YEMEN
e SOCOTRA – IL PAESE DELLE
MILLE E UNA NOTTE
Racconto di viaggio 2005
INTRODUZIONE:
Difficile
raccontare lo Yemen, ma ci provo partendo dall’inizio.
Com’è
nata l’idea di un viaggio proprio in quel Paese?
Premetto
che soffro da tempo del famoso “Mal d’Africa” e che gli ultimi viaggi sono
stati esclusivamente verso quel Continente, ma il Mondo è grande – mi dico
sempre – e bisogna allargare i propri orizzonti.
L’idea
originale era di riprendere un vecchio progetto, visitare il Vietnam, un viaggio
che nel 2003 avevo progettato ed anche già organizzato interamente, ma che è
stato impossibile realizzare a causa dell’epidemia SARS, molti voli in quel
periodo erano stati soppressi e così pur non volendo rinunciare ci sono stata
costretta.
Dunque
l’idea era quella di lasciare temporaneamente l’Africa e spingersi in
estremo Oriente. Pur ripassando gli appunti, pur avendo ricomprato una nuova
guida più aggiornata ed avendo già dato avvio al progetto, non ne ero del
tutto convinta, non avevo più quel “prurito” che sentivo nel 2003, temevo
che dopo gli spazi, la natura ed i popoli africani non avrei apprezzato
pienamente il nuovo viaggio, la cosa mi turbava parecchio perché per me un
viaggio è un notevole investimento emotivo e per nessuna ragione vorrei tornare
insoddisfatta.
Dopo
un approfondito esame di coscienza e lunga meditazione ho deciso che era meglio
lasciar sonnecchiare ancora un po’ il Vietnam, un viaggio deve essere sentito
dentro ed io, purtroppo, non lo sentivo.
Rileggo
la lista dei “viaggi da fare” e un nome mi colpisce: Yemen!
Quel
nome era stato aggiunto all’elenco dopo aver visto su una rivista la foto di
un antico ponte di pietra, non resisto al fascino di un ponte e del vuoto
sottostante e anche se può sembrare banale questo è il motivo per cui lo Yemen
è entrato nella lista.
Ricordavo
anche di aver letto un interessante articolo su Socotra, ho recuperato quella
vecchia rivista e le parole.: … l’isola appartiene politicamente e
amministrativamente allo Yemen, ma geograficamente è molto più vicina
all’Africa… hanno fatto scoccare in me quella famosa scintilla, quella che
ti fa pensare… SI è proprio lì che voglio andare!
Quindi
la commistione “ponte” e “isola al largo delle coste della Somalia” è
stata determinante.
Cominciano
a quel punto le ricerche, lo studio approfondito del Paese, i contatti con altri
viaggiatori (pochi purtroppo) e dopo mesi di “lavori” finalmente c’è un
programma, ci sono i voli, c’è tutto.
Parte
il conto alla rovescia e alle 21 (ora locale) del 18 ottobre 05 eccoci, Sandro
ed io, in quel dell’aeroporto di Sana’a, attraversiamo poi in macchina (una
lustra Mercedes con tanto di pellicciotto sintetico che ricopre il cruscotto e
l’immancabile scatola di fazzoletti di carta, “equipaggiamenti” che
troveremo poi su qualsiasi altra macchina yemenita) una metropoli enorme fino a
raggiungere un piccolo hotel (Arabia Felix) nel cuore della città vecchia.
Siamo
stanchi per il lungo viaggio, ma è impossibile non notare da subito la
straordinaria bellezza della città vecchia, le antiche case a torre sembrano
fatte di biscotto, i decori di calce che
contornano le finestrelle di ogni forma sembrano trine di zucchero ed i vetri,
trasparenti o colorati o costituiti da sottili lamine di alabastro, creano nella
notte un gioco di luci e colori da fiaba.
DA
NON PERDERE:
Il
ns. programma di viaggio è molto ricco, prevede la visita delle seguenti
località e cittadine:
19/10/05
- Bayt Baws, Wadi Dhahr, Sana’a
20/10/05
- Sana'a – Manakha – Monti Haraz – Al-Hoteib - Al-Hajjarah
21/10/05
- Manakha – mercato di Beit Al-Faqih - Zabid - Taizz
22/10/05
- Taizz - Yufrus - Monte Jabal Sabir - Taizz
23/10/05
- Taizz – mercato Wadi Dhabab - Jibla - Sana'a
24/10/05
– Sana’a – Thula – At-Tawila – Al-Rayadi - Al-Mahwit
25/10/05
– Al-Mahwit – Hababah – Zakati - Bukur – Kawkaban
26/10/05
– Kawkaban – Shibam - Kohlan – Hajjah
27/10/05
– Hajjah – Huth – Shahara
28/10/05
– Shaharah - Sana'a
29/10/05
- Sana'a - Marib
30/10/05
- Marib - deserto - Shibam - Sayun
31/10/05
- Sayun - Tarim - Eynat - Sayun
01/11/05
- Sayun - Al-Hajarayn - Sif- Wadi Doan - Al-Khoreibah
02/11/05
- Al-Khoreibah - Wadi Doan - Al-Mukalla
03/11/05
- Al-Mukalla – spiaggia Bir Ali - Al-Mukalla
terminerà
poi con una settimana nella splendida isola di Socotra.
In
realtà lo Yemen è molto di più della lista di nomi inseriti nel programma, è
un insieme di montagne, di decine e decine di villaggi senza nome, di vallate,
di canyon, di sconfinate distese desertiche, di architetture di vario tipo e di
molto altro ancora, difficile scrivere anche un solo appunto per ogni luogo che
è sfilato davanti ai ns. occhi.
Non
farò quindi un resoconto dettagliato seguendo lo schema di un diario di
viaggio, che potrebbe risultare noioso, non mi cimenterò neppure a descrivere i
paesaggi, impresa impossibile, le foto valgono più di qualunque descrizione, mi
limiterò semplicemente a ricordare alcuni luoghi o episodi.
SANA’A
Capitale
dello Yemen, da sola vale il viaggio.
Per
apprezzare pienamente la stupefacente architettura e la vitalità della città
vecchia è preferibile alloggiare in uno dei caratteristici alberghetti ricavati
in antiche case a torre, strutture semplici, ma ricche di fascino che rievocano
atmosfere d’altri tempi, dove all’alba ci si sveglia al canto dei Muezzin,
la cui voce è diffusa dagli altoparlanti delle numerose moschee sparse per
tutta la città (la prima volta è senza dubbio suggestivo, poi ve lo raccomando
… !!!).
E’
bellissimo perdersi, girando a piedi, tra i vicoli, ammirando con il naso
all’insù i palazzi, esplorare l’enorme Suq con le centinaia di bottegucce
stracolme di mercanzia, dove i venditori non sono particolarmente assillanti e
dove gli articoli esposti non sono per turisti.
E’
d’obbligo salire sulla terrazza di uno dei tanti samsarah (caravanserraglio)
per ammirare dall’alto il profilo dei palazzi, dei minareti, la geometria di
vicoli, cortili e giardini nascosti.
Nella
capitale si può sostare solo qualche ora o più giorni senza mai annoiarsi.
Se
ci si siede sulle gradinate che fiancheggiano la porta di ingresso alla città
vecchia (Bab el-Yemen) si possono scattare bellissime fotografie, è proprio lì
che sfila tutto il mondo ed i personaggi più curiosi.
Nei
dintorni di Sana’a, nel Wadi Dhahr, da non perdere la visita al palazzo
simbolo dello Yemen, costruito su uno sperone di roccia, l’immagine di questo
meraviglioso palazzo è riprodotta anche sui francobolli.
MANAKHA
e dintorni
Stiamo
ammirando dall’alto alcuni villaggi, l’autista decide di sbarazzarsi di noi,
la cosa ci indispone un po’, ma siamo tolleranti e soprattutto non abbiamo
nessuna intenzione di rovinarci il viaggio con spiacevoli discussioni, ci
diciamo anche che siamo in pieno Ramadam quindi acconsentiamo senza fare storie
al nostro “abbandono”, a quel punto l’autista punta il dito su un
villaggio in basso (siamo su un dirupo roccioso) e dice: “scendete di qua, vi
aspetto tra due ore laggiù!” accende il motore e va’.
Ci
guardiamo intorno scoprendo che non c’è un sentiero, ma avendo un passato di
camminatori ed una buona conoscenza della montagna, non ci perdiamo d’animo,
affrontiamo lastroni di roccia che spesso si affacciano su vuoti impressionanti,
camminiamo in orizzontale cercando nel contempo anche di scendere, soprattutto
dove il vuoto è un po’ meno vuoto, dopo parecchio tempo ci troviamo su una
serie di gradoni, si tratta di campi (coltivati a Qat) terrazzati, i cui muretti
a volte sono alti anche 2,5 metri.
Scendere,
tutto è stato tranne che facile ed è in
quell’occasione che abbiamo cominciato a dubitare della serietà e
professionalità dell’autista, perché è veramente solo grazie alla nostra
dimestichezza con la montagna se, bene o male, siamo arrivati …… LAGGIU’
senza farci male e senza contare che i campi di Qat sono sorvegliati a vista da
uomini armati.
Ci
siamo veramente stupiti per tanta incoscienza, ma non è questa la cosa che
voglio evidenziare in questo racconto.
Dopo
diverse ore arriviamo LAGGIU’… al villaggio, dell’autista non c’è
traccia, ci diciamo che – forse – considerato il nostro lungo girovagare, ci
siamo persi e che il luogo dell’appuntamento probabilmente non era in quel
villaggio, ma in quello vicino (che sembra vicino!).
Non
ci sono strade, prendiamo un sentiero, la stanchezza comincia a farsi sentire,
ma dobbiamo ritrovare l’autista prima che faccia buio, non lo troviamo neppure
al secondo villaggio, decidiamo, a quel punto, di tornare sulla strada
principale e di chiedere un passaggio verso il punto dove siamo stati
“scaricati” o verso Manakha, cittadina in cui siamo alloggiati.
Fatichiamo
anche a trovare la strada asfaltata, ma ci sentiamo meno smarriti e soli grazie
alla gentilezza delle persone incontrate che ci hanno dato precise indicazioni
e, non solo, con il sistema del passaparola hanno fatto in modo che l’autista
potesse raggiungerci sulla “retta via”.
Questo
episodio ha messo in crisi la ns. fiducia nei confronti dell’autista, che si
è sentito pure in diritto di farci una ramanzina (no comment!) ma nello stesso
tempo ci ha fatto molto apprezzare la gentilezza e la disponibilità del popolo
yemenita, purtroppo tristemente famoso, per colpa di alcuni,
per i fatti che tutti conosciamo.
JIBLA
È
uno dei tanti villaggi yemeniti dove abbiamo sostato, come sempre siamo soli,
l’autista dorme da qualche parte poco lontano, abbiamo però imparato ad
apprezzare i suoi abbandoni;
saliamo
la lunga e ripida scalinata che conduce nel cuore del villaggio, giriamo tra le
stradine e una dolcissima ragazza yemenita ci affianca, il suo nome è Rima, ha
17 anni, ha il volto scoperto e parla un italiano quasi perfetto (oltre ad altre
4 lingue).
Ci
guida raccontandoci cose molto interessanti sulla cultura e sulle usanze
yemenite, visitiamo il cortile interno di una moschea, ci spiega che la sua
famiglia è progressista, lei studia, può circolare a viso scoperto e potrà
sposarsi quando e con chi vorrà.
Chiediamo
se la cosa è mal vista dal resto degli abitanti, Rima ci assicura che se la
famiglia acconsente a certe aperture nessuno al di fuori della famiglia ha
niente da ridire. Questa per noi è una piacevole scoperta.
Avremmo
voglia di scattare a Rima, che è bellissima, una foto, probabilmente lei
avrebbe anche acconsentito, ma decidiamo di non trattarla come un’attrazione
turistica e rinunciamo allo scatto. Salutiamo con affetto Rima e le siamo
riconoscenti per la piacevole e molto istruttiva chiacchierata.
BIMBI
DI UN VILLAGGIO SENZA NOME
Come
in ogni villaggio, i turisti vengono “assaliti” da bande di ragazzini
vocianti e festanti che chiedono SURA (foto) KALAM (penna) BAKSHISH (mancia) o
di fare da guida;
noi
non siamo ovviamente esenti da questo “fenomeno”.
Racconto
dell’incontro con i bambini di un minuscolo villaggio, di cui non conosco
neppure il nome, perché è diverso da tutti gli altri.
Il
villaggio è molto piccolo, non serve una guida, a dire la verità siamo anche
un po’ stanchi di villaggi, bambini, casette, capre e di tutto ciò che nello
Yemen si ripropone decine e decine di volte, non abbiamo più penne, né
caramelle, abbiamo scattato per giorni e giorni centinaia di foto ai bambini di
decine di villaggi, comprato palloni, matite, lecca-lecca, ingaggiato decine di
guide…
facciamo
capire ai nostri accompagnatori che non vogliamo una guida, vorremmo solo fare
due passi e niente altro, il codazzo si assottiglia, ma tre ragazzini non
demordono e ci seguono continuando a ripetere la solita filastrocca SURA KALAM
BAKSHISH GUIDE, decidiamo di ignorarli, ci seguono per un po’, poi ci superano
sbarrandoci la strada, si mettono in fila e cominciano a cantare FRA MARTINO
CAMPANARO in tutte, ma proprio tutte le lingue, anche in italiano…
Che
piccoli amorevoli ruffiani!
anche
i più duri a quel punto si sarebbero sciolti.
SHAHARA
Arrivare
in quel luogo remoto è stata una vera avventura, è una delle esperienze del
viaggio nello Yemen che ricorderò più intensamente.
Dopo
qualche ora di strada sterrata molto sconnessa comincia il bello, si lasciano
fuoristrada e autista, ci si mette nelle mani di una guida locale (armata di
Kalashnikov) e si comincia la dura salita verso i quasi 3.000 mt dove si trova
lo stupendo villaggio di Shahara e l'incredibile ponte di pietra sospeso nel
vuoto.
La
salita avviene a bordo di un vecchissimo pick-up Toyota, si sta in piedi sul
cassone, aggrappati come piovre, con i muscoli completamente contratti per la
paura di cadere, la strada sterrata è ripidissima, accidentatissima e
strapiombante, si sale in queste condizioni per un'ora e mezza abbondante,
stando attenti ad abbassarsi quando si incrociano i fili della luce, i panorami
sono straordinari e a parte i muscoli indolenziti a forza di tenersi aggrappati
è veramente divertente.
Lungo
il percorso ci si ferma spesso per dare un passaggio alla gente del luogo, la
pendenza è incredibile, ma lo scassatissimo pick-up riparte sempre, in poco
tempo il cassone si riempie di donne coperte dal trazionale abito nero, bambini,
uomini e montagne di cose, tutti ci guardano incuriositi, sorridono e cercano di
comunicare nella loro lingua, i più "istruiti" sfoggiano qualche
parola in inglese o addirittura in italiano, per loro è importante riuscire a
stabilire un contatto, neanche fossimo celebrità… tanta cordialità e tanti
sorrisi ci commuovono!
Arrivati
a destinazione il villaggio di Shahara è una vera meraviglia, si presenta con
casette di pietra molto ordinate, alcune di esse si specchiano nella grande
cisterna per la raccolta dell'acqua, le persone sono molto ospitali;
"affittiamo"
un simpaticissimo ragazzino del luogo e andiamo subito in cerca del ponte, alle
17,25 del 27 ottobre 05 ho raggiunto il principale obiettivo del viaggio, non ci
posso credere, ecco il “mio” ponte, è lì davanti ai miei occhi, è
stupendo, lo attraverso e guardo sotto con tanta emozione ed un pizzico di
vertigine;
poco
dopo, il tramonto tinge di colori rosso/rosa ogni cosa, sono veramente felice!
Facciamo
ritorno al funduq (molto semplice, ma pulito, si dorme in piccole stanze su
materassi stesi a terra sopra tappeti che hanno molto da raccontare, il bagno è
in comune) ceniamo in compagnia di un simpatico gruppo di Avventure nel Mondo,
dopo cena saliamo tutti sulla terrazza (siamo in una tipica casa a torre) ad
ammirare un cielo stellato meraviglioso;
il villaggio è immerso in un buio proprio nero, lungo i vicoli e le
stradine non c'è illuminazione, si vedono solo le lucine delle piccole finestre
di ogni casetta, si ha l'impressione di essere in mezzo ad un grande presepe, la
pace che regna su quel luogo è infinita, le stelle sono tantissime, si vede
anche la via lattea, sembrano vicinissime, viene d'istinto allungare la mano per
toccarle.
Si
va a nanna presto, stanchi, ma appagati e felici, la mattina seguente si scende
dalla montagna a piedi, attraversando il ponte e ammirando le incredibili
coltivazioni a terrazza, dopo circa un paio d'ore di cammino, raggiunto il primo
villaggio, si riprende il pick-up, in discesa è ancora più
"spaventoso" che in salita, ma sempre divertente, si recuperano poi
auto e autista e si riparte per una nuova meta.
WADI
HADRAMAWT – WADI DOAN e dintorni
Dopo
essere scesi dall’altopiano che ospita Sana’a, si passa da Marib, si
attraversa il deserto e si giunge in una valle fertile lunga oltre 165 km
chiamata Wadi Hadramawt, lo scenario che si apre davanti ai nostri occhi è a
dir poco mozzafiato, tutto lo Wadi è fiancheggiato da ambo i lati da montagne
di roccia dalla cima piatta, qui si incontrano cittadine e villaggi con le case
costruite interamente con mattoni di fango;
Shibam,
chiamata la Manhattan del deserto, è un autentico gioiello, si dice che in
mezzo km quadrato trovino posto ben 500 palazzi, impossibile dire se siano
davvero 500, comunque perdersi tra i suoi vicoli strettissimi è un’esperienza
da non perdere.
Nei
campi coltivati di questa zona si possono vedere donne dall’abito nero,
completamente coperte, con in testa un caratteristico cappello di paglia dalla
punta conica, sono figure veramente particolari, sembrano streghe appena uscite
da un libro di fiabe.
Percorrendo
il Wadi Doan, la più bella diramazione dell’Hadramawt, si incontrano decine e
decine di villaggi costruiti a ridosso di due file di montagne, che qui sono
ancora più vicine e creano uno spettacolare canyon, sul fondo del quale
crescono rigogliosi palmeti.
La
pista qui è difficile, a volte inesistente, si viaggia per lunghi tratti sul
letto sassoso di un fiume in secca, ma la bellezza dei panorami ripaga di
qualunque fatica.
La
corsa termina in un villaggio chiamato Al-Khoreibah.
Questo
è lo Yemen più autentico e lontano dalle rotte turistiche, anche se
“turistico” in tutto il resto dello Yemen è una parola veramente grossa.
In
questo luogo si incontrano pochi scassatissimi pick-up carichi fino
all’inverosimile di persone e animali, il mezzo di trasporto più diffuso è
l’asino.
Non
è raro vedere asini decorati da greche o altri motivi ornamentali ottenuti con
l’Hennè, nota tintura naturale.
Camminare
tra la gente è un’esperienza imperdibile.
ALBERGO
Nei
dintorni di Shibam si trova l’hotel Al-Hawta Palace, la guida EDT lo descrive
così: “vanta l'esclusiva prerogativa di essere l'unico albergo di prima
categoria interamente costruito in fango e argilla, l'architettura dell'edificio
è molto bella, come pure l'arredamento nel tipico stile dell'Hadramawt
occidentale. A coronamento di tutto, l'albergo è immerso in una meravigliosa
proprietà etc. etc.”
Dopo
averlo “assaggiato” si può affermare che il giudizio della guida EDT è fin
troppo modesto;
in
quell'albergo non si respira aria di lusso, ma aria d’altri tempi, si tratta
di un antico edificio interamente e superbamente ristrutturato (da un architetto
di origine italiana) le finestre, i portoni, i mobili, le cassapanche, etc. sono
tutti originali, tutto è stato recuperato alla perfezione, girare tra i
cortili, il patio, i corridoi, le terrazze di quell'hotel è come fare un giro
in un museo. Le stanze, contrariamente da quel che ci si può aspettare da un 4
stelle, sono semplici, ma molto affascinanti, non c'è sfarzo, solo molto
semplice buon gusto a cominciare dal massiccio portoncino di ingresso alle
finestrelle e soprattutto nessuna apparente e stonata modernità.
Da
provare!
BIR
ALI
Il
tratto di costa che collega Al-Mukalla e Bir Ali è lungo circa 130 km ed è un
succedersi di scenari desertici di enorme bellezza, si vedono rocce vulcaniche
nere, dune di sabbia color vaniglia, piatte distese di sabbia punteggiate da
qualche rado cespuglietto rinsecchito, ogni tanto si intravedono scorci del
bellissimo Mar Arabico, infine si fa sosta alla spiaggia di Bir Ali, sabbia bianca e mare che dal trasparente degrada al
turchese, dove è impossibile non concedersi un lungo bagno.
Nonostante
ci si documenti, si leggano articoli e si guardino avidamente le poche immagini
pubblicate, l’idea che ci si fa dell’isola è ben lontana dalla realtà.
La
sua bellezza si rivela però discretamente, non da subito, poco per volta, ma in
continuo crescendo, che si tratti di una spiaggia o di una località montana le
sorprese non finiscono mai e alla fine del soggiorno ci si sente sopraffatti da
tanta bellezza.
Il
volo dallo Yemen – Mukalla/Riyan – è piuttosto breve, poco meno di 1 ora,
alle 8 circa del 4 novembre atterriamo nell’unico aeroporto dell’isola e ad
attenderci ci sono due giovani ragazzi – Iahe, guida, 19 anni e Mursi, driver,
18 anni - formati dalla locale
Società di eco-turismo, saranno per noi una presenza costante e discreta, in
loro compagnia passeremo un’intera settimana scoprendo sempre nuovi angoli di
Paradiso.
Carichiamo
i bagagli in macchina – una vecchia Toyota Land Cruiser – percorriamo la
strada che dall’aeroporto arriva alla “capitale”, Hadibu, poco più che un
villaggio, con casette squadrate e dove le persone convivono in buona armonia
con pecore e capre.
Facciamo
una sosta veloce in hotel (Taj Socotra hotel) depositiamo i borsoni e ci
infiliamo il costume da bagno, la prima tappa del programma prevede la visita
della spiaggia di Deleesha che si trova a circa una ventina di minuti di
macchina dalla cittadina.
Arriviamo
a destinazione e subito il luogo si rivela una vera bellezza, la spiaggia è di
sabbia bianca, lunghissima, il mare è turchese, trasparente, siamo soli (i
“nostri” due ragazzi hanno trovato riparo all’ombra di un capanno) non ci
pare vero di essere gli unici fortunati beneficiari di tanto spazio e di tanta
bellezza.
Ci
tuffiamo in mare e sguazziamo per lungo tempo, la giornata è bellissima, il
sole è forte, ma non ce ne rendiamo conto perché soffia una leggera brezza,
così dopo qualche ora ci ritroviamo rossi come gamberi bolliti.
Alt,
cosa sta succedendo?
La
spiaggia si “affolla”, sono in arrivo ben altri due turisti, riconosciamo
nelle figure lontane Margherita e Sandro, fiorentini, che avevamo incrociato
poche ore prima in aeroporto, ci salutiamo come fossimo vecchi amici e, dopo
aver fatto conversazione per lungo tempo in ammollo, ci risalutiamo, noi
restiamo in spiaggia, loro vanno a pranzo.
Vediamo
un branco di delfini e ci godiamo in completa solitudine lo spettacolo delle
loro evoluzioni.
Il
colore ormai scarlatto della nostra pelle ci obbliga a lasciare la spiaggia
verso le 13, siamo dispiaciuti perché il programma per oggi non prevede altro,
non vorremmo passare tutto il pomeriggio in albergo, ma i “nostri” ragazzi
ci sorprendono improvvisando per noi un’escursione alternativa in una vicina
zona montana.
Percorriamo
qualche km in macchina, l’andatura è lenta, cosa che apprezziamo moltissimo
perché in questo modo possiamo guardarci intorno e catturare con lo sguardo
ogni particolare, arriviamo in una radura ed a piedi risaliamo il letto di un
torrente in secca, ci sono enormi massi di granito, alcune pozze sono ancora
piene d’acqua, la terra è rossa come quella africana, la vegetazione è
costituita da euforbie, palme e numerose altre specie di piante.
Stiamo
in questo luogo fin quasi al tramonto approfittandone per stabilire un legame
con i ragazzi, facendo conversazione in tutti i modi, loro parlano perfettamente
l’inglese, purtroppo noi non molto, ma riusciamo ad intenderci ed a rompere il
ghiaccio, con tanta buona volontà e la voglia di comunicare da entrambe le
parti si riesce perfino a fare un discorso “impegnato” ed è con grande
piacere che scopriamo la passione che anima questi ragazzi coinvolti nel
progetto di sviluppo eco-turistico della meravigliosa Socotra.
Contrariamente
ai “fratelli” yemeniti che risiedono sulla terraferma il loro interesse
principale non è rivolto alla masticazione del Qat, ci fanno anzi capire quanto
considerino quello un grave problema per l’economia e lo sviluppo dello Yemen.
Sono
fermi e determinati sul turismo limitato, sono consapevoli che se il Governo
desse l’OK alla costruzione di nuove strutture turistiche, questa cosa darebbe
il via ad un turismo di massa che metterebbe in serio pericolo la biodiversità
dell’isola, i ragazzi hanno progetti di studi universitari con indirizzo
economico allo scopo di migliorare la qualità della vita degli abitanti, senza
per questo stravolgere nulla, soprattutto a livello ambientale.
Hanno
ben chiaro quanto siano preziose le risorse di Socotra ed il loro obbiettivo è
quello di difenderle, ci auguriamo che i “custodi” di Socotra riescano nel
loro intento e che quell’isola resti per sempre così come l’abbiamo trovata
noi.
Prima
di cena, sempre in compagnia dei ragazzi, facciamo
un giro tra le vie di Hadibu, è una modesta cittadina, le persone che
incontriamo ci salutano e ci danno il benvenuto, i bimbi si avvicinano solo per
porgerci le manine in segno di saluto, senza chiedere nulla, chi è stato nello
Yemen sa che nella maggior parte dei villaggi i bambini, sbucando a decine da
ogni angolo, spesso assediano il turista chiedendo Kalam (penne), sura (foto) o
baksheesh (mancia) e che talvolta – di rado per fortuna – se non si
soddisfano le loro richieste (non per cattiva volontà, ma solo perché i
bambini sono veramente troppi) succede di essere presi a sassate.
La
spontaneità dei bimbi di Socotra ci commuove e ci chiediamo se davvero
meritiamo tanti festeggiamenti, fanno infatti a gara per avvicinarsi, stringerci
la mano, poi soddisfatti e felici per aver “toccato” lo strano straniero –
ancora raro da quelle parti – tornano ai loro giochi o attività.
Nonostante
abbiamo ancora qualche penna e caramella ci imponiamo di non dare loro nulla
proprio per non dare avvio a cattive abitudini.
Ceniamo
presso il ristorantino annesso all’alberghetto che ha anche tavoli
all’aperto, sulla strada, il pesce è freschissimo, il pane caldo appena
sfornato, l’ambiente è familiare, termina così in tutta serenità la ns.
prima giornata in una piccola parte di mondo ancora intatto da tutti i punti di
vista, Socotra ed i suoi abitanti hanno già fatto breccia nei nostri cuori!
5
NOVEMBRE 2005
Mentre
facciamo colazione a base di dischi di pane appena sfornato, marmellata, miele,
formaggini e l’immancabile tè aromatizzato con spezie, osserviamo un
ragazzino che ha con sé un grosso sacco, meravigliati vediamo che ne estrae una
aragosta coloratissima e viva, scopriamo che tanto ben di Dio è in vendita, per
1.500 Ryal (poco più di 6 euro) diventiamo i nuovi “proprietari” del
prelibato crostaceo.
Che
sorpresa! Mai avremmo immaginato di poter fare la spesa semplicemente stando
seduti a far colazione.
Lasciamo
l’aragosta nelle mani del cuoco del ristorantino e partiamo alla scoperta di
altre bellezze.
Percorriamo
una pista di terra rossa, raggiungiamo Wadi Ayhaft, una vallata che si inoltra
lungo il greto di un fiume, in questo periodo asciutto.
A piedi risaliamo il letto del fiume, la vegetazione è notevole, vediamo per la prima volta gli alberi dell’incenso, ne compriamo la resina seccata da un gruppo di bambini, il percorso è caratterizzato da sassoni di granito e pozze d’acqua limpidissima, arriviamo infine ad una laguna formata da una serie di cascatelle.
Facciamo
il bagno in quella splendida piscina naturale di acqua verdissima e
trasparentissima, contrariamente a quel che
si potrebbe immaginare la temperatura dell’acqua è piacevole, niente a
che vedere con i nostri torrenti di montagna.
Stiamo
qualche ora in questo luogo in totale relax, conversando con i ragazzi ed
ingaggiando con loro una gara di lancio di sassi sulla superficie dell’acqua.
Vince chi fa rimbalzare il sasso più volte. Facile indovinare che abbia vinto
…….
|
Prima
di tornare alla “base” (Hadibu) i ragazzi ci regalano un fuori
programma. Una sosta su una spiaggia bianca, la bassa marea scopre
ciottoli dove banchettano migliaia di uccelli, ci divertiamo a farli
alzare in volo, spettacolo che riusciamo a fotografare. |
Facciamo una lunga camminata lungo la spiaggia osservando uccelli, granchi e molluschi vari, è incredibile come ai margini della spiaggia si possano osservare, nello stesso tempo, granchi e caprette.
Prima
di cena facciamo un nuovo giro per le viuzze di Hadibu, arriviamo alla spiaggia
dove osserviamo le barche, i pescatori e le attività di quelle persone
semplicissime e cordiali.
Concludiamo
la ns. seconda giornata con una cena superba;
chissà quando mangeremo ancora un’aragosta così buona?
6
NOVEMBRE 2005
Escursione
alle colline di Homhil
Ci dirigiamo verso est, abbandoniamo l’asfalto e prendiamo una pista sterrata, il primo tratto, vegetazione compresa, è secco, attraversiamo un fiume di acqua salata dove vediamo alcuni fenicotteri, la pista si inerpica poi molto ripida su una montagna, la vegetazione si fa più fitta e verde. Vediamo moltissimi alberi d’incenso e meraviglia …… i primi alberi chiamati “sangue di drago”, hanno una chioma verde, fittissima, dalla forma di un ombrello rovesciato.
Facciamo
una sosta nel piccolo camp-site di quell’area, gestito da ragazzi locali, ci
offrono il tè e stiamo all’ombra di un riparo di rami di palma ad osservare
il panorama circostante, costituito da verdissime colline punteggiate da
numerosi alberi “sangue di drago”, alberi bottiglia, molte altre piante rare
e rocce sagomate dal vento in forme bizzarre, l’insieme è veramente
spettacolare.
Tentiamo,
insieme ai ragazzi, un corso rapido di scrittura araba, poco dopo però
abbandoniamo, l’impresa è davvero ardua, non abbiamo imparato nulla, ma ci
siamo fatti belle risate, i ragazzi dormicchiano e noi ci dedichiamo alla
lettura dei pensieri scritti dai turisti sul librone del campeggio, scopriamo
che i turisti italiani sono la maggioranza, leggiamo i loro pensieri e proviamo
commozione perché le frasi lasciate su quel libro esprimono esattamente i
nostri stessi sentimenti ed emozioni.
Tutti
ci auguriamo che quei luoghi restino intatti.
Con una guida locale percorriamo, per circa un’ora, un sentiero fino ad una piscina naturale incastonata tra rocce perfettamente levigate.
Il
panorama ci lascia senza fiato, la piscina si affaccia su una profonda e verde
vallata che termina con una striscia di bianchissima spiaggia ed il mare dal
colore blu.
Luogo
di pace, assolutamente silenzioso, la natura qui non ha badato a spese, tutto è
esageratamente bello.
Lasciamo
a malincuore questo Eden, ma Socotra avrà ancora tante sorprese da regalare.
7
NOVEMBRE 2005
Il
programma oggi prevede l’escursione in un luogo che non esiste.
Ma
niente paura, alle carenze dell’agenzia yemenita, cui ci siamo rivolti per
l’organizzazione dell’intero viaggio Yemen+Socotra, sopperiscono gli
“angeli custodi” che ci guidano e accompagnano.
Avrebbero potuto cavarsela con una gitarella poco impegnativa, invece hanno progettato per noi un lungo spostamento all’estremo orientale della costa settentrionale, in un luogo di una bellezza indescrivibile – Arher.
La
pista costiera è accidentata, offre in compenso panorami molto belli, si vedono
dapprima numerosi e buffi alberi bottiglia, poi si attraversano zone rocciose
dai diversi colori, si passa da rocce rosse a gialle ed infine bianche, il
percorso termina in una zona di altissime dune di finissima sabbia bianca, sullo
sfondo montagne rocciose fanno da barriera ai nuvoloni grigi che oggi purtroppo
non ci faranno vedere il sole.
Lo
scenario con questa luce è quasi irreale, temperatura a parte (fa molto caldo)
sembra di essere su un ghiacciaio, i colori sono smorzati, ma anche con questo
clima il paesaggio si presenta notevolmente bello.
In
questo luogo si incontrano l’acqua dolce di un fiumiciattolo, che
nasce sulle montagne, e l’acqua salata del mare. L’effetto
è bellissimo, lungo il corso del ruscello cresce erbetta di un colore
verde brillante che spicca sulla sabbia bianca. |
|
Mentre
esploriamo la zona passa un pick-up con il cassone pieno di squali appena
pescati e pronti per la vendita “ambulante”, restiamo impressionati dalle
dimensioni veramente enormi di alcuni di essi.
Dopo
qualche tempo lasciamo questo luogo, ripercorriamo la stessa pista costiera
facendo numerose soste per osservare archi di roccia, massi enormi e gli
incredibili alberi bottiglia che crescono aggrappandosi ovunque sulle rocce
anche a costo di svilupparsi poi in orizzontale.
I
“nostri” meravigliosi ragazzi ci fanno un altro regalo.
Visitiamo
anche l’area marina protetta di Di Hamri.
Naturalmente
si tratta di un altro luogo bellissimo. Avevate dubbi?
I
colori predominanti sono il rosso intenso delle rocce ed il turchese del mare;
la
spiaggia è costituita da ciottoli, pezzi di corallo e giganti conchiglie di
tutte le forme, ha la forma di una mezza luna e termina da un lato con una
penisola che si protende in mare aperto sulla quale spiccano due alti coni di
roccia rossissima.
Incontriamo
di nuovo la coppia di fiorentini, facciamo insieme a loro una bella passeggiata
sulla penisola rocciosa e osserviamo nelle pozze d’acqua scoperte dalla bassa
marea stelle marine, murene, paguri e numerosi altri pesci.
Qui
si dovrebbe fare snorkelling sulla barriera corallina, ma i ragazzi ci
sconsigliano di farlo perché oggi il mare è troppo agitato.
Non
ce ne crucciamo più di tanto, il posto è così bello e compensa con mille
altre meraviglie un bagno mancato.
Ci
accordiamo con le guide ed i fiorentini per “allineare” il programma dei
prossimi due giorni, che prevede pernottamenti in campeggio.
Salutiamo
Margherita e Sandro, che restano qui in campeggio, torniamo all’alberghetto di
Hadibu per la cena ed una bella dormita.
8
NOVEMBRE 2005
Dixam
Plateau
Ci dirigiamo verso ovest, percorriamo un tratto di costa, poi pieghiamo verso l’interno, saliamo su alte montagne, la strada sale ripida fino ad un punto panoramico
dal quale osserviamo un profondo Wadi nel quale scenderemo.
La
pista è scoscesa e molto accidentata, offre meravigliose vedute, attraversa
boschetti di alberi di sangue di drago e termina in fondo allo Wadi, dove
troviamo un bellissimo laghetto d’acqua dolce, contornato da rocce nere
vulcaniche e palme.
Il
laghetto è occupato da un gruppo di bambini del luogo, sguazzano, si tuffano
dall’alto delle rocce o lasciandosi scivolare sulle rocce levigate, sono un
vero spettacolo, mettono allegria, poco dopo lasciano il laghetto a nostra
disposizione, si siedono ordinatamente sulle rocce e osservano noi mentre, non
proprio disinvoltamente, entriamo in acqua, cerchiamo di riscattarci
impegnandoci al meglio nel nuoto.
Invitiamo
i bambini a rituffarsi, per un po’ condividiamo quelle verdi e trasparenti
acque, poi ci salutiamo perché loro devono tornare a casa o chissà dove, nei
dintorni non abbiamo visto alcun villaggio!
Continuiamo
a sguazzare nel laghetto, dopo circa un paio d’ore arrivano anche Margherita,
Sandro ed i loro driver + guida.
Ri-bagno,
poi perlustriamo la zona scoprendo una serie di altre pozze d’acqua.
Conveniamo
che il Paradiso se esiste è proprio collocato qui, in questo posto, ma ancora
non sappiamo cosa ci riserverà il domani.
I
ragazzi, ora quattro in totale, nel frattempo hanno preparato per noi un pranzo
semplice, ma ottimo (riso, tonno in umido e insalata di verdure) hanno steso una
stuoia di paglia all’ombra delle palme e apparecchiato con piatti, bicchieri,
posate e tovaglioli, siamo meravigliati da tanta efficienza e premura, non ci
resta che mangiare e di gusto.
Non
mancherà neppure il classico tè speziato e zuccherato.
I
ragazzi sparecchiano e si accingono al lavaggio di piatti, pentole e stoviglie
varie, operazione alla quale partecipo divertendomi un sacco, ci accucciamo nei
pressi di una pozza d’acqua e molto allegramente insaponiamo tutto con Ariel
– detersivo per bucato a mano – sciacquiamo e rimettiamo tutto in ordine, in
cambio dei miei “servigi” i ragazzi mi insegnano una serie di parole arabe e
nel loro tipico dialetto socotrino, non ne ricordo più neppure una purtroppo!
Una
però l’ho imparata bene, da quel giorno non ho fatto altro che ripetere KULLO
TAMAM (tutto bene, tutto bello) !!!
Prima
di lasciare il laghetto organizziamo una raccolta di rifiuti che purtroppo
qualche turista cretino e irresponsabile ha abbandonato.
Muniti
di saccone nero di plastica, tutti insieme, raccogliamo bottiglie di plastica e
lattine, bruciamo la carta e lasciamo il sito pulito nella speranza che dopo di
noi non arrivino altri cretini irrispettosi di tanta bellezza.
Stiamo
per salire in macchina e cosa vediamo?
Un
bellissimo cammello con un fagotto sulla gobba.
E
dentro il fagotto cosa c’è?
Due
minuscoli vitellini!
Le foto si sprecano, mai visti prima d’ora due vitelli così piccini e così teneri.
Partiamo,
percorriamo una pista sassosa, le rocce sono rosse, vi crescono numerosi alberi
bottiglia, alcuni sono ancora fioriti, la pista è molto difficile, buchiamo una
gomma, che in pochissimo tempo viene sostituita dai 4 attivissimi e abilissimi
ragazzi. Sembrava di stare ai box della Ferrari ……….
Raggiungiamo
il luogo dove piazzeremo le tende, una enorme spianata interamente circondata da
belle montagne, il tramonto colora di rosso ogni cosa, è tutto bellissimo.
Aiutiamo i ragazzi a piazzare le tende.
Per
festeggiare e soprattutto per socializzare noi organizziamo una spaghettata, i
ragazzi invece si occuperanno di cuocere il capretto.
Si
cena, si chiacchiera un po’ e poi a nanna sotto un cielo stellato meraviglioso
e nel silenzio più totale.
9
NOVEMBRE 2005
Sveglia
presto, un po’ di toeletta con un pezzo di sapone ed un secchio d’acqua
attinta da un vicino pozzo, facciamo colazione, smontiamo il campo,
ripercorriamo fino alla costa la stessa strada fatta ieri.
Facciamo una sosta per ammirare una curiosa enorme cisterna naturale che contiene acqua di mare da dove viene estratto il sale.
Ci
dirigiamo poi verso ovest, lasciato l’asfalto la pista è sassosa, bianca, da
lontano vediamo un’altura, è proprio là dietro che dobbiamo arrivare!
Oggi
il paesaggio non è molto vario, pensiamo che il bello sia ormai finito, che la
meta di oggi (una spiaggia) sia un luogo ordinario.
Superiamo
un villaggio, saliamo sul rilievo, le macchine si fermano, scendiamo e quello
che appare sotto di noi ci fa trattenere il respiro …….
i colori sono bianco e turchese, si vede una immensa spiaggia abbagliante, il mare trasparentissimo e sul lato destro della spiaggia una laguna.
Non
abbiamo parole, Margherita ha gli occhi lucidi, nessuno dice nulla, il momento
è magico, scendiamo quasi di corsa dal rilievo roccioso, più ci si avvicina
alla spiaggia di Qalansiyah più il luogo appare straordinario. Abbandoniamo gli
zaini e ci tuffiamo in mare, l’acqua ha una trasparenza eccezionale.
Dopo
un lungo bagno, camminiamo sulla spiaggia di sabbia finissima, raggiungiamo la
laguna dove osserviamo numerose specie di uccelli, dopo lungo tempo trascorso in
stato di estasi ci dirigiamo nel punto dove piazzeremo il campo, che nel
frattempo i ragazzi hanno raggiunto – da altra via – in macchina.
Per
un giorno intero ed una notte tutto questo sarà solo nostro.
I
ragazzi preparano il pranzo, ci piazziamo all’ombra di una tettoia di rami di
palma, davanti a noi ci sono la laguna, una striscia di sabbia bianca ed il
mare.
Decidiamo
che, dopo pranzo, quella striscia bianca e lontana sarà la nostra meta e che
proprio laggiù aspetteremo il tramonto.
Attraversiamo la laguna, l’acqua è bassa, arriviamo alla striscia bianca e scopriamo che si tratta di una spiaggia lunghissima, facciamo il bagno e come progettato stiamo lì in attesa del tramonto, osservando nel frattempo enormi granchi e numerosi uccelli.
Che
luogo straordinario, siamo ancora tramortiti da tanta bellezza!
Torniamo
al campo, ormai è buio, ceniamo e ci prepariamo a trascorrere la notte sotto le
stelle.
Non
vogliamo dormire in tenda, decidiamo di piazzare materassi e sacchi a pelo sotto
la tettoia di rami di palma, la serata promette bene, il cielo è stellato e
illuminato da una mezza luna, c’è una gradevole brezza, ci addormentiamo
beatamente.
La
brezza però ad un certo punto cessa, comincia allora a far caldo, arrivano gli
insetti ed infine arrivano anche i granchioni, insomma la notte non è stata
romantica come avevamo immaginato.
10
NOVEMBRE 2005
Dopo
la notte non proprio rigenerante siamo un po’ stanchi, alle prime luci
dell’alba stiamo già vagando sulla spiaggia.
La
stanchezza comunque non ci impedisce di apprezzare le ultime bellezze di Socotra.
Oggi
gita in barca a Shuab.
Si parte dalla spiaggia, presto la costa si presenta con altissime pareti rocciose, il mare è verde smeraldo, trasparente e profondo, ma riusciamo a vedere distintamente il fondale ed una variopinta fauna marina.
Ogni
tanto si vedono piccole calette di sabbia candida, il mare passa allora dal
verde cupo al verde acqua.
Lo
spettacolo più straordinario ce lo offrono i delfini, con le loro evoluzioni,
ne vediamo moltissimi, diversi si affiancano alla barca e ci seguono per lungo
tempo.
Sulle
rocce affioranti dal mare vediamo colonie di cormorani che al nostro passaggio
si alzano in volo.
Ci
sono grotte ed anfratti dove il mare assume le più svariate sfumature di verde.
Si
arriva quindi su una spiaggia deserta bianca e lunghissima, dove sostiamo per un
lungo bagno ed una rosolatina al sole.
I
colori e la trasparenza dell’acqua sono eccezionali, qui si smitizzano le
Maldive;
ci
siamo spesso rammaricati di non aver più visto un mare bello come quello, beh
qui è necessario ricredersi, è lo stesso, se non addirittura più bello.
Torniamo
dopo qualche ora alla “nostra” spiaggia (Qalansiyah) che vista dal mare è
ancora più bella, possiamo ammirare le alte dune di sabbia che la delimitano.
Nel
pomeriggio facciamo ritorno per l’ultima volta ad Hadibu, prima però facciamo
una sosta ad un’ultima stupenda spiaggia lunga 8 o più km, dove le tartarughe
in una determinata stagione depongono le uova.
11
NOVEMBRE 2005
Lasciamo
Socotra sotto l’acqua, è dura andarsene anche con la pioggia!
Dall’aereo
riconosciamo la lunghissima spiaggia delle tartarughe.
Arrivederci
Socotra, è una promessa!
Siamo
pienamente soddisfatti, ci sentiamo privilegiati per aver vissuto questa
splendida esperienza e ci auguriamo di cuore che Socotra ed i suoi abitanti
restino così come sono ora.
KULLO
TAMAM !!!!
Daniela Bellan