LAOS: UNO STATO D’ANIMO
Racconto di viaggio 2006
di Paola Lucca
Siamo arrivati due giorni fa a Bangkok. Avevo letto che all’aeroporto si poteva prendere il treno per il nord invece che recarsi nella caotica, rumorosa e gigante Bangkok. Cosi abbiamo fatto. All’aeroporto cerchiamo la stazione, e ci indicano che e’ in fondo all’altro terminale (terminale domestico). Vediamo i binari del treno e cosi capiamo che siamo nella direzione giusta. Alla stazione dovevamo anche ritirare il biglietto per il viaggio in cuccetta del giorno dopo (Ayutthaya- Nong Kai per raggiungere il Laos) che diligentemente avevamo riservato gia da casa. Improvvisamente sul cammino spariscono tutte le scritte con lettere per noi leggibili, e cosi non sappiamo piu dove andare. Se gia’ in Grecia non era sempre facile capire la scrittura, bhe, in Tailandia era ancora piu’ difficile visto che le righette, curvette, puntini, e vari disegnini ci dicevano decisamente poco. Avevo letto che il treno e’ uno dei mezzi di trasporto piu’ usati dai turisti. Effettivamente di turisti a quella stazione ce n erano: noi due. Un signore pero’ annuisce quando ci vede perplessi, cosi continuiamo. Finalmente arriviamo a quello che ci sembrava un ufficio di riservazione. Entriamo e ci fanno subito prendere il biglietto con il numero, un po’ come alla posta da noi. Presto e’ il nostro turno. Mostro al signore dello sportello l’ e-mail di conferma per la nostra riservazione della cuccetta, lui comincia a cercare, cercare, …...dopo 5 minuti ecco che trova la traduzione in tailandese del mio biglietto. Stupendo, tutto aveva funzionato. Pero’ poi non procede, si attacca al telefono e passano altri 10 minuti. Cosi io, che penso che tutto deve sempre funzionare subito se no c’e’ un qualche pasticcio, comincio a pensare che la nostra riservazione non c’e’, cosa possiamo fare d altro………………fino quando invece pian piano il tipo prende una ricevuta, la riempe per filo e per segno, stampa i due biglietti, ed ecco fatto. I biglietti per l’indomani sono pronti. Ora ci resta solo di prendere il primo treno per Ayuttaya, un oretta di treno. Altro sportello, e ci dicono che il primo treno e’ alle 18h02. perfetto, sono le 18h00. E’ un treno di terza classe ma per una tratta cosi breve poco importa. Bene, ma da dove parte il treno? Da che binario? Da li, ci dicono. Io pero ero un po’ insicura e cosi poi decido di richiedere ad una signora che aveva uno sguardo simpatico. Lei prende il mio biglietto, lo guarda tre volte, poi dice di si, almeno credo io. Era il binario giusto. Nel frattempo gli amici o parenti della signora le chiedono cosa le avevano chiesto i turisti, e cosi un attimo dopo una decina di occhi sorridenti ci guardano annuendo con la testa. Era proprio il binario giusto. Un treno si avvicina. Treno diesel tutto argentato. Saliamo e la carrozza e’ confortevole, c’e’ spazio per tutti, tanta aria perche’ le finestre sono tutte aperte e al soffitto ci sono una decina di ventilatori in fila indiana, tutti rotanti e accesi cosi da far girare l’aria. Il viaggio comincia. Dal finestrino sembra di vedere un documentario. Eravamo saliti sul treno giusto perche’ il controllore quando vede il nostro biglietto lo buca senza fare nessun commento. Bene. Ora pero dovevamo sapere quando scendere. Siamo partiti tre minuti in ritardo (!!) cosi arriveremo tre minuti dopo se il treno non ci fa scherzi. Come riconoscere la nostra stazione di Ayutthaya? Sono quasi le 19h00, orario teorico d’arrivo, cosi io comincio a guardarmi in giro. Un attimo dopo arriva il controllore e ci dice: signori, la prossima è la vostra fermata (cosi ho interpretato il suo gentile sorriso). …..geniale….. Ayutthya e’ molto tranquilla, niente di quello che pensavo quando mi immaginavo la Tailandia. Bellissimo.
Ayatthatya e’ la vecchia capitale dello siam e ora fa parte del patrimonio
mondiale dell’Unesco. Citta carina, piena di bei templi e circondata dal
fiume. per visitarla abbiamo deciso di prendere una bici perche’ oltre ad
essere il mio mezzo di trasporto preferito era anche necessario visto il caldo
che faceva. La temperature avrebbero affievolito anche l’entusiasmo del piu’
grande archeologo, quindi figuriamoci il mio. La giornata in bici e’ stata
bellissima, nonostante il caldo, la sella non delle piu’ comode, la
“grandezza” della bici, e la difficoltà di condurre nella corsia contraria
alla nostra, cioe’ come gli inglesi. Puo’ sembrare una stupidata ma ad ogni
incrocio, se non devi andare dritto ma devi girare a destra o sinistra, ecco che
immancabilmente entri nella corsia sbagliata.
Il viaggio notturno con le cuccette
per raggiungere in laos e’ andato a meraviglia e comodissimo! Qui in laos la
difficoltà del condurre a destra e sinistra non c’e’, perche’ e’ come da
noi (divertente alla dogana lo scambio di corsie tra tailandia e laos). Nel
pomeriggio sono anche riuscita a convincere carlo di andare in un wat a pochi km
dal centro per fare un ora di meditazione vipassana insieme ai monaci buddisti
(come indicato sulla guida lonely planet). Il tempio si trova in un boschetto un
po fuori, tranquillo, come tutta la citta’ d’ altronde (dicono la capitale
piu’ tranquilla del mondo). All’aperto, una decina di turisti e due monaci,
ecco che la meditazione comincia. 20 min di meditazione stando seduti, 20 min
camminando, e altri 20 stando ancora seduti. La meditazione consisteva nel
pensare a NIENTE, solamente al proprio respiro quando si stava seduti e ai
proprio piedi quando si camminava. Io dopo 5 min che stavo seduta (esagero, 2
minuti) ero gia’ stufa di ascoltare il mio respiro (che comunque sentivo gia
ogni volta che mi mettevo i tappi nelle orecchie per non sentire altri rumori) e
ho cominciato a guardarmi in giro. sbagliatissimo!!!!!!! Ho cominciato ad
osservare il monaco tutto avvolto nel suo panno arancione, le altre persone che
invece si concentravano su niente molto piu’ di me, gli uccellini che
canticchiavano nel bosco, gli altri monaci in arancione che ci osservavano
intanto che noi (gli altri) stavano meditando. Ho resistito per 20 minuti
seduta, pensando anche al mal di sedere, di ginocchia, di gambe a furia di
starmene seduta. Finalmente ci si alza, ed ecco che devi pensare al tuo piede e
basta. Dopo tre minuti decido che non fa per me, non ne posso piu’ di non
pensare a niente e del mio piede non mi interessa molto. Cosi decido di uscire
dal tempietto e mi siedo sotto un albero leggendo l’introduzione della guida
(le religioni in laos). Dopo un minuto che sono seduta mi si avvicina un monaco,
anche lui tutto avvolto nel suo panno arancione, e cominciamo a chiacchierare
del piu’ e del meno. parla benissimo inglese e ha voglia di chiacchierare.
simpatico, mi racconta cosa sta studiando, come e’ la scuola per loro monaci,
senza nessun obbligo di restare nell’ ordine, vuole sapere come e dove
abitiamo noi, quante lingue si parla, tra le prime domande se ero li da sola o
se avevo un boyfriend. In un attimo ecco che mi accorgo che gli altri hanno gia
finito la meditazione. L’idea di andare a fare l’ora di meditazione non e’
stata niente male, anzi.
A vientiane abbiamo visitato il pha that luang, il tempio simbolo della religione buddista e della sovranità del laos. E’ un tempio completamente ricoperto d oro, 500 kg di oro. Quasi mezzogiorno, una giornata con un tempo stupendo e con un sole caldissimo. Il tempio risplendeva, luccicava che quasi non si riusciva a guardarlo! Tutto d’oro, con lo sfondo un cielo blu blu. Sembrava un po’ di essere al mare, quando tutte le goccioline riflettono la luce del sole e danno a chi lo guarda una strana sensazione di perdita di equilibrio. Il monumento in se non e’ chissa’ cosa, ma questa sensazione di grandissima luce dava un impressione davvero sbalorditiva. La sera invece la luce assume colori completamente diversi in riva al mekong, quando si intravedevano un sacco di barchette che silenziosamente scorrono sul fiume, quasi fossero foglie di alloro.
Ieri siamo partiti da Vientiane per
venire a Vang vieng. Alla partenza dall’albergo un signore francese che lavora
per una ONG e soggiorna nel nostro stesso albergo mi dice che Vang vieng, a
parte il paesaggio e le montagne circostanti, non e’ un gran che. E’ piena,
cosi dice lui, di gente alternativa che viaggia con il sacco in spalla (oddio
penso io, anche noi abbiamo lo zaino!!), con il piercing, il tatuaggio, che beve
birra e fuma droghe diverse. L’ambiente non e’ davvero il massimo e lui non
ci starebbe a lungo. Io il tatuaggio non ce l’ho, il peircing nemmeno, non
fumo, non mi ritengo particolarmente alternativa. che fare?????? Non era
la prima persona che mi faceva queste riflessioni, quindi non sapevamo se
fermarci due giorni o se proseguire diritto fino a luang prabang. Per
interrompere comunque il viaggio, altrimenti decisamente troppo lungo, decidiamo
di fermarci comunque. Ecco che siamo a Vang vieng. Di gente strana io non ne ho
vista. E’ tutta gente normale come me (....eh....eh...) certo che il concetto
di strano e’ un po’ soggettivo. chi e’ alternativo e chi e’ invece
normale?? Pensando di trovare poi in serata magari quelle persone strane che a
quanto pare invadevano il paese abbiamo deciso di concederci un bell’albergo
con un po di lussi. Camera con vista stupenda sul fiume e le montagne, balcone,
bagno privato, acqua calda (Orchid Guest House). Il tutto per 5 dollari a testa.
Mancavano gadgets tipo televisione, ma se gia’ a casa a volte non serve,
figuriamoci qui. Oggi con la bici abbiamo fatto una gita stupenda in mezzo a
risaie, piantagioni di banane, papaye, ..... per perlustrare un po’ la
regione. di gente strana non ne abbiamo ancora incontrata, .....solo a cena sta
sera un laotiano ci ha offerto da bere perche’ era tutto contento e stava
festeggiando (che cosa non so ancora adesso). Ci ha offerto un bicchiere di
birra, dallo stesso bicchiere aveva offerto da bere anche a tutti i suoi amici
del tavolo. Come dire di no? Chiaramente accettiamo, speriamo in bene. Per il
momento comunque la salute e’ con noi. L’indomani partiamo per Luang prabang,
a quanto pare citta’ stupenda. Una signora francese che vi arrivo’ nel 1909
disse: che meraviglioso paradiso del dolce far niente custodisce questo paese,
protetto dalla selvaggia barriera del fiume contro il progresso e l ambizione
dei quali non ha alcun bisogno! In questo secolo di scienze esatte, di facili
profitti, di predominio del denaro, sara’ Luang prabang il rifugio degli
ultimi sognatori, degli ultimi amanti, degli ultimi trovatori?
Devo dire che questa citta’ mi ispira molto. Interessante che questa signora
abbia fatto queste osservazioni all’inizio del secolo scorso!!
Lasciamo Vang vieng, paesino al bordo di un fiume e in mezzo a montagne che
sembrano dei panettoni, ma alte fino a quasi 2000 metri, e ricoperte di
vegetazione fitta fino ad in cima alle vette. Le montagne sono calcaree,
paesaggio carsico, un po’ da favoletta. Il viaggio in bus e’ stato anche
molto bello, un susseguirsi di paesaggi mozzafiato, bananeti che risplendono al
sole, papaye giganti, e tutto il bordo della strada ricoperto di cose che gli
abitanti vogliono seccare prima di utilizzare chissà per cosa. Il viaggio in
bus lo abbiamo fatto con un bus VIP ( !!!). Il bus, in effetti, era VIPissimo!!!!
Tendine sintetiche con un sacco di pon-pons che abbellivano ulteriormente i
contorni della finestra e tutto il corridoio, e che con il muoversi del bus a
sinistra e a destra oscillavano lungo tutto il percorso. Televisione, per
fortuna spenta, probabilmente visto che il DVD con le canzoni un po’ lagnose
come sempre qui in Asia non piaceva ai turisti, o altra possibilità, forse
possibilità molto piu’ probabile, che la tele non funzionava, visto il numero
di scotchs che la teneva assieme. Cosi si sentiva solamente il rumore forte del
motore, quasi sempre in prima o massimo seconda, in salita perché il motore era
praticamente fuso e non aveva abbastanza potenza, in discesa perche’ se no i
freni non avrebbero retto e alla prima curva un po’ troppo curvante saremmo
passati fuori dalla strada. Paesaggi stupendi, e finalmente dopo 4 ore pausa per
pranzo. Accaldati, l’aria condizionata del bus VIP era spenta, o non
funzionava, per ragioni ecologiche (??!!). Ecco che in mezzo al nulla c’e’
un paesino, ci si ferma al ristorante che offre un BUFFET. Nelle tre pentole ci
appare una minestra di uno strano colore, con della specie di carne che non era
proprio quello che ci aspettavamo di appetitoso. Cosi lasciamo perdere e
decidiamo di dare un occhiata alle bancarelle. Cosa mangiamo ???????? Cosa ti
sembra quello??? sembra cioccolata?? Non ho voglia di dolce !! Ma non e’
cioccolata.... mi sembra che c’e’ anche dell’aglio, peperoncino, ma cosa e
di cosi fine ???.... sembra del pesce secco (dopo alcuni giorni capiamo che si
trattava di alghe secche)?? bho, passiamo oltre..... e quello.... ?? Ma?? a dire
il vero l’antibiotico l’ho con me, il Tamiflu anche (nonostante
probabilmente non serve a niente da quello che hanno detto recentemente), il
Bioflorin pero no (accidenti alla farmacista che ha preparato la farmacia da
viaggio.....), pero’ star male non e divertente comunque. Infine trovo una
cosa che mi sembra mangiabile....frittelline con semi di sesamo. Chiedo cosa
e’ e mi dice sugar potatoes.....penso che può andar bene, inoltre dovrebbe
anche avere del cocco, cosi lei aggiunge, e penso che male non dovrebbe essere.
Finalmente decidiamo di comperare le frittelline… un dollaro mi chiede….
Compro le mie frittelline e cerco di aprire il sacchettino di plastica che e’
chiuso con un sacco di nodini. Nel frattempo sento che uno mi dice (il
conducente del bus che ci portava a luang prabang)... not good, not good…al
che io penso che non parli con me e continuo ad aprire il mio sacchettino......
not good, not good, not good, not good… e va bhe, cosa ha da dirmi questo
qui…… not good per lui, per me magari si, cosa ne sa lui se a me sarebbe
piaciuto oppure no??? non si dice che sui gusti non si discute??? Ma lui
continua, cosi gli do retta. Mi spiega: non sono da mangiare crude, bisogna
prima cuocerle e friggerle, solo allora si possono mangiare. Pero adesso e ora
di ripartire....bene, richiudo il mio sacchettino e ripartiamo, il sacchettino
lo regalerò poi a qualcuno e noi mangeremo poi tra un paio d’ore quando
arriveremo a Luang prabang.
Eccoci ! a prima vista sembra un posto stupendo, come me lo aspettavo e come un
po me lo avevano descritto. Siamo appena stati a cena lungo il mekong,
squisitissimo !!!!!!!!!!! Non so se perche’ avevamo una gran fame, o se era
squisito veramente. Alghe del fiume fritte (delizia), pesce in foglie di banane,
e polpette di bufalo!
Alle 6 di mattina ci alziamo e
andiamo a vedere la processione dei monaci. Bellissimo!! Ci avevano raccontato
che alle 6h30 i monaci camminano lungo la strada principale e la gente gli offre
il cibo, riso, foglie di banana con dentro non so cosa, dolcetti, cose strane,
pane, baguette, un po’ di tutto. Loro sfilano davanti alla gente con la loro
bisaccia, ti gettano un’occhiata, ti aprono il loro sacchettino e tu gli
infili dentro una piccola porzione di cibo. Cosi ci alziamo un po’ stralunati,
buissimo, un po’ freddo, metto su tutti i vestiti che ho nello zaino e usciamo
a cercare i monachelli. Il tempo passa e loro non arrivano. Alcuni turisti pero
si, molta gente, laotiani che vogliono fare i loro doni e laotiani che vogliono
vendere il cibo da loro preparato ai turisiti che lo offriranno poi ai monaci.
Cosi cominciamo a prendere alcune porzioni di cibo. Ma poi come fare??? per
fortuna la signora che ci ha venduto le cose ci spiega bene (!!!) in laotiano
come fare: siediti li e aspetta, non dare tutto ad uno ma fai delle piccole
porzioni, aspetta che loro te lo chiedano,..... aspetta, aspetta, aspetta,
aspetta, aspetta, aspetta, aspetta, aspetta, aspetta, aspetta, aspetta, aspetta,
aspetta, niente, non arriva nessuno. Almeno avrei potuto dormire un po’ di
piu’, va bhe’................ poi finalmente arriva un po’ di luce, arriva
il giorno e cosi fa un po meno freddo. Finalmente, alle 7h10 ecco che arriva un
monaco tutto arancione, .... ma non e’ solo uno, sono due, tre, quattro,
cinque, ........ dieci ……………. Venti …………. 50 ………
tutti avvolti nei loro lenzuoli arancioni chiaro, arancioni scuro, quasi
marroni………….ma sono tantissimi, cento, duecentro,
100000000000000000000000000000! Ed io ero li seduta per terra sul marciapiede.
Loro passano, ne un sorriso, appena uno sguardo, un piccolo cenno aprendo la
loro bisaccia. Con un po’ di vergogna prendo una pallina di riso, una foglia
di banana con dentro che ne so io cosa, e via, la metto nella loro borsetta. E
cosi via dicendo per uno, due tre .......ma solo quelli che mi degnavano almeno
di uno sguardo, altri invece passano via senza nemmeno voler qualche cosa. Poi
quelli che pensano di aver gia abbastanza, tolgono un po’ del loro cibo dalla
loro borsa e lo mettono in scatole di cartone in fondo al viale, dove il cibo va
ai bambini piu’ poveri. E’ stato un momento molto bello. Dopo mezz’ora era
finito tutto, loro sono ripartiti nei loro templi e in strada non c’era piu’
nessuno. Nel pomeriggio ci siamo fermati un’oretta a discutere con un monaco
in un tempio (ce ne sono tantissimi). Bello! Per me molto piu’ interessante
che ascoltare il mio respiro che fa su e giu’ e il mio piede che si alza ed
abbassa. Forse anche perche’ mi sembrava che la meditazione a ventiane fosse
un po una trovata per turisti, cosi come mi aveva confermato anche il monaco che
avevo conosciuto li fuori. In fondo non avevamo ricevuto abbastanza informazioni
su come farlo e sul vero scopo. Durante i tre minuti di meditazione mi ero
accorta che la monaca che teoricamente faceva meditazione con noi si annoiava
anche lei, anche lei si guardava in giro, altri monaci facevano foto dei turisti
occidentali che meditavano chissa che cosa,...........Il monaco di Luang prabang
invece ci ha raccontato un sacco di cose, della biblioteca che sta organizzando
li nel suo tempietto, di come e difficile oggi trovare ancora giovani che hanno
veramente la vocazione di fare i monaci e che poi lo restano,.....lui maestro
monaco riceveva 3 dollari al mese, un suo amico che era monaco ma che aveva
appena cambiato strada e ora era guida turistica guadagnava fino a 20 dollari al
giorno. Come mantenere la vocazione?? Impresa ardua, pero’ il monaco pensava
che si puo’ benissimo combinare il buddismo e la loro spiritualità con il
turismo (forse per questo che a Ventiane i monaci facevano diverse foto alla
meditazione di noi occidentali?? Magari stavano preparando una pagina web?)
L’atmosfera di Luang prabang era proprio come me la immaginavo e come la
descriveva all’inizio del secolo scorso quella signora francese con quella
bella frase riportata dalla guida. Atmosfera un po’ nostalgica di ambienti
coloniali francesi un po’ decadenti, wat sparpagliati in tutta la cittadina,
strade sterrate, e monaci avvolti nei loro panni arancioni in ogni angolo della
strada. Che atmosfera stupenda!
L altro giorno abbiamo lasciato la cittadina per il viaggio lungo il mekong che
ci porta al confine con la tailandia, la zona del cosidetto triangolo d’oro.
Il viaggio era magnifico, in mezzo a paesaggi stupendi. Ci siamo fermati dove
c’erano alcune case, e abbiamo trovato alloggio per 2 dollari e mezzo a testa.
bhe, ...............non era proprio il lussi sfrenato, pero’ andava. Cena
squisita come sempre, dormita, e poi di nuovo in barca. Il secondo giorno
abbiamo deciso insieme ad altri turisti di prendere la barca veloce. Invece di 9
ore ne impiegava 3. Sembravamo dei missili. Ci sediamo in fila indiana lungo la
barchetta, lunga e affusolata, poi il conducente accende il suo motore enorme e
viaaaaaaaaaaaaaaaa!! WWWWWWWWWWWWWWWWWWWWWWWWWWWWWWWWWWWWWWWWWWWWWWWWWWWWWWW, un
casino assordante per tre ore!!!! Per fortuna avendo visto missili simili il
giorno prima i tappi per le orecchie li avevamo sotto mano, cosi ci hanno
salvaguardato l’udito. Un gran rumore ma e’ stato divertente. Anche
perche’ i paesaggi bellissimi li avevamo gia visti 9 ore il giorno prima, e
ancora 9 ore sarebbero stati belli, ma alla fine un po’ ripetitivi. Cosi senza
nessun problema abbiamo valicato la frontiera Laos-Tailandia a nord, delimitata
proprio dal fiume. Per arrivare a chiang mai (da dove facilmente si
trovavano i voli per qualsiasi direzione, specialmente conveniente quelli che si
trovano in internet a basso costo), abbiamo preso due bus. Prima uno locale,
molto pittoresco, anche lui con una fila di ventilatori rotanti attaccati al
soffitto, e poi uno veramente VIPpissimo. Poco dopo la partenza arriva l hostess
e ci offre da bere, poi qualche cosa da mangiare, poi il tovagliolo bagnato per
pulirci le mani. Poco dopo decide che sono le 20h00. E’ tardi e tutti devono
dormire. cosi spegne tutte le luci e ci porta nel buio a Chiang Mai.
Come descrivere l impressione dell’ arrivo in Tailandia. Bhe, come ogni paese
le differenze sono enormi. Secondo un’espressione coniata dai francesi, i
vietnamiti piantano il riso, i cambogiani lo guardano germogliare e i laotiani
lo ascoltano crescere. Gia questa frase mi era piaciuta molto e mi aveva
incuriosito per quanto riguarda il Laos. Ed effettivamente in parte e’ ancora
oggi vera. In Laos c’e’ un’atmosfera molto particolare, e penso che sia il
paese che più mi e piaciuto tra i tre sopra citati. Si dice anche che una loro
vera e propria norma di vita sia quella di cercare di evitare qualsiasi tensione
psicologica che si possa evitare. E chi non e’ d accordo con questo?? Dal loro
punto di vista, se un attività lavorativa non contiene l’elemento
divertimento con ogni probabilità sara’ solo fonte di stress. In una pensione
in Laos la camera non veniva rifatta se non richiesto espressamente, ma non
perché la famiglia non ne avesse il tempo, bensi perché stavano tutti fuori ne
piazzale a giocare a palla. Il tipo che teneva le chiavi delle camere la sera
alle 8h30 disponeva le chiavi delle camere tutte in fila sul bancone e lui si
infilava nel suo sacco a pelo e si addormentava tranquillo fino al giorno dopo.
Dopo le dieci di sera non c’era praticamente piu’ nessun rumore, e la calma
continuava per tutta la notte fino al mattino inoltrato (ben diverso dal Vietnam
dove dalle 5 di mattina risultava impossibile dormire). E’ anche vero che non
si puo’ dire che non facciano niente, anzi. Li tutto e’ fatto a mano, senza
l’aiuto di tante macchine. Gli orti lungo il mekong, verdissimi e piantati di
fresco adesso che l’acqua si e’ ritirata e ha lasciato piu’ terra a
disposizione, son tutti arati a mano, piantati a mano, tutti bagnati a mano ogni
mattina con l’annaffiatoio. Gli abitanti scendono fino al fiume con
l’annaffiatoio, lo riempiono d’acqua, risalgono fino all’orto, bagnano
qualche metro di terra, e cosi via dicendo finche hanno bagnato tutto, per delle
lunghezze incredibili. Tutti viene lavato al fiume, e le donne si recano al
fiume, con le ceste di vestiti, e per ore lavano. Altre invece al fiume fanno
rotare degli enormi piatti fondi, con dentro un po d acqua, terra, sabbia e
chissà, magari qualche granello d’oro. Cosi quando noi sfrecciavamo via lungo
il fiume si vedevano questi piatti roteanti alla ricerca di qualche milligrammo
di ricchezza, che chissà se poi trovavano.
Dopo una decina di giorni in Laos mi ero resa conto che forse il Laos era il
paese che piu’ rispecchiava la mia idea di sud-est asiatico, o forse quello
che a me piu’ piaceva ritrovare. Una bellissima atmosfera di pace e calma, con
una natura stupenda e della gente molto gentile. Il Laos e’ un po' come un
paese al di là del tempo, un posto fuori dal comune, o forse più che un paese,
uno stato d'animo, uno luogo nello spirito come l'ha definito qualcuno. Tutto si
muove al rallentatore. Senza urgenze particolari, senza la pressione di un
orologio che ti impone il ritmo, senza il senso di colpa per non aver riempito
la giornata. E' la luce del giorno ad imporre il ritmo, tutto il resto è
superfluo.
L’arrivo in Tailandia e’ stato traumatizzante. Arriviamo al nord, chiang
mai, dove pensavo ci fosse ancora la Tailandia genuina (si, ma cosa significa
genuina in fondo??). Siamo un po’ stanchi, sono le 10 di sera e abbiamo gia
fatto 4 ore di speed boat, 2 di bus per arrivare a Chaing rai, e altre 4 per
arrivare fino a Chaing mai. Assieme a due altri australiani che abbiamo
conosciuto durante il viaggio prendiamo un tuc-tuc che ci ha mostrato una foto
di un albergo carino. Sappiamo che spesso ti fregano cosi, ma in fondo cosa
cambia un albergo o l'altro. Basta dormire e riposarsi un po. Saltiamo sul
tuc-tuc che ci porta dal terminale del bus in citta. Le prime sensazioni sono:
un gran casino, un gran rumore, tantissime auto, tante insegne luminose,
pubblicità, catene tipo McDonald, bar, ristoranti, tantissima gente….ma che
gente c’e’ nei bar dai quali esce spesso una musica assordante, ma non tipo
quella che sentivamo appena in Laos, bensi l’ultimo CD americano o comunque
occidentale? Ma dov’e’ finita l’Asia che mi aspettavo? Non esiste piu’?
Mi accorgo anche che la maggior parte delle persone nei bar rumorosi sono
turisti uomini, occidentali, la maggioranza nordici, biondi, grossi, grassi,
ingombranti, con la risata rumorosa e fastidiosa, tutti con la loro birra sul
tavolo, ma con di fianco altre birre, tante, tutte gia vuote, e vicino un esile
tailandese. Il sorriso delle tailandesi mi sembra diverso da quello che vedevo
in laos e mi fa una grande tristezza e un grande schifo per quegli uomini che
vedo li. Tanti di una certa eta’, ma tanti anche giovani. che
schifooooooooooooo…….dove siamo finiti??? Cosi finalmente arriviamo
all’albergo della foto. Entro e saliamo al sesto piano (senza ascensore ma con
30 grandi) per vedere le camere. Il posto mi da una strana sensazione. Ma qui
affittano le camere al giorno o a ore???? Proprio non mi sento bene e decidiamo
di farci portare altrove. Un posto molto carino ma tutto pieno, un’altro
anche, finalmente esausti finiamo in uno un po’ medio, ma almeno la gente era
diversa da quella che avevo intravvisto nei bar. La camera non costa niente (5
dollari) e cosi si pensa di star li una notte. Il giorno dopo, riposata, la
citta’ mi sembra un po’ meno tragica della sera prima ma niente di speciale.
Di speciale ci sono i tailandesi, che si sono dimostrati di una gentilezza
incredibile. Incontrandoli per strada ti chiedono cosa fai, da quanto sei li, se
ti piace, dove vuoi andare, ……e cosi ne approfitto per chiedere cosa
consigliano come isola per fare 2 giorni di mare. Puket me la sconsigliano,
troppo cara per me dicono loro. Consigliano Ko Samet, non troppo distante da
Bangkok e con delle bellissime spiagge bianche, natura, semplice e poco
costruita, bungalow in riva al mare, ecc…. Perfetto.
Arriviamo a Ko Samet. Il bungalow molto semplice ma non male. Lo
abbelliamo con le cose che abbiamo comperato per strada e cosi diventa quasi
carino. L’isola effettivamente e’ bella, lunga 7 kilometri e larga 1, la
percorriamo a piedi lungo la costa, di baietta in baietta, di spiaggetta in
spiaggetta, tutte bianchissime e con un acqua azzurra. Pero’ anche li mi sento
perseguitata. Da ogni parte che mi giro vedo un occidentale con una tailandese,
a volte addirittura mano nella mano. Cosi ci spiegano che siamo troppo vicini a
Pattaya. Se gia la Tailandia e conosciuta per essere uno dei regni della
prostituzione, Pattaya ne e’ una delle capitali. E questi uomini frustrati
vanno a Pattaya, comprano il pacchetto che consiste nel vitto, alloggio e
chiaramente tailandese compresa. Decido cosi di noleggiare una canoa, prendere
la mascherina da snorkeling e mettere i paraocchi. Il mare e’ bello, pesci e
alcuni coralli colorati.
Torniamo a Bangkok dove si trova di tutto di piu’, magliette (la maggior parte
sintetiche) firmate con il coccodrillino o l’ometto che gioca a golf da
cavallo, foulards, pantaloni, oggetti in legno, artigianato bello e brutto. A me
del coccodrillino sulla maglia interessa poco e ho un impressione di fastidio e
di gran caos. Dopo una bella dormita il caos mi sembra meno assordante, ma
l’impressione degli occidentali in cerca di tailandesi non svanisce e mi
soffoca la maggior parte del bello della Tailandia. Per fortuna prima di partire
finiamo in un parco dove i tailandesi passano la domenica pomeriggio. Un parco
gigante, dove tante famiglie vanno li la domenica per scappare un po’ dal
caldo e il traffico della citta. Al tramonto, quando la temperatura scende un
po’ e si alza invece una gradevole arietta, ogni famiglia fa volare un
aquilone, alto nel cielo. Questa e forse la piu’ bella immagine che mi rimane:
un parco enorme, pieno di gente che guarda in alto nel cielo per seguire con gli
occhi il loro aquilone, tanti aquiloni, tantissimisssssimiiiiiiiii, che
svolazzano, con sullo sfondo le punte luccicanti del grande palazzo reale
abbellite ulteriormente dalla luce del tramonto.
Paola Lucca