VIAGGIO IN ISLANDA
Terra, acqua, fuoco, ghiaccio
Diario di viaggio: 24 Giugno – 9 Luglio 2006
Introduzione
Molti sono i diari su viaggi in Islanda che si possono
trovare in internet ed io sono rimasta un po’ indecisa all’idea di
aggiungere il nostro, poi però mi è parso che qualcosa di buono si potesse
aggiungere per chi visita il sito di Michele ed eccomi qui.
Per quanto riguarda l’organizzazione del viaggio sono
partita consultando il sito islandese degli ostelli della gioventù che
comprendeva la descrizione di tre itinerari a seconda della durata del viaggio.
L’organizzazione offriva la prenotazione dei pernottamenti e del noleggio auto
in un pacchetto unico.
Dopo aver deciso le tappe che volevamo fare li abbiamo
contattati via e mail e ci hanno fatto un’offerta con pernottamenti in camera
doppia e auto a 192.000 corone islandesi (circa 2100 euro). Nella cartina
dell’Islanda potete vedere il nostro itinerario che abbiamo percorso in senso
orario.
Per il viaggio aereo abbiamo adottato la soluzione Milano
LInate-Amsterdam-Reykiavik dato che Linate per noi è decisamente più comodo
della Malpensa. Questo ci ha vincolato con gli orari lasciandoci un po’ troppo
tempo ad Amsterdam (soprattutto al ritorno).
Le
tappe
Giorno
Da
A
1
Nardvik
Hamar
2
Hamar
Stykkishólmur
3
Stykkishólmur
Saeberg
4
Saeberg
6
Sæberg
Akureyri
7
Akureyri
8
Akureyri
Seyðisfjörður
9
Seyðisfjörður
Berunes
11
Berunes
Höfn
12
Höfn
Hvoll
13
Hvoll
Vík
14
Vik
Hvollur
15
Hvollur
Reykjavík
16
Reykjavík
24/6/2006 Sabato
Islanda
dall’alto
Un check in con coda di oltre 40’ e richiesta di portare
gli zaini allo sportello degli ingombranti è stato il primo atto del nostro
viaggio in Islanda. Per il resto, orario di partenza
e di atterraggio ad Amsterdam perfetti.
All’aeroporto di Amsterdam ci sono poche possibilità di
distrazione, ma due meritano attenzione: una è una mostra gratuita su Rembrandt
che a noi, appassionati di arte, ha fatto passare un po’ di tempo
piacevolmente, l’altra è il centro servizi che consente di usare internet
a prezzi ragionevoli. Qualcuno dirà che è fanatismo passare il tempo
navigando in internet, ma 4 ore in aeroporto sono una seccatura: troppo poche
per andare in città, troppe per passarle a guardare i soliti negozi interni.
Il benvenuto di Reykiavik, dove arriviamo in perfetto
orario alle 15 (ora locale, meno 2 ore rispetto al nostro fuso orario) è la
vista dall’alto di uno sterminato campo di lava: chilometri e chilometri di
terra brulla e marrone.
L’attesa dei bagagli si rivela infruttuosa: non arriva
nessuno dei nostri 3 colli (2 zaini e una valigia). Restano con noi anche una
signora proveniente da Roma a cui manca una valigia e dei francesi.
Lo sportello smarrimento bagagli garantisce una consegna
entro domani sera e prende nota dei posti dove dormiremo nei prossimi giorni:
speriamo che il bagaglio non debba rincorrerci giorno per giorno visto che noi
cambieremo località quasi quotidianamente!
Il problema immediato è come arrangiarci per la
temperatura esterna: siamo partiti con 28 gradi e qui ce ne sono 10 con un bel
vento freddo. Per quanto lo riguarda Arturo mi aveva fatto mettere nello
zainetto da viaggio una giacca a vento leggera, io indosso un maglioncino di
cotone perché avevo lasciato nello zaino la giacca a vento.
Nessun problema per il ritiro dei voucher di pernottamento
e dell’auto. La disponibilità di un bel piumone all’ostello di Nardvik ci
riconcilia un poco con la disavventura.
25/6/2006 Domenica
Hamar
Il primo impatto con il sole di mezzanotte è di stupore:
la mancanza di tende oscuranti alle finestre può rendere difficile dormire, ma
visto che ieri eravamo piuttosto stanchi non ci sono stati grandi problemi. Nei
giorni successivi invece abbiamo potuto apprezzare appieno il senso di libertà
che dà l’idea di non avere mai buio. Ci si diceva ‘anche se facciamo tardi,
tanto c’è sempre una bella luce….’ E
così ogni occasione era buona per fermarci ad ammirare un paesaggio, a fare una
passeggiata, ad aspettare di vedere un animale.
Prima di avviarci verso la nostra prima meta abbiamo
tentato, tornando in aeroporto, di vedere se per qualche strano e fortunato caso
fossero arrivati i bagagli, ma invano.
Premessa – la prenotazione in ostello garantisce l’uso
di cucina che per noi è sempre assai vantaggioso (autonomia di orari,
possibilità di mangiare quello che preferiamo, non ultimo un controllo dei
costi).
La scelta del periodo è stata accurata. Volevamo il sole
di mezzanotte e una temperatura accettabile.
Ci avviamo verso Reykiavik che attraversiamo senza
fermarci (sarà la nostra sosta prima del ritorno a casa) e proseguiamo lungo la
strada numero 47 che percorre l’Hvalfiordur. E’ il primo contatto con i
panorami stupendi che cambiano ad ogni curva della strada costiera. A
Borgafiordur penetriamo verso l’interno nella valle
di Skorradalur. Qua e là le fattorie dal tetto in lamiera colorato di
rosso, minuscole case delle vacanze con una sola stanza a piano terreno e la
camera da letto nel sottotetto fortemente spiovente. Si capisce subito che per
gli islandesi la casa grande, in solida pietra non è un mito, preferiscono un
angolino tranquillo e riposante, ma senza troppe pretese.
Incrociamo una grande quantità di carrelli tenda e
capiamo che questa valle è probabilmente il luogo ideale per i fine settimana
degli abitanti di Reykiavik che costituiscono il 50% degli abitanti dell’isola
(poco più di 290.000 persone).
Continuano cieli tersi e panorami verdeggianti. A
Hraunfossar la cascata omonima e quella di Barnafoss sono le prime di una lunga
serie che avremo modo di ammirare durante il nostro soggiorno. Ciascuna di esse
ha una sua particolarità. A volte è l’altezza del salto, altre l’ampiezza,
altre ancora la portata. Molte hanno una leggenda: questa narra di un arco di
pietra che in origine l’attraversava e che fu fatto distruggere da una madre
che aveva perso i suoi bambini caduti dallo stretto arco di pietra nella cascata
sottostante.
Entrambe le cascate sono spettacolari e non ci stanchiamo
di ammirarle.
Riprendendo l’auto percorriamo la nostra prima sterrata
per raggiungere Hamar dove c’è l’ostello che ci ospiterà questa notte. La
sterrata è regolare e scopriremo ben presto che a parte la statale n. 1 che fa
quasi il completo giro dell’isola, le altre sono quasi sempre non asfaltate.
All’ostello che è in posizione splendida i nostri
bagagli arrivano solo alle 22.30 mettendoci finalmente in condizione di vestirci
come serve per questo clima. Per procurarci da mangiare è stato necessario
spostarci di alcuni chilometri e andare a Borgarnes
che è il centro più vicino.
26-6-2006 Lunedì
il porto di
Stykkisholmur
Cielo coperto, 6° e vento teso. Oggi percorreremo la
penisola di Snaefellsnes. Inizialmente il paesaggio è abbastanza verde. Ci
addentriamo in una sterrata che porta all’inizio del sentiero per il cratere
di Eldborg. Lasciando l’auto in una fattoria camminiamo per un’ora verso il
cratere che si vede, isolato in mezzo ad un esteso campo di lava. Il percorso è
in piano, fra basse betulle dal tronco esile e contorto (non abbiamo ancora
visto alberi fino ad ora). Eldborg è un cratere alto 100 m. e largo 200, nulla
di eccezionale, ma camminare ci piace ed è un modo per esaminare la vegetazione
che cresce in questo tipo di terreno.
Mentre torniamo indietro scrosci di pioggia sottilissima
ci investono, ma durano poco. Siamo ben coperti (pantavento e giacca, scarpe da
trekking) per cui non si presentano problemi.
Mentre riprendo un paesaggio particolarmente piacevole, un
uccellino si alza in volo e cerca di attaccarmi. E’ evidente che ha il nido
proprio a pochi metri da me e che si è sentito minacciato. Ci ritiriamo in buon
ordine, ma nel pomeriggio l’episodio si ripresenta più forte con Arturo che
stava risalendo un pendio per fare una foto. Ne deriva una ripresa alla maniera
di Hitchcok nel suo ‘Uccelli’ che mi delizia mentre Arturo, agitando le
braccia in aria, cerca di spaventare a sua volta decine e decine di volatili.
Nel primo pomeriggio ci fermiamo su una scogliera a
strapiombo sul mare dove i fulmari (noi credevamo fossero dei gabbiani, ma
durante il soggiorno ci siamo istruiti un poco) stanno nidificando. Le rocce
basaltiche a canna d’organo meritano tutto il tempo che dedichiamo alla sosta
e alle fotografie di prammatica.
Ora la strada diventa sterrata e alcuni mezzi meccanici
sono in azione per rimetterla in ordine. Facile come fanno le strade qui:
prendono il materiale lavico che abbonda ai lati della strada, lo setacciano
grossolanamente e ne stendono uno strado sulla carreggiata, fanno passare una
macchina che sbriciola il tutto e poi un rullo. La strada è fatta. Peccato che
essendo stretta operano su tutta la larghezza e che lavorano su una lunghezza di
alcuni chilometri per cui la nostra Yaris qualche problema di stabilità dove il
materiale non è ancora stato pestato ce l’ha. Procediamo a 20 km/h per un
po’.
Qua e là gruppetti di 3 pecore (un adulto e due agnelli
di solito) pascolano liberi spostandosi con molta flemma quando sono in mezzo
alla strada.
Il ghiacciaio di Snaefells è coperto dalle nuvole, la
lava copre per chilometri il tragitto. Olafsvik è un bel paesino con piccole
case dal tetto rosso o verde o blu; affacciato sul mare ha un piccolo porto e
dintorni con panorami mozzafiato. Ci diciamo che torneremo a casa solo con foto
di panorami, ma come evitarlo? Il fatto è che non essendoci alberi, la vista
spazia per i campi di lava fino alla cima dei vulcani spenti o dei fiordi.
Aggiungete cieli sempre diversi e avrete un’idea di quello che si può
ammirare.
Arriviamo a Stykkisholmur alle 18 circa e, grazie al
consiglio di un viaggiatore che ci ha preceduto, cuociamo due spaghetti nella
cucina dell’ostello che è in una tradizionale casa islandese. Dopo cena
usciamo per una passeggiata al porto e al relativo faro. E’ tardi ormai, sono
le 23 e il sole sta per scendere all’orizzonte.
27-6-2006 Martedì
tramonto
Non mi abituerò mai all’ora locale. Alle 4 mi sveglio
regolarmente. Il cielo è sgombro ma una nuvolaglia scura all’orizzonte non
promette nulla di buono e quando partiamo, dopo colazione, il cielo è coperto.
Nel fiordo nuotano i cigni selvatici. Quando la strada lascia la costa il
paesaggio diventa monotono anche se non è brutto. Continuano i lavori sulla
strada sterrata sempre con una segnalazione abbastanza a ridosso dei mezzi in
movimento e necessità di prudenza in certi tratti.
Una sosta per far benzina (i distributori non sono
frequentissimi e conviene non arrivare mai alla riserva) e arriviamo
all’ostello di Saeberg piuttosto presto.
Dopo aver depositato i bagagli andiamo a far la spesa al
negozio più vicino che è ad un distributore a 15 km dall’ostello. Vediamo
così che in genere i paesi sono veramente minuscoli e che l’unico negozio di
cui dispongono è annesso al distributore ed ha veramente poche cose:
l’immancabile pasta italiana, biscotti, pane rigorosamente in cassetta, un
po’ di scatolame.
Nel pomeriggio percorriamo la penisola di Vatsnes fino
allo scoglio di Hvitsertur: un faraglione che emerge a pochi metri dalla
spiaggia di sabbia nera. Stupendi i panorami della penisola e frequenti i gruppi
di anatre che nuotano lungo le spiagge.
Il tempo è migliorato, il cielo ora è azzurro e a sera
Arturo fotografa il tramonto alle 24 e l’alba alle 2.
28-6-2006 Mercoledì
orca
Giornata di sole pieno. C’è un bel vento come sempre,
ma sopportabile.
Restando anche oggi a pernottare a Saeber, guidiamo verso
ovest per fare almeno una piccola parte dei fiordi nord occidentali. Il terreno,
sia per vegetazione che per conformazione ricorda le nostre montagne intorno ai
2000-2500 m. Così, se ci distraiamo, sembra d’essere sulle Alpi, ma ad una
svolta ecco l’oceano a riportarci in Islanda. Per la terza volta incontriamo
le sterne (finalmente abbiamo saputo come si chiamano questi aggressivi
uccellini), poi, ad una sosta, emerge maestosa dal fiordo un’orca che
rimaniamo incantati a guardare. Emerge per tre volte, poi scompare per
ricomparire (che fortuna) ancora più vicino a noi. E mentre ci diciamo che il
loro cibo preferito sono le foche, ecco là una foca che nuota verso la riva per
scomparire con un tuffo.
A Drangsnes un forte odore di pesce ci spinge a guardare
se c’è modo di vedere lavorare il merluzzo o le aringhe, ma troviamo solo una
serie di cavalletti in legno in cui stanno seccando le teste dei merluzzi. Il
vento è molto forte e qui è una vera fortuna altrimenti non so come potrebbero
resistere all’odore…
Lungo tutta la costa sono accatastati sulle spiagge
centinaia di tronchi d’albero secchi. Da dove vengono visto che qui di
alberi non ce ne sono? Ebbene è tutto legname di deriva che viene raccolto
perché è un bene prezioso.
29-6-2006 Giovedì
Glaumbaer
Durante la notte è piovuto ma ora il tempo è buono.
Prima tappa la chiesetta di Thirgiry che viene menzionata perché è la prima
che sia stata costruita in pietra. Al nostro arrivo la chiesa è ancora chiusa,
ma in realtà affascina di più il piccolo cimitero annesso. Trovo affascinante
l’abitudine di indicare la tomba con una semplice pietra non lavorata invece
della pompa cui spesso siamo abituati noi.
Si prosegue con un paesaggio finalmente un po’ verde:
molti cavalli nella valle di Oxnadalur. Prima però ci fermiamo ad ammirare due
costruzioni erette secondo la vecchia tradizione islandese: la chiesa di
Vidhimyri e la fattoria di Glaumbaer. I muri sono fatti con grosse zolle di
torba sovrapposte le une alle altre e il tetto con rotoli di erba. In
particolare è interessante la fattoria che è stata trasformata in museo e
contiene utensili in uso ancora fino al 1950.
E’ anche l’unica zona percorsa fino ad ora che
presenti un po’ di traffico (comunque nulla a che vedere col nostro).
Arriviamo ad Akureyri alle 14 e ci installiamo nell’ostello più confortevole
visto fino ad ora.
Nel pomeriggio visitiamo questa che è la seconda città
dell’Islanda con i suoi 15.400 abitanti.
Bella cittadina, con case in legno dalle forme sempre
diverse e dai tetti dipinti con i soliti colori vivaci. Interessante il giardino
botanico (siamo un po’ patiti di piante noi..), bello il porto in cui
attraccano navi per crociere e il traghetto dal continente.
Disponibile un vero supermercato per la nostra spesa
finalmente.
30-6-2006 Venerdì
Myvatn
Andiamo verso est per ammirare la zona del lago Myvatn.
Rientreremo ad Akureyri per il pernottamento.
Prima sosta alla cascata di Godafoss. L’acqua cade
a semicerchio in un’area completamente brulla e questo dà un senso di
imponenza anche se è alta solo 12 m. La leggenda qui è che nel 1000, quando fu
adottata la religione cristiana, siano stati gettati gli idoli pagani.
Ancora 50 km e siamo sul lago Myvatn. Dalle descrizioni
pensavo di trovare boschi, invece è una regione di origine vulcanica con
panorami incredibili sul lago. A nord, una fumarola e un laghetto di acqua
verde/azzurra e ribollente. Forte odore di zolfo e alcuni impianti per
l’utilizzo delle risorse geotermiche che deturpano un po’ il paesaggio. La
sterrata per Grjotaja ci fa penetrare in un campo di lava in cui qua e là si
vede uscire il fumo dalle fenditure aperte sul terreno. A est del lago invece, a
Dummaburgir, decidiamo di fare una passeggiata attraverso il parco naturale. Un
sentiero si snoda fra le bizzarre formazioni di origine vulcanica e consente di
passare un paio d’ore di grande interesse. Dalle mie descrizioni qualcuno
potrebbe dire che non c’è nulla di bello in paesaggi infernali come questi,
ma garantisco che si ha una sensazione di ‘paesaggio primordiale’ che fa
ammutolire.
Riprendiamo l’auto per tornare verso Akureyri fermandoci
solo per ammirare gli pseudocrateri che stanno nella zona sud del lago. Si è
intanto alzato un vento fortissimo che ci costringe a stenderci a terra anche
per fare un singola foto.
1-7-2006 Sabato
Dettifoss
Con il percorso di ieri ci siamo assicurati di poter
andare velocemente verso la nostra meta di oggi. Infatti la strada è la stessa
fino a Myvatn. Purtroppo la mancanza di un ostello a
metà strada ci ha portato a questa soluzione che
sinceramente non è la più brillante.
Dopo il Myvatn la strada n. 1 passa per Namafjoll dove ci
fermiamo a guardare le fumarole e il fango ribollente dell’area geotermica cui
fa da sfondo una montagna assolutamente brulla con vari toni di
ocra e rosso. La riolite, che è un minerale assai presente qui, dà
questo colore alle rocce.
Riprendiamo la strada e deviamo verso Dettifoss, la
cascata più impetuosa d’Europa, alta 44 m. e fonte di innumerevoli arcobaleni
quando, come oggi, splende un bel sole. Da Dettifoss saliamo
a piedi per una ventina di minuti fino al salto di Selfoss, meno
imponente, ma felice coronamento di quanto visto in precedenza. I lati del
canyon in cui scorre il fiume è in basalto con colonne di roccia nera di grande
effetto. Bello, bello, bello.
Quando riprendiamo l’auto il cielo, da est ad ovest,
mostra tutti i possibili colori diurni: un
nuvolone nero copre una zona, cielo azzurro e nuvole bianche e leggere
sopra di noi, cielo a pecorelle sulla destra: il tutto su un deserto di lava che
ci accompagna fino a Egilsstadir. Di qui, risalendo un passo montano si discende
di nuovo a incontrare l’oceano a Seydhisfjordur dove dormiremo questa sera.
2-7-2006 Domenica
Berunes
Oggi costeggiamo vari fiordi, avendo da un lato montagne
di sabbia nera, dall’altro l’oceano con i suoi scogli e le spiaggette piene
di anatre.
Arriviamo all’ostello di Berunes che è una fattoria
isolata davanti all’oceano. La costruzione è una classica casa islandese e
noi veniamo ospitati nella stanza del sottotetto. In cucina c’è ancora una
cucina economica a legna di inizio 1900 e un po’ in tutte le stanze
l’arredamento è quello vecchio ed essenziale della tradizione.
Nel pomeriggio ci rechiamo alla spiaggia: il panorama è
stupendo e passiamo riposando alcune ore piacevolissime.
3-7-2006 Lunedì
Oxarfellsjokull
La giornata inizia senza vento. Sembra un miracolo. La
costa offre ancora splendidi panorami, ma a Lòn decidiamo di lasciare l’auto
e camminare un po’ verso l’interno. Una sterrata ad uso esclusivo dei
fuoristrada ci consente di arrivare, dopo alcuni semplici guadi, a risalire un
pendio e guardare dall’alto il fiume che scorre nella valle sottostante. E’
un modo per vedere un po’ meglio uno dei tanti estuari che si allargano verso
l’oceano. La fatica della salita è compensata dal panorama.
Rientriamo all’auto sempre con la necessità di togliere
le scarpe e guadare il torrente, poi procediamo fino all’ostello di Hofn.
Hofn sembra una città con i suoi 1500 abitanti. Vi si
trovano fabbriche di lavorazione del pesce e un discreto porto. A sera una
passeggiata nella laguna ci fa incontrare ancora le sterne (qui a migliaia), che
sono ormai nostre amiche.
4-7-2006 Martedì
Laghetto con
iceberg
Piove dalla mezzanotte e il cielo non promette nulla di
buono: Proprio oggi che volevamo andare a passeggiare sul ghiacciaio!
Partiamo sotto una pioggia torrenziale, non si vede molto
oltre il piatto scenario ai lati della strada.
Quando arriviamo a Jokulsàrlòn, meta classica dei giri
organizzati, ci siamo già arrestati in alcune piazzole di sosta per tentare di
vedere qualcosa, ma senza successo.
Ma eccoci al lago in cui galleggiano gli iceberg che si
creano quando la lingua estrema del ghiacciaio Vatna (il più vasto d’Europa)
si immerge nell’acqua. Il lago è profondo fino a 200 m. e vi si può andare
in barca con mezzi anfibi che anche in una giornata brutta come questa vengono
riempiti di turisti per navigare da
iceberg ad iceberg. Col tempo buono si dovrebbero poter vedere anche delle foche
a prendere il sole, ma noi vediamo solo nebbia e pioggia. Un certo fascino c’è
in quest’atmosfera lattiginosa da cui emergono gli iceberg azzurri e neri.
Sempre con pioggia battente riprendiamo l’auto e andiamo
a Skaftafell e qui troviamo riparo al centro visitatori dove possiamo vedere una
piccola mostra delle eruzioni vulcaniche dell’Islanda. Si tratta di pochi
tabelloni ma ben fatti e la mostra non risulta noiosa.
Usciamo nell’intervallo fra pioggia e pioggia, giusto il
tempo per fare una bella passeggiata lungo un sentiero che arriva al ghiacciaio
e mostra dove arrivava tra la fine del 1800 ad oggi. Impressionante vedere che
ogni 40 anni il ghiacciaio si ritira di 500 m. E interessante è anche vedere
come la vegetazione prende possesso dello spazio che si libera: prima il
muschio, il timo artico, poi il salice nano e via via le altre specie.
Per arrivare in auto all’ostello di Hvoll percorriamo un
deserto immenso di sabbia nera solcato da innumerevoli corsi d’acqua più che
mai gonfi anche per la pioggia che ha ripreso a cadere dal cielo.
L’ostello è nuovissimo, confortevole, ma decisamente
ancor più isolato di come siamo abituati.
A sera due chiacchiere con una coppia inglese che ha
pernottato diverse volte nei nostri stessi ostelli e meraviglia per la perfetta
organizzazione di un pullmann di inglesi appassionati di geologia che hanno
passato le ore a studiare cartine geologiche e materiale tecnico sul
vulcanesimo.
5-7-2006 Mercoledì
foto del basalto
sul mare
Cielo plumbeo e pioggia anche oggi. Andiamo a Skògar dove
c’è la cascata di Skogafoss, alta 60 m. Posta direttamente sulla strada, è
particolarmente frequentata dai turisti. Si arriva proprio alla base del salto
d’acqua, mentre di solito le cascate si vedono dall’alto. Anche questa ha
una sua leggenda: pare che un favoloso tesoro sia stato nascosto dietro la
cascata e sia visibile nelle giornate di bel tempo. Noi non abbiamo quindi
nessuna possibilità di vederlo visto che la pioggia continua a cadere.
Un’interminabile scalinata porta sulla sommità della
cascata, ma non ne valeva proprio la pena dato il tempo atmosferico.
Torniamo verso Vik ed entriamo nella sterrata 221 per
arrivare ad una delle lingue glaciali della zona dove saliamo a piedi un ripido
sentiero per godere della vista del ghiacciaio dall’alto. In basso,
piccolissimi, i ragazzi di un pullmann ascoltano una lezione di glaciologia
stando ai piedi dei seracchi.
Poiché da alcuni giorni siamo alla ricerca dei pulcinella
di mare, uccello simbolo dell’Islanda, ci rechiamo ora a Reynisfjara, una
bellissima spiaggia nera con parete di basalto colonnare dove ci è stato detto
si possano ammirare: degli uccelli neppure l’ombra, ma l’oceano incattivito
è uno spettacolo nuovo. Ritentiamo tornando un po’ indietro a Dirholaey che
è poco distante e ancora una volta abbiamo belle vedute, ma niente uccelli.
Arriviamo all’ostello di Vik grondando acqua, ma anche
oggi la giornata è stata piacevolissima.
6-7-2006 Giovedì
foto del geyser
Un vento fortissimo ha liberato un po’ il cielo, così
oggi partiamo con buone speranze di tempo accettabile.
Il panorama è dapprima molto piacevole con i contrafforti
del Hyrdalsjokull, poi monotono e piatto mentre ci addentriamo per andare verso
Geyser.
Arriviamo a Gullfoss, cascata fra le più belle con 32 m.
di altezza e 250 di ampiezza. Splendida! Il cielo è leggermente coperto per cui
niente arcobaleni, ma la breve passeggiata che si fa per ammirarla in pieno,
vale tutta la strada fatta.
Ora andiamo a Geyser. Il campo geotermico è ancora una
volta ricco di buche con acque ribollenti, fumi ed emissioni di zolfo. La cosa
più affascinante, nonostante la notorietà che potrebbe portarci a dire
‘l’ho visto tante volte in televisione’, resta il geyser denominato
Strokkur. Ogni 10 minuti circa spinge a 35 m. di altezza un getto d’acqua
bollente. Resteremmo per ore ad ammirare il fenomeno, ma dopo un’ora è
d’obbligo ripartire.
Vogliamo andare alla faglia che divide il continente
europeo da quello americano che è visibile qui in Islanda a Thingvellir. Si potrebbe
dire che in fondo non è gran che: un corridoio d’erba fra due pareti di
basalto, ma se si pensa che la faglia attraversa tutto l’Atlantico e che i due
continenti si allontanano di 2 cm all’anno si riesce a capire un po’ di più
il fascino del fenomeno.
Abbiamo camminato un paio d’ore lungo la faglia e fino
ad una cascata (ormai ne abbiamo visto tante e così belle che questa ci sembra
cosa da poco) che scende proprio dalla sponda ‘americana’
alla base del corridoio erboso.
Torniamo verso la costa a Hvollur dove l’ostello ci
mette a disposizione un bungalow.
7-7-2006 Venerdì
Strandkirkja
E’ piovuto questa notte, ma sembra che andando verso
ovest il tempo migliori. Percorriamo ancora la strada n. 1 per un tratto, poi
deviamo per andare alla chiesetta di Strandkirkya che è in riva al mare e più
isolata del solito dalle abitazioni.
Risaliamo a piedi la diga per vedere com’è oggi il
mare: è tranquillo, le alghe coprono una larga striscia di fondale basso e
proprio mentre osserviamo ecco spuntare un animale che esce dall’acqua con un
pesce in bocca. Uno sguardo più attento e ci rendiamo conto che si tratta di
una lontra. L’animale gira e rigira come se, vedendoci, temesse di far
scoprire la sua tana, ma poi arriva per ben tre volte a portare pesce fra due sassi
poco distanti da noi.
Ancora una volta una sorpresa piacevole andando in punti
poco frequentati.
La costa sud occidentale è davvero poco frequentata e
sono due o tre le auto che incrociamo prima di addentrarci verso il lago
Kleifarvatn e scoprire che anche in questa zona c’è un’area geotermica
interessante.
Ora dobbiamo decidere se andare o no alla laguna blu che
tutte le guide considerano un passaggio obbligato. Noi qualche dubbio lo
abbiamo: dopo tutte le meraviglie viste non crediamo che questo lago sia poi così
interessante visto anche che non è altro che lo scarico di uno stabilimento
termale.
Alla fine ci convinciamo ad andare mentre un vento furioso
si alza ancora una volta. Il laghetto è molto simile a quello visto vicino a
Myvatn, acque di un colore incredibile con notevoli affioramenti di minerali che
sembra facciano benissimo alla pelle.
La quantità di turisti che vuol provare le acque della
laguna blu è davvero alta e decidiamo che noi possiamo tranquillamente farne a
meno, mentre siamo costretti a mangiare in auto perché fuori non si riesce
proprio a stare a causa del vento.
Preferiamo andare a Reykiavik visto che avevamo previsto
di restituire l’auto oggi. Così andiamo subito al Flòki Inn dove ci è stato
prenotato il pernottamento di oggi e domani, lasciamo i bagagli e andiamo a
restituire l’auto.
Poi una camminata per le vie della città che si rivela
proprio piacevole.
8-7-2006 Sabato
Reykiavik
Mattinata dedicata alla visita del museo Nazionale che è
molto ben strutturato e consente di avere la visione della storia e delle
tradizioni islandesi. Abituati alla ricchezza di arte, storia e tradizione del
nostro paese, non dobbiamo immaginare di trovare capolavori, ma una conoscenza
del paese sì.
Abbiamo dedicato il pomeriggio al porto e ad una vista
della città dall’alto del campanile della cattedrale in stile moderno di
Hallgrimskirkja.
9-7-2006 –
Domenica
Noi
Levataccia mattutina. Il servizio di autobus che ci prende
direttamente all’albergo e ci porta all’aeroporto è il benvenuto: la
giornata sarà lunghissima dato l’arrivo previsto alle 22.30 a Milano Linate.
Nulla di interessante da segnalare se non che oggi l’Italia è ferma per la
finale del campionato del mondo di calcio e che sento il grido di vittoria
quando, giunti a Linate, devo denunciare ancora una volta lo smarrimento del
bagaglio. Questa volta si tratta solo del mio zaino che arriva a casa dopo due
giorni e all’apertura fa uscire schiuma da bagno in quantità industriale. Non
c’era da far altro che ridere a crepapelle visto che di valori particolari non
ce n’erano.
Conclusioni
Nelly Gandolfo negando@alice.it