Isole Vergini Britanniche
Diario
di viaggio
26.12.2002 – 06.01.2003
Il
nostro viaggio ha inizio in una gelida mattina di dicembre: si parte alla volta
delle Isole Vergini Britanniche.
Un
viaggio lungo che ci porterà nel vasto arcipelago che si estende fra l’Oceano
Atlantico ed il Mar dei Caraibi, con Puerto Rico ad ovest e il gruppo delle
Isole Leeward ad est. Qui bellezze naturali e tradizioni, folclore e leggende
convivono da sempre in perfetta simbiosi.
Cristoforo
Colombo fu il primo a scoprire l’arcipelago durante il suo secondo viaggio nel
1493, in quelle che si ritenevano le Indie. La prima ad essere avvistata fu
St.Croix, oggi statunitense, ma gli scogli, le isole e gli isolotti che si
susseguirono agli occhi degli spagnoli furono talmente tanti da richiamare alla
mente dell’ammiraglio genovese la leggenda di Sant’Orsola. Bellissima figlia
del re di Bretagna chiesta in sposa da un principe pagano, per sottrarsi alle
nozze, lei che aveva fatto il voto di castità, fuggì in pellegrinaggio a
Roma in compagnia di undicimila vergini e da qui si diresse a Colonia, allora
invasa dagli Unni, il cui re chiese in sposa Orsola. Al suo netto rifiuto
il re la fece uccidere insieme alle sue undicimila compagne, creando così un
esercito di vergini martiri cui queste isole caraibiche devono il proprio nome.
Dalla
loro scoperta, le Isole Vergini vedono il susseguirsi di coloni e pirati
spagnoli, inglesi ed olandesi, che vi si stabilirono, rivendicandone il
possesso: le navi corsare furono a lungo le più assidue frequentatrici di
queste acque, a caccia di prede fra i bastimenti che partivano dalle isole
caraibiche e dirette in Europa. Primo e più famoso di tutti , Sir Francis Drake,
il famoso pirata inglese che approdò con le sue navi nel 1585.
L’arcipelago
per la sua particolare posizione e costituzione era un ottimo riparo per la navi
corsare che in queste acque trovarono sempre ottimi rifugi, tanto che ancor oggi
si narra di favolosi tesori nascosti sugli isolotti e nelle baie più deserte e
solitarie.
Le
Isole Vergini tornano definitivamente sotto la corona britannica nel 1672
godendo di un fiorente periodo di sviluppo grazie all’impegno dei coloni
inglesi che qui si stabilirono e che incrementarono la coltivazione della canna
da zucchero e del cotone.
La
prima capitale dell’arcipelago fu Virgin Gorda cui si sostituì dal 1742 Road
Town, nell’Isola di Tortola.
Le
Isole Vergini sono ancora parte integrante del Commmonwealth britannico: il
governatore viene nominato dalla regina ed il primo ministro viene eletto a
suffragio universale.
Il
legame con la Gran Bretagna si è mantenuto molto forte ed è particolarmente
evidente in numerosi piccoli dettagli quali lo stile di vita, le cassette
postali, le cabine telefoniche rigorosamente rosse ed il vezzo di chiamare il
Drake’s Passage – la profonda fossa sottomarina che attraversa
l’arcipelago – “the Channel” quasi a sentirsi più vicini alla Manica.
Le
Isole Vergini Britanniche, tutte di origine vulcanica ad eccezione di Anegada,
l’unica isola corallina, contano una cinquantina fra scogli, lembi di terra e
isole , e solamente 16 sono abitate.
Particolare
attenzione è rivolta alla salvaguardia ambientale e alle bellezze naturali che
fanno dell’arcipelago un vero e proprio paradiso tropicale, l’isola
deserta dalle bianche e solitarie spiagge: l’attenta politica di protezione e
l’istituzione del Parco Nazionale delle Isole Vergini, per volontà del
miliardario americano Laurance Rockefeller , ha permesso al mare
dell’arcipelago di conservare intatto il proprio colore azzurro, che sfuma dal
lapislazzulo allo zaffiro, fino all’intensità della giada.
Molte
sono le iniziative che ancora oggi si battono a difesa del mare, della barriera
corallina , della flora e della fauna terrestre ed acquatica.
Quando si arriva alle Vergini, si viene accolti dal profumo dell’aria e dal brillante colore dei gialli fiori di zenzero, dai variopinti ibisco e dalle numerose e colorate qualità di bougainvillee: grazie agli alisei che soffiano tutto l’anno ed al clima costantemente mite ed asciutto, l’arcipelago crea la tipica immagine del sogno tropicale.
Il
turismo si è mantenuto un fenomeno di élite e le strutture sono realizzate nel
totale rispetto dell’ambiente circostante, discrete, mai oltre due piani,
sempre immerse nel verde ed affacciate con discrezione sul mare e gli ospiti
delle Vergini trovano qui relax e privacy nel più assoluto rispetto del
“presuntuoso” slogan prescelto dalle autorità locali: “We are different”.
Vista
del North Sound dal Gorda Peak
Un
piccolo bielica ci porta da Puerto Rico a Virgin Gorda sorvolando le Vergini
Americane e le Vergini Britanniche. Da lontano vediamo la sagoma
inconfondibile della Vergine grassa ed in pochi minuti, con una stretta virata
su Copper Mine Point , il piccolo aereo si posa sulla pista del piccolo
aeroporto di Virgin Gorda.
Il
sole caldissimo ed il vento fresco, ci fanno dimenticare il freddo che abbiamo
lasciato ed abbiamo voglia di un bel bagno e un po’ di riposo,
stesi al caldo sole caraibico. La nostra jeep è già pronta all’uscita
del piccolo terminal e partiamo alla volta del Mango Bay Resort, dove
alloggeremo per i prossimi giorni, facendo attenzione alla guida…qui si tiene
la sinistra.
Percorriamo
la North Sound Rd., la strada principale dell’isola che da Sud si inerpica fin
quasi all’estremità del Gorda Peak per poi scendere ripida a Leverick Bay, a
Nord.
La
jeep arranca lungo la sconnessa e stretta strada dalla quale il panorama è
straordinario: appena dopo Milton Hill, una lunga discesa ci indica che stiamo
per arrivare nella parte più stretta dell’isola a sinistra della quale si
trova la famosa Savannah Bay ed una serie di bellissime e deserte spiagge fra
cui Maho Bay, la nostra.
Virgin
Gorda: Savannah Bay
A
destra l’oceano, a sinistra il Drake’s Passage con Tortola ed i Dog’s
sullo sfondo…..ci siamo e seguiamo l’indicazione prendendo uno stretto
passaggio sterrato che ci porta all’ingresso del Mango Bay Resort.
Fermiamo
la jeep e facciamo il check-in: dalle finestre dell’ufficio la vista è
incantevole , il profumo ed il colore dei fiori è intenso ed il silenzio
è interrotto dal canto degli uccelli.
Prendiamo
possesso della nostra casa: è bellissima, in riva al mare, con un grandissimo
portico arredato con grandi poltrone di vimini intrecciato, un lungo tavolo di
legno, un barbecue e qualche lampada. L’interno, ampio e spazioso, è
arredato con gusto semplice ma raffinato in cui predominano le grandissime
vetrate che danno un grande senso di profondità e libertà.
Prendiamo
confidenza col luogo e ci concediamo un pò di relax: Maho Bay è una lunga
spiaggia di fronte alla quale due differenti reef corallini la proteggono dalle
correnti del Canale, rendendola calma e adatta ad ogni attività. La
spiaggia, non tanto profonda, è orlata da alte mangrovie, palme, arbusti di
zenzero e ibisco.
…che
meravigliosa sensazione …è dicembre ed immergersi nelle calde acque
caraibiche, sotto un sole che brucia, è veramente strano per noi che siamo
abituati al freddo invernale: qui non ci sono stagioni e le variazioni
climatiche sono irrilevanti.
Il
sole sta tramontando ed il cielo si colora di arancio: sono da poco passate le
17 e fra poco farà buio…dobbiamo andare a fare approvvigionamenti…prendiamo
il nostro Suzuki rosso 4x4 e ci dirigiamo verso Spanish Town, il capoluogo
dell’isola: il market si trova all’interno del Virgin Gorda Yacht Harbour,
fiore all’occhiello del piccolo villaggio, dove trovano riparo lussuosissimi
velieri che offrono uno splendido colpo d’occhio decisamente inusuale
per queste isole.
Nella
piazza adiacente al marina, oltre al piccolo market, si trovano alcuni negozi di
souvenirs e di materiale nautico; Spanish Town non offre molto di più, a parte
qualche ristorantino ed un paio di bar lungo la strada principale.
Riempiamo
un grande carrello di tutto e carichiamo le pesanti borse in macchina certi che
di fame non moriremo di sicuro e rientriamo a casa. E’ indubbio che
questo primo giorno ci vede un pochino casalinghi, ma d’altra parte dobbiamo
organizzarci ed infatti, circondati da decine di borse della spesa, invadiamo la
piccola cucina, un locale ricavato all’interno del grande porticato,
delimitato da un pergolato di legno intrecciato ricoperto di bougainvilee
coloratissime…siamo in paradiso, c’è silenzio, il mare è calmo e ,
lontano, si vedono le luci delle altre isole…che pace…; il dopo cena è
dedicato alla stesura delle escursioni che vogliamo fare, sia su Virgin Gorda
che su alcune delle altre isole, lasciando un po’ di spazio anche all’ozioso
dolce far niente.
La
prima escursione ci porta a visitare una delle zone più caratteristiche e
certamente uniche di Virgin Gorda, indicato con il termine The bath, i
bagni. La stretta e dissestata strada si inerpica per poi scendere nella
pianeggiante parte meridionale dell’isola, costituita prevalentemente da una
bassa vegetazione di cactus, tamarindi e frangipane, interrotta da piccoli
boschetti di palme.
Virgin
Gorda: The Bath
Arriviamo
ad un grande spiazzo dal quale si domina tutta la zona: di fronte a noi il Sir
Francis Drake Channel e Tortola, sotto The Bath con le sue tipiche
ed enormi rocce levigate dal vento.
…un
drink ci vuole….lo sorseggiamo su di una bellissima terrazza a strapiombo su
un mare blu cobalto punterellato di bianche vele che tranquille
attraversano il Canale…questo è il regno della vela e le B.V.I. sono uno dei
principali punti di partenza per molti appassionati diportisti.
Decidiamo
di scendere…il sentiero che conduce al mare è difficoltoso, stretto e molto
ripido…(qualcuno ha le stampelle e fa un po’ fatica)…le radici dei
grandi alberi spuntano nel terreno e ogni tanto qualche piccolo serpentello ci
taglia la strada: siamo arrivati.
Una
bella spiaggia, un capanno, qualche palma ed i giganteschi massi che sembrano
essere scivolati dall’alto, questa la prima immagine di questo stranissimo
luogo…ci posizioniamo con i nostri teli, un po di protezione solare e via in
acqua…il mare qui non è tranquillo e le onde sono alte…ma è una
meraviglia; dopo un bella nuotata decidiamo di andare a fare un giro di
perlustrazione…dicono ci siano dei passaggi fra i grandi massi…infatti
eccoli….talmente stretti e bassi che per accedervi spesso è necessario
strisciare . Il paesaggio è veramente strano ma ancor più particolare è il
modo col quale si raggiungono le tante spiagge di questa zona: bisogna armarsi
di agilità e contorsionismo per passare da una spiaggia ad un’altra…ma poi
dopo tanta fatica lo straordinario impatto scenico è reso ancor più suggestivo
dal contrasto dei limpidi colori della vegetazione, del mare e della sabbia…è
veramente bello, peccato che il mare sia agitato…oggi c’è molto vento.
Virgin
Gorda: Little Dix Bay
I
giorni trascorrono all’insegna del movimento e del relax, sotto un caldo ed
invitante sole, talvolta oscurato da basse nubi cariche d’acqua: I violenti
scrosci arrivano puntuali sul far del tramonto, ma per fortuna durano poco tanto
che cercare riparo è una fatica inutile…basta aspettare qualche minuto ed il
sole torna a splendere e a scaldare.
Sulla
piccola isola gli scenari variano notevolmente: risalendo da sud verso nord si
incontrano diverse baie fra le quali la bella e riparata Little Dix Bay, sulle
cui sponde sorge un esclusivo e discreto resort immerso in una vegetazione
lussureggiante e molto ben curata…la calma della spiaggia, l’acqua
cristallina ed un sole caldissimo facilitano il nostro ozio…passeremo tutto il
giorno in questa paradisiaco luogo, fra bagni di sole e belle nuotate fino alla
vicina barriera.
…vogliamo
andare ad Anegada, l’unica isola corallina dell’arcipelago…non è comodo
raggiungerla ed il mezzo più veloce è senz’altro l’aereo.
…un
colpo di vita…noleggiamo un piccolo aereo 4 posti con tanto di pilota a nostra
disposizione ed un auto ad Anegada …ed il pranzo a base di aragoste sarà
servito in un capanno sulla lunga spiaggia di Loblolly Bay.
…l’appuntamento
con il pilota è fissato per le 8 di oggi 31 dicembre 2002…ci armiamo di
maschera, pinne asciugamani e quanto necessario e via verso l’aeroporto…la
giornata non è tra le migliori, ma confidiamo nella buona sorte.
Ci aspetta David, questo il nome del pilota, un ragazzo olandese che si è trasferito alle Vergini da diversi anni, che qui abita e lavora come pilota per una compagnia privata di Tortola, portando a passeggio i turisti come noi.
Anegada
Ci
aspetta David, questo il nome del pilota, un ragazzo olandese che si è
trasferito alle Vergini da diversi anni, che qui abita e lavora come pilota per
una compagnia privata di Tortola, portando a passeggio i turisti come noi.
Saliamo
a bordo del piccolo aereo, e dopo qualche istruzione, rulliamo sulla pista e via
si parte…è prestissimo ed il sole stenta ad uscire dalle insidiose nubi che
coprono il cielo: sono pochi gli sprazzi di azzurro…è tutto troppo
nero….speriamo !!! sarebbe un vero peccato…proprio oggi.
Sorvoliamo
Virgin Gorda e, nella baia del North Sound, centinaia di barche a vela sono alla
fonda…festeggeranno qui il nuovo anno…che spettacolo tutti questi puntini..
Entriamo
ed usciamo da basse nubi ed ecco all’improvviso spuntare la bassa Anegada, con
la sua laguna smeraldo, le lunghissime spiagge bianche ed il grande reef che la
circonda…ci stiamo preparando ad atterrare…la vegetazione è bassa e non
particolarmente rigogliosa e, dall’alto, sembra disabitata…
Atterriamo sull’air strip
dell’Auguste George Airport di Anegada, fra oleandri e grossi cespugli di
zenzero…parcheggiamo il nostro aereo, come se fosse un auto, di fronte
all’aerostazione che è poco più
di una baracca con tanto di bandiera ed antenna radio: ci attende il “capo
scalo” che va via quasi subito…per oggi probabilmente non sono previsti
altri arrivi aerei. La giornata
sembra essersi messa al meglio e le grosse nubi sopra la nostra testa, corrono
veloci in un cielo blu intenso: ci crogioliamo al sole seduti su una
panchina di legno in attesa dell’arrivo della nostra jeep, che non dovrebbe
tardare molto ad arrivare.
Sono
da poco passate le 8,40 e da lontano una nube di polvere corre veloce verso di
noi: è la nostra macchina. L’autista è un buffo ometto creolo, piccolo e
grassoccio con un viso simpatico e sorridente: ci accoglie con un “happy new
Year” e una bella risata…via si parte.
Sul
cruscotto della macchina una bambolina di gomma attacca con ventosa emette degli
strani lamenti ad ogni buca…è veramente divertente anche perché non
riuscivamo a capire da dove provenissero questi strani “uheuheuheuhe”….ma
poi tutto fu molto chiaro dato il numero di buche lungo la strada ….ci
stiamo
dirigendo verso la costa nord dell’isola lungo una stretta strada sterrata che
taglia in due la piatta e secca Anegada: non c’è anima viva, solo qualche
cane.
…ci
accoglie Diane, una “mamy nera” simpatica ed ospitale: ci fa visitare il suo
capanno e ci informa che da li a poco qualcuno andrà a pescare le nostre
aragoste.
C’è
un bellissimo sole e non perdiamo altro tempo…via in spiaggia per un bel
bagno: ci prepariamo di tutto punto con pinne, maschera e boccaglio ed entriamo
nelle turchesi acque di Anegada per una visitina alla vicina barriera corallina
che, nonostante la corrente raggiungiamo in poco…non ci sono molti pesci ma è
piacevole spinnettare fra le grandi formazioni coralline che però non hanno
nulla a che vedere con quelle viste nell’arciperlago di Los Roques.
Appena
il tempo di asciugarci al sole e fare una bella passeggiata su questa solitaria
spiaggia che il cielo si oscura d’improvviso, il vento rinforza ed i colori si
spengono….il fragore delle onde dell’oceano sulla barriera
aumenta…accidenti che peccato…speriamo solo sia passeggero.
…ha
piovuto tutto il giorno….ma il nostro pranzo di aragosta sotto il capanno non
è mancato, anche se un po bagnati e infreddoliti ed anche un po delusi
dall’esito della giornata.
A
metà pomeriggio David ci informa che sarebbe meglio partire…la stazione radio
di Tortola ha annunciato un peggioramento delle condizioni meteo ed è quindi
meglio decollare al più presto onde evitare di dover rimanere ad Anegada per la
notte…il che non sarebbe male, penso fra me e me, ma è solo un mio pensiero
che non estendo agli altri!…siamo di nuovo in aereo ed il tempo è veramente
brutto…incrociamo le dita e decolliamo. Nonostante
voliamo a bassa quota gli scossoni non mancano, alcuni veramente forti e
bruschi…tanto che David ha dei dubbi sulla possibilità di atterrare a Virgin
Gorda , meglio Tortola…e noi come facciamo ? chiediamo….un po sconcertati.
Intanto la sagoma di Virgin Gorda è ormai molto chiara davanti a noi e
David, con un colpo di cloche, spinge la prua del piccolo aereo in alto e con
una strettissima virata, inizia le operazioni di discesa fra le gobbe del Gorda
Peak…i vuoti d’aria e gli scossoni sono impressionanti ed il piccolo aereo
sembra spinto dalla forza del vento più che dai suoi motori: vediamo l’airstrip
di Virgin Gorda sotto di noi. Piove
che Dio la manda ed il vento è fortissimo…David è bravissimo e dopo due
tentativi andati male eccoci a terra….abbiamo l’aragosta che non si sa bene
dove voglia andare…scendiamo un po tremolanti e David ci saluta….decolla per
Tortola.
Continua
a piovere ma all’orizzonte finalmente un po di chiaro…rientriamo a casa
inzuppati e un po delusi dalla brutta giornata, ma comunque soddisfatti per aver
visto un’isola veramente insolita e particolare.
Il tempo sembra essersi messo al bello e, dopo il classico black-out
serale che ci costringe ad accendere le tante candele che abbiamo comprato, ci
organizziamo per le prossime escursioni gustandoci le ottime aragoste acquistate
ad Anegada: è l’ultimo dell’anno e vogliamo festeggiarlo così, una bella
cenetta a lume di candela in riva al mare…il black-out ci ha proprio favorito.
Il 2003 ci da il benvenuto con un’incantevole giornata che sfruttiamo per oziare, nuotare e curare la tintarella: ma abbiamo già in programma la visita del nord dell’isola. E’ presto e partiamo alla volta di Leverick Bay attraverso il Gorda Peak che, con i suoi 415 m., costituisce il punto più alto di tutta l’isola occupandone l’intera parte mediana. Questa zona è venuta a costituire il Gorda peak national Park visitabile grazie ad una fitta rete di sentieri che culminano alla torre di osservazione, dalla quale si gode un incomparabile panorama.
Fermiamo
la jeep in un’area di sosta lungo la strada: dalla parte opposta parte uno dei
sentieri che ci condurrà all’interno del parco fino alla torre.
Camminiamo per quasi un’ora, circondati da una varietà incredibile di
piante esotiche e tipicamente locali, ed eccoci all’osservatorio: il panorama
a 360° è grandioso e scorgiamo la costa nord-ovest con la piccola Leverick Bay
ed una lunga serie di isole e isolotti fra cui Mosquito
Island, Eutatia Island
e Prickly
Pear Island, tranquillamente adagiate quale naturale riparo di tutto il
Golfo di North Sound.
Un
veloce giro per I negozietti eleganti del piccolo centro, qualche acquisto di
libri e cartoline…ma i prezzi sono davvero esagerati: qui alle BVI tutto è esageratamente caro.
Riprendiamo la nostra jeep e ritorniamo verso il Gorda Peak per visitare altre spiagge ed altre zone.
Virgin Gorda: leverick Bay
Le
stradine sono davvero impervie e malridotte tanto che, nonostante il 4x4, spesso
slittiamo come se
fossimo
su una lastra di ghiaccio…viaggiamo a velocità molto ridotta godendoci il
panorama ma anche e soprattutto per
evitare di cadere nei dirupi sottostanti.
La
vacanza sta scivolando verso i suoi ultimi giorni e non ci resta che organizzare
un giro a Tortola e nelle isole intorno.
All’imbarcadero nei pressi dello Yacht Club c’è già una gran folla
di persone ad attendere il grande aliscafo che collega Virgin Gorda con Tortola;
molte di queste persone però non saliranno e sono qui solamente perché
attendono i rifornimenti provenienti dalla capitale…generi alimentari, pacchi,
posta.
Lasciamo
Virgin Gorda e cominciamo la corsa sul Canale verso Tortola: la grande baia
dell’isola è gremita di piccole e grandi barche fra cui un’enorme quattro
alberi battente bandiera inglese che quasi copre la piccola Road Town, la
principale città dell’isola oltre che capitale e fulcro economico e politico
dell’arcipelago.
Il
grande albero di natale di fronte al palazzo in stile coloniale del governatore
è il nostro punto di partenza in questa calda mattina del 3 gennaio: la
principale strada di Road Town è gremita di piccoli negozi, botteghe artigiane
e pubs…niente di particolarmente attraente al di la dell’aspetto colorato
delle case che si affacciano sulla via. Il traffico nelle strade è ben diverso
da quello della tranquilla Virgin Gorda: auto, taxi, camion e buses intasano le
strette strade del centro cittadino ed è frequente vedere distinti uomini
d’affari in giacca e cravatta o eleganti signore intente a fare shopping nelle
bancarelle lungo la grande ed alberata arteria che costeggia la baia.
Non vale molto la pena soffermarsi qui e decidiamo di prendere un taxi
per andare a vedere qualche spiaggia dell’isola dalla quale poi proseguiremo
per il Peter Island Ferry Dock.
Una
lunga corsa in taxi ed eccoci all’imbarcadero per
l’sola dei miliardari e delle celebrità, qui alloggiò Lady Diana.
Il
piccolo e malconcio piroscafo parte puntuale lasciando una puzzolente e nera
scia dietro di se: a bordo del ferry notiamo moltissime persone, uomini e donne,
che lavorano presso l’esclusivo resort, tutti in divisa color cachi e camicia
bianca. Lasciamo veloci la Road Bay
ed entriamo nel Canale di fronte al quale già si scorge Peter Island: una
traversata di circa 40 minuti che basterà per renderci neri di
fuliggine…insomma non è bello presentarsi su quest’isola così mal
ridotti…ma non possiamo farci nulla.
La
corsa è finita ed entriamo lentamente in uno stretto canale in fondo al quale
si apre una grande laguna turchese ed il piccolo porticciolo.
L’atmosfera
è degna del posto dove ci troviamo: si respira lusso, opulenza e nulla è
lasciato al caso.
Il
vialetto che porta all’ingresso principale del resort è ben curato, il
giardino e le aiuole circostanti sono un esempio di eccessiva perfezione ed
ordine; l’entrata è per così dire holliwoodiana, con grandi vasi contenenti
composizioni floreali meravigliose, arredamenti raffinati ed eleganti ed il
panorama che si gode è straordinario.
Per
raggiungere una delle spiagge più famose, la Deadman’s Bay, utilizziamo una
delle auto elettriche messe a disposizione per gli ospiti dell’esclusivo
resort. Tra vialetti alberati e nascosti cottages ecco finalmente apparire la
meravigliosa spiaggia orlata da altissime palme: staremo qui solamente un paio
d’ore, giusto il tempo di una bella nuotata ed una passeggiata lungo la
spiaggia… è un posto da favola, all’altezza della sua fama.
Prenderemo
il piroscafo delle 17,45 che ci riporterà a Tortola da dove riprenderemo il
ferry per rientrare a Virgin Gorda.
E’
ormai sera e siamo sulla banchina di Road Town in attesa di rientrare a casa.
Navigheremo
nel buio di una stellata notte caraibica dopo una giornata ricca di belle cose
che terminerà con una bella cenetta in un tipico ristorante creolo a Spanish
Town.
Mancano
due giorni al termine di questa
bella vacanza e senza esitazione li sfruttiamo dedicandoci, senza troppo sforzo,
al totale riposo, a bagni di sole e a splendide nuotate verso la barriera
corallina della nostra incantevole spiaggia…ma due giorni volano ed è ora di
partire, le valige sono pronte ed il taxi è già arrivato….lasciamo il Mango
Bay con tristezza ma con la speranza di ritornarci.
Il
piccolo bielica è già pronto sulla pista per portarci a Puerto Rico e
dall’oblò l’arcipelago ,con le sue splendide acque, ci sembra ancora più
bello ma è ormai già lontano.
Un
particolare ringraziamento alle mie inseparabili stampelle, senza le quali mi
sarebbe
stato
difficile fare questo viaggio e alle Isole Vergini Britanniche, al loro mare e
al loro sole, che
mi
hanno permesso di riprendermi fisicamente e psicologicamente dal brutto
incidente.
Marco Monottoli cmvsas@tin.it