Un antico viaggio simbolico di autoformazione :

la pratica del Kundalini Yoga attraverso i sette principali chakra

Carlo Pancera

 

 

Il termine sanskrito yoga deriva dalla radice yuj, cioè congiunzione, legame (cfr. il latino jugum, giogo, per indicare il vincolo tra due buoi e tra loro e l’aratro), e si riferisce a ciò che col-lega (cfr. il latino re-ligio) l’umano al divino.

Il Kundalini yoga è una pratica di ascesi che ha forse origini antichissime (si fa risalire a un leggendario fondatore nelle regioni dell’India orientale, nel III millennio a.C) e rappresenta una via spirituale sviluppatasi quasi esclusivamente nell'alveo dello shivaismo (lo Advaita Tantra Yoga), e delle concezioni e dei culti dell'energia vitale cosmica Shakti. L'arcaica cultura Shakta, ripresa poi nel VI-VII secolo d.C., e rifiorita ancora nel X e XI sec., poi nel XIV, e nel XVIII secolo, ha dato luogo a una visione del mondo e dell’uomo –quella appunto del Tantra- e a pratiche e dottrine molto complesse, e con varie correnti anche divergenti tra loro. Mircea Eliade ancora negli scorsi anni Cinquanta avvertiva che “è arduo definire il Tantrismo”.

Ma comunque dovendo qui semplificare al massimo, possiamo ritrovare elementi comuni a una concezione del corpo umano e dell'energia vitale propri di molte culture e spiritualità dell'India tradizionale, di matrice sia pre-vedica che vedica (l’ Atharva Veda). Per esse il corpo fisico è ritenuto come un involucro attraverso cui passa l’energia che lo sostiene e vivifica. Il corpo materiale dunque è visto come un veicolo, il carro sul quale percorriamo la nostra esistenza transeunte, mentre lo spirito è il cocchiere che stringe le redini (cioè la mente) che controllano i cavalli (i sensi), ed il terreno su cui si viaggia è il mondo, che ha una base materiale e un aspetto fenomenico illusorio a causa del dominio di Maya che vela la nostra mente.

Oltre ad un corpo materiale, il fisico, che il tantrismo considera la nostra dimora, il nostro venerabile tempio individuale, lo straordinario insieme organico in cui siamo incarnati (e con cui siamo anche troppo immedesimati), dunque oltre a questo che è chiamato corpo "spesso", o concreto, o grossolano, si concepiscono altre componenti, o dimensioni, o "corpi", più "sottili", non visibili. Come ad es. il terzo, il "corpo" senziente (come è stato chiamato da alcuni), cioè l'insieme composto dai nostri desideri, emozioni, passioni, sogni, fantasie, stati di coscienza, volontà e decisioni, eccetera (da certi detto anche “astrale”), che noi potremmo approssimativamente tradurre con l'espressione: la dimensione psichica. E altri "corpi" componenti ... come il quarto (quello detto da alcuni anche "causale"), relativo sia all'operatività che alla consapevolezza. O il quinto, quello mentale, relativo alla comprensione, all’intelligenza, ai ragionamenti, deduzioni, induzioni, considerazioni, riflessioni, ecc... Inoltre si considera anche il "corpo" delle forze, delle energie (da certi detto anche “eterico” o vitale), o secondo corpo, che noi potremmo forse tradurre con l'espressione: il sistema energetico. Di questo si è molto occupato il filone spirituale e devozionale collegato alle visioni del dio Shiva, il Trasformatore, il Danzatore cosmico, il Signore del Tempo, il coniuge della grande dea Shakti.

Nell’intreccio inestricabile di queste varie dimensioni, ma soprattutto nell’ àmbito relativo agli aspetti energetici e anche a quelli emozionali, vengono identificati dei chakra (cioè cerchi, o ruote, o vortici), che sono i nodi, i gangli del flusso della forza vitale, che costituiscono i sacri accumulatori o volani  energetici, e che sono anche i centri che costituiscono il nostro sè individuale. Nell'immaginario mitico pre-vedico e vedico questa catena di centri, in parte ritenuti aventi sede dentro il midollo spinale, o comunque lungo la colonna vertebrale, ce la si figurava come una sequenza, un percorso, un sentiero ascendente (di ascesi) che la Shakti, cioè l'energia che ci sostiene e che ci dispensa la vitalità, percorre per "irrorare" e fortificare tutto il corpo fisico e senziente, e per affinare e perfezionare la coscienza spirituale. E la "visualizzazione" (e in effetti si tratta qui di una "visione" del mondo, dell'essere umano, e della vita, individuale e cosmica) con cui la si esprimeva, consisteva nell'allegoria di una serpe, o meglio, data la sua grande potenza, di un pitone-femmina (per fare un paragone con la nostra cultura arcaica, si pensi a quelli sul cui nido poneva il suo sgabello la Pizia, la pitonessa di Apollo, cioè all'oracolo di Delphi), o comunque un serpente-femmina, che se ne sta arrotolata, avvolta (questo il significato di kundalini) nelle sue spire (con tre giri e mezzo), e dormiente (in riferimento alle forze latenti, alle potenzialità) alla base del tronco corporeo. Una volta risvegliata essa si fa strada nel suo modo sinuoso su lungo la colonna spinale, attivando man mano i vari centri, o vortici, o varchi attraverso cui passa, sino a giungere sopra la sommità del capo. Questo percorso costituisce il campo di studio, di conoscenza e di pratica del cosiddetto Kundalini Yoga, che si può intendere anche come un sentiero iniziatico, di iniziazione a certi “misteri” della forza e dello slancio vitale umano e cosmico, ma anche di autoformazione, per imparare a percorrere il sentiero spirituale di riflessioni, meditazioni ed esercizi pratici, volti a realizzare noi stessi, per accrescere e affinare la nostra consapevolezza (di sé e della realtà sociale e naturale in cui siamo immersi).

Negli anni Venti alcuni studiosi europei sottolinearono gli aspetti di valore universale presenti nel tantrismo (sino ad allora stigmatizzato negativamente e giudicato con sospetto dalla nostra cultura), e in particolare nel Kundalini Yoga, riguardo cui ad es. Hereward Carrington (Higher Psychical Development, NY 1920) sottolineava il concetto del Tantra secondo il quale l’energia non va mai perduta, né va bloccata, conculcata o tanto meno soppressa, e si riferiva alla shakti che egli intendeva come l’energia elettrochimica primordiale, e che identificava nell’essere umano con l’energia psichica. La kundalini è stata anche indicata come paragonabile all’immagine greca arcaica dello speirema, o speirama, del serpente avvolto, raggomitolato, condensato, in spirale, che era raffigurato quale simbolo di forza potenziale; e d’altro canto la kundalini dispiegata è stata anche paragonata alla immagine mistica dell’albero della vita nel libro biblico della Genesi.

Ma soprattutto la via tantrica indicava un procedimento di autoanalisi e di presa di coscienza delle nostre problematiche, o blocchi dei campi energetici, non tanto rivolto alla ricerca delle occulte origini di esse, quanto piuttosto volto a perseguire un fine, un orizzonte, di sviluppo psichico superiore, che ci possa aiutare a procedere, a superare impasse, in un percorso di perfezionamento spirituale.

Seguiamo dunque il viaggio simbolico della kundalini.

Ora, va fatta una premessa quale introduzione a questo “mondo” esperienziale, a questa modalità di vedere e di conoscere: per iniziare un percorso di meditazione per la conoscenza di sè, c'è preliminarmente bisogno di quiete e di raccoglimento. Per cui è estremamente importante, per dedicarci regolarmente a queste pratiche meditative, individuare un ambiente adatto in cui si possa restare isolati senza essere disturbati o distratti per almeno un'ora o un'ora e mezza continuativa.  La separazione e la “scissione” va compiuta non solo nella dimensione spaziale, ma anche in quella temporale, in modo da poter introdursi, da entrare in uno scorrere del tempo più rallentato e più adeguato ai nostri personali tempi psicologici. Questo luogo, che può essere una stanza, la nostra, o un angolo di una stanza che sarà d'ora in poi appositamente dedicato a ciò, deve anche essere un luogo familiare in cui cioè noi ci si possa riconoscere, e trovarci a nostro agio. Quindi va considerato come una sorta di tabernacolo, un luogo sacro, cioè "separato", "distinto" idealmente dal resto, nel quale si possa "chiudere fuori il mondo" (più che non intenderlo come un chiuderci dentro, che è comunque l'atto materiale necessario per un isolamento sonoro e emotivo). Oppure si può identificare a questo fine anche un luogo all'aperto, nella natura, ma dunque distante dall’ambiente sociale; o anche un qualsiasi luogo comunemente concordato con un gruppo di riferimento con il quale eventualmente si può scegliere di svolgere e condividere queste pratiche e queste riflessioni. Comunque un luogo che noi per questa occasione riteniamo adatto e "speciale", fuori dalla quotidianità del tempo e delle occupazioni mentali routinarie, e da dedicare a questo scopo, cioè un luogo che viene da noi stessi consacrato a questi momenti di introspezione e di colloquio intimo con la nostra dimensione interiore che quindi è intesa come una dimensione del divino che è in noi (quindi una dimensione spirituale, autonomamente da qualsiasi nostra identificazione religiosa). Va compiuto questo atto primordiale di separazione e riduzione, che rinvia all'etimologia stessa di sacro (cfr. R.Otto, M.Eliade, ecc), per cui a certi luoghi, o oggetti, o situazioni, o atti, viene conferito un significato di “distinto” dal mondo “profano”, dalla quotidianità, e quindi “inviolabile”. Si riferisce a qualcosa che permette di collegarsi alla dimensione spirituale, del divino, cioè di ciò che è oltre il fisico, oltre il nostro dominio. Nelle culture arcaiche ad es. certi atti o eventi che noi consideriamo “semplicemente” fisiologici, vengono percepiti come dotati di sacralità: ad esempio l’alimentazione, la vita sessuale, certi lavori, i sogni, le fantasie, l’immaginazione, la creatività, le emozioni, i sentimenti, gli “istinti”, ecc.

Compiuto questo atto di dotazione di significato, e di separazione spaziale e temporale, quindi in esso preliminarmente ci si pone in posizione comoda, in un luogo riservato, e si mette in atto il silenzio mentale, la calma emotiva e il rilassamento muscolare e nervoso, per cui si passano in rassegna mentalmente, nel silenzio, in una osservazione interiore tutti i muscoli, i tendini e i nervi del nostro corpo per assicurarci di averli ben distesi e rilassati.

Bisogna considerare che per il tantrismo i chakra dunque sono visti come ruote, o vortici, che costituiscono i punti di condensazione energetica, e sono i centri del nostro sè - o Atman - individuale, inteso nella spiritualità orientale, e non solo indiana, come partecipe del Sè Universale. Indra Devi li chiamava “i complementi astrali dei plessi anatomici”, per chiarire che essi non corrispondono alle parti del corpo ove si suppone abbiano il loro luogo di espressione e svolgimento. Cominciamo dunque dai primi tre centri inferiori :

1° - il primo centro è quello che funge da fondamento, considerato "radice e sostegno", in sanskrito: Mûlâdhâra (Moola, è la base in cui dimora la  Shakti Pinda quale potenzialità di ogni potere energetico), dove risiede dunque la forza latente del sapiente serpente Kundalini, che è l'elemento divino “femminile”. Partiamo dunque dalla presa di consapevolezza del nostro corpo fisico, sia con le sue potenzialità che con i suoi condizionamenti e limiti di natura organica. Dopo di ché si può passare a concentrarsi su questa base su cui si fonderebbe il nostro sistema energetico.

Questo primo chakra viene idealmente collocato nel plesso del coccige, tra l'ano e i genitali, nell'area del perineo (e intanto noi praticanti prendiamo confidenza anche con queste parti importanti del nostro fisico), cioè ove si trova la fascia muscolare del perineo (che è tra l'altro essenziale durante il parto). Quindi il suo punto di riferimento sta idealmente tra lo scroto per i maschi, ovvero la vagina per le femmine, e lo sfintere. Ma questo centro energetico estende la sua influenza anche alle gambe e ai piedi (si pensi ai vari studi sulla riflessologia plantare nell’antica India); per cui una prima meditazione consiste nel prendere consapevolezza delle sensazioni e dei sentimenti che proviamo “semplicemente” a restare ben saldi in piedi sul suolo che ci sostiene, sulla terra su cui viviamo e da cui traiamo alimenti (energie). L'elemento di riferimento (Tattva) del primo chakra infatti è: Terra. Questo chakra è anche il punto su cui ci sediamo. Tra le sue altre funzioni, esso garantisce l’evacuazione, dunque provvede alla primaria modalità di purificazione. Questo primo chakra è quello che presiede alla nostra sicurezza e alla sopravvivenza, e a tutto ciò che necessita loro.

Riguarda quindi anche proprio la fisicità, e la nostra connessione con il pianeta in cui viviamo, il radicamento in esso come nostro ecosistema. E riguarda anche gli istinti. Trae la sua energia dal basso. Le ghiandole implicate sono le surrenali. Gli antichi yogi avevano compiuto studi accurati delle ghiandole, ed avevano elaborato esercizi specifici per stimolarle. (Si pensi che nella nostra medicina è solo da poco più di un secolo che è nata l’endocrinologia come specialità medica).

Una volta che sia ben funzionante, "aperto" in tutte le sue componenti, si ritiene, nella psicosomatica specifica, che ci dia l’energia per aiutarci nella nostra capacità di sopravvivere, di sormontare le difficoltà e gli ostacoli, e nella nostra capacità di adattamento. Ci fornisce la stabilità per perseverare nella vita quotidiana. Quindi dal punto di vista dell'energia psichica riguarda quegli aspetti fondamentali che sono l'istinto della sopravvivenza, e i sentimenti di sicurezza e stabilità. Mentre se si occlude, ciò può esser causa del nostro inclinare verso insicurezze e il timore dei cambiamenti. Ma quando è "aperto" (cioè quando l'energia scorre, si muove fluidamente in esso) ci rende anche più aperti alla bellezza e al fascino di tutte le opportunità che la vita ci può presentare. La kundalini concentrata è anche –secondo Jung-  la “bella addormentata”, cioè la possibilità di un mondo non ancora realizzato. Il colore del primo chakra è il colore del sangue e -sempre secondo Jung- la sua condizione di latenza e di potenzialità non espresse, richiama in effetti quella che è la nostra vita reale, le condizioni dell’esistenza su questa Terra, in cui il dio è addormentato e sembra assente.

Quindi in seguito ad una chiamata dall’alto (da parte dell’intelletto, la buddhi), che risveglia la kundalini, il viaggio eroico di conoscenza inizia a passare in rassegna i vari chakra a partire dal livello della presa di coscienza di quali siano le nostre potenzialità e quali i nostri limiti a livello organico, cioè partendo dalla constatazione che siamo radicati in una base materiale. Di qui il nome sanscrito mûlâ dhâra, base della radice, o radice base, e il riferimento all'elemento terra, all'elemento minerale, chimico, al contenitore (composto di carne e ossa, e sangue, e dal sistema nervoso, a quello linfatico, e da quello simpatico e parasimpatico, quindi anche dagli istinti reattivi e involontari), con tutte le sue possibilità e i suoi strumenti, limitati e oggettivamente ineludibili.

E' una condizione primordiale che per qualche verso ricorda (nonostante l’origine shivaita del Tantra) quella del Dio Vìshnu (il preservatore, il conservatore) nel suo aspetto di Narayanah, addormentato sul grande serpente che galleggia sulle acque primordiali, e che dorme un sonno vigile che consente alle cose di stare così come stanno, preservando in tal modo l'essere, l'universo, nella sua forma quale la conosciamo ora. Il nostro Mondo è dunque il sogno lucido di Vishnu, perciò non va disturbato e il grande serpente fa da guardia al riposo del nostro Protettore.

Quindi incominciando a meditare su questo primo chakra si può iniziare intonando l'invocazione, che potremmo porre in sottofondo come mantra (temine per indicare un insieme di suoni quale “strumento per la mente”): "Aum Namoh Narayanà ye".

 Mi ricordo la grande suggestione che provocò in me la prima volta che lo sentii, con quel suo ritmo lento, il tono sommesso, la voce dal timbro grave, la nenia della ripetizione ... sembravano onde sonore come onde del mare che giungono in successione alla riva. Fu nel grandioso tempio-cittadella cintato da mura, Ranganatha, nella antica città di Tiruchirappalli (nella regione di Madùrai, nello stato indiano del sud-est, il Tamil Nadu, un paese di neri di origine dravidica di antica cultura pali). E' come entrare in una rappresentazione del mondo interiore, molti ambienti sono nella penombra o nell'oscurità, gli spazi si susseguono oscuri e bui come in un labirinto, e ovunque risuona sommesso un canto, incessantemente gli altoparlanti rinviano una nenia a volume moderato, con un tono basso, che cantilena le lodi al grande Dio della preservazione Vìshnu, ripetendo lentamente, molto lentamente e quasi a bocca socchiusa: Aum Namù Naarayanà... ye . ..AUoooom Naa - muuh Na - ra - ya - naaaaaa.....ye. (Ho trovato su YouTube una versione che si avvicina a quel mio ricordo: http://www.youtube.com/watch?v= aBy0nU2rPEY&feature=related ). Nell'antico sanskrito Namoh o Namù, era inteso come un saluto, come salve, o benedetto; mentre Naara è un nome per indicare le grandi distese delle acque primordiali, simbolo del liquido in cui tutto è "fuso" assieme, se guardiamo al Cosmo come ad una unità vivente complessa e magmatica, ma Una. Il luogo in cui riposa e dorme il Dio protettore del creato Vìshnu è Ayanà, cioé il luogo dove si culla il sonno. Quindi Vìshnu è chiamato anche Naarayanà. Ma Naara indica anche la totalità delle forme viventi (Jivas), e in questo caso si potrebbe tradurre: il contenitore (yana) in cui giacciono, riposano, tutte le forme di vita, ovvero la Fonte di Vita. O lo si può intendere come: tutte le forme di esseri umani viventi e vissute e che vivranno. Quindi si potrebbe tradurre L'Ente Supremo Fondamento dell'Umanità... Sono affascinanti polisemie, da prendere sempre sotto una luce simbolica, come metafore di valore universale, più che non relative a specifiche credenze religiose, ma come messaggi di spiritualità in senso generale (almeno io è così che le accolgo). E mi pare che questa invocazione  presa in quanto mantra (la stessa parola Tantra viene dalla fusione tra Tattva e Mantra) sia in grado di catturare, intrappolare la mente che in essa si lascia cullare. Pur essendo antichissimo, è un inno, una invocazione, un'ode, che è stata calibrata sui bioritmi lenti, sulle onde cerebrali più rilassate (ovvero per indurle e favorirle, e per l'appunto mantenerle, conservarle, preservarle...). Questa può essere dunque una nostra prima prova di acquietamento profondo che ci potrà portare ad assaporare una meditazione di tipo assai potente.

Tra le visualizzazioni che si potrebbero fare durante una meditazione sul primo chakra, ve n'è una denominata "la quercia". Questo immedesimarsi in un albero, in particolare in uno robusto, solido, ben piantato in terra, con un tronco stabile, e dalle radici profondamente e saldamente ancorate dentro la materia-terra, altrettanto estese dei rami che sono protesi nell'aria, ci consente di prendere la misura di quanto ci sentiamo "solidi". E' bello immedesimarsi con altre forme di vita, e oltretutto noi stessi siamo partecipi di vita vegetativa con il sistema nervoso linfatico. Questa è una visione che rinvia al chakra di base, cioè a verificare (o meglio autoverificare) il nostro buon rapporto con questi elementi base, ovvero con l'energia che sta a fondamento della nostra vitalità, che è relativa alla vita organica, fisica e materiale, ma che si riferisce anche alla organizzazione interiore del sentimento della nostra identità, e alla strutturazione di quella che è la nostra Personalità di Base, che essendo sufficientemente solida possa fare da punto di appoggio per ogni ulteriore costruzione e slancio vitale, e anche ogni ulteriore percorso di coscientizzazione.

Così pure ci si potrebbe riferire al primo chakra per es. anche con una visualizzazione  relativa ad una "villa" immaginaria, cioè che verta sulla casa ideale in cui riconoscerci, su un nostro luogo specifico che ci rifletta, ci rispecchi, e in cui ci troviamo a nostro agio, con cui ci identifichiamo, sulla nostra cuccia, sul nostro tabernacolo. Da parte del “maestro” conduttore si richiede (sottovoce, con interventi dolci e molto lenti) a chi sta meditando di abbondare nel "vedere" particolari dei vari ambienti. L'analisi dei risultati di queste visualizzazioni indotte durante uno stato di meditazione silenziosa e ad occhi chiusi abbastanza profonda, accompagnata da un respiro lento e regolare, ci può dire molto sul nostro modo di percepire e di vivere molti aspetti della nostra individualità. Ma richiede la presenza e l'accompagnamento da parte di una guida esperta, di un facilitatore. Infine la  descrizione di ciò che si è “visto”, e la riflessione su ciò che è accaduto, ovvero su come abbiamo vissuto, durante la visualizzazione, quel che abbiamo percepito esserci accaduto, può venire esternata a voce (nei limiti in cui la parola rende ciò possibile) e comunicata alla guida, e anche condivisa con il gruppo di riferimento che ci accompagna in questo percorso, e con loro commentata.

Un primo esercizio di tipo fisico inoltre può consistere nello stare con la schiena ben diritta e nel rendere regolare la respirazione liberando il naso e inspirando con una narice ed espirando con l'altra alternativamente, con l'aiuto di un dito, per varie volte. Il respiro e le emozioni sono infatti correlati, perciò dunque preliminarmente la nostra respirazione va resa regolare, lenta e calma.

Un altro esercizio fisico consiste nel porre i palmi delle mani sul fondo schiena e massaggiarci, nell'attivare la muscolatura delle natiche, dei glutei (cfr. J.Walter), e poi nel sentire il nostro coccige, nel contrarre e rilassare la muscolatura dell'ano, e dell'area dei testicoli e della vagina, e nel massaggiarci dolcemente il perineo, massaggino che si può fare stando semplicemente seduti e muovendo il bacino avanti e indietro per circa una dozzina di volte. Ciò va fatto prestando anche qui attenzione al respiro che entra dalle narici e immaginare che esso vada alla base del bacino, attraversandolo, e purificando tutto il plesso, e poi che esca rifluendo sulla terra simultaneamente al venir emesso dalle narici con l'espirazione.

Tra le posizioni (asana) da assumere in relazione al primo chakra, si può per es. anche praticare una posizione accovacciata con le gambe divaricate, le piante dei piedi del tutto a contatto col pavimento, le braccia tra le due ginocchia, e tenendo le mani giunte vicino al petto. Restando in questa posizione a imitazione della kundalini rannicchiata su sè stessa, per tre minuti, cercheremo di porre i piedi ben piatti e diritti sempre più vicini tra loro, le mani più vicine allo sterno, la schiena la più diritta possibile, e cercheremo di rilassarci socchiudendo gli occhi, e respirando tranquillamente, senza far resistenza ad un eventuale assopimento (cfr. U.Raiser).

Tutto ciò è associato nell'immaginario relativo, al colore rosso, o marrone intenso, al calore, all'insorgere della luce, a primi piccoli movimenti, alla nostra disponibilità interiore a cambiamenti, a riconoscere noi stessi pur nelle nostre metamorfosi, eccetera, e costituisce il preludio al regno del dio Shiva (se considerato nell'aspetto maschile dell'energia cosmica travolgente) e dell'energia cosmica Shakti nell' aspetto femminile benefico e accogliente della sua sposa-gemella Pàrvati.

Prima di procedere riassumiamo: Mûlâdhâra (="radice e sostegno"), è la base in cui dimora la Kundalini Shakti, la forza del serpente energetico, che è la potenza vitale del l'elemento femminile. Questo primo chakra come dicevo viene supposto risiedere idealmente nel plesso perineale del coccige, ma estende la sua influenza alle gambe e ai piedi. E' la nostra connessione con il pianeta in cui viviamo, il radicamento in esso come ecosistema. Una volta aperto si ritiene che ci aiuti nella nostra capacità di saper affrontare e sormontare le difficoltà e gli ostacoli, e nella nostra abilità di adattamento. Ci da la stabilità per perseverare nella vita quotidiana. Mentre se si occlude, ciò può esser causa del nostro inclinare verso il timore verso i cambiamenti. Ma quando è aperto ci rende anche più aperti alla bellezza e al fascino di tutte le opportunità che la vita ci può presentare.

Ora proseguiamo nel seguire il percorso di ascesa: per prima cosa dunque la dea serpente una volta risvegliatasi penetra, per così dire, nel secondo centro, o cerchio, o vortice energetico, detto Svâdhisthâna (cioè nel proprio = swa, luogo prediletto = âdhisthâna), che significa anche "dolcezza" (il che ricorda il nostro detto "casa dolce casa"). Quindi in tal modo passa dal plesso perineale del chakra di base, al plesso pelvico-sacrale. 

Il 2° chakra, detto "sacrale" (ma chiamato anche hara, cioè dell'ombelico), è idealmente situato nell'area davanti all'osso sacro, quattro dita sotto l'ombelico, appena sopra l'osso pubico, riguarda il plesso pelvico e tutte le parti molli contenute nel bacino (vescica, intestini,...). La facoltà di percezione connessa a questo chakra è il gusto, e l’organo è la lingua. Elemento di riferimento, o tattva: Acqua o fluido. E' connesso con tutti i liquidi (come sangue, linfa, siero, pus, muco, sudore, e tutti gli umori corporei). E’ in relazione dunque con l’apparato urinario, ed è relativo all'utero, alle ovaie, alle ghiandole genitali. La sua energia regola l’eliminazione sia dello sperma che delle secrezioni vaginali, ed è quella che spinge il feto fuori dall’utero. Presiede alla sessualità e alla creatività. Riguarda le emozioni, le sensazioni, e le connessioni con la rete degli altri esseri con cui entriamo in relazione. E, ciò che forse è più importante, è sede delle nostre prime espressioni, il primo grido, la prima visione, ecc. La sua energia specifica è la libido. Un suo blocco potrebbe inibire il fluire della energia ed essere causa di negatività nella nostra vita quotidiana. Anche la sessualità infatti va vista e vissuta con naturalezza e con gioia, è un primissimo momento in cui l’individuo si sente incompleto e percepisce che non potrà realizzare compiutamente tutto sé stesso senza relazionarsi con un altro. Stimola la fantasia e il desiderio del gioco.

Il “corpo emotivo” cui appartiene il secondo chakra, quando è calmo e tranquillo, è uno strumento di sensibilità e di empatia, di unione con gli altri, per cui si rende  come una sorta di elemento ponte che ci pone in contatto con gli altri e con l’ambiente. Mentre se è agitato, turbato, mosso da desideri travolgenti, e da impressioni forti, può costituire un grande ostacolo al progresso spirituale (cfr. La Sala Batà). Il suo simbolo è l’acqua, perché l’energia che lo compone è in effetti assimilabile ad una sostanza fluida, mobile, impressionabile, che prende colore e movimento dal suo ambiente, riceve impressioni, ogni corrente passeggera la mette in agitazione e ogni suono la fa vibrare. E quindi prende la forma e riflette il colore del suo recipiente. Per cui questo centro energetico è un “riflettore” ed un “trasmettitore”.

I chakra sono visti anche come fiori di loto =padma, con un diverso numero di petali, che sbocciano al passaggio del flusso d’energia. E’ dunque ritenuto uno sviluppo meraviglioso quello che accade, se lo si è riferito alla immagine del loto! Questo fiore in effetti ben simboleggia il percorso di cui stiamo parlando, dato che affonda le sue radici nella melma sotto il fondo dell’acqua, poi attraversa con il suo stelo tutta l’acqua torbida sino a giungere in superficie dove apre il suo calice alla luce del sole. (Jung diceva che il fior di loto aperto è metafora della sacra yoni, simbolo dell’organo sessuale femminile).

 

Qualche cosa di comparabile al percorso della kundalini, la possiamo ritrovare anche nella nostra stessa tradizione arcaica, dunque non si tratta solo di qualcosa di strano e lontano culturalmente. Si ricordi il cadùceo, il bastone araldico che portava con sè Ermes (Mercurio) attorno a cui stanno attorcigliate due serpi speculari che formano sei incroci; se lo osserviamo bene è assai simile alle raffigurazioni dell'ascesi yogica. 

Era simbolo della comunicazione, del capire e del farsi capire (tra chi è afflitto da problematiche, e chi lo assiste nel superarle); ma anche simbolo della farmacopea, dato che i farmaci si ricavavano da estratti delle piante officinali, e dal veleno dei serpenti (che a seconda dei casi e del dosaggio poteva essere venefico o benefico). E infine, con un solo serpente, il colubro, che era simbolo di conoscenza e di rinnovamento, fu l’emblema del divino Asclepio (Esculapio) cioè della scienza medica, che comportava una visione complessiva dell'Uomo, della Natura e del Cosmo, in un’ottica olistica (insegnata da Ippocrate nell’Asclepéion dell’isola di Kos, ma praticata anche in altri luoghi sacri gemelli ad Epitauro, e in Tessaglia, e a Pergamo).

Quindi se andiamo semplicemente a leggerci le voci cadùceo e colubro in uno studio di cultura greca antica, troveremo molti spunti interessanti sulle connessioni, e sui passaggi culturali tra Oriente e Mediterraneo. Il caduceo è proprio simile all'immagine simbolica del percorso ascendente della dea serpente kundalini che va passando per i sei chakra, sino a raggiungere il supremo chakra al di sopra del capo, che simboleggia la luce dell'aura, o l'aureola degli "illuminati", nel cadùceo raffigurato con due ali spiegate a coronamento della verga, simbolo di potere.

Dunque nella simbologia indiana antica, l'energia Shakti compie un percorso sinuoso lungo la spina dorsale, e si sdoppia passando attraverso dei condotti, dei canali (di energia "sottile", non materici, fisici) che si avvoltolano attorno al "sushumna" (nel midollo) o percorso retto o regio, della colonna vertebrale, detto anche "Merudanda" (il monte Meru era creduto l'ombelico del mondo, e danda significa bastone). Di queste canalizzazioni dell’energia pranica (o Nadi che indica il movimento, lo scorrere), quella a sinistra è associata alla energia lunare, pallida, o chandrica (la Luna in sanscrito è Chandra), che rinfresca, ed è denominata Ida; mentre la nadi a destra, chiamata Pingala, è associata alla energia solare (Surya) che riscalda. Si è voluto vedere in esse le derivazioni simpatiche del sistema nervoso. Sono concetti che appartengono all’ Ayurveda, alla scienza vedica della vita; in essa in effetti si nominano non due o tre, ma decine di migliaia di questi condotti (e comunque anche la struttura anatomica del sistema nervoso centrale come la conosciamo noi oggi, è intricatissima con innumerevoli fibre, fibrille, nervi e condotti sottilissimi di cui non sappiamo con certezza tutte le funzioni ). E’ detto prana l’alito, il respiro, ed in senso esteso lo spirito vitale che aleggia ovunque (in altre culture denominato Neshemet, o Ruach, o Pneuma in greco). Per cui esistono pratiche specifiche di Pranayama volte ad accrescere la sua piena circolazione, che si attuano nei vari processi di purificazione tramite il respiro (o shadana).

Così la nostra dea serpente Kundalini (la “condensata”) ha un lato maschile e un lato femminile, come tutti noi abbiamo una componente psichica caratteriale della nostra personalità che è mascolina e una femminina. Quando la abbiamo risvegliata con la nostra concentrazione su di lei durante la meditazione, e con gli esercizi che vi riassumevo, o altri più impegnativi, essa alza il capo ed inizia il suo percorso ascendente di luce.

Diceva E. Zolla riassumendo lo yoga tantrico: "La pratica tantrica prevede anche uno yoga, diverso dal classico, fondato sull'idea essenziale per cui si ottiene la liberazione facendo svolgere il nodo del serpente avvolto intorno al coccige. Questo serpente, chiamato «Kundalini», incarna tutti i sentimenti fondamentali e inconsci dell'uomo, sentimenti fonte di un'energia quasi soprannaturale che si può scatenare grazie agli esercizi di questo yoga. Si tratta di contratture dell'addome, spingendo con forza nella direzione dove si suppone sia avvolto il serpente, sì da scatenarlo. In tal modo il serpente si ergerebbe lungo la colonna vertebrale fino al cervello, trasformando radicalmente l'uomo, che attingerebbe la liberazione." (da: http://www.emsf.rai.it/ interviste/interviste.asp?d=83 ).

Il tantrismo ritiene che ogni essere umano possa liberarsi definitivamente, anche grazie al fatto che ciò che gli determina problemi può venire trasformato nella chiave che aprirà le porte della liberazione. Quindi chi sa attingere le energie per portare a compimento i propri desideri, potrà divenire più autentico e realizzare il proprio sé. I desideri non vanno ostacolati, conculcati, repressi, ma seguiti dolcemente in modo tale da poter esprimere appieno tutto sé stessi. Il Tantrismo dunque fu critico nei confronti della cultura  vigente nell’India vedica e brahmanica, e postulava il superamento delle proibizioni, dei tabù, e dei vincoli eccessivi dei riti. Fu critico nei confronti della morale sociale. Il tantrismo ritiene che le pulsioni primarie vadano soddisfatte in modo da risvegliare tutte le energie originarie occultate nella materia e nella fisicità. Chiunque poteva avere accesso alle pratiche Tantra per aspirare alla liberazione, sia donne che uomini di qualsiasi casta. Perciò il tantrismo si dedica allo studio e alla sperimentazione degli effetti dei condizionamenti, delle pulsioni, dei desideri che pervadono la condizione umana. Perciò l’energia creatrice femminile ha un posto tanto importante, essa è l’aspetto lunare del potere divino di Shiva, e il fine è sempre la ricerca dell’armonia tra le forze energetiche.

Kundalini Shakti risvegliandosi “cessa di essere una potenza statica che sostiene la coscienza del mondo, il cui contenuto si conserva soltanto sinché ella dorme” (per cui si interrompe la stato di sospensione tipico delle potenze latenti, e si mette in moto la potenza dinamica di Shiva che innesca una nuova catena karmica) “e, una volta messa in movimento, è tratta verso quell’altro centro statico, situato nel fior di loto dai mille petali che è ella stessa unita con Shiva-coscienza, o coscienza estatica oltre il mondo delle forme. Quando Kundalini dorme, l’essere umano è desto alle cose del mondo. Quando ella si sveglia, egli dorme, cioè perde ogni coscienza di tipo terreno ed entra nel corpo causale”, cioè in un’altra dimensione energetica. (A. Avalon, 1919, p.243)

Riprendendo ora il nostro cammino, dunque per quanto riguarda il secondo chakra  o Svadhisthana (che è il primo che Kundalini attraversa dopo il risveglio), esso ha sede presso il plesso epigastrico, dirige gli impulsi, ed è sede della libido.

Bisogna dire che la forza della libido, che stimola questo centro energetico, non è solo attrattiva, ma ha in sé anche una capacità coesiva, nonché un potere trasformativo.

Dunque il risveglio di Shiva che fa la sua comparsa nel mondo, richiama il movimento, il mutamento, il nuovo, ma non solo nel suo aspetto distruttivo, ma nel suo aspetto dolce, femminile, creativo, cioè nella forma-manifestazione di Shiva (dell'energia vitale) che è Pàrvati, la grande dea. Pàrvati è il volto femminile, è la gemella di Shiva, la sua sposa, anzi è la divinità stessa sotto altro aspetto. Ma i due in effetti sono solo vòlti dell'uno (vedi l’androgino Shiva Ardhanârîshvara nel tempio rupestre dell’isola di Elephanta, di colore d’oro nella metà sinistra e di argento nella metà destra).

Scopo del Kundalini yoga è quello di riconoscere in sè la presenza dei due aspetti, e di cercare di accoglierli entrambi, di non essere troppo disarmonici e centrati su un solo lato. Perciò il 2° chakra è molto complesso poiché oltre a presiedere alla naturalità e alla accettazione del principio di piacere, alle manifestazioni della sessualità, ad attrarre e ad accogliere un partner, simboleggia anche le nozze interiori tra le due componenti. Grazie ad un confronto e ad una meditazione sul secondo chakra, aiutiamo e aiutiamoci a valorizzare ed esprimere senza timori o pudori la parte femminea di sè presente negli uomini, e la parte mascolina del sè presente nelle donne. 

La danza è l'arte più congeniale a Shiva/Pàrvati, quindi il ritmo, la musica, l'armonia. Perciò nel danzare per celebrare il 2° chakra, per aprirlo, si deve cercare di muoversi (e mostrarsi) in modo sensuale ma anche di provare piacere a fare tali movimenti, di gradire il fatto di essere sensuali (non solo per dare piacere al partner ma anche per piacere a sè stessi). Proporrei questi esercizi:

Ci si può porre saldamente sul pavimento con i piedi un po' allargati e con le gambe appena leggermente piegate, e quindi muovere dolcemente le anche verso destra e a sinistra, cercando di muovere solamente la parte dal giro-vita in giù, e mantenendo fermo il tronco. Il movimento da compiere è uno sviluppo di quello che veniva consigliato per il primo chakra. Quindi stando in piedi con le gambe un po' flesse, si incominci con l'aiuto del ritmo e di una musica soft di sottofondo, ma ben scandita, a far compiere un percorso ovale al bacino, con un ancheggiamento a destra, una flessione per portare avanti il pube, un ancheggiamento a sinistra, e poi portando il sedere all'indietro e un po' verso l'alto, e così di seguito continuando per almeno un quarto d'ora.

Infine si inizi lentamente a staccare le mani, che sin'ora erano appoggiate sul fondo schiena e aiutavano il movimento rotatorio, e a portarle dolcemente verso l'alto, scivolando lungo il corpo. Tenendo fermi i gomiti ad angolo retto col corpo, si inizia poi ad alzare le mani sinuosamente verso l'alto e portarle sopra alla testa a sfiorare i capelli, muovendole leggermente in un piccolo cerchio, o ovale, quindi agganciando le mani tra loro, alzarle verso l'alto come se massaggiassimo un soffitto trasparente. Questo esercizio si chiama "sorreggere il cielo con le proprie mani". Poi rimanere roteando le mani per un poco, e quindi iniziare a riabbassarle lentamente nello stesso modo all'inverso, e scivolando sinuosamente lungo il corpo tornare ad aiutare l' ancheggiamento che avevamo intanto continuato a compiere.

Si deve cercare di lasciarsi andare al ritmo della musica e compiere i movimenti in modo sensuale, che ci diano soddisfazione. Qui forse si possono manifestare delle remore e dei freni interni, e ci si potrebbe trattenere dal sentirsi spinti al movimento sinuoso del serpente... E' un primo movimento di tipo tantrico, usato in tutto l'Oriente nella famosa danza del ventre (che fanno le danzatrici, ma a cui partecipano danzatori). Ed è importante che anche gli uomini si identifichino un po' di più di quanto non siano soliti, con la propria componente femminina per favorire un migliore equilibrio interiore. 

Così ora dunque danziamo e volteggiamo al suono di musiche non solo indiane ma orientali in genere (quindi arabo-berbere, turche, indonesiane, o persino polinesiane), dalla danza del ventre dunque alla hula, divertendoci a fare "la mossa", ad ancheggiare e muovere le braccia e le mani in gestualità dolci, sinuose e sensuali. 

Si possono provare anche alcuni esercizi di postura di tipo yogico (chiamati asana) legati ai primi due chakra. "La farfalla", che consiste nel stare seduti in terra con le piante dei piedi combacianti l'una con l'altra, la schiena incurvata e prendendoci i piedi con le mani e tirandoli a sè, con i gomiti all'interno delle gambe, mentre le ginocchia saranno più strette possibile; quindi reclinate il capo col volto verso piedi-mani ed ondeggiate leggermente mentre tirate in su con le mani (cfr. U.Raiser).

Alla fine si può attivare una visualizzazione collegata all'elemento acqua (ad es. quella "della corrente del fiume", oppure quella detta "la fonte"). Per il secondo chakra si può suggerire anche quella del passeggiare lungo una spiaggia sul bordo dell'acqua del mare, per poi stendersi ad ammirare l'alba, o quella in cui attraversando un prato in montagna si giunge ad un fiume in cui alla fine si entra in acqua e ci si abbandona alla corrente.

Si può anche intonare un Om corale stando in cerchio e tenendosi per mano, o sussurrarlo sommessamente individualmente, o anche solo pensarlo mentalmente. Om, o Aum, o Aumn, la più sacra espressione del Dharma hindu (o Sanathana Dharma), è una delle parole più antiche che si conoscano. Quando le tribù nomadi Sindo-Aryan vagarono stanziandosi verso i territori settentrionali dell'attuale India, essi portarono con sè il prezioso e sacro suono. Già nei più antichi sacri testi in sanscrito come i Rig-Veda, Om ha una presenza preminente. Quasi tutti i mantra (dalle radici man-, mente, e tra- proteggere) e gli inni iniziano e terminano con Om, e Om è usato anche a sè stante come mantra e considerato il più "potente", in particolare pronunziandolo come un canto, mormorando appena, o anche solo pensando: Om Tat Sat, cioè "Om è colui che è", che sarebbe il mantra che fa riferimento alla mistica sillaba Om quale simbolo dell'Assoluto (si ricordi che nella Torah ebraica, il Verbo divino dice di sè, "sono colui che è"). Dunque antichissimo è il suono Om, che riprodurrebbe la vibrazione primigenia che diede luogo alla creazione, è da pronunciare con il dittongo vocalico Au scandito lentamente, e vibrando poi lungamente la consonante. La vibrazione che Aum produce nel nostro corpo, nel cranio, e nella mente è considerata appunto in sintonia con la stringa, o l'anello, primordiale di vibrazione universale (il Verbo), e dunque può aiutare a porsi in armonia col Tutto, e ad acquietarsi interiormente, e a porsi in uno stato di sospensione...e in tale stato il sannyasi (il “cercatore” che si stacca dal Mondo) sa elevarsi alla ricerca dell'Assoluto, e della comunicazione del sé individuale con il Sè cosmico.

In questo quadro i meditatori indiani antichi si sono chiesti se venisse prima l'essere o la coscienza dell'essere, e a questo proposito nell'invocazione completa dell'Om si dice: Om, Sat, Chit, Ananda, il che sta a significare che la sillaba sacra della vibrazione primordiale Aum, condensa in sè l'Essere (sat, riconosciuto come la realtà totale, la verità delle cose), la Coscienza universale (chit) e l'implicita serenità, beatitudine (ananda), quindi vuol significare che essi sono contestuali, compresenti, forse consustanziali (da qui viene anche una importante indicazione ad un primo livello: esistere, con consapevolezza, e in serenità).

Che farebbe in effetti l'energia latente sottile se non si condensasse in massa, quindi materia? se grazie al movimento delle vibrazioni la materia non fosse pervasa con questo soffio vitale della energia? senza movimento (=cambiamento) non ci sarebbe vita, non ci sarebbe nulla. Quindi il movimento, e dunque anche il cambiamento di stato (ad es. solido, liquido, gassoso) è vita. Solo così, cioè accettando l'intero ciclo di estrinsecazione, conserservazione, distruzione-cambiamento, simboleggiato dalla Trimurti (la trinità hindu: creazione, preservazione, trasformazione), accettando la totalità dell' Essere (che è materia, vita, pensiero) nella sua incessante ascesi verso il perfezionamento di sè, si giunge ad assaporare la beatitudine. Quindi le tre componenti necessariamente sono sempre compresenti, come lo sono le tre componenti del mantra sopra citato, o anche altre (come: corpo, mente, spirito), o come: Satyam (il Vero, il Reale), Sivam (il Buono), Sandaram (il Bello).

Joseph Campbell, dice che "Om è una parola che rappresenta alle nostre orecchie quel suono della energia dell'universo di cui tutte le cose sono manifestazioni. Inizi nel retro della bocca con "ahh", e poi "uu" ti riempie la bocca, e "mmm" chiude la bocca. Quando lo pronunci in modo appropriato, vengono incluse nel pronunciarlo i suoni di entrambe le vocali: AUM. Le consonanti "mmm" qui sono semplicemente come delle interruzioni del suono delle vocali che è l'essenziale. Tutte le parole sono come frammenti dell'Aum, così come tutte le immagini sono frammenti della Forma delle forme. AUM è un suono simbolico che ti pone in contatto con quell'essere risonante che è l'universo. Se ascolti i monaci tibetani intonare AUM, saprai che cosa questa parola significhi. Quello è l' AUM dell'esserci nel mondo. Essere in contatto con quello e cogliere il senso di quello, è il vertice dell' esperienza del tutto. A-U-M. La nascita, il venire in essere, e la dissoluzione che chiude il ciclo. AUM è detto "la sillaba dai quattro elementi". A-U-M e il quarto elemento qual'è? Il silenzio fuori dal quale sorge, e in cui poi ritorna, e che è sotteso. La mia stessa vita è l' A-U-M, e anche qui è il silenzio che la sottolinea e la sottende.  Quello è ciò che potremmo chiamare l'immortale. Questo è il mortale, e quello è l'immortale, e non ci sarebbe il mortale se non ci fosse l'immortale. Si deve discernere tra l'aspetto mortale e quello immortale di ciascuna nostra esistenza. Nel fare esperienza di mia madre e mio padre che se ne sono andati, dai quali io sono nato, sono giunto a comprendere che c'è di più di quella che fu la nostra relazione temporale. (...)"  (J.Campbell, Il potere del mito, 1988, pp. 286-7).

In generale dunque ci si riferisce al significato simbolico del seguire il percorso della energia vitale Shakti, lo spirito vitale che ha infuso nella materia inerte il movimento. E in effetti cosa  rappresenta lo yoga della Kundalini? si tratta di un viaggio iniziatico compiuto dal protagonista, o eroe di queste pratiche, che siamo noi stessi, nell'immaginarci di assistere al risveglio della dea serpente kundalini e al suo elevarsi graduale verso la sommità, e identificarci con essa e con il suo viaggio. Si tratta dunque di un risveglio spirituale che partendo dai livelli inferiori procede verso livelli sempre più sottili in cui si ha occasione di passare in rassegna i sette principali centri energetici, per acquisirne piena consapevolezza.

Non si può che prendere le mosse dalla decisione di risvegliare la coscienza, per passare poi attraverso i diversi varchi, le varie porte, che caratterizzano le varie situazioni complesse e problematiche in cui si imbattono le forze energetiche che ci fanno essere pienamente vivi.

Quindi si parte dalla constatazione che non è sufficiente che vi sia tutto quel che è necessario a livello fisico, organico (=1° chakra), perché ci sia vita, e che non si tratta solamente delle implicazioni psichiche della nostra struttura organica, o del nostro particolare corredo genetico, ma si tratta di un livello spirituale-enegetico che vivifica, che anima, il nostro esserci nel mondo (cfr. l’inno Hari Aum Tat Sat cantato da Deva Premal: http://www.youtube.com/watch?v=ZLvbmpmKylM ).

Secondo la cultura vedantica lo spirito vitale onnipervadente (e dunque pervadente anche la materia di cui siamo fatti noi esseri viventi), da luogo ad una certa forma, o formazione individuale; il codice genetico individuale costruisce la forma che è nelle combinazioni del suo programma, dando luogo a una enorme varietà di forme individuali che nel corso del tempo si succedono, affrontano la realtà e compiono varie esperienze che consentono al DNA umano di perfezionarsi, di evolvere, di mettere a punto sempre meglio la composizione del codice genetico.

Poi la serpente kundalini una volta risvegliata dal suo stare in uno stato di latenza nella sua nicchia di inconsapevolezza, nel suo stadio di incoscienza, alza il capo, ovvero il suo punto-luce, ed esce dal primo cerchio per entrare nel successivo. Secondo Jung il simbolismo del chakra dell’ombelico, “equivale all’idea, diffusa in tutto il mondo, del battesimo con l’acqua” ovvero del bagno purificatore nelle sacre acque, o nei riti misterici con il lavacro che pulisce e lava via le impurità. Quindi per procedere oltre le potenzialità e i limiti del muladhara bisogna innanzitutto compiere un passaggio simbolico, come il passaggio di un fiume. E’ come un battesimo di rinascita. Dunque “ci vuole uno stimolo che ci spinga avanti, facendoci attraversare l’acqua”, ed è quello di assaporare la libido. 

Lì nello svâdhisthâna (nel secondo dolce chakra) si sviluppa l'energia collegata all'elemento liquido, della libido, della sessualità, sensualità, ma anche della fessibilità, dell'autostima, dell' autogratificazione, e dell'attenzione. E' la forza che sia pure a livello istintuale, immediato e quasi involontario, ci spinge a legarci ad un altro individuo, in amicizia, in affetto, in unione sessuale, insomma ad uscire dall'isolamento e sentire la necessità del partner per capire sé stessi e insieme il mondo esterno a sè. Se si tratta dell'unione dei due generi maschile e femminile, allora questa è posta anche a garantire la sopravvivenza della specie (mentre l'energia del muladahra garantiva quella della propria sopravvivenza individuale). E' il primo livello risvegliato che presiede al movimento, e quindi è sotto l'egida del dio Shiva nel suo aspetto di Nataraja, di Signore della Danza Cosmica, che salutiamo con l’invocazione Om Namàha Shivay’  (cfr. http://www.youtube.com/watch? v=WtsmqzcYkMs&feature=related). Quindi per collegarci ad esso avevamo prestato attenzione nel secondo chakra ai ritmi, alla musica, all'armonia dei suoni, e avevamo praticato delle danze sinuose e sensuali, tipo la danza del ventre. Questo è il chakra che ci induce a evitare di provare dolore e a ricercare il piacere. Rappresenta l'identità emozionale. Intanto si prende una maggiore confidenza e conoscenza del proprio corpo, e si riflette sull'impiego della libido come modalità che può portarci ad un più consapevole appagamento del desiderio di unione che stiamo vivendo. E anche di capacità di dare e di accogliere, e di godere pienamente in modo naturale e gioioso il piacere, per un sano impiego della energia libidica, che dia una aggiunta di senso alle scelte sentimentali che compiamo. Ma che non riguarda solo un partner sessuale, ma anche altri che siano oggetto della nostra attrazione amorosa, per esempio nell'amore verso un figlio è importante per poter essere anche genitori migliori (magari perché più appagati e realizzati nella vita di coppia). L'unione, il congiungimento erotico è importante nella concezione tantrica, che può portare a forme di estasi da vivere come momenti di ascesa spirituale perseguibile solo nel superamento della individualità. Nella collana di testi sul desiderio sessuale (Kama-sutra, tr.it. Ubaldini editore,1963), questo è visto come il primordiale impulso che diede il via alla Creazione.

Nel provare alcune posizioni, come esercizi relativi al secondo chakra, si potrebbe passare alla posizione in cui si cerca di tenere in sospensione e in equilibrio il capo e i piedi che vengono sollevati da terra, appoggiandoci sui palmi aperti al suolo con i gomiti nella parte interna dell'articolazione delle gambe. E' uno sforzo dolce in cui i gomiti premono verso l'esterno mentre le ginocchia premono le braccia verso l'interno, mentre con gli occhi guardiamo in avanti sollevando il mento. Come vedremo la posizione risulta soprattutto all’inizio un po' altalenante. Questo infatti è il chakra della dualità, della polarità, in cui l'energia si manifesta nell'intreccio ed unione delle componenti maschile e femminile, interne ed esterne (interiori, psichiche; e culturali-sociali), con cui essa risale su per il nostro corpo, incrociandosi in spirali lungo la spina dorsale, attraverso i condotti detti Nada.

Il Tantra indiano si può distinguere tra una via cosiddetta degli Shakta “della mano sinistra” (vamachara), o Tantra rosso, che è più incentrato su pratiche fisiche ritualizzate, e una via “della mano destra”, o Tantra bianco, che ricerca l’unione del maschile e del femminile a livello energetico, e con una visione più metafisica del ricongiungimento dell’energia con la consapevolezza. Vi sono poi differenze tra i Tantra hindu e quelli buddhisti e in particolare il Tantra tibetano. Infine i testi tantrici, i Tantra shastra, si diffusero anche in Cina dove il principio creativo e modificatore del Lingam shivaita (simbolo dell’organo sessuale maschile) si sviluppò nel principio dello yang, e quello includente, comprensivo e accudente della Yoni (simbolo dell’organo sessuale femminile) si sviluppò nel principio yin.

Dopo questa premessa e ripasso (ed è considerato un bene nel passare da un chakra al superiore sempre riprendere brevemente il percorso dall'inizio), dobbiamo uscire dalle acque. Anche se a volte per compiere questo passaggio si tratta addi-rittura di attraversare un mare, con il pericolo di imbattersi in un Makara, un mostro marino che simboleggia l’attributo divorante delle grandi acque, che ti può anche inghiottire e rispingerti nell’inconscio del primo chakra.

E finalmente se si supera il pericolo costituito dall’affrontare questa terribile prova, entriamo con la nostra kundalini nel terzo centro, che corrisponde al plesso solare, e che è l'ultimo di questi primi tre, detti "inferiori". Il suo nome è Manipûra, tradotto come "sede dei gioielli" o “tesoro di gioielli”, o “pienezza di gioielli”. Entrandovi si dovrebbe invocare Om Mani Padme Hum, (o Hung), cioè: "salve gioiello che sei nel fior di loto!" E' collegato alla nostra capacità di agire liberi, e a questo livello possiamo lavorare per l'autodefinizione: è qui che si struttura l' Io (l'Ego) come soggetto cosciente delle proprie esperienze, che rielabora l'esperienza e che dirige le azioni volontarie. Rappresenta il primissimo livello di coscienza con consapevolezza, cioè rappresenta l'impiego della forza di volontà, la capacità di decisione, di compiere scelte. Siamo già ad un livello superiore ai precedenti, anche se è un centro ancora strettamente collegato ad aspetti somatici e del movimento. 

E' il punto di percezione e intuizione di tipo viscerale. Con l'energia di questo chakra, avverto, sento con i sensi, sento, percepisco il mio stare (bene o male) in una situazione, condizione, relazione, attraverso i segnali che mi invia lo stomaco (si stringe la bocca dello stomaco come segnale di disagio), o che mi invia il fegato (mi "smangio" il fegato), o che percepisco in quanto certe situazioni si riflettono a livello gastro-intestinale, o riguardano la bile e le sue secrezioni di acidi, eccetera. E' il primo livello di conoscenza e di coscienza, che ci fa riflettere, perciò è un chakra solare, che ci può illuminare.  Dunque è da qui che inizieremo poi il nostro percorso  volontariamente verso le tappe successive superiori e più spirituali. E' a partire dall'energia di questo chakra che si compiono le azioni con decisione e per decisione presa, in base alle esperienze fatte. Si accende il calore di questo chakra come l'energia del fuoco, sempre instabile e mobile, e trasformativa. E' da qui che si determina il coraggio, come forza interiore di prendere iniziative.

Nel processo di sublimazione tutte le energie istintive passano necessariamente attraverso il plesso solare che ha, accanto alle sue funzioni specifiche, anche quella di “trasmutare” le energie inferiori, e dirigerle al di sopra del diaframma; perciò è chiamato anche “il Grande Trasmutatore”. (cfr. La Sala Batà).

Quindi ricapitolando: 3° chakra, Manipûra, il centro "solare". E' posto quattro dita sopra l'ombelico, sotto lo sterno. Riguarda il plesso solare, sotto al diaframma, prende dalla fonte della shakti l'energia per coordinare il corpo. Nello specifico controlla tre organi “cavi”, lo stomaco, l’intestino, e la cistifellea, ed anche organi “pieni” come il fegato, e il pancreas; inoltre ad esso afferiscono la bile, la milza, le reni, l’appendice. E’ associato a tutte le funzioni metaboliche e vegetative. Ad es. il pancreas si deteriora quando si abusa di cibo e/o di alcool, ed il rimedio è sempre una dieta equilibrata e controllata dalla nostra volontà intelligente.

Elemento di riferimento, o tattva: Fuoco, calore (il calore solare, e il calore dell’ orgasmo). La sua forza è quella della volontà, in particolare la volontà di potenza, o meglio il sentimento di potere. Ci rifornisce dell'energia diaria, è la sede della nostra piena vitalità. Secondo alcuni è la sede dell' Ego. I suoi aspetti positivi sono la comprensione, l'apertura, l'assumersi responsabilità.

E’ importante imparare a sapere esprimere i propri sentimenti, e quindi ad accettarli ed esternarli. Secondo il tantrismo si debbono affrontare con consapevolezza e in modo costruttivo i sentimenti che emergono in noi, ovvero non guardare la vita con troppo distacco, come tendono a fare gli asceti, ma al contrario dare espressione ai desideri e alle esigenze personali, anche a prescindere dalla stessa possibilità di soddisfarli; questo significa apprendere ad affrontare i sentimenti.

Mentre l’eccesso di questa forza energetica potrebbe portarla a dominare la persona, che sarà presa da brama di gloria. Bisogna prendere consapevolezza del fatto che le disfunzioni negative del terzo chakra dovute ad un funzionamento disarmonico, possono portare ad egocentrismo ed egoismo.

Qualora si tratti di cariche negative, distruttive, o aggressive, il flusso di energia va deviato e trasformato, indirizzandolo verso altri obiettivi più positivi, ma non conculcato o negato, o combattuto, o trattenuto.

Se l'elemento bloccante del primo chakra era la paura, e del secondo era il senso di colpa, qui è il sentimento della vergogna, della propria inadeguatezza, che può inibire o frenare le iniziative, la volontà di azione, e così rendere incerta la percezione di poter agire.

Apprendere a regolare bene il fuoco di Manipura vuole dire imparare a gestire con modestia e moderazione la relazione col mondo, è dannoso introdurre o stimolare o desiderare più energia di quella necessaria (magari prendendola dagli altri), per cui avidità e cupidigia sono tra i risvolti negativi di questo centro energetico, come lo sono sempre tutti gli eccessi, poiché alterano il delicato equilibrio tra il nostro microcosmo e il macrocosmo in cui siamo inseriti.

Ma ci ricorda Aurobindo (un grande filosofo indiano del Novecento che mirava a riunire Vedanta e Tantra): “L’Io è un aiuto, l’Io è un ostacolo”. L’Ego nel sviluppare in noi il senso della separatezza inizialmente ci è d’aiuto per fornirci stabilità. Ci aiuta a dare un centro che tenga assieme i nostri stessi vari aspetti e le nostre varie energie. Ma ad un certo punto della nostra maturazione avvertiamo che vi è una continuità nel tempo, abbiamo cioè la sensazione che nonostante la mutevolezza dei nostri stati d’animo e le modificazioni che l’accumulo delle esperienze produce in noi, e le mutazioni dovute al cambiamento di contesti, di ruoli, e di relazioni, persiste un qualcosa che ci fa riconoscere che siamo pur sempre noi stessi. Capiamo che vi è un filo conduttore anche dietro ai contenuti psicologici. A quel punto però sentiamo come una chiamata che ci induce a intraprendere un viaggio di ricerca, per conoscerci ma anche per superare le nostre limitazioni, la chiusura nell’indivualismo e nell’egocentrismo. Qui l’Io ci può frenare, ma la stessa decisione di iniziare un percorso di autoformazione, del prendersi carico della propria formazione, già segna il passaggio ad un livello evolutivo più elevato e consapevole.

Un terzo chakra equilibrato e ben funzionante, permette all’individuo di saper contrastare l’invadenza dei controlli e dei condizionamenti sociali, o la prepotenza di altri, e di affermare la propria autonomia.

Quindi ora forse diviene un po’ più chiaro quale sia il senso del praticare lo yoga della kundalini. E' -come dicevo- di ripassare dentro di noi (in momenti di raccoglimento e analisi interiore) una rassegna, e una analisi di come viviamo questi campi energetici che sono presenti in noi stessi. Un esercizio al riguardo può essere quello di annotarci su un nostro quadernino, o block-notes dedicato specificamente a questo percorso, in quale campo, chakra, ci pare di stare attraversando delle difficoltà, quale chakra ci mostra segni di malfunzionamento, di intasamento che impediscono il fluire dell'energia vitale, e il passaggio attraverso questi varchi da parte della kundalini? In quale campo energetico hai notato in te resistenze, e quali? Quando avrai preso nota di queste remore, chiediti che cosa vorresti fare per vivere pienamente l'energia di quel chakra? Ciò è particolarmente importante una volta giunti all'analisi del terzo chakra essendo esso collegato all'attivazione intenzionale della forza di volontà.

Lo scopo infatti è come dicevo, di conoscere meglio il nostro corpo, le sue energie psichiche, e la nostra mente, dunque noi stessi nella nostra totalità, e di esercitarci a farci soggetto del proprio auto-perfezionamento, soprattutto per quanto concerne una crescita di consapevolezza. E qui dunque deve attivarsi, entrare in campo, la forza di agire, di esternare un intento e portarlo a compimento, realizzarlo. Perciò il fuoco del terzo chakra è ritenuto un elemento importante nel Karma Yoga, cioè nello yoga dell’azione, del fare.

Un esercizio relativo a Manipûra, può essere quello di porsi il palmo della mano destra sul plesso solare e chiedersi: che cosa evito di affrontare? in quali casi ho difficoltà a prendere decisioni, a esplicitare la mia volontà? in generale che cosa di solito constato che non procede come vorrei? e prenderne poi nota sul block-notes. Una volta che si è fatto questo, ci si può fare un dolce massaggio quattro dita sopra l'ombelico con il palmo della mano destra muovendola in senso orario. Se  percepisci di avere bisogno di un ulteriore supporto, visualizza un punto di luce che segue e aiuta il movimento di frizione, che si fonde con la tua mano e  ne potenzia l'effetto. Alla fine del massaggio dì a te stesso una di queste frasi: ho fiducia nelle miei intuizioni; scelgo il mio percorso; prendo iniziative e accetto ciò che comportano; sono aperta/o di spirito e mi accetto anche se altri mi rifiutano...; riesco a vedere il lato buono negli altri; mi dedicherò a creare intorno a me per quanto possibile il mio "ecosistema psichico" così come lo necessito; io ho le energie per cui posso farcela... (cfr. per questi esercizi per es. il percorso di analisi dei chakra sviluppato nei suoi testi di carattere psicologico da Anodea Judith, e quello svolto da Rebecca Bardella nel suo “corso a distanza” di EvoluzioneSpirituale.com su internet).

Grazie ad una gestione armoniosa di questo centro energetico diveniamo in grado di prendere decisioni e di compiere scelte, rendendoci conto che siamo poi responsabili delle loro implicazioni.  L’individuo “comune” che è abituato a servirsi solo della mente ordinaria, condizionata, “meccanica”,  organizzata per automatismi, che riceve stimoli e li trasforma in abitudini mentali, pregiudizi, per cui “crede” di pensare, mentre in realtà è prevalentemente programmato da meccanismi mentali e è attraversato da pensieri prodotti da questi meccanismi. E’ come nell’immaginario della nostra antica cultura quel simbolo (originario anch’esso della Tessaglia come Asklepio) che venne chiamato dai latini Giano bifronte, il quale ha un volto rivolto al mondo fenomenico esteriore e uno rivolto verso l’interno, verso il mondo interiore e soggettivo. Le persone nella nostra società usano quasi sempre la faccia rivolta all’esterno spesso fermandosi alle apparenze, e divenendo prigioniera di meccanismi illusori. Per questo il mal-funzionamento o l’uso distorto della mente nell’individuo comune, porta a far sì che la mente sia la distruttrice del reale, sia il filtro che impedisce di vedere chiaramente la realtà. Quando comincia a liberarsi da condizionamenti e a produrre pensieri critici e autonomi, la mente diviene strumento di coscientizzazione e di crescente presa di consapevolezza e dunque questo chakra comincia a vibrare, a far fluire l’energia. Lo scienziato, il filosofo, il ricercatore, lo studioso, coloro che sanno pensare liberamente appartengono già ad un livello più elevato della mente. Quando avremo superato i condizionamenti mentali e ci saremo liberati da sovrastrutture e concetti assimilati da opinioni esterne, per sostituirli con pensieri frutto della nostra ricerca e delle nostre meditazioni, a questo punto la mente consapevole può produrre modificazioni positive della realtà, in quanto l’individuo diviene veramente soggetto di libero arbitrio, e di scelte con coscienza di causa, e si fa responsabile delle proprie decisioni e delle loro conseguenze. La cultura indovedica ritiene che la materia fisica possieda tre guna, o qualità: tamas (inerzia), rajas (attività), sattva (ritmo). Con il transito in questo chakra possiamo passare dal primo al secondo, e apprendere a equilibrare i due guna. La prima fase è certo quella di imparare ad affrontare ed assolvere i compiti che la vita ci presenta, vincendo la pigrizia e l’inerzia, ma la seconda fase comporta risvegliare la graduale presa di consapevolezza  di ricercare il significato ed il senso della nostra vita. E Aurobindo come accennerò anche poco oltre, ci dice che ogni esperienza rappresenta una occasione, una tappa, per procedere in questo percorso.

Mentre scrivevo queste righe abbiamo attraversato una importante data di passaggio: l'equinozio di primavera. E' fondamentale per il Kundalini Yoga essere più attenti a questi passaggi della natura, ci fa ricordare che stiamo su un pianeta madre e in un sistema cosmico. Quindi coincideva a puntino con il passaggio dai tre chakra "inferiori" al chakra del cuore. La primavera è una rinascita come tutti sappiamo. E la nascita cosa è? è appunto il transitare dal mondo protettivo dell'elemento liquido (amniotico), a quello dell'elemento aperto aria (attraverso il passaggio della prova del fuoco del parto). Quindi passando dai tre chakra inferiori nel nostro allegorico viaggio di conoscenza del Sè, si lascia la stretta connessione con il corporeo-fisico, -in cui siamo come dentro un ventre materno, quindi in connessione col dato animale e istintuale, materiale-, per introdurci alla ricerca spirituale (il divino che è ovunque nell'aria stessa che respiriamo). Allora va onorato questo filo teso tra i due mondi (il letargo invernale e il risveglio primaverile), e viaggiando sull'arcobaleno dell'iride, il ruolo di ponte tra il fisico e il divino-celestiale lo svolge il cuore, il chakra del cuore. L'essere umano sta a metà tra natura animale e energia spirituale, è trattenuto dalla prima e attirato dalla seconda. Accettare un percorso che abbia cuore, e accettare il valore delle intuizioni, e dei sentimenti, è un modo di permettere, e di permetterci di entrare nella dimensione del divino. Una volta dissolta la paura, la colpa e la vergogna (gli ostacoli, le prove che si interpongono nel nostro viaggio), possiamo lasciar fluire la sinuosa kundalini verso la parte superiore del sè. Quindi sarà una occasione per celebrare l'obiettivo finale (o meglio l'orizzonte) della illuminazione (o anche solo dell’intravedere un suo primo barlume e albeggiare a distanza).

La grande ruota delle stagioni, è interpretata nel tantrismo anche come una rosa dei varchi, con una interpretazione che è poi una visione simbolica antichissima, anzi ancestrale, e comune a tutti i popoli, in cui certi passaggi dell'anno sono concepiti come passaggi da celebrare con dei riti, che ci permettono di soffermarci a riflettere e prendere consapevolezza delle diverse condizioni in cui ci troviamo a vivere, che comportano trasformazioni del nostro essere e del nostro animo. E a sentirci così maggiormente in sintonia con i cicli della natura, pensando anche ai nostri cicli vitali individuali. La pasqua ebraica e poi cristiana è anch’essa una festa di rinascita, una festa della primavera. La kundalini in letargo, che pare priva di vita nel primo chakra, poi si ridesterà e svilupperà la sua energia potenziale.

Chi ha esercitato la pratica di ascesi spirituale, avendo rivissuto idealmente con compartecipazione questa fase di trasizione e resurrezione, può ora passare ad esaminare il quarto chakra detto anche di mezzo o intermedio, o ponte o punto culminante dell'arco iris dell'arcobaleno (ogni chakra è collegato a un colore), intendendolo come viaggio metaforico per meditare su noi stessi e sulle nostre reazioni ai vari campi energetici considerati. Il quarto chakra o “chakra del cuore”, il primo dopo la serie dei tre chakra inferiori, più fisici, dunque introduce al concetto di amore come presa di coscienza, come pratica di consapevolezza del nostro saper dare ed accogliere amore.

Forse più di quanto già non riguardi gli altri chakra, in modo particolarmente pregnante il quarto è specialmente anche equilibrio, cioè applica sempre la massima (che fu anche dei nostri Sette Saggi della Grecia arcaica): "nulla di troppo nè troppo poco". E poi questo chakra oltre ad essere come tutti gli altri collegato come una perla di una collana all'insieme, è particolarmente connesso al secondo (la forza attrattiva libidica) in quanto esso è in grado di dotarlo di senso.  Quindi per sintetizzare il chakra di mezzo:

4° - Anâhata, è il centro del cuore. E' posto nella gabbia toracica delle costole, e riguarda tutti gli organi ivi contenuti. Estende la sua influenza alle braccia e le mani. La sua ghiandola è il timo. Elemento, o tattva: Aria. Tramite i polmoni governa il respiro. E' il centro dell'amore, della gentilezza e delle relazioni affettive, ma è anche il centro delle passioni. Pone in connessione i chakra inferiori e quelli superiori, e pone in connessione il corpo, la mente, e lo spirito. E' chiamato anâhata perché il cuore batte "senza percussione", il suo suono non è prodotto da percussione, e il suo è ritenuto il ritmo originario. Si dice che sia “il suono che nasce nel silenzio”, il suono della Vita, perché qui si accende la scintilla vitalizzante, Jîvâtman, che è la Shakti la quale appunto in quanto “anima individuale” risiede dove c’è il Palpito Vitale.

Il chakra di mezzo è anche un punto di incrocio. Ho ricordato precedentemente che la shushumna è la via retta o regia ideale dell'ascesi, e che con i tre chakra superiori si entrerà nella dimensione sottile e più propriamente spirituale. Ma va aggiunto che il percorso è in due direzioni: ascensionale, sino ad andare oltre i limiti corporei e organici, uscendo dalla fontanella sul cranio verso l'infinito, e poi discendente per rivisitare i chakra già conosciuti con maggiore consapevolezza nel nostro viaggio di ritorno dentro alla caverna platonica. Pertanto il suo simbolo è un incrocio di due triangoli isosceli con la punta nelle due direzioni. Nella tradizione antica del Levante mediterraneo era noto come il sigillo di Salomone, o lo scudo, lo stemma di Davide.

Un esercizio può essere quello di ripetere e/o ripetersi mentalmente le frasi seguenti come dei mantra: io vi perdono e mi perdono; io mi stimo e vi stimo; io sono in pace con me stesso e con gli altri; io mi amo e vi amo.

Potremmo lasciarci intanto trasportare da una “Bhakti yogini Dance”, intitolata “Gopinatha” (come in  http://www.youtube.com/watch?v=xu6N7SDE1Ww ).

Si può inoltre attivare una visualizzazione in cui introdurre una caratteristica tipica del chakra di mezzo, che è quella di punto di intersezione e di comunicazione e scambio tra una meditazione sulle nostre comunicazioni a livello di orizzontalità (la natura, dai prati alle montagne innevate, dal mare all'aria più rarefatta, con tutta l'umanità, e tutte le forme di vita, dai bruchi, agli uccelli) cioè su un piano spaziale, e sulle comunicazioni con le verticalità. In quest'ultima ascissa ci si connette innanzi tutto con la consapevolezza che è la terra il nostro humus, che essa ci da una parte del calore e dell'energia; e quindi seguendo le radici degli alberi sottoterra incontriamo i minerali che sono presenti in noi e nelle sostanze di cui ci alimentiamo, sino a discendere agli inferi cioè ad intravedere il nucleo rovente del magma, che rende vivibile la superficie. E dall'altra parte ci si immedesima con l'ascesa verticale verso i cieli e poi più su nello spazio, fino a vedere il territorio in cui viviamo nella sua complessità, e poi il nostro mondo nella sua interezza, quindi il pianeta come parte del sistema solare, e questo come parte della via lattea e della nostra galassia, e intravedere che a sua volta questa è una delle innumerevoli città stellari fluttuanti. E anche qui va proposta una visualizzazione del nostro osservatore interiore, che avevamo identificato nel capo, nella testa di Kundalini come un punto-luce, e renderlo ora un raggio luminoso, che, come un raggio-laser, prima scende sino agli abissi sotterranei, poi risale e, attraversato il nostro corpo, vola più alto delle aquile e dei condor, sino agli abissi siderali più esterni, per poi ritornare più illuminato a rituffarsi a capofitto nel nostro essere individuale incarnato, e ritornare a concentrarsi e a fare meditazione nel chakra di base. E' una visualizzazione non semplice e quindi anche una meditazione non facile.

Nel trattare sommariamente il  chakra del cuore va accennato anche il tema della passione consapevole, ovvero nello specifico di quella forma di amore (non solo sentimentale ma anche spirituale) che certi chiamano pazza saggezza (Italo Cillo) e che per altri è tranquilla passione (Corrado Pensa) ...

Atre due visualizzazioni che si possono suggerire su un altro tema collegato sempre al IV chakra, cioè sull'accettazione delle trasformazioni, l'una (non facile anch'essa) sarebbe quella "della crisalide"; e l'altra una visualizzazione  della serpente che dopo essersi messa in movimento attraversa un ruscello e giunta sull'altra sponda si trasforma in danzatrice sulla riva, la quale danzatrice poi si trasforma in un falò, con due lingue di fuoco, e poi salendo in fumo, e quindi in vapore che si eleva sull'aria fresca sempre più in alto, e infine si tramuta in un gabbiano e poi in un'aquila che volteggia altissima sulle cime innevate, e che infine ritorna in picchiata verso la terra per posarsi su un prato. Si tratta di visualizzazioni da guidare lentamente, molto gradualmente, dando tempo ai meditanti di cogliere e assimilare le suggestioni.

Gorge Chevrier, un teosofo degli anni Venti, scriveva: “è veramente un essere umano solo chi si sente inferiore a ciò che potrebbe essere” e vuole automigliorarsi.

Ma il centro del cuore “si risveglia solo se noi impariamo a esprimere l’amore altruistico” (solidarietà, condivisione, empatia) “con tutte le sue manifestazioni di compassione, comprensione, fratellanza, senso di unità, ecc… In altre parole non si può risvegliare un centro agendo solo dall’esterno con esercizi, visualizzazioni e tecniche, se non si operano dei superamenti, degli sviluppi, delle maturazioni interiori” (La Sala Batà, Il sé e i suoi strumenti di espressione, 1991).

Attraversando il chakra del cuore ci si avvicina già al supremo dono di sé. Sri Aurobindo diceva: “Ogni esperienza, ogni contatto esteriore col mondo che ci circonda, per quanto insignificanti e disastrosi possano apparire, servono comunque all’opera, ed ogni esperienza, compresa la più brutta sofferenza o la caduta più umiliante, diviene una tappa sulla via del perfezionamento”. (Cfr. Sintesi dello Yoga, vol. I). Quindi ricordiamo che questo percorso è inteso come un itinerario di purificazione, dalla radice sanskrita pur- che significa “liberare da inquinamenti”. Quindi trasformare tutto in una occasione, una opportunità di progresso interiore e di superamento dei propri limiti attuali di consapevolezza.

Ora passiamo agli ultimi tre centri, i tre chakra superiori, che hanno sede tutti nella testa, meno legati alla forma e in un certo senso maggiormente relativi ad una dimensione simbolica : il quinto si chiama Vishuddha, esso è considerato il varco di purificazione, il chakra  “di accesso” al processo di liberazione (questo il significato del termine sanskrito).  E' il centro della regione della gola e del collo, ha sede nel plesso faringeo, ed è chiamato anche chakra laringeo, ma comprende anche la base su cui è posto il cranio, quindi la mandibola, la cavità orale, le tonsille, le corde vocali, le orecchie. E' il chakra della gola e quindi dell'espressione e della comunicazione. (Viene anche detto Bhâratîsthâna, in quanto dimora della Dea del linguaggio Bhâratî). L'energia dominante è quella sonora, del suono. Quindi simboleggia il dominio della vibrazione. Perciò è molto collegato con l'aria, però intesa come prâna, cioè come fattore vitale, ed infatti l'elemento o tattva predominante è l' ètere (il quinto elemento).  Quindi qui l’energia si chiama Prânashakti (Forza Vitale).

Il quinto chakra riguarda anche la creatività, e il messaggio che esterniamo al mondo. Questo è il suo stato interiore; quindi guida la nostra capacità di espansione e di estensione. E' collegato con la bocca dato che mediante essa si articola il suono della voce. La ghiandola più implicata è la tiroide (e le paratiroidi). Il freno o ostacolo maggiore per questo centro è l'angoscia. Si considerano sintomi patologici di squilibrio di questo chakra  la logorrea, l'autismo, la balbuzie.

Nel suo simbolo Shiva appare esplicitamente come androgino, mezzo d’oro e mezzo bianco o argentato. In Vishuddha le immagini possono essere comunicate con i suoni, quindi parole e sonorità, quindi poesia e canto, l’una implica rime, cadenze ed effetti di grande bellezza estetica, come la musica che implica ritmo, accordi, armonia (o l’inverso). Perciò lo si potrebbe paragonare all’immagine greca di Pegaso (cfr. M.V.Adams, The Mythological Unconscious, Karnac Ltd – Other Press, New York – London, 2001, cap.5), il cavallo con le ali, che vola più alto della superficie terrestre, sopra le nuvole, trasportato e guidato dal pensiero (cfr. “va pensiero con l’ali dorate” di Solera, nel Nabucco di Verdi).

E’ il chakra che consente di comprendere  “le tre forme del Tempo”, passato-presente-avvenire. Sri Ramakrishna diceva che “quando la kundalini raggiunge questo piano, il devoto vorrà parlare e sentir parlare solo del divino”. E’ il chakra di purificazione in cui il praticante (sâdhaka) che lo raggiunge cerca di ascoltare solo la voce del divino, liberando al massimo l’energia dei chakra soggiacenti, facendo esperienza diretta della natura illusoria delle cose del mondo, prestando seria attenzione ai sogni e divenendo capace di ricordarli con precisione, e analizzarli. Infine farà meditazione sulla luce divina, considerando la possibilità di non riferirsi ad un Dio dotato di forma ma ad un divino senza forma, per poi lasciare andare il primo e apprendere ad accogliere la voce del secondo.

Questo centro energetico dunque richiede un livello più alto di coscientizzazione e di consapevolezza rispetto ai precedenti. Se inizialmente prevale un istinto di autoconservazione, che riguarda sia la propria sopravvivenza che il sentimento di potenza; e poi prevale un istinto di riproduzione, che riguarda la conservazione della specie, ed è mosso dalla forza libidica; poi con l’apertura verso gli altri può anche prevalere una propensione a fondersi con il gruppo di appartenenza per riprendere una più salda e garantita sicurezza, che si persegue nella coesione del gruppo, questa forma di limitata estroversione può sfociare in uno sterile spirito gregario. Mentre invece qui con Vishuddha si evidenzia maggiormente, se così si può dire, il fatto che secondo la visione tantrica e più in generale di matrice vedica, noi siamo sempre concepiti come collegati al Sé universale, per mezzo del surâtma, ovvero di quel “filo di vita” che costituisce una sorta di raggio della scintilla divina che si è incarnato, anche se ne siamo comunemente inconsapevoli di tale collegamento, per sottile che possa essere (ricorda un poco il filo che le Moire, o Parche, gestiscono e che Atropo fila, Kloto avvolge, e infine Làkesi taglia). Quindi si passa da una possibile visione limitata dovuta ad una attenzione eccessiva nei riguardi delle causalità, con questo centro energetico si pone tutta la nostra concentrazione sulle finalità di ogni spinta energetica.

Ora passiamo al “sesto” chakra, anche se in realtà i chakra identificati dall'antica cultura Shakta non sono soltanto sette, ma molti di più. Tra i più importanti tra quelli che non sono nel novero ristretto dei sette, ricordo quelli plantari e quelli palmari, già menzionati più sopra, e le narici, ma ora ricorderei che in prossimità del quinto alcuni evidenziano un “5° b” - detto Kalachakra, ovvero la Ruota del Tempo,  che avrebbe il suo riferimento alla radice del palato estendendosi dietro e sopra il palato. Viene denominato anche Lalanâ, ed è rappresentato da un loto rosso a dodici petali (o foglie). A quanto riferisce Avalon, le sue qualità o virtù sarebbero le seguenti: fede, soddisfazione, senso dell'errore, auto-governo, orgoglio, affetto ma anche collera, purezza e distacco, ma anche agitazione e appetito, rispetto e rimpianto (cfr. pp.104,126,130).

Dopodichè si passa il grande varco, custodito da temibili Guardiani della Soglia; nelle Upanishad (cfr. Katha Upanishad) si dice che questa soglia “è come il filo di un rasoio affilato, difficile da attraversare”.

E infine vi è il sesto chakra, che molti ritengono il più alto del nostro corpo, considerando dunque solo sei chakra principali. Anche nell'immagine del caduceo è qui che si re-incontrano le due serpi avvinghiate attorno alla verga, e si guardano faccia-faccia come specchiandosi. E qui in effetti si ricongiungono le due Nadi, nel cosiddetto "chiasmo ottico". Qui è il “talamo” superiore dove ci celebrano le “nozze mistiche” tra le due forme di energia (la yoni e il lingam sono uniti). Per cui sopra questo punto il cadùceo prevede due ali che si aprono (affini ai due petali del loto di questo chakra), e la sua energia poi attraverserà il cranio per concentrarsi sopra la fontanella, quindi al di fuori del corporeo, come volando con quelle ali verso un altro regno più alto.

Il 6° chakra si chiama Ajnâ, che significa visione, conoscenza suprema, o riconoscimento, ma anche comandamento, ed ha sede nella regione tra le sopracciglia, o plesso “cavernoso”. Viene detto anche “il terzo occhio”, o “occhio di Shiva”, o chakra frontale o occipitale (a volte identificato con la ghiandola pineale). Presiede al sistema nervoso autonomo. Ha il suo riferimento dunque nei lobi frontali del cervello dove ha sede la mente propriamente detta. Il suo centro nervoso è l'ipotalamo. Il suo fior di loto ha 96 petali. Elemento, o tattva: la luce che viaggia col supporto dell’ètere. Presiede alla visione, all'intuizione, alla introspezione, ma anche al pensiero, all'immaginazione, alle idee, alla conoscenza, all' intellezione, alla più alta razionalità e astrazione logica, e alla consapevolezza. E’ il chakra sapienziale. Ma esso consente anche la suprema creatività, l'inventiva, le espressioni artistiche, la genialità. Ghiandole di riferimento: l' ipofisi e la ghiandola pituitaria. Il punto da cui emerge è il punto in cui  veniva raffigurato sulla fronte un piccolo serpente nero nei ritratti dei faraoni egizi. Qui risiede la Shakti suprema, come Coscienza informale, o dell’Informale. La conoscenza conscia e inconscia, o forse consapevole ed inconsapevole, qui si incontrano per aprire le nostre capacità e potenzialità psichiche a dimensioni ulteriori. Rende possibile il manifestarsi, in alcuni individui particolarmente dotati, del dono della chiaroveggenza (è anche il chakra favorito dai neofiti perché "facilita" il fatto di avere le visioni). Ma avere immagini ossessive è un sintomo patologico grave di disfunzione di questo importantissimo chakra. E’ grazie a questo centro energetico che possiamo attuare, realizzare la nostra entelechia. Il suo colore è l'indaco (perciò si dice che vi sarà una prossima generazione di bimbi indaco, cioè più dotati spiritualmente di noi). Grazie al livello della sua coscienza, il Tantra trova qui relazioni tra suono, forma, e colore.

I grandi yogi dicono di riuscire a “vedere” (o visualizzare) i propri chakra mentre la Kundalini in loro li attraversa, mediante il terzo occhio o occhio mentale.

Un “semplice” esercizio per rinforzare l’energia di questo chakra potrebbe essere per noi comuni principianti quello di leggere moltissimo, di restare sempre curiosi e aperti, di voler conoscere spiritualità e culture le più diverse espresse dalla civiltà umana nello spazio e nel tempo, frequentare corsi e compiere esperienze di conoscenza e di arricchimento interiore, dedicarsi con regolarità e assiduità alla meditazione. Un altro semplice esercizio potrebbe essere di riflettere sul termine Tantra, in cui la radice tan- si riferisce ad una espansione, e la radice tra- a un processo di liberazione, quindi ciò che estende la conoscenza della liberazione (M.Eliade, 1954, p. 193).

Una frase che si può ripetere come mantra con forte intensità è: “Io e il Tutto siamo profondamente e strettamente correlati”. Nel suo fiordiloto vi è un triangolo nel cui centro vi è il “Grande Vuoto”, poiché qui si può raggiungere la conoscenza del Nirguna Brahman, dell’Assoluto senza qualità specifiche.

 

Infine il settimo chakra, sede del dio Shiva, si chiama Sahasrâra o chakra corona, il cui loto è “più pallido della luna piena”. E’ il “complemento astrale” dello strato corticale del cervello, e si manifesta all'esterno della fontanella della volta cranica (là dove ancora in dipinti europei del XIV sec. vi veniva raffigurata uscire una fiammella, indicante i beati e i santi). Consente la connessione con la coscienza universale, superiore, la più alta espressione del Sè cosmico, o Sè assoluto, con l'energia pura del Tutto. E' la sede della spiritualità, dà accesso al divino, è il centro più alto e più sacro di tutti, ed è la forza principale da cui proviene l’energia per l'attività stessa degli altri chakra. E' attraverso la coscienza universale che noi vediamo, sentiamo, parliamo, amiamo, agiamo. E' grazie a quella energia che noi sappiamo di percepire, di pensare, di essere, e comprendiamo ciò che ci sta attorno e ci sostiene. La sua ghiandola: la pineale. E' il chakra in cui possiamo trarre saggezza e comprendere la natura delle conoscenze.  E' questa energia ciò che ci conduce nel nostro percorso di crescita e ascesi spirituale. E' ciò che ci “tira” verso l'evoluzione e la trasformazione. 

Tramite esso possiamo realizzare pienamente noi stessi, e potremmo anche avere la illuminazione e trascenderci. E' la stringa di connessione dell'anima umana e dell'individuo con la molteplicità e unità del Tutto. E' l'orizzonte cui tende la conoscenza non-duale della visione Advaita Vedanta. E’ la presa di esperienza che “Tat Tvam Asi”, che tu sei Quello.

Questo ultimo fior di loto che nel pericarpo ha 960 petali, è stato attinto solo dai grandi iniziati e dagli spiriti superiori, e dunque va praticato con cognizione di causa, con preparazione adeguata, quando si è giunti ad uno stadio molto alto di energia sottile, e di esercizi. Qui si può raggiungere il samadhi (l’estasi mistica, la pace suprema, la beatitudine divina) che è stato attinto solo da grandi yogi e rishi. Quindi va sfiorato con prudenza e cautela, dato che prelude ad una esperienza metafisica e di visione non-duale, che ci approssima alla santità, e forse alla completa illuminazione (ma che potrebbe portare ad una temporanea perdita dell'Io, se non si è pronti e assistiti adeguatamente). Dopo di ciò si potrebbe attingere la Moksha, la liberazione dai condizionamenti del ciclo delle esistenze corporee, che conduce al Nirvana.

In certi mandala (lett.: “tondo”, disegno simbolico per la meditazione) vi è al centro un fulmine-diamante detto in sanskrito Vajra, che simboleggia lo stato di perfetta unione. La pratica di purificazione che conduce alla “via del mantra segreto” (Vajrayana) è praticata secondo le istruzioni che vengono passate al discepolo da grandi maestri solamente per via diretta bocca-orecchio e che non sono divulgabili. Il tantrismo hindu ha influenzato l’origine e l’evoluzione di un indirizzo tantrico buddhista, il Vajrasattva, soprattutto in Tibet dove è stato diffuso e insegnato dal guru indiano Padmasambhava nell’VIII secolo, in tibetano ridenominato maestro Rimpoche, e considerato come un secondo Buddha, e quindi in esso si trovano vari punti in comune tra la cultura spirituale hindu e quella buddhista (e tibetana).

Per noi comuni principianti occidentali, un mantra che si potrebbe ripetere dopo avere semplicemente meditato a fondo su questo chakra della unione (=yoga) con il divino che è in noi e che è nella totalità del Tutto, potrebbe anche essere ad es. quello suggerito da un medico hawaiano Hew Len, seguace dell’antica tradizione della sua cultura, detta Ho’oponopono (vedi il testo di M.Katz, Bis edizioni, 2011), pensando e visualizzando un qualsiasi "oggetto" del nostro amore, della nostra pietà empatica (o che ci ispira e ci emoziona e intenerisce particolarmente, suscitando in noi compassione), e dicendo e dicendoci sinceramente: "Mi spiace, perdonami, ti amo, ti ringrazio", lentamente, con profonda intensità ed essendo completamente compresi e concentrati nella carica energetica di questo mantra.

In un testo di Sri Aurobindo, “Luci sullo Yoga” (riportato nella antologia Guida allo Yoga), egli compie una ricapitolazione di questo percorso di crescita e del suo significato, secondo il suo punto di vista, che mi pare una buona sintesi:

“Nel processo del nostro yoga ogni centro ha un impiego psicologico determinato e una funzione generale che formano la base di tutti i poteri particolari e di tutte le funzioni derivanti da questi centri. Il mulâdhâra governa il fisico sino al subconscio; il centro addominale dirige il vitale inferiore; il centro ombelicale sostiene il vitale più vasto; il centro del cuore, l’essere emotivo; il centro della gola, il potere mentale dell’espressione e dell’esteriorizzazione; il centro situato tra le sopracciglia dirige la mente dinamica, la volontà, la visione ed il potere di formazione mentale; al di sopra, il loto dai mille petali, sostiene la mente pensante superiore, ospita più in alto la mente illuminata, e al sommo si apre all’intuizione attraverso la quale il sovramentale può entrare in comunicazione o in contatto immediato con gli altri piani.” (p.133).

A seconda naturalmente delle capacità e del grado cui è giunto il praticante (sâdhaka). Come scriveva Avalon: “Il grado cui può arrivare questo processo di rivelazione della Coscienza dipende dalle capacità di meditazione (Jñana Shakti) del sâdhaka (…). D’altra parte Kundalini, che è tutte le Shakti” (Shakti Pinda) “ed è dunque la stessa Jñana Shakti, quando uno yogi la desta produce anche la completezza dello Jñana” (=della Conoscenza).

 

 

Con la vetta del Sahasrâra  ha termine quella che alcuni hanno chiamato “La Via del Ritorno” (cioè quella cha va dall’io alla ricongiunzione col Sé universale), il percorso di ascesi, e inizia una seconda fase. Dopo aver approcciato questo chakra supremo, o dopo avergli perlomeno dato un fugace primo "sguardo", inizia infatti il viaggio all’inverso, in cui ci rituffiamo nella materialità corporea per ripercorrere a ritroso i chakra attraversati, facendone una esperienza più consapevole e più saggia, ri-vedendoli con un'ottica diversa e rivivendoli con una consapevolezza più matura. Conferendo loro un senso più spirituale e portando loro i benefìci purificatòri della visione suprema, e della energia pura che abbiamo attinto nella dimensione meta-fisica. Per ritornare infine a trovare rifugio nella quiete e nel sicuro alveo del chakra di base, rinforzati, rassicurati, e con pienezza di coscienza.

A questo punto l'eroe del nostro viaggio di consapevolezza, ritornando nella caverna (come un vero Bodhisattva del tantrismo buddhista), avrà modo di contribuire a contenere l'estensione della sfera della inconsapevolezza, trasformando anche le più oscure profondità del nostro essere fisico, mentale e psichico. O perlomeno il nostro protagonista potrà essere di esempio, farsi modello di riferimento per stimolare anche altri nostri simili a voler compiere il percorso trasformativo e di liberazione da condizionamenti e limitazioni, dando così beneficio più in generale anche ad altri esseri senzienti, e a rasserenare il contesto in cui le varie forme viventi compiono le proprie esperienze di vita.

 

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Carlo Pancera

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