Isole Vergini Britanniche

Diario di viaggio    26.12.2002 – 06.01.2003

di Marco Monottoli

 

Il nostro viaggio ha inizio in una gelida mattina di dicembre: si parte alla volta delle Isole Vergini Britanniche.

Un viaggio lungo che ci porterà nel vasto arcipelago che si estende fra l’Oceano Atlantico ed il Mar dei Caraibi, con Puerto Rico ad ovest e il gruppo delle Isole Leeward ad est. Qui bellezze naturali e tradizioni, folclore e leggende convivono da sempre in perfetta simbiosi.

Cristoforo Colombo fu il primo a scoprire l’arcipelago durante il suo secondo viaggio nel 1493, in quelle che si ritenevano le Indie. La prima ad essere avvistata fu St.Croix, oggi statunitense, ma gli scogli, le isole e gli isolotti che si susseguirono agli occhi degli spagnoli furono talmente tanti da richiamare alla mente dell’ammiraglio genovese la leggenda di Sant’Orsola. Bellissima figlia del re di Bretagna chiesta in sposa da un principe pagano, per sottrarsi alle nozze, lei che aveva fatto il voto di castità, fuggì in pellegrinaggio a  Roma in compagnia di undicimila vergini e da qui si diresse a Colonia, allora invasa dagli Unni, il cui re chiese in sposa Orsola.  Al suo netto rifiuto il re la fece uccidere insieme alle sue undicimila compagne, creando così un esercito di vergini martiri cui queste isole caraibiche devono il proprio nome.

Dalla loro scoperta, le Isole Vergini vedono il susseguirsi di coloni e pirati spagnoli, inglesi ed olandesi, che vi si stabilirono, rivendicandone il possesso:  le navi corsare furono a lungo le più assidue frequentatrici di queste acque, a caccia di prede fra i bastimenti che partivano dalle isole caraibiche e dirette in Europa. Primo e più famoso di tutti , Sir Francis Drake, il famoso pirata inglese che approdò con le sue navi nel 1585.

L’arcipelago per la sua particolare posizione e costituzione era un ottimo riparo per la navi corsare che in queste acque trovarono sempre ottimi rifugi, tanto che ancor oggi si narra di favolosi tesori nascosti sugli isolotti e nelle baie più deserte e solitarie.

Le Isole Vergini tornano definitivamente sotto la corona britannica nel 1672 godendo di un fiorente periodo di sviluppo grazie all’impegno dei coloni inglesi che qui si stabilirono e che incrementarono la coltivazione della canna da zucchero e del cotone.

La prima capitale dell’arcipelago fu Virgin Gorda cui si sostituì dal 1742 Road Town, nell’Isola di Tortola.

Le Isole Vergini sono ancora parte integrante del Commmonwealth britannico: il governatore viene nominato dalla regina ed il primo ministro viene eletto a suffragio universale.

Il legame con la Gran Bretagna si è mantenuto molto forte ed è particolarmente evidente in numerosi piccoli dettagli quali lo stile di vita, le cassette postali, le cabine telefoniche rigorosamente rosse ed il vezzo di chiamare il Drake’s Passage – la profonda fossa sottomarina che attraversa l’arcipelago – “the Channel” quasi a sentirsi più vicini alla Manica.

Le Isole Vergini Britanniche, tutte di origine vulcanica ad eccezione di Anegada, l’unica isola corallina, contano una cinquantina fra scogli, lembi di terra e isole , e solamente 16 sono abitate.

Particolare attenzione è rivolta alla salvaguardia ambientale e alle bellezze naturali che fanno dell’arcipelago un vero  e proprio paradiso tropicale, l’isola deserta dalle bianche e solitarie spiagge: l’attenta politica di protezione e l’istituzione del Parco Nazionale delle Isole Vergini, per volontà del miliardario americano Laurance Rockefeller , ha permesso al mare dell’arcipelago di conservare intatto il proprio colore azzurro, che sfuma dal lapislazzulo allo zaffiro, fino all’intensità della giada.

Molte sono le iniziative che ancora oggi si battono a difesa del mare, della barriera corallina , della flora e della fauna terrestre ed acquatica.  

Quando si arriva alle Vergini, si viene accolti dal profumo dell’aria e dal brillante colore dei gialli fiori di zenzero, dai variopinti ibisco e dalle numerose e colorate qualità di bougainvillee: grazie agli alisei che soffiano  tutto l’anno ed al clima costantemente  mite ed asciutto, l’arcipelago crea la tipica immagine del sogno tropicale.

Il turismo si è mantenuto un fenomeno di élite e le strutture sono realizzate nel totale rispetto dell’ambiente circostante, discrete, mai oltre due piani, sempre immerse nel verde ed affacciate con discrezione sul mare e gli ospiti delle Vergini trovano qui relax e privacy nel più assoluto rispetto del “presuntuoso” slogan prescelto dalle autorità locali: “We are different”.

 

 

Vista del North Sound dal Gorda Peak

 

Un piccolo bielica ci porta da Puerto Rico a Virgin Gorda sorvolando le Vergini Americane e le  Vergini Britanniche.  Da lontano vediamo la sagoma inconfondibile della Vergine grassa ed in pochi minuti, con una stretta virata su Copper Mine Point ,  il piccolo aereo si posa sulla pista del piccolo aeroporto di Virgin Gorda.

Il sole caldissimo ed il vento fresco, ci fanno dimenticare il freddo che abbiamo lasciato ed abbiamo voglia di un bel bagno e un po’  di riposo,  stesi al caldo sole caraibico.  La nostra jeep è già pronta all’uscita del piccolo terminal e partiamo alla volta del Mango Bay Resort, dove alloggeremo per i prossimi giorni, facendo attenzione alla guida…qui si tiene  la sinistra.                                                                                                                                                  

Percorriamo la North Sound Rd., la strada principale dell’isola che da Sud si inerpica fin quasi all’estremità del Gorda Peak per poi scendere ripida a Leverick Bay, a Nord.

La jeep arranca lungo la sconnessa e stretta strada dalla quale il panorama è straordinario: appena dopo Milton Hill, una lunga discesa ci indica che stiamo per arrivare nella parte più stretta dell’isola a sinistra della quale si trova la famosa Savannah Bay ed una serie di bellissime e deserte spiagge fra cui Maho Bay, la nostra. 

Virgin Gorda: Savannah Bay

 

A destra l’oceano, a sinistra il Drake’s Passage con Tortola ed i Dog’s sullo sfondo…..ci siamo e seguiamo l’indicazione prendendo uno stretto passaggio sterrato che ci porta all’ingresso del Mango Bay Resort.

Fermiamo la jeep e facciamo il check-in: dalle finestre dell’ufficio la vista è incantevole , il profumo ed il colore dei fiori  è intenso ed il silenzio è interrotto dal canto degli uccelli.

Prendiamo possesso della nostra casa: è bellissima, in riva al mare, con un grandissimo portico arredato con grandi poltrone di vimini intrecciato, un lungo tavolo di legno, un barbecue e qualche lampada.  L’interno, ampio e spazioso, è arredato con gusto semplice ma raffinato in cui predominano le grandissime vetrate che danno un grande senso di profondità e libertà.

Prendiamo confidenza col luogo e ci concediamo un pò di relax: Maho Bay è una lunga spiaggia di fronte alla quale due differenti reef corallini la proteggono dalle correnti del Canale, rendendola calma e adatta ad ogni attività.   La spiaggia, non tanto profonda, è orlata da alte mangrovie, palme, arbusti di zenzero e ibisco.

…che meravigliosa sensazione …è dicembre ed immergersi nelle calde acque caraibiche, sotto un sole che brucia, è veramente strano per noi che siamo abituati al freddo invernale: qui non ci sono stagioni e le variazioni climatiche sono irrilevanti.  

 Il sole sta tramontando ed il cielo si colora di arancio: sono da poco passate le 17 e fra poco farà buio…dobbiamo andare a fare approvvigionamenti…prendiamo il nostro Suzuki rosso 4x4 e ci dirigiamo verso Spanish Town, il capoluogo dell’isola: il market si trova all’interno del Virgin Gorda Yacht Harbour, fiore all’occhiello del piccolo villaggio, dove trovano riparo lussuosissimi velieri che offrono uno splendido colpo d’occhio decisamente inusuale  per queste isole.

Nella piazza adiacente al marina, oltre al piccolo market, si trovano alcuni negozi di souvenirs e di materiale nautico; Spanish Town non offre molto di più, a parte qualche ristorantino ed un paio di bar lungo la strada principale.

Riempiamo un grande carrello di tutto e carichiamo le pesanti borse in macchina certi che di fame non moriremo di sicuro e rientriamo a casa.  E’ indubbio che questo primo giorno ci vede un pochino casalinghi, ma d’altra parte dobbiamo organizzarci ed infatti, circondati da decine di borse della spesa, invadiamo la piccola cucina, un locale ricavato all’interno del grande porticato, delimitato da un pergolato di legno intrecciato ricoperto di bougainvilee coloratissime…siamo in paradiso, c’è silenzio, il mare è calmo e , lontano, si vedono le luci delle altre isole…che pace…; il dopo cena è dedicato alla stesura delle escursioni che vogliamo fare, sia su Virgin Gorda che su alcune delle altre isole, lasciando un po’ di spazio anche all’ozioso dolce far niente. 

La prima escursione ci porta a visitare una delle zone più caratteristiche e certamente uniche di Virgin Gorda, indicato con il termine  The bath, i bagni.  La stretta e dissestata strada si inerpica per poi scendere nella pianeggiante parte meridionale dell’isola, costituita prevalentemente da una bassa vegetazione di cactus, tamarindi e frangipane, interrotta da piccoli boschetti di palme.  

 

 Virgin Gorda: The Bath

 

Arriviamo ad un grande spiazzo dal quale si domina tutta la zona: di fronte a noi il Sir Francis Drake  Channel  e Tortola, sotto The Bath con le sue tipiche ed enormi rocce levigate dal vento.

…un drink ci vuole….lo sorseggiamo su di una bellissima terrazza a strapiombo su un mare blu cobalto  punterellato di bianche vele che tranquille attraversano il Canale…questo è il regno della vela e le B.V.I. sono uno dei principali punti di partenza per molti appassionati diportisti.

Decidiamo di scendere…il sentiero che conduce al mare è difficoltoso, stretto e molto ripido…(qualcuno ha le stampelle e fa un po’  fatica)…le radici dei grandi alberi spuntano nel terreno e ogni tanto qualche piccolo serpentello ci taglia la strada: siamo arrivati.

Una bella spiaggia, un capanno, qualche palma ed i giganteschi massi che sembrano essere scivolati dall’alto, questa la prima immagine di questo stranissimo luogo…ci posizioniamo con i nostri teli, un po di protezione solare e via in acqua…il mare qui non è tranquillo e le onde sono alte…ma è una meraviglia; dopo un bella nuotata decidiamo di andare a fare un giro di perlustrazione…dicono ci siano dei passaggi fra i grandi massi…infatti eccoli….talmente stretti e bassi che per accedervi spesso è necessario strisciare . Il paesaggio è veramente strano ma ancor più particolare è il modo col quale si raggiungono le tante spiagge di questa zona: bisogna armarsi di agilità e contorsionismo per passare da una spiaggia ad un’altra…ma poi dopo tanta fatica lo straordinario impatto scenico è reso ancor più suggestivo dal contrasto dei limpidi colori della vegetazione, del mare e della sabbia…è veramente bello, peccato che il mare sia agitato…oggi c’è molto vento. 

Virgin Gorda: Little Dix Bay

 

I giorni trascorrono all’insegna del movimento e del relax, sotto un caldo ed invitante sole, talvolta oscurato da basse nubi cariche d’acqua: I violenti scrosci arrivano puntuali sul far del tramonto, ma per fortuna durano poco tanto che cercare riparo è una fatica inutile…basta aspettare qualche minuto ed il sole torna a splendere e a scaldare.

Sulla piccola isola gli scenari variano notevolmente: risalendo da sud verso nord si incontrano diverse baie fra le quali la bella e riparata Little Dix Bay, sulle cui sponde sorge un esclusivo e discreto resort immerso in una vegetazione lussureggiante e molto ben curata…la calma della spiaggia, l’acqua cristallina ed un sole caldissimo facilitano il nostro ozio…passeremo tutto il giorno in questa paradisiaco luogo, fra bagni di sole e belle nuotate fino alla vicina barriera.

…vogliamo andare ad Anegada, l’unica isola corallina dell’arcipelago…non è comodo raggiungerla ed il mezzo più veloce è senz’altro l’aereo.

…un colpo di vita…noleggiamo un piccolo aereo 4 posti con tanto di pilota a nostra disposizione ed un auto ad Anegada …ed il pranzo a base di aragoste sarà servito in un capanno sulla lunga spiaggia di Loblolly Bay.

 …l’appuntamento con il pilota è fissato per le 8 di oggi 31 dicembre 2002…ci armiamo di maschera, pinne asciugamani e quanto necessario e via verso l’aeroporto…la giornata non è tra le migliori, ma confidiamo nella buona sorte.

Ci aspetta David, questo il nome del pilota, un ragazzo olandese che si è trasferito alle Vergini da diversi anni, che qui abita e lavora come pilota per una compagnia privata di Tortola, portando a passeggio i turisti come noi.

Anegada

 

Ci aspetta David, questo il nome del pilota, un ragazzo olandese che si è trasferito alle Vergini da diversi anni, che qui abita e lavora come pilota per una compagnia privata di Tortola, portando a passeggio i turisti come noi.

Saliamo a bordo del piccolo aereo, e dopo qualche istruzione, rulliamo sulla pista e via si parte…è prestissimo ed il sole stenta ad uscire dalle insidiose nubi che coprono il cielo: sono pochi gli sprazzi di azzurro…è tutto troppo nero….speriamo !!! sarebbe un vero peccato…proprio oggi.

Sorvoliamo Virgin Gorda e, nella baia del North Sound, centinaia di barche a vela sono alla fonda…festeggeranno qui il nuovo anno…che spettacolo tutti questi puntini..

Entriamo ed usciamo da basse nubi ed ecco all’improvviso spuntare la bassa Anegada, con la sua laguna smeraldo, le lunghissime spiagge bianche ed il grande reef che la circonda…ci stiamo preparando ad atterrare…la vegetazione è bassa e non particolarmente rigogliosa e, dall’alto, sembra disabitata…

Atterriamo sull’air strip dell’Auguste George Airport di Anegada, fra oleandri e grossi cespugli di zenzero…parcheggiamo il nostro aereo, come se fosse un auto, di fronte all’aerostazione che è  poco più di una baracca con tanto di bandiera ed antenna radio: ci attende il “capo scalo” che va via quasi subito…per oggi probabilmente non sono previsti altri arrivi aerei.  La giornata sembra essersi messa al meglio e le grosse nubi sopra la nostra testa, corrono veloci  in un cielo blu intenso: ci crogioliamo al sole seduti su una panchina di legno in attesa dell’arrivo della nostra jeep, che non dovrebbe tardare molto ad arrivare.                       

Sono da poco passate le 8,40 e da lontano una nube di polvere corre veloce verso di noi: è la nostra macchina. L’autista è un buffo ometto creolo, piccolo e grassoccio con un viso simpatico e sorridente: ci accoglie con un “happy new Year” e una bella risata…via si parte.

Sul cruscotto della macchina una bambolina di gomma attacca con ventosa emette degli strani lamenti ad ogni buca…è veramente divertente anche perché non riuscivamo a capire da dove provenissero questi strani “uheuheuheuhe”….ma poi tutto fu molto chiaro dato il numero di buche lungo la strada ….ci

stiamo dirigendo verso la costa nord dell’isola lungo una stretta strada sterrata che taglia in due la piatta e secca Anegada: non c’è anima viva, solo qualche cane.

…ci accoglie Diane, una “mamy nera” simpatica ed ospitale: ci fa visitare il suo capanno e ci informa che da li a poco qualcuno andrà a pescare le nostre aragoste.

C’è un bellissimo sole e non perdiamo altro tempo…via in spiaggia per un bel bagno: ci prepariamo di tutto punto con pinne, maschera e boccaglio ed entriamo nelle turchesi acque di Anegada per una visitina alla vicina barriera corallina che, nonostante la corrente raggiungiamo in poco…non ci sono molti pesci ma è piacevole spinnettare fra le grandi formazioni coralline che però non hanno nulla a che vedere con quelle viste nell’arciperlago di Los Roques.

Appena il tempo di asciugarci al sole e fare una bella passeggiata su questa solitaria spiaggia che il cielo si oscura d’improvviso, il vento rinforza ed i colori si spengono….il fragore delle onde dell’oceano sulla barriera aumenta…accidenti che peccato…speriamo solo sia passeggero.

…ha piovuto tutto il giorno….ma il nostro pranzo di aragosta sotto il capanno non è mancato, anche se un po bagnati e infreddoliti ed anche un po delusi dall’esito della giornata.

A metà pomeriggio David ci informa che sarebbe meglio partire…la stazione radio di Tortola ha annunciato un peggioramento delle condizioni meteo ed è quindi meglio decollare al più presto onde evitare di dover rimanere ad Anegada per la notte…il che non sarebbe male, penso fra me e me, ma è solo un mio pensiero che non estendo agli altri!…siamo di nuovo in aereo ed il tempo è veramente brutto…incrociamo le dita e decolliamo.  Nonostante voliamo a bassa quota gli scossoni non mancano, alcuni veramente forti e bruschi…tanto che David ha dei dubbi sulla possibilità di atterrare a Virgin Gorda , meglio Tortola…e noi come facciamo ? chiediamo….un po sconcertati.  Intanto la sagoma di Virgin Gorda è ormai molto chiara davanti a noi e David, con un colpo di cloche, spinge la prua del piccolo aereo in alto e con una strettissima virata, inizia le operazioni di discesa fra le gobbe del Gorda Peak…i vuoti d’aria e gli scossoni sono impressionanti ed il piccolo aereo sembra spinto dalla forza del vento più che dai suoi motori: vediamo l’airstrip di Virgin Gorda sotto di noi.  Piove che Dio la manda ed il vento è fortissimo…David è bravissimo e dopo due tentativi andati male eccoci a terra….abbiamo l’aragosta che non si sa bene dove voglia andare…scendiamo un po tremolanti e David ci saluta….decolla per Tortola.

Continua a piovere ma all’orizzonte finalmente un po di chiaro…rientriamo a casa inzuppati e un po delusi dalla brutta giornata, ma comunque soddisfatti per aver visto un’isola veramente insolita e particolare.

Il tempo sembra essersi messo al bello e, dopo il classico black-out serale che ci costringe ad accendere le tante candele che abbiamo comprato, ci organizziamo per le prossime escursioni gustandoci le ottime aragoste acquistate ad Anegada: è l’ultimo dell’anno e vogliamo festeggiarlo così, una bella cenetta a lume di candela in riva al mare…il black-out ci ha proprio favorito.

Il 2003 ci da il benvenuto con un’incantevole giornata che sfruttiamo per oziare, nuotare e curare la tintarella: ma abbiamo già in programma la visita del nord dell’isola.   E’ presto e partiamo alla volta di Leverick Bay attraverso il Gorda Peak che, con i suoi 415 m., costituisce il punto più alto di tutta l’isola occupandone l’intera parte mediana. Questa zona è venuta a costituire il Gorda peak national Park visitabile grazie ad una fitta rete di sentieri che culminano alla torre di osservazione, dalla quale si gode un incomparabile panorama.

Fermiamo la jeep in un’area di sosta lungo la strada: dalla parte opposta parte uno dei sentieri che ci condurrà all’interno del parco fino alla torre.  Camminiamo per quasi un’ora, circondati da una varietà incredibile di piante esotiche e tipicamente locali, ed eccoci all’osservatorio: il panorama a 360° è grandioso e scorgiamo la costa nord-ovest con la piccola Leverick Bay ed una lunga serie di isole e isolotti fra cui Mosquito  Island,  Eutatia Island  e   Prickly  Pear Island, tranquillamente adagiate quale naturale riparo di tutto il Golfo di North Sound.

 

 

 

Un veloce giro per I negozietti eleganti del piccolo centro, qualche acquisto di libri e cartoline…ma i prezzi sono davvero esagerati: qui alle BVI tutto è esageratamente caro.

Riprendiamo la nostra jeep e ritorniamo verso il Gorda Peak per visitare altre spiagge ed altre zone.

Virgin Gorda: leverick Bay

 

Le stradine sono davvero impervie e malridotte tanto che, nonostante il 4x4, spesso slittiamo come se

fossimo su una lastra di ghiaccio…viaggiamo a velocità molto ridotta godendoci il panorama ma anche  e soprattutto per evitare di cadere nei dirupi sottostanti.

La vacanza sta scivolando verso i suoi ultimi giorni e non ci resta che organizzare un giro a Tortola e nelle isole intorno.   All’imbarcadero nei pressi dello Yacht Club c’è già una gran folla di persone ad attendere il grande aliscafo che collega Virgin Gorda con Tortola; molte di queste persone però non saliranno e sono qui solamente perché attendono i rifornimenti provenienti dalla capitale…generi alimentari, pacchi, posta. 

Lasciamo Virgin Gorda e cominciamo la corsa sul Canale verso Tortola: la grande baia dell’isola è gremita di piccole e grandi barche fra cui un’enorme quattro alberi battente bandiera inglese che quasi copre la piccola Road Town, la principale città dell’isola oltre che capitale e fulcro economico e politico dell’arcipelago.

Il grande albero di natale di fronte al palazzo in stile coloniale del governatore è il nostro punto di partenza in questa calda mattina del 3 gennaio: la principale strada di Road Town è gremita di piccoli negozi, botteghe artigiane e pubs…niente di particolarmente attraente al di la dell’aspetto colorato delle case che si affacciano sulla via. Il traffico nelle strade è ben diverso da quello della tranquilla Virgin Gorda: auto, taxi, camion e buses intasano le strette strade del centro cittadino ed è frequente vedere distinti uomini d’affari in giacca e cravatta o eleganti signore intente a fare shopping nelle bancarelle lungo la grande ed alberata arteria che costeggia la baia. 

Non vale molto la pena soffermarsi qui e decidiamo di prendere un taxi per andare a vedere qualche spiaggia dell’isola dalla quale poi proseguiremo per il Peter  Island Ferry Dock.

Una lunga corsa in taxi ed eccoci all’imbarcadero per  l’sola dei miliardari e delle celebrità, qui alloggiò Lady Diana.

Il piccolo e malconcio piroscafo parte puntuale lasciando una puzzolente e nera scia dietro di se: a bordo del ferry notiamo moltissime persone, uomini e donne, che lavorano presso l’esclusivo resort, tutti in divisa color cachi e camicia bianca.  Lasciamo veloci la Road Bay ed entriamo nel Canale di fronte al quale già si scorge Peter Island: una traversata di circa 40 minuti che basterà per renderci neri di fuliggine…insomma non è bello presentarsi su quest’isola così mal ridotti…ma non possiamo farci nulla.

La corsa è finita ed entriamo lentamente in uno stretto canale in fondo al quale si apre una grande laguna turchese ed il piccolo porticciolo.

L’atmosfera è degna del posto dove ci troviamo: si respira lusso, opulenza e nulla è lasciato al caso.

Il vialetto che porta all’ingresso principale del resort è ben curato, il giardino e le aiuole circostanti sono un esempio di eccessiva perfezione ed ordine; l’entrata è per così dire holliwoodiana, con grandi vasi contenenti composizioni floreali meravigliose, arredamenti raffinati ed eleganti ed il panorama che si gode è straordinario.

Deadman's Bay beach looking toward the Beachfront roomsPer raggiungere una delle spiagge più famose, la Deadman’s Bay, utilizziamo una delle auto elettriche messe a disposizione per gli ospiti dell’esclusivo resort. Tra vialetti alberati e nascosti cottages ecco finalmente apparire la meravigliosa spiaggia orlata da altissime palme: staremo qui solamente un paio d’ore, giusto il tempo di una bella nuotata ed una passeggiata lungo la spiaggia… è un posto da favola, all’altezza della sua fama.

Prenderemo il piroscafo delle 17,45 che ci riporterà a Tortola da dove riprenderemo il ferry per rientrare a Virgin Gorda.

E’ ormai sera e siamo sulla banchina di Road Town in attesa di rientrare a casa.

Navigheremo nel buio di una stellata notte caraibica dopo una giornata ricca di belle cose che terminerà con una bella cenetta in un tipico ristorante creolo a Spanish Town.

Mancano due giorni  al termine di questa bella vacanza e senza esitazione li sfruttiamo dedicandoci, senza troppo sforzo, al totale riposo, a bagni di sole e a splendide nuotate verso la barriera corallina della nostra incantevole spiaggia…ma due giorni volano ed è ora di partire, le valige sono pronte ed il taxi è già arrivato….lasciamo il Mango Bay con tristezza ma con la speranza di ritornarci.

Il piccolo bielica è già pronto sulla pista per portarci a Puerto Rico e dall’oblò l’arcipelago ,con le sue splendide acque, ci sembra ancora più bello ma è ormai già lontano.

 

Un particolare ringraziamento alle mie inseparabili stampelle, senza le quali mi sarebbe

 stato difficile fare questo viaggio e alle Isole Vergini Britanniche, al loro mare e al loro sole, che

mi hanno permesso di riprendermi fisicamente e psicologicamente dal brutto incidente.

                                                                     

                                       

 Marco Monottoli   cmvsas@tin.it

 

 

 

 

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