Isla Margarita
Racconto di viaggio agosto 2004
A
Isla Margarita tutto è allo stesso tempo bello e terribile, ma è quasi
impossibile scindere le due caratteristiche, e questa è la cosa che più ti
affascina!
L’isola ha la forma allungata di due fagioli uniti da una lingua di terra, la laguna della Restinga, la parte a nord è ricca di vegetazione e di animali perché piove quasi tutti i giorni e il clima è caldo-umido, è più abitata e turistica, la parte sud, la penisola di Macanao, è arida e ventosa, ma più selvaggia.
Mappa Isla Margarita
Paolo e Filippo a Macatao
La
città principale, Porlamar, dove è situato l’aeroporto, si trova
pressappoco al centro, lì si scontrano come in molti posti dell’America
latina, la moderna cultura statunitense e quella indigena rimasta agli anni
60’.
Davanti a Porlamar, si trovano ad un’ora e mezz’ora di battello rispettivamente, le isole di Cubaua e Coche, un paesino di pescatori nella prima e un albergo nella seconda, le uniche forme di vita umana.
Cubaua
Le prime due settimane eravamo alloggiati in una casa di amici al nord, vicino a Playa Guacuco, la spiaggia dei surfisti, mia figlia ed io raccoglievamo le noci di cocco in giardino e poi ce le facevamo rompere da uno del posto perché, dopo aver distrutto un metro di giardino colpendo col macete, abbiamo capito che era meglio così.
Playa Guacuco
Abbiamo trovato delle piccole iguane verdi e un sera un ragno grande come una mano sulle travi del tetto.
accesso a playa el yaque
Ogni mattina attraversavamo metà dell’isola in auto per raggiungere la spiaggia vicino a Porlamar, dove facevamo kite: Playa El Yaque.
Durante il tragitto di un’ora non ci si poteva annoiare guardando gli alberi di mango che ombreggiavano le strade stracarichi di frutti arancioni e la moltitudine di persone che vendevano aquiloni colorati, ceste di paglia o amache.
Playa el Yaque
Ma la cosa più divertente erano le auto: vecchie auto anni 60 americane, grandi, colorate ed elaborate, con ruote enormi e marmittoni esagerati, che quasi sempre erano ammaccate e tenute insieme con lo spago.
Ah, a proposito, vi farà piacere sapere che per fare 80 litri di benzina alla nostra auto spendevamo 2 € !! Questo vuol dire 2,5 centesimi al litro!! Va bene che il Venezuela ha i pozzi di petrolio, ma come fa da noi il prezzo ad essere così alto rispetto al loro?
La vita in generale costa un quinto rispetto a noi e non fanno molti differenze per i turisti, se si esclude i grandi centri commerciali come il Rattan o il Sunbill.
Ma torniamo a El Yaque, paesino con poche baracche dove gli abitanti vivono in case con il pavimento di terra battuta e accolgono turisti-velisti in piccoli alberghi sulla spiaggia.
Il clima era di casino totale e noi ahime’, dopo due settimane, ci siamo trasferiti in un albergo lì.
Ti svegliavi dalla puzza e dal rumore del camion della spazzatura sotto la camera, dai cretini che lasciavano le auto marce degli anni 50, accese per delle ore.
Oppure per il pappagallo maledetto che incominciava gracchiare alle 6 di mattina e poi ti accompagnava a colazione e cercava di fregarti la frutta dal piatto.
E
le friggitrici di empanadas cotte nell'olio di motore sulla spiaggia, i 1000
venezuelani con bicchiere di rum o birra in acqua mentre fai kite e rischi di
ammazzarli, le nuvole di fumo delle grigliate di pesce di carne e di tutto delle
famiglie di 10-20 persone accampate in spiaggia.
I nostri figli si erano inseriti nella compagnia dei ragazzi del posto e andavano spesso in canoa nella laguna vicina di La Isleta a raccogliere le ostriche, facevano il bagno e mangiavano empanadas o noci di cocco che vendevano sulla spiaggia.
Sì,
lì non hai bisogno neppure di muoverti per andare al baretto quando vuoi
mangiare:sulla spiaggia passano bambini di 5-10 anni che vendono, pasticci di
carne, pastasciutte, frutta e dolci, fatti dalle loro mamme, io ho
assaggiato di tutto e sono buonissimi!! (NB non sono mai stata male) e poi non
costano più di 2-3 $ i primi e i secondi.
E poi quando alle 6 calava il sole tutti alla “hora feliz” del bar della spiaggia a ballare e a bere “cahipirina con parchita” (il frutto della passione) fino all’ora di cena.
Paolo, Marina, Filippo e Ginevra Agosto 2004