Perù
Il Nostro Viaggio nel Paese dei Mille Colori
Diario di viaggio 2007
di
Massimo
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il racconto completo con le foto su: http://www.msereno1970.com/peru/peru.html
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Eccoci qui a raccontare il nostro viaggio in Perù nell'estate 2007. Rispetto
alle nostre precedenti zingarate quest'anno c'è qualcosa di speciale, Ilaria,
è incinta e il nostro tour è stato, nostro malgrado, 'alleggerito'.
Ecco nei dettagli le tappe del nostro viaggio.
2 agosto 2007 - arrivo a Lima, dopo un volo Torino - Francoforte - Caracas -
Lima.
3 agosto - Trasferimento a Paracas e visita della Riserva
4 agosto - Escursione alle Islas Ballestas. Trasferimento a Ica e pernottamento
a Huacachina
5 agosto - Giornata di riposo dedicata alla visita di Huacachina, nel pomeriggio
trasferimento a Nasca
6 agosto - Sorvolo delle Linee di Nasca e visita del Cementerio de Cauchilla.
Trasferimento notturno in autobus ad Arequipa
7 agosto - Giornata di riposo ed acclimatamento ad Arequipa.
8 agosto - Visita del Museo Santury e del Monasterio di Santa Catalina
9 agosto - Trasferimento a Puno in autobus, pomeriggio dedicato allo shopping a
Puno e acclimatamento alla quota
10 agosto - Al mattino escursione alle isole Uros, al pomeriggio visita alle
torri funerarie di Sillustani
11 agosto - Trasferimento a Cusco in autobus
12 agosto - Visita di Cusco
13 agosto - Visita di Cusco ed escursione alle quattro rovine
14 agosto - Tour della Valle Sagrado
15 agosto - Trasferimento in treno a Aguascaliente
16 agosto - Visita di Machu Picchu e rientro a Cusco
17 agosto - Trasferimento in volo a Lima
18 agosto - Partenza per l'Italia, con volo Lima - Caracas - Francoforte -
Torino
Rispetto alla pianificazione originale abbiamo rinunciato al Canyon del Colca
(che ci avrebbe portato ad una quota eccessiva per il pupo!) e al pernottamento
alle isole Amantani sul Lago Titicaca.
Lima
Arriviamo a Lima la sera tardi del 2 agosto 2007 dopo un lungo e faticoso
viaggio di oltre venti ore targato Lufthansa, con partenza da Torino via
Francoforte e Caracas.
All'aeroporto, dopo l'estenuante attesa per recuperare i bagagli, ad attenderci
troviamo Yolanda che ci accompagna fino a Casa Yolanda dove pernottiamo. Nel
viaggio di trasferimento verso l'hotel facciamo conoscenza con un gruppo di
signori di Bologna che già aveva notato a Caracas (un saluto a Beppe, Caterina
e tutti gli altri!!) con i quali percorremo buona parte della nostra avventura
peruviana! Loro sono stati tuttavia meno fortunati di noi in quanto a bagagli ed
il loro recupero non sarà facile.
Il tempo invernale di Lima è pessimo: la Garua (ovvero la nebbiolina generata
dall'umidità del vicino Oceano Pacifico) avvolge ogni cosa rendendo tutto
grigio e soffocato dallo smog che qui è pesante: insomma pare una tipica
giornata invernale milanese!
Dalla nostra guida sappiamo che Lima è una città di nove milioni di abitanti
(raccoglie circa un terzo dell'intera popolazione di peruviani), che si estende
per più di trenta chilometri lungo la costa e che soffre di tutti i mali delle
grandi città sudamericane: inquinamento, sovrappopolazione e aree degradate. Da
quel poco che scorgiamo dal pulmino che ci conduce a Casa Yolanda non possiamo
certo smentire questo asserto: Lima ci pare davvero brutta! si dice inoltre che
la città sia pericolosa, ma noi non abbiamo il tempo di verificarlo, anche se
la quantità di bambini derelitti che chiedono l'elemosina ad ogni semaforo la
dice lunga sulla facilità di subire un borseggio camminando lungo le vie.
Arrivati a casa Yolanda sprofondiamo in un profondo sonno ristoratore.
La Penisola di Paracas
La mattina seguente, sveglia presto e colazione chez Yolanda: siamo in 12! tutti
di Bologna più noi. Dopo aver fatto conoscenza durante la colazione con tutti
(ancora un saluto a Manila, Sanzio, a Giulia e a tutti gli altri), partiamo alla
volta di Paracas (via Pisco) su autobus Cruz del Sur.
Le misere baracche che si incontrano percorrendo la Carretera Panamericana Sur
da Lima verso Pisco.
Ci spostiamo in viaggio verso la periferia di Lima e poi verso sud, destinazione
Pisco. Il primo contatto con il paese ci conferma che il Perù è davvero
primitivo, proprio il terzo mondo che ti aspetti, ma per noi l'atmosfera che si
respira è davvero molto suggestiva. Il paesaggio è particolare: tutto grigio
ed immerso nella Garua. La Panamericana Sur si snoda sul deserto costiero dove
il nostro autobus sfreccia a tutta birra. A bordo dell'autobus la visione delle
dune pietrificate ai bordi della strada insieme ai mille rumori della gente
rendono il tutto molto esotico.
La strada scorre su un territorio che sembra sconfinato. L'autobus si ferma ogni
tanto a caricare la varia umanità del luogo: bimbi, donne, operai al lavoro,
varia umanità ispanica dai tratti indios. La zona costiera desertica diviene
sempre più desolata man mano che si scende a sud. Sulla strada si trova di
tutto: vecchi e puzzolenti TIR, autobus stracolmi di gente ed altrettanto
obsoleti carichi di valigie (e non solo!) sul tetto. Visi scuri, capelli
nerissimi e occhi imperscrutabili, capire le espressioni del viso dei peruviani
è difficile.
Dopo tre ore di viaggio che scorrono veloci arriviamo a Pisco, dove scendiamo ed
attendiamo l'arrivo di Joel, la nostra guida per la Riserva di Paracas e le
Ballestas. Ma Joel è occupato e la persona che ci recupera è Jose, un
simpatico tassista/guida/tuttofare dal sorriso contagioso, che ci porta fino
all' Hostal Santa Maria a Paracas.
Qui incontriamo Joel (ci aspettavamo un omone, una specie di 'capomafia' locale,
ed invece ci troviamo di fronte ad un simpatico ragazzino sui ventanni!!), che
ci organizza subito la visita alla Riserva di Paracas. Ad accompagnarci è
ancora Jose. Appena entrati nella riserva ci fermiano a mangiare in una baia (Lagunillas)
dove gustiamo un ottimo pranzo a base di pesce (longado alla brasa più arroz e
polpo chevice, cioè marinato al lime, fantastico!!), dopo aver gustato come
aperitivo un ottimo ed alcolico Pisco Sour. Provo ad assaggiare anche la bibita
nazionale del Perù: la INCA KOLA, una specie di cedrata locale che non vi
consiglio di provare....
Il pomeriggio continua il giro del parco accompagnati da Jose: incontriamo
paesaggi desertici caratterizzati da dune modellate dal vento, scogliere a picco
sull'oceano e vasti avvallamenti sabbiosi e spiagge rosse e gialle davvero
impressionanti.
Nel nostro viaggio in mezzo alle dune sul taxi di Jose arriviamo ad ammirare la
Cattedrale, un impressionante faraglione che domina la baia (ma che purtroppo è
crollato in seguito al terremoto del 16 agosto 2007, noi siamo stati tra gli
ultimi a vederlo integro!). Visitiamo anche un piccolo museo all'interno del
parco.
La celeberrima Cattedrale della Riserva di Paracas. Purtroppo non esiste più:
è infatti crollata in seguito al devastante terremoto del 15 agosto 2007
La sera mangiamo al ristorante Chorizo antistante all'Hostal Santamaria ed il
cibo è nuovamente spettacolare: Paella con Marisco e di nuovo Longado Cheviche.
Le Islas Ballestas
Il giorno della visita alle Isole Ballestas la sveglia è alle 645, una veloce
colazione al Chorizo e ci si sposta al molo da dove, dopo una breve attesa
durante la quale abbiamo l'opportunità di fotografare i bambini locali ed i
numerosi pellicani in attesa di cibo dai pescatori, si parte per le Isole.
Prima di raggiungere le isole osserviamo il Candelabro, un petroglifo della
cultura Paracas osservabile solo dal mare: pare servisse ai naviganti Paracas
per orientarsi a mò di faro.
L'arcipelago delle Isole Ballestas si trova a circa 15 km dalla costa ed è
formato da faraglioni ed isole in mezzo all'oceano. Queste isole sono chiamate
anche le piccole Galapagos con grotte e cavità davvero spettacolari. Girando in
barcone attorno a queste isole (sulle quali è vietato approdare) si riesce a
scorgere con facilità ogni sorta di animali: delfini, pinguini di Humboldt,
leoni marini, foche e svariate specie di uccelli acquatici. La straordinaria
biodiversità delle isole è dovuta alla corrente fredda di Humboldt (una
corrente oceanica che circola nell'Oceano Pacifico a largo del Cile e del Perù
da sud verso nord). La quantità di guano incontrata è indescrivibile! si
scorgono grandi depositi (ovvero delle enormi macchie biancastre e maleodoranti)
costituiti da questo fertilizzante naturale.
L'oasi di Huacachina
Al ritorno dalla visita alle isole troviamo ancora Jose che ci accompagna fino
all'oasi di Huacachina, nostra destinazione per la serata. Da Paracas ci
spostiamo sulla Panamericana verso Ica. Poco prima della citt&aipak.s ji
fermiamo alla Bodegas El Catador una distilleria locale dove ci vengono spiegati
i principi di preparazione dei vini peruviani. Ci fermiamo pure a mangiare, ma
la qualità è scarsa. Mentre a Pisco il principale sostentamento è dato dalla
pesca, qui ad Ica è l'agricoltura a prevalere: è stupefacente come in mezzo al
deserto ci siano spazi molto verdi e ricchi di frutti. Terminato il pranzo Jose
ci porta fino ad Ica, di nuovo una cittadina grande e caotica. Qui visitiamo il
museo locale, molto interessante e pieno di reperti delle culture Paracas, Nazca
e Inca. Nella seconda parte del museo si osservano le mummie ed i celebri ed
impressionanti teschi deformati che erano un simbolo di bellezza ed erano
ottenuti fasciando il cranio dei bambini neonati con cordoni di cotone e tela e
mantenuti per anni fino ad ottenere la deformazione desiderata.
Dopo il museo facciamo un piccolo tour di Ica: dalla Plaza de Armas fino alla
chiesa di Santa Maria ed infine a Huacachina, una piccola località di
villeggiatura tra le dune sabbiose a circa 5 km ad ovest di Ica. Huacachina
possiede una piccola laguna celebre, tra i locali, per le sue qualità curative.
L'acqua putrida non è comunque molto invitante. Noi pernotteremo al Hostal
Huacachinero, dove ci fermiamo a riposarci un'oretta nella piscina dell'albergo.
Dopo aver preso un poco di sole decidiamo di scalare le dune, dove la sabbia è
fine come borotalco e si infila dappertutto.
Proviamo a salire su quella proprio dietro l'albergo ed arriviamo quasi sul
crinale dove però ci rendiamo conto che a lato dell'oasi ce n'è una molto più
bella quindi scendiamo e risaliamo sull'altro versante. Scendere è divertente,
quasi come su neve fresca. Guardiamo se per caso affittano, oltre alle tavole,
anche degli sci, ma niente da fare purtroppo! Nella salita ritroviamo Beppe e
gli altri signori di Bologna e con loro continuiamo la salita. Arrivati in cima
alla duna la vista è spettacolare: dune, dune ed ancora dune che si stagliano
all'orizzonte. Ogni tanto una folata di vento alza la nebbia creando
un'atmosfera quasi magica. L'incanto è rotto dai rombi dei dune buggies che si
arrampicano sulle dune.
La sera ottima cena in una osteria dell'oasi (dove in due mangiamo con
l'equivalente di sei euro!), la temperatura la sera scende parecchio e torniamo
in Hotel infreddoliti.
Nazca e le Linee
La mattina successiva facciamo colazione, nostro malgrado, all'aperto. La
neblina (l'umidità condensata che arriva dalla costa) avvolge ogni cosa e
mangiamo nel freddo. Il resto dela giornata lo passiamo a riposarci in attesa
del trasferimento a Nazca in autobus. L'ideale sarebbe stato spendere le ore di
attesa con un bel giro delle oasi a bordo degli areneros (i dune buggies
locali), ma lo stato interessante di Ilaria ci induce a più miti consigli.
All'hotel i signori di Bologna che il giorno prima avevano scalato l'oasi con
noi ci offrono molto gentilmente un passaggio per Nazca sulla loro navetta.
Arrivati a destinazione ci sistemiamo all'Hostal Camiluz dove incontriamo Pedro
che ci organizza il volo sulle linee per il giorno successivo.
Di Nazca non si può certo dire che sia una località bella e amena e
sicuramente non sarebbe una meta turistica se non fosse per le celeberrime
Linee.
La cittadina è situata in una landa desolata a più di 40 km dalla costa e come
detto è nota in tutto il mondo per le enigmatiche linee il cui significato a
tuttoggi non è stato ancora chiarito.
Citando quanto affermato su wikipedia scopriamo che:
Le Linee di Nazca sono dei geoglifi, linee tracciate sul terreno, del deserto
di Nazca.
Le oltre 13.000 linee vanno a formare più di 800 disegni, che includono i
profili stilizzati di animali comuni nell'area (la balena, il pappagallo, la
lucertola lunga più di 180 metri, il colibrì, il condor e l'enorme ragno lungo
circa 45 metri). Essi furono tracciati durante la fioritura della Civiltà Nazca,
tra il 300 a.C. ed il 500 d.C.
Le linee sono tracciate rimuovendo le pietre contenenti ossidi di ferro dalla
superficie del deserto, lasciando così un contrasto con il pietrisco
sottostante, più chiaro. La pianura di Nazca è ventosa, ma le rocce della
superficie assorbono abbastanza calore per far alzare l'aria proteggendo il
suolo. Così i disegni giganti sono rimasti intatti per migliaia di anni. Ai
margini della Pampa, gli archeologi hanno scoperto la città cerimoniale dei
Nazca, Cahuachi, da cui si ritiene provenissero gli artefici delle linee.
Pedro ci ha allertati che avremmo potuto volare al mattino presto, cosi facciamo
colazione molto presto. Al momento del volo però dobbiamo aspettare parecchio
per attendere che la neblina si dissolva. Ilaria non vola: ha le nausee e non se
la sente. Volo solo io ed è splendido: osservo tutte le linee.
Al pomeriggio è prevista la visita al Cementerio de Cauchilla, che si trova in
pieno deserto a circa 30 km da Nasca. Si tratta di un sito funerario dove si
possono osservare numerose tombe a cielo aperto contenenti ancora le mummie, con
tanto di crani e frammenti di ossa vari, molto lugubre!!
La necropoli è decisamente lugubre: con il senno di poi si sarebbe anche potuto
scartarla dal nostro tour
l'ambientazione è resa ancor più spettrale dall'ambiente desolato del deserto
e dalla tempesta di sabbia che ci segue per tutta la visita.
a serata la passiamo cenando a Nazca in attesa della partenza, prevista per
mezzanotte, per Arequipa
Arequipa, la Città Bianca
Il viaggio notturno in autobus è piuttosto brutto: L'autobus è claustofobico,
La strada da Nazca ad Arequipa è tutta curve e tornanti e l'autista guida come
un pazzo.
La città di Arequipa, che ha dato i natali allo scrittore Vargas Llosa, situata
in una fertile conca verde ed attorniata da tre vulcani giganti (tutti prossimi
o superiori a 6000 m), è la seconda città del Perù. Dei tre vulcani il più
notevole è il Misti dalla forma perfettamente conica. Arequipa si trova al
centro di una vasta zona desertica, ma il notevole sviluppo agricolo della valle
la rende un'isola verde nel mezzo di una landa sterile. Per la sua posizione è
un ideale punto di partenza verso le meraviglie della natura che la circondano
Situata ad un'altezza di oltre 2500 metri sul livello del mare, Arequipa gode di
un clima mite tutto l'anno ed è considerata la città più vivibile del paese.
La struttura architettonica è quella tipica delle cittadine spagnole con al
centro la Plaza de Armas. Come accennato ad Arequipa tre vulcani dominano il
cielo: il Misti, il Chachani e il Pichu Pichu. A nord di Arequipa si apre la
spettacolare valle del Colca, una valle andina pittoresca punteggiata da piccoli
paesini fondati nei periodo coloniale. Il piano originale, pre-concepimento,
prevedeva anche la gita al canyon del Colca fino al Cruz del Condor, ma
l'eccessiva altitudine che avremmo raggiunto non è compatibile con la
gravidanza.
Arrivati ad Arequipa ci rechiamo al Hostal Tambo Viejo, dove pernotteremo.
Il Tambo Viejo è un discreto hostal dove ad accoglierci troviamo un ragazzo che
non capisce un acca di quello che diciamo, ma che poi corre in continuazione.
Fatta colazione ci assegnano, molto gentilmente, subito una camera dove ci
riposiamo. Al pomeriggio visitiamo la città. Con dieci minuti di buon passo
arriviamo fino in centro a plaza de armas e ci riformiano di maglioni in
perfetto stile peruviano per proteggerci dal freddo pungente della sera.
Il giorno dopo visitiamo il Museo Santury dove è conservato "Juanita la
principessa di ghiaccio", la mummia congelata di una bambina inca
sacrificata al vulcano Ampato 550 anni fa. La visita è preceduta da un filmato
che racconta il ritrovamento della mummia e rievoca gli ultimi giorni di vita
della bambina destinata al sacrificio. Il video, anche se romanzato, è di
effetto e si affronta la successiva visita ai manufatti e alla mummia con
particolare pathos.
Terminata la visita procediamo al monastero di Santa Catalina dove partecipiamo
ad un tour guidato. Il monastero, molto grande, non è poi chissà che roba, ma
si ricorda per il rosso mattone e il blu intenso delle sue mura.
Dopo la visita ci spostiamo verso la Iglesia y Mirador de Yanahuara da dove
ammiriamo la città dall'alto. Poi, stanchi, torniamo in hotel.
Puno
La mattina dopo partiamo per Puno con autobus Imperial della Cruz del Sur,
insieme a noi viaggiano una congrua rappresentanza di cittadini italiani, anzi
sull'autobus ci sono solo italiani più qualche francese con i piedi dal tanfo
assassino. Il tragitto dura 5 ore e si sale dai 2400 metri di Arequipa ai quasi
4000 di Puno. La strada sale subito con pendenza costante. I dintorni di
Arequipa sono davvero tristi, baracche in mattoni adobe dove vive tanta povera
gente.
Superati questi slums il territorio diventa brullo: una vera terra desolata di
arbusti e pietre in un altipiano circondato da maestosi vulcani. Si sale fino a
4500 metri, il fiato è corto e Ilaria ha di nuovo la nausea. L'altipiano è
davvero meraviglioso! La strada un serpente che sale dove l'autobus arranca a
fatica. In lontananza si scorge la cordigliera andina con le cime innevate. Il
viaggio continua sull'altipiano dove incontriamo mandrie di lama ed alpaca al
pascolo.
Arriviamo infine a Puno dove alloggiamo al Totorani Inn, l'altura si fa sentire
e un buon pasto ristoratore ci aiuta a rimetterci in sesto. Dopo pranzo il gran
mal di testa non mi molla (mentre Ilaria non patisce nulla) e devo ricorrere
alle Soroche Pills le pillole contro il mal d'altura.
Dopo un poco di shopping e una visita al locale museo della coca torniamo alla
base. La sera cena con Manila, Sanzio, Giulia, Paola e Claudio.
Puno rappresenta la porta d'accesso al Lago Titicaca ed è la base per chi, dal
Perù, volesse spingersi fino in Bolivia.
Il lago Titicaca è immenso, si estende per più di 8000 km quadrati ad occupare
un'ampia fossa tettonica ad una quota di oltre 3800 metri ed è circondato dalla
ciclopica Cordigliera Real. Il lago segna il confine con la Bolivia: le rive
settentrionali ed occidentali appartengono al Perù. La campagna circostante è
ricca di rovine pre-incaiche (tra le quali le torri funerarie di Sillustani).
Qui il clima è mitigato dalle acque del lago: umida da ottobre ad aprile e
secca da maggio a settembre.
Gli Uros e le Islas Flotantes
Il giorno successivo ci attende la visita alle isole galleggianti degli Uros.
Partiamo tutti assieme dall'hotel e ci dirigiamo al porto da dove salpiamo
diretti alle isole. Il lago nei pressi della riva è tutto ricoperto di una
mucillagine verde smeraldo, davvero impressionante.
Dopo mezzora giungiamo alle isole Uros. Le isole sono formate dalle canne di
totora (il giunco acquatico tipico del lago) miste a fango, detriti e melma che
imprigionano le radici delle canne e ne impediscono la decomposizione, con lo
stesso materiale vengono prodotte le tipiche barche (le balsas), le abitazioni,
le stuoie usate come pareti, i tetti e le porte.
Sbarcati sulla prima "isola" la sensazione è strana: paglia che
dondola sotto i piedi. Ad attenderci troviamo una decina di donne e bambini con
dei vestiti coloratissimi che si stagliano contro il blu intenso del cielo e del
lago. Le testi sono rosse, arancio, verdi, blu e tutte portano delle lunghe
trecce decorate alle estremità e con in testa la caratteristica e diciamolo
pure ridicola, bombetta.
Il lago è profondo e non deve essere facile vivere qui. Le capanne sono modeste
e anche il letto sembra fatto di totora. I bambini fanno molta tenerezza e anche
un poco di pena, chiedono l'elemosina a comando degli adulti che li
"guidano" verso i turisti. Ci viene offerto anche un giro in una della
barche caratteristiche verso un'altra isola. Alla partenza le donne Uros ci
salutano intonando qualche canto compreso pure "Vamos a la Playa" che
ci dimostra una volta di più quanto queste isole siano ormai solo un fenomeno
turistico. Arrivati alla seconda isola a bordo del barcone di totora osserviamo
altre abitazioni tra cui la scuola locale.
Terminato il giro ritorniamo in hotel per il pranzo. I sentimenti sono
discordanti, grande felicità per lo spettacolare paesaggio, i colori, la luce e
per la tristezza per la 'prostituzione' a cui sono obbligati gli abitanti di
queste isole.
Le Chullpas di Sillustani
Il pomeriggio partiamo per il tour a Sillustani a circa 40 km da Puno. Ci
dirigiamo verso la penisola del lago Umayo dove si ergono le torri funerarie di
Sillustani.
La necropoli preincaica di Sillustani è caratterizzata dalle enigmatiche sagome
delle costruzioni a base quadra o tonda (note come "chullpas di Sillustani").
L'età di queste torri circolari, che raggiungono i dodici metri d'altezza non
è certa. Documenti del XVI secolo riferiscono che tali strutture erano state
"costruite di recente", anche se alcune appaiono tuttora incompiute (e
altre sono state devastate dai tombaroli) e le popolazioni che le costruirono (i
Colla, una civiltà di lingua aymara dall'architettura più complessa di quella
degli Incas) vennero conquistate dagli Inca circa un secolo prima. Secondo
alcuni le "chullpa" potrebbero essere i sepolcri per i nobili dei
Colla, che seppellivano i membri della nobiltà con tutta la famiglia. Visitiamo
le varie torri, tutte impressionanti con un contorno di paesaggio incredibile.
Le luci del tramonto ci permettono di scattare delle foto molto belle.
Cuzco, l'Ombelico del Mondo
Oggi è il giorno del trasferimento a Cusco. Purtroppo l'autobus che avremmo
dovuto prendere non è disponibile e siamo costretti a prendere un autobus San
Luis. La partenza è alle otto del mattino, ma dopo quaranta minuti di viaggio
l'autobus si ferma per una buona mezzora a Juliaca dove salgono e scendono
tantissimi locali (salgono non si capisce bene per far cosa e subito scendono).
A sistemare i bagagli nell'autobus ci pensa un ragazzino di non più di 8 anni
che poi fa il viaggio con noi chiedendo l'elemosina. Il viaggio è lungo, lento
e parecchio scomodo, ma ci consolano gli splendidi paesaggi dell'altiplano a
4300 metri.
Dopo otto ore di viaggio arriviamo a Cusco e alloggiamo all'Hostal Amaru nel
Barrio di San Blas. L'hotel di per se è carino, ma ci assegnano una camera
veramente orrenda che riusciamo a farci cambiare con una appena passabile.
Cuzco (o Cusco), (che nella lingua quechua significa "ombelico del
mondo") è una città di media grandezza (ha più di 300 mila abitanti!) si
trova a 3400 e passa metri sul livello del mare e con le sue chiese barocche, i
palazzi nobiliari e i possenti baluardi militari è la città più antica
d'America. Quando Colombo scoprì il nuovo mondo Cuzco era già la capitale
dell'Impero Inca. Secondo la leggenda il dio del Sole (Inti) ordinò al proprio
figlio prediletto (Manco Capac, il fondatore dell'impero) di trovare l'ombelico
del mondo e di fondarvi la capitale del grande impero.
Cuzco è stata dichiarata dall'Unesco patrimonio mondiale dell'umanità e da
sola vale una visita del Perù. Possiede un fascino particolare che si respira
nelle strade e nei mercati dai mille colori pieni di una umanità strana. La
quota elevata rende il cielo luminosissimo. Per gli Inca la città rappresentava
lo spazio sacro in cui si incontravano le quattro grandi regioni che
costituivano l'impero Inca che si estendeva dalla Colombia al Cile. Oggi la città
è la base ideale per visitare Machu Picchu e la Valle Sacra (Valle Sagrado).
Il giorno seguente lo dedichiamo alla visita di Cusco. Nei tre giorni interi che
abbiam passato nella città abbiamo visitato il centro storico il luogo ed in
largo. Tra le varie attrazioni vi segnaliamo il Museo di Arte Precolombiana dove
si trovano oggetti davvero splendidi ed il Museo Inca che è organizzato meno
bene e non regge il confronto con il precedente.
Poi abbiamo optato inoltre per un city tour guidato che ci ha permesso di
visitare la cattedrale di Cusco che sorge sulle rovine di un antico tempio inca
(lo sfoggio di ricchezza ostentato dalla chiesa all'interno è incredibile: una
tiara d'argento da 15 lili tempestata di diamanti, un altare di 2 tonnellate
d'argento massiccio. Davvero disgustoso se si pensa alla povertà della gente!).
Terminata la visita ci spostiamo verso Korichanka l'antico tempio del sole
abbattuto dai conquistatori per edificare, manco a dirlo, una chiesa (il
convento di Santo Domigo). Dentro il tempio osserviamo le antiche mura inca
impressionanti per i loro incastri: le singole pietre erano modellate per
ottenere degli incastri perfetti.
Visitiano anche le quattro rovine appena fuori Cusco. La prima è Saqsaywaman
una antica serie di fortificazioni a scopo religioso e militare devastato dai
conquistatori. Procedendo incontriamo rocce ciclopiche usate per realizzare mura
e porte trapezoidali. Le mura di cinta sono composte da massi pesanti anche
centinaia di tonnellate. Gli spagnoli non riuscirono a comprendere come
potessero trasportare simili colossi e attribuirono l'opera al diavolo in
persona e laddove vi riuscirono distrussero tutto.
La seconda rovina che imcontriamo è Qenq'o un tempio dove venivano sacrificati
lama. La zona è affollatissima e riusciamo a vedere ben poco. La terza rovina
è Puca Pucara che però non visitiamo. Terminiano la visita a Tambomachay dove
osserviamo delle fontane ritenute dell'eterna giovinezza (anche se l'acqua non
potabile le rendono le fontane dell'eterna caghetta e preferiamo non bere!!).
La Valle Sacra
Oggi è il giorno del tour nella valle Sacra. Partenza alle nove in uno degli
scassatissimi pulmini locali. La prima tappa è il mercato di Pisaq dove
visitiamo il mercato locale, una vera trappola per turisti. Terminata la spesa
si sale fino alle rovine di Pisaq, una serie di terrazzamenti sul fianco della
montagna dove venivano coltivati grano e mais, con il tempio del sole in cima.
È simile, ci viene detto, a Machu Picchu.
Sulla cima troviamo la fortezza che dominava la valle ed il tempio del sole (l'intihuatana)
distrutto dagli spagnoli perché ritenuto un blasfemo simbolo pagano. Anche qui
l'architettura è del tipo "imperiale" già visto a cusco: mura
incredibili con incastri perfetti tra i massi delle mura.
La valle sacra è così chiamata per l'abbondanza di carta che la rende molto
fertile e rende possibile una grande varietà di coltivazioni. L'agricoltura è
comunque molto primitiva: i campi sono arati con i buoi e la campagna pullula
letteralmente di asini, muli, maiali e porcellini d'india. In più di 50 km di
terreni arati abbiamo incontrato solo un paio di trattori. Un'altra
caratteristica (comune a tutto il Perù) sono i mattoni adobe usati per le
costruzioni. Si tratta di mattoni crudi realizzati impastando fango e paglia e
lasciati ad essiccare al sole. La strada è spesso attorniata da vecchie mura
divisorie in adobe ormai sgretolati dalla pioggia e dal sole.
Dopo aver pranzato ad Urubamba procediamo per Ollantaytambo. Anche sui si
trovano dei terrazzamenti, anche se meno impressionanti di quelli di Pisaq con
tanto di fortezza e tempio del sole in cima. I prodotti agricoli prodotti sui
venivano scambiati con quelli di Pisaq e di Chinchero. Ollantaytambo fu una
delle ultime opere inca ad essere costruita prima del loro sterminio e rimase
incompiuta. Sulla sommità del tempio sono ancora presenti i blocchi di roccia
che erano stati portati fin lì e non poterono essere sistemati nella posizione
finale prima dell'invasione. Sulla montagna di fronte alle gradinate sono ancora
visibili i granai dove era conservato il grano prodotto. Il pueblo di
Ollantaytambo ancora conserva l'antica struttura della cittadina inca.
L'ultima tappa della visita è Chinchero dove si trovano ancora dei
terrazzamenti dove era prodotta la papa (le patate), e si trova anche una chiesa
costruita sulle rovine di un tempio inca. Fa impressione osservare la precisione
delle mura inca su cui poggiano le fondamenta della chiesa e la rozzezza di
quest'ultima.
Chinchero è un pò una metafora del Perù odierno:una brutta vecchia chiesa,
rozzamente edificata su antiche mura costruite con tecniche ormai dimenticate.
Il colonialismo qui è ancora ben presente sottoforma di una arretratezza
generalizzata che impedisce di sfruttare le molteplici risorse di questa
nazione. Terminata la visita si torna a Cusco. Una nota: non abbiamo visitato i
giardini di Maras, ma la scelta di Pisaq vale la visita anche se le rovine di
Pisaq è stranamente ignorata da molte guide.
Machu Picchu
La mattina dopo partenza molto presto in treno per Aguas Calientes. Per recarci
a Machu Picchu sfruttiamo la ferrovia a scartamento ridotto (il ferrocarril) che
ci conduce il circa quattro ore fino alla cittadina di Aguas Calientes (chiamata
anche Machu Picchu Pueblo) costeggiando il fiume Urubamba per gran parte del
restante tragitto ed offrendo viste spettacolari su gole strettissime e monti
maestosi che si innalzano ben oltre la fitta coltre di nubi. Aguas Calientes è
un caotico paese dove si respira un'atmosfera di 'frontiera' con il suo
groviglio di bancarelle dove si vende di tutto: dai finti idoli inca ai
cappellini di alpaca. La ferrovia per salire all'area di Machu Picchu termina
poco dopo Aguas Calientes dove sono in attesa degli autobus per salire fino
all'area archeologica.
Dopo esserci sistemati al Gringo Bills. passiamo il pomeriggio alle terme locali
dove Ilaria può finalmente riposarsi un poco. Si torna poi in Hotel e si cena.
In queste stesse ore un terremoto devastante investe la costa del Perù nella
zona di Ica, ma in mezzo alle montagne noi sentiamo solo un lieve tremore.
La mattina dopo alle 5 del mattino prendiamo l'autobus che ci porta fino a Machu
Picchu e ci giungono le prime voci della gravità del terremoto che ha fatto
centinaia di vittime sulla costa. Arriviamo al sito intorno alle sei del mattino
ed attendiamo che l'alba "accenda" le rovine. La vista a quest'ora è
incredibile, non c'è ancora molta gente, il sole sta nascendo e piano piano i
suoi raggi illuminano le vestigia della città sacra inca meglio conservata.
È un'emozione molto forte. La guida attende paziente che lo stupore che ci ha
colto lasci il posto all'attenzione per le sue parole. Iniziamo poi la
descrizione delle varie parti di Machu Picchu. Nella piazza sacra ci sono lama
ed alpaca tenuti lì volutamente per contribuire alla pulizia del sito per
impedire che la giungla lo inghiotta.
Citando Wikipedia, ricordiamo che Machu Picchu nota universalmente come la città
perduta degli Inca, è situato in una zona montana a 2.700 metri di altitudine
nella valle dell'Urubamba in Perù.
Si suppone che la città fosse stata costruita dall'imperatore inca Pachacútec
intorno all'anno 1440 e sia rimasta abitata fino alla conquista spagnola del
1532. La posizione della città era un ben custodito segreto militare, perché i
profondi dirupi che la circondavano erano la sua migliore difesa naturale.
Difatti, una volta abbandonata, la sua ubbicazione rimase sconosciuta per ben
quattro secoli, entrando nella leggenda. Scoperte archeologiche, uniti a recenti
studi su documenti coloniali, mostrano che non si trattava di una normale città,
quanto piuttosto di una specie di residenza estiva per l'imperatore e la nobiltà
Inca. Si è calcolato che non più di 750 persone alla volta potessero risiedere
a Machu Picchu, e probabilmente durante la stagione delle piogge o quando non
c'erano nobili, il numero era ancora minore.
La città fu riscoperta il 24 luglio 1911 da Hiram Bingham, che stava esplorando
le vecchie strade inca della zona alla ricerca dell' ultima capitale Inca:
Vilcabamba Bingham compì parecchi altri viaggi ed eseguì scavi fino al 1915 e
solo più tardi si rese conto dell'importanza della sua scoperta e si convinse
che Machu Picchu era Vilcabamba. Di ritorno dalle sue ricerche scrisse parecchi
articoli e libri su Machu Picchu: il più conosciuto fu; La città perduta degli
Inca. Paradossalmente Vilcabamba non era Machu Picchu: l'ultima capitale era a
Espiritu Pampa: nascosta nella giungla, a poche centinaia di metri da dove era
arrivato lui durante le sue ricerche.
Il sito archeologico fa parte del Patrimonio dell'umanità stilato dall'Unesco.
Alla vista del Wayna Picchu ci rendiamo conto di aver fatto bene a rinunciare
alla salita: con Ilaria incinta sarebbe stata davvero dura! Inoltre non avremmo
avuto la possibilità di visitare le rovine al mattino senza l'enorme quantità
di turisti che affluisce giornalmente da Cusco e che arriva intorno alle 11 del
mattino.
Terminata la visita a Machu Picchu scendiamo a valle: ha così inizio la lunga
marcia che ci riporterà in Italia. La prima tappa è il treno che in 5 ore ci
riporta a Cusco dove arriviamo a notte fonda. Da lì il giorno dopo partiamo in
aereo per Lima dove saremo ancora ospiti di Yolanda. Dopo una notte a Lima
(durante la quale avvertiamo qualche scossa di assestamento) prendiamo il volo
che dopo sei ore ci porterà a Caracas da dove dopo una mezzora passata a
correre per prendere la coincidenza, decolliamo per Francoforte e poi Torino,
finalmente!
Anche questa vacanza è finita. La prossima la faremo in tre!
Massimo