e' ora, da quello accanto la ricostruzione di un lugar molto piu' antico.
Nella piccola cittadina regna una pace ed un silenzio inimmaginabile. Il vecchio acciottolato delle stradine, infatti, limita il traffico che e' pressoche' inesistente; nel centro circola solo quache jeep ed il camion della mondezza preannunciato da un insistente fischietto. E' tutto tenuto con cura. Inizialmente ci sembra addirittura un po' falso, poi ci rendiamo conto che tutto e' verace, comprese le basse staccionate ai lati della piazza per legare i cavalli, come in qualsiasi film western che si rispetti.
Internet comunque si e' intrufolata anche qui e, miracolosamente, la connessione e' velocissima.
Alloggiamo finalmente in un hotelito muy bonito.
Siamo arrivati come al solito alle ultime luci del tramonto, ma stavolta il buio non ci spaventa, perche' si passeggia nella massima tranquillita' e sicurezza e con una temperatura ideale (felpina).
Il buio ci offre deliziose immagini di questo pueblo delicatamente illuminato con lanterne di ferro battuto. Le chiese sono aperte per le funzioni della sera e alla iglesia del Carmen il celebrante coinvolge i fedeli in una sorta di karaoke, facendo intonare il canto prima a las mujeres y despues a los hombres, y al final a todos.
Ceniamo con ottomila pesos in due (2.7 euro) in un localino molto semplice.
6 de marzo
Al mattino il programma di Nello, ancora non sazio di arte sacra, di raggiungere il Santuario del Santo Ecce Homo, prevale sul profano desiderio di Enrica di andare in cerca di artesania.
Questa zona e' particolarmente arida ed in questo periodo sta' vivendo una stagione stranamente molto calda. Il territorio e' inoltre caratterizzato dal ritrovamento di numerosissimi fossili marini (siamo sulle montagne ad oltre 2000 metri e a centinaia di chilometri dal mare).
Le escursioni proposte dalle agenzie non partono, visto che siamo gli unici due turisti. I taxi chiedono cifre esose per l'economia del viaggio, la zona e' pero' cosi' tranquilla che optiamo per vagabondare coi bus locali ben piu' economici, pur se con piu' lunghi e incerti tempi di attesa.
Il santuario dominicano del Santo Ecce Homo, merita bene una visita. Il sito come al solito e' tenuto benissimo ed il giardiniere ha senz'altro manie di grandezza: ha trasformato il cortile centrale in un giardino botanico in fiore.
Aspettiamo lungo la carrettera deserta il passaggio di un qualsiasi bus in qualsiasi direzione ...... si va dove si riesce ad andare. Il primo utile ci lascia al sito de El Fosile.
Si tratta di un piccolo museo costruito nel sito del ritrovamento di un pliosaurios cretaceos, che altro non e' che un rettile marino di lunghezza di oltre nove metri, con dentacci minacciosi, vissuto circa 113 milioni di anni fa, e ritrovato da un contadino al lavoro nel 1977.
E' familiarmente chiamato Reptil Capezon per le proporzioni mostruose della sua testa ( e delle sue mandibole).
Questo e' il reperto di maggiori dimensioni, ma come vi dicevamo, la zona continua a far emergere fossili marini in grandi quantita' al punto che vengono utilizzati per abbellire balze e muretti e addirittura per il pavimento di ingresso del Santuario, nel cui cortile faceva bella mostra addirittura un lungo fossile di serpente marino.
Siamo di nuovo al sole sulla carrettera deserta, e' ora di pranzo ed abbiamo fame; aspettiamo di nuovo un bus per qualsiasi direzione. Leggiamo, scriviamo, nel silenzio della campagna e solo dopo piu' di mezz'ora in lontananza percepiamo l'arrivo di una buseta.
Questo angolo di Colombia, ben diverso dalla "caciara" di tutto il resto (la musica del Caribe, il traffico delle citta') ci fa riprendere fiato e ci offre un dovuto relax. Pranziamo sotto un capanno tra mobili campesiños d'epoca e con un colibri' che provvede alla sua comida accanto a noi, su un cespuglio di strani e bellissimi fiori rossi.
Reptil Capezon
dov'e' il colibri'?
Polvere Bianca
7 de marzo
A malincuore lasciamo la quiete di Villa de Leyva e lungo il viaggio meditiamo che mai si era incontrato un pueblito dove anche i cani ...... abbaiano a bassa voce.
L'itinerario di oggi ci porta a Raquira, piccolo centro isolato noto per la ceramica.
Il bus ci lascia al bivio sotto un cartello che recita: "Raquira 4 Km". Non abbiamo neanche il tempo di pensare cosa fare che un'auto scassaticcia avanza raccogliendo passeggeri e rapidamente, imboccata la via bianca, tra nuvoloni di polvere, raggiungiamo il paese.
E' questo un pueblo coloratissimo che vive del turismo del fine settimana, ora in giro ci siamo solo noi, tanto che per pranzo riusciremo a fatica ad avere un ovetto strapazzato con una cerveza calda. Che dire? Enrica impazzisce tra tutte quelle botteghe, ma al di la' di qualche bel pezzo di ceramica, difficile da poter trasportare, il resto sono cosucce viste e riviste in tutto il centro e sud America.
La veduta d'insieme e' comunque allegra e coloratissima e ricorda la salita di Panajacel (Lago Atitlan - Guatemala).
Fatti i dovuti acquisti sorge il problema di mettersi in viaggio per Bogota'. Non ci sono bus, ma tutti tranquillamente ci indicano un parcheggio dove vediamo solo scassoni di auto senza finestrini e presto scopriremo che sara' uno di quelli la nostra unica chance.
Una sorta di pick-up, un tempo verde, senza lunotto posteriore, quattro posti per sette persone piu' i nostri bagagli, ed una pista di oltre 25 Km, ci tolgono per sempre il desiderio di inalare ancora polvere bianca colombiana.
Salto di qualita' : il bus per Bogota' ha si' tutte le ventane, ma la gallina continuava a protestare ad ogni curva.
Raquira
Cattedrale del Sale
8 de marzo ( dia de la mujer)
Penultimo giorno di viaggio, un poco di stanchezza si fa sentire, anche perche' siamo a 2.800 metri nello smog di Bogota'.
Stamane altra partenza, bus comodo (e niente galline) destinazione Zipaquira' la ciudad dove, nella vecchia miniera di sale, e' stata costruita una Cattedrale.
Ancora bravi i Colombiani, il sito, come al solito, e' tenuto in modo impeccabile: un parco meraviglioso che domina dall'alto la cittadina ed in cima l'ingresso alla miniera.
Invero restiamo un poco delusi per la scarsa illuminazione e per l'estremo ermetismo dell'arte moderna con cui sono realizzate le opere. Ad esclusione di poche statue di pietra, alcune di queste realizzate da un italiano, il resto e' essenziale e soggetto ad interpretazione come l'intera via crucis le cui stazioni variavano per lo piu' solo per il diverso posizionamento della croce e la cui interpretazione e' di difficile lettura. Molto suggestiva e' stata invece la immagine della croce dell'abside pricipale i cui elemnenti in lontananza apparivano stranamente di forma cilindrica mentre essa e' interamente scavata nella parete di fondo. Misura 16 metri di altezza per 10 di larghezza. La grotta e' ampissima e in essa si celebrano funzioni, ma anche cerimonie e concerti con migliaia di spettatori, senza problema alcuno di ventilazione.
Anche il paesino di Zipaquira' e' grazioso ed ha una bella piazza moderna contorniata da palazzi coloniali.
Rientriamo troppo tardi a Bogota' per andare per musei, ci tuffiamo allora nel traffico del centro scoprendo altre chiese, alcune nemmeno segnalate dalla guida. Ci troviamo nel mezzo di una interessante fiunzione nella bellissima Iglesia La Terzera, con altari in legno scurissimo stile barocco, dove una processione del Santissimo all'interno della chiesa veniva omaggiata dai fedeli con lo sventolio di fazzoletti bianchi.
E' tutto dai vostri inviati.
Domattina il programma ci vuole al museo dell'Oro e poi a quello di Botero e di entrambi il sito di Viaggiare Liberi ha gia' ottime complete recensioni ( Pedro ); per cui riteniamo di aver concluso il nostro ( duro? ) compito, pur riservandoci al ritorno ( ma con calma por favor... ) di completare con informazioni spicciole, prezzi, nomi di hostal, curiosita' e quant'altro il nostro Michele abbia la cortesia di ospitare nel suo ........"regno".
Enrica e Nello
www.viaggiareliberi.it