Realtà parallele

PERU’- BOLIVIA

Diario di viaggio agosto 2006

di Ambra Turchetti

 

 

 

 

NON SI DIMENTICA

 

Quello che proprio non si dimentica di un viaggio in questi due paesi così vicini eppure così distanti è la bellezza della costa peruviana e le incontaminate sponde delle Islas Balletas con la sua incredibile varietà di uccelli e gli straordinari leoni marini, le ande del Canon del Colca, le famiglie dell’Isla Amantani sul lago Titicaca, la straordinaria La Paz con i suoi colori e i suoi mercati, lo spettacolo naturale dei salares, delle lagune colorate, dei deserti del Sud della Bolivia, il popolo sommerso di Potosì…

 

Quello che non si dimentica è la gentilezza, la simpatia, l’innata ospitalità di Jose (Posada del cacique- Arequipa), i sorrisi della famiglia “Calsin” (Isla Amantani) e gli occhi del nino del Cerro Rico (Potosì), i racconti di vita di Raul in miniera, quelli di politica di Miguel sulle scale della cattedrale di Cuzco.

 

Quello che non si dimentica è il povero Macchu Picchu…La “vecchia” città arroccata in cima a un monte in mezzo alla foresta è stanca di essere invasa da migliaia di turisti, ed è molto arrabbiata perché non ha un giorno di pace e non può godersi il silenzio, quel dono prezioso che tanto l’aveva affascinata quando ha deciso di nascere qua, perché gli autobus ormai salgono la sua montagna ogni minuto dalle 6 di ogni mattina. La sera al tramonto la vecchia, stanca, si riposa e riprende un po’ dell’antico splendore…ma solo un po’ perché i turisti che alloggiano all’hotel a pochi metri da lei non le danno pace neanche la notte. La vecchia allora si ricorda di com’era la sua vita quando per andarla a vedere ci volevano giorni di cammino, quando per andarla a trovare c’erano 8 km in salita da percorrere, e con un po’ di nostalgia ricorda la propria bellezza che ora è svanita. E noi turisti annoiati salutiamo la vecchia, delusi e amareggiati da quello che siamo riusciti a fare a tanta rara bellezza. Noi e tutte le nostre esigenze, noi e tutti i nostri soldi.

 

IL PERU, LA PATRIA, LIMA

 

29 LUGLIO: festa della Patria

Arriviamo di notte ma i nostri bagagli no…Decidiamo un po’ controvoglia di aspettarli il giorno dopo e di dedicare un giorno alla visita di Lima. Alloggiamo in un hostal nel quartiere Miraflores vicino al mare.

 

30 LUGLIO: LIMA

Sveglia di buon mattino, taxi e via in centro a Lima. Sono le 9 e non c’è nessuno per strada…Verso le 11 Lima inizia a svegliarsi e la splendida Plaza dell’Arme comincia a riempirsi di famiglie. I peruviani sono molto cortesi e chiacchierano volentieri sulle panchine al centro della piazza. Ci parlano del loro paese, fieri e consapevoli di offrire tanto a chi va a trovarli. Ci mettono in guardia però e ci dicono di fare attenzione ai bagagli. Dopo una visita alla cattedrale e alla chiesa di S. Francesco che pullulano di gente che assiste alla messa andiamo a visitare il quartiere al di là del ponte, dietro al palazzo del governo: il quartiere appare povero e decadente ma il mercato che si tiene lungo il ponte e le congregazioni religiose lo rendono colorato e piacevole da visitare…sullo sfondo solo la baraccopoli arroccata sulla montagna a ricordarti che sei in Perù. Il pomeriggio la bella Lima ci regala spettacoli di ogni genere, da cabaret a mercati, a danze indios e danze della tradizione popolare. La festa della Patria - ci spiegano- durerà una settimana. Verso sera torniamo al quartiere Miraflores per fare una passeggiata al mare….scogliera splendida e insolita questa di Lima, piena di serfisti al tramonto.

Cerchiamo un supermercato per comprare un cambio visto che i nostri bagagli non sono ancora arrivati e troviamo una piazzetta piena di gente dove si sta tenendo un mercato coloratissimo dove si vende ogni genere di oggetti di artigianato ma non mancano neanche pittori e artisti di vario genere.

Dopo cena ci rechiamo all’aeroporto e per fortuna i nostri bagagli arrivano quindi domani siamo pronti a partire per Pisco.

 

DA UN GIORNO PERSO A UN GIORNO GUADAGNATO

 

Lima è una città splendida. Pochi viaggiatori si fermano e in effetti non era una meta segnata nel nostro viaggio. Un giorno qui invece consente di ammirare questa città piena di forti contrasti naturali (il mare e la metropoli) e ambientali (le baraccopoli e le ricche abitazioni di Miraflores), consente di avere un reale scorcio di Perù e raramente una capitale riesce a essere lo specchio del suo popolo al punto di essere riconosciuta come tale da un viaggiatore in un giorno. A Lima dedico un pensiero particolare, l’inizio e la fine di questo viaggio straordinario.

 

NOTE

Hostal Olympus quartiere Miraflores- 25 dollari a notte per una doppia- buon hotel

Taxi per il centro: 3 sol

Autobus per Pisco (5 ore) con Ormeno: 20 dollari. Autobus orrendo.

 

31 LUGLIO- 1 AGOSTO: PISCO

Arriviamo nel pomeriggio dopo 5 ore di bus in questo piccolo paesino sulla costa. E’ il punto di partenza per l’escursione alla Riserva di Paracas e le Islas Balletas e si vede perché non c’è nulla di interessante da vedere e ci sono solo ristoranti e alberghi tra le due piccole piazze che caratterizzano la città.

 

PISCO E LA PELUQUERIA

Ho lasciato il phon a Roma…speriamo di potermi asciugare i capelli al sole ma il clima è rigido e quindi ho deciso di andare dal parrucchiere…la piega viene 2 dollari. Esperienza carina questa del parrucchiere perché mi consente di fare due chiacchiere con le signore peruviane che mi guardano come fossi un extra terrestre.

 

 

1 AGOSTO: ISLAS BALLETAS Y RESERVA DE PARACAS

Partiamo di buon mattino per arrivare a Paracas dove ci attende un’imbarcazione per le Islas Balletas che distano circa un’ora dalla costa. Facciamo una sosta intermedia per vedere il famoso “candelabro” la cui origine è tutt’ora ignota. Ci sono tre teorie: si dice che siano stati i pirati a disegnarlo, si dice che siano stati gli extra terresti, si dice che siano stati i burloni del luogo per copiare le più famose linee di Nazca…fattostà che questo stupefacente disegno nella sabbia rossa troneggia sulla collina e nulla lo cancella, non il vento, non la pioggia….

Arriviamo alle Islas Balletas in una giornata tersa, senza sole…l’isola è pienissima di fauna, ci sono milioni di uccelli. Facciamo la prima sosta sull’isolotto dove ci sono i pinguini, troppo belli. Poi arriviamo dai leoni marini, ce ne sono tantissimi. E’ uno spettacolo incredibile, sono ovunque, enormi. Sulla spiaggia ci sono le femmine che fanno i cuccioletti che raggiungono subito l’oceano…davvero uno spettacolo superbo. Li avevo visti solo nei documentari e vederli dal vivo è stata un’emozione fortissima. Sarà stato anche il tempo ma il paesaggio di queste isole è stato sorprendente.

Torniamo sulla costa per andare a vedere la Riserva de Paracas. Facciamo una prima sosta per vedere i fenicotteri ma sono decisamente troppo lontani e quindi non vediamo niente. Successivamente ci inoltriamo in questo deserto dal color giallo accesso a picco sul mare per dirigerci alla “Cattedrale”, struttura calcarea in mezzo all’oceano. Il posto è incantevole e si respira aria di pace, non c’è vegetazione né popolazione ovviamente, ma sono un immenso deserto.

Torniamo a Pisco intorno alle 16 e prendiamo il pullman per Arequipa alle 17.30. Sono 10 ore di Autobus.

 

NOTE

Pisco: Cena da DON MANUEL (molto buono, porzioni abbondanti) e El Dorado

Pisco: Hostal Belen- ottimo

Tour alle islas Balletas e alla Reserva de Paracas con Zarcillo Connections

 

 

2 AGOSTO: AREQUIPA

Arriviamo ad Arequipa  prestissimo e ci facciamo portare alla Posada del Cacique, a due passi dal centro. Ci apre un buon uomo, Jose, cordiale e disponibilissimo fin da subito. Ci prepara la stanza e ci mette a disposizione la sua cucina per farci un the caldo. Fa molto freddo di prima mattina. Gli chiediamo subito informazioni per il Canon del Colca, ci sembra una persona affidabile. Ci dice che vale la pena fare l’escursione di due giorni perché in un giorno solo sono troppe ore di viaggio, con il rischio di non vedere il condor. In più si passa a più di 4000 mt di altitudine. Optiamo quindi per fare l’escursione di due giorni che ci costa 30 dollari compreso il pernottamento e il pranzo. Il giorno lo dedichiamo quindi alla visita di Arequipa che è una cittadina molto carina e piena di gente. Una piccola Lima. Visitiamo anche l’immenso monastero di Santa Caterina dove tutto è rimasto a qualche decennio fa. E’ sorprendente pensare che fino a qualche anno fa ci vivevano delle suore. La sera mangiamo in un buon ristorante a pochi passi dall’hotel dove possiamo ascoltare anche un gruppo di cantori locali.

 

3  AGOSTO: CANON DEL COLCA

Partiamo prestissimo (alle 5.00) per il Canon del Colca. Ci fermiamo per una rapida sosta alla periferia di Arequipa dove ho il mio primo contatto con le foglie di coca…Me ne offrono un sacchetto, dicono che contro l’altitudine siano miracolose ma io ringrazio e non accetto. Mi dico che se l’anno scorso sono stata bene e facevo trekking a 5000 mt quest’anno per due giorni in alta quota non morirò di certo. Mi ricorderò ben presto che avere certezze su questo argomento è pura utopia.

Cominciamo a salire e a immergerci in paesaggi straordinari che un po’ mi ricordano il Laddak. Ci fermiamo in uno dei pochissimi ristori della zona (è incredibile e allo stesso tempo sorprendente di come, nonostante l’afflusso turistico, qui tutto è ancora autentico) e non resistiamo alla tentazione di comprare due maglioni dalle signore che li hanno fatti a mano. Sono bellissimi e costano meno di 5 dollari. Ripartiamo e dopo diverse soste per ammirare un panorama straordinario e dopo il passo a 4300 mt dove ovviamente sono finita a gambe in aria (stavo malissimo…ancora una volta l’altitudine mi aveva giocato un brutto scherzo) arriviamo a Chivay, paesino sperduto in mezzo a queste altissime montagne. Su una di questa troneggia imponente una croce disegnata sul pendio, come spessissimo succede in sud america. Il paesino è davvero piccolo, una piazza, un mercato, una chiesa. La gente è cordiale e genuina. Facciamo una passeggiata in un paesino vicino e ritorniamo per cena. La sera il freddo è pungente, la nostra camera d’albergo è carina ma freddissima. Così dopo un mate di coca (di cui mi servirò da qui in avanti molto spesso…è davvero un ottimo rimedio contro il freddo, l’altitudine e l’ansia;))ce ne andiamo a letto sperando che arrivi presto la mattina e con essa il sole.

 

4 AGOSTO: CANON DEL COLCA Y EL CONDOR

Partiamo alle 5.30, fa troppo freddo. Dopo 4 ore di viaggio arriviamo al punto in cui si possono avvistare i condor. Ci sono tantissimi turisti ma lo spettacolo è comunque eccezionale. In questo canon che fa paura (3200 mt di profondità) passano mille condor. Ci passano vicinissimo e sono davvero belli. Sono uccelli enormi, con un’apertura alare che arriva anche a 2 metri. La cosa strana è che non li infastidisce la gente e che ce ne sono moltissimi intorno alla croce detta appunto “croce del condor”. Anche qui c’è un mercatino artigianale, pieno di cose bellissime e coloratissime. Anche qui lasciamo qualche dollaro…

Ripartiamo per Arequipa dove arriviamo di sera. Jose ci ha preparato una stanza matrimoniale calda calda e troppo bella. La sera la passiamo con gli ospiti di questo piccolo hotel. Siamo tutti di nazionalità diversa ma ci capiamo approcciando un improbabile spagnolo. Si ride, si beve e si sta in compagnia fino a notte fonda, fino a quando il freddo non ci chiama nelle nostre stanze.

Questo è il lato che amo di più del viaggiare da soli. La possibilità di conoscere tantissima gente, di condividere un pezzo di viaggio con qualcuno che non rivedrai più e a cui non devi nulla. La bellezza di vivere un momento, un’ emozione, con qualcuno tanto vicino in quel momento quanto lontano poche ore dopo.

Salutiamo Arequipa e Jose con la speranza di rivederci presto. E a voi che leggete questo racconto dico che se avete voglia di conoscere un pezzo di Perù autentico attraverso gli occhi di un uomo di altri tempi, peruviano doc andate a trovare Jose, non vi pentirete.

 

NOTE

Cena da Ary Quepay (molto buono, porzioni abbondanti e musica folkloristica di accompagno)

Hostal: Posada del Cacique (consigliatissimo)

 

5 AGOSTO: PUNO

Jose ci ha prenotato il viaggio per Puno la mattina alle 6.00 con un pullman della compagnia “Julsa”. Ottimo servizio davvero. Sul pullman conosciamo due ragazzi di Reggio Emilia, Enrico e Francesca e con loro decidiamo di provare ad affittare un’imbarcazione per andare alle isole del lago Titicaca. Non ci sono infatti lancia che partono di pomeriggio e non possiamo perdere un giorno a Puno. Arriviamo alla stazione degli autobus, compriamo il biglietto per La Paz per il 7 agosto e poi andiamo al porto a cercare un’imbarcazione. La troviamo e l’affittiamo per 25 dollari a testa per tutti e due i giorni. Ci facciamo portare all’ISLA AMANTANI (4 ore da Puno). Traversiamo questo lago di cui non si vede la fine con un bellissimo sole a farci compagnia. Arriviamo all’isola alle 16 e ci accolgono due capo famiglia. Gli abitanti di quest’isola infatti hanno creato una cooperativa percui se una persona vuole pernottare nell’isola lo deve fare come ospite di una famiglia a cui si pagheranno 13 dollari per la pensione completa. La camera che ci ha preparato la nostra famiglia è spartana ma confortevole. Ovviamente non ci sono i riscaldamenti, possiamo solo immaginare quanto sentiremo freddo. Facciamo una passeggiata per quest’isola e non incontriamo neanche un turista. La sera mangiamo in cucina con la famiglia e l’esperienza è davvero grandiosa. La signora cucina con i frutti della terra e con poche cose comprate a Puno su un fornettino a legna con le solite pentole di generazioni e generazioni. Non hanno acqua corrente e lavano senza sapone, alla buona i piatti in cui mangiamo. Decidiamo di dimenticarci per un giorno dei nostri comfort e dei nostri pregiudizi e mangiamo di gusto la cena che la signora ci ha preparato con grande cura. Parliamo della vita sull’isola, della famiglia, dei figli. Ci dice che sull’isola c’è una scuola dove ai bambini viene insegnato il quechua e lo spagnolo. Il capofamiglia va a Puno poche volte all’anno per vendere i prodotti artigianali fatti dalla moglie e per comprare le scorte di riso, patate e frutta. Ha quattro figli, il più grande sta a Lima e gli altri lo aiutano al lavoro nei campi. Lavoro pesantissimo penso a queste altitudini e in pendenza. Dopo cena ci vestono con gli abiti locali e ci portano in un salone dove hanno allestito per noi una piccola festicciola con danze e canti popolari. Il problema è che per noi saltare e ballare a queste altitudini è davvero complesso e invece loro non si stancano mai!!!

Andiamo a letto prestissimo perché fa freddissimo…anche questa volta aspettiamo con ansia il sole del mattino.

 

6 AGOSTO: ISLA TAQUILE Y UROS

Alle 6.00 siamo in piedi, fa troppo freddo. Ovviamente non c’è acqua corrente e quindi neanche acqua calda perciò ci tuffiamo in cucina in attesa di una caldissima colazione.

La colazione in effetti è caldissima ma anche pesantissima…la signora infatti ci ha preparato tantissime frittelle di mais che sono molto buone ma anche molto pesanti…Ce le ricorderemo per l’intera giornata.

Partiamo con la nostra imbarcazione per l’isla Taquile e dopo 500 scalini arriviamo nel cuore di quest’isola molto più “moderna” della precedente ( nel senso che c’è una piazzetta, due ristoranti e pochissimi hotel) e davvero molto carina. C’è il mercato locale e notiamo con stupore che sono gli uomini a cucire l’artigianato locale. Le donne filano la lana e vendono la merce.

I vestiti locali sono diversi da quelli indossati dagli abitanti dell’isla Amantani, a dimostrare che ogni isola ha la sua identità, il suo popolo e le sue tradizioni.

Ripartiamo poco prima di pranzo con direzione “UROS”. Si dice che siano davvero troppo turistiche ma decidiamo comunque di fermarci chiedendo al nostro comandante di fermarsi in un’isoletta poco turistica.

Queste isole sono proprie belle ed è assolutamente stupefacente come sono state create. Ogni famiglia ha un’isola che galleggia davvero. Questo popolo che ha origini in Puno ha scoperto che tramite l’utilizzo di una particolare pianta (tipo canna di bambù) era possibile creare un’impalcatura galleggiante. Il pavimento va ricoperto di uno strato di queste canne una volta ogni 15 giorni, le case sono fatte dello stesso materiale, le barche anche. Vivono di pesca e di artigianato locale, hanno una chiesa…insomma tutto come in una città solo che invece delle strade ci sta il lago. Incredibile pensare di poter vivere qui. Incredibile davvero. Pensate che alcune case, hanno anche la TV!!!

Riprendiamo la nostra strada verso Puno dove ci fermiamo all’Hotel Europa. Una doccia calda e una bella dormita è quello che ci vuole. La sera facciamo una rapida passeggiata per Puno che non ha nulla di interessante.

 

NOTE

Puno: Hostal Europa (molto buono- doccia con acqua calda)

 

7 AGOSTO: direzione BOLIVIA- LA PAZ

Partiamo alle 7.00 da Puno, ci fermiamo per il pranzo a Copacabana e arriviamo a La Paz alle 16.00. Dall’alto La Paz sembra una città enorme, senza fine. Ci spiegano che è disposta su due livelli: ai piani alti si dispongono belle ville dei ricchi della città e in basso a 800 mt di dislivello ci sono le baraccopoli abitate purtroppo dalla stragrande maggioranza degli abitanti di La Paz. Lasciamo i nostri bagagli all’hotel,ci facciamo una doccia e facciamo un giro per le vie del centro di questa città. La capitale appare subito come un fermento di luci, colori, persone, mercati di ogni genere. Andiamo a cena al Tambo proprio in centro dietro al nostro hotel. La cena è deliziosa.

All’agenzia proprio sotto l’hotel prenotiamo il bus per Uyuni che parte alle 18.30 del giorno seguente. Abbiamo perciò tutta la giornata per visitare La Paz.

 

8 AGOSTO: SPLENDIDA LA PAZ

E sì…ci è piaciuta moltissimo La Paz. Non appare come la solita capitale sudamericana con l’enorme piazza centrale e il centro disposto tutto intorno. Appare invece come un insieme di vicoli e stradine in un incrocio di sali e scendi con in  mezzo splendide piazze piene di gente. I mercati colorano ogni vicolo, i negozi di artigianato sono ovunque. In Calle Linares ci sono i migliori negozi di artigianato e di strumenti musicali rigorosamente fatti a mano. C’è anche il bizzarro mercato dell’hechecheria (stregoneria) dove si vendono talismani, filtri d’amore, statuette della buena suerte e ogni genere di stranezza. C’è poi il mercato negro che è il principale mercato locale, e infine non mancano i mercati alimentari dove i banchetti della frutta campeggiano sovrani dando una pennellata di colore.

Nel pomeriggio andiamo a visitare il mercato della Coca (molto interessante per vedere con occhio diverso che cosa significa per questo popolo la piantagione della foglia di coca).

Alle 18.30 andiamo alla stazione per prendere il bus per Uyuni che partirà due ore dopo.

 

NOTE

Hostal Maya (molto buono e centralissimo)

Ristoranti: Tambo Colonial e Angelo Colonial (ottimi entrambi; il secondo è anche molto bello in perfetto stile anni 50- una vera chicca)

 

9 AGOSTO: UYUNI

Il viaggio da La Paz a Uyuni è stato un trauma. Faceva freddissimo. Arriviamo a Uyuni alle 7.00 della mattina e lo scenario è spettrale. Città in mezzo al deserto completamente vuota. E’ tutto chiuso e per le strade non c’è anima viva. Non abbiamo un hotel prenotato (errore enorme) e quindi cominciamo a bussare a tutte le porte degli ostelli segnalati dalla lonely planet ma non c’è una stanza libera. Ci dicono di ripassare alle 10.00 ma è troppo freddo e non c’è nulla di aperto, neanche un bar.

Proviamo all’hotel Palace nella piazza centrale. Non c’è posto ma il proprietario è gentilissimo e ci fa stare lì a riscaldarci vicino a una miracolosa stufa nell’attesa che si liberi una stanza. Alle 8.00 andiamo a fare colazione e quando torniamo la nostra stanza è pronta e calda. Ci facciamo una doccia bollente e poi di corsa all’agenzia Esmeralda per prenotare il tour per il circuito dei salaraes. Partiamo domani mattina, con altri 4 ragazzi (2 francesi, un americano e un italiano).

E’ uscito il sole e ora si sta un po’ meglio, ci mettiamo a riposare sulle panchine della piazza centrale e dopo un’oretta vedo sbucare i miei genitori!!!

La sera ceniamo con loro e con il gruppo con cui viaggiano, ci danno qualche dritta per Potosì dove andremo dopo i salares e ci salutiamo.

 

NOTE

Hotel Palace (molto buon)

Tour ai salares con l’agenzia “Esmeralda” (spartano ma ben organizzato- cucina a bordo per il pranzo, alloggi spartani ma puliti)

 

 

10- 13  AGOSTO:  CIRCUITO SUD OCCIDENTALE

La premessa è che in questi tre giorni ho visto i paesaggi, i luoghi più belli della mia vita.

Il viaggio è lungo e faticoso, la notte fa freddissimo e non ci sono strutture di nessun tipo lungo le traversate. Ma i paesaggi, la laguna colorada, l’immenso salar de uyuni, i fenicotteri e geyser ripagano la fatica e il freddo ampiamente. E’ sicuramente un’esperienza da fare se si vuole vedere un pezzo di Bolivia incontaminato.

 

1 GIORNO:

 

 

COLCHANI: paesino a ridosso del Salar de Uyuni dove sono tutti impiegati nell’estrazione e nella lavorazione del sale. Il sale viene scaldato in forni artigianali ad hoc e passato in una macchina per setacciarlo e ionizzarlo. Poi viene impacchettato e chiuso al fuoco. Viene utilizzato dalla popolazione locale e di Uyuni e esportato a Potosì che è il mercato principale.

SALAR DE UYUNI: semplicemente strepitoso questo lago salato a 3800 mt di altitudine che appare come un’immensa distesa bianca di cui non si vede la fine. Tutto intorno immense vette e vulcani. Lo scenario è da lasciare senza fiato. Il sole sul sale rende la vista difficile. Ci fermiamo all’hotel di sale, una volta in esercizio e ora dismesso e aperto solo per i turisti. Tutto è costruito in sale, dai tavoli alle sedie, ai muri, ai letti. Dentro è semplicemente freddissimo.

La seconda tappa nel salares è all’Isla de Pescado. Quest’isoletta di terra popolata da immensi cactus al centro del salares appare come un’oasi nel deserto. La visitiamo tutta e questi cactus sono davvero giganti. Nelle foto io sono davvero molto piccola.

Finiamo la traversata del salares e ci dirigiamo verso San Juan dove passeremo la notte. Questo paesino in mezzo al deserto è molto carino; ovviamente non manca il campo da calcio, il campo di basket e la chiesa. Facciamo una visita alle vicine catacombe da cui si gode una vista straordinaria e un giro per il paesino, assistiamo a una partita di pallone tra ragazzini e Paolo ovviamente gli fa vedere qualche tiro da “Campione del mondo”…

 

SAN JUAN E IL PALLONE

Mi sento di scrivere un pensiero dedicato al calcio. Ci ha accompagnato per tutto il viaggio in entrambi i paesi che abbiamo visitato l’immagine del pallone. Ovunque siamo andati, dal paesino sperduto del deserto boliviano alle strade della periferia di Lima non è mai mancato il campo da calcio, arroccato alla meglio. Due porte e un pallone sono il mondo di tantissimi ragazzi e bambini che hanno poco altro con cui divertirsi. Magari non sanno nulla del loro paese o del mondo ma sicuramente conoscono i campioni del mondo, dove gioca Ronaldo e dove Veron….Se vuoi far sorridere un bambino o conoscere la popolazione locale il pallone è l’argomento nazionale. Le televisioni, dove presenti, trasmettono a ripetizione partite, le trasmissioni più seguite sono quelle calcistiche. Insomma un vero e proprio filo che lega tutte le popolazioni del sudamerica, un filo unico che è il calcio.

 

2 GIORNO:

 

 

Partiamo di buon mattino e attraversiamo ancora un altro salares. Attraversiamo anche la ferrovia che segna il confine con il Cile in un paesaggio fuori dal tempo. Oggi è il giorno delle lagune. Ci fermiamo prima ad ammirare un vulcano ancora attivo poi sostiamo ai piedi di  una laguna ghiacciata circondata da magnifiche montagne in uno scenario mozzafiato. La laguna fa da specchio a queste montagne e quello che ne viene fuori è un paesaggio da sogno. Seconda tappa alla laguna EDIONDA. Senza parole. Migliaia di fenicotteri di due specie: quelli rossi detti cileni e quelli bianchi con la coda nera detti andini. Uno spettacolo incredibile dato da questi animali splendidi. Ho scattato centinaia di foto. Sono stata completamente rapita da questi animali, dai loro colori, dalla loro bellezza dai loro semplici ed eleganti movimenti.

Mangiamo in questo posto splendido e poi ci dirigiamo attraverso il magnifico deserto dai 7 colori all’arbor de piedra. Si tratta di una formazione rocciosa in mezzo al deserto dalle forme più strane. In luogo prende il  nome da una di esse che assomiglia ad un immenso albero. Ripartiamo ma la nostra jeep non ne vuole sapere. Spero, prego che riparta e che il nostro autista sappia il fatto suo in termini di meccanica perché qui intorno non c’è nulla, solo deserto, ed è già sera, sta per calare il sole e neanche voglio immaginare il freddo che da qui a poche ore farà.

Dopo 10 lunghissimi minuti la jeep riparte e ci dirigiamo verso il luego della Viscaccia: animaletto molto grazioso che assomiglia a un coniglietto. La prossima e ultima tappa è la laguna colorada.

Mi addormento lungo il tragitto e quando apro gli occhi mi trovo davanti a un lago rosso fuoco reso ancora più evidente dal bianco intorno. Ci fermiamo proprio a ridosso della laguna perché il nostro alloggio si trova proprio lì.

Lasciamo i bagagli e andiamo a fare una passeggiata intorno a questo lago. Dalle diverse angolazioni il colore del lago passa dall’arancione al rosso sangue. Il contrasto con il blu e con il bianco rende il paesaggio davvero suggestivo. Il lago è anche popolato da fenicotteri. Questo luogo resta nel mio cuore come il tripudio alla pace e alla serenità, un luogo dove tutto è in perfetta armonia e noi ospiti decisamente fuori luogo. Fuori è freddissimo ma l’acqua è incredibilmente calda. La laguna assume questa colorazione rossa per via dei metalli depositati sul fondo. Il lago è profondo appena 80 cm.

Cala il sole, torniamo nell’alloggio, mangiamo e alle 20 siamo già sotto 3 coperte e il sacco a pelo. Il freddo è pungente e la mattina arriva presto.

 

3 GIORNO:

 

 

Siamo tutti in piedi alle 5.00 pronti a partire e sperando che il sole arrivi presto a scaldarci.

La prima tappa sono i Geyser. Praticamente siamo finiti nell’inferno dantesco. Passeggiamo attraverso questi vulcani a cielo aperto in una cornice da favola. La prossima tappa è la laguna verde. Non so che altro dire, qui ogni paesaggio ha la sua particolarità (in questo caso è il verde smeraldo del lago a colpirci) ma appare ai miei occhi un  posto straordinario. La pace e la bellezza incontaminata di questi luoghi è qualcosa presente in ogni angolo.

L’ultimo luogo dove ci fermiamo prima di raggiungere il paesino di Villa Mar sulla via del ritorno verso Uyuni è l’agua termales si può fare il bagno. Così a 4200 mt mentre io batto i denti dal freddo, Paolo è in mutande immerso in una pozza d’acqua!

La sera arriviamo a Villa Mar. La temperatura è più dolce e possiamo anche fare una doccia calda.

E’ l’ultima sera di questo splendido viaggio sulle incontaminate terre boliviane e ci viene a trovare un gruppo di ragazzi delle scuole elementari che ci cantano gli stornelli nazionali. La musica qui è il ritmo che scandisce ogni nota della giornata. La musica qui ha un ritmo incalzante e allegro.

Dopo il piccolo concerto ci dedichiamo alle carte e al vino. E’ l’ultima sera che passiamo con questi 4 ragazzi e vogliamo che duri abbastanza per ricordarcene.

 

4 GIORNO

 

 

Torniamo ad Uyuni facendo tre tappe: una al deserto delle rocce (splendido), la seconda al paesino di San Cristobal (niente di particolare) e l’ultima al deserto dei treni (da saltare).

Nel primo pomeriggio siamo ad Uyuni. Andiamo a prenotare il bus per Potosì che parte la mattina seguente e poi dritti in camera a sistemare i bagagli, a fare una doccia calda e a riposarci un po’ perché domani ci aspetta un’altra avventura.

 


14 AGOSTO: POTOSI’

Partiamo per Potosì alla mattina. La strada è da panico, non è asfaltata e non c’è nulla lungo il tragitto, neanche un bagno. Sono 7 ore infinite per me complice anche l’altitudine che si fa sentire pressante (siamo a 4200 mt). Arriviamo nel primo pomeriggio, troviamo posto a Hostal Maria Victoria, casa coloniale di vecchia data con camere davvero accoglienti.

Lasciamo i bagagli , prenotiamo con l’agenzia dell’hotel l’escurzione in miniera per il giorno seguente e il bus per La Paz per la notte seguente e poi via a fare un giro per Potosì. E’ una città incantevole Potosì, “faticosa” come La Paz per tutti i Sali e scendi che la caratterizzano. Ha una piazza centrale in pendenza, molto bella e come sempre molto vivace dove campeggia una strana statua con una chitarra. Le vie principali del centro sono piene di negozi di ogni genere e super affollatissimi. Ci fermiamo per uno spuntino in un bel baretto stile anni 50 e proseguiamo il giro per queste scoscese viuzze. Ceniamo a EL FOGON (davvero molto buono) e poi andiamo a letto.

 

NOTE

Hostal Maria Victoria (cornice splendida per un hostal pulito e accogliente)

Ristoranti: El fogon  e Caffè restaurant Pitocchi (ottimi entrambi, nel secondo, più caratteristico fanno anche musica locale) e Cofiteria Capricorno per uno spuntino veloce

 

 

15 AGOSTO: REALTA’ PARALLELE

 

E’ il 15 agosto e qui non è festa. Partiamo alle 7.00 alla volta del Cerro Rico. Io non sono molto convinta di volere entrare in una miniera anche perché mi hanno detto che la permanenza dentro può durare anche un paio d’ore ma voglio comunque provare. La nostra guida appare da subito un buon uomo con tutto l’intento di farci sentire per un giorno minatori e ci porta prima al mercato per comprare micce e coca per i minatori poi ci porta a vestirci per entrare in miniera ed infine dritti al Cerro Rico.

Ci spiega che per minatori sono fondamentali le foglie di coca e che le mine sono costruite artigianalmente. Ci spiega che qui un minatore è un piccolo ingegnere, non ci sono tecniche sofisticate infatti per trovare “la vena” ma solo l’esperienza tramandata di generazione in generazione.

Arrivati al Cerro Rico saliamo la montagna nel vero senso della parola, come fanno i minatori. Su questa montagna c’è di tutto, è un’immensa pattumiera…non ci metto molto a rendermi conto di essere finita all’inferno. Arriviamo di fronte alla miniera che stiamo per visitare. La guida ci tiene però a spiegarci che i minatori sono organizzati in tre livelli gerarchici: il capo (spesso socio), l’assistente e l’aiutante. Il lavoro è di minimo 8 ore al giorno ma certo non ci sono i sindacati qui e siccome la cooperativa del Cerro Rico è privata questo significa che i minatori soci mangiano se riescono ad estrarre qualcosa altrimenti non hanno certo il pane assicurato quindi il lavoro può prolungarsi anche nei week end e nelle ore notturne.

Un minatore fortunato e socio porta a casa al mese anche 200-300 dollari, l’aiutante non arriva a 50 dollari. La vita che si conduce lì dentro ora ce la farà vedere la nostra guida ma prima ci tiene a dirci che la Bolivia e i suoi minatori sono ridotti così perché sono stati sfruttati fino a quando non c’era più nulla da sfruttare dall’occidente, dall’Europa.

Entriamo e io ho già deciso di uscire. Non ci si può credere ma lì sotto è l’inferno. La guida ci tiene comunque che io mi fermi con loro a visitare la divinità del minatore, lo “TIO”, lo chiamano. Il diavolo lo chiamo io. La guida ci spiega che i minatori ogni venerdì si ubriacano fino a perdere i sensi con l’alcol puro per fare onore allo tio, per tenerselo buono insomma, visto che ogni giorno lavorano sul suo territorio, l’inferno appunto.

La guida mi riaccompagna fuori ricordandomi che ai livelli più bassi della miniera (4 o 5 : 100/150 mt sotto terra) lavorano circa 500 bambini (considerate che io pensavo di morire soffocata al 1 livello) e che le temperature possono variare da sotto lo zero a sopra i 50 gradi. L’inferno appunto.

Esco contenta come non mai di rivedere la luce del sole, con gli occhi gonfi di lacrime, colpita che al mondo qualcuno possa ancora lavorare in queste condizioni. 26.000 persone per la precisione qui al Cerro Rico. Aspetto fuori dalla miniera per più di un’ora e incontro minatori più piccoli di me ma già uomini. Fieri, non si lamentano mai. Entrano in miniera a testa bassa come se andassero a lavorare in un luogo normale ma questo luogo di normale non ha niente. Mi accorgo che sono circondata di casette, baracche insomma. Mi si avvicina un bambino che non dimenticherò mai che vende i minerali qui sul Cerro Rico. Mi racconta che il suo papà lavora in miniera e che la sua famiglia abita a Potosì ma che si sta trasferendo in campagna. Lui adesso non frequenta la scuola perché deve trasferirsi. Il suo papa abita in una di queste baracche e torna a casa nel week end. Alcuni dei minerali che trova li da al figlio che li vende in miniera. Il bimbo mangia se qualcuno compra questi souvenir. Mi dice che lui ama il calcio e che non vuole fare il minatore. Mi parla della religione come un uomo maturo, mi dice che è cattolico ma non crede nei preti, ma prega tanto. Io resto ad ascoltarlo dimenticandomi che ha solo 10 anni. Gli compro tutti i souvenir e aspetto Paolo che esce dopo due ore. Appare sconvolto, lui che non si impressiona mai. Dice che sono scesi di un bel po’ e poi sono risaliti, dice che hanno visto una mina saltare e mi dice che ho fatto bene ad uscire perché mi sarebbe preso sicuramente il panico.

Torniamo a Potosì senza dire una parola, sicuri che non dimenticheremo mai il volto del bambino-uomo fuori dalla miniera e gli occhi dei minatori che abbiamo incontrato.

Tanto sono sconvolta che dimentico la macchinetta fotografica nel pulmino. Per fortuna che il nostro autista è onesto e me la riporta.

Prendiamo i bagagli, ci cambiamo, vado a farmi i capelli in una peluqueria vicino all’hotel dove conosciamo un sacco di gente cordialissima come già era successo a Pisco e poi prendiamo un panino prima di saltare sul bus per La Paz.

 

16 AGOSTO:  LA PAZ

Arriviamo a La Paz alle 5 della mattina. E’ ancora buio e ho paura. Prendiamo un taxi che ci porta all’hostal maya dove abbiamo una punta con il ragazzo italiano del tour dei salares.

Ci facciamo una dormitina di un paio d’ore poi via in giro per La Paz a fare gli ultimi acquisti. Il bus per Cuzco è la mattina seguente. Questo è il nostro giorno di shopping. E così tra un mercato e un altro, tra una contrattazione e l’altra arriva l’ora della cena che facciamo in uno splendido ristorante proprio vicino al museo della Coca.

 

17 AGOSTO: CUZCO = PERU’?...

Partiamo di buon mattino e arriviamo a Cuzco alle 19.00. Qui abbiamo una punta con i ragazzi di Reggio Emilia con cui abbiamo fatto l’escursione sul lago Titicaca. Cuzco appare splendida di notte, tanto splendida che sembra quasi finta.

Abbiamo giusto il tempo di parlottare un po’ con le signore che vendono i loro splendidi manufatti proprio sotto il nostro hotel prima di andare a cena. La serata finisce in uno dei tanti disco-pub della città affollati da turisti per lo più americani. E sì perché Cuzco ci appare subito molto americanizzata, nei prezzi, nei negozi, nello stile. Di Perù questo luogo ha ben poco. Almeno del Perù autentico che abbiamo avuto modo di conoscere nella prima parte del nostro viaggio. Molto poco entusiasta andiamo a letto, pensando con molta amarezza che non ci resta che goderci la mondanità di questi luoghi dimenticando per un paio di giorni di essere in Perù.

 

19 AGOSTO: CUZCO- alla ricerca del Perù

Ci alziamo la mattina presto, visitiamo la città e le chiese della piazza, i vicoletti del centro e ogni angolo della piazza centrale, capolavoro di epoca coloniale. Ci informiamo per andare il giorno seguente al Macchu Picchu presso una delle agenzie di viaggio che ha ovviamente come core business la gita alla famosissima cittadella Inca.

Ci passa quasi la voglia di fare quest’ultima escursione perché il consumismo che c’è intorno a questo “business” è scandaloso. Mai nei miei viaggi ho incontrato situazioni del genere. Mi è capitato in India di pagare 25 euro per il Taj Mahal, altrettanto per Chiciniza in Messico ma mai mi è capitato di trovarmi costretta a prendere un treno turistico con prezzo minimo di 65 dollari per raggiungere il paesello alle pendici del monumento in questione, di pagare 10 euro per percorrere gli 8 km che dividono il paesello dal monumento e altri 35 dollari per la visita!!!

Comunque paghiamo i nostri 100 dollari per questa escursione con partenza ore 6.00 del giorno seguente abbastanza disgustati ma con la speranza che ne valga comunque la pena.

Il pomeriggio lo passiamo sulle colline che circondano Cuzco a  bordo di un cavallo, lontano dal turismo di Cuzco nella speranza di ritrovare il nostro Perù ma purtroppo siamo ben lontani dalla pace e dai paesaggi mozzafiato del Canon del Colca o del lago Titicaca o della Riserva di Paracas.

 

20 AGOSTO: MACCHU PICCHU

Partiamo alle 6.00 e prendiamo un taxi per andare a Ollatitambo dove dopo una ricca colazione andiamo a prendere il treno (unico mezzo per giungere ad Agua Caliente) e arriviamo ad Agua Caliente attraversando un paesaggio mozzafiato seguendo in pratica il percorso del famoso inca trail.

Arrivati ad Agua Caliente ci rendiamo conto di quanto tutto qui è finto e costruito per il turista ricco, dall’artigianato, ai ristoranti, agli hotel.

Prendiamo il bus per andare al Macchu Picchu ed entriamo alla cittadella. Sarebbe anche un luogo magico e per certi versi lo è….splendida la posizione e lo stato di conservazione della città perduta ed è facilissimo lasciarsi trasportare dall’immaginazione alla vita che si snodava tra le vie impervie della città. Purtroppo l’affollamento di un turismo sfacciato e irriverente rovinano tutto e lo rovinano davvero. Andiamo via alle 17 e arriviamo delusi, sì nel complesso delusi, a Cuzco alle 21.00. Andiamo a dormire perché siamo distrutti e ci sono le valigie da preparare che domani inizia il nostro viaggio di ritorno a casa passando da dove tutto è cominciato: Lima.

 

21 AGOSTO: Ancora Lima

Il nostro aereo per Lima parte con 3 ore di ritardo e arriviamo a Lima per pranzo. Lasciamo il nostro bagaglio all’aeroporto e ci dirigiamo verso il centro della città saltando da un bus a un altro con una spensieratezza propria di chi non c’ha più un soldo nelle tasche…Ci godiamo ancora una volta il centro di questa magnifica città e con la tristezza nel cuore, come sempre, ad ogni ritorno, andiamo di nuovo all’aeroporto pronti, si fa per dire per tornare in Italia.

   

“SE IL SOLE MUORE”

 

In questa parte di mondo ho imparato quanto è importante il sole. Cosa alquanto scontata a casa nostra, utile ad abbronzarsi e a poco altro. Qui invece il sole è vita: il sole riscalda, il sole segna l’inizio e la fine della giornata. Il sole fa da padrone d’estate e soprattutto d’inverno, il sole risorsa e disgrazia di questo popolo.

E così se il sole muore, il freddo diventa insopportabile, il giorno non arriva mai, il tempo non esiste.

   

 

Ambra

ambrina79@hotmail.com 

 

 

 

 

 

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