L’Inghilterra del Sud
Diario di viaggio 20-28/04/2002
Ø
L’Inghilterra
è dal punto di vista turistico perfettamente organizzata, anche se in qualche
città o paese presenta incredibilmente alcune inspiegabili lacune
Ø
I
posti da vedere sono tantissimi e molto vari, dagli splendidi paesaggi
naturalistici dell’interno e
della costa, ai castelli, alle splendide cattedrali, ai magnifici giardini, ai
pittoreschi paesini dell’interno, ai monumenti leggendari, ai numerosi parchi
giochi e divertenti attrazioni. Ce n’è per tutti, per tutte le età e tutti i
gusti!
Ø
Il
cambio con la sterlina, come è ben noto, per noi italiani è parecchio
sfavorevole ed il costo della vita risulta carissimo. Si spende molto e
soprattutto per qualunque cosa, dal parcheggio ai biglietti per entrare in
qualunque luogo possa essere sfruttato per spillare soldi al turista!
Ø
La
vita notturna nell’interno e lontano dalle città grosse (sopratutto in
Cornovaglia) non esiste, non c’è una cultura del pub a tutte le ore come in
Irlanda…
Ø
La
cucina è un argomento controverso. Per il pranzo si può spendere molto e
mangiare discretamente in ristoranti o locande, oppure accontentarsi di qualche
Pizza Hut (se esiste), ma di certo il diffusissimo Fish & Chips che si trova
ovunque non è il massimo ed è nauseante. Per la cena invece esistono solo i
ristoranti, molto diffusi ovunque (anche le pizzerie).
A tutti quelli che vogliono
andarci:
Ø
Scegliete
i Bed & Breakfast per alloggiare, sono il sistema più diffuso in quasi
tutte le località più turistiche ed offrono senza dubbio il miglior rapporto
qualità/prezzo, permettendovi di apprezzare anche l’ospitalità e le
caratteristiche abitazioni inglesi
Ø
Scegliete
con attenzione e selezionate le mete da visitare, senza farvi ingannare dalla
martellante pubblicità di depliant e immagini, che alcune volte gonfia
esageratamente l’attrazione
Ø
Cercate
il Tourist Office (l’Ufficio Informazioni) della città o del paese che
visitate se volete avere un’idea di quello che potete fare e vedere, anche nei
dintorni. Gli uffici sono colmi di depliant di ogni genere e guide turistiche,
con cartine stradali e alloggi
Ø
Se
affittate una macchina, preventivate una discreta cifra in parcheggi, poiché
anche nel paese più disperso si può parcheggiare in genere solo in apposite
aree a pagamento (a seconda del tempo che si rimane). E ricordatevi che si guida
tenendo la sinistra!
Ø
Se
volete sapere particolari su storie e leggende varie di Re Artù, sparse per le
varie cittadine inglesi, non potete perdervi il racconto di Vincenzo di Marco…
Il mio viaggio è durato 9
giorni dal 20/4/2002 al 28/4/2002
Sono partito da Cagliari
prendendo la corriera per Alghero che arriva in coincidenza del volo Ryan
Air
per London-Stanted
. La
tariffa di questa compagnia aerea è imbattibile in qualunque situazione, anche
senza particolari offerte. Il volo è stato puntuale, anzi è arrivato
addirittura con dieci minuti in anticipo, e in aeroporto
mi sono
fermato ad aspettare l’arrivo del mio grandissimo amico Carlo (con cui ero già
stato in Irlanda), che è arrivato da Dublino verso le 18:00. Avevamo
pianificato questo viaggio velocemente nel giro di due settimane, spulciando
tutto quello che si poteva trovare in Internet sull’Inghilterra. La prima cosa
che abbiamo fatto è stata quella di sederci al bar dell’aeroporto e
rilassarci un attimo per festeggiare nuovamente il nostro incontro, poi siamo
andati alla Hertz
e abbiamo ritirato la macchina che avevamo prenotato in anticipo per una
settimana. Una Fiat Punto blu nuova fiammante e lucidissima ci aspettava,
ovviamente con tipica guida a sinistra inglese (certo se penso alle
condizioni in cui l’abbiamo riportata, non era certamente più né fiammante né
lucida…). Armati di cartine stradali di ogni genere, abbiamo preso
l’autostrada che scende per la circonvallazione di Londra, notando,
esattamente al contrario di come ci aspettavamo, che il traffico era ordinato e
scorrevolissimo persino nei pressi della metropoli. Dalla circonvallazione,
proseguendo in senso orario, si oltrepassa un enorme e modernissimo ponte
sospeso ad arco, che attraversa il Tamigi in un punto dove il fiume è
piuttosto largo, e finisce al casello dove si paga un pedaggio (le autostrade
infatti in Inghilterra sono tutte gratuite ma si pagano pedaggi per i ponti).
Abbiamo preso successivamente una deviazione per il Sud-Est, verso la nostra
prima meta che era Canterbury. Le autostrade sono ben segnalate, ma bisogna
capirne i meccanismi, perché a volte i cartelli sono talmente tanti che
confondono, e spariscono nei momenti cruciali… Un altro particolare che
abbiamo subito notato è stato quello dei lavori in corso: soltanto la
pignoleria e precisione degli inglesi può portare a un simile spettacolo,
migliaia di segnalazioni apposte sul manto stradale in maniera incredibilmente
simmetrica, esattamente equidistanti una dall’altra e per una lunghezza a
volte di km! (anzi di miglia). E la vera chicca era che, nonostante le
accuratissime segnalazioni dei lavori in corso, non c’era nessuno che lavorava
e non c’era il minimo cenno di lavori, magari una ruspa, un camion, niente!
Certo può capitare una volta tutto ciò, ma in una settimana abbiamo appurato
con enorme stupore che era assolutamente una norma, trovare le stesse
segnalazioni che restringono l’autostrada ad una corsia, rallentando il
traffico, e nessun segno di lavori in corso! Senza considerare che ci sono gli autovelox
e le macchinette fotografiche nascoste nei piloni delle segnalazioni
per lavori, pronte a scattare se si supera il limite delle 30 miglia orarie…
ahhh gli inglesi!
Chiusa la parentesi delle
autostrade, siamo arrivati dopo circa un’ora e mezzo a Canterbury
,
una sorridente e splendida cittadina, dove abbiamo trovato con poca fatica un
hotel/BED & BREAKFAST
a 3 stelle, l’Ersham Lodge, distante appena dieci minuti a piedi dal centro.
Il prezzo ci sembrava accettabile, considerato che era già buio ed eravamo
stanchi, e l’interno e la stanza erano davvero caratteristici e belli. Ci
siamo rinfrescati velocemente e siamo usciti verso le 22:00, eccitati come
capita sempre all’inizio di qualunque viaggio, e con tanta voglia di fare.
Abbiamo fatto una passeggiata per il centro cercando di scovare la maestosa
Cattedrale
,
simbolo di questa cittadina, ma era impossibile avvicinarsi perché circondata e
chiusa dalle abitazioni, con un solo ingresso di un portone che ovviamente è
tenuto aperto solo di giorno. Ci siamo fermati a bere una birra in un pub carino
del centro, e poi abbiamo passeggiato per il perimetro della cittadina dove
restano ancora in piedi le parziali alte mura medievali. Non ci restava dunque
che scaraventarci a letto, riposarci e caricarci per il giorno seguente…
La mattina presto, dopo una
succulenta prima colazione, ci siamo diretti nuovamente verso il centro di
Canterbury, ma stavolta ci siamo avvicinati in machina, nonostante il centro
fosse abbastanza vicino, in modo da essere pronti per ripartire. E qui arriva la
prima chicca della giornata. Poiché tutto il mondo è paese e l’uomo
è un essere intelligente, si presume che abbia creato i parcheggi a
pagamento in maniera funzionale in tutto il pianeta. Ma qui siamo in
Inghilterra, e vige la regola che agli inglesi piace distinguersi e fare le cose
a modo proprio. Così abbiamo perso all’incirca mezz’ora per cercare di
capire come funzionasse il sistema di questo parcheggio
a
pagamento, dal momento che esisteva una macchinetta dove fare i biglietti
automatici. Bisognava inserire le monete e un codice a cinque cifre numeriche
che rappresentassero la targa della macchina. Peccato solo, piccolo particolare,
che la nostra macchina avesse una lettera in mezzo che non era accettata dalla
macchinetta automatica e non riuscivamo ad avere la ricevuta! Sentendoci un
po’ indispettiti del fatto, abbiamo osservato un inglese che parcheggiava e
richiedeva la ricevuta, ed era tutto esattamente come avevamo fatto noi, ma lui
aveva una targa giusta. Allora ci siamo dovuti arrendere a chiedere ad un
signore del posto, convinti che c’era qualcosa che evidentemente stavamo
sbagliando, ma il signore è rimasto più allibito di noi! E’ rimasto 5 minuti
perplesso del fatto che la nostra targa era diversa dalle altre e non era
accettata dalla macchinetta, così ci ha suggerito di mettere una cifra a caso
al posto della lettera e “falsificare” la targa, tanto qualunque vigile
l’avesse vista avrebbe capito che era giusta dalle altre quattro cifre. Ma
dico, si può creare una macchinetta automatica che non accetti neanche tutte le
targhe delle macchine del tuo paese? Del resto, eravamo solo a poco più di 100
Km da Londra, e non credo che la Hertz affitti macchine aliene…Esterrefatti da
questi strani meccanismi, siamo finalmente riusciti ad avviarci in centro,
rimpiangendo di aver avuto la pessima idea di venire in macchina.
Alla luce si potevano apprezzare
decisamente meglio i particolari architettonici di molte casette nelle
tranquille viuzze, la vita serena della cittadina che si svolgeva interamente
nel centro, adibito ad area pedonale
.
Ed è questa una caratteristica che si riscontra in tutte le cittadine
turistiche inglesi e ne rende piacevole la visita: chiudere il centro al
traffico e renderlo solo zona pedonale. Questo è un grande punto a favore per
gli inglesi, bisogna riconoscerglielo!
La nostra meta era ovviamente la
Cattedrale, siamo perciò tornati nella via principale, con l’unico
maestoso accesso al cortile che porta al monumento, e siamo entrati. L’impatto
è stato non da poco, essendo la prima cattedrale inglese di questo tipo che
vedevamo, ed era veramente grande e bellissima. Siamo entrati dentro a vedere le
imponenti navate gotiche, ma soltanto una parte era visitabile.
Dopo qualche foto e ripresa,
abbiamo fatto la spesa in un market e ci siamo subito avviati verso Dover
,
alla ricerca delle White Cliffs
,
ovvero le scogliere bianche
,
famose proprio per il loro colore, dovuto alla conformazione della roccia che le
compone. Siamo arrivati prima a St.Margaret at Cliffs
,
un villaggio tipicamente turistico con villette panoramiche sulla costa, e dopo
siamo tornati indietro a Dover dove, a dire il vero con qualche difficoltà
nella comprensione delle direzioni dei cartelli, finalmente abbiamo trovato le
rinomate scogliere. Abbiamo parcheggiato a pagamento in un’apposita area di
sosta e preso un sentiero a piedi che costeggiava le scogliere dall’alto. Il
panorama era molto vario intorno: alle spalle si intravedeva sullo sfondo
l’enorme Castello
di Dover, in basso (solo inizialmente) c’era il porto
mercantile con un via vai continuo di navi che attraccavano, e davanti le
caratteristiche scogliere, veramente bianche, che contrastavano con l’acceso
verde dei prati. Dal depliant si capiva che il sentiero proseguiva per parecchie
miglia e più avanti il panorama, arrivando ad un vecchio faro
,
doveva essere ancora più bello. Ma noi avevamo centinaia di cose da vedere che
ci aspettavano ancora, e dopo un’oretta di relax sul prato dove per poco ci
abbronzavamo (c’era infatti un bel sole!), ci siamo diretti verso il castello.
Abbiamo fatto un bel giro in macchina intorno al castello, veramente maestoso, e
poi abbiamo proseguito per la strada costiera, passando in un susseguirsi di
belle cittadine turistiche dove gli inglesi vengono a trascorrere le loro
vacanze. La prima era Folkestone
,
molto carina e particolare, poi dopo qualche altra meno rilevante ci siamo
fermati ad Hastings
,
costruita a ridosso dell’alto tratto di costa e sede di un caratteristico
porto di pescatori. Nel grandissimo parcheggio
del
porto, il panorama
era
interessante: sullo sfondo le scogliere a strapiombo sull’oceano davano
un senso selvaggio al paesaggio, sulla spiaggia di fronte i bambini giocavano a
pallone e nel porto si vedeva un po’ di tutto, da vecchi treni merci a barche
di pescatori. Abbiamo passeggiato verso il centro, notando sulla destra una
particolare funivia
che
portava sulla cima della costa, dove sicuramente c’era qualche monumento da
visitare. Era pieno di ristorantini e fast food con tavolini all’aperto, a cui
non abbiamo saputo resistere, dato che avevamo una fame abominevole. Peccato
aver scelto, nella fretta di ingurgitare qualcosa, il classico Fish &
Chips
,
trovabile ovunque qua in Inghilterra, che offre per l’appunto il pesce fritto
con le patate. Nonostante il merluzzo fosse fresco e fossimo in una località di
mare, la pietanza è risultata nauseabonda e un vero mattone per il nostro
stomaco… sarà che noi italiani non siamo abituati a questa cucina, ma ci
siamo ripromessi di non commettere più lo stesso errore due volte! La
seconda chicca del giorno arriva verso la fine del pranzo, quando un atroce
certezza ci assale vedendo un cartello di fronte al porto: non avevamo pagato il
parcheggio!! Accipicchia, non eravamo ancora abituati alle abitudini inglesi,
toccava fare una bella corsa nella speranza che nessuno si fosse accorto del
fatto. Tra l’altro, mentre tornavamo di buon passo e rientravamo alla
macchina, ci siamo accorti che la multa non sarebbe stata per niente una
cifretta, proprio un bel modo per iniziare il nostro viaggio! Ma per fortuna, la
dea bendata ci ha assistito e nessun vigilante si presentava in zona…
Usciti in pochi nanosecondi dal
porto abbiamo proseguito per la costiera, fino ad arrivare alla bellissima città
di Brighton
.
E’ questa la città più turistica e organizzata di tutto il Sud
dell’Inghilterra, un vero punto di ritrovo per i giovani e per gli inglesi che
vengono a trascorrere qua le vacanze. La costa è il fulcro della città, con un
litorale
grandioso organizzato in maniera impeccabile. Tanto per intenderci, la spiaggia
non era certo un granché, così grossolana, a volte proprio ciottolato, e il
mare non era certo l’esempio di limpidezza e trasparenza, ma gli inglesi
quando organizzano una cosa la fanno bene e hanno davvero trasformato questa
città in un parco giochi. Il litorale è lunghissimo, non ne si vede la fine,
ed è tutto adibito a rilassanti e divertenti passeggiate, con attrezzature
sportive, negozietti di vario genere, chioschi, bar, piccole locande. I turisti
erano migliaia e di tutte le età, dai bambini piccoli col triciclo ai
vecchietti in bicicletta ma, ovviamente, la maggior parte erano giovani e
ragazzi. Ci siamo fermati in un piccolissimo shop che vendeva prodotti
“marini” artigianali, ovvero oggetti e souvenir costruiti con conchiglie di
ogni genere, piccole ed enormi e con le forme più svariate che non avevo mai
visto prima. Più avanti il pezzo forte del litorale: il Brighton Pier
,
che è uno tra i tanti moli del litorale ma con la particolarità di avere sopra
un parco giochi. Infatti si percorre a piedi la parte stretta del molo tra un
susseguirsi di punti di ristoro e giochi vari (molto diffuse le slot machines) e
si arriva nella parte più larga, in fondo, dove c’è una pista di Go-Kart
in
miniatura, e niente poco di meno che 3 montagne russe diverse, ovviamente di
piccole dimensioni, ma molto suggestive proprio perché sull’oceano! C’era
un via vai continuo di persone, gabbiani
enormi
che volavano ovunque e che prendevano da mangiare dai turisti a più non posso,
dando vero spettacolo. Il panorama
era
molto suggestivo anche perché il sole cominciava a tramontare e i raggi
illuminavano tutta la città sullo sfondo, con le costruzioni e gli hotel che
fungevano da muro di cinta (sembrava di osservare una cartolina di Miami), il
tutto visibile in maniera eccellente dal molo. Negli altri moli, diversi
pescatori si dilettavano con la lenza e qualche turista in barca o in motoscafo
si godeva lo splendido paesaggio. Caricati da questa atmosfera serena e di
divertimento, io e Carlo abbiamo deciso di partecipare buttandoci su una della
montagne russe
che ci
attiravano di più, quella con il giro della morte! Quando mai ricapita di fare
una montagna russa sopra l’oceano? E così siamo saliti su questa
imperdibile attrazione… Mentre il vagoncino si arrampicava lentamente,
dall’alto la vista diventava ancora più bella e noi, convinti che continuasse
così ancora per un po’, abbiamo tirato fuori le macchine fotografiche per
tentare qualche scatto azzardato… peccato che dopo una frazione di secondo il
vagoncino si è scaraventato alla velocità della luce verso il suolo e siamo
stati costretti con mille acrobazie (e urla a più non posso), a tentare di
ficcare le macchine fotografiche in tasca prima di perderle definitivamente nel giro
della morte
,
sopra la testa di qualche povero turista! Ce l’abbiamo fatta per fortuna, il
giro è stato breve ma ne è valsa veramente la pena. Un po’ rintontiti siamo
usciti dal molo e ci siamo diretti verso il centro di Brighton, all’interno.
Dopo qualche giro siamo arrivati al monumento più famoso della città, il Royal
Pavillon
,
una sorta di enorme moschea
creata con architettura interamente orientale. Siamo entrati nel bel parco,
curatissimo e adornato con bei fiori, vedendo la splendida moschea nelle sue
diverse facciate, ma ormai era quasi buio ed era ora di andar via.
Per la notte avevamo programmato
di andare a dormire a Southampton
,
una delle più grandi città del Sud e porto commerciale, ma arrivati a
destinazione la città ci ha un po’ deluso. Non c’era nessuno in giro per le
strade, sembrava triste e vuota e, tra l’altro, non abbiamo notato neanche
strutture per alloggiare. Non essendo ancora tardissimo, abbiamo dunque deciso
di fare una tirata sino a Winchester. In pratica in un giorno abbiamo
attraversato metà Inghilterra, come si può notare da una cartina stradale! A Winchester
siamo arrivati in condizioni pietose, stanchissimi dal
lungo viaggio, e pensavamo di trovare velocemente un BED & BREAKFAST
dove
alloggiare, essendo questa una cittadina parecchio rinomata turisticamente. Ma
non è andata così, abbiamo girato a vuoto per un po’ fino a trovare, ormai
disperati verso le 22:00, una sorta di BED & BREAKFAST proprio sopra un pub.
E qui arriva la terza chicca, una delle più grandi di questo viaggio…
Sapevamo bene che quando c’è un pub di mezzo non è il massimo alloggiare,
sia per l’ambiente sia per il chiasso della notte, ma non avevamo più tempo
per scegliere e così ci siamo accontentati. Inizialmente il posto non sembrava
maluccio, a parte il fatto che si saliva al piano di sopra in un corridoio
strettissimo per persone anoressiche, e la porta della nostra stanza era alta un
metro e mezzo, con uno bello spuntone pronto a trafiggerti la testa, se per caso
ci fossimo dimenticati di abbassarla per entrare… La stanza era arredata in
modo alquanto singolare, c’era un televisore rotto (che mi ricordava
l’ostello di Londra… ma perché gli inglesi mettono sempre i televisori
rotti nelle stanze dei turisti?) e una cattle per il thè da prendersi il tetano
solo a guardarla, chissà se avessimo osato provare a metterci l’acqua dentro!
Ma queste cose passano in secondo piano quando si è distrutti e si ha voglia di
buttarsi in un letto a dormire, perciò a noi interessava solo sapere a che ora
fosse la colazione l’indomani mattina per rifocillarci alla grande. Siamo
andati a chiedere questo piccolo dettaglio, che era compreso nel prezzo di 25
sterline a testa (caruccia la bettola eh?), ma clamorosamente la signora del
posto non sapeva bene a che ora fosse la colazione e ha cercato in un libro
prima di darci la risposta, alle 7:30. “Certo devono venire molti turisti
qua“ abbiamo pensato noi, se
non si ricordano neanche a che ora è la colazione… un po’ rattristati dal
fatto di doverci alzare così presto, siamo andati a dormire tra il chiasso e la
musica del pub sottostante. Ma la chicca continua….
Alzati la mattina presto, alle
7:30 siamo scesi puntuali nella scala rachitica che dava accesso al pub, per
rifocillarsi di cibo alla grande, dopo aver cenato il giorno prima al sacco alla
bene e meglio. Ma una triste sorpresa ci attendeva: la porta era chiusa a chiave
e nessuno rispondeva dopo aver bussato parecchie volte a vuoto. Non sapevamo che
fare, così pensando che fosse troppo presto abbiamo pensato di farci prima la
doccia. Ma la doccia era in condizioni pietose, ce ne erano due a dire il vero,
ma non fungevano neanche per mezza, l’acqua usciva lenta, a tratti e a raggio
aperto, in pratica bagnava tutto fuorché il corpo… è stata un’impresa
riuscire a lavarci e, piuttosto alterati da questa situazione, abbiamo provato a
riscendere almeno per la colazione. Nessuno rispondeva ancora, così abbiamo
deciso di trovare un’uscita alternativa, quella di emergenza, dal tetto
dell’abitazione! Siamo usciti camminando sul tetto e scendendo una scala
esterna in legno e abbiamo visto che il pub era totalmente chiuso, non c’era
nessuno, o meglio, sicuramente il padrone era ancora sbronzo dalla notte prima
ed era a letto in condizioni da dopo sbornia… e non ci sbagliavamo. Tornati
infatti alla famigerata porta interna, poco prima che Carlo provasse gentilmente
ad accompagnarla con una spallata, una povera ragazza l’ha aperta spaventata
dalla nostra presenza, evidentemente non molto abituata a vedere turisti nel
pub… Si è scusata della situazione, ma continuava a ripeterci che la signora
della colazione non c’era, e lei non c’entrava niente perché era solo la
donna delle pulizie. Così è andata a parlare dentro, bussando ad una porta,
con un signore (che doveva essere il padrone) proprio con un vocione da dopo
sbornia, ed è tornata chiedendoci ancora scusa e dandoci ‘ben’ 5
pound (in due) per rifonderci la colazione (quindi 2,5 a testa, forse almeno un
paio di caramelle ci uscivano…). A quel punto, veramente imbestialiti da
questo assurdo comportamento (che per fortuna non si è più ripetuto durante il
viaggio in altri BED & BREAKFAST), abbiamo ben pensato di abbandonare
immediatamente questa bettola dalla porta di servizio (quindi dal tetto, con
tutte le valigie!!!), non trascurando però di lasciare qualche ricordino per
manifestare al padrone del pub tutta la nostra simpatia per la sua cordialità…
Messa una pietra su questo
pessimo e travagliato alloggio, siamo andati a visitare la cittadina di
Winchester, veramente splendida e graziosa, anch’essa con una bella
zona pedonale
al centro e viuzze molto caratteristiche. Abbiamo parcheggiato non lontani dal
centro, nel solito parcheggio a pagamento, stavolta con una macchinetta
automatica più decente, pagando per un tempo di 4 ore. Scesi dalla macchina
l’occhio è caduto immediatamente in un Pizza Hut, famosa catena
ristorante in Inghilterra, dove con un prezzo fisso si poteva a prendere a
buffet ogni tipo di pizza e insalatine varie nella quantità desiderata,
solamente però nell’orario tra le 13:30 e le 14:30. “Alle 13:30 noi
saremo qua!” abbiamo pensato contemporaneamente io e Carlo, questo era di
certo l’unico punto fisso della giornata! Salendo verso il centro, ci siamo
diretti seguendo i cartelli alla conquista della nostra prima leggendaria tappa:
la Tavola Rotonda di Re Artù
,
che si trovava nella Great Hall
.
La famosa tavola è esposta in un grosso salone appesa ad una parete, e si
possono notare visibilmente le 24 porzioni in cui essa è divisa, ognuna con il
nome del cavaliere a cui spettava.
C’è da dire che per queste
tappe del nostro viaggio avevamo fatto riferimento a quello che poi è diventato
il nostro mito, un certo Vincenzo di
Marco
, il quale ha pubblicato in Internet il racconto del suo viaggio, proprio come
io pubblico adesso il mio qua, con una meticolosità e competenza della
storia eccezionale. Eravamo affascinati dalla storia di Vincenzo, così
particolareggiata e scorrevole, che raccontava e commentava questi posti nella
sua esperienza e sicuramente, come si nota dal suo scritto, nella sua passione
verso le leggende di Re Artù. Come lui stesso ha scritto, in realtà c’è
un’incongruenza un po’ strana tra la l’epoca in cui è datata la tavola e
la leggenda di Re Artù, che risale a qualche secolo prima. Probabilmente questa
è in realtà un accreditata ricostruzione della tavola, fattostà che risulta
la più credibile, e noi, da semplici turisti, come ha fatto il mitico Vincenzo
prima di noi e seguendo i suoi consigli, non ci siamo posti troppe domande.
Contenti di questa nostra conquista abbiamo ben pensato di strappare qualche
ricordo, nonostante in realtà i cartelli vietassero di fare fotografie, e ci
siamo concessi il lusso persino di fare degli autoscatti (ovviamente senza flash
per non attirare l’attenzione) con la macchina appesa ad un cancello. Ma non
seguite il nostro esempio!!! Improvvisamente e con nostro terrore è scattato un
allarme sonoro, e vista la nostra trasgressione nel fare le fotografie abbiamo
pensato di finire dritti dietro le sbarre di qualche prigione inglese, ma per
fortuna l’allarme era “solo” antincendio. Il che vuol dire che ci hanno
gentilmente accompagnato fuori di corsa, poiché nonostante non ci fosse nessun
incendio non si capiva bene cosa avesse fatto scattare l’allarme. Abbiamo
passato così una bella mezz’oretta fuori dalla piazza con un sacco di gente
che si chiedeva cosa fosse successo, pochi turisti e quasi tutti lavoratori del
posto. Sono arrivati persino i vigili del fuoco e dopo un po’ ci hanno fatto
rientrare: un falso allarme, e un’altra chicca da raccontare.
Ci siamo goduti un altro po’ la
nostra leggendaria Tavola Rotonda e poi abbiamo proseguito più su, in fondo al
paese, dove c’era la Cattedrale
di Winchester, anch’essa insieme a quella di Canterbury
considerata tra le più belle d’Inghilterra. All’esterno era meno alta e
maestosa della prima, ma certo non si può dire non fosse più che bella. Sulla
destra della facciata principale si estendeva poi un cortile, dove regnava una
pace e tranquillità assoluta, come tipico di questi posti religiosi. In un bel
prato verde all’inglese giaceva una strana scultura di qualche fantasioso
artista, rappresentante due uomini, e costituiva davvero un bel soggetto
fotografico con lo sfondo della cattedrale. Così Carlo ha pensato bene di
dedicarsi appieno a fotografarla in tutte le salse e a cercare le posizioni più
strane per farlo, forse per questo lo guardavano tutti un po’ male mentre
stava tranquillamente sdraiato sul prato e dove stranamente non c’era nessun
altro… e invece, ovviamente, non era per questo! Un’altra magica chicca si
era appena compiuta dal momento che notai,
mentre facevo una foto, dopo circa un quarto d’ora, un cartello
piuttosto nascosto a terra che vietava decisamente di passeggiare sul prato e
calpestare l’erba. Ma Carlo non stava passeggiando, era solo direttamente
sdraiato!!! Forse per gli inglesi era troppo disturbo mettere un cartello più
grande ad altezza uomo, evidentemente si impegnano di più nei segnalamenti
stradali…
A questo punto si erano fatte le
13:15 e noi avevamo un appuntamento urgente e immancabile da rispettare. Tornati
di corsa all’ingresso del paese, alle 13:30 esatte e qualche secondo, puntuali
come un orologio svizzero, l’emozione ci assaliva e per poco non ci scendevano
le lacrime dalla gioia, di fronte a quella luccicante e colorata insegna del
Pizza Hut
con
tanto di cartello per il buffet! Era fatta, eravamo esageratamente incattiviti
da un pranzo a Fish & Chips nauseabondo e ad una cena inesistente del giorno
prima, nonché da una colazione saltata nello squallido pub, ed eravamo pronti a
mandare in fallimento questa povera sede staccata del Pizza Hut di Winchester,
ingozzandoci a più non posso di qualunque cosa avessero messo a disposizione in
quel buffet. E così è stato, dopo aver sbranato nell’ora del fatidico buffet
non ricordo neanche quanti tranci di pizza, insalate e salette varie
(decisamente tutto buono, nulla da dire in merito!). Non è rilevante immaginare
cosa abbia pensato quella povera cameriera che ci ha servito, la cosa importante
è che la nostra pancia finalmente era piena e la nostra sete di vendetta era
stata placata come si deve!
Adesso potevamo riprendere il
viaggio carichi come non mai, ma ancora una poderosa chicca ci aspettava
al parcheggio
. Avendo
sforato di a mala pena 15 minuti dalle 4 ore, e non leggendo bene, molto
ingenuamente, il cartello degli orari, pensavamo che male andando esistesse al
limite la tariffa per le 5 ore. Ma non era così, anche stavolta c’era il
trucco nascosto poiché, dopo le 4 ore, si pagava per un intera giornata,
esattamente il doppio rispetto alle 4 ore, cioè la ‘modica’ cifra di
8 pound…. Clamoroso, per soli 15 minuti!! E il problema non era solo la
batosta degli 8 pound, ma il fatto che la macchinetta automatica non accettava
banconote ma solo monete e noi non arrivavamo a 8 pound! (insomma non esistono
le macchinette automatiche perfette, mettere un ragazzo a fare quel lavoro
sembrava brutto eh?). Siamo dovuti scendere dalla macchina e frugare un po’ la
macchinetta, mentre una voce dal microfono della sbarra incredibilmente ci ha
detto che eravamo “osservati e sotto controllo”, del resto era solo il
secondo giorno e già la seconda volta che rischiavamo la galera… Così Carlo
è dovuto andare a chiedere fuori dal parcheggio a qualche passante se avesse il
cambio dei pound che ci mancavano in moneta, mentre io rimanevo in macchina
(pazzesco!). Pagata questa diamine di macchinetta, siamo finalmente usciti da un
altro incubo di parcheggio dopo un’altra mezz’ora persa, per dirigerci alla
prossima meta, Salisbury.
Salisbury
è vicina a Winchester, siamo arrivati più o meno verso le 15:30, e fa parte
anch’essa delle rinomate cittadine inglesi famose per la propria cattedrale.
In effetti questa di Salisbury mi è sembrata la più bella in assoluto, enorme
e con la torre campanaria a guglia altissima (ben 127 metri se non
ricordo male, la più alta di tutto il Regno Unito). Stavolta niente parcheggio
in aree
di sosta con macchinette strane, abbiamo lasciato la macchina a fianco al
muretto della piazza che dà verso la cattedrale. In realtà era a pagamento
anche questo, con chissà quale marchingegno, probabilmente con il classico
“tagliando” che abbiamo anche qua in Italia, ma ovviamente bisognava cercare
dove comprarli, visto che non c’era nessun vigilante nel giro di tutta
l’immensa piazza. E così, volendo fare decisamente gli “italiani” almeno
per una volta, e dovendo recuperare la batosta del parcheggio di Winchester,
abbiamo ben pensato di passarci sopra e lasciarla lì, dando giusto
un’occhiata ogni tanto. Siamo entrati dentro a visitare la Cattedrale
che è
meravigliosa, con le sue altissime navate gotiche e cappelle decorate. Un
particolare curioso era l’esposizione dell’orologio
più vecchio d’Inghilterra, ma sicuramente anche uno dei più
vecchi al mondo, che tutto sembrava ovviamente fuorché un orologio come lo
intendiamo oggi. Appena fuori dalla cattedrale invece, c’era l’esposizione
di una delle 5 uniche copie autentiche di Magna Carta
esistenti al mondo, e la simpatica guida del posto, un povero signore che fra un
po’ crollava sul pavimento da quanto era anziano, ci ha spiegato mangiandosi
parecchie parole la storia di quell’importantissimo pezzo di carta, che pare
sia il meglio conservato e leggibile di tutti gli altri 4.
La gita a Salisbury è stata
breve anche perché volevamo assolutamente vedere, prima della chiusura,
un'altra mitica tappa leggendaria da conquistare nel nostro viaggio: Stonhenge
.
Si arriva a questo monumento, sicuramente tra i più famosi nel mondo,
direttamente dall’autostrada, dopo un breve svincolo sulla destra. C’è da
dire che l’impatto dall’autostrada è strano, perché si supera un colle e
dall’alto spuntano in lontananza i resti di Stonhenge, così maestosi e
isolati immersi in quello sterminato prato verde. Sembrano più maestosi venendo
dall’autostrada che a guardarli da vicino in effetti. Certamente la posizione
di un monumento storico così importante, famoso principalmente per il suo alone
di mistero, non è decisamente felice a due passi dall’autostrada, con lo
sfrecciare di tutte quelle macchine. Nonostante tutto confermo la visione di
Vincenzo, il quale afferma giustamente che trovarsi di fronte a quelle pietre,
così cariche di leggende e misteri, insieme all’emozione di poterle
finalmente vedere dal vivo e non solo nei documentari, rende il posto
incredibilmente suggestivo. All’entrata si fa il biglietto e si riceve
una guida, una sorta di telefono a numeri dove si può scegliere la lingua
parlata, mentre sulla destra si trova il classico shop fornito di tutto. Si
percorre un breve tratto di strada che riproduce, disegnata sui muri, come
doveva essere una volta il sito: enorme, assolutamente molto più vasto e
imponente di adesso, considerando che del cerchio di pietre più esterno ne
rimane oggi soltanto una in piedi. Il giro inizia con un sentiero che percorre
un anello a 360° sulla collina intorno a Stonhenge. Ogni tanto si presentano
dei cartelli con dei numeri, che premuti sulla guida telefonica permettono di
ascoltarne la descrizione. Dalla guida non risultavano ancora certezze sui
misteri di questo sito, dell’esatto come e perché venne costruito, a cosa
serviva, come veniva utilizzato, ma si fanno tutte le ipotesi possibili, dal
calendario agli ufo. La parte più
bella è alla fine, dove si può apprezzare e vedere meglio i resti,
conservati più intatti e numerosi, dei monoliti, e assume anche maggior
suggestione verso il tramonto quando il sole li illumina in controluce.
Emozionati da questa nostra conquista, non potevamo non immortalare questo
momento e approfittando del fatto che eravamo in orario di chiusura e non
c’era quasi più nessun turista, io e Carlo ci siamo dedicati per il solito
autoscatto, stavolta sdraiati per terra!
Poco dopo abbiamo rimboccato
l’autostrada verso il Sud-Ovest dell’Inghilterra, e visto che non era ancora
buio, ci siamo fermati per un giro panoramico a Sherbourne
,
un paesino incredibilmente rimasto fuori dalla civiltà e ancora intatto come
secoli fa. La strada per arrivarci è stata tutto un programma, stretta e
curvosa, con i muretti alti in pietra immersi in un verde prepotente, che ogni
tanto davano spazio a splendide casette in pietra con tettuccio spiovente. La
vita qua sembrava essersi fermata, ci sentivamo quasi intrusi con una roba così
tecnologica come la macchina… Il paese poi era assolutamente meraviglioso, un
piccolo centro abitato da favoletta, un plastico di una perfetta ricostruzione
storica che sembrava creata apposta per sbalordire il turista, ma stavolta era
tutto autentico (e non si pagava niente!). Qua neanche il turismo esisteva
ancora, e la dimostrazione era il fatto che non siamo riusciti a trovare neanche
un posticino per dormire. C’era solo il classico pub di paese con persone di
una certa età che si bevevano la loro gustosa birra, e le vie del centro erano
desolate. Un vero pezzo da museo, assolutamente imperdibile per capire la vera
campagna inglese, come doveva essere una volta e come, anche se per pochi
tratti, è rimasta ancora tutt’oggi.
Dopo Sherbourne, ormai buio, ci
siamo diretti ancora più giù arrivando fino a Yeovil
,
una anonima cittadina dove abbiamo trovato, finalmente senza difficoltà, un
discreto BED & BREAKFAST
ad un
prezzo decisamente conveniente. Dopo esserci ristorati siamo usciti un po’ per
le vie di questa cittadina, finendo a bere una birra in uno strano pub, pieno di
ragazzini che stavano dando una sorta di party. Non è stato proprio il massimo,
e abbiamo cominciato a realizzare che la vita notturna certamente non sarebbe
stato il pezzo forte di questo viaggio, qua siamo in Inghilterra e non in
Irlanda, la cultura del pub tutti i giorni a tutte le ore anche nel posto più
sperduto non esiste.
L’entusiasmo di oggi era alle
stelle, finalmente avremo oltrepassato i confini della Cornovaglia per visitare
questa regione, la meno abitata e più selvaggia dell’Inghilterra, così ricca
di storia, leggende e misteri, oltre che di meravigliosi paesaggi. Abbiamo preso
l’autostrada che scende fino all’estremo Sud-Ovest dell’isola, passando
per Exeter
dove ci siamo piuttosto incasinati con i cartelli, finendo per fare il giro
della città un paio di volte alla ricerca della giusta deviazione verso il Nord
della Cornovaglia. Usciti dopo un ora di autostrada ad uno svincolo, abbiamo
preso una strada secondaria che portava a Camelford
,
piccolo paesino che alcune guide considerano la Camelot
più accreditata (ma Vincenzo per esempio nomina South Cadbury
). Ci
siamo fermati qua a pranzare in una locanda caratteristica del posto, eravamo
praticamente solo io, Carlo, la
ragazza che gestiva il locale e altre due o tre persone del luogo che entravano
e uscivano per i pettegolezzi del paese. Non c’era un solo turista, neanche
per le strade, eravamo completamente immersi nella vera vita di uno sperduto
luogo del sud-ovest dell’Inghilterra! Lasciato questo piccolo centro ci siamo
diretti verso l’imperdibile tappa di Tintagel
.
Questa volta andavamo alla conquista del King Arthur’s Castle
, ovvero
le rovine del Castello
dove la leggenda vuole sia nato
Re Artù.
All’inizio di questa splendida cittadina turistica, abbiamo parcheggiato la
macchina in un area apposita di fronte al Tourist Office
, dove
siamo entrati a dare un’occhiata ai depliant e alle guide. Una cartina
mostrava il sentiero da percorrere per arrivare al castello, verso la fine del
paese. Così abbiamo passeggiato per la via principale, in un susseguirsi di
splendidi piccoli negozietti di ogni genere, ubicati in meravigliose casette di
pietra, che rendevano l’atmosfera davvero suggestiva insieme al tempo freddo e
nuvoloso. Spiccava in particolar modo il caratteristico Old Post Office
,
famoso e super gettonato nelle cartoline, considerato il più antico ancora
funzionante in Inghilterra.
Poco più avanti, da una
deviazione verso sinistra parte il sentiero sterrato che scende rapidamente
verso la costa, e si rivela una splendida passeggiata immersa nel verde
intenso della zona. Dopo una ventina di minuti ci siamo messi a sorridere
alla vista del famigerato obbrobrio di cui il nostro mitico Vincenzo di Marco
parlava, un moderno hotel a forma di castello, costruito sulla sinistra sopra su
un promontorio, con cui abbiamo vivamente concordato la ‘stonatura’
con la magia di questo posto. Alla fine del sentiero siamo arrivati a ridosso
dell’oceano, e ci siamo fermati ad osservare il bellissimo scenario: le
rovine del castello sulla sinistra, con uno strano ponte di legno che univa i
due promontori, dove sorgevano da una parte il vecchio castello di Re Artù e
dall’altra il villaggio, l’oceano di fronte abbastanza mosso e arrabbiato, e
un susseguirsi di colline verdissime sulla destra dove altri piccoli sentieri si
inerpicavano. In basso c’erano persino varie grotte
,
che con la bassa marea sono raggiungibili a piedi. Ci siamo dunque avviati verso
il ponte, dove non poteva mancare il casolare per pagare i biglietti, e abbiamo
scelto come prima meta di andare verso destra, dove c’erano le rovine del
villaggio. Sulla sinistra invece una ripidissima scalinata portava al castello,
costruito veramente in un posto unico ed eccezionale, con le mura al limite del
promontorio che finiva a strapiombo sull’oceano da una considerevole altezza!
Questo sì che era un posto inespugnabile e fantastico! (la leggenda, che noi
abbiamo appreso da Vincenzo, pare dica infatti che venne conquistato solo con
l’inganno tramite una magia di Merlino).
Passato il ponticello in legno
siamo saliti su questo promontorio, dove una passeggiata panoramica è
assolutamente doverosa. Nella prima parte si ammirano i pochi resti delle mura
di antiche abitazioni, e il sentiero prosegue alto sulla costa fino all’altra
punta estrema dove lo strapiombo verso l’oceano è accentuato. Da qua si gode
di una vista fantastica del posto, si vede tutta la costa, l’oceano, i resti e
le rovine, persino il paese di Tintagel in lontananza. Il tutto è
enormemente suggestivo, e altri piccoli particolari contribuiscono a rendere
questo uno dei posti naturalistici più belli della Cornovaglia, come una
piccola cascata
, le
fioriture, le grotte nascoste, la continua presenza di enormi gabbiani che
volano ovunque. Carlo si stava persino appisolando sdraiato in tutto relax e
godendosi la superba vista! Proseguendo sul retro del promontorio, il sentiero
turistico sale in cima e sparisce insieme ai turisti, lasciando spazio alla
desolata prateria dove si può passeggiare e ammirare il panorama
a 360°.
Qualche cartello sporadico per terra spiega il ritrovamento di resti, alcuni
ancora con un significato misterioso del come e perché furono costruiti.
Tornati al punto di partenza,
avendo aggirato tutto il promontorio, siamo poi saliti nella ripida scalinata
che porta ai resti del castello vero e proprio, di cui le mura si possono ormai
intuire solo dai pochi resti delle recinzioni delle fondamenta. La parete
finisce nettamente a strapiombo sull’oceano e non è certo una visione adatta
a chi soffre di vertigini! Un altro sentiero parte da qua e riporta a metà
strada verso Tintagel, dove siamo tornati verso le 16:00.
Ripresa la macchina abbiamo fatto
un bel pezzo di strada costiera secondaria, quasi desolata, nel nord della
Cornovaglia, e ci siamo fermati su una mastodontica baia chiamata Watergate
Bay
,
rinomata soprattutto ai turisti inglesi amanti del surf
. Il
colpo d’occhio è eccezionale, chilometri e chilometri di bella spiaggia
,
esaltati ancora di più dal gioco delle maree, con la costa alta a strapiombo
alle spalle, e le onde dell’oceano che si
ritirano lentamente creando centinaia di metri di battigia dove
divertirsi a correre e camminare cercando di non sprofondare troppo nella sabbia
bagnata! Ed è proprio quello che abbiamo fatto per una mezz’oretta buona in
questo splendido tratto di costa, che prosegue più in là per molte altre
miglia in varie rinomate baie, alcune addirittura con altissimi faraglioni, che
però non siamo riusciti a trovare.
Siamo giunti invece, ormai quasi
buio, alla sorridente cittadina di Newquay
,
anch’essa meta soprattutto di turisti quasi esclusivamente inglesi. Un breve
giro nel litorale
ci ha
fatto subito capire che questo era un posto meraviglioso e ben organizzato,
pieno zeppo di negozi e divertimenti e non ci avrebbe deluso. Abbiamo trovato
facilmente un BED & BREAKFAST
vicino
al centro, tra l’altro molto economico e il più caratteristico dal punto di
vista dell’arredamento interno, con una tappezzeria vivacemente colorata e
allegra. Anche la signora che ci ha accolto è stata estremamente gentile e
disponibile. Dopo esserci adeguatamente ristorati e riposati, siamo usciti per
passeggiare in questa promettente cittadina, dove in realtà abbiamo trovato però
quasi tutto chiuso, pur essendo solo le 22:00. Ma il nostro giro turistico è
stato decisamente ravvivato e reso emozionante dagli splendidi scorci che il
litorale ci ha regalato, con una meravigliosa spiaggia
incastonata tra le alte pareti della roccia. Sono due per l’esattezza,
entrambe molto grandi e ben organizzate, raggiungibili a piedi scendendo le
gradinate. Una in particolare ci ha colpito clamorosamente, dove abbiamo
avvistato con meraviglia una casa perfettamente isolata costruita sopra un alto
faraglione
, e
collegata alla “terra” solo tramite un lungo moderno ponte ad arco. Ci siamo
subito diretti verso questa incredibile costruzione, ma il ponte era
raggiungibile solo tramite l’ingresso ad un'altra abitazione privata, così
abbiamo sceso la lunga gradinata a strapiombo sulla parete che porta alla
spiaggia, e passeggiato in questa magnifica baia. Risaliti per un’altra
gradinata in prossimità di un acquario, abbiamo continuato il giro per verdi
prati e piazze, notando come in questa cittadina, in modo assolutamente più
accentuato che in ogni altra, gli enormi gabbiani grandi come agnelli dominavano
ogni luogo. Ce n’erano ovunque, spesso in gruppo, e si sentiva praticamente
solo il loro grido per le strade ben illuminate ma desolate (sembravamo gli
unici turisti in circolazione!). Il tutto creava un’atmosfera suggestiva e
magica, che ha fatto di Newquay una delle cittadine più belle e
caratteristiche che abbia mai visto.
La mattina dopo siamo tornati in
prossimità della baia con la mitica villa, che la signora del BED &
BREAKFAST ci ha detto appartenesse ad una vecchia signora ricca ed egocentrica,
per fare delle doverose foto. Del resto per noi aveva lo stesso valore di una
qualunque altra attrazione, una costruzione così unica e singolare! Alla luce
del sole abbiamo notato che c’era la bassa marea, così come la notte prima,
vedendo che nel porticciolo in lontananza non c’era acqua e le barche erano
appoggiate in terra. La spiaggia era parecchio larga, ma con l’alta marea
sicuramente l’oceano avanzava fino a ricoprire la base del faraglione,
rendendo ancora più suggestiva la villa.
Subito dopo abbiamo preso
l’autostrada che porta verso l’estrema punta occidentale, non solo
della Cornovaglia ma di tutta l’isola britannica. Si arriva per l’appunto in
un posto chiamato Land’s End
,
ovvero dove la terra finisce, molto pubblicizzato non solo per la bellezza
naturalistica della costa ma anche per il parco giochi che vi risiede. Sistemata
la macchina nel solito parcheggio
a pagamento si passa proprio attraverso il parco, diviso in più parti con varie
attrazioni. A noi sinceramente non hanno ispirato più di tanto e abbiamo
proseguito direttamente verso la costa. Il panorama
qua è davvero bellissimo,
non c’è che dire, ci sono diversi punti dove godere una vista spettacolare
della costa, in particolare proseguendo per il sentiero che si allontana un
po’ dal parco giochi. Siamo passati attraverso un ponte sospeso e abbiamo
aggirato un promontorio, i turisti sono diventati sempre di meno e il posto ha
assunto contorni decisamente più selvaggi. Lasciato il sentiero principale
siamo scesi liberamente a ridosso della verdissima costa, per ammirare più da
vicino le numerose colonie di uccelli e l’oceano. Ovviamente ho scattato foto
a più non posso, esaltato da questo splendido panorama, fino a quando Carlo non
ha attirato la mia attenzione indicandomi qualcosa che spuntava dalle onde e che
sembrava una testa. E lo era perbacco, era nientemeno che una foca
! E’
risaputo che in questo tratto di costa, con un po’ di fortuna,
è possibile avvistare delle foche, ma non lo avremmo mai creduto
sul serio! In realtà abbiamo scoperto che si trattava di una foca grazie a due
ragazzi che avevano il binocolo e guardavano nella stessa direzione, poiché era
piuttosto lontana, risaliva solo ogni tanto a tratti ed era difficile
distinguerla. Comunque esaltati da questo per noi sensazionale avvistamento,
siamo rimasti un po’ di tempo ad aspettare che la foca risalisse a galla
diverse volte e ho anche provato a fotografarla, ma la definizione con lo zoom
digitale purtroppo è risultata piuttosto scarsa.
Finito il giro a Land’s End,
siamo tornati indietro verso Penzance
,
l’unico grazioso paese abitato in questa zona desolata insieme a St. Ives
.
Abbiamo lasciato la macchina nel parcheggio
del
caratteristico porticciolo e passeggiato per il centro, fermandoci a mangiare in
un bel locale del posto (il Pizza Hut non c’era!). Dopo aver doverosamente
comprato varie cartoline, ci siamo diretti a Marazion
,
piccolissimo paese con strade strettissime, reso tappa fondamentale per arrivare
a St. Michael’s Mount
,
isolotto famoso per essere il fratello povero di S. Michelle in Normandia. Le
caratteristiche sono le stesse, ovvero la possibilità di essere raggiunto via
terra tramite un sentiero lastricato che compare “magicamente” con la bassa
marea. Con l’alta marea si può comunque raggiungere tramite traghetto. Gli
orari delle maree si possono chiedere da qualche parte o si trovano esposti. Per
nostra sfortuna c’era l’alta marea quando siamo arrivati che perdurava fino
alla mattina seguente, e abbiamo deciso di saltare questa tappa limitandoci a
guardarlo dalla costa, in una giornata tra l’altro di scarsa visibilità.
Abbiamo quindi proseguito verso
la disabitata penisola del Lizard e ci siamo fermati in una baia mozzafiato
chiamata Mullion’s Cove
.
E’ un piccolissimo paese con una sorta di porticciolo immerso in posto
incredibilmente bello. Dei bambini facevano tranquillamente il bagno tuffandosi
dal piccolo molo, mentre noi rabbrividivamo dal freddo solo a guardarli.
C’erano numerosi sentieri che salivano e seguivano la costa alta e
spettacolare, sicuramente ideali per un bel trekking
,
ma noi abbiamo deciso di scalare un ripido colle a modo nostro, arrampicandoci
letteralmente verso la cima eccitati da questo grandioso panorama
.
La vista era unica e mozzafiato e avrebbe meritato una sosta ben più
lunga della nostra oretta. Ci siamo comunque fermati ad ammirare e fotografare
il tutto meticolosamente, dagli imponenti faraglioni
agli strapiombi verdissimi che finivano nel profondo blu dell’oceano.
Tornati alla macchina siamo
arrivati, dopo una stretta e lunga strada di campagna alquanto suggestiva, fino
all’estremità nel Lizard Point
,
anche questo bellissimo, che rappresenta il punto più a Sud di tutta
l’Inghilterra. Qua ci siamo ristorati adeguatamente in un chiosco del
posto e abbiamo ammirato il panorama
, prima che giungesse l’ora del
tramonto. Dalle cartoline ci siamo accorti che c’erano altre bellissime baie
in zona simili alla Mullion’s Cove, che rendono questa penisola una meta
assolutamente imperdibile per la sua bellezza naturalistica.
Poco prima che facesse buio siamo
giunti a St. Austell
,
principale centro abitato di questa zona immerso nei monti, a differenza delle
tante cittadine costiere della Cornovaglia. Ci siamo fermati in un enorme BED
& BREAKFAST
,
davvero caratteristico, disposto su due piani più il terzo proprio sotto il
tetto, dove stava la nostra spaziosa stanza. L’aria fuori era bella fresca, si
sentiva il passaggio dalla costa alla montagna, ma ovviamente all’interno del
BED & BREAKFAST il riscaldamento era azionato a dovere. La notte siamo
usciti ma siamo rimasti piuttosto delusi dal fatto che in uno dei principali
centri abitati non ci fosse nulla di aperto, e ovviamente non sto parlando di
negozi, mi riferisco a pub o qualche posto dove prendere qualcosa da bere o
divertirsi: non c’era niente! Nella desolazione più totale, ci siamo fatti un
giretto per le vie del centro quantomeno per dire di aver visitato questa
cittadina.
La tappa predestinata per questa
mattina è stata quella dell’Eden Project
,
a due passi da St. Austell, molto pubblicizzata e considerata, piuttosto
esageratamente, quasi una meraviglia del mondo. Si tratta delle serre
attualmente più grandi del mondo, costruite per creare
ambiziosamente (e il nome lo dimostra) un ambiente che raccolga un enorme
quantità di piante
esistenti al mondo, dalle più comuni a quelle più rare. L’ingresso è tutto
un programma, si parcheggia
in una delle numerose aree a terrazza (gratuite, dal momento che la mazzata è
inclusa nell’esoso prezzo dell’ingresso), ognuna contraddistinta da un
frutto per ricordare dove si lascia la macchina, visto che sono tutte uguali (la
nostra aveva la banana!). Dopodiché segue una lunga passeggiata a piedi che
scende fino a valle, dove si cominciano a intravedere le enormi strutture a
bolla delle serre. Qua è tutto esagerato, dalla sponsorizzazione di questa
opera alla mastodontica entrata. Una volta fatto il biglietto, il più caro
pagato in tutto il viaggio per vedere una singola attrazione, si percorre un
altro lungo sentiero panoramico
che scende verso le serre. L’impatto è certamente non da poco e lo stupore
è garantito nel vedere queste enormi serre a forma di bolle! Il complesso
è diviso in due sezioni, differenti solo per dimensioni, ciascuna composta da
tre grandi cupole di cui la più grande è quella centrale. Nella sezione più
piccola è racchiusa la vegetazione
della fascia temperata, tipica quindi anche del Mediterraneo, dove si
trovano in effetti niente di più che le stesse comuni piante che possiamo
vedere tutti i giorni ovunque. La parte più grande invece è la più
interessante, e racchiude la vegetazione della fascia sub-tropicale
,
compreso il clima spaventosamente caldo e umido. Un gigantesco scomparto dove si
trovano vari punti di ristoro divide le due sezioni e ne permette l’accesso.
La prima sensazione che abbiamo provato entrando nella fascia sub-tropicale è
stata quella di un soffocamento generale, al limite della sopportazione, e non
è un caso infatti che ogni tanto all’interno si trovino angoli di rinfresco.
Il senso di oppressione era accentuato da una folla accalcata di turisti,
praticamente tutti inglesi e che per giunta erano tutti anziani! C’erano solo
anziani e bambini, la fascia di età giovanile non esisteva e questo ci ha
lasciato non poco perplessi… Le varie piante comunque sono descritte nel loro
nome e nella loro provenienza, e si fa un lungo percorso che attraversa tutta la
serra salendo anche in alto. Il paesaggio è piuttosto strabiliante, tra cascate
artificiali, ponti vari, piante tropicali, e un tetto gigantesco e altissimo
costruito con le enormi celle esagonali della serra. Il tutto si riduce comunque
ad una semplice passeggiata per queste gigantesche cupole costruite dall’uomo,
più che a una vera e propria visita naturalistica, forse anche per il disagio
della folla e della temperatura che non permettono di godere appieno del posto e
fanno desiderare velocemente l’uscita. Io e Carlo non abbiamo nascosto
di rimanere un po’ delusi da questo punto di vista, pur apprezzando pienamente
la singolarità di questo straordinario posto creato artificialmente dall’uomo
(forse, per l’appunto, troppo artificiale e commercializzato!).
Lasciato l’Eden e tornati
sull’autostrada, abbiamo fatto una tirata fino a Cheddar
,
famosa per la produzione del suo formaggio e dal punto naturalistico per la
presenza di una imponente gola. (quando parlo di tirata intendo dire che Carlo
ha toccato i 180 Km/h, stabilendo senza ombra di dubbio, dal momento che la
lancetta non andava oltre, il
record su strada di quella povera Fiat Punto che abbiamo ritirato nuova e
consegnato squagliata…). Arrivati verso le 15:00, ci siamo fermati a mangiare
in un locale decisamente artigianale, l’unico aperto a quell’ora, gestito da
un simpatico signore che fungeva anche da cameriere e dalla moglie, che cucinava
sul retro. In effetti sembrava di essere nel salone di una casa, ospiti di
questo signore, cordiale e disponibile, con un menù alquanto casereccio e
ottime pietanze culinarie tradizionali del posto. Finalmente un pranzo
veramente caratteristico del luogo!
Subito dopo ci siamo diretti
verso la Cheddar Gorge
,
una profonda gola
molto
bella, con pareti verticali molto alte ed una conformazione particolare, che si
può attraversare tranquillamente in macchina tramite una strada serpeggiante
che passa in mezzo. Ovviamente la parte più bella doveva essere quella non
asfaltata, salendo in cima con qualche trekking
o per
una famosa scalinata del luogo, ma noi non avevamo tanto tempo da dedicare a
tutto ciò.
Dopo una breve sosta abbiamo
proseguito a Sud verso Wells
per vedere la bella Cattedrale
, ma
avendone visto in effetti già parecchie altre, abbiamo deciso di non fermarci e
dare priorità ad altro.
Erano quasi le 17:00 quando,
sempre proseguendo verso Sud poco dopo Wells, siamo arrivati a Glanstonbury
.
Eravamo incredibilmente incuriositi da questa cittadina, inizialmente neanche
preventivata nel nostro viaggio, e posta successivamente come tappa
obbligatoria grazie al nostro grande Vincenzo di Marco. Ci chiedevamo cosa
potesse averlo spinto a dedicare buona parte del suo racconto a questa piccola
cittadina, che descrive in modo così euforico ed emozionante, e non abbiamo
messo molto a capirlo… Apparentemente passando in macchina per le strade
sembrava una comunissima cittadina, come tante altre inglesi, solite casette con
giardino, prati verdi e così via. Ma parcheggiati al centro e scesi per strada
sono bastati solo dieci minuti per capire esattamente quello che Vincenzo voleva
dire nelle sue memorie! Avevamo il suo scritto stampato tra le mani e lo abbiamo
letto passo per passo mentre passeggiavamo per le viuzze principali, è stato
veramente emozionante! Innanzitutto, abbiamo subito concordato sul fatto che qua
il misticismo
è
intrinseco nel luogo e si respira un’atmosfera davvero singolare e suggestiva
in questa cittadina considerata la capitale del New Age
. Ogni
abitante è un personaggio, c’è gente di tutti tipi e di tutti i colori,
alcuni molto trasandati nell’abbigliamento, altri nel look in generale,
insomma sembrava comunque di passeggiare tra vagabondi e viaggiatori provenienti
da chissà quale parte del mondo, con zaino sulle spalle, poiché, come narra
Vincenzo prima di noi e come si dice qua nel posto, nessuno arriva mai a
Glanstonbury “per caso”. Tutti sono alla ricerca di qualcosa,
dell’illuminazione che possa cambiare la vita, del rito religioso che permette
di andare al di là del mondo comune ai mortali. Alcune leggende celtiche
vogliono infatti che in una collina a due passi dal paese, dove sorge il Thor,
ci sia la porta per l’oltretomba
. Ma
questa è solo una delle tante. Un altra vuole che qua sia sorta Avalon
,
il luogo dove Re Artù venne portato ormai morente e sepolto insieme a Ginevra
presso
le rovine dell’abbazia, che purtroppo noi non abbiamo potuto visitare poiché
già chiusa. Per dettagli maggiori rimando comunque al racconto di Vincenzo,
che ha scritto minuziosamente ogni particolare storico e leggendario di
Glanstonbury.
Dopo una breve passeggiata per i
negozi particolarissimi, con ogni tipo di incensi, candele, bigiotteria mistica,
incantesimi
vari
provenienti dall’oriente e da chissà quali parti, (una vera chicca per chi ha
un minimo di credenza sulla magia
,
stregoneria
, o
semplicemente superstizione), ci siamo fermati a prendere qualcosa da bere in un
bar. Qua, continuando a leggere il racconto di Vincenzo, e ridendo di cuore
immaginando la scena della moglie Anna che commentava sul suo quadretto,
considerato “un obbrobrio” da non appendere assolutamente in casa, abbiamo
deciso di intraprendere la fatidica scarpinata purificatrice
,
salendo sulla cima del Thor
,
un colle con una torre in cima da cui si gode una grandiosa vista della vallata,
e con numerose leggende legate persino al Santo Graal
.
Presi dall’euforia di tutta questa atmosfera e armati di videocamera e
macchina fotografica, ci siamo avviati per affrontare la lunga passeggiata che
porta dunque al colle, ma abbiamo preso l’ingresso posteriore e siamo stati
costretti a fare un divertentissimo giro tra i campi coltivati, salendo su
scalette appositamente messe per oltrepassare le recinzioni, lasciandoci il
paese alle spalle e salendo su un ripido sentiero alle spalle del Thor. Mentre
ci avvicinavamo al colle dominante il paesaggio con la sua torre, siamo stati
colpiti dall’incredibile numero di personaggi del posto, e le chicche si
susseguivano una dietro l’altra! Una persona è rimasta con le braccia
aperte come a formare una croce per
più di dieci minuti sulla cima (mentre noi ci chiedevamo cosa stesse facendo),
e durante l’ultimo pezzo della salita alcuni ragazzi in cerchio, visibili in
lontananza, stavano operando chissà quale rituale o messa strana. Sul sentiero
poi c’erano costantemente numerose macchie che parevano cera fusa, uno strano
odore nell’aria, ed una ragazza, ormai in prossimità della torre, ci ha
fermato parlando di cose stranissime, di quei ragazzi laggiù e del fatto che
fosse una strega
(e non
ho dubbi che credesse di esserlo davvero, doveva aver fumato
l’impossibile…). Ovviamente non abbiamo badato a lei e siamo arrivati in
cima, dove la vista era veramente grandiosa! Si vedeva tutta la vallata,
la cittadina di Glanstonbury in controluce, mentre il sole calava velocemente, e
un panorama
che
spaziava su tutta la verde campagna inglese. Le nostre fatiche sono state
ricompensate alla grande! Dopo esserci fermati un po’ a contemplare questo
splendore e a fare le doverose foto al monumento del Thor, siamo riscesi,
stavolta dal sentiero principale, molto meno ripido e meno lungo. Purtroppo
siamo rimasti mortificati nel non aver avuto il tempo di visitare il Chalice
Well, il giardino di cui parla Vincenzo, luogo di pace e silenzio dove una
sorgente d’acqua ferruginosa avrebbe (sempre secondo leggende) poteri
taumaturgici.
Più che soddisfatti comunque da
questa imperdibile sosta a Glanstonbury, cittadina fuori da qualsiasi parametro
comune, abbiamo ripreso la macchina per salire verso Nord e raggiungere Bristol
,
dove contavamo di trovare alloggio per la notte. Siamo arrivati con tutta calma
verso le 20:00 di sera, e siamo rimasti colpiti dal paesaggio intorno circondato
da imponenti boschi, costeggiando il fiume con l’altissimo ponte che è
diventato quasi un simbolo di questa grande città. Entrati nel centro, abbiamo
cominciato a girare in tondo alla ricerca di un qualsiasi alloggio, ma
clamorosamente non abbiamo trovato nulla per accogliere un povero turista in
cerca di un posto per dormire, nemmeno un insegna di un hotel! Abbiamo solo
visto tantissimi giovani e ragazzi che uscivano e andavano a divertirsi (era
giovedì sera), e siamo stati costretti dopo un ora di inutili ricerche, a
spostarci verso fuori nella speranza di trovare qualche BED & BREAKFAST
in
qualche borgo vicino. Alla fine ci siamo disorientati e nonostante avessimo la
cartina sottomano non siamo riusciti più a capire la nostra posizione, così
abbiamo vagato per strade isolate e immerse nel bosco dall’aspetto quasi
inquietante e lugubre, trovando qualche frazione abitata ogni tanto ma senza
nessuna possibilità di alloggio. Le nostre speranze stavano ormai svanendo
verso le 22:30, ormai stremati e distrutti, con una forte allergia nei confronti
dell’abitacolo della macchina dopo ore di ricerca, quando come un miraggio ci
è apparsa la scritta di una Guesthouse
in una
strada con qualche casa intorno. Ci siamo fiondati senza indugio in questa
particolarissima abitazione, arredata egregiamente in tutto rispetto dalla
padrona del posto, dove pareva di essere in un hotel raffinato con quella
moquette rossa e tutti quegli specchi sistemati ovunque, nei corridoi, nelle
scale, nelle stanze e persino nel bagno di fronte alla doccia! Chissà dove
eravamo finiti…
Dopo una doverosa dormita,
abbiamo fatto una lauta colazione nella sala circondata anch’essa da specchi
di questa singolare Guesthouse, e abbiamo ripreso il viaggio tornando verso
Bristol e dirigendoci verso Oxford. E’ stato un peccato non avere molto tempo,
perché Bristol, a parte l’inospitalità della notte precedente, ci è parsa
davvero una città interessante che meritava una visita. Dopo una lunga
traversata per il centro dell’Inghilterra, e sbagliando tra l’altro
autostrada, cosa che ci ha fatto allungare parecchio e perdere non poco tempo,
siamo arrivati finalmente alla rinomata Oxford
.
La soluzione migliore probabilmente sarebbe stata quella di lasciare la macchina
fuori città e prendere il bus nelle apposite aree chiamate “Park & Ride
”,
seguendo il consiglio stesso dei cartelli inglesi, ma noi questo l’abbiamo
realizzato troppo tardi e siamo andati direttamente a parcheggiare in centro,
nei soliti carissimi parcheggi
a
pagamento (stavolta però abbiamo tenuto ben presente il conto delle ore e il
passare del tempo…). Una volta a piedi siamo entrati per prima cosa in un Tourist
Office
per prendere la cartina della città e un elenco dei BED & BREAKFAST, poi
abbiamo passeggiato ininterrottamente per il centro fino all’ora di pranzo,
dove abbiamo scelto di ristorarci all’ormai più che collaudato Pizza Hut
. Oxford
è una cittadina veramente graziosa, veramente bella per fare la vita da
studente, piena di giovani, di spazi verdi, di parchi, di college
e università
.
La storia e l’arte sono intrinseche nelle vie del centro, ricche di monumenti
ben mantenuti, di chiese, persino le strutture universitarie sono grandiose e
appariscenti. Non avevamo granché tempo per fermarci a visitare tutto quello
che c’era da vedere, ci sarebbero voluti non meno di tre giorni ritengo, così
l’unica scelta che avevamo era quella di fare un giro illustrativo, quantomeno
per respirare l’atmosfera di questa cittadina così famosa nel mondo. Le vie
del centro sono interamente chiuse da una grande zona pedonale
,
il mezzo più usato per spostarsi (e ovviamente più economico per uno studente)
è la bicicletta
e se ne trovano ovunque, lasciate tranquillamente per strada anche senza
protezione (tanto chi la ruba, ce l’hanno tutti!). I negozi di souvenir
,
inutile dirlo, pullulano ovunque e offrono di tutto e di più per il turista.
Passeggiando liberamente per le affollate e vispe vie del centro, siamo stati
attratti dalla costruzione della libreria
,
imperdibile monumento di Oxford. Abbiamo visitato solo l’ingresso, molto
suggestivo, dove abbiamo appreso che la libreria contiene la bellezza di oltre
cinque milioni di volumi!
Tornati al BED & BREAKFAST
, che
avevamo cercato subito dopo pranzo, un po’ in periferia e decisamente più
caro rispetto alla media degli altri inglesi, ci siamo ristorati e poi siamo
usciti per la notte, convinti che il venerdì sera il fine settimana era
iniziato e avremo trovato un bel po’ di movimento. E così è stato in parte,
anche se ci si poteva aspettare qualcosina di più da una città così piena di
giovani e studenti. Abbiamo girato numerosi pub, ma nessuno ci ha ispirato più
di tanto, fino a quando, ad una certa ora, solamente le disco e i night-club a
pagamento sono rimasti aperti. Siamo dunque tornati al BED & BREAKFAST, dove
abbiamo messo in atto un’altra mitica chicca notturna. Poiché il
parcheggio del nostro BED & BREAKFAST faceva angolo con una traversa e
finiva sul retro, e non essendoci nessuna insegna o targa quantomeno luminosa
che lo indicasse, era buio pesto e abbiamo girato l’angolo finendo per cercare
di aprire la porta sbagliata, quella prima del nostro BED & BREAKFAST. Ma le
chiavi ovviamente giravano a vuoto e non aprivano proprio per niente, cosicché
dopo vari tentativi abbiamo cominciato a bussare preoccupati (era l’ 1:00 di
notte!). Ricorderò sempre la faccia di quella signora impaurita che
sopraggiunse all’improvviso sul vetro della porta, senza aprire, e che urlava:
“Next door! Next door!”… Realizzato in qualche istante di secondo la
nostra bellissima cantonata, siamo subito corsi nella porta affianco (quella
giusta stavolta) e siamo entrati sorridendo (sarebbe meglio dire ridendo a
lacrime) nel BED & BREAKFAST, pensando tutto sommato che certamente non
eravamo gli unici ad aver sbagliato e che la signora doveva essere più che
abituata a questi poveri turisti…distratti!
Lasciata Oxford ci siamo diretti
a Cambridge
,
ultima tappa del nostro viaggio, appositamente scelta per la sua vicinanza
all’aeroporto di Stansted. Solito tram-tram per il parcheggio
, e
perlustrazione delle cittadina, che è apparsa ai miei occhi anche più carina e
accogliente di Oxford. Probabilmente l’età media era più bassa ma per il
resto era tutto nello stile di Oxford: una vastissima zona pedonale
che rendeva piacevole la passeggiata per il centro, un sacco di negozietti,
bei monumenti e splendidi college
,
tante biciclette, meravigliosi parchi verdi e ovviamente una miriade di giovani
studenti. Il tutto creava un’atmosfera bellissima, e anche
questa è sicuramente una cittadina che meritava una visita approfondita di più
giorni per apprezzarla appieno. Dopo pranzo abbiamo cercato il BED &
BREAKFAST
nelle
vie segnalate dalla nostra cartina, comprata al Tourist Office
, e ne
abbiamo trovato uno allo stesso prezzo di Oxford, ugualmente un po’ in
periferia. Stavolta ad accoglierci è stato un irlandese, che quando ha saputo
che Carlo viveva a Dublino ha cominciato un lungo e simpatico discorso, e ci ha
offerto una camera niente male. La sera ci siamo dedicati allo shopping,
passando dal mercatino del posto ai numerosi negozi del centro, dovendo
recuperare qualche ricordo che nella corsa del nostro viaggio non eravamo ancora
riusciti a comprare. L’ultima chicca è stata quella di un singolare
personaggio che, per ricevere le classiche monetine in offerta, ha avuto il
coraggio di infilarsi in un bidone della spazzatura (quelli tipici inglesi a
forma di cilindro, neri, con due fessure ai lati in alto), dove suonava la
chitarra. La particolarità della cosa è che inizialmente si sentiva la musica
e la voce senza capirne la provenienza, fino a quando si cominciava a vedere
spuntare mezzo manico di chitarra dalla fessura del bidone e mezza faccia del
poveretto dall’altra fessura. Parecchia gente si avvicinava a chiedergli di
uscire, ma lui insisteva imperterrito a cantare! Certo non si può assolutamente
ridere di queste scene che sono in realtà piuttosto penose, ma non si può
negare che sul momento la cosa appariva assai buffa (anche perché il
personaggio cantava e suonava bene per giunta!).
La notte siamo usciti nuovamente
alla ricerca di qualche pub divertente, e stavolta l’abbiamo trovato quasi
subito, molto più facilmente che a Oxford. C’era bella musica e gente
tranquilla, piuttosto raffinata aggiungerei, e si stava parecchio bene. Dopo una
bella serata siamo tornati al BED & BREAKFAST, senza sbagliare porta,
dovendoci alzare la mattina seguente alle 6:00 per andare in aeroporto.
Alzati la mattina prestissimo,
abbiamo caricato le valigie e siamo partiti da Cambridge per l’aeroporto di
Stansted. Siamo arrivati in poco più di mezz’ora di autostrada
scorrevolissima, tutto è filato liscio, abbiamo riconsegnato la macchina, ho
accompagnato Carlo al check-in del suo volo per Dublino e ci siamo salutati
facendo colazione al bar con un buon the caldo inglese, riassumendo brevemente
le chicche di questo splendido viaggio. Il mio volo per Alghero era un’ora
dopo, e mi aspettava poi anche la corriera per Cagliari, un intero giorno di
viaggio insomma...
Dedico questi ricordi al mio
carissimo amico Carlo nonché mitico compagno di questo viaggio, speriamo di
avere insieme altre bellissime avventure come questa. Sei grande JHON!!!
Un ringraziamento particolare e
sincero, da parte di entrambi, alla nostra eccezionale guida e punto di
riferimento per molte nostre leggendarie tappe: Vincenzo di Marco!