MADAGASCAR- IL RITORNO

Diario di viaggio 2006

di Diego e Annalisa Lucianetti

 

 

Ho sempre avuto un’attrazione particolare per questa magnifica terra e tale attrazione è aumentata dopo il viaggio effettuato nell’isola rossa nel novembre del 2003 ma in questi anni seppur più volte avevo pensato di tornare, credo che tale ipotesi non l’ho mai presa realmente in considerazione, fino a quando questa primavera, quando con Annalisa generalmente iniziamo a pianificare il viaggio futuro, sapete si pensa sempre a destinazioni nuove nella fattispecie pensavamo alla Cambogia, al Myanmar, all’Uganda…,  sono incappato nella lettura della RECE di Simona.

Mi ha talmente emozionato e folgorato che la sera stessa che ho finito di leggerla ho detto ad Anna che sarei voluto tornare nell’isola rossa.

A dir la verità Annalisa era un po’ scettica… ma poi, anche lei dopo la lettura ha appoggiato la mia ipotesi.

Per un po’ di tempo non ne abbiamo parlato poi al momento di decidere entrambi abbiamo detto: Madagascar.

Devo dire che ero emozionato, incuriosito e impaurito dal tornare e dall’ incontrare di nuovo Mahery ( maheryt@yahoo.fr ), sapete avevo talmente un bel ricordo del precedente viaggio che dentro di me saliva la paura che il bel ricordo mutasse in qualcosa d’altro, che il paese fosse cambiato così come Mahery, anche se tutte le notizie che avevo mi avrebbero dovuto mantenere tranquillo, ma ora posso dire di essere pienamente soddisfatto dal viaggio che ha suscitato in me ancora una volta bellissime emozioni e che Mahery è ancora quel ragazzo gentile, dal cuore d’oro, profondo conoscitore della sua terra che ho conosciuto tre anni fa.

Chissà che non sia neanche l’ultima volta che ci incontriamo!

Insomma contattiamo Mahery via mail, anche dalla sua risposta traspare una certa emozione nell’idea di rivederci, tant’è che una coppia di Genova che è stata con lui prima di noi mi ha detto che non ha fatto altro che parlare del nostro ritorno.

Pianifichiamo una bozza di giro, che fino alla partenza modificheremo 30 volte,  poi una volta a Tanà, a quattr’occhi con Mahery che si rende disponibile per fare il giro che avevamo in mente, anche se ci potrebbero essere dei problemi se incontreremo acqua durante il viaggio, decidiamo di che dobbiamo fare quello che avevamo in mente dall’inizio, cioè scendere con il 4x4 sulla costa ovest.

Risultato di tale decisione è che Mahery non rientrerà a casa per 40 giorni circa, infatti dopo di noi si incontrerà a Tulear con un’altra coppia di Italiani senza ritornare nella capitale.

Poverino aveva pensato di trascorrere alcuni giorni in compagnia di sua moglie Malala e della bellissima figlia Estelle, invece ….

Torniamo ai preparativi, quest’anno il giro sarà più spartano e dovremo fare anche alcune notti in tenda durante la discesa del fiume Tsiribihina, quindi abbiamo un bagaglio molto pesante che ci impedirà di portare alcune cose, soprattutto vestiario da dare in qualche villaggio.

Il volo Air France è tranquillissimo, nella mia mente frullano i ricordi del vecchio viaggio e penso spesso all’imminente incontro con Mahery.

Eccoci, dopo 10 ore e mezzo di volo, di nuovo ad Ivato, l’aeroporto internazionale di Tanà, sempre uguale estremamente essenziale, per espletare i riti soliti riti doganali per avere il visto, che per la cronaca costa solo 12 euro, la metà di quanto speso nel 2003.

Ritiriamo i bagagli, stavolta tutto è in ordine, arriviamo nella hall, ci facciamo largo tra i tanti tassisti e autisti dei vari hotel che agitano i loro cartelli con scritto il nome dei turisti, fino a quando il mio sguardo non si imbatte su un paffuto malgascio in tuta da ginnastica che mi sorride con il suo solito sorriso sdentato.

E’ Mahery e mi sembra leggermente più in carne di come lo avevamo lasciato.

Baci e abbracci e scopro subito che parla la nostra lingua perfettamente! BRAVO.

E’ quasi l’una di notte e siamo abbastanza stanchi.

Saliamo in macchina diretti all’hotel Sakamanga, un tragitto di una ventina di km, ho l’impressione che Mahery si aspettasse che noi parlassimo in continuazione, lo vedevo con la coda dell’occhio che cercava sempre il nostro sguardo ma un po’ la stanchezza, un po’ l’emozione, un po’ che non siamo dei gran chiacchieroni, forse lo deludiamo, ma non c’è problema avremo molto, moltissimo tempo per dialogare.

I primi momenti a Tanà ci presentano una città dove si possono vedere solo barboni che con i loro piccoli fagotti e qualche cartone cercano dimora e ragazze all’opera nel mestiere più antico del mondo.

Abbastanza avvilente.

 

Dormiamo profondamente fin verso le 8, poi avremo una giornata abbastanza tranquilla, Mahery ieri sera ci ha detto che saremo stati ospiti a casa sua per cena perché Malala ci voleva assolutamente incontrare e visto che durante il giorno era impegnata nel matrimonio di un cugino, vuole vederci a casa sua per cena.

Abbiamo quindi tutta la giornata da trascorrere nella capitale.

Mahery, non ha perso le sue buone abitudini, arriva al Sakamanga, che è rimasto il buon hotel centrale e pulito di tre anni fa con altre camere nuove,  puntualissimo e si siede al nostro tavolo per la colazione e per definire il giro.

Vi ho già detto come è andata, l’ipotesi di andare a Diego Suarez viene scartata per dedicarci alla costa Ovest.

Siamo già in strada per cambiare i nostri euro in moneta locale, ariary, un euro vale circa 2650 ariari, per cui ci ritroviamo subito con il solito malloppo di denaro che non sappiamo bene dove tenere. In mano abbiamo la bella somma di 1.800.000 ariary.

Ci facciamo in auto un piccolo giro della città toccando i posti di maggior interesse: l’Avenue dell’Indipendence, la zona della scalinata Ortona, la stazione, a prima vista mi sembra proprio che la situazione in tre anni sia migliorata, la città è più pulita, molti fabbricati sono stati sistemati e ho la netta impressione che il traffico sia notevolmente aumentato il che significa che c’è più gente che può permettersi un’auto, magari scassata, usata ma sempre un’auto, inoltre non si vede in giro o almeno non sono  proprio lampanti i segni tipici di povertà di un paese del terzo mondo ma è anche vero che siamo nella capitale.

Una cosa solo chiedo a Mahery, il perché la ferrovia non funzioni, in fin dei conti la stazione è li e fa bella mostra di se, la ferrovia sembra avere tutto in ordine, ma di  treni neanche l’ombra, mi risponde che ci sono dei cavilli burocratici cioè la struttura che è  stata costruita dai francesi anche se mai  utilizzata, ora è privata,  è stata venduta ad una compagnia Sud Africana, ma i Francesi stessi non danno il permesso per l’utilizzo. Bah, Mistero!

Iniziamo a percorrere la strada che ci porta ad Ambohimanga, una delle 12 colline su cui è stata edificata Tanà, (le colline hanno dei nomi talmente strani che per noi europei somigliano a scioglilingua, la più strana si chiama Ambohimanarina ma questa che andremo a visitare è la più famosa perché c’è il palazzo della regina, il Rova.

Il “palazzo”, si fa per dire, si tratta di una grande capanna di palissandro nero abbastanza disadorna,  non è che sia proprio uno spettacolo, insomma neanche paragonabile ai grandi palazzi delle dinastie europee, però il contesto circostante, le belle colline verdi tutte lavorate a terrazzamenti per le risaie, il colore della terra rossa, il bel cielo terzo, i molti alberi sacri, i  ficus e la fortezza esterna che circonda il palazzo fanno sì che l’escursione fatta sia più che gradevole.

La guida che ingaggiamo è una simpatica ragazza, che parla qualche parola di italiano, tesse le lodi del posto ed esalta tutti quelli che sono considerati i luoghi sacri del palazzo, tra l’altro ci fa notare che  alcuni punti della fortezza vengono ancora utilizzati dalle popolazioni delle campagne per effettuare sacrifici di animali, come possiamo tra l’altro ben vedere grazie alla terra ancora impregnata di sangue di qualche zebù sacrificato.

La visita è rapida e ben presto siamo di nuovo nel caos del centro cittadino di Tanà, Mahery deve andare a prendere moglie e figlia al matrimonio quindi ci lascia all’inizio della scalinata che scende fino alla via principale della città.

Passeggiamo liberamente per il centro addentrandoci nel mercato principale di Tanà, una volta era lo Zoma ed era il mercato più grande al mondo, (http://www.bnx.it/fotomalgasce/slides/1Tanà%20mercato.html) (http://www.flickr.com/photos/59316951@N00/416540204/)

(http://www.flickr.com/photos/59316951@N00/416540263/)

(http://www.bnx.it/fotomalgasce/slides/2Bollicine.html)           

 ora, per problemi igienici e di sicurezza è stato chiuso, ne rimane solo una piccola parte, ma si può ugualmente intuire cosa poteva essere in passato, un intricato dedalo di viuzze dove ad ogni incrocio si crea un ingorgo, dove la gente vende cibo o qualsiasi altro materiale, dove si mangia, ci si taglia i capelli, si cucina, si baratta, si sta a non far nulla, magari solo a passar tempo e dove l’aria che si respira è pregna di gradevoli profumi e nauseabondi olezzi.

Riusciamo anche a perderci tanto che per tornare in Hotel dobbiamo prendere un taxi!

Mahery puntualissimo si presenta alle sette ed è accompagnato dalle sue donne, Malala e Estelle, la moglie è rimasta come tre anni fa invece la bellissima Estelle è cresciuta molto. (http://www.bnx.it/fotomalgasce/slides/File0015.html)

A Malala, quando ci vede, scappa anche un gridolino di sorpresa, poi ci dirà, nel suo ancora difficoltoso Italiano che non avrebbe mai  pensato di rivederci di nuovo.

Mahery è vestito a  festa con tanto di camicia bianca, pantalone nero e giacca…. sembra quasi un figurino.

Hanno cambiato casa, la zona in cui vivevano prima era pericolosa e Mahery ci ha detto che molte volte quando tornava tardi dall’aeroporto non si fidava di arrivare fino a casa in auto e rimaneva quindi a dormire in macchina, ora si trovano in una zona molto più tranquilla e comoda in quanto si sono notevolmente avvicinati all’aeroporto.

Distribuiamo dei piccoli regalini a tutti, per Mahery la maglia dell’Italia campione del mondo, pregandolo di metterla in posti dove ci sono molti turisti francesi! Della serie “Bastardi dentro!”

Lui la apprezza così tanto che la indossa e non la toglie nemmeno per la cena.

La cena è ottima, l’ha preparata Malala in mattinata prima di partire per il matrimonio, mangiamo del riso con dei gamberetti, delle buone bistecche di zebù con dei fagioli e come dessert abbiamo anche dello yogurt Tiko! GENTILISSIMI.

Ci facciamo una bella chiacchierata poi quando ormai sono le 22 ci facciamo riportare in hotel. Domani dobbiamo partire per iniziare il giro vero e proprio! All’avventura come avrà ripetuto Malala 50 volte!

 

L’indomani ci vengono a prendere tutti tre, Malala e Estelle sono vestite a festa, è domenica e si recheranno a messa, Mahery invece è già in tenuta da battaglia.

Mahery accompagna le sue donne nei pressi di una chiesa, grandi saluti tra noi e grandissimi saluti tra i componenti della famiglia, saranno di nuovo uniti tra 40 giorni! 

Prima di uscire dalla città  Mahery ci porta in un punto panoramico dove possiamo godere di una vista del lago Anosy, che più che ad un lago somiglia ad una grande pozza abbastanza inquinata, circondato da bellissimi alberi di Jacaranda dai fiori viola. (http://www.flickr.com/photos/59316951@N00/315133395/in/set-72157594407908754/ ). 

In pochi minuti siamo già fuori da Tanà non dopo aver superato la lavanderia più grande della capitale,( http://www.bnx.it/fotomalgasce/slides/5Lavanderia.html), è una vera e propria lavanderia, qui viene portato il bucato e le donne che stazionano nella zona lavano i panni per pochi aryary.

Nei primi km di strada superiamo un grande palazzo bianco, immenso, quasi contrasta con tutto il minimalismo che ci circonda, Mahery ci spiega che è il palazzo di governo dell’ex dittatore, Rastiraka, ora rifugiato in Francia dal suo amico Chirac :0)… ma come è strano il mondo!, un comunista filo Coreano e filo cubano ospitato a casa di Chirac MISTERI! Il palazzo effettivamente somiglia a quelle strutture orrende prive di fascino che si possono vedere a Mosca, tipo la casa bianca moscovita.

Mahery si dice per nulla dispiaciuto della dipartita, seppur avvenuta in circostanze non proprio tranquille, dell’ex dittatore e dice che il nuovo presidente Ravanolamanana secondo lui è un buon presidente e ha fatto molte cose per la popolazione, scuole, strade migliorando così il livello della vita,  si dice inoltre sicuro che nelle prossime elezioni, che si svolgeranno a dicembre, vincerà di nuovo.

Comunque mi sembra anche di aver capito che l’attuale presidente, non abbia concorrenti  all’altezza della sua potenza finanziaria, è il titolare di alcune industrie, tra cui la Tiko che è  pressoché monopolista nel campo alimentare.

In poche parole, oltre ai suoi  fedeli, nei giorni del viaggio non abbiamo visto nessuno fare campagna elettorale per altri candidati! anche se Mahery mi ha assicurato che ce ne sono!.

Siamo di nuovo sulla RN7, come tre anni fa, in direzione Anstirabe, e come tre anni fa il nostro stato d’animo è tranquillo e felice, di nuovo iniziamo ad attraversare la zona degli altopiani.

La strada è asfaltata, l’unica che percorreremo in tutto il viaggio si protende sinuosa tra queste bellissime vallate regalandoci sempre degli scorci panoramici bellissimi e affascinanti.

Superiamo km e km di colline lavorate a terrazzamenti ordinati, dove si coltiva il riso, quest’anno però il colore delle stesse non è il verde intenso che dovrebbe contraddistinguerle, ma sono aride e di color rossastro lo stesso della terra,  dovremo già essere nella stagione delle piogge o almeno avere le avvisaglie, ma da molti mesi a questa parte di acqua neanche l’ombra (http://www.bnx.it/fotomalgasce/slides/9Risaie.html).

Attraversiamo alcuni fiumi, neanche a dire di che colore (http://www.flickr.com/photos/59316951@N00/315133858/in/set-72157594407908754/), dove la popolazione locale si adopera nelle mansioni più disparate, i bambini giocano, le mamme generalmente sono intente a fare il bucato, altri ci si lavano o lavano attrezzi o animali, ho visto anche lavare dei camion (http://www.flickr.com/photos/59316951@N00/315133536/in/set-72157594407908754/), inoltre generalmente nei pressi dei fiumi si incontrano sempre mandrie di zebù al pascolo.

Superiamo diversi paesini per lo più ognuno con una propria peculiarità, c’è quello famoso per la rafia, un altro per la vendita delle fragole, un altro per la produzione di marmellate o quello famoso per i modellini in miniatura di biciclette, auto, camion e taxi brousse, in alcuni ci fermiamo per comprare provviste che poi ci torneranno utili nei giorni in cui saremo in piroga, altri li attraversiamo lentamente, sempre accompagnati dalle urla dei bambini quando vedono dei bianchi: VAHAZA-VAHAZA!!!

Le case sono sempre quelle caratteristiche di questa zona, mura di terra rossa con finestre prive di qualsiasi protezione i cui contorni sono spesso sfumati di grigio per via del fuoco che si accende all’interno per riscaldare e per cucinare, almeno nei paesi più distanti dalla strada principale non c’è gas e luce e il tetto generalmente è fatto di paglia (http://www.flickr.com/photos/59316951@N00/315133775/in/set-72157594407908754/ )  

Insomma arriviamo ad Anstirabe dopo quattro ore che non ci siamo neanche accorti.

Pranziamo in un ristorante, Mahery per ogni città ne ha uno suo preferito e ci porta in questo dove la specialità è il pollo al Ginger. Ottimo, tra l’altro ad intrattenere i commensali c’era anche un gruppo musicale che suona musica tradizionale.   

Usciamo e ci dirigiamo al mercato, ad Anstirabe ancora l’aria è respirabile, non fa un gran caldo ma siamo a 1200 mt circa dal livello del mare e la giornata è limpidissima ma Mahery ci prepara e ci dice cha la prossima tappa Miandrivazo sarà caldissima!

Il mercato è il classico mercato di queste parti, un grande spiazzo dove la gente cerca di vendere quello che la terra offre, noi compriamo dei pomodori, cipolle in quantità industriale, aglio, peperoni, alcuni mango, ananas, del riso in grande quantità, pasta spaghetti e maccheroni, acqua, pane, delle ciambelline dolci per la colazione, caffè, acqua…tutto quello che pensiamo ci possa servire per i prossimi tre giorni.

Ci rimettiamo di nuovo in strada, da subito iniziamo dolcemente a scendere, contemporaneamente il calore che arriva da fuori inizia a farsi sentire, anche il paesaggio cambia, le colline diventano sempre più aride e prive di vegetazione fin quando non usciamo definitivamente dagli altopiani e vediamo all’orizzonte la città di Miandrivazo e il fiume Tsiribihina.

Ragazzi è un caldo folle, ci saranno almeno 35/38 gradi ed un’umidità pazzesca che di certo non agevola le cose, ad ogni piccolissimo movimento si gronda di sudore.

Bravo Mahery che per trascorrere la notte ci dice che è meglio star fuori dal centro e andare su un hotel situato su una piccola collinetta.

Non è che la cosa migliori gran che, anche qui il caldo è allucinante.

La cena è buona. Prendo una bistecca di zebù annaffiata con la birra Three Horses che rimane fresca per qualche decimo di minuto, Annalisa mi segue, Mahery si pappa da solo un grande pesce di fiume il cui nome è Tilapia. Io vivo ad Ancona, proprio sul mare, non sono un grande estimatore di pesci di acqua dolce ma devo dire che questo Tilapia non è proprio malaccio.

La notte dormirò pochissimo, tra il caldo, si suda anche da fermi, metteteci inoltre il materasso in gommapiuma che non tiene proprio freschino e le zanzare, che nonostante la zanzariera che abbiamo sul letto, gli zampironi e le varie creme, vogliono divertirsi con me! Insomma NOTTATACCIA.

 

Conosciamo la nostra guida, si chiama Neste e il pirogatore Jean, entrambi hanno fatto la discesa del fiume lo scorso anno con Simona alias Stella2.

Dopo una veloce colazione andiamo presso il comune di Miandrivazo per espletare delle formalità, infatti i nostri nomi e quelli dei pirogatori devono essere registrati in un quaderno.

Il comune, definire quel posto un comune, almeno come lo possiamo intendere noi è cosa davvero ardua,  infatti in quella stanza non c’è neanche l’ombra di un apparecchio elettronico, tutte le attività si svolgono con carta e penna, con una calma estrema, per noi impensabile. Qui l’attrezzo più evoluto è una macchina da scrivere, meccanica, senza il coperchio e mancante di alcuni tasti….immagino di essere piombato ai primi anni del ‘900! Comunque tutto, seppur lentamente, procede e procede bene tanto che riceviamo l’ok per andare alla stazione di polizia!

Qui non è presente neanche la macchina da scrivere, tutto viene registrato a mano su di un’enorme e sgualcito quadernone a righe! GRANDIOSO, il mondo va avanti anche senza le apparecchiature elettroniche che ormai hanno invaso la nostra civiltà.

La giornata è bella e dopo aver comperato un cappello di rafia per Anna siamo sulla scalinata ad osservare la nostra imbarcazione(http://www.bnx.it/fotomalgasce/slides/File0014.html)

Si tratta di grande tronco di albero completamente scavato dove sono poggiate delle assi di legno che faranno da seduta, mi chiedo come tale imbarcazione possa stare a galla non rovesciarsi.

Anche se sono solo le otto di mattina è già caldo e l’emozione per questa nuova avventura inizia a salire.

Carichiamo i bagagli, salutiamo Mahery dandoci appuntamento tra tre giorni e siamo già lungo il fiume.

Nesta sta davanti a me Annalisa dietro e infondo a pagaiare con maestria c’è Jean.

Pensavo fosse più scomodo, invece col fatto che riusciamo ad appoggiare la schiena ai bagagli non si stà così male, in più, almeno per il primo tratto di fiume è più il tempo che trascorriamo ammollo che quello all’interno dell’imbarcazione infatti ogni dieci metri ci areniamo, il fiume ancora è in secca! E siamo costretti a camminare a piedi nudi sul fondo melmoso del fiume.

Incontriamo molta gente lungo il fiume, donne che tornano al villaggio con le loro cesta sulla testa cariche di alimenti (http://www.bnx.it/fotomalgasce/slides/15sul%20Tsiribihina.html) oppure gente che trasporta le materiale di ogni tipo, anche una moto da cross sopra una piroga.

La discesa per ora è molto tranquilla, l’ambiente circostante pianeggiante e arido, è abbastanza monotono se non fosse per la quantità innumerevole di uccelli che si possono avvistare, martin-pescatori, aironi, pappagalli e qualche camaleonte (http://www.flickr.com/photos/59316951@N00/315134091/in/set-72157594407908754/)  nonché per dei fiori viola, probabilmente giacinti, che decorano le rive di questo placido fiume.

Ogni tanto iniziamo anche ad avvistare ai lati del fiume anche dei grandi banchi di sabbia bianchissima, sono i depositi che il fiume trasporta quando è in piena.

E’ già ora di pranzo e ci fermiamo proprio su uno di questi banchi.

In quattro e quattr’otto viene istallato un campo con tanto di barbecue per cuocere la carne e il riso che avevamo precedentemente comperato.

A proposito alcuni pirogatori per non comprare carne già macellata e quindi a rischio di putrefazione per il caldo, si portano appresso delle galline vive, noi ci siamo categoricamente rifiutati, sarò stupido ma non riuscirei mai a mangiare un gallo dopo che è stato in piroga con me.

Una precisazione per chi farà la discesa del fiume dopo di noi, tranquilli il mangiare è buono e genuino, i pirogatori sono premurosi e lavano sempre tutto, addirittura fanno il caffè con l’acqua minerale, insomma per noi neanche un piccolo caghetto.

Mangiamo circondati da un gruppo di bambini che si divertono ad essere ripresi e poi a rivedersi nel piccolo schermo della mia telecamera e prima di ripartire ci scappa anche un piccolo bagno nelle nelle calde acque rossicce del fiume (http://www.flickr.com/photos/59316951@N00/315134276/in/set-72157594407908754/)

Il pomeriggio trascorre calmo più o meno come la mattina  e il paesaggio che ci circonda non si discosta molto da quello che abbiamo già visto, magari un po’ monotono ma io in questa dimensione mi ci trovo proprio bene, sono rilassatissimo,  dentro questo tronco largo al massimo 80 cm e lungo 4/5 mt, sono come sospeso nel vuoto, con la mente che vaga, ad osservare le curve sinuose che disegna il fiume rosso, a guardare lontano, a perdita d’occhio, l’orizzonte, generalmente piatto e monotono, che solo nell’ultima parte del tragitto diventa mosso, ondulato grazie alle colline tondeggianti erose dal vento, delle ormai prossime gole di Bemaraha, mi trovo ad ascoltare il silenzio, quello vero profondo, rotto solo dal rumore della piroga che lentamente avanza, e dal richiamo degli uccelli, insomma per diverse ore credo di aver perso la cognizione spazio temporale ed essermi lasciato andare alla sola fantasia, come sospeso sopra questa strana barca con quattro strani personaggi dentro!

Questo almeno fino al tramonto, quando si alza un vento contrario fortissimo, all’orizzonte si addensano nuvoloni grigi minacciosi e carichi di acqua e il fiume inizia ad incresparsi, adesso remare contro corrente per i due poveri ragazzi inizia ad essere molto dura! (http://www.flickr.com/photos/59316951@N00/315134447/in/set-72157594407908754/).

Raggiungiamo comunque una sponda, uno dei tanti banchi di sabbia, dove decidiamo di fermarci per la notte.

Mentre Nesta e Jean in due minuti preparano il solito fornelletto, dove cucineranno dei pesci, Tilapia che nel pomeriggio abbiamo comprato lungo il fiume, (http://www.bnx.it/fotomalgasce/slides/20Tilapia.html) io ed Anna siamo alle prese con il montaggio della tenda.

Con quel vento fatichiamo le fatidiche sette camice senza riuscire nell’operazione, tra l’altro la tenda non è nostra ma di un’amica e non la conosciamo per bene, chiediamo aiuto a Nesta ma niente da fare, il vento è troppo forte e i nostri picchetti troppo corti per far presa sulla sabbia,  Jean ci viene in soccorso, studia la situazione, rompe degli arbusti che poi rifila con il suo macete, li pianta a terra e l’operazione va in porto. FIUUU fortuna lui.

Nel frattempo il tempo è notevolmente peggiorato e proprio mentre ceniamo si alza una vera e propria rivoltura e inizia a piovere. Che sfiga.

Di fretta iniziamo a risistemare per poi rifugiarci dentro la tenda. Sorpresa, è stata tirata troppo,causa del vento, le giunture non reggono,  ci piove dentro… impreco,  inutilmente, in tutte le lingue che conosco, quando dopo circa un’oretta di pioggia battente ma fortunatamente prima che la nostra roba si bagni completamente smette!

Ci sistemiamo alla meno peggio e siamo umidicci ma riusciamo a dormire.

 

La sveglia neanche a dirlo è all’alba, (http://www.bnx.it/fotomalgasce/slides/23Campo%20sul%20Tsiribihina.html)  la giornata sembra essere ancora bruttina, ma Nesta ci dice che oggi ci sarà il sole, che il tempo brutto è passato.

Non è ancora l’alba, fa freschino e mentre facciamo colazione con caffè pane biscotti e plum-cake, si avvicinano alcuni bambini, scalzi, sporchi e coperti solo da stracci, rimangono a dovuta distanza, a guardarci, come intimoriti, chissà poi di cosa, visto che siamo noi che siamo nel loro territorio.

Ci fanno una tenerezza infinita e cediamo loro gran parte della colazione oltre a delle penne e ad alcuni quaderni, Anna, ha anche il tempo di disegnare qualcosa per loro. http://www.bnx.it/fotomalgasce/slides/24%20Maestra%20sul%20Tsiribihina.html)

Quando risaliamo in piroga, dopo aver smontato il campo e acceso un piccolo fuoco per bruciare il pattume residuo, l’alba è già passata e come da pronostico, il tempo è già bello e fa già molto caldo, grande Nesta avevi ragione! tra l’altro già verso le otto di mattina  bisogna coprirsi il capo e le gambe se non si vuole rimanere ustionati!

Da subito si capisce che oggi lo scenario che ci circonda sarà più bello rispetto al giorno precedente come se ieri fosse stato una tappa di avvicinamento.

Le monotone pianure di ieri  lasciano dapprima il posto a colline verdi e ricche di vegetazione e di vita, ci sono una quantità enorme di uccelli che diffondono i loro richiami, ben presto riusciamo anche a intravedere dei lemuri, sono Sifaka dal manto bianco e il muso scuro.

Sono di stazza media saranno una sessantina di cm, stanno immobili, forse a causa del gran caldo,  aggrappati sulla sommità di altissimi alberi,  a vederli sono come disinteressati della nostra presenza.

Scattiamo foto a ripetizione, pur sapendo che in quelle condizioni cioè contro sole e all’ombra, le foto non potranno mai venire decenti, ma la foga ti prende la mano, l’emozione di verderli  di nuovo, a distanza di tre anni, nel loro habitat naturale è tanta. Per una mezz’oretta stiamo a guardarli poi si riparte ed entriamo nelle gole di Bemaraha, il fiume si è fatto più profondo, tanto che oggi non scendiamo mai dalla piroga, ah dimenticavo mi sono anche fatto passare un remo, pagaio anch’io, non è poi così faticoso…. almeno per le prime ore.

I banchi di sabbia bianca che di tanto in tanto costeggiano il fiume si sono fatti molto più grandi e imponenti, qui nel periodo delle piogge la forza del fiume deve essere esagerata.

Di tanto in tanto incontriamo altre piroghe che risalgono il fiume, con le vele spiegate, vanno  controcorrente ma a favore di vento, le vele aiutano la navigazione, sono i pirogatori che hanno finito il loro tour con altri Vazaha e fanno ritorno al loro villaggio, (http://www.flickr.com/photos/59316951@N00/315134387/in/set-72157594407908754/).

Le pareti delle gole, a dir la verità me le ero immaginate più strette, sono a dir poco spettacolose, alte 100/200 in pietra calcarea stratificata  e passano tutte le tonalità di colore dal bianco candido all’arancio intenso. Fantastico!

Ammezzo a questo paradiso raggiungiamo un punto, nei pressi di un banco di sabbia, dove si intravede un piccolo sentiero.

Scendiamo, percorriamo con Nesta questo sentiero sconnesso, che costeggia un piccolo affluente del fiume, per alcune centinaia di metri fino a quando si apre davanti ai nostri occhi una vista mozzafiato, una cascata(http://www.bnx.it/fotomalgasce/slides/File0011.html).

L’acqua è bellissima, verde smeraldo e fresca al punto giusto, sono due giorni che non ci laviamo, la pelle ha iniziato a cambiar colore,  la terra rossa ci è entrata in tutti i pori, non ci lasciamo sfuggire l’occasione, ci spogliamo e ci buttiamo a capofitto sotto questa doccia naturale, un  rilassante idromassaggio.

Rimaniamo in ammollo fino quando Nesta non ci viene a richiamare dicendoci che il pranzo è pronto.

Dove eravamo scesi hanno improvvisato un piccolo campo e ci  hanno preparato un’insalata di tonno e carote e per finire un’ananas squisita. Cosa chiedere di meglio!?

Siamo di nuovo sul fiume in questa stretta piroga, la stanchezza non la sentiamo più siamo profondamente appagati da tutto quello che ci circonda.

Il pomeriggio scivolerà via lento, lo scenario che ci circonda rimane lo stesso fino a quando le gole finiscono e da un lato del fiume si intravede un grande villaggio di pescatori, si avevano avute le prime avvisaglie di vita sul fiume stesso quando abbiamo incrociato diverse chiatte a motore utilizzate per il trasporto di merci e persone (http://www.bnx.it/fotomalgasce/slides/28Taxi%20boat.html).

E’ quasi il tramonto  e poco distante dal villaggio decidiamo di fermarci per trascorrere la notte.

Avevamo promesso a Nesta e Jean che avremmo preparato noi la cena e Anna con i pochi mezzi a disposizione prepara una cenetta eccellente a base di spaghetti con pomodori e tonno.

Nesta gradisce molto quello che abbiamo preparato, si fa fuori due o tre grandi piatti di pasta, mentre Jaen che tra l’altro mangia senza forchetta, non so come faccia, è più riluttante, si lascia da parte la sua razione e ci dice che farà bollire del riso poi ci aggiungerà la pasta. Un pappone immangiabile, per noi, lui se lo farà fuori l’indomani mattina a colazione.

Trascorriamo un po’ di tempo ad osservare quello che la natura ci offre, un tramonto indimenticabile, magico, una palla  infuocata che piano piano va a nascondersi dietro l’orizzonte disegnando ripetutamente, tra le mille sfumature di rosso, paesaggi da cartolina,  poi il tutto viene avvolto da una luce fioca fino a quando il buio profondo e intenso prende il sopravvento e rimane nel cielo solo un infinito tappeto di brillantissime stelle. 

Mentre siamo persi a contemplare il firmamento sentiamo dei canti provenire dal fiume: sono dei ragazzi del villaggio che richiamati dalle luci si avvicinano alla nostra tenda con una  sgangherata chitarra artigianale, si siedono vicini, dapprima sembrano  titubanti poi Nesta dice loro che possono fare quello che desiderano, si lanciano così, trascinando anche Nesta, in una danza caratteristica della zona, si chiama Kilalake.

Trascorriamo in compagnia di questi ragazzi alcuni piacevolissimi momenti tra risate a squarciagola, balli e canti, finchè decidono di andare da qualche altro Vazaha che si è accampato nei pressi.

E’ ora di ritirarci, sono già le dieci e domani ci sveglieremo di nuovo prima dell’alba.     

 

Stamattina, la giornata è bellissima e leggermente più calda di quella precedente, al solito Nesta e Jean ci preparano la colazione, prima di smontare il campo mi fermo per diverso tempo a tempo a guardare ciò che ci circonda, cerco di imprimermi ben bene in mente questo posto così magico e questi momenti di assoluta pace.

Ben presto però siamo di nuovo in piroga, anche oggi mi divertirò a prendere ogni tanto a pagaiate il fiume, tanto non credo di essere di molto aiuto.

Il paesaggio oggi ci riserva un riassunto delle puntate precedenti, nel senso che superiamo sia delle zone pianeggianti costeggiate dagli ormai soliti banchi di sabbia che zone dove ancora le alte pareti di roccia calcarea fanno da sfondo al letto del fiume, in una di queste trova rifugio una immensa colonia di pipistrelli giganti che lanciano al cielo il loro stridulo richiamo, superiamo anche diversi villaggi (http://www.bnx.it/fotomalgasce/slides/27Villaggio%20sul%20Tsiribihina.html).

La mattina scorre via tranquilla fin quando nei pressi di un banco di sabbia dove sorge un piccolissimo villaggio ci fermiamo per il pranzo.

Sarà la nostra ultima sosta in questo rosso fiume, ci fanno scendere dalla piroga scegliamo un  grande albero vicino a delle capanne dove proteggerci dalla grande calura della giornata.

Nesta ci dice che abbiamo scelto lo stesso albero dove si erano fermati Simona e soci il giorno che  Simona è stata male, certo che il mondo è davvero piccolo!

Passano pochi attimi quando prima due bambini, di circa dieci anni,  si avvicinano, hanno entrambi dei cuccioli di lemure aggrovigliati al collo, sembrano molto incerti sul da farsi, ma quando gli sorridiamo e capiscono che si possono avvicinare chiamano a gran voce i lori amici e presto siamo accerchiati da un gruppo di bambini praticamente nudi che corrono, giocano, urlano vicino a noi.

Annalisa chiama i più grandi e regala loro delle penne colorate e dei fogli su cui disegnare e si immedesima in una maestra facendo dei disegni e che i suoi “alunni” si divertono a copiare… si divertono un modo quei piccolini e quello che ci regalano è sicuramente uno dei momenti più belli e intensi di tutto il viaggio (http://www.bnx.it/fotomalgasce/slides/29La%20maestra.html). (http://www.bnx.it/fotomalgasce/slides/30Scolari.html)

Mi diverto a fare delle foto e alcune riprese, le faccio poi vedere ai bambini che sembrano voler entrare nelle telecamera, urla, grida, risate è quello che fanno non appena si rivedono sul piccolo schermo del mio Camcoder. (http://www.flickr.com/photos/59316951@N00/315135284/in/set-72157594407908754/)

Arriva il pranzo, neanche a dirlo impossibile per noi mangiare, chiamiamo a noi quello che sembra il “capetto” del gruppo e gli cediamo completamente il nostro pasto.

A manciate uguali divide il pasto con tutti i suoi compagni, qui ancora, almeno a questa età, il senso di solidarietà è forte.

Ci dispiace lasciare questo posto ma dobbiamo andare, altrimenti arriveremo all’appuntamento con Mahery troppo tardi….

Percorriamo gli ultimi chilometri di fiume ed avvistiamo anche un piccolo coccodrillo che si affretta a tuffarsi nel fiume e inabissarsi non appena vede la barca.

E’ finito il giro, dobbiamo salutare Jean che avrà altri sette giorni di risalita del fiume prima di arrivare di nuovo a Miandrivazo, che lavoro durissimo che si fanno questi pirogatori per poche decine di euro , Nesta invece viene con noi  e ci lascerà domani.

Il mezzo di trasporto che ci porterà all’appuntamento prestabilito è un carretto trainato da zebù, lo chiamano zebù Car (http://www.flickr.com/photos/59316951@N00/416569168/),   non è che si stia proprio comodi lì sopra ma durante il tramonto, mentre Annalisa tenta di far imparare delle frasi in Italiano a Nesta  che ci segue a piedi divertito, superiamo dei paesaggi emozionanti: piccoli fiumi completamente ricoperti di glicini (http://www.flickr.com/photos/59316951@N00/416569371/ )   campi di riso verdissimi che a quest’ora riflettono la luce dorata del sole (http://www.flickr.com/photos/59316951@N00/315135353/in/set-72157594407908754/),  piste di terra rossa trafficate dai soli zebù car che riportano a casa gente e provviste, siamo veramente in un altro tempo, in un’altra dimensione, FANTASTICO!

Mentre attraversavamo un villaggio siamo stati fermati da un padre che vedendo dei vahaza sperava avessimo dei medicinali, il suo piccolino di due anni si era ustionato ad un piede.

Non abbiamo basi di pronto soccorso, non vogliamo peggiorare le cose, quindi chiediamo di vedere il piccolo, la situazione è peggiore di come l’immaginavo, il piccolino ha praticamente tutta una caviglia gonfia e priva di pelle, la ferita sembra proprio non avere un bell’aspetto.

Abbiamo con noi del disinfettante e delle garze, Annalisa, pulisce la ferita come meglio può cercando di togliere le parti di pelle morta, maledizione avessimo avuto delle forbicine! Insistiamo ripetutamente che debbono portare il più presto possibile il bambino da un dottore. CAZZO! il dottore più vicino si trova Belo  a 60 km dal villaggio e questa povera gente come mezzo di trasporto ha solo il carretto!

Continuiamo il tragitto con un groppo alla gola e allo stomaco…. Speriamo sia andato tutto bene per quel piccolo!

Arriviamo al punto di incontro e la prima cosa che vediamo è il sorriso sdendato di Mahery che ci fa subito duemila domande…. Calma calma un po’ di respiro J

Anche per stanotte la sistemazione non sarà delle più agiate, siamo in piccolo villaggio che ha un solo hotel, le stanze per dormire sono capanne e  per di più caldissime, il bagno è all’aperto ed è pressoché impraticabile, causa invasione di giganteschi bagarozzi, la doccia è nei pressi del bagno e scende una goccia d’acqua ogni 5 minuti, di buono c’è la cucina veramente ottima e il costo, 10 euro in due per dormire cenare e la colazione. Difficile chiedere di più. Siamo sempre in Africa bisognerà pur adattarsi un pochino.

 

Come al solito ci svegliamo poco prima dell’alba, facciamo colazione, carichiamo gli zaini nella pulpa (è il nome in codice della macchina) e insieme con Nesta e Mahery andiamo verso Belo sur Tsiribihina dove noi proseguiremo sulla pista verso nord che porta al Parco Tsingy, Nesta invece ci lascerà perché diretto a sud a Morondava.

Arriviamo al fiume appena in tempo per imbarcare il nostro 4x4 sulla chiatta che lentamente fa da spola tra le due sponde del fiume, si tratta di un grosso barcone in ferro, stile catamarano con delle grosse assi di legno, dove vengono parcheggiate le auto. (http://www.bnx.it/fotomalgasce/slides/53Chiatta.html).

Mahery con un’abile manovra da consumato autista carica senza problemi la Pulpa sulla chiatta mentre noi salutiamo il nostro compagno di viaggio Nesta che si raccomanda di mandare un caro saluto a Simona e company.

Siamo sulla pista che ci porterà al parco Tsingy, percorriamo 120 km di strada in 5 ore, ancora le condizioni non sono pessime, superiamo una  lunghissima lingua diritta di terra rossa (http://www.bnx.it/fotomalgasce/slides/File0010.html)  

 che attraversa tratti di fittissima foresta dove la strada, all’orizzonte, sembra venire inghiottita dalla stessa e tratti desertici dovuti ahimè all’orribile abitudine dei locali di appiccare incendi per disboscare le zone nei pressi dei villaggi e per rendere i pascoli per i zebù, secondo loro, più  prolifici… non sanno che stanno causando degli sconquassi ambientali drammatici per la flora e la fauna. Attraversiamo aree dove ci sarebbe dovuta essere la foresta che sono completamente annerirte dagli incendi, dove la vegetazione non cresce più, dove non vive più specie animale, insomma una pura follia, bisognerebbe in qualche modo far capire a questa gente che tale pratica, denominata Tavy, è dannosa per l’ambiente e non reca alcun tipo vantaggio ai loro pascoli.

Arriviamo all’ingresso del parco nel primo pomeriggio, dobbiamo ancora superare con una chiatta un altro fiume, il Manambolo, più grande dello Tsiribihina anch’esso navigabile ma solo per pochi mesi dell’anno.

Siamo appena in tempo per effettuare un’escursione pomeridiana al piccolo Tsingy.

Annalisa non si sente bene, ha un mal di testa fortissimo e farsi una passeggiata sotto questo sole e con questo caldo non sarebbe il massimo, decide di rimanere all’ombra di qualche albero, così

vado da solo, non è che si perda poi molto, la passeggiata non è poi il massimo, il sito che mi fanno vedere non è grande il giro dura solo un’oretta ma è un piccolo assaggio di quello che ci spetta l’indomani, l’unica cosa veramente interessante sono delle piante grasse che crescono su queste guglie calcaree appuntite di color grigio che quasi stonano in tutta questa terra rossa, (http://www.flickr.com/photos/59316951@N00/315135977/in/set-72157594407908754/)

Torno alla macchina ma Annalisa ancora non si è ripresa così chiediamo a Mahery di portarci in un’hotel con dei comfort, almeno il bagno in camera, ci vogliamo rilassare e avere un po’ di privacy chissà che non faccia bene.

Scegliamo l’hotel Relais de Tsingy si tratta di una buona sistemazione, è in collina, i bungalow sono spaziosi, puliti, con il bagno in camera, inoltre  si gode di una splendida vista della vallata sottostante, rilassati ci godiamo così un bel tramonto su delle sdraio a bere della birra. (http://www.flickr.com/photos/59316951@N00/315136671/in/set-72157594407908754/)

Ha funzionato , Annalisa sta meglio. TUTTO OK.

La cena presso il ristorante dell’hotel è squisita, ci siamo solo noi, una famiglia di inglesi e tantissime cicale. Mangiamo una zuppa di gamberi di fiume, pollo ai funghi, verdure come contorno e per finire delle crepes al miele, tutto è eccellente.

Andiamo a letto mentre all’orizzonte si vedono lampi e si odono tuoni che non promettono nulla di buono.

 

La sveglia oggi è molto prima dell’alba, ore 4.30,  vogliamo entrare nel parco con una temperatura ancora accettabile quindi  abbiamo dato appuntamento alle 6 a Bekopaka alla guida che ci condurrà nel parco, poi dovremo fare almeno un’ora di fuori strada prima di arrivare all’ingresso del Grande Tsingy.

Prima di lasciare il Bungalow ci accorgiamo che in bagno,  precisamente dentro il water, abbiamo una sorpresa: una rana, anzi un grande rospo, chi l’avrà partorito? Io o Anna? ;-))

La giornata, al contrario di come si era preannunciata la sera prima, è bellissima, in perfetto orario siamo all’ingresso del parco, sono le 7 circa e fa già un caldo infernale.

Mahery, stranamente decide di aggregarsi a noi e viene a farsi il giro all’interno del parco…, penso che dovrà essere veramente bello per scomodare un poltrone come lui.

Superiamo una prima parte di foresta arida e spinosa priva di fascino e dopo una mezzora di cammino intravediamo le prime guglie carsiche del parco. Sono veramente imponenti.

Siamo sotto una di queste enormi guglie (http://www.bnx.it/fotomalgasce/slides/File0009.html)   quando la guida ci fa indossare l’imbracatura da alpinismo(http://www.flickr.com/photos/59316951@N00/315136086/in/set-72157594407908754/),   e ci chiede se abbiamo le vertigini.

Rispondo negativamente ma non sono proprio convinto, tutt’altro!

Ora inizia il giro vero e proprio all’interno della zona calcarea del parcoche durerà circa tre ore.

In questo tragitto attraversiamo gole, grotte con tanto di stalattiti, cunicoli strettissimi e bui dove anche il passaggio di una persona alla vota è difficoltoso, ci dobbiamo piegare, strisciare, arrampicare su pareti verticali superare scale si ferro, agganciate alle pareti, mantenendoci saldamente ancorati con l’imbracatura a delle corde di protezione,  superiamo aree più grandi e più aperte,  dove la luce riesce ancora a filtrare e dove quindi riesce a crescere della vegetazione, la “sala”più grande di tutte è chiamata la cattedrale, la luce che filtra dall’alto crea giochi di colore che rende il tutto ancor più affascinante.

Alla fine della salita (http://www.flickr.com/photos/59316951@N00/315136173/in/set-72157594407908754/) arriviamo in un punto dove c’è un ponte tibetano,  (http://www.bnx.it/fotomalgasce/slides/File0041.html) …..lo si deve superare…

Il ponte è sospeso tra due pareti di una gola profonda 160mt e larga 20-25.

Non vi nascondo che mi stò ca…..do sotto, io di vertigini un po’ soffro, immaginate che non sono salito sulla Torre Eiffel proprio per questo motivo.

Passerò per primo, così non ci penso più, mi faccio coraggio, allaccio l’imbracatura e attraverso il ponte, credo ad occhi chiusi, come sia il panorama sinceramente non lo so, me lo sono fatto raccontare da Annalisa, una volta che anche lei, molto tranquillamente è passata.

Arriviamo fino al punto più alto e panoramico, ci hanno costruito una piattaforma, sighseetghin point , (http://www.bnx.it/fotomalgasce/slides/45Brutti%20al%20parco%20Tsingy.html)  la vista qui è a dir poco irreale, una distesa di pinnacoli appuntiti di color grigio che fanno sembrare il paesaggio più simile a quello lunare che a quello del Madagascar, l’unica posto simile che ho visto è la Cappadocia in Turchia. FANTASTICO!

Nulla a che vedere con quello che ho visto ieri.

Dopo un breve riposo, inizia la discesa  che sarà enormemente più agevole e rapida.

Usciamo dal parco entusiasti sia per l’impresa che per lo spettacolo DA NON PERDERE.

E’ già l’ora di pranzo, mangiamo un ottimo panino a base di sarde in scatola, formaggino e pomodori  presso un hotely dove gironzolavano diversi bambini (http://www.bnx.it/fotomalgasce/slides/49Bimbi%20a%20Bekopaka.html) a Bekopaka, mentre aspettiamo la chiatta che ci farà  attraversare il Manambolo in senso opposto

Ripercorriamo quella lunga e diritta lingua di terra rossa che ci riporta, ormai stanchissimi a Belo sur Tsiribihina, dove pernotteremo prima di dirigerci verso la prossima tappa, Morondava e l’Avenue du Baobab.

L’hotel che scegliamo è decente non ha il bagno in camera, poco male, qui tutto è all’insegna del minimalismo, il ristorante invece come al solito ci offre una buona cena a base di carne di zebù e gamberoni di fiume.

Prima di ritirarci trascorriamo pigramente del tempo sorseggiando birra e facendo due chiacchere con Mahery e il ragazzo della reception.

 

Già alle 8 siamo pronti per attraversare, con la solita chiatta, di nuovo il fiume Tsiribihna direzione sud.

Mahery assolve alle consuete operazioni di boarding della pulpa sulla chiatta in maniera semplice e veloce: un grande!!

Ci troviamo in poco tempo su una strada sterrata diretti al parco Kirindy.

La pista da percorrere ancora non è così difficoltosa come la immaginavo, si ogni tanto ci sono delle grandi buche ma nel complesso il tragitto scorre via lento e tranquillo e in 150 km incrociamo solo altre due auto. Il traffico Italiano è un lontano ricordo.

La vegetazione che ci accompagna lentamente diventa sempre più secca e arida, quasi tutti gli alberi e arbusti sono secchi e privi di foglie.

Arriviamo verso le 11 all’ingresso del parco Kirindy   dove Mahery ci ha detto che potremo avvistare dei lemuri sifaka, dei lepilemuri notturni e il predatore fossa.

Il costo del biglietto di ingresso al parco che include anche il pessimo pranzo che ci propinano, è di 50000 aryary, una follia per il Madagascar, ma questo è un parco privato, di proprietari Svizzeri.

Anche stavolta Mahery entra nel parco con noi lasciandoci interdetti, a furia di dirgli che deve muoversi e non rimanere a poltrire in macchina ci sta seguendo ovunque, il che ci fa enorme piacere.

E’ caldissimo e il parco non è un granché, obiettivamente tra tutti quelli che abbiamo visto in Madagascar in questi due viaggi è di gran lunga il meno ricco e affascinante, niente a che vedere con il favoloso Ranomafana, con il Perinet o con l’Isalo, comunque all’interno riusciamo a avvistare diversi lemuri Sifaka  (http://www.flickr.com/photos/59316951@N00/416588628/) che pigramente trascorrono le ore più calde della giornata a riposare all’ombra sugli alti alberi e un lepilemure notturno, la guida ci ha portato a colpo sicuro presso un albero dal tronco cavo, l’animale sembra infastidito dalla nostra presenza, ci guarda come spiritato con quei suoi occhioni gialli (http://www.flickr.com/photos/59316951@N00/315137435/in/set-72157594407908754/), vorrei ben vedere, è un’animale notturno ed ora non vuole essere disturbato. Un paio di foto e lo lasciamo in pace!

Consumiamo velocemente l’indecente pasto che ci passano e proprio vicino alla Reception all’ora di pranzo, tutti i giorni, si avvicinano un gruppo di sifaka grey attirati dagli “odori” della cucina.

Riusciamo a vederli nelle loro evoluzioni a non più di un metro di distanza, (http://www.bnx.it/fotomalgasce/slides/54Lemura%20al%20Kirindy.html)  insomma se ce lo dicevano non saremmo entrati nel parco sotto il sole di mezzogiorno.

Si tratta comunque di una piccola tappa lungo la strada che ci porta alla maestosa Avenue du Baobab. Non si può avere sempre il massimo.

Mahery, da grande calcolatore qual’è, dice di voler arrivare sul viale dei baobab con un po’ di anticipo rispetto al tramonto, per evitare l’”orda”  di turisti, boh non so poi da dove verranno tutti questi turisti visto che non ne abbiamo incontrati poi così tanti.

Verso le 16.00, puntuali come un orologio svizzero, siamo nei pressi del più caratteristico, suggestivo e conosciuto posto del Madagascar e siamo praticamente gli unici viaggiatori in giro! Bravo Mahery come al solito hai sempre ragione!

Prima di arrivare lungo la strada ad una decina di km prima facciamo una deviazione sulla destra per vedere un baobab dalla forma inconsueta, si tratta di un grande albero con il tronco che si divide in due per poi attorcigliarsi uno con l’altro, gli danno il nome di Baobab innamorato, veramente anomalo (http://www.flickr.com/photos/59316951@N00/315137711/in/set-72157594407908754/). Da questo punto si gode anche di una splendida vista sulla pianura circostante: arida, secca, quasi desertica ma contornata all’orizzonte da imponenti Baobab (http://www.bnx.it/fotomalgasce/slides/59Io%20sulla%20polpa%20e%20i%20Baobab.html).

(http://www.bnx.it/fotomalgasce/slides/58Baobab.html)

Dicevo, quando arriviamo siamo tra i primi turisti, neanche il tempo di scendere dalla pulpa che si avvicinano 3 bambini, ci chiedono della plastica, gli diamo delle bottiglie d’acqua vuote e felici, prendono per mano Annalisa e cantando “San Martino Campanaro” (rigorosamente in francese) ci fanno attraversare tutta l’Avenue du Baobab! (http://www.flickr.com/photos/59316951@N00/315138015/in/set-72157594407908754/) 

Che fantastici i bambini in Madagascar, non sono mai asfissianti, ti regalano sempre un sorriso, almeno con gli occhi, fanno cose che ha volte ti sorprendono, come quella descritta prima, di certo tra tutti quelli che ho incontrato durante i viaggi sono di gran lunga quelli più belli, più veri, più spontanei, più reali.( http://www.bnx.it/fotomalgasce/slides/File0008.html)

Non ho avuto neanche il tempo di guardarmi intorno, tanto ero preso dalla scenetta, ma ora che siamo fermi, resto incantato ad  osservare questa meraviglia della natura.

Difficile raccontare cosa si prova di fronte a tanta bellezza, difficile dire quali emozioni mi sono passate per la testa, posso solo dire che rimango appoggiato ad uno dei tanti maestosi tronchi a guardarmi intorno come inebetito(http://www.flickr.com/photos/59316951@N00/315137848/in/set-72157594407908754/).

Questi alberi sono fantastici nella loro unicità, sono possenti, maestosi, con un tronco gigantesco diritto e cilindrico,  improvvisamente interrotto da rami che somigliano più a delle radici,

siamo anche fortunati, in questa stagione i rami sono pieni di foglie verdi che rendono alla vista l’albero ancor più imponente.

Non so, ma io  davanti a tanta bellezza rimango frastornato, il tempo passa e non mi rendo neanche conto, mi immagino cosa sarebbe dovuto essere questo posto alcune decine di anni fa quando tutta la pianura circostante era piena di baobab ed ora invece ne sono rimasti solo alcune decine di grandi esemplari ( http://www.bnx.it/fotomalgasce/slides/63Baobab.html),  anche qui in un posto così bello affascinante che porta turisti, la deforestazione selvaggia e incontrollata per mezzo del  tavy ha fatto la sua parte!

AIUTO, che qualcuno fermi questo scempio.

E’ quasi il tramonto ed ora il viale è molto affollato, sono arrivati i turisti, tra cui un gruppo di giapponesi, ma sono davvero dappertutto, che scendono da dei pulmini turistici quasi tutti con guanti di lattice e mascherina sulla bocca LOL.

Bravo ancora Mahery, ci hai dato la possibilità di godere dell’Avenue du Baobab da soli, ci dice che per godersi in pace il tramonto è meglio spostarsi da un’altra parte, dove non ci sarà nessuno.

Ci porta poco distante dalla via principale, in una zona verde e ricca di vegetazione tipicamente tropicale, con le risaie che al tramonto  si colorano di sfumature dorate rendendo l’ambiente ancor più suggestivo e con  alcuni gruppi di solenni baobab all’orizzonte.

Non c’è nessuno, l’atmosfera è irreale, c’è un silenzio e una pace assoluta, salgo sopra la pulpa e scatto alcune foto per immortalare tale indelebile momento (http://www.bnx.it/fotomalgasce/slides/67Baobab%20al%20tramonto.html).

E’ ormai buio e sta finendo anche questa memorabile giornata, dobbiamo percorrere ancora una ventina di km per arrivare a Morondava, dove passeremo la notte presso un’hotel situato nei pressi di una spiaggia bruttina priva di attrattiva, in dei Bungalow vecchiotti e abbastanza malconci, credo che a Morondava se qualcuno dovesse passarci alcuni giorni ci siano delle sistemazioni migliori.

La cena invece alla Capannina, un ristorante gestito da un’Italiano, sarà una delle migliori di tutto il viaggio, ancora mi sogno quegli spiedini di gamberi gigastesci che mi sono fatto fuori.

L’italiano che gestisce il locale è un milanese che ha vissuto a Montalcino, adesso è dieci anni che vive in Madagascar, è sposato con una malgascia niente male e ci dice che Morondava è la città più bella del mondo. Convinto lui!

 

Consumiamo la pessima colazione, con tanto di yogurt scaduto,  sulla squallida terrazza dell’hotel con  vista spiaggia, o meglio, di quel poco che  rimane della stessa per colpa delle grandi maree dell’oceano che la stanno pian piano erodendo.

Come protezione sono state costruite sul mare delle enormi e oscene barriere di cemento, ma ormai tutte sono crollate sotto l’impeto delle onde, dando ancor più il senso di squallore e di degrado a questa zona.

Comunque le spiagge a nord, sono più protette naturalmente e mi hanno detto che ci sono delle belle spiagge e delle zone per far immersioni.

Siamo di nuovo sulla Pulpa direzione Belo sur Mer.

Da oggi tutto quello che potrebbe somigliare ad una strada o anche ad una semplice pista, rimane un flebile ricordo. Percorreremo, a seconda delle regioni, circa 600 km di strada inesistente, ricavata dalla  sabbia bianca, gialla, rossa, o da zone piene di pietrisco,  sobbalzaremo dentro la Polpa come se fossimo in un’autoscontro, attraversando l’ormai consueta foresta arida e spinosa intervallata da gruppi di monumentali baobab o da aride distese di terra bruciata causa i consueti  tavy, costeggiando le incontaminate e bellissime spiagge bianchissime del canale di Mozambico con il suo mare color smeraldo o azzurro, senza mai e dico MAI, incrociare altri mezzi, a parte qualche taxi zebù e superando villaggi fuori da ogni rotta, dove, a volte qualche piccolo bambino, vedendoci bianchi, pallidi, prova timore solo ad avvicinarsi.

Subito dopo Morondava dovremo anche guadare un fiume, Ankambatomena, (http://www.bnx.it/fotomalgasce/slides/37La%20polpa.html)  qui la gente del vicino villaggio, per facilitare l’attraversamento ha posto dei paletti, che serviranno per indicare la via da seguire, per poi farsi pagare qualche aryary come un pedaggio autostradale.

Arriviamo nei pressi di Belo verso l’ora di pranzo quando ci troviamo davanti ad un’immensa distesa bianca di sale, (http://www.bnx.it/fotomalgasce/slides/69Verso%20Belo%20sur%20Mer.html).E’facile perdere l’orientamento, non ci sono assolutamente indicazioni ed è facile capitare in zone paludose e rimanere  impantanati per molto tempo ma per fortuna Mahery riesce con la sua solita maestria a non sbagliare un colpo e ci porta nel cuore del villaggio al minuscolo hotely dell’hotel Vezo a pranzo.

Mangiamo divinamente del pesce allo spiedo all’interno di una capanna rinfrescati  dalla continua brezza che ci regala l’oceano.

Belo è un minuscolo villaggio di pescatori dell’etnia Vezo, famoso, oltre per la sua bella spiaggia, anche per il suo piccolo cantiere dove si costruiscono le caratteristiche piroghe colorate (http://www.flickr.com/photos/59316951@N00/315138511/in/set-72157594407908754/)  utilizzate dai pescatori stessi. (http://www.flickr.com/photos/59316951@N00/315138429/in/set-72157594407908754/)

Per il pernotto la scelta ricade su le Dauphin, una delle tre strutture turistiche della zona, la più economica, noi comunque ci troveremo benissimo, i Bungalow sono molto spaziosi e puliti, stanno sulla spiaggia a 10mt dal mare, si gode di una pace assoluta e di un bel  panorama inoltre il ristorante si rivelerà ottimo.

Passiamo un’oretta in relax all’ombra, sull’ amaca posta sotto la veranda del bungalow,  dopodichè, quando al calura è diminuita , decidiamo di farci una passeggiata lungo la battigia per osservare il panorama  e fare delle foto durante il lento rientro dei pescatori sulle loro piroghe colorate,  tutte con vele sgualcite e rattoppate ma tutte gonfie dal caldo vento del canale.

Alcuni di loro, almeno quelli che ci vedono, ci regalano il loro consueto saluto “HALLO VAHAZA” e il loro immancabile sorriso. Come dice il proverbio malgascio” Hai un dente solo? Sorridi almeno con quello!” Vero Marco?!

Oggi purtroppo la pesca non è stata fruttuosa, qui generalmente si pescano aragoste, ma  vediamo rientrare solo pescatori privi di pesce.

Vabbè, noi comunque prima di rientrare per la cena ci concediamo un bagno ristoratore in queste acque calde e cristalline.

La cena sarà indimenticabile, a lume di candela sotto un tappeto di stelle, con il silenzio rotto solo dal  fruscio della risacca dell’oceano, siamo solo io Annalisa e Mahery e ci facciamo fuori due aragoste dalle dimensioni improponibili, buonissime, cotte alla griglia alla perfezione e spalmate appena con una salsina a base di zenzero, durante l’altro viaggio avevo detto di aver mangiato la miglior aragosta della mia vita nei pressi di Andilana, a Nosy Be, questa è sullo stesso livello. Quasi mi dimenticavo, abbiamo mangiato anche delle alghe di mare, crude, ottime, sono una specialità della zona, non riesco a paragonarle ad un’altra verdura se non ai paccasassi, tipica vegetazione mediterranea, che cresce a pochi metri dal mare sulle coste sassose, la zona del  Conero ne è ricca.

Comunque tornando al viaggio, ringrazio ancor adesso Mahery che ci ha spinto ha scegliere questo posto semplice e accogliente  a discapito degli altri due, più fighetti e costosi, magari anche più belli, ma dove comunque Simona e soci hanno raccontato di non essersi trovati benissimo.

GRANDE MAHERY!.

 

Oggi sarà una giornata di puro trasferimento, dovremo raggiungere la città di Manja, che non si trova  sulla costa ma, in linea d’aria, una 50 di km all’interno.

Non c’è possibilità di raggiungere la nostra prossima meta: Andavadoaka via costa e con la strada che dovremo percorrere, fare il trasferimento in un giorno, sarebbe una follia, ci vogliono circa  12 ore di guida ininterrotta, ecco il perché di questa deviazione verso Manja un villaggio non propriamente famoso per il turismo.

Partiamo di buon ora e lasciamo alle spalle Belo con le sue belle spiagge, superiamo una grande salina che dà lavoro a molta gente, soprattutto donne e bambini che sotto il sole cocente trascorrono molte ore chinati, inginocchiati  a raccogliere il sale e a trasportarlo su dei secchi in zone di raccolta, per pochi aryary al giorno .

Che dura che deve essere la vita da queste parti.

La strada che dapprima è sabbiosa e delimitata dalla bellissima foresta spinosa (http://www.flickr.com/photos/59316951@N00/315138662/in/set-72157594407908754/), man mano che andiamo verso l’interno, diventa una pista rocciosa  e i sobbalzi all’interno della polpa sono sempre più frequenti. Mahery sta facendo una gran fatica a guidare su questa strada e un po’ a causa del caldo pazzesco, un po’ della stanchezza,  quando siamo quasi arrivati a Manja, in prossimità di un una pozza d’acqua si dimentica di inserire il 4x4 integrale e ci rimaniamo dentro.

Siamo impantanati in una pozza con una 50 cm di acqua e non riusciamo ad uscire.

Fortuna che poco dopo passa un ragazzo su un carretto trainato da zebù, Mahery gli chiede aiuto  e insieme, io e il malgascio dentro la pozza a spingere e Mahery al comando, riusciamo a tirar fuori la Polpa. AHI AHI AHI Mahery, primo sbaglio!!!

Risalgo in macchina e sono completamente coperto di fango appiccicoso.

In poco tempo il fango inizia a solidificarsi sulla mia pelle, il prurito che ho addosso mi fa quasi impazzire sotto questa calura, fortunatamente, passeranno solo dieci minuti da quando arriveremo all’hotel Kanto (http://www.flickr.com/photos/59316951@N00/416601261/)  dove mi fiondo sotto la doccia per darmi una pulita.

Mangiamo qualcosa prima di fare un giro in questa città sperduta nel nulla.

Non c’è molto da fare e da vedere, giriamo senza meta tra il locale mercato, la piazza del municipio dove nel mezzo torreggia un grande albero di mango e la chiesa, situata nelle vicinanze della scuola pubblica, da dove stanno uscendo i bambini dopo una giornata di scuola.

Non passiamo indifferenti ai loro occhi, non vedono molti Vahaza da queste parti, in più abbiamo delle buste contenenti all’interno dei pacchettini di biscotti, così in breve tempo abbiamo un “plotone” di bambini che ci seguono più o meno da vicino lungo la strada,  siamo scortati.

I più intraprendenti ci chiedono i biscotti, ne tiriamo fuori un pacco, ora, anche quelli più titubanti si avvicinano, capiamo subito che non basteranno per tutti, ci destreggiamo un pochino, entriamo in un negozietto ne compriamo ancora diamo tutto a Mahery che inizierà con calma la distribuzione.

Se ne andranno tutti sorridenti e soddisfatti.

Comunque in questa città mi capita anche di assistere ad una scena surreale, almeno per noi, vicino al nostro hotel è stato montato da pochissimo tempo un telefono pubblico, Mahery ci dice che un mese fa non c’era nulla, una donna di un negozio si avvicina per telefonare e subito, in 10 secondi si forma un capannello di persone li intorno che bisbiglia e guarda stupita le semplici operazione eseguite dalla donna su quella macchina “infernale” e quando chiude la telefonata si alza anche un OOHHHH di stupore….  Chissà cosa penserebbero se tirassi fuori il telefonino:. :-).

E’ già sera e anche se la città  non ha nulla da offrire, ricorderò anche questa tappa con piacere, proprio grazie alle cose appena accadute……. ogni angolo del Madagascar ha sempre qualcosa di speciale da regalare al viaggiatore.

Ceniamo a lume di candela, da queste parti la corrente elettrica arriva ma frequentemente, come stasera, salta, mangiamo  del pollo arrosto con patatine fritte e riso, le patatine quelle vere non certo by Findus, cibo semplice ma genuino e buono. Pensate che cena, colazione e pernotto ci costano la follia di 10 euro in due .:-0. Però io la notte l’ho quasi passata quasi interamente in bianco, a combattere contro le zanzare, visto che le zanzariere non esistono, si utilizzo zampironi e creme, ma niente da fare, quelle volevano banchettare sulla mia pelle, in più il caldo è opprimente e non si può accendere neanche un ventilatore visto che alle 22 la corrente elettrica viene completamente tolta. Pazienza!!! Siamo pur sempre in Africa!

 

Anche stamattina sarà una levataccia, i km di strada che dovremo percorrere non sono moltissimi,

ma la pista secondo Mahery sarà ancor più dura rispetto ai giorni passati e in più avremo la variabile chiatta da prendere nei pressi del fiume…. non ricordo il nome, dico variabile perché Mahery afferma che a volte è stato costretto ad aspettare anche alcune ore prima di riuscire ad attraversarlo.

Partiamo dall’hotel Kanto, che ci ha fatto trovare una piacevole sorpresa con caffèllatte fumante, pane e marmellata, alle 4.30 della mattina. 

Ci godiamo la rossa  alba da dentro la polpa mentre percorriamo una piccola strada di terra battuta circondati da spazi immensi a scrutare l’orizzonte lontano.

Prima di giungere al fiume, dove dovremo imbarcare l’auto, superiamo un grande villaggio dove quotidianamente si tiene il più grande mercato della zona.

Sono le sette del mattino e già tutt’intorno c’è molto fermento, molta gente che si aggira tra le povere bancarelle, molte donne che stanno arrivando dai villaggi con in testa i soliti cesti di vimini colorati, molti altri che arrivano con il carretto trainato dai zebù (http://www.bnx.it/fotomalgasce/slides/76Taxi%20zebù.html)  ricolmo di mercanzia da vendere al mercato e di gente, insomma un via vai continuo e per noi sorprendente data l’ora presta.

Scendiamo dalla Polpa, facciamo un giro nel mercato per acquistare del cibo per il pranzo . Durante il tragitto verso la chiatta superiamo delle zone dove crescono dei baobab dalla forma anomala, sono bassi, se riferiti a quelli più famosi dell’Avenue e molto più tozzi, nel tronco hanno delle incisioni tutte uguali che somigliano a dei bottoni, sembrano usciti da un dipinto di Botero!

Arriviamo sulle sponde del fiume già abbastanza stanchi e accaldati dopo altre tre ore di viaggio.

Sorpresa: c’e solo una famiglia,  il padre che sta pescando qualcosa, la madre che sta facendo il bucato e la loro bambina di nove mesi (http://www.bnx.it/fotomalgasce/slides/77Bimba.html)

Come facciamo a superare il fiume?!

Mahery dice di non disperare e inizia a suonare il clackson  e urlare per farsi sentire da qualcuno sull’altra sponda del fiume, dove vediamo ferma la chiatta.

Passa ½ ora e neanche l’ombra di una persona, inizio a pensare che trascorreremo la giornata sulle rive del fiume quando, finalmente, si affaccia una persona che pigramente esce fuori dalle frasche e si avvicina alla chiatta.

Poco dopo arrivano altri due compagni e iniziano così le lente operazione di messa in moto della chiatta.

Perfetto siamo a cavallo! Mahery imbarca la Polpa e via con l’attraversata.

Arriva ora la parte più difficoltosa dell’attraversata, infatti la riva opposta del fiume è un grande banco di sabbia sofficissima, dove rimanere impantanati è semplicissimo.

Ora siamo circondati da una ventina di giovani ragazzi, che sperano che la nostra auto rimanga in panne, in modo da spingerci fuori e farsi pagare qualche aryary.

Rimarranno lì con un palmo di naso, la Polpa, con il suo comandante alla guida, supera il banco di sabbia anche se con qualche  difficoltà, scodando e zigzagando ripetutamente, ma non si ferma e arriva  alla terra solida senza aiuti, con Mahery che fa il gesto di vittoria! Olè salutiamo sorridendo e ripartiamo.    

Arriviamo nei pressi della nostra meta giornaliera che è già pomeriggio e il cielo si è un pochino incupito, la zona in questione è composta da tre baie distinte e in ognuna è stata costruita una struttura turistica, ad Andavadoaka c’è il Laguna Blu di gestione Italiana, a Antserananangy il Manga Lodge di gestione Francese e a Ambasilava il Coral beach gestione malgascia.

Probabilmente delle tre la baia più bella e suggestiva è proprio l’ultima, noi comunque scegliamo di fermarci al Manga Lodge. Come spesso è accaduto in questo viaggio siamo gli unici turisti presenti in tutta la baia (foto).

La baia è grande, la sabbia è bianchissima e leggera, soffice come farina, la spiaggia attorniata da pini marini, peccato che i colori non siano brillanti perché il sole è coperto e il mare increspato rende  l’acqua  leggermente torbida. Nonostante ciò, la bellezza della baia è indiscutibile.

Immancabili foto di rito al tramonto, con un pallido sole che si affaccia all’orizzonte che dà  all’atmosfera quel qualcosa di magico, di unico che, secondo me, si può respirare solo in posti così lontani dalle rotte turistiche.( http://www.flickr.com/photos/59316951@N00/315138568/in/set-72157594407908754/)

Anche questa sera ci gusteremo sotto la veranda del ristorante un’ottima cena a base di gamberi, come al solito giganteschi, accarezzati dalla leggera brezza che sale dal mare! Mamma mia che nostalgia che mi prende!

 

Questa mattina ci svegliamo con il cielo limpido, sgombro dalle nuvole pomeridiane di ieri, la luce è perfetta, il riflesso del sole sulle acque, oggi cristalline, regala al mare tonalità intense di celeste  e azzurro, il mare è una tavola e  non ci lasciamo sfuggire  l’occasione per farci un bel bagno, prima di colazione. (http://www.flickr.com/photos/59316951@N00/315138831/in/set-72157594407908754/)  

Abbiamo comunque deciso di lasciare Antserananangy in giornata, vogliamo stare almeno due giorni in relax assoluto sulla spiaggia di Salary, ma prima di dirigerci verso questa nuova tappa, facciamo una piccola deviazione per andare a visitare la baia di Andavadoaka.

Come ho già detto, secondo me questa è la baia più bella delle tre, il Coral bech è in una posizione magnifica,( http://www.flickr.com/photos/59316951@N00/420208989/)   è collocato in una penisola di sabbia che divide la grande baia in due più piccole, in una delle due  sorge il villaggio di pescatori dove la vita scorre ai classici ritmi lenti del Madagascar, dal balcone del ristorante si gode di una vista mozzafiato, da qualsiasi parte ci si giri mare mare mare mare…. E che mare poi!!!  e all’orizzonte tra il blu intenso delle acque cristalline spiccano le spiagge bianchissime di un altro banco di sabbia dal nome Nosy Hao(http://www.bnx.it/fotomalgasce/slides/File0004.html)

Il nome di questa spiaggia significa bucata, grazie ad un grande sasso posto a poche decine di metri dalla riva, spaccato in due dall’erosione atmosferica e marina. (http://www.flickr.com/photos/59316951@N00/420209159/)

Tutto avrei potuto fare tranne che non farmi un altro bagno rilassante in un posto così bello.

Anche se è presto, saranno le 11, ordiniamo il pranzo per metterci in strada velocemente per arrivare a Salary prima che faccia buio.

Ci hanno gratinato un pescione, si chiama pesce Capitano che è stato appena pescato, da mangiare intingendo la sua carne bianca in una salsina di pomodoro e zenzero da leccarsi i baffi! Quanto è dura la vita.

In poco tempo siamo di nuovo sulla Polpa lungo l’ultimo tratto di pista costiera di questo giro, infatti pochi km  a sud di Salary la pista tornerà ad essere una strada di terra battuta.

Questo ultimo tratto è quello forse più monotono da attraversare, la vegetazione è praticamente scomparsa, tutto intorno e arido, si superano solo alcuni tratti  dove ancora resiste la foresta spinosa,  dei baobab neanche l’ombra e i villaggi che superiamo sono davvero estremamente poveri.

Fa caldo dentro la Polpa e Mahery fa una fatica terribile in questa tratto, è sempre con il 4x4 inserito a controsterzare con la macchina che scoda e pattina sopra la sabbia, finchè in un punto dove la sabbia è più soffice e profonda rimaniamo bloccati.

Non c’è verso, proviamo e riproviamo decine di volte, partendo sempre qualche decina di metri più indietro per avere più spinta, proviamo a mettere sassi a togliere sabbia ma proprio non riusciamo a venirne fuori, sempre nello stesso punto la macchina si ferma e non va oltre!

Per fortuna non siamo molto distanti da Salary, all’orizzonte si vede il Resort  e prima che sia troppo tardi, cioè che arrivi il buio, Mahery decide di incamminarsi per andare a chiedere aiuto!

Noi due rimaniamo li nei pressi della Polpa ad aspettare e, visto che non abbiamo altro da fare e che la spiaggia è proprio a due passi, il mare è bello e siamo completamente ricoperti di sabbia decidiamo che non c’è cosa migliore che farci un bagnetto. Dirò di più che se avessimo avuto provviste per la cena e la colazione, visto che abbiamo la tenda e i sacchi a pelo, saremmo anche potuti rimanere lì, senza problemi, chi vuoi che ci dia fastidio… non c’è anima viva.

Ci godiamo così un bel tramonto sul mare, spensierati, tanto prima o poi Mahery ci verrà a recuperare tanto sappiamo perfettamente che qualsiasi inghippo  in un modo o nell’altro si aggiusta, verrà risolto, davanti ai nostri occhi c’è solo l’immensità dell’oceano, che cambia colore man mano che il sole si abbassa.

Mahery, a bordo di un’altra 4x4 arriva dopo pochi minuti da quando il sole è sparito dietro l’oceano, in 2 minuti con l’aiuto degli altri 4 ragazzi che erano con lui, la polpa viene liberata e ci possiamo anche godere una fresca Coca che Mahery non ha dimenticato di portarci.

Arriviamo finalmente al Salary Bay, è quasi buio e siamo veramente sfatti, neanche la forza di dare un’occhiata in giro che ci fiondiamo dentro il bungalow per una doccia rigeneratrice.

E’ buio ma non c’è una luce e non vediamo altri turisti in giro, l’impressione è che il resort e la spiaggia e il mare siano favolosi, ma potremo essere più precisi l’indomani con la luce del sole, di certo il bungalow è bellissimo pulito curato e spazioso.

Cena presso il ristorante del resort, non è che avevamo altra scelta, mangiamo un buon trancio di pesce condito con spezie e zenzero accompagnato dalla solita birra 3 horses e tutta  la fatica fatta improvvisamente scompare.

Scopriamo che c’è un altro Vahaza e con stupore sentiamo che parla in Italiano, si chiama Franco è in Madagascar a Tulear per lavoro e si stà godendo alcuni giorni di riposo.

Si tratta di un ragazzo romano che lavora per uno studio di ingegneria. Qui in Madagascar studia il progetto e calcola le spese che ci vorranno per la i lavori di bonifica e rifacimento della strada che collega Tulear e Ifaty.

Ci facciamo una bella chiacchierata, ci confida che  il posto è bellissimo, il mare favoloso, ma non c’è nulla, nessuno svago, non ci sono altre persone…. lui cercava un po’ di pace, ma è solo e questo isolamento è troppo per lui, per cui la mattina successiva sarebbe tornato a Tulear.

Lo incontreremo di nuovo a Tulear nei pressi di un hotel.

Non ero più abituato a far tardi e bere qualche birra, tanto che quando torniamo nel bungalow verso le 23 cado in coma profondo!

 

Stamani non abbiamo un’orario prestabilito per la sveglia, durante questa giornata avremo una solo occupazione, l’ozio, ma nonostante questo già verso le 7 siamo in piedi.

Probabilmente l’abitudine delle mattine precedenti di svegliarci all’alba non ci permette di dormire più di tanto.

La giornata è bella ma non bellissima, c’è una leggera foschia ma la vista è comunque magnifica, un’immensa baia dalla spiaggia bianchissima e dall’acqua bassa e cristallina che sfuma su tutte le tonalità di blu dal celeste all’indaco, dove l’acqua è un po’ più profonda e di rosa vicino alla riva. (http://www.bnx.it/fotomalgasce/slides/File0006.html) (http://www.bnx.it/fotomalgasce/slides/88Salary.html)  

Credo che non ci sia posto migliore per ritemprarsi dalle fatiche dei giorni scorsi.

Stare  tutto il giorno in relax comunque non mi entusiasma particolarmente, seppur in un contesto incantevole, quindi tramite la reception chiediamo se è possibile fare un’escursione in piroga nei pressi della barriera corallina che vediamo a poche miglia davanti a noi.

In breve tempo, dal vicino villaggio di pescatori, arriva una piroga con la vela spiegata pronta a salpare con noi a bordo per una gita di un paio di ore.

( http://www.bnx.it/fotomalgasce/slides/84Piroga%20Vezo.html)

La piroga, come quella del fiume, non è altro che  un tronco scavato, rispetto a quella precedente è più stretta e più profonda, possiede un grande asse di legno parallelo allo “scafo” ancorato ad esso con altri due assi più piccolini, stile catamarano e a prua un albero dove è issata la “vela” che definirla tale è un puro eufemismo, visto che si tratta di sacchi di riso foracchiati e cuciti insieme.

Per me come possa navigare rimane un mistero!

Insomma in pochi minuti siamo già sulla barriera corallina. Sorpresa, anche Mahery è dei nostri, preciso che non sa nuotare!

Purtroppo di corallo non c’è più neanche l’ombra, è tutto morto, tutto devastato.

Credo che la colpa non sia da attribuire ai turisti, perché effettivamente  qui ne arrivano pochi e mi rimane difficile immaginare come abbiano potuto distruggere questa parte di barriera, mi è più facile pensare che i colpevoli di tale devastazione siano proprio i pescatori del vicino villaggio. Peccato, avrebbe dovuto essere un bel fondale da vedere, ci rifacciamo osservando il lento movimento dei tipici pesci colorati di queste acque, due dei quali finiscono tra gli arpioni artigianali della fiocina di uno dei due ragazzi che ci hanno accompagnato nell’escursione, che indossando una maschera stile oblò e con una decina di fiati si è procurato il pranzo(http://www.bnx.it/fotomalgasce/slides/85In%20piroga.html).

Rientriamo comunque soddisfatti dal giro che abbiamo fatto.

Mangiamo qualcosa al ristorante ed ora abbiamo tutto il pomeriggio per oziare sdraiati sulla spiaggia all’ombra di una specie di ombrellone fatto con le foglie di palme.

Tra una bagno e un altro, io mi leggo “farfalle sul Mekong” ed Anna “Afrozapping”, ci stiamo portando avanti per viaggi futuri, tra l’altro complice la bellezza del paesaggio che ci circonda fantasticare su viaggi futuri è veramente facile. Certo che viaggiare è una vera e proprio droga!

Prima del tramonto, decidiamo di fare una piccola escursione a piedi e passando dalla spiaggia raggiungiamo il vicino villaggio di pescatori.

Il villaggio è molto semplice: una serie di capanne sulla spiaggia, nulla di più e i soliti bambini vocianti che quando ci vedono lanciano il loro consueto saluto “Hallò Vahaza”, diverse piroghe sulla spiaggia alcune delle quali sottoposte a manutenzione da parte dei pescatori, alcune donne del villaggio che  preparano la cena, rigorosamente a base di pesce, ci guardano prima incuriosite poi immancabilmente ci regalano sempre il loro bellissimo sorriso, ed altre invece le trovo intente a fare bucato. Ritorniamo quando il sole è già tramontato, (http://www.flickr.com/photos/59316951@N00/315139024/in/set-72157594407908754/)  e ci fiondiamo direttamente al ristorante per la cena.

Stasera siamo soli anche l’altro Vahza se ne è andato, la cena è a  base di un’aragosta gigantesca alla griglia, sarebbe potuta essere buona, ma il cuoco purtroppo la cuoce troppo e la stessa diventa quasi immangiabile, per cui avendo ancora un po’ di fame decido di prendere dello yogurt preparato artigianalmente. Pessima scelta,  il connubio tra questi due cibi per il mio pancino  si rivelerà fatale. Passo quasi tutta la notte sopra la tazza del cesso. Per fortuna abbiamo portato l’Imodium che già prima dell’alba ha bloccato tutto! Riesco quindi  a dormire qualche ora.

 

La mattina è fantastica e, visto che io non c’è  la faccio ad alzarmi per le foto all’alba, stavolta ci pensa Anna (http://www.flickr.com/photos/59316951@N00/315139067/in/set-72157594407908754/).

Ci rimangono ancora solo poche ore da trascorrere in questo paradiso,  infatti la prossima meta che abbiamo pensato per concludere il viaggio è Ifaty.

La scelta di chiudere il viaggio a Ifaty è stata fatta perché vogliamo avvicinarci a Tulear,  dove tra due giorni prenderemo il volo che ci riporterà a Tanà, visto che domani dovremo salutare  Mahery, sigh sigh che inizierà un altro tour con una coppia di ragazzi Italiani.

Trascorriamo la mattinata all’ombra del solito ombrellone tra un bagnetto rinfrescante, una lettura in un silenzio surreale, rotto solo dal cinguettio dei tanti uccelli che aleggiano liberi nella baia e ad osservare i pescatori locali intenti nei loro lavori (http://www.flickr.com/photos/59316951@N00/315139327/in/set-72157594407908754/) .

Personalmente cerco di imprimermi ben bene nella mente i colori e le forme di questa  baia che difficilmente riuscirò a dimenticare.

Mangiamo qualcosa al ristorante e saldiamo il conto, che per gli standard malgasci è quasi una follia, spendiamo 46 euro a notte!!!, inoltre cosa più unica che rara troviamo anche da ridire con la ragazza che gestisce il Resort, ci vuole far credere che gli stiamo dando 10000 aryary in meno, anche se sia io che Anna abbiamo contato i soldi più volte, vabbè si tratta sempre solo di 4 euro, li lasciamo e ce ne andiamo con un po’ di amaro in bocca. Ci siamo imbattuti sulla prima persona malgascia che ha cercato di fare la furbetta!, di certo questo episodio non ha scalfito per nulla l’opinione straordinaria che ho di questo posto.

Siamo già in strada, e in macchina a volte mi soffermo  guardare Mahery che guida, ragazzi a pensare che queste sono le ultime ore che trascorriamo insieme mi fa venire il groppone alla gola, fortunatamente ci sono gli straordinari paesaggi che superiamo a rimettermi di buon umore.

Le baie sono una più bella dell’altra, totalmente incontaminate, arriviamo in un punto panoramico dove si possono scorgere km e km di spiaggia bianca e mare celeste.

Da questo punto in poi,  improvvisamente la vegetazione cambia di nuovo, torna ad essere quella tipicamente tropicale, con palme e una vegetazione non più arida e secca ma verde e rigogliosa, ci sono di nuovo i  baobab, di specie diversa da quelli che avevamo già visto, questi somigliano a delle gigantesche carote infilzate a terra al contrario.

Abbiamo ancora dei quaderni e delle penne da distribuire e nei pressi di un villaggio scorgiamo dei bambini vicini ad una struttura che dovrebbe essere una scuola, sono in quattro, chiedo a Mahery di fermarsi. Improvvisamente da quattro questi diventano quaranta, tutti ci vengono incontro correndo e urlando . AIUTO! Che facciamo, non abbiamo materiale per tutti. (http://www.flickr.com/photos/59316951@N00/315139889/in/set-72157594407908754/)

Mahery prende in mano la situazione si dirige verso la  scuola, va dal maestro, ci parla e gli lascia tutto il materiale che abbiamo. Questo chiama a raccolta i suoi alunni parla con loro e istantaneamente da questi parte un applauso di ringraziamento.

Ci rimettiamo in macchina per gli ultimi km prima di Ifaty, superiamo anche diversi villaggi dove vengono improvvisate delle pescherie all’aperto. (http://www.bnx.it/fotomalgasce/slides/94Pescheria.html) 

Ora la pista è diventata una strada ed io rimango a bocca aperta quando Mahery ci dice” Ragazzi è finita, ora inizia la strada!!”.

Lo guardo e sorridendo gli rispondo “ Te Mahery non ci stai con la testa!, quella di prima era un qualcosa non ben definibile, ORA INIZIA LA PISTA!!!”.

Mi guarda e ride a squarciagola….. già mi manca quella sua risata, quell’essere sempre positivo, quel vedere sempre il lato migliore delle cose, quel saper sempre che comunque ogni cosa si aggiusta, si sistema, un esempio, pochi km prima avevamo forato, in mezzo al nulla più assoluto e, sotto un caldo pazzesco non ha fatto una piega, è sceso, ha preso la ruota di scorta, l’ha cambiata a tempo di record, grondante di sudore,  senza un’imprecazione né uno sbuffo, anzi quando con la telecamera l’ho ripreso ha anche sorriso!, io al suo posto avrei oscurato il cielo di parolacce.

Questo è Mahery!!! UNA GRANDE PERSONA!!

Ma torniamo al viaggio, arriviamo ad Ifaty, nel tardo pomeriggio.

L’impatto non è dei migliori, sarà che non siamo più abituati alla gente, in giro nel villaggio ci sono anche molti Vahaza, qui il  turismo è arrivato, eccome se è arrivato e soprattutto c’è un genere di turismo che a me proprio non  piace.

Comunque non abbiamo molta scelta è tardi e dobbiamo scegliere l’hotel dove pernottare per i prossimi due giorni. Ne  giriamo diversi, molti sono pieni o hanno bungalow indecenti, ci dobbiamo accontentare di uno dei meno peggio, che comunque  è abbastanza brutto, piccolo, incolore e molto molto caldo e  per di più vicino ad una discoteca che durante la notte sparerà musica fino quasi all’alba.

Cerchiamo di capire in che posto siamo arrivati, quindi prima di cena  facciamo un giretto lunga la spiaggia, che per inciso non ha nulla a che vedere con le meraviglie dei giorni scorsi,  scopriamo che in giro siamo una delle poche coppie “ufficiali”,  a spasso si vedono quasi esclusivamente coppie composte da fanciulle del posto avvinghiate in finte smancerie a personaggi anche abbastanza anzianotti, quasi tutti di nazionalità francese…. Sarò pure un po’ bigotto ma lo spettacolo che c’è in giro proprio non mi\ci entusiasma per nulla, io\noi cerchiamo genuinità, gente vera, semplice, e qui il turismo di massa, i soldi portati dai Vahaza hanno fatto sparire tutto. Purtroppo .:-(

Non oso pensare cosa diventerà questo che era, fino a pochi anni fa, un tranquillissimo villaggio di pescatori, una volta che la strada da Tulear sarà asfaltata.

Non ci pensiamo due minuti di più e decidiamo che questa sarà la prima e l’ultima sera a Ifaty.

Durante la cena al ristorante dell’hotel comunichiamo a Mahery la nostra volontà  di andarcene domani mattina presto, dove finiremo non lo so, lo vedremo domani, il giorno che dovremo salutare Mahery.

Insomma, per me\noi si tratta probabilmente dell’unica esperienza negativa in questi due viaggi.

 

La sveglia è presto, che novità, facciamo colazione e siamo prestissimo in strada diretti, per il momento a Tulear, per andare all’agenzia di Air Mad ad acquistare il biglietto di ritorno a Tanà.

Lungo la pista, che ora somiglia ad una strada sterrata, Mahery ci propone un paio di soluzioni, per i prossimi due giorni, la prima è Anakao, una bella isola posta pochi km a sud della città, famosa anche per i fondali e la barriera corallina, la seconda è soggiornare a Tulear, in qualche hotel in città, oppure andare in un hotel, non famoso e fuori dalle classiche rotte turistiche, dal nome Mangrove, situato di fronte alla penisola di Sarondrano, dove Mahery dice di aver accompagnato altri due viaggiatori prima di noi  che si sono trovati bene.

Quello che più ci solletica sarebbe Anakao, ma per raggiungerla bisogna prendere un traghetto ci vogliono alcune ore, il gioco non vale la candela, decidiamo quindi di  trascorrere questi due ultimi giorni  presso l’hotel Mangrove.

La strada che stiamo percorrendo fiancheggia la costa, le spiagge che superiamo non sono più belle e scenografiche come quelle dei giorni scorsi, la sabbia è gialla e le mangrovie la fanno da padrona. (http://www.flickr.com/photos/59316951@N00/420229375/).

Nel giro di un’oretta siamo già a Tulear e la prima tappa la facciamo proprio presso l’ufficio di Air Mad.

La commessa è la stessa di tre anni fa, non abbiamo nessun problema ad acquistare i biglietti, ora speriamo che non succeda come nel precedente viaggio quando ci hanno lasciato a terra. E’ già successo una volta non saremo così sfigati!

Mahery stamattina ha appuntamento a Tulear intorno alle 12 con la nuova coppia di Italiani, che da qui partiranno per il loro tour del sud lungo la costa fino a Fort Dauphin, quindi abbiamo un po’ di tempo per fare un giretto in città.

Anche Tulear, famosa per la miriade  pousse-pousse  (http://www.flickr.com/photos/59316951@N00/315140967/in/set-72157594407908754/), a distanza  di  tre anni mi sembra migliorata, hanno fatto diverse opere di restauro e altre ne stanno facendo ancora, le strade sono quasi tutte asfaltate, un’altra conferma del miglioramento generale avvenuto in questi anni.

Giriamo tra le bancarelle del mercato per fare gli ultimi acquisti, tra le altre cose  compriamo anche un CD di musica malgascia, kilalaky, una sorta di ballo tropicale caratteristico della zona, che utilizzeremo in Italia per il montaggio del filmino.

Nei pressi di un hotel, puntualissimi, arrivano i due ragazzi italiani, a bordo di un 4x4 guidato da un amico di Mahery, provengono dall’Isalo.

Presentazioni di rito una chiacchierata insieme, ci raccontano il loro giro e quello che andranno poi a fare i prossimi giorni ed è già ora di andare, Mahery ci deve accompagnare all’hotel Mangrove per poi tornare dai due nuovi clienti e trascorrere con loro altri 20 giorni circa.

Saluti, baci e abbracci , non nascondo che ho avuto, verso quei due ragazzi, un po’ di sana invidia.

Arriviamo presso la nostra ultima sistemazione in Madagascar, dopo solo una mezz’ora di macchina, il posto dove è situato l’hotel Mangrove è carino,  i bungalow sono decenti e immersi nel verde, purtroppo non c’è la spiaggia e l’acqua vista la presenza di mangrovie è abbastanza limacciosa, però Mahery ci dice che poco distante c’è Sarondrano con una bella spiaggia e un bel mare.

Siamo arrivati purtroppo al momento più duro del viaggio, il saluto, l’arrivederci a Mahery, si perché spero proprio che sia un arrivederci, d'altronde lui ha detto che un giorno vorrebbe venire in Italia, e io proprio non me la sento di scartare l’ipotesi di un nuovo ritorno nell’Isola rossa.

E’ dura gente eccome se è dura, ci siamo affezionati a questo ragazzo, con lui abbiamo condiviso 30 giorni di vita, abbiamo condiviso gioie e dolori, risate e momenti tristi, chiacchierate lunghissime a momenti di silenzio, abbiamo cantato insieme, abbiamo superato anche momenti duri e sfiancanti e lui con la sua dolcezza, vera pura genuina, il suo essere positivo, ci ha sempre aiutato a tenere alto il morale, siamo stati ospiti nella sue umile casa, abbiamo conosciuto la moglie e la figlia, insomma salutarlo è dura….

Annalisa proprio non riesce a trattenere le lacrime e piange a dirotto, Mahery è più o meno sulla stessa lunghezza d’onda e anche io che solitamente sono più duro a queste emozioni a stento trattengo qualche lacrimuccia, non riesco a dire una parola se non un GRAZIE Mahery!

GRANDE ti porteremo per sempre nei nostri cuori.

E’ caldissimo e Mahery strombazzando ci ha lasciato, passiamo mezz’ora seduti senza dire una parola, quando propongo di farci una passeggiata per smaltire la botta, decidiamo di andare a visitare la grotte che si trovano a 5 km di distanza dall’hotel.

Mai e poi mai avrei fatto una cosa del genere, una passeggiata con il sole a piombo e con 35 gradi di temperatura, ma camminare ci aiuta e in breve tempo, tra un bagnetto rinfrescante e un altro raggiungiamo la grotta di Sarondrano (http://www.flickr.com/photos/59316951@N00/315140107/in/set-72157594407908754/).

Più che una grotta e una pozza di acqua dolce situata a  pochissimi metri dal mare, l’acqua è color smeraldo, mi fa venire in mente qualche Cenote che ho visto in Messico.

Riusciamo a fatica, perché l’acqua è abbastanza fredda, anche a fare un bagnetto, arriva anche un gruppo di ragazzi della zona, tutti armati di ciambella maschera e boccaglio trascorrono un po’ di tempo nell’acqua a giocare con un pallone e a rincorrersi.

Ora il nostro umore è migliorato, nei pressi della grotta ci sono un paio di piroghe e dei ragazzi che ci offrono”a pagamento” un passaggio per tornare all’hotel, accettiamo di buon grado visto che non abbiamo proprio voglia di rifarci tutta la strada anche per il ritorno.

Uno dei due ragazzi ci dice che vive a Sarondrano, ci chiede se l’indomani vogliamo fare un’escursione nel suo villaggio e nelle spiagge limitrofe.

Concordiamo il prezzo e accettiamo volentieri, appuntamento alle 8 di domani mattina sotto il nostro hotel.

Ci godiamo il tramonto sulle poltroncine dell’hotel, rigorosamente rivolte verso il mare (http://www.flickr.com/photos/59316951@N00/315140881/in/set-72157594407908754/), e la cena anche stavolta sarà superba, un’insalata russa di verdure e tonno fresco affumicato, spiedini di pesce con una salsina al pomodoro, e una macedonia fantastica: mango, ananas, e lime!

A letto immersi nella quiete, pace assoluta.

 

Ci siamo, è praticamente il nostro ultimo giorno di viaggio, domani sarà quasi e solo una giornata di trasferimenti vari, ce lo vogliamo proprio godere bene.

Sorpresa alle 7.30 il nostro amico con la piroga ci stà già aspettando sotto l’hotel, facciamo colazione in fretta e in poco tempo siamo già a bordo di questa ennesima piroga.

C’è bassa marea, il mare è una tavola e non soffia un filo di vento,  la temperatura, anche se presto a queste latitudiniè già molto calda, la “vela” sulla piroga non viene neanche issata in queste condizioni climatiche sarebbe assolutamente inutile, per attraversare il tratto di mare che separa l’hotel Mangrove a Sarondrano i due ragazzi dovranno pagaiare per almeno un’oretta.

Ci lasciano proprio all’inizio del villaggio di pescatori con la promessa che verso le 15 ci dovremo rifar vivi per tornare indietro.

Inizialmente giriamo all’esterno del villaggio sulla spiaggia, ci sono diversi pescatori intenti a riparare o costruire nuove piroghe, (http://www.flickr.com/photos/59316951@N00/420232770/)  ma soprattutto attira la nostra attenzione un gruppo di bambini che giocano a palla sulla riva.

Non vogliamo essere troppo invadenti e ci sediamo ad osservarli da qualche metro di distanza, ma passa ben poco tempo quando sono proprio loro, incuriositi,  ad avvicinarsi a noi. (http://www.bnx.it/fotomalgasce/slides/98Comitato%20d'accoglienza.html)  (http://www.bnx.it/fotomalgasce/slides/File0003.html)

(http://www.bnx.it/fotomalgasce/slides/100Comitato%20d'accoglienza.html)

Che spettacolo i bambini da queste parti, sono veramente l’emblema della spontaneità, dell’innocenza, non possiedono nessun gioco, si sono costruiti un pallone con le reti da pesca, ma giocano ugualmente, si rincorrono, si divertono, sono spensierati,  altro che la play station.

In poco tempo mi ritrovo a giocare una partita di calcio con loro che hanno come scopo non tanto di vincere, di segnare un gol, ma di passare la palla al VAHAZA, per poi ricevere il mio passaggio, sono al centro della loro attenzione tanto che in 10 minuti mi hanno sfiancatoL (http://www.flickr.com/photos/59316951@N00/315140631/in/set-72157594407908754/)

Anche Annalisa ha il suo bel da fare per tenere a bada le bambine vocianti che si avvicinano e vogliono essere fotografate o riprese con la telecamera per poi rivedersi e urlare la loro sorpresa nel vedersi comparire in quel piccolo schermo!

Non so ma questi sono veramente i momenti più belli che rimarranno per sempre impressi nella nostra mente e conservati nel nostro cuore.

Ormai sfiniti, decidiamo che è meglio lasciare questi bambini ai loro giochi e proseguiamo la nostra passeggiata, l’intenzione è quella di andare a pranzo presso l’unico posto turistico della zona,  che si dovrebbe trovare poco distante dal villaggio,  tra l’altro Mahery ci aveva detto che era gestito da un Italiano, un genovese di nome Andrea che poi abbiamo scoperto essere amico di due altri ragazzi che erano stati da lui ad agosto .

Prima però, dedichiamo un po’ di tempo alla tintarella e un una bella passeggiata fino alla barriera corallina visto che il  colore turchese del mare invoglia e c’è bassa marea.

Il tempo vola e il nostro stomaco ci dice che è già ora di pranzo quandi ci dirigiamo allo Chez che prende il nome del gestore.

Ci dicono subito che Andrea è fuori a pesca con un turista francese e che a minuti dovrebbe rientrare. Infatti dopo poco in lontananza scorgiamo una piroga che sta rientrando da dietro la barriera corallina.

E’ proprio lui, scendono dalla barca con tre tonni giganteschi, uno di questi lo puliscono lo fanno a tranci e lo cucinano sopra una griglia.

Cosa cercare di meglio!?, siamo nel punto dove passa il tropico del Capricorno, isolati dal mondo, con un pescione freschissimo una bella birra ghiacciata e uno scenario da favola. Per inciso Chez Andrea è veramente attraversato dal tropico del Capricorno!.

Riusciamo solo a fare una breve chiacchierata con Andrea, ha fretta, deve andare a Tulear per delle compere, ci ha dato l’impressione della tranquillità fatta a persona,  comunque credo non fosse molto interessato ad avere turisti in giro, se n’é andato dall’Italia per cercarsi un suo angolo di paradiso senza stress, senza pensieri, senza problemi, almeno quelli che pensiamo noi, lavoro soldi carriera, immagino quindi che avere Vazaha tra i piedi per lui non sia proprio il massimo.

Mannaggia è già ora di tornare all’appuntamento con i due ragazzi che ci devono riportare all’hotel, giriamo le spalle a questo paradiso e torniamo verso il villaggio.

Torniamo sui nostri passi e ci dirigiamo verso il villaggio, i due ragazzi sono già li che ci aspettano, quello più intraprendente e spigliato, che prova a parlare con noi in uno strano incrocio tra francese inglese e malgascio, si offre di farci vedere la sua casa e ci fa conoscere sua moglie, la madre e la figlia.

La casa è allo stesso tempo grande e modesta, ma non manca proprio nulla, compreso un piccolo bagno e anche un piccolissimo spazio di fuori dove cucinano sui carboni il pesce, insomma non stanno proprio male, inoltre per non far mancare nulla anche al resto della comunità ci porta in un’altra capanna ci fa sedere e ci fa portare da una  donna delle bibite semifresche che sorseggiamo circondati dal solito stuolo di bambini (http://www.flickr.com/photos/59316951@N00/315140558/in/set-72157594407908754/).

Così pagando qualche ariari in qualche modo anche noi abbiamo contribuito a tutta la comunità.

E’ ora che lasciamo questo piccolo angolo di paradiso dove il tempo scorre calmo, al ritmo lento delle onde che si infrangono sulla barriera corallina, dove la popolazione del villaggio ha poco o nulla e il loro principale sostentamento arriva dalla pesca,  ma a vederli da vicino trasmettono una tranquillità e una pace che dubito siano disposti a barattare per qualche comodità in più..

Abbiamo fatto di nuovo il canale che collega la penisola di Sarondrano con il Mangrove Hotel, salutiamo i due ragazzi, paghiamo quanto pattuito e rientriamo  prima del tramonto, ci sediamo sul balcone ad aspettare la magia che immancabilmente il sole ci regala tutti i giorni alle 18. (http://www.flickr.com/photos/59316951@N00/315140881/in/set-72157594407908754/).

Scopriamo che non siamo soli, è arrivato un altro gruppo di turisti, per lo più Francesi, uno di loro ci invita a cenare insieme a tutti gli altri, loro offrono le bevande.

Si sono portati dalla Francia diverse bottiglie di Bougiolè nonché una bottiglia di Champagne  e una di Gin!

Passiamo una bellissima ultima serata in Madagascar, a mangiare, bere e conversare con questo gruppo multietnico, altre noi, ci sono 2 coppie di Francesi, un Sud Africano, la sua compagna Inglese, un altra coppia Inglese, tutti che faranno una crocera sulla barca a vela del Sud Africano,  infine, a forza, facciamo mettere a tavola con noi anche il cameriere, ovviamente malgascio.

Finiamo così la serata, di nuovo sulle poltroncine del terrazzino che danno sul mare sopra di noi c’è un infinito tappeto di stelle e siamo anche mezzi “ciucchi”, in queste condizioni vengo sopraffatto dalla nostalgia di un paese che dovrò presto lasciare e che così tanto ha fatto breccia nel mio cuore.

Sarà meglio che ce ne andiamo a letto, altrimenti non ci alziamo più.

 

Ok, ci siamo è l’ultimo giorno, stasera si parte dobbiamo per forza di cose tornare nella nostra patria.

La sveglia la mettiamo abbastanza presto, dobbiamo rifare i bagagli e andare in aeroporto, quest’anno non vogliamo assolutamente ripetere l’esperienza del precedente viaggio, quando Air Madagascar, facendo over-booking ci ha lasciato a piedi a Tulear, quindi decidiamo di arrivare in aeroporto con almeno tre ore di anticipo.

Dal tassista prima di farci lasciare ci facciamo accompagnare in centro a Tulear dobbiamo fare alcune piccole compere tra cui un CD musicale, ci avviciniamo ad un baracchino chiediamo un CD di musica caratteristica, possibilmente Kalalaky, il ragazzo ci gira il terminal di un computer e ci invita a scegliere tra almeno 1000 canzoni!

Vuole che siamo noi a creare la nostra compilation! Presi dal panico più totale ci rimettiamo nella mani del ragazzo!

Poi, una volta a casa scopriremo che non solo ci ha fatto una ottima compilation musicale ma ci ha messo anche i video. GRANDIOSO!

E’ già tardi, ci facciamo immediatamente portare in aeroporto.

Stavolta tutto fila liscio, prendiamo il volo in perfetto orario e in perfetto orario, le 15, atterriamo per l’ennesima volta a Tanà.

C’è Malala ad aspettarci, è sempre timida, forse perché ancora non ha un’ottima padronanza dell’Italiano, comunque ci viene incontro e ci abbraccia forte.

Con lei c’è un amico di Mahery, (Mahery, Mahery…. chissà dove si trova di bello ora), un tassista che si offre di stare con noi per farci fare un giro e farci passare il tempo fino a quando non dovremo essere di nuovo al terminal per il volo internazionale.

Insieme ci facciamo potare in un mercato, una cosa un po’ per turisti, ma non abbiamo molto tempo e non vogliamo disturbare ancora molto, facciamo un giro con Malala che ci fa da cicerone fino  all’ora di cena, quando chiediamo espressamente di tornare all’aeroporto di Ivato.

Malala insiste per andare a cena da lei, stavolta rifiutiamo ci sembra veramente troppo.

E’ buio siamo di nuovo all’aeroporto per i saluti, il cielo per la prima volta in questi giorni si è fatto veramente cupo e minaccia pioggia, d'altronde sarebbe stagione, salutiamo Malala a anche stavolta una lacrimuccia viene spontanea.

Facciamo in tempo ad entrare nel terminal che il tempo si scatena, si abbatte su Tanà un temporale tropicale di inaudita violenza. Anche questa volta il tempo è stato dalla nostra.

Non ci rendiamo neanche conto, tutto passa troppo in fretta e all’una siamo già sul volo di rientro.

 

Mi porto dietro una nuova incredibile esperienza in terra rossa, ho scoperto anche in questo viaggio posti di natura spettacolari incredibili come l’Avenue de Baobab o il parco Tsingy, posti di mare incantevoli come Salary o Andavadoaka, posti al di fuori di ogni tempo come i villaggi lungo il fiume Tsiribihina, ma soprattutto l’incontro con la popolazione malgascia lascia sempre sorpresi, la loro gentilezza, la loro tranquillità , il loro sorriso sono cose che non si dimenticano facilmente inoltre ho potuto incontrare di nuovo Mahery e questo viaggio non ha fatto altro che legare ancor di più la nostra amicizia, spero proprio di incontrarlo di nuovo, prima o poi, o in un nuovo viaggio o in un possibile suo viaggio in Italia, non si sa mai.

Arrivederci MAHERY arrivederci ISOLA DALLA TERRA ROSSA!

   

 

 

Diego e Annalisa. 

Per chi ci vuole contattare dieanna1@alice.it

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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