Nasi
di scimmia tra Romagna e Borneo
Racconto
di viaggio
La
loro sfortuna più grande, forse, è di essere meno famose degli oranghi, meno
belle, e più indipendenti. Ma le nasiche, le incredibili grandi scimmie
proboscidate, sono tra le creature più insolite che si possano incontrare nella
foresta del Borneo, e anche tra le più rare purtroppo. Trenta anni fa questi
straordinari e unici primati potevano mostrare il loro buffo naso, simile a una
grossa patata rossa lunga e schiacciata, e il loro curioso pancione rigonfio in
stile barilotto senza troppa paura. Nel Sarawak ne vivevano quasi 7000, ma oggi
purtroppo ne sono rimasti meno di mille. Un po’ di più se ne trovano nel
Sabah, ma la popolazione totale del Borneo, l’unica zona del mondo in cui
riescono a sopravvivere, non supera forse le 5000 unità. Ne vidi alcune durante
il mio periodo nel Borneo, ma solo in una piccola area del Sarawak. Nel Sabah
invece, l’altro stato malese che occupa la fascia nord del Borneo, lungo il
fiume Kinabatangan, si recò anni fa colei che è diventata un baluardo mondiale
nella lotta per la sopravvivenza dei questi unici primati.
Se
i gorilla avevano Dian Fossey, e gli scimpanzé e gli oranghi hanno ancora Jane
Goodall e Birute’ Galdikas
(i tre “angeli” del paleontologo Louis Leakey, che
le destinò ciascuna
a una scimmia),
anche le dimenticate nasiche hanno da qualche anno la loro piccola eroina:
Kristina Medici. E’ un’etologa, vive e lavora poco lontano da Rimini, a
Bologna, e il sito web che ha creato (www.proboscismonkey.org) è diventato il punto di riferimento globale per chi vuole fare
qualcosa per le nasiche. Oggi facciamo due chiacchiere con lei, che da bambina
voleva fare la zoologa, “ma non sapeva cosa volesse dire”. Poi tanti viaggi
in oriente, fino all’incontro con quella specie così “splendidamente
orrida”: le proboscis monkeys,
appunto. Ma sentiamo da lei com’è andata.
Come
mai questa passione per le nasiche? Come sei entrata in contatto con loro la
prima volta?
Durante
il mio primo viaggio in Borneo sono rimasta affascinata da questi incredibili
primati. Di ritorno in Italia mi sono subito informata prendendo contatti con il
centro primatologico di Roma e anche controllando in rete chi si occupasse della
loro salvaguardia, in Italia o all’estero. Incredibilmente questi animali semi
sconosciuti non facevano parte di programmi di ricerca o di protezione. Sono
subito partita con il mio progetto per la raccolta di firme di solidarietà
direttamente da un sito internet. Da allora i contatti si sono accresciuti e il
sito è diventato il principale punto di contatto per scienziati, addetti ai
lavori e simpatizzanti.
Il
tuo sito in effetti gode di vasta popolarità e anche Google (pagina
internazionale) lo piazza al primo posto. Che obiettivi ti sei posta e come
precede il lavoro?
Stiamo
progettando un restyling del sito e abbiamo in mente un’iniziativa per
“viralizzarlo” oltre i motori di ricerca. Il nostro principale obiettivo è
di utilizzare il web per dare notorietà a questo animale, quindi nel 2009
seguiranno iniziative anche su Facebook e altri social network. Vorremmo
raccogliere fondi sufficienti per fare guadagnare spazio alle nasiche anche
sugli altri media. Solo così si potrà innescare quell’interesse da parte
delle aziende o di investitori privati senza il quale non sarebbe possibile
realizzare azioni significative in Borneo.
Tu
hai contatti a Kota Kinabalu (la capitale dello stato malese del Sabah), come
collaborate?
Con
il gruppo di KK per ora collaboriamo a livello di ecoturismo, con la completa
disponibilità a fornire informazioni sui costi per l’eventuale creazione di
una riserva privata. Ci auguriamo che questo presidio in loco possa essere
ampliato, sempre grazie a fondi e possibilmente investitori illuminati.
C’è
la possibilità di investire nella salvaguardia delle nasiche in modo serio?
Cosa si potrebbe fare in concreto dall’Europa
In
Europa questo animale non è conosciuto, di conseguenza viene ignorato e
abbandonato tristemente al suo destino di oblio. La risposta è nel marketing e
nella capacità di coinvolgere i media. Sono convinta che la proboscis
monkey possa rappresentare in qualsiasi momento uno splendido testimonial
per un prodotto di generale consumo, per esempio fazzolettini di carta. Sarebbe
un modo simpatico per farle conoscere veramente su larga scala, e magari
destinare una quota delle vendite a iniziative in loco. Ai bambini piacerebbe
moltissimo. Arrivano spesso al sito letterine di bambini statunitensi e
australiani che adorano le scimmie e vorrebbero aiutarle. Anche creare riserve
private da destinare all’ecoturismo o “affittare a distanza” pezzi di
giungla per sottrarli alla deforestazione non è impossibile. Occorre trovare
formule creative che premino tutti: le nasiche e il loro habitat, le aziende
coinvolte, che ne ricaverebbero un beneficio di marketing, e l’economia
locale.
Mi dicevi che invece che ci sono
resort e centri salvataggio fasulli lungo il fiume Kinabatangan. Da chi sono
gestiti?
Al
momento attuale non esistono veri territori protetti lungo il Kinabatangan, uno
degli ultimi luoghi dove possono vivere le nasiche. Ricordiamo infatti che
questi animali non sopravvivono negli zoo, in particolare occidentali. Come mai?
Il loro delicatissimo sistema digestivo consente loro di nutrirsi solo di semi e
foglie presenti nel Borneo. Molti esemplari rinchiusi si sono comunque lasciati
morire d’inedia. C’è poi il centro per la protezione di Labuk Bay, ma in
realtà è un resort gestito da cinesi che mostrano a turisti curiosi sparute
nasiche ormai allo stato semi selvaggio. Un rapporto troppo ravvicinato con
l’uomo si rivela deleterio per l’animale, che impara accattonaggio e
dipendenza.
Ma i turisti sono davvero
interessati? Io inizio a essere scettico. Quando mi trovavo nel parco nazionale
a Bako, della trentina di persone che in quel momento stavano visitando l’area
protetta, appena una decina hanno atteso il tramonto con me tra le mangrovie sul
mare per vedere scendere le nasiche dalla collina, ed era lo spettacolo più
straordinario di quel posto. Gli altri avevano paura che il cibo alla mensa
finisse (sigh!)...
Una
delle ragioni per cui i turisti non hanno atteso per un incontro ravvicinato con
questo insolito primate potrebbe essere appunto che non avevano ben presente di
che animale si trattasse. Come ho sempre sostenuto, ci sono animali presentati e
resi noti dai media, da marketing e pubblicità, come i delfini, le balene, gli
squali che ben pochi rinuncerebbero a vedere avendone l’opportunità. E grazie
a questo si sono creati un margine in più di attenzionalità sul loro destino.
Le proboscis se scompariranno verranno rimpiante solo dai pochi che conoscono la
loro esistenza. Se ne andranno per sempre in un assordante silenzio. Perché
questo non accada, occorre giocare la carta della popolarità, l’unica che
veramente possa funzionare.
Poi ci sono le solite minacce che
arrivano dallo sviluppo. Mi pare che ci siano delle proteste in corso contro la
costruzione di una centrale a carbone a Sandakan con tanto di sito web. Tutto il
mondo è paese insomma. Io ho viaggiato più che altro nel Sarawak, ma la
situazione non è molto diversa, e di nasiche ne restano pochissime anche lì.
Del Borneo indonesiano (il Kalimantan) sai qualcosa?
Non
sono molto al corrente della situazione in Kalimantan, certo sapevo che
l’Indonesia si trovava in condizioni economiche molto sfavorevoli, e le
nasiche continuano, credo, a essere cacciate per essere mangiate dalle
popolazioni locali. A questo proposito ho ricevuto l’anno scorso una e.mail
che segnalava che anche in Sabah la popolazione non musulmana cacciava le
scimmie per mangiarle. Per mancanza di fondi non ho potuto sviluppare un
progetto in loco per sensibilizzare la popolazione locale sconsigliando il
consumo di carne di nasica. Pensavo di far stampare cartelli da posizionare in
vari punti, dalle zone di mangrovie ai villaggi. I fondi servono anche per
questo.
Grazie Kristina, e
speriamo di aver accresciuto almeno un po’ la popolarità di queste che sono
certamente le più curiose tra le grandi scimmie.
Pubblicato il 17 dicembre 2008 su La Voce di Romagna in prima pagina