IL MIO MAROCCO

di Anna ( e Diego)

 

Il Marocco è un grande libro,un romanzo attraversato dalle burrasche del fantastico.Il suo mistero è scritto nelle vecchie pietre, dietro le dune del deserto e nello sguardo delle donne. E' un'emozione che s'imprime, forte e sottile, sul tessuto della memoria. La modalità essenziale, fondamentale caratteristica per definire il volto del Marocco, non può essere che la luce: voce del tempo, deriva delle stagioni, enigma delle pietre. La terra del Marocco non è mai muta, sa attendere  e sa anche danzare. Il sole la denuda lentamente, mentre gli effimeri gesti delle nostre mani scivolano nella notte. Non è proprio granchè vero che il caldo del suo sole annichilisce la curiosità di scoprirla. La terra, la sua terra, è forse l'infanzia e la luna piena che s'incantano di turbolenze. L'idea originaria della terra abbandona l'argilla per riconoscersi meglio nella sabbia, e la sabbia è il sud, patria e sorgente di quella luce, di quella profonda luce che disegna il volto di questo paese. Affacciandosi dalle vallate, sotto le cime dell'alto Atlante verso sud, si ha una percezione panoramica del profondo sud Marocchino. Dicono che nelle terse giornate invernali le ombre delle vette si protendano in quella direzione, coprendo le ripidi pendici di rocce spaccate dal gelo e dal sole, sui pendii terrazzati che portano i segni della costante fatica dell'uomo e giù giù fino alle lontane distese steppose e desertiche dove la polvere d'ocra cancella l'orizzonte e si sfuma nel cielo che già preannuncia l'imbrunire. Viaggiando, abbacinati di luce, si ha la netta sensazione che solo il Marocco abbia qui come delle grandi mani che affondano in questi suoli assetati, per trarne frammenti di stelle, aria calda che sa di miele e gracidare assordante di innumerevoli cicale, mentre uomini senza terra camminano ricurvi sotto grandi pesi e, forse, una volta fermi, alzano le braccia per invocare la pioggia. Ebbra di sole la luce del Marocco ferisce gli occhi, riflessa dalle nude pietraie del sud e dai muri rossi. Tutti ridono e forse danzano e i volti dei bimbi spolverano di sale le nostre ferite, eppure ho l'impressione che gli uomini qui, in queste regioni del sud, non sappiano cantare e che sognino di morire durante la preghiera. I giorni cadono come gocce sospese tra la terra e un ramo secco. Bisognerebbe viaggiare sempre con più calma per leggere sulle pietre e sui volti della gente; prendere il tempo necessario per ascoltare il rumore del vento, le chiacchiere degli uomini seduti fuori dai caffè intorno ad un sacro bicchiere di tè, sapersi fermare per lasciare che le emozioni si imprimano con i loro colori forti e sottili sul tessuto vivo della memoria.........

Ciò che dà a questo Paese una grazia particolare, toni e timbri mai visti prima, è la luce: la qualità della luce è semplicemente eccezionale. Passando di villaggio in villaggio, di valle in valle, di Kasbah in Kasbah, senti che, a volte, la storia può ferire se stessa, all'insaputa dei corpi e lo fà anche con duro orgoglio. Questa stessa storia si legge nelle pietre, nei muri arrossati dal sole, negli agglomerati vecchi di secoli ma soprattutto nel temperamento della gente. Qui tutto è un romanzo inesauribile dove si affollano e si sovrappongono poemi e racconti, dove qualsiasi aspetto di razionalità non è che apparenza illusoria. E' come se la mia mente girasse a vuoto, girasse su se stessa fino a stancarsi e ad abbandonare la pretesa di comprendere e di spiegare ogni cosa. E poi l'ho già pensato, lasciando, dolorante, la Maison Arabe: il tempo è caduto nei resti di una clessidra. Non si è fermato, ma è annegato un pò ovunque, e non solo fra i legni profumati di una Casa leggendaria nel cuore di Marrakech. Qui si racconta l'eternità. Qui è il tempo che prende tempo e si fa carico di rimettere le cose al posto giusto. La terra del Marocco ribolle sopra un fuoco eternamente acceso. E' davvero una terra di passione e non di semplici contrasti, dove la parola è facile come la risata e il contatto. Il tempo non scorre in Marocco, ma evapora, e dobbiamo catturarlo per viverlo. Anche se, come Youssef ( il leggendario Tuareg ventiduenne con cui abbiamo trascorso una notte luccicante di stelle con il deserto ad un metro a parlare profondamente della vita e del suo valore ), ci sono uomini che pur non avendo doti particolari nel racconto, sanno narrare con così grande, elegante leggerezza da farti capire che il Marocco plasma uomini rari, quasi fatti di pisè come le sue mille case rosse, uomini dolci che toccano le corde delle emozioni e ti fanno scoprire ciò che appariva invisibile. Sono uomini dagli sguardi in viaggio, alla ricerca di eventi senza tempo, di sguardi di Sovrani irraggiungibili o di uomini semplici. Ecco perchè il Marocco non è una pura, semplice magia ma uno stato dell'anima.

 

Alla terra rossa di Marrakech, e alle montagne dell'Atlante che riflettono, ovunque, un cielo rosso.

A questa grande Oasi, porta del deserto e dell'Africa nera.

 

ANNA.

annaediego@libero.it 

 

 

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