Rwanda '09
Diario di viaggio
di
Erik Viani
Pillole
di solidarietà.
(Riflessioni)
Ci
sono delle strade che nel corso della propria vita rimarranno impresse nella
memoria come inchiostro indelebile. Una di queste è la via che dalla capitale
Kigali conduce a Ruhuha nel profondo e povero sud del Rwanda a pochi passi dal
confine con il Burundi.
L'avrò
percorsa non so quante volte in brevi periodi; sotto il sole, la pioggia e la
polvere dello sterrato. Sono poco meno di 50km che raccontano la storia di
questo Paese martoriato dal genocidio tribale scoppiato tra il '92 ed il '94 e
la difficile ricostruzione successiva e, parallelamente, racconta il mio legame
con questo popolo ed una profonda amicizia con un parroco, ma soprattutto un
uomo, che ha fatto della sua esistenza uno stile di vita fondato sulla
solidarietà e bontà d'animo: Pr. Onesphore.
Per
la terza volta mi spingo a queste latitudini tanto per assaporare l'atmosfera
viva e pura africana quanto per viverla sino in fondo a stretto contatto con le
situazioni del vivere quotidiano: una partita di pallone, una bevuta di liquore
di banana, un piatto di spiedini di capra........
Il
nostro gruppo,composto da quattordici persone, legate una all'altra da uno
spirito d'avventura ed una forte abnegazione nel contribuire a progetti
concreti, ha realizzato ed iniziato alcune opere di grande spessore e
significato per la popolazione locale e non solo.
Durante
questo viaggio mi rendo conto come tre corrisponde al numero perfetto
(come
dice Onesphore:"......tre come le trinità") della solidarietà.
La
prima volta "tocchi" con mano,
la
seconda "prendi" per mano,
la
terza "dai" in mano.
Dove
"dare" non significa semplicemente toccare la nuda e fredda moneta ma
trasmettere il proprio "know-how", la propria capacità di esprimersi
e rendersi utile in un contesto polivalente. A riscontro vedevo i miei compagni
di viaggio che offrivano le loro capacità nella propria sfera di esperienze:
Anna e Giusy le due infermiere, Maurizio il geometra, Ugo il fabbro..........
Il
fenomeno del "fatalismo" in queste zone è ben radicato ed è molto
importante, nel rispetto delle loro culture e tradizioni, trasmettere la giusta
dose di conoscenza.
L'africa è come un giocattolo
nelle mani di un destino cieco
Mi
trovo a distanza di un anno catapultato in una realtà che ha visto trascorrere
in questo lasso di tempo vicissitudini di ogni sorte e ritorno in Rwanda con
un'atmosfera particolare, con un significato di rilievo per la mia vita:
l'inaugurazione e la consacrazione della chiesa dedicata ad una cara amica
scomparsa pochi giorni prima di quello che avrebbe dovuto essere il nostro primo
viaggio rwandese.
La
gioia nel vedere più di tremila persone assiepate in mezzo all'arsura di un
venerdì d'agosto rwandese accorse per questo evento è incommensurabile.
Per
loro è come ricevere una seconda vita, una seconda opportunità. Ad un popolo
così fatalista è molto importante una sana dose di spiritualità che gli aiuti
ad uscire da quegli stereotipi tramandati di secoli in secoli da più
generazioni.
Tra
questi personaggi vi erano: l'arcivescovo di Kigali, vari parroci delle chiese
locali e del confinante Burundi, alcuni politici altolocati rappresentanti del
governo rwandese ma tanta gente comune dove non sono mancate celebrazioni di
matrimoni e battesimi di massa. Tra
gli ospiti c’erano i genitori di Elisa a cui è stata dedicata la chiesa.
I
miei occhi si riempivano di lacrime di gioia nel vedere tutta questa gente
festante e capace di farci sentire a proprio agio come fossimo a casa nostra.
Non
dimentico inoltre lungo il famoso asse dei 50 km che collega Kigali a Ruhuha le
visite all'orfanotrofio di Nyamata ed alla scuola di Butereri
Ormai
in quell'orfanotrofio ci sono passato diverse volte ad ognuna delle quali ho
cercato di notare i miglioramenti della struttura e l’organizzazione ma,
soprattutto, ridare un sorriso ai ventiquattro bambini provenienti dalle strade
polverose del circondario.
Quarantotto
occhi per guardare ad un futuro pieno di vita e ventiquattro bocche da sfamare
costantemente tutti i giorni.
Armati
di pazienza e buona volontà ci siamo spinti nella capitale alla ricerca di:
coperte, materassi, zanzariere ed in un batter d'ali siamo ritornati con il
materiale organizzando il trasporto dei materassi in bicicletta ed il resto
caricando a tappo il nostro minivan. E' un primo passo verso un restyling che
prenderà corpo con la costruzione della nuova cucina progettata sul posto che
sostituirà quella fatiscente ed obsoleta composta da quattro lamiere messe in
croce da spaghi e corde volanti.
Vi
è poi la scuola di Butereri, costituita da un complesso di più aule con
annessa stalla, cisterne per la raccolta dell'acqua e sala per i professori.
Alla
mia prima visita vi erano solo due aule adibite a prima e seconda elementare ed
una terza in costruzione. Allo stato attuale, grazie all'impegno di tutti,
locali ed amici italiani, siamo giunti a sei aule, una stalla con due preziosi
occupanti a quattro zampe, una sala per i docenti ed, a breve, una prima
cisterna per la raccolta dell'acqua piovana per svariati usi.
Questo
viaggio ha rappresentato per me più sfaccettature ognuna delle quali vissute
con intensità ed emozioni differenti.
Oltre
ai progetti di solidarietà si è dedicato tempo anche per visite fugaci ai
laghi Cyohoha vicino a Ruhuha e Muhazi a Rwesero a nord di Kigali.
Indimenticabili
inoltre le bevute di birra e wisky nella capitale, le camminate nel mezzo della
savana e le serate al chiar di luna al parco dell'Akagera, le impetuose cascate
Rusumu formate dal fiume Akagera in
piena sul confine con la Tanzania, la festa per il centenario della prima chiesa
cattolica rwandese fondata a Rulindo, l'incontro con gli amici del gruppo
Argonauti a Kigali e con quello di Avventure nel Mondo a Ruhuha e tante altre
emozionanti avventure.
Sono
soddisfatto di quello che si è fatto e si farà in futuro, merito anche alla
collaborazione di tutti, lavorando in sinergia a stretto contatto con le realtà
locali. Grazie soprattutto al supporto di Onesphore, il vero motore di questa
macchina perfetta!
Ormai
questo motore è a pieno regime ed ha avuto un nuovo incarico; la gestione della
parrocchia di Rulindo, la più antica in Rwanda.
Mi
trovo all'atto finale, all'uscita dall'aeroporto di Kigali l'ufficiale doganale
mi controlla il passaporto ed esclama:"Lei lavora qui?" ed io
sorridendo rispondo:"Ho tanti amici in Rwanda.................".
Il
fenomeno del fatalismo in Africa
In
Rwanda, così come in Africa in generale, si ha la sensazione di percepire un
atteggiamento di accettazione passiva degli
eventi con tanta rassegnazione senza contrapporre alcuna resistenza al
"fato", al destino.
Questa
forma di "inconscio collettivo", termine della psicologia analitica
coniato da Carl Gustav Jung , è
condiviso da tutti gli uomini e deriva dai loro comuni antenati. Per Jung, è
costituito sostanzialmente da informazioni oggettive, impersonali, innate,
ereditarie che lui chiama archetipi. L'archetipo, conseguentemente, viene a
essere un sorta di prototipo universale per le idee attraverso le quali
l'individuo interpreta ciò che osserva ed esperimenta.
A
differenza dell'inconscio personale, che deriva direttamente dall'esperienza
propria dell'individuo, quello collettivo è una forma istintiva atavica della
cultura comune ed espressa in Africa in forma primitiva strettamente legata al
passato.
La
sopravvivenza degli archetipi, in epoca moderna, è sintomo degli esiti della
comunicazione di massa. Questo tipo di comunicazione gioca in Africa un grande
ruolo ed esprime un concetto progressista o di indebolimento in base alla
diffusione sul territorio. Un film di successo, un libro, una trasmissione
televisiva molto seguita possono giocare un ruolo nel ravvivarli o indebolirli.
Altro
ruolo fondamentale è dettato dall'istruzione e dalla scolarizzazione che
regolano il rapporto tra inconscio collettivo ed individuale. Sono di
conseguenza anche un punto del dibattito tra comunitarismo e liberismo
attraverso il quale si toccano aspetti etici e politici di grande rilevanza.
Questa
riflessione detta il passo a molti quesiti a cui rimane difficile rispondere se
non andando a scavare in queste forme di archetipi istintivi ai quali la
moltitudine degli indigeni credono e perseguono.
Erik
: