ALLA SORGENTE DEL GANGE
tre
aspiranti trekker alla conquista dell’Himalaya senza scala mobile
India
Racconto di viaggio 2006
Chi
ha detto che per raggiungere la sorgente del Gange bisogna essere degli esperti
in arrampicata, non conosce noi e la nostra avventura.
Ci
presentiamo siamo Nico, Eli e Dona, tre “giovani” donne quarantenni che,
nella nostra vita di Milano e dintorni, lo sport più estremo che pratichiamo è
quello di fare rifornimento di benzina da sole al distributore selfservice. Dopo
un anno di “duro allenamento” sfruttando ogni pieno di carburante come
preparazione ginnica al tour, al massimo del nostro rendimento fisico, in un
vortice di entusiasmo e dopo 10 ore di volo, ci siamo catapultate alla conquista
dell’Himalaya.
Armate
di coraggio e tanto spirito di adattamento, abbiamo lasciato i nostri tacchi a
spillo per dei comodi scarponcini, sostituito i nostri trolley colorati con dei
semplici zaini e, con l’aiuto della nostra guida, giorno dopo giorno ci siamo
avviate verso la scoperta di questo mondo fatto di bellezze naturali ma anche di
intensa spiritualità.
Le
cime dei ghiacciai al sole del primo mattino, il verde smeraldo della
vegetazione, nonostante l’altitudine, l’intensità dell’azzurro del cielo,
sono uno spettacolo che pur intensa e fervida sia l’immaginazione, ti coglie
impreparato e ti porta all’infinitamente piccolo che è l’uomo dinnanzi alla
maestosità e alla purezza di queste montagne.
Siamo
nella regione dell’Uttaranchal, famosa per ospitare numerose cime tra le quali
la più imponente è il Nanda Devi (7.816 mt.) e per le città sacre agli
induisti, mète di pellegrinaggi per migliaia di credenti. La nostra avventura
comincia dal villaggio di Gangotri a più di 3000 metri di altitudine.
Partite all’alba con gli zaini e i nostri sacchi a pelo in spalla, abbiamo
incominciato il nostro trekking che ci avrebbe portate a Gaumukh a toccare
con le nostre mani il Gange appena nato. Il percorso ha fatto la sua prima tappa
presso un piccolo villaggio di asceti dove la pace e la tranquillità era
scandita dal ritmo e dal fervore di bellissime cascate incorniciate da
arcobaleni e pietre levigate rese cangianti dal sole del primo mattino.
La spiritualità è densa e palpabile ad ogni respiro. Il tempio che abbiamo
incontrato lungo i primi chilometri del nostro percorso, ci ha regalato
l’emozione della nostra prima “benedizione” impartitaci da un “guru
rasta” vestito di arancione. I nostri compagni di viaggio sono stati incontri
fugaci con pellegrini quasi sempre scalzi, con occhi scuri colmi di luce e
sorrisi che scaldavano più del sole. Non sappiamo dirvi quanto ha influito la
fatica o quanto la visione di questo mondo quasi surreale ma passo dopo
passo mentre le nostre gambe diventavano sempre più pesanti, i nostri cuori si
alleggerivano sempre più. Ai primi segni di cedimento (dopo i primi tre
chilometri) avremmo barattato volentieri i nostri scarponcini con un passaggio
sulla groppa di uno dei tanti muli carichi di merci che ci superavano ragliando,
quasi volessero farci sentire ancora più lumache. Dopo aver guadato più di un
fiume, mangiato tavolette energizzanti, bevuto un rifocillante thè indiano
presso uno dei numerosi “punti di ristoro”, abbiamo percorso i 14 kilometri
che ci dividevano dalla nostra prima mèta, Bhojbasa a 3.780 metri, dove in un
grande altipiano, ci attendeva nell’ashram (dove si incontrano gli induisti
per pregare), la piccola camera che ci avrebbe ospitato per la notte.
L’accoglienza è stata calorosa, eravamo le prime tre donne italiane che
pernottavano lì. Il capo dell’ashram ci ha invitate
a cenare con lui e i pellegrini induisti. E’ stato emozionante condividere
riso e verdure mentre i commensali recitavano i mantra con i loro cori
penetranti e avvolgenti. Stanchissime, provate più dall’emozione che dalla
fatica, ci siamo immerse nella magia di quella notte tra stelle iridescenti e la
luna che definiva appena i contorni dei picchi che ci circondavano. Ci siamo
scambiate pochissime parole quasi temessimo di risvegliarci da un sogno. Non so
se ogni trekker prova queste emozioni quando è sulla cima di una montagna, ma
quello che abbiamo sentito noi è qualcosa che ancora ci portiamo nel cuore.
Tutto questo misticismo ci ha aiutato ad ovattare la completa assenza di comodità.
Niente letti ma delle semplici coperte di lana sulle quali poggiare i nostri ben
amati sacchi a pelo; nessuna luce elettrica, a parte le nostre fedeli
torce ma nessuna suite di un grande albergo ci ha regalato il silenzio e la pace
che ci ha trasmesso quella piccola, spoglia e semplice camera. Al risveglio,
praticamente all’alba, la nostra guida ci ha riservato un bellissimo regalo,
una brocca di acqua fumante per lavarci il viso, e credeteci non c’è nessun
trattamento di bellezza che avremmo gradito di più. Rigenerate dal meritato
riposo e dalla sontuosa colazione, ci siamo avviate per l’ultimo tratto di
sentiero: quello che ci avrebbe portate alla sorgente del Gange. Quattro
kilometri ci distanziavano dalla mèta. L’aria del primo mattino, immersi
nella bruma, tra i picchi baciati dalle nuvole, il tempo era un non tempo
e l’ora che abbiamo impiegato a raggiungere la sorgente è sembrata
tanto dilatata da pensare che ne fossero trascorse almeno il doppio. Qualche
attimo di apnea per l’emozione e poi un urlo liberatorio: Gaumukh “la bocca
della mucca”, il ghiacciaio dal quale la Grande Madre partorisce il
”Ganga” (o Gange) il Fiume Sacro agli induisti, era dinnanzi a noi con tutta
la sua Forza e la sua Imponenza. Tutte le paure, le perplessità sulla nostra
possibilità di riuscita si sono disperse nel fluttuare dei gorghi di
questa massa d’acqua. Ognuna di noi ha vissuto questo momento in sé stessa
godendo della sensazione di pienezza che permea questo luogo. Non è la
religione che fa la differenza tra gli uomini ma lo spirito con il quale si
vivono le azioni. In quel momento noi, tre cattoliche, abbiamo reso omaggio alla
Terra e all’Essere superiore che l’ha creata. Dopo aver prelevato una
borraccia di acqua come segno della nostra vittoria, ci siamo rincamminate verso
il sentiero di ritorno verso Gangotri. Per i nostri piedi ben ventidue kilometri
di marcia e siamo certe che a loro nulla importava dello spirito del Gange e
sicuramente rimpiangevano i tacchi a spillo tra le vie di Milano.
Non
possiamo dire che sia stata una passeggiata, almeno non nel senso fisico, ma
quest’esperienza ci ha regalato oltre a forti emozioni, la possibilità
di trovare la Forza che è nascosta in ognuna di noi e che solo le sfide ti
possono far scoprire. Certo è che noi tre “Mam”, così eravamo chiamate,
siamo state davvero fortunate ad imbatterci in questa organizzazione
completamente indiana che ci ha curato il tour. Non solo siamo state
“coccolate” con tutte le attenzioni possibili, ma abbiamo ricevuto altri due
bellissimi e inattesi regali: l’incontro con due veri Guru. Il primo
nella sua Ashram dove abbiamo avuto la possibilità di colloquiare con lui e
fargli delle domande dirette sulla nostra vita alle quali lui ha risposta con
grande disponibilità. Il secondo incontro è stato più emozionante, dal
momento che non ci aspettavamo di incontrare un Guru donna, ed è stato ancora
più coinvolgente in quanto ci è stato più facile confrontarci con lei.
Entrambi ci hanno stupito per la loro umiltà, saggezza e benevolenza con le
quali ci hanno accolto. E’ stato un grande onore poterli incontrare. Essere
ricevuti da questi “Maestri Spirituali” è quasi impossibile per noi
occidentali. La grande accoglienza dimostrataci è stato il frutto della
perseveranza con cui la nostra giuda ha chiesto un colloquio. Quello che vi
abbiamo riportato è solo un frammento del bellissimo viaggio che abbiamo
vissuto. Un mese in questo magnifico Paese, in queste montagne incantate,
non è stato facilissimo. Abituate alle comodità della città, nei primi
momenti ci è stato difficile adattarci all’esatto opposto. Se si pensa ad una
mèta come questa non è possibile non valutare il fatto che lì non ci sono le
docce calde, i bagni con l’acqua corrente, l’elettricità che quando viene
sera sparisce, le strade costantemente interrotte da frane, le mucche ovunque,
gli odori forti e, a volte insopportabili, il cibo con dei sapori cui il nostro
palato non è abituato… ma a parte questo è splendido e se ve lo diciamo
noi…. Potete crederci veramente!
Se
anche voi avete un sogno nel cassetto come il nostro, saremo felicissime di
raccontarvi la
nostra esperienza e di aiutarvi nel realizzarlo fornendovi ottimi
contatti indiani.
Le Mam.
…
A proposito… l’anno prossimo facciamo l’Everest…!