Indocina
Express
(Cambogia, Thailandia, Singapore 2006)
Diario di viaggio 2006
“L’intensita’ della vita non si
misura con il numero dei respiri ma in base ai luoghi e ai momenti che ci hanno
fatto mancare il fiato.”
Finalmente Angkor !
Un luogo sognato da tempo, un luogo che mi ha fatto collezionare libri su libri,
un luogo da vedere almeno una volta nella vita … eppure l’emozione della
scoperta di un paese meraviglioso come la Cambogia, la fuga dall’assillante
turismo di massa della Thailandia e il viaggio nell’iper tecnologia di
Singapore hanno fatto passare Angkor per una semplice tappa di un percorso
piu’ grande. Un percorso organizzato velocemente e meno assillato dai
dettagli, come generalmente sono abituato a fare, un percorso lento e discreto
quasi a voler chiedere “permesso” per entrare. Un percorso che ricorda molto
quello fatto sui vecchi treni espresso con fermate di alcune ore in una stazione
e poi il lento procedere tra la campagna per la tappa successiva. Questa volta
pero’, le tappe sono geograficamente molto lontane da noi e allo stesso tempo
cosi’ vicine, tanto che la feroce e galoppante logica di mercato globale,
permettera’ (e parzialmente ha gia’ permesso) a questi paesi di accomunarsi
alla nostra idea del consumo, rendendo la vecchia Indocina solo un ricordo su
dei libri non ancora scritti.
10 Agosto: Come al solito la luce del mattino mi sveglia, sono le
6:30 e visto che ci dobbiamo alzare alle 7 me ne resto nel letto, a pensare.
Paola dorme ancora e considerando che siamo andati a dormire attorno alle 9 di
ieri sera non c’e’ male. Guardo bene la stanza e, lo stile ‘Khmer’ tanto
decantato sul sito internet della Bou Savy Guesthouse, non e’ che appare
molto.
La luce tenue del
mattino pero’ filtra tra le tende viola pallido e la fa apparire forse anche
piu’ bella di quello che e’… ma che si pretende per soli 15$, abbiamo
anche l’aria condizionata.
Gia’ l’umidita’
e’ tremenda con il caldo, ce ne siamo accorti ieri sera arrivando da Bangkok
con un super aereo… a elica. Eravamo proprio stanchi, tanto che abbiamo
saltato la cena, ma ormai erano piu’ di trenta ore che viaggiavamo tra Milano,
Copenaghen dove la sosta di otto ore ci ha permesso di visitare la citta’, e
poi Bangkok.
All’arrivo, all’aereoporto
di Siem Reap, scopro pure di aver dimenticato le foto tessera da presentare
all’ ”Immigration”, mannaggia la mia memoria… ce la caviamo con due dollari a testa
aggiuntivi al visto da venti, non so se e’ una gabella o servono per spese
fotografiche. Mah! Il fatto e’ che dopo non ci fanno nessuna foto.
Ehi! Sono il sette
… chiamo Paola perche’ dobbiamo ancora fare colazione e Sina, il nostro
autista di remorque moto, ci aspetta alle otto per portarci ad Angkor Wat.
Finalmente uno dei
miei sogni si avvera, vedro’ Angkor. Un sogno di adulto certo, a differenza di
Palenque o Tikal in centro America che alimentavano i miei sogni da bambino,
Angkor e’ una scoperta relativamente recente, di quando anni fa consultai un
libro sulla storia e l’arte Khmer. Poco piu’ di due mesi fa io e Paola ci
siamo sposati e cosa ci facciamo regalare? Un bel biglietto aereo per Thailandia
e Cambogia…
Cambogia?!? E che ci
andate a fare in Cambogia? Non sara’ pericoloso… mine, Khmer Rossi… Non
portare mia figlia in uno dei tuoi soliti viaggi in luoghi sperduti nel
mondo!… si va beh, va beh… tanto ora siamo qui biglietti alla mano e zaino
in spalla.
Facciamo una veloce
colazione (pane e marmellata) inclusa nel costo della Guest House e siamo gia’
sul rimorchio del motorino di Sina.
Ancora foto?? Eh
gia’, per il pass di ingresso di tre giorni (40$) al sito di Angkor ci vuole
una fototessera. Altrimenti?? No problem, nell’era digitale tutto si fa
velocemente, foto e stampa e … senza sovrapprezzo questa volta.
La guida Lonely
Planet suggerisce di visitare il forte di Angkor Thom con il Bayon al mattino e
lasciare Angkor Wat al pomeriggio quando il sole la rischiara di fronte e non
alle spalle rendendo impossibile ogni foto.
I 216 volti di
Avalokiteshvara sono lì che sembrano fissarti con un sorriso forzato cosi’
misterioso nella sua ambiguita’. Il re dei re (Jayavarman VII) sembrava voler
controllare il tutto attraverso quegli occhi, eppure porto’ il Buddismo a
religione di stato … lui che comunque era l’incarnazione divina in terra, il
sovrano di Kambuja.
Ci sono tantissimi
turisti giapponesi e in alcuni punti bisogna quasi sgomitare per passare o per
fare una foto… e io alle foto ci tengo.
Anche Paola sembra
persa tra la “Jungla” di faccioni e forse e’ solo piacevolmente sorpresa
da questo luogo cosi’ unico. Usciamo dal Bayon in un caldo tremendo, con l’umidita’
che ti incolla la maglietta alla pelle. Ci riforniamo d’acqua alle bancarelle
subendo attacchi di ogni tipo: bambini con cappelli e braccialetti, artigianato
locale, pranzo “very cheap” and “ cold drinks” … si, una bottiglia
d’acqua grazie … non ho ancora cambiato i Riel ma non importa, qui accettano
i dollari, anzi il primo prezzo e’ proprio in dollari !
Entriamo nel Baphuon
solo per vedere questa collina-fortezza dalle transenne in quanto un istituto
francese sta provvedendo al restauro. E’ l’ennesima rappresentazione in
terra del mitico monte Meru, dimora di Shiva, che fu posto al centro della
capitale Khmer.
Passiamo al
Phimeanakas, antica corte reale e dopo un’arrampicata in cima, ci dirigiamo a
visitare la terrazza del re lebbroso dedicata probabilmente a Yama, il dio della
morte, e la terrazza degli elefanti con dei bassorilievi meravigliosi. Sono solo
le 11 e noi siamo gia’ abbastanza stanchi, il caldo e’ davvero opprimente.
Siamo anche nalla stagione delle piogge, ogni tanto il cielo si annuvola e il
vento inizia a farsi sentire, ma niente pioggia oggi. Il sole fa poi subito
capolino tra le nubi bianche e grigie, mettendo in evidenza tutto lo splendore
della foresta cosi’ verde che circonda Angkor. Altra scarpinata in cima al Ta
Keo e poi Sina ci conduce al Ta Prohm. Bhe’, descrivere la suggestione di
questo luogo e’ impossibile: le enormi radici di alberi secolari avvinghiano
come tentacoli i resti di quello che era un tempio buddista dedicato alla madre
di Jayavarman VII. Ci perdiamo per quasi un’ora tra i cortili e la jungla del
Ta Prohm cosi’ che quando usciamo lo stomaco si fa sentire. Pranziamo in un
baracchino appena fuori, quelli che vendono anche souvenir … i panini al pollo
che ci portano sono enormi.
Si parte di nuovo sul remorque moto, questa volta la destinazione e’ la piu’ ambita, la piu’ importante e forse la piu’ bella: finalmente vedro’ Angkor Wat. Gia’ l’ingresso, un ponte di pietra rialzato dal canale d’acqua, e’ magnifico e li in fondo si vedono bene le torri di Angkor, probabilmente consacrato a Vishnu (e non a Shiva) dal sovrano Suryaman II.
E qui mi muovo tra
quella che e’ la realta’ del momento e il mio sogno personale. Le due cose
si confondono e spesso mi trovo a raffrontare cosa pensavo di trovare e cosa ho
trovato. Ho visto molte foto, ma ognuno di noi crea nella sua mente un dettaglio
in piu’, un edificio diverso anche solo per il gusto di sorprendersi a
trovarne uno simile, oppure per lasciarlo solo nella propria immaginazione.
Accarezzo la mano di Paola ed entriamo alla scoperta dei mille bassorilievi,
delle bellissime apsara e a scalare i ripidissimi gradini della torre. Ci
fermiamo molto davanti all’ “Oceano di latte” in cui Demoni da una parte e
Dei dall’altra tirano un serpente come fosse una fune, in centro, le sue
spire, fanno ribollire il latte grazie alla trazione esercitata, ottenendo
cosi’ l’elisir di immortalita’ …e forse sono proprio riusciti a crearlo.
Questo luogo e’
stato, e’ e sara’ sempre un punto magico e cosi’ altamente spirituale da
attirare ogni anno milioni di persone.
Andiamo sulla
collina del Pre Rup per il tramonto, ma, un po’ le nubi, un po’ l’enorme
massa di gente che si apposta in questo luogo, toglie la magia sul tramonto di
una giornata indimenticabile.
11 Agosto: E ci risiamo con il dormiveglia, sara’ che ci dobbiamo
alzare alle 4 a vedere l’alba su Angkor Wat o sara’ per il fuso non lo so,
resta il fatto che dormo ad intervalli. Eppure ieri sera al ristorante della
guest-house non ho mangiato niente di pesante o particolarmente piccante. Tra
parentesi e’ davvero un ottimo posto dove fermarsi a mangiare tra le piante
del giardino tropicale e l’arredo caratteristico in bambu’, ha anche ottimi
prezzi. (5$ in due). Volevo anche provare la Tiger Beer (la birra nazionale), ma
mi sono dovuto accontentare di una Angkor.
Sina guida abilmente
nel buio delle strade cosi’ poco illuminate, raggiungiamo Angkor che sembra
ancora notte fonda, siamo praticamente i primi ad arrivare, io e Paola ci
guardiamo interrogativi e un po’ assonnati. Il sole sorgera’ fra quasi 1
ora, alle 5:30, praticamente apriamo noi il sito.
Procediamo cosi’
nel buio fino al cortile centrale dove decidiamo di aspettare l’alba, non
c’e’ nessuno e in questa posizione, sole permettendo, dovrebbero uscire
delle belle foto.
Poi, piano piano,
inizia ad arrivare l’orda nipponica, prima una coppia, poi quattro ragazzi,
poi un gruppo, poi una comitiva, poi … ehi !!!! Ma … quanti sono !?!
Un’orda li lucine e flash lampeggianti avanza verso la nostra posizione.
Decidiamo di spostarci e troviamo una gradinata strategica. La luce del giorno
inizia ad arrivare, ma l’alba non e’ di quelle memorabili, rimedio con il
filtro rosso sull’obiettivo … descrivero’ ai miei amici colori e luci
spettacolari su Angkor Wat. La realta’ e’ che alle 6 giriamo i tacchi e ci
dirigiamo verso il remorque moto di Sina.
Di albe meravigliose
ne ho viste molte come quella a Mazunte sull’oceano Pacifico o a Varanasi sul
fiume Gange; qui, colpa forse del tempo, non e’ nulla di speciale se non
fossimo ad Angkor.
Ripartiamo alla
volta del Banteay Srey un sito distante 30Km da qui. Il tragitto di circa 30
minuti e’ una meravigliosa sorpresa, forse varrebbe la pena girare cosi’,
senza una meta in queste zone e in questa stagione, per capire cosa la natura e
l’uomo hanno creato. Una sottile linea d’asfalto circondata dal verde
intenso dei campi di riso con i ciuffi maturi che escono dall’acqua; sullo
sfondo palme da cocco e banani svettano su questo acquitrino verde … e sopra
un cielo azzurro intenso nonostante l’ora mattutina (sono, infatti, appena le
7). Si vedono poi uomini, immersi fino alla vita nell’acqua, guidare
l’aratro trascinato da una coppia di bufali. Esistono diverse pozze d’acqua
e fango dove questi animali si rotolano liberamente nella piu’ assoluta
beatitudine. Le case delle persone sono una specie di palafitte, anche se non
immerse nell’acqua, con dei lunghi pali di legno che sostengono la casa
cosi’ rialzata. Questo contrasto tra terra rossa, verde dei campi e delle
piante e azzurro del cielo ci rilassa e ci lascia abbagliati ogni metro che
facciamo con il remorque moto. Ogni tanto ci fermiamo e facciamo qualche foto e
dal nulla appaiono correndo dei bambini; non abbiamo portato né caramelle né
penne, nulla che potremmo regalargli, ma loro ci guardano e ci salutano
sorridenti senza chiedere nulla di particolare.
L’ora mattutina ci
permette di vedere i monaci vagare tra le varie abitazioni, ricevendo ciotole di
riso da persone inginocchiate e riverenti, ogni persona puo’ dare il suo
contributo alimentare. Le tonache arancione aggiungono colore all’arcobaleno
che ci circonda.
Arriviamo alla meta
quasi senza accorgercene e quasi dispiaciuti che il “film” sia finito, ma il
Banteay Srey ci aspetta con le sue meravigliose sculture, con i suoi
insuperabili bassorilievi su pietra rosa scolpita, dicono, da una donna
perche’ solo una mano femminile poteva plasmare in maniera cosi’ delicata la
pietra dando armonia a tutte quelle figure nel loro insieme.
Comunque sia, si
tratta per l’ennesima volta di un tempio induista consacrato a Shiva di epoca
classica Angkoriana o al limite tra epoca arcaica e classica.
Facciamo colazione
con un pankake e succo d’arancia all’esterno e facciamo anche qualche
compera. Con Sina decidiamo di non andare a vedere il fiume dei mille linga sia
per la strada in condizione disastrosa sia perche’ forse abbiamo voglia di
rivivere lo spettacolo dell’andata.
Al ritorno ci
fermiamo Banteay Kdei ed e’ una piccola sorpresa. Una porta di ingresso reca
in alto il faccione di Avalokiteshvara e il suo interno contiene tantissime
decorazioni e bassorilievi tra un’infinita’ di colonne e pietre diroccate e
consumate dal tempo.
Ritorniamo in
albergo e congediamo per oggi Sina.
Riposiamo un po’
e, dopo pranzo, ci facciamo consigliare un centro di massaggi dal proprietario
del Bou Savy. Ci porta in moto e per 7$ ci rendono nuovi. Due ragazze, infatti,
ci vengono a prendere all’ingresso, ci lavano i piedi e ci fanno accomodare in
una stanza dove ci cambiamo e ci mettiamo una specie di pigiama. Ci sdraiamo su
un lettino a terra e iniziano con gamba sinistra, braccio sinistro, gamba
destra, braccio destro, schiena e testa … insomma un vero toccasana per circa
1 ora. All’uscita ci offrono un the verde.
Ci dirigiamo cosi’
a piedi verso il centro di Siem Reap e passiamo 4 ore tra mercatini, lungo fiume
e pausa merenda al Blue Pumpkin. Nel mentre siamo sempre accompagnati da
bambini, storpi o altri poveri sfortunati che cercano elemosina o di venderti
qualcosa.
Sta per finire la
giornata, ancora un giorno di meraviglie e di sole ma … non siamo nella
stagione delle piogge ?
12 Agosto: Non vorrei essermi portato sfiga, ma qui ci sono dei
nuvoloni grigi all’orizzonte. Forse sara’ come i giorni precedenti, un po’
di vento e poi di nuovo il sole. Dopo colazione torniamo nell’area
archeologica di Angkor, oggi e’ il turno dei siti piu’ lontani che
appartengono al circuito esterno. Arriviamo infatti alle 9:00 al Preah Khan,
fuori dalla cerchia di Angkor Thom e usato probabilmente come residenza privata
del solito Jayavarman VII in attesa della fine dei lavori dello stesso Angkor
Thom. Ancora una volta ci si ritrova davanti a decine di pietre in ogni dove, a
lunghi corridoi dove, guardando attraverso la porta di ingresso di uno, si
puo’ vedere, perfettamente allineate, piu’ di una decina di altre porte in
pietra che conducono ad altrettanti corridoi… fino alla luce finale, cioe’
l’uscita opposta. Questo dedalo di gallerie e’ cosparso da numerosissimi
bassorilievi, tra i quali le solite apsara, e divinita’ religiose. Esattamente
sull’altro lato rispetto all’ingresso, situato sulla parte ovest, un albero
con delle radici immense ha inglobato il colonnato e le strutture esterne di un
edificio nella sua parte orientale.
Usciamo dopo diverso
tempo passato a girovagare in maniera casuale in questo luogo.
La porta occidentale
e’ sormontata dal solito gopura e ai lati del lastricato che ne da l’accesso
e’ rappresentata la consueta scena dell’oceano di latte, sebbene qui la
raffigurazione non e’ cosi’ impressionante come per l’Angkor Thom, dove,
la maggior parte delle statue, e’ perfettamente integra.
Prima di raggiungere
Sina e il suo remorque ci fermiamo a comprare un mini-ananas sbucciato in loco e
6 mini-banane… il tutto per 2$.
Il flusso di turisti
oggi e’ spaventoso, pensavamo di averne visti molti i giorni scorsi, ma oggi
e’ qualcosa di molto superiore; forse perche’ e’ sabato e molti tour
operator iniziano in questo giorno i vari giri, forse invece e’ solo una
coincidenza.
Ad ogni modo, dopo
10min di strada siamo al Neak Pean, un tempio buddista costruito dal solito
“re dei re” e costituito da una grande vasca centrale circondata da 4 vasche
piu’ piccole. Tramite dei gradoni e’ possibile accedere alla base di ognuna,
un tempo ricoperta d’acqua, e arrivare, nel caso della vasca centrale,
all’isola formata da un tempio con alla base 2 naga (serpenti) con la punta
della coda intrecciata. I due serpenti avvolgono completamente il tempio-isola.
Curiosa e’ anche la presenza di una statua di un cavallo con, al posto delle
zampe, delle figure umane. La guida dice simboleggiare Avalokiteshvara
trasformatosi in cavallo per salvare dei fedeli di un isola infestata da demoni.
All’uscita del sito c’e’ un assalto continuo: .. “Postcards ?” “Bracialets?” “Books?” 1$ sir …..cold drinks ?!?
Saliamo sul remorque moto con un certo sollievo, ci spiace per tutti questi
bambini, ma non possiamo comprare solo per accontentarli e comunque non
servirebbe a nulla, 10mt piu’ in avanti altri verrebbero a venderti le stesse
identiche cose.
Arriviamo cosi’ al
Ta Som, ennesimo tempio buddista, ed ennesima opera commissionata da Jayavarman
VII. Il posto di per se’ non ha nulla di eccezionale
rispetto ai precedenti, se non per le radici di un albero enorme che si
sono impossessate del gopura orientale e il sorriso di Avalokiteshvara
imprigionato cosi’ tra le stesse radici, vale da solo la visita: e’ uno dei
posti dove fare una foto e’ un obbligo assoluto. Torniamo in albergo non prima
di un’ultima fermata ad Angkor Wat, la osservo cosi’ da lontano mantenendomi
pero’ nel cortile interno, poi voltiamo i tacchi e ci avviamo a pranzare. Per
il pomeriggio non abbiamo particolari impegni tranne il tramonto su Angkor Wat
per un ultimo saluto e il concerto a scopo benefico del dottor Beatoncello.
Dopo un breve
riposo, facciamo il solito giro per Siem Reap ed entriamo anche in un internet
point per avere notizie dall’Italia di quest’ultima settimana ma … le 17
arrivano veloci e Sina corre veloce per portarci ad Angkor per il tramonto, in
realta’ dobbiamo attendere le 18 passate e abbiamo un quarto d’ora di
strada, ma lui, ha strane manie di puntualita’ : deve arrivare almeno un ora
prima. Ad ogni modo ci facciamo ancora un giro tra i bassorilievi del porticato
interno ma … il rosso del cielo ci comunica che e’ il momento dell’addio
ad Angkor e la sua foresta di pietra.
Il dottor Beat
Richter e’ un medico svizzero impegnato da anni nella costruzione e nello
sviluppo di ospedali pediatrici in Cambogia. I progetti sono finanziati
privatamente e torna ogni tanto in Europa dagli “sponsor”, ma, per
raccogliere ulteriori fondi, tiene concerti di violoncello ogni sabato sera alle
19:15. Intermezza il concerto con immagini e spiegazioni della sua attvita’
indirizzate specialmente alla cura di malattie come tubercolosi, dengue e
meningite. Ovviamente non possono mancare riferimenti alla guerra in Vietnam e
al regime di Pol Pot come cause di una situazione sociale e sanitaria terribile
… e l’occidente civile chiude gli occhi quando si tratta di cure mediche per
il terzo mondo. Ci sembra una persona semplicemente straordinaria e lasciamo la
nostra offerta.
La sera chiudiamo i
conti (economici) con Sina (12$ al giorno) e con la guesthouse (15$ al giorno +
pranzi e cene). Domani ci si alza presto … ma che novita’.
13 Agosto: A furia di chiamarla … stamattina il cielo e’ plumbeo
e pioviggina, sono solo le 6 di mattina e speriamo che il tempo migliori. Arriva
anche il minibus che ci portera’ all’imbarcadero sul lago Tonle’ Sap.
All’inizio siamo solo noi due, ma pian piano vengono caricati turisti da varie
guesthouse … alla fine saremo in 12 su un mezzo da non piu’ di 7 o 8
persone., ma in questi paesi e’ normale.
Il lago si presenta
subito come una distesa marrone circondate da palafitte in legno dove vive la
gente: fango ovunque, bambini che giocano nelle pozze, donne che lavano le
stoviglie dove c’e’ lo scarico delle fogne molto artigianali di queste
abitazioni. L’imbarcazione e’ una specie di siluro un po’ arrugginito,
vengono caricati i nostri zaini sul retro assieme ai bagagli di altri turisti,
molti si sistemano sul tetto, noi ci accomodiamo dentro. Ci accomodiamo per modo
di dire, visto che tra i sedili c’e’ poco spazio, l’aria condizionata e’
a mille, c’e’ un odore di nafta e dai finestrini si vede poco, insomma i 23$
di costo mi sembrano veramente esagerati. Al ritorno prenderemo il bus, ma era
doveroso vedere il lago e il villaggio galleggiante di Chong Kneas, proprio qui
al molo di attracco.
Il lago e’
un’immensa distesa di acqua marrone circondata da vegetazione, anche se, ad un
certo punto non si vedono la sponda data la grandezza. Conosciamo un’altra
coppia di italiani e tra una chiacchiera e l’altra, la lettura e qualche foto
all’esterno cerchiamo di ingannare le sei ore e mezza di tragitto. Quando
usciamo dal lago ed entriamo nel fiume Sap, la barca rallenta, il paesaggio si
fa piu’ interessante e si iniziano a intravedere le barche da pesca e le
palafitte-abitazioni.
All’arrivo a Phnom
Penh, veniamo assaliti da driver di tuk tuk ed inviati di qualche albergo. Noi
abbiamo gia’ scelto e andiamo alla Bright Lotus guesthouse, situata in centro.
La camera (18$) si dimostra meravigliosa con il balcone con vista sul museo
nazionale, il palazzo reale e la pagoda d’argento. Sporgendosi un po’ sulla
destra si scorge il fiume Sap, la’ dove si unisce al Mekong.
Questa citta’ mi
inizia a piacere, con i suoi templi di stile indocinese e molte case in stile
indocinese. E’ una piccola perla del sud-est asiatico e il suo piu’ recente,
tremendo passato sembra aver intaccato ma non distrutto la sua vivacita’ e le
sue meraviglie.
Siem Reap e’ una
brutta cittadina cresciuta attorno ad Angkor, mentre, Phnom Penh, e’ un
piccolo gioiello sul Mekong.
Piove, anzi diluvia,
il pomeriggio decidiamo di passarlo al museo Nazionale, mentre la sera mangiamo
italiano alla “Luna d’Autunno”, un ambiente raffinato, con due piatti di
pasta a 17$, forse un po’ fuori luogo qui in Cambogia… ma cosa vogliamo la
voglia di un piatto salato e’ tanta senza quel retrogusto dolce presente in
ogni cibo locale, quindi quale cosa migliore di un vecchio, caro piatto di pasta
?
14 Agosto: Apro lentamente la tenda sperando di vedere il sole che
non vuole farsi vedere, ma il cielo sembra promettere bene.
Facciamo una veloce
e cara colazione (10$) e ci avviamo alla prima tappa quotidiana: il palazzo
reale.
L’architettura
e’ tipica indocinese con il colore completamente giallo (tegole comprese) e le
torri che si allungano verso il cielo blu di questa mattina. Finita la visita
della sala del trono nella direzione della pagoda d’argento, ci fermiamo ad
ammirare delle ragazze che si allenano nelle tipiche danze cambogiane, fatte di
una gestualita’ di mani ed occhi cosi’ espressiva e di movimenti lenti
cosi’ ben coordinati nella loro incredibile armonia. Il tutto a suon di musica
e con i costumi tipici, guidate e corrette da una maestra. Ad un certo punto
arriva una signora di alto rango, tanto che le danzatrici e la maestra si
prostrano al suo arrivo. Anche lei deve essere un’insegnante di danza e porta
oltretutto al seguito i suoi 4 cani pechinesi che iniziano a fare pipi’
ovunque. La nuova arrivata dal volto cosi’ austero impartisce ordini alle
ragazze su come muoversi e alla donna delle pulizie dove pulire la pipi’ dei
suoi cani.
Il passaggio
successivo e’ la pagoda d’argento lastricata da oltre 5000 piastrelle in
argento (appunto) e corredata dalla solita statua del Buddha.
Usciamo e ci
facciamo portare da un tuk tuk (7$) nel primo dei nostri due appuntamenti con
l’orrore del passato di questo paese: il campo di sterminio di Choeung Ek.
La strada non e’ proprio breve e parte e’ su sterrato, ho
modo cosi’ di pensare a quanto di piu’ disumano possa accadere ad un pease:
lo sterminio sistematico dell’essere umano e della sua storia. Si stima che
siano 4 milioni i cambogiani trucidati e 15000 solo a Choeung Ek. Pensare
diversamente, essere religioso, essere uno studioso, portare gli occhiali, saper
leggere erano buoni motivi per essere torturati e uccisi; uomini, donne, bambini
venivano straziati da un esercito di ragazzini o poco piu’ che adolescenti:
quello dei Khmer Rouge.
Phnom Penh in questa
parte piu’ periferica, si dimostra simile a tante altre citta’ del terzo
mondo, fogne a cielo aperto, catapecchie e tanta miseria, pero’ si nota
comunque la presenza della citta’: strade semi-asfaltate, sviluppo edilizio e
diversi negozi.
Gia’ da lontano si
vede lo stupa contenente migliaia di teschi, il resto e’ poco piu’ che
grosse buche scavate nel terreno dove furono riesumati i corpi e lasciate
cosi’ senza essre ricoperte … per ricordare.
Il famigerato S-21
oggi e’ un museo, il Toul Sleng, una volta era una scuola, ai tempi di Pol Pot
e’ diventato un carcere, un vero centro di detenzione e di tortura. La visione
delle celle, dei letti di tortura, il sangue ancora sulle pareti e le centinaia
di foto appese delle vittime maniacalmente dettagliate dai carcerieri, sono una
esperienza molto dura, ma noi decidiamo di prenderci anche una guida per cercare
di capire meglio questa follia.
Il resto del
pomeriggio lo passiamo al “mercato russo” dove ‘compensiamo’ cio’ che
abbiamo visto con dello shopping a buon mercato e cosi’ la sera, davanti ad
una tiger beer (finalmente !), io e Paola parliamo d’altro e non piu’ di
questo genocidio, ma le immagini resteranno ben chiare nella nostra mente.
15 Agosto: Montezuma ha colpito !! Anzi come la ribattezziamo noi, la
maledizione di Jayavarman VII. Questo episodio me ne ricorda uno analogo diversi
anni fa, anche allora dovevo affrontare la mattina un lungo trasferimento in
autobus, anche allora avevo mangiato del fritto la sera prima. Prendo due
pastiglie di imodium e mi sento subito meglio, aspettiamo nella piccola hall
dell’albergo il minivan che ci portera’ al bus.
Dalla fotografia
sembrava bello, ma in realta’ e’ poco piu’ che uno scassone con vetri
crepati, sedili mezzi rotti e aria condizionata … quella si che funziona bene.
E’ comunque ottimamente funzionante e poi di bus scassati ne ho visti in
peggiori condizioni in India o in Guatemala.
Tanto per cambiare
anche oggi piove, se ripenso a quanto siamo stati fortunati ad Angkor con il
tempo… tre giorni di splendido sole e da allora tre giorni di sola pioggia o
quasi (tranne la mattina della visita al palazzo reale di Phnom Penh).
Le 6 ore di autobus
non passano cosi’ velocemente, ma tra un paio di soste e gli splendidi scorci
esterni verso le 13:30 arriviamo a Siem Reap. Tra parentesi in una delle due
soste vediamo i famosi spiedini di ragno (tipo tarantola) con fritto di
cavallette e scarafaggi … una delizia per il LORO palato.
Decidiamo di tornare
al Bou Savy con altri ragazzi conosciuti sul bus, ma l’hotel e’ completo e
cosi’ l’autista di tuk tuk ci porta in una guesthouse che conosce: il Queen
Villa. Per 13$ abbiamo una stanza discreta con AC e acqua calda. Piove a
dirotto, aspettiamo un po’ prima di uscire e quando il tutto si placa andiamo
a mangiare un panino e consultare internet per trovarci domani un albergo a
Phuket in Thailandia.
E’ la prima
giornata cosi’ interlocutoria e di puro trasferimento, e’ anche vero che
Siem Reap ed Angkor le abbiamo gia’ viste e quindi e’ il caso di prendere
qualche minuto da dedicare a noi stessi.
16 Agosto: E meno male che il ristorantino qui di fianco non doveva
essere rumoroso. Alle 5:30 iniziano musichette e canzoni varie. Fra poco ci
dovremmo comunque alzare, tanto vale aspettare cinque minuti e poi iniziare a
prepararsi. Il tuk tuk e’ fuori che ci aspetta con direzione aeroporto.
Oggi lasciamo la
Cambogia per la Thailandia e so gia’ che sotto alcuni punti di vista la
rimpiangeremo …. Peccato ancor di piu’ lasciarla cosi’, con un’ ultima
immagine negativa, come i bambini strafatti di colla che ieri sera non ci
mollavano piu’ o il locale scelto per cenare dove non c’era nessuno e la
continua pioggia …. ma a queste se ne sommano tantissime positive che lasciano
dentro di noi un meraviglioso ricordo. La gente cordiale, il sorriso dei
bambini, l’arte di Phnom Penh e la foresta di pietra di Angkor e soprattutto
la forza di un popolo che si risolleva da un olocausto.
25 dollari ?!?!? 25
dollari a testa per lasciare la Cambogia che sommati ai 20$ di ingresso danno
45$, un furto ben organizzato ,,, ecco, ho trovato subito cosa non
rimpiangero’.
Il nostro aereo a
elica e’ li che ci aspetta, incrociamo come al solito le dita … fortuna
vuole che la Bangkok Airways abbia organizzato il tutto affinche’ le pratiche di ingresso in Thailandia le possiamo fare
direttamente a Phuket e non allo scalo a Bangkok, abbiamo solo 30 minuti per
cambiare aereo e sarebbe veramente una gran corsa. Ad ogni modo nella perla
delle Andamane ci arriviamo verso le 13 e con 150Bath un minivan ci porta a
Patong all’Orchid Residence.
La nostra avventura
tailandese inizia subito male
Visto che
l’autista ci conduce prima in un’agenzia dove vogliono propinarci un loro
hotel: ci dicono “e’ tutto pieno, e’ tutto costoso” … macche’ ho
prenotato ieri telefonicamente.
Ecco queste cose mi
fanno incazzare non poco, e se in Cambogia si tendeva a soprassedere vista la
situazione, qui no! Qui non siamo propensi a tollerare troppo questi
atteggiamenti.
Arriviamo all’
Orchid Residence e la stanza c’e’ ed e’ molto graziosa. I 600Bath pattuiti
sono un ottimo prezzo.
Il tempo tanto per cambiare e’ nuvoloso, ma almeno non
piove; Patong a primo impatto mi sembra la riviera romagnola se non fosse per le
palme sulla spiaggia.
Dei famosi colori di Phuket, oggi non se ne vede l’ombra, il cielo e’ bianco-grigio e il mare altrettanto, in piu’ le onde sono alte a causa del vento. IL resto sono bancarelle che vendono di tutto, dalle maglie all’artigianato, ai vestiti … ognuno ti abborda con qualche scusa per portarti nel suo negozio; e’ ovunque pieno di ristoranti italiani e … italiani. Passiamo circa 1 ora in spiaggia affittando 2 lettini (100B) e prendiamo quel poco di sole che filtra tra le nuvole, poi il solito acquazzone e si torna in albergo. Spesso si incrociano coppie improponibili, vecchi occidentali e giovanissime tailandesi oppure giovani a caccia di qualche sogno esotico; il poco che resta sono coppie come noi che si muovono tra luci, musica e locali di questa Rimini delle Andamane. Speriamo che il tempo migliori nei prossimi giorni e con esso il nostro umore un pochino troppo basso … in fondo siamo in viaggio di nozze.
17 Agosto: Ore 8, apro leggermente la tenda e vedo … vedo un cielo
blu ! Presto Paolaaaaaa !!
Facciamo velocemente
colazione (non inclusa nella tariffa dell’hotel come invece ci eravamo
accordati al telefono) e prendiamo la via della spiaggia.
Patong e’
praticamente deserta, come si dice “ di notte leoni e di mattina …” .
In giro solo cani,
cartacce e i soliti autisti di tuk tuk. Prendiamo un paio di lettini e cerchiamo
di stare al sole il piu’ possibile ma alle 10:30 ecco che si addensano grossi
nuvoloni neri e la pioggia arriva, eccome se arriva. Abbiamo avuto un assaggio
di come deve essere Phuket nella stagione secca: cielo blu, palme verdi e mare
turchese. Siamo delusi e gia’ stufi di questo posto e se non fosse per la gita
a Phi Phi Island di domani, forse questo sarebbe il nostro ultimo giorno a
Phuket, ma Phi Phi, non lo nascondo, e’ lo scopo della nostra fermata qui e
non vorrei perderlo, tempo permettendo. Cosa facciamo ? I negozietti vendono
oggetti tutti uguali tra loro e, in alcuni casi, i prezzi sono come in Italia;
di locali non ne abbiamo troppa voglia, questo e’ il brutto delle isole, se
non c’e’ il sole, non c’e’ molto da fare. Speriamo che Koh Samui sia
piu’ protetta, come posizione, dalle piogge monsoniche. Ci siamo gia’
interessati ai costi di un volo per Singapore da Samui nel caso la pioggia non
desse tregua: il costo e’ di 11000Bath (circa 220E); non e’ proprio
economico … vedremo.
Decidiamo di
prendere un tuk tuk e andare a vedere Kata beach (300Bath) , girovaghiamo sulla
strada che costeggia la spiaggia cosi’, senza una meta precisa, il luogo e’
piu’ tranquillo di Patong ed e’ altrettanto bello. La pioggia da una tregua
e noi, dopo un veloce spuntino, torniamo a Patong per prendere l’ultimo
pallido sole.
Acquistiamo i
biglietti per la gita di domani a Phi Phi (1100Bath a testa) e quelli
dell’autobus + nave che dopodomani ci porteranno a Koh Samui.
Ci avviamo quindi
verso l’hotel per una doccia prima di cena al termine di una giornata cosi’
“senza un se e senza un ma” come si usa dire.
18 Agosto: L’idea che mi sono fatto alla fine di questa giornata
e’ che se a Phuket paghi adeguatamente puoi ottenere anche una giornata di
sole, una specie di “No money No honey” meteorologico ma …andiamo con
ordine.
Al solito la mattina
scosto la tenda per scrutare il cielo che, se da una parte ‘ blu, dall’altro
ci sono nuvole grigie segno di un temporale appena passato. L’appuntamento con
il minivan e’ alle 8 e noi
cerchiamo un locale dove fare colazione: incredibile non se ne trova neanche uno
! (compreso il nostro hotel). Aprono tutti almeno alle otto ed alcuni anche alle
10:30 … Patong vive solo di notte e per la notte.
Il minivan comunque
ci porta a Phuket dove ci aspetta uno scafo super-veloce insieme ad altri
turisti per volare verso le Phi Phi island.
Eh, lo so lo so … facciamo anche noi parte di quei turisti “mordi e fuggi” che contribuiscono a deturpare queste isole paradisiache con il nostro inquinamento. Ma qual’e’ l’alternativa ? Soggiornare a Phi Phi Don ? Forse sarebbe peggio perche’ cosi’ si andrebbe ad alimentare le strutture permanenti dell’isola sorte di nuovo come funghi dopo lo tsunami del 2004.
Il sole sembra
reggere, anzi man mano che ci allontaniamo da Phuket il cielo si fa sempre
piu’ azzurro e il sole sempre piu’ infuocato.
Dopo circa un’ora
arriviamo alla prima delle Phi Phi: Phi Phi Lay.
Maya bay e’
meravigliosa come la ricordavo dal film “the Beach”
e da tante altre immagini: un mare turchese con tonalita’ di verde a
degradare verso l’azzurro nei pressi della spiaggia; una serie di panettoni di
roccia calcarea coperti di vegetazione invitano a uno zig-zag dello sguardo
cosi’ fino all’orizzonte dove il mare e il cielo si uniscono e diventano
indistinguibili. Un luogo da sogno come Loh Samay bay dove ci fermiamo a fare
snorkeling tra una miriade di pesci colorati in una piscina naturale insieme ad
altre barche e, purtroppo per tutti, a tanti altri turisti come noi.
E’ talmente bello
che sia io che Paola non sappiamo se guardare con la maschera sott’acqua o
fotografare con gli occhi il magnifico paesaggio marino che ci circonda. Dopo la
fermata alla nota Monkey beach e Viking Cave, ci dirigiamo per pranzo verso Phi
Phi Don. Ancora una volta lo spettacolo e’ magnifico con queste acque turchesi
cosi’ tipiche di queste zone.
Il sole picchia
molto arroventando la spiaggia di Ao Tam Sai che un piccolo istmo unisce alla
spiaggia sul lato opposto: Ao Lo Dulan dove si trovano la maggior parte delle
strutture tra cui anche il nostro ristorante. Forse piu’ che Phuket conveniva
soggiornare qui in questo paradiso dove oggi si possono percorrere anche
centinaia di metri in acqua senza affondare oltre le caviglie.
L’ultima tappa
della giornata e’ Khai Nok Island e il tempo e’ un pochino piu’ nuvoloso,
qui siamo molto piu’ vicini a Phuket (guarda caso) mentre a Phi Phi eravamo
piu’ vicini a Krabi.
Restiamo comunque al
sole per un’altra ora abbondante e poi rientriamo, la giornata volge al
termine. All’attracco a Phuket cosa succede ?!? Inizia a piovere ! E troviamo
anche dei piattini di ceramica con stampate le nostre foto fatte all’andata
… io e Paola ci guardiamo e scappiamo inorriditi.
Insomma . in conclusione, oggi abbiamo pagato per andare al mare sulle isole e oggi c’e’ stato il sole, gli altri giorni non pagavamo nulla qui a Phuket e pioveva ! Scherzi a parte, probabilmente le Phi Phi Island sono in posizione molto piu’ favorevole nella stagione delle piogge rispetto a Phuket che risente piu’ del monsone, ammetto pero’ che il dubbio ci e’ rimasto … “no money no honey” !
19 Agosto:
Arriva anche la
lunga giornata di trasferimento che ci portera’, se tutto va bene, lontano da
Phuket e il “tutto”, invece, non va cosi’ bene a cominciare proprio dal
suo inizio: la partenza da Patong.
Ci facciamo trovare
puntuali alle 7:30 davanti alla gusthouse quando il minibus arriva in orario. Ci
sono altri turisti come noi … dopo qualche minuto il nostro “driver” si
ferma davanti ad un hotel, si guarda in giro, telefona, sbuffa e poi torna al
volante e si riparte.
Evidentemente
qualcuno in quell’ hotel ha prenotato ma non si e’ fatto vivo. Continua
cosi’ il nostro viaggio verso Phuket town ma ad un certo punto il guidatore
riceve una telefonata e si svolta di nuovo indietro, poi si ferma e stessa
musica. Arriviamo cosi’ nei dintorni di Kata dove vengono raccolte 2 ragazze
italiane da un hotel. Insomma, forse si erano capiti male, lui pensava fossero a
Patong mentre loro erano a Kata.
Va be’… tanto
dovevamo partire alle 7:30 e sono le 9:30 ! Inizia anche a piovere … e’
l’ultimo saluto di Phuket.
La strada per Surat
Thani e’ una specie di autostrada nella foresta, tantissimo verde ovunque ti
giri, le 3 ore e mezza di viaggio trascorrono abbastanza piacevolmente;
l’autista del minibus si ferma davanti ad un’agenzia con la scusa di
ritirare i biglietti della nave che ci portera’ a Ko Samui.
Siamo proprio visti
come i polli da spennare, con questi mezzucci poi!
Cambogia dove sei
?????
Ovviamente il
personale dell’agenzia tenta di venderci un allogio a Chaweng o Lamai:
“all
hotels are booked in Samui !” Si, Si non rompere, vedremo, da te comunque non lo
compriamo a costo di dormire sulla spiaggia .
Caricano finalmente
i nostri bagagli su un nuovo bus che ci condurra’ al porto distante diversi
Km. Nel frattempo ci rilassiamo su dei sedili comodissimi.
Al porto ci
arriviamo con solo 5 minuti di margine, la nave parte alle 15.
Ci danno i biglietti
al volo e troviamo gli zaini gia’ scaricati sulla strada.
Qualcosa non mi
torna, il bus si allontana a gran velocita’, dobbiamo correre per prendere la
nave e il mio bagaglio non e’ nella posizione in cui lo avevo messo io; in
piu’, sotto il coprizaino di Paola, penzola qualcosa che al momento non riesco
ad identificare e infatti … sulla nave noto che il mio zaino e’ stato
rovistato. Anni fa, dopo un episodio simile in Peru’, avevo imparato a
chiudere in un certo modo e in una certa posizione, i lacci del mio bagaglio,
ora sono tutti scombinati ! Hanno fatto apposta ad arrivare solo 5 minuti prima.
Ne a me ne a Paola, manca niente, visto che gli oggetti di valore li portiamo
nello zaino piccolo a mano. Guardo con sospetto il sacchetto di plastica che
esce dal coprizaino di Paola. Temo possa essere anche droga, invece e’ una
busta della farmacia contenente delle medicine, ma non e’ la nostra ! E’
delle due ragazze italiane di Kata.
Le rintracciamo e le
ridiamo il tutto, anche a loro hanno rovistato negli zaini, senza trovare nulla
di valore.
Proprio bravi questi
tailandesi, alla faccia del paese del sorriso !
Dopo 1 ora siamo a
Ko Samui, piove, prendiamo un taxi per Chewang. Non abbiamo prenotato nulla ed
effettivamente scopriamo che molte guesthouse sono piene. Troviamo un bungalow
in cemento da “Lucky mother” per 1000Bath al giorno.
A prima vista
Chewang sembra Patong in piccolo, ma la magnifica serata con altri ragazzi
italiani, la cena con pesce al “Al’s hat” e la birra finale mitigheranno
questa prima impressione.
20 Agosto: La mattina fa intravedere subito che sara’ una
giornata molto calda e il cielo e’ terso. Verso le 9 siamo gia’ in spiaggia
di fronte ai nostri bungalows.
La spiaggia di
Chewang e’ veramente bella, anche se la bassa marea ha ampliato
considerevolmente il fronte della sabbia.
Non c’e’ quasi
nessuno in giro e le palme si alternano a vegetazione tropicale. Purtroppo si
alternano anche tutti i locali e bungalows uno a ridosso del successivo,
togliendo magia ad un posto cosi’ bello.
Percorriamo un paio di Km sul bagnasciuga e poi stendiamo le nostre salviette nel luogo che piu’ ci aggrada. Il tempo passa, cosi’ le 11 arrivano in un baleno e noi abbiamo qualche commissione da svolgere come pagare l’alloggio e cercare di spostare il nostro volo Samui-Bangkok dal 26 al 22 Agosto, abbiamo, infatti, deciso di comune accordo di non trascorrere una settimana intera qui ma solo 3 giorni.
Siamo indecisi
pero’ su come investire i 4 giorni non previsti: andare nel nord della
Thailandia o Singapore con qualche volo “low cost” … vedremo.
Fortunatamente
troviamo posto il 22 alle 6:30 del mattino … ora non rimane che capire cosa
vogliamo fare.
Nel primo pomeriggio
prendiamo un taxi (200Bath) per raggiungere Lamai beach, distante circa 10km da
Chaweng. Questo e’ veramente un piccolo paradiso: sabbia molto farinosa
bordata solamente da palme, i bungalows e i bar sulla spiaggia sono molto piu’
distanziati, acqua cristallina e poche moto d’acqua, cosi’ fastidiose e
pericolose per i bagnanti. Forse sarebbe stato meglio pernottare a Lamai
anziche’ Chewang, ma poco importa ormai, il 22 ripartiremo.
In proposito,
abbiamo trovato un volo Bangkok-Singapore con una compagnia Low Cost asiatica,
la Jet Star Asia Airways (200Euro A/R per entrambi).
La sera ceniamo al
ristorante di ieri con il solito, buonissimo pesce (700Bath in due). Purtroppo
non ceniamo sulla spiaggia ma al coperto in quanto si scatena un violento
temporale : ecco ! qui a Samui c’e’ la vera stagione delle piogge: caldo e
sole di giorno, acquazzone improvviso serale.
Da aggiungere che
prima di cena ho combinato una piccola sorpresa a Paola: siccome le manca molto
la Camilla (la nostra gatta), rientrando nel bungalow, ho incrociato sulla
soglia una micia molto bella a pelo lungo che mi ha seguito all’interno.
L’ho lasciata dentro … quando e’ rientrata Paola dal massaggio, ha trovato
un gatto che dormiva placidamente sul suo letto !
21 Agosto: La sveglia suona ancora presto, davanti al bungalow
c’e’ il minibus che ci portera’ al molo, oggi il nostro programma prevede
la gita al parco marino di Ang Thong con il motoscafo … sembra che me la
cerchi, gia’ non amo l’ondeggiare della barca, figuriamoci un motoscafo
lanciato come un missile sull’acqua e se poi il comandante e’ un giovane
pazzo furioso che per mettersi in mostra fa manovre degne solo da autoscontri,
bhe’ si puo’ immaginare in che condizione il mio stomaco e’ arrivato alla
prima tappa. Arrabbiato per la situazione dimentico di togliere la fede prima di
entrare in acqua … morale: mare da favola contornato da rocce calcaree e
taglienti, pesci bellissimi ma … sbucciature sul roccia e soprattutto la mia
fede che giace per sempre tra i coralli del golfo della Thailandia.
Questo episodio mi segna l’umore della giornata e mi lascia profondamente amareggiato, soprattutto se guardo il viso di Paola. Ne prendero’ al ritorno una uguale ma comunque il morale rimane basso.
La seconda tappa ci
conduce ad una spiaggia paradisiaca fatta di palme, sabbia bianca e un piccolo
promontorio tutt’attorno ricoperto di vegetazione. E’ il momento del relax,
il sole e il pranzo … un qualcosa di immangiabile, molto piccante con
retrogusto dolce … Ok, oggi dieta !
L’ultima tappa
e’ un’isola con una laguna interna verdissima da raggiungere con una breve
scarpinata. La folla qui e’ spaventosa, questa piccola spiaggia ospitera’
almeno 300 persone. Forse dovrebbero limitare il numero giornaliero di noi
turisti a questi luoghima, si sa il Dio “soldo” in Thailandia e’ molto
venerato.
Il ritorno e’ meno
traumatico e mettiamo piede a Ko Samui gia’ a meta’ pomeriggio.
Il resto della
giornata lo trascorriamo gozzovigliando in giro e tirando ora di cena, momento
fondamentale visto che a pranzo non abbiamo toccato cibo e pian piano il sorriso
torna su entrambi, specialmente sul bel viso della mia neo-moglie.
22 Agosto: E’ ancora buio quando sentiamo battere la porta, e’
il guardiano notturno che ci avvisa che il taxi per l’aeroporto e’ arrivato.
Sono da poco passate le 4:30 e mi avvio
alla reception per consegnare le chiavi e recuperare i 500Bath di caparra.
Ancora una volta
bisogna pagare una tassa ai bravi tailandesi: 300Bath a testa per imbarcarsi
all’aeroporto di Ko Samui, mah!
L’aereo parte con
un leggero anticipo ed e’ mezzo vuoto, quando sappiamo che in altri orari o in
altre date ci sono le liste d’attesa. Forse prendere un aereo alle 6:30 di
mattina non e’ contemplato nell’isola di Samui. All’arrivo a Bangkok alle
8 ci troviamo a capire come passare il tempo prima delle 14:25, ora in cui
abbiamo l’aereo della Jet Star Asia per Singapore (200Euro in due A/R).
A ripensarci forse
avremmo fatto bene a prenotare quello delle 11:25, ma il sospetto che anche un
minimo ritardo da Samui poteva far saltare il tutto, ha fatto in modo che ci
troviamo larghi coi tempi… internet, un the’ caldo, una lettura,
prenotazione di un albergo a Bangkok per quando torniamo … insomma il tempo
passa e l’ora per il check in arriva presto, poi altri 500Bath (!!!!!!!!!) di
tasse aeroportuali e ci sediamo cosi’ su un nuovissimo aereo della Jet Star.
Come per ogni compagnia Low Cost, a bordo tutto e’ a pagamento, ma le 2 ore di
viaggio passano senza nessuna necessita’ specifica… anzi cerchiamo di
dormire visto la levataccia.
L’aeroporto di
Singapore e’ moderno e funzionale, mi ricorda quello di Amsterdam, le
formalita’ doganali sono abbastanza veloci.
Dopo aver cambiato
qualche Euro in dollari di Singapore, ci dirigiamo verso il Tourist Office per
cercare un hotel. Sembra tutto pieno e il ragazzo italiano prima di noi si vede
costretto ad accettare un albergo di 160$ (80Euro).
Dopo la solita
“tiritera” del “cheapest hotel are all booked” , proponiamo noi il Rubin
Hotel in Geyland e troviamo una doppia a 48$ a notte.
Il resto e’ la cronaca di una prima gita serale a Orchard Road. Metropolitana modernissima, biglietto elettronico e pulizia ovunque e … Orchard road come la piu’ famosa strada dello shopping, Rodeo Drive, di Los Angeles, e’ la patria dei grattacieli e delle grandi firme, Prada, Valentino, Yves Saint Laurent, Armani e chi piu’ ne ha piu’ ne metta. Ma Singapore e’ anche la patria dell’elettronica a basso costo (rispetto a noi), ma qui a Orchard c’e’ roba solo da ricchi.
23 Agosto: La metropolitana di Singapore e’ qualcosa di eccezionale
e in un certo senso rispecchia bene la citta’ e soprattutto i suoi abitanti.
Pulita, puntuale,
modernissima, frenetica e arriva ovunque ma …. E’ una macchina senz’anima.
Saliamo alla fermata piu’ vicina, Aljaniisd, facendo un biglietto elettronico
che, una volta finita la corsa, deve essere restituito per riavere il dollaro di
cauzione … nessuno spreco, nessuna possibilita’ di truffa. La metro ha
l’aria condizionata e la maggior parte delle persone non parlano tra loro,
hanno tutti le cuffiette del cellulare o dell’MP3 player alle orecchie …
escono alla propria fermata ordinati e silenziosi, non un gesto fuori posto, non
un movimento inconsueto; lo stesso si vede nei bus e per le strade … perfetto
si potrebbe dire … Si, forse troppo.
Ho letto di recente
un libro di Terzani “Un indovino mi disse” , in cui definiva Singapore una
terra senz’anima, dove c’e’ un ordine preordinato delle cose e nessuno si
chiede il perche’ , tutti fanno cio’ che devono fare, nulla piu’, nulla
meno. Sembra di essere nel film “Matrix” dove tutti agiscono secondo una
volontà collettiva superiore e preordinata e anche nelle diversita’ si
riscontra un solo ed unico filo conduttore… che questa volonta’ coincida con
quella della dinastia Lee, la famiglia cinese che da padre in figlio da decenni
governa Singapore, non lo so, pero’ la realta’ sembra questa.
In questa citta’
non esiste criminalita’, non esiste sporcizia per le strade, ma esiste sempre
e un solo modo per far bene ogni cosa e forse esiste anche un solo modo per
vivere.
Con la mente
ingarbugliata in queste considerazioni, mi viene in mente come siamo noi
italiani e non posso fare altro che sorridere.
La metropolitana ci
lascia ad Harbour-Front dove prendiamo il bus per Sentosa, una piccola isola di
fronte a quella di Singapore. Qui visitiamo l’UWW (Under Water World 19.5$),
un acquario meraviglioso, dove addirittura si osservano i pesci all’interno di
tunnel trasparenti che danno l’idea di essere completamente immersi in un
ambiente marino.
La tappa successiva
ci porta a scendere alla fermata della metropolitana “Clarke Quay” dove
prendiamo una barca ((12.5$) e visitiamo il centro economico della citta’
risalendo il Singapore River. L’incredibile insieme di grattacieli di questa
zona sembra New York e ne testimonia il veloce sviluppo economico.
Il resto della
giornata lo trascorriamo girando a piedi i vicoli di “Little India” , dove
la gente e’ piu’ estroversa, ha piu’ calore in corpo e se entri in un
negozio, ti accoglie prima di tutto con un sorriso … e da queste parti non
e’ certo poco.
24 Agosto: Non puntiamo la sveglia e quando ci alziamo e’ gia ora
di andare in aeroporto, cosi’, zaini in spalla, prendiamo la metro in
direzione Changi Airport. Da una parte ci spiace di lasciare una citta’
cosi’ “perfetta”, dall’altra forse non vediamo l’ora di tornare in un
mondo piu’ simile al nostro, con tutte le sue imperfezioni, disordini e
quotidiane ipocrisie, ma in un certo senso con un cuore pulsante come la
Thailandia.
L’aereo della Jet
Star Asia Airways parte puntuale alle 12:15 e in due ore e mezza siamo in un
luogo che conosciamo ormai bene: l’aeroporto di Bangkok e … ancora una volta
siamo in fila all’Immigration. Non abbiamo molta voglia di prendere il treno,
percio’ andiamo al Niagara Hotel nel Silom (consigliato dalla Lonely Placet)
con un taxi (350Bath).
L’albergo da fuori
ha un aspetto terrificante, la camera invece e’ molto pulita e ordinata.
Paola mi guarda
quasi supplicando ma poi la stanchezza, la posizione favorevole e il costo molto
contenuto (700Bath) ci convince a restare. Il mercato notturno di Patpong e’
vicino con il suo businnes del falso, dell’imitazione e del sesso; in piu’
siamo anche vicini alla fermata dello Sky Train di Chang Nonsi che prendiamo
subito (20Bath a testa) , dopo una breve rinfrescata in albergo, con direzione
Sophan Taksim. Da qui e’ possibile prendere il Chao Praya River express, una
barca cha fa varie fermate sul fiume omonimo e che arriva fino (ed oltre) le
zone piu’ turistiche della citta’ come il palazzo reale o il Wat Pho.
Decidiamo di andare
proprio in quelle zone, senza pero’ entrare, ma solo per girare cosi’, senza
una meta precisa.
Bancarelle ovunque,
pesce, carne, insetti fritti, dolci coloratissimi e indefinibili, i soliti
souvenirs, ma, sullo sfondo il palazzo reale e il Wat Pho, bellissimo tempio
buddista.
Arriva il tramonto e
noi andiamo a godercelo da un piccolo locale (the coffee Place) che si affaccia
sul Chao Praya, ammirando il colore rossastro del sole dietro il Wat Arun.
Questa vista ci riconcilia con la Thailandia che cosi’ male si presentò ai
nostri occhi attraverso Phuket; in piu’ Bangkok ha una particolare atmosfera
di cui non puoi non esserne affascinato.
Dopo una cena
abbastanza anonima, visitiamo il mercato notturno di Patpong, tra le sue
innumerevoli bancarelle colme di articoli falsi (dalle borse di Luis Vuitton
agli orologi Rolex), tra le sue mille luci e colori dei locali del sesso a
pagamento, ma cosa vogliamo … in fondo anche questa e’ una delle mille facce
non troppo nascoste della Thailandia.
25 Agosto: Oggi e’ il giorno degli itinerari e delle visite classiche a Banngkok. Con la solita procedura (Sky train – battello) raggiungiamo la fermata di Tha Chang. Cominciamo con la visita del palazzo reale e del Wat Pra Keaw, non abbiamo calzoni lunghi, ma solo a meta’ ginocchio, percio’ all’ingresso ci danno degli abiti piu’ adeguati: calzoni lunghi per me e una gonna per Paola. Pagato l’ingresso (250Bath) , decidiamo per l’itinerario piu’ bello, quello di perdersi tra i mille stupa dorati, i templi, i giganti e i demoni a guardia del luogo … e poi il Buddha di smeraldo chiuso in una teca in cima ad altari d’oro. Il luogo ricorda molto il palazzo reale di Phnom Penh, anche se ha meno fascino ma piu’ ricchezza di lavorazioni e architetture. Le tegole delle costruzioni qui sono arancio-verdi, mentre in Cambogia erano giallo monocolore. Il palazzo reale e’ dello stesso stile, anche se praticamente vuoto visto che il re ha una residenza nella parte settentrionale della citta’. Due ore passano veloci e all’uscita ci troviamo a mangiare un boccone in un ristorantino prima di proseguire la visita per il Wat Pho.
I 50 Bath di ingresso valgono ben la visita di questa
meraviglia. Un Buddha sdraiato lungo 46metri e alto 15, con le enormi piante dei
piedi in madreperla raffiguranti le 108 caratteristiche del Buddha stesso. La
sua stessa posizione rappresenta il passaggio al Nirvana (la sua morte
sostanzialmente).
All’uscita
iniziamo a camminare lungo la Saphan Puth in direzione del mercato dei fiori,
che e’ in pratica la porta di accesso a Chinatown. Qui ci perdiamo fra la
miriade di viuzze di Sampeng immersi in centinaia di banchetti al coperto che
vendono le cose piu’ assurde e inutili, in un formicaio di persone da far
perdere l’orientamento e la ragione.
Rivediamo la luce
dopo parecchio tempo e sbuchiamo in una via trafficata con scritte solo cinesi,
con persone solo cinesi e con prodotti solo cinesi; e’ come se le viuzze buie
dei mercatini ci avessero proiettato centinaia di Km piu’ a nord, in Cina
appunto. Recuperiamo orientamento e ragione per raggiungere il battello alla
fine della Ratchawongse e tornare nel breve alla realta’ del nostro albergo e
a quella di una doccia salutare. Tra l’altro siamo anche costretti a
traslocare stanza, visto che nella nostra, l’acqua calda fa i capricci. La
sera pranziamo ancora una volta non troppo bene nella zona di Patpong, dove poi
passiamo il resto della serata tra le bancarelle e queste luci intermittenti
rosse.
26 Agosto: I mercati, si sa, costituiscono il cuore pulsante di ogni
citta’; non piu’ da noi in Europa o in Nord America, ma in Asia, Africa o
America latina ne rappresentano spesso l’anima.
Cosi’, oggi che
e’ sabato ci siamo recati al mercato del fine settimana di Chatuchak,
scendendo alla fermata dello Sky train di Mo Chit.
Abbigliamento con marchi veri o contraffatti, scarpe, artigianato, tessuti, animali come gatti, cani di diverse razze, moltissimi pesci, tartarughe, roditori rettili e serpenti …insomma una bolgia di venditori e visitatori, colori, profumi e odori con fragranze che solo da queste parti puoi trovare. Un tale labirinto e una tale immensita’ di bancarelle che all’ingresso ci devono dare una cartina. … insomma una citta’ nella citta’. All’inizio abbiamo anche provato a seguire un ordine logico, ma poi abbiamo rinunciato, cercando nella casualita’ un approccio migliore rispetto allo schema rigido. Ci siamo persi piu’ volte e piu’ volte abbiamo ritrovato la via grazie ad un banchetto gia’ visto o ad un volto magari riconosciuto. Fa caldo e l’umidita’ e’ spaventosa, in piu’ nella tarda mattinata si scatena il diluvio universale, mitigando la temperatura ma non certo questo senso di umido e appiccicoso che ti senti addosso.
Il pomeriggio lo
passiamo all’MBK il piu’ famoso mega-supermercato di Bangkok. Ci sono negozi
di tutti i tipi, insomma e’ un mercato con aria condizionata. Stufi di mercati
e stanchi di girare torniamo lentamente in albergo, quando ormai si intravedono
i primi colori della sera.
27 Agosto: Se un giorno dovessi andare in Thailandia mi piacerebbe
visitare Ayutthaya, bhe’, oggi quel giorno e’ arrivato.
Ayutthaya e’ ala
vecchia capitale del regno del Siam (1350 – 1767), fino all’invasione e alla
distruzione da parte delle orde birmane. L’area archeologica e’ patrimonio
dell’Unesco e dista 80 Km a nord di Bangkok.
E’ ancora buio
quando ci alziamo e riusciamo a prendere il primo Sky train della giornata alle
6 in direzione della stazione ferroviaria di Hualampong., utilizzando anche la
metropolitana.
I biglietti di terza
classe costano pochissimo (20Bath a testa) .
Dopo una veloce
colazione saliamo sulle carrozze scassate del treno che in circa 1 ora e mezza
ci portera’ ad Ayutthaya. La gente sul treno e’ la piu’ disparata,
studenti, mendicanti, pendolari e turisti come noi; non mancano le solite vesti
arancioni dei monaci. Le 8:30 arrivano velocemente cosi’ finisce la nostra
prima esperienza su un treno tailandese . Dalla stazione ci dirigiamo subito ad
un piccolo molo in attesa della barca … gia’ perche la nuova Ayutthaya e le
rovine della vecchia sono circondate completamente da dei canali d’acqua,
tanto che la citta’ stessa sembra un’isola. Decidiamo di evitare il noleggio
classico delle bici, ma ci facciamo portare da un tuk tuk ai siti piu’ lontani
e da li torneremo a piedi visitando i luoghi di nostro interesse che
incontreremo lungo il cammino inverso.
Iniziamo cosi’ dal
Wat Mongkhon Bophit che ospita una enorme statua dorata in bronzo del Buddha.
Proseguiamo per il
Wat Phra Si Sanphet, che un tempo doveva essere il piu’ grande tempio della
citta’, ma oggi ospita solo rovine e tre grandi stupa. Con un percorso di 15
minuti, ci dirigiamo al Wat Thammikarat che di interessante ospita solo diverse
statue di leoni.
Mentre camminiamo verso altri siti, mi immergo in alcune considerazioni che poi condivido con Paola. Per il momento sono un pochino deluso di Ayutthaya, forse l’aver visto prima Angkor sminuisce eccessivamente il fascino di questo posto, forse anche il fatto che il sito sia composto da rovine mal messe , forse il fatto che gli edifici si integrino nella citta’ e non siano luogo a se stante, ne toglie sicuramente un po’ di magia. Resta comunque un luogo di grande importanza storica.
Siamo cosi’ giunti
al famoso Wat Phra Mahathat in cui una testa del Buddha
e’ completamente avvolta dalle radici di un albero e in cui tutte le
altre statue del principe Siddharta sono avvolte da drappi arancioni. Proprio di
fianco c’e’ il Wat Rataburana con una torre centrale di fattezze Angkoriane
e delle pitture murali ancora visibili al suo interno.
Per pranzo ci
fermiamo in un piccolo ristorante proprio di fronte e facciamo quella che e’
la peggiore esperienza culinaria di tutto il viaggio. I noodles che ci portano
hanno consistenza gelatinosa tipo medusa, il tutto immerso insieme a verdure con
carne o pesce non identificabile. Infine il brodo in cui il tutto e’ immerso
e’ anch’esso gelatinoso e appena tiepido. Dopo pochi cucchiai, paghiamo e
scappiamo, siamo sinceramente stufi dei sapori e degli odori della cucina
tailandese. In tuk tuk ci dirigiamo cosi’ ad un altro piccolo molo per
visitare il Wat Phanan Choeng dove, una volta attraversato il canale d’acqua,
si puo’ ammirare l’ennesima gigantesca statua del Buddha, meta di
pellegrinaggio di centinaia di fedeli.
A piedi percorriamo
i 2 km che ci separano dalla stazione dove, con altri 20 bath a testa, compriamo
due biglietti per il treno di ritorno.
Circa 2 ore dopo
siamo gia’ in albergo e crolliamo stanchi sul letto.
La cena questa sera
sara’ italiana ed andiamo in un ottimo ristorante italiano dal nome
significativo: “ Basilico” (fermata Sky train Phrom Phong).
Mangiamo due superbi
piatti di pasta (650 Bath in due), finalmente un po’ di aria d’Italia,
finalmente un po’ di sapori di casa.
28 Agosto: Giorno di partenza oggi, giorno in cui generalmente passo
in rassegna tutto il viaggio cercando di farne un bilancio. Abbiamo anche un
altro appuntamento: fino ad ora abbiamo visto il Wat Arun al tramonto da
lontano, vogliamo semplicemente vederlo in un’altra prospettiva, sicuramente
piu’ ravvicinata. Attraversiamo cosi’ in barca il Chao Praya fino alla riva
opposta del fiume e passiamo una bella oretta aggirandoci tra le statue del
Buddha e ammirando le numerose maioliche di questo tempio.
L’aereo
decollera’ dopo mezzanotte e percio’ abbiamo il resto della mattinata e
l’intero pomeriggio, prima di avviarci all’aeroporto.
La prossima meta
e’ non avere una meta, percio’ girovaghiamo tra le vie di Bangkok,
specialmente nella zona di Siam Square e dei centri commerciali dove l’aria
condizionata allevia la calura di un’altra giornata umidissima.
Capita spesso che
non guardi neanche cio’ che mi circonda tanto sono preso dai miei pensieri
sulle tre settimane appena trascorse e ai tre diversi paesi visitati: Cambogia,
Thailandia e Singapore. Ammetto che forse abbiamo fatto un errore
nell’itinerario, visitare prima la Cambogia
della Thailandia non ci ha fatto apprezzare pienamente questo paese
cosi’ celebrato da tantissimi turisti.
Angkor Wat, i
paesaggi rurali con le persone impegnate nei campi, i bufali d’acqua, la
capitale Phnom Penh e soprattutto i sorrisi della gente di Cambogia li abbiamo,
infatti, confrontati con i luoghi iper turistici della Thailandia dove, la
continua e assillante richiesta per un qualunque servizio, i piccoli raggiri e
le ingenue ipocrisie mal celate dietro un sorriso malizioso hanno finito per
sfiancarci e farci annegare cosi’ nel ricordo della Cambogia.
Ammetto anche che il
clima ha un pochino influenzato il giudizio, anche se, quando serviva, il sole
si e’ fatto vedere (Phi Phi e Ko Samui).
Esistono, per quello
che abbiamo visto, dei luoghi meravigliosi come la stessa Phi Phi e i tesori e i
mercati di Bangkok, ma la Cambogia si e’ sinceramente aggrappata al nostro
cuore.
Su Singapore cosa
dire? Bella, ordinata, iper-tecnologica con un meraviglioso acquario su Sentosa,
ma da non fermarsi piu’ di un paio di giorni in questo luogo senz’anima come
diceva Terzani, o meglio la sua anima bisogna cercarla nei suoi quartieri di
etnie diverse come Little India.
Abbiamo comunque
fatto un viaggio che percorre le diverse realta’ dell’Asia: un paese rurale
e povero, un paese in grande crescita e molto turistico e un paese moderno e
futuristico.
L’aereo decolla
puntuale verso Copenaghen, verso la nostra cara vecchia Europa …
Cosa aggiungere infine a questa partenza dalla Thailandia? Come dice qualcuno forse il paese del sorriso e’ finito da un pezzo.
Andrea Veggetti