LA
GRECIA CONTINENTALE E I MARI DEL PELOPONNESO
Girovagando nella culla della civiltà
Racconto di viaggio 2005
di Pino
Da
lontano...le Meteore!
Sono le sette
del mattino e le rigogliose coste dell’isola di Corfù ammiccano degli oblò
della Olimpia Palace, la nave che ci sta portando in Grecia. Partiti ieri, nel
tardo pomeriggio da Ancona, tra poco sbarcheremo a Igoumenitsa, caotica città
portuale, da cui inizierà il nostro nuovo viaggio.
Abbandonate di
corsa le scomodissime poltrone usate per dormire, aspettiamo con ansia che si
apra il portellone del traghetto e mettere
finalmente le ruote nella terraferma. Ognuno inganna l’attesa a modo suo, molti sicuramente staranno pensando al percorso progettato
accuratamente quest’inverno: un susseguirsi di curve e saliscendi tra le alte
montagne della Grecia continentale e le strette stradine della costa del
Peloponneso.
Lasciato
dietro di noi il porto ellenico percorriamo la regione montuosa dell’Epiro con
i suoi paesaggi incantevoli e selvaggi. I colori, ma soprattutto gli odori
portati dal vento sono quelli tipici dei paesi
del Mediterraneo, mirto, finocchio selvatico, rosmarino, una fragranza di
profumi già conosciuti nei nostri precedenti viaggi in
Croazia e nel Montenegro.
Affacciata
sul lago Pamvòtida, Ioannina è la prima importante città che incontriamo
lungo il percorso. Visitiamo la cittadella fortificata che sovrasta le case
dell’antico borgo dominato fin dal 1400 dai Turchi. Una delle due antiche
moschee si trova proprio qui in questa collina a ricordarci l’influenza
dell’impero Ottomano in tutto il Mediterraneo.
Superato
il passo del Kataro a 1700 metri nelle montagne del Pindo scendiamo verso la
pianura della Tessaglia arrivando nel primo pomeriggio alle Meteore,
enormi rocce di colore scuro che s’innalzano maestosamente, creando uno
spettacolo meraviglioso e selvaggio. In cima a queste enormi torri svettano
grandiosi monasteri di religione Greco-ortodossa fedeli guardiani di un
modello di vita monastica ormai perduto e che raggiunse l’apice 500
anni fa. I primi eremiti scalavano le rocce per mezzo di una serie di
impalcature, che venivano sostenute da travi fissate nella roccia. Questa
sistemazione fu rimpiazzata più tardi da lunghissime e vertiginose scale di
corda. Quelli che non osavano servirsene venivano tirati su per mezzo di una
rete. La salita durava circa mezz'ora: mezz'ora di angoscia e di terrore.
La penisola del Pilio...la terra dei
centauri
Dopo
aver passato la notte a Kalampaka, proprio sotto le Meteore,ci dirigiamo verso
sud-est per raggiungere le coste orientali della Grecia e inoltrarci nella
penisola montuosa del Pilio stupenda regione della Tessaglia dimora dei
centauri, personaggi mitologici metà
uomini e metà cavalli. Attraverso un’ampia e panoramica strada, costeggiamo,
tra saliscendi, questo lembo di
terra che si insinua nel mare e dove le alte montagne che gli danno il nome
occupano la sua parte centrale. L’andatura
modesta, il paesaggio incantevole, le piccole baie che si affacciano nel
blu, la temperatura mite e un sole tiepido e luminoso,
rendono la giornata intensamente piacevole.
Il sito archeologico di Delfi
Volos, importante città turistica del Pilio ci accoglie per la notte e la mattina, subito dopo una ipercalorica colazione a base di uova pancetta e formaggi, affettati, briosche, burro e marmellata, succhi di frutta e quant’altro, imbocchiamo l’ampia strada che ci porta al sito archeologico di Delfi. A metà giornata ci fermiamo nel piazzale di un piccolo ristoro per dare la possibilità a Oreste e Riccardo, gli abili meccanici del gruppo, d’intervenire sulla moto di Pino in difficoltà con la catena. Intanto gli altri amici del gruppo entrano nella piccola bottega ricolma di caratteristici e stranissimi dolci, frutta di ogni tipo e oggetti d’artigianato. Icone di tutti i tipi insieme a monili in legno occupano completamente gli scaffali, appesi quà e là variopinti koboloi, le corone scacciapensieri usate dagli uomini nei bar e nei momenti di relax, danno un tocco esotico a questo spicchio di Grecia.
Dopo
alcuni tornanti in salita, eccoci sotto le pendici del Parnaso, il monte Sacro
che ospita da più di quattromila anni il complesso denominato l’Oracolo di
Delfi. L’importante centro religioso sacro
ad Apollo, era uno dei più grandi
santuari panellenici della Grecia antica, nonché la sede del più autorevole oracolo del mondo greco-latino. Nessuna
decisione, sia di carattere personale che di interesse generale, veniva presa
senza consultare la sua sacerdotessa, la
quale, con una foglia di alloro in bocca, dispensava consigli e previsioni. Il
sito, posto in diversi piani sul fianco della montagna, è attraversato dalla
Via Sacra. Sopra il tempio di
Apollo si trova il teatro che poteva contenere oltre cinquemila posti e più in
alto ancora, lo stadio.Molto più in basso rispetto al tempio di Apollo si trova
il santuario della dea Atena Pronaia che racchiude in se la vera perla di tutto
questo insieme di resti: il Tempio di
Tholos, una rotonda di marmo che è la meraviglia di Delfi e ormai il suo
stesso simbolo.
Si scende nel Peloponneso
Oggi,
quarto giorno in terra greca, ci dirigiamo verso sud, costeggiando la lingua di
mare che separa la Grecia continentale al Peloponneso. Passaggio obbligato per
raggiungere questa regione è l’Istmo di Corinto impressionante opera
dell’ingegno umano, lunga sei chilometri le cui pareti in alcuni punti
raggiungono quasi gli 80 metri di altezza. L’opera
completata nel 1892 taglia quel piccolo nastro di terra che unisce il
Peloponneso al continente, creando così un canale per le navi che
dall’Adriatico vanno verso il mare Egeo e il mar Nero. Dall’alto la visuale
è incredibile sembra quasi che le imbarcazioni sfiorino le pareti benché siano
distanti fra loro, in alcuni punti, anche cento metri.
Più
tardi, arrivati a Nauplia, in una caratteristica taberna, facciamo conoscenza
delle tradizionali pietanze greche come la moussaka, i souvlaki, la greek salade
, i pomodorini ripieni di riso e gli involtini con foglie di vite.
Il periplo della penisola del Mani
Inforcate
le moto nelle primissime ore del mattino, facciamo visita alle antiche rovine di
Epidauro la cui principale attrattiva è il teatro, stupefacente struttura
risalente al IV secolo a.C. dove
grazie alla sua acustica perfetta, all'insuperata armonia architettonica e
all'enorme quantità di spettatori che ancora oggi può contenere, vi si
eseguono rappresentazioni classiche
costituendo un esempio brillante su come usare
con rispetto e intelligenza un antico monumento.
Proseguendo
fino all’estremo sud del Peloponneso arriviamo nella penisola del Mani, una
lingua di terra lunga non più di sessanta chilometri e caratterizzata da
panorami contraddittori: grotte e villaggi austeri da un lato e lo scintillio
del mare dall'altro, che con il suo colore turchese e le deliziose spiagge
protette da dirupi, crea uno scenario suggestivo ed irripetibile.
Questi luoghi, non contaminati dal turismo di massa ci danno un’idea di come
doveva essere la Grecia qualche
anno fa.
L'ostilità di questa terra e la fierezza della sua gente, perfettamente
rappresentata nella caratteristica forma a torre delle case, ne decretò
l'isolamento rendendola immune dal passaggio del tempo e dai mutamenti che esso
porta.
Verso
sera, stanchi, con i muscoli indolenziti, dopo una giornata intera passata sulla
strada, continuamente in “piega” per affrontare le innumerevoli curve che
disegnano queste coste, ci fermiamo ad Areopoli, piccolo, ma importante paesino
di chiara origine medioevale e tipico esempio dell’architettura di questa
regione.
Una corsa nell’antico stadio di Olimpia
La
mattina, dopo una veloce sosta a Kalamata per i soliti acquisti di souvenirs,
prassi ormai consolidata e tanto attesa dai familiari al ritorno, risaliamo
velocemente il Peloponneso. Immersa
nella pianura del fiume Alfeo, troviamo Olimpia, la terra dove gli dei
assistevano ai trionfi degli uomini e dove i vincitori diventavano delle divinità.
Antico luogo sacro, qui venivano celebrati i Giochi Olimpici, che con il passare
del tempo divennero le più importanti celebrazioni di tutta la Grecia.
Gli scavi archeologici, compiuti verso la fine dell’ottocento,
ritrovarono, sotto una strato di fango spesso almeno cinque metri, i resti di
importanti edifici come il ginnasio e la palestra dove gli atleti si allenavano,
il recinto sacro, il tempio di Era e quello di Zeus, e lo stadio, la pista dove
gli atleti gareggiavano completamente nudi,
lunga circa 200 metri e larga 30, dove dagli spalti in terra battuta,
sprovvisti di gradinate, potevano assistere alle gare almeno 30.000 spettatori.
Il
nostro viaggio finisce qui in questo luogo, carico di antica bellezza, nel
pomeriggio a Patrasso saliremo sul traghetto che ci riporterà in Italia.
Ma
le suggestioni del luogo
continuano
a sortire su di noi il loro effetto. Cosa c’è di meglio allora, per
concludere adeguatamente questi giorni vissuti insieme, di una improvvisata e
fantozziana corsa nel mitico stadio di Olimpia. La sfida è singolare per un
gruppo di motociclisti che per emulare la storia, sfrecciano a piedi sulla
pista, come gli atleti di qualche millennio fa .... non dico nudi...
naturalmente!!!!...... ma almeno senza casco!!!