Transeuropa
Europa del nord
6000 km in 10 giorni di moto.
Diario di viaggio 2007
di Fabrizio
http://f48r1z10.wordpress.com/viaggio
1° GIORNO
Ore 9.04: si parte.
La moto è carica all’inverosimile, quasi trovo difficoltà a prender posto io sulla sella, parzialmente coperta dal bagaglio serrato a fatica con un ragno a molla da 7 euro.
Un saluto con la mano a mia madre affacciata sul balcone, poi Seconda, Terza, e la strada che acquista velocità sotto le mie ruote.
Faccio mente locale: avrò preso tutto? Ad un primo elenco nulla sembra sfuggirmi, ma dopo 5 km e 4 minuti di viaggio mi rendo conto di aver dimenticato un capo d’abbigliamento fondamentale per un motociclista: i guanti!!
Forse in Italia avrei potuto anche farne a meno, ma già sulle alpi il freddo tagliente sulle dita mi avrebbe punito per la dimenticanza…
Ore 9.18: un saluto con una mano guantata a mia madre divertita affacciata sul balcone, poi Seconda, Terza, e la strada che acquista velocità sotto le mie ruote… Cominciamo bene.. Il viaggio in questo primo giorno sarà lungo: da quando ho comprato questa moto, una Honda Hornet 600 blu del 2001 e maltrattata da un paio di proprietari prima di divenire la mia compagna, il massimo viaggio da me intrapreso è stato di circa 400 km in un giorno: poco più della metà di quelli che mi dividono oggi da Pomezia a Mantova…
Non so come abbia fatto Pio a convincermi ad intraprendere questo viaggio folle: forse la voglia di sfidare noi stessi e i nostri limiti, o forse, più semplicemente, dopo aver trascorso l’estate a dispensare caffè agli avventori del bar sulla spiaggia o elargire rinfrescanti bicchieri d’acqua ai poveri bagnanti costretti a trascorrere interminabili giornate spalmati su asciugamani variopinti a rosolarsi al sole di torvajanica… gli son bastate poche parole (Moto, viaggio, Europa) per farmi dire subito si.
Tipo strano Pio: di un’intelligenza straordinaria, laureato in filosofia, ha una invidiabile e sana curiosità (retaggi di una adolescenza ormai andata, dall’alto dei suoi -enta anni) che lo porta ad un’insaziabile voglia di apprendere e di conoscere ogni cosa: da quando si è comprato la moto ha già macinato centinaia di chilometri, magari solo per vedere un tramonto in Slovenia, oppure per portare un fiore da Cividale del Friuli (città dove presta servizio come Ufficiale dell’Esercito Italiano) a Lecce, dove risiede una delle donne del suo cuore.
Uso l’articolo indeterminativo “una” e non “la” perché tra le tante doti che Pio ha è presente anche quella di Ammaliatore-Di-Donne-Tramite-Parole: uno sguardo, una frase ammaliante modello “stil novo” e la donna è cotta.
Fascino dell’uomo colto? O elaborate tecniche di rimorchio maturate con l’esperienza?
L’unica cosa certa è che Pio è una persona sulla quale ci si può contare, un amico vero come non ce ne sono più.
Ore 11.00: mi fermo a fare benzina ad un distributore della A1, tra gli occhi attoniti della gente che non riesce a distogliere gli sguardi dal mio carico ingombrante BorseLateraliBorsaSerbatoioZainoConTendaEsaccoApelo.
Alcuni mi invidiano, lo so, vorrebbero essere al mio posto pur non sapendo la destinazione quale sia.
Altri mi scherniscono da lontano, pensando che io sia un folle con un giubbotto di pelle sotto i 32° centrigradi di questo cocente 3 settembre 2007.
Ma non mi importa, vado per la mia strada, Pio mi aspetta.
Prima, seconda, terza.
Noto il numero nero sulla colonnina bianca ai bordi dell’autostrada: da quando si è rotto il contachilometri, l’unico modo per stimare l’autonomia del carburante è tenere traccia mentale dei chilometri trascorsi, e finchè viaggerò sull’autostrada non avrò problemi (cara Honda, ma una spia della benzina costava poi così tanto??).
Una volta a Mantova poi chiederò a Pio di azzerare il suo contachilometri ad ogni mio rifornimento.
Ce la faremo, me lo sento.
Quarta, quinta.
Il giubbotto di pelle intrappola il mio corpo impedendogli di traspirare, ma la brezza del venticello che si insinua da sotto il casco integrale mi allieva il senso di caldo, asciugandomi le goccioline di sudore stampate sulla fronte.
Due bambini si alzano in piedi sui sedili posteriori della macchina che mi precede, e mi fissano con aria divertita.
Faccio un cenno di saluto con la mano.
Mi risalutano.
Sorpasso la loro macchina, creando un involontario torcicollo ai ragazzini che vogliono vedere a tutti i costi dove se ne vada quello strano tizio su quello strano mezzo venuto da chi sa dove.
Ingrano la sesta, velocità di crociera, consumi ridotti al minimo.
…
E’ la prima volta che compio un viaggio senza Alessia, la mia ragazza. Era triste ieri, e son sicuro che quando ci siamo salutati avrebbe voluto gridarmi di non partire più e di rimanere al suo fianco, che questo viaggio era pieno di insidie e troppo pericoloso per i suoi gusti.
Ma mi ama troppo, così si è tenuta tutto per se’.
Mi ha consigliato (intimato?) solo di stare “buono e tranquillo” con le altre ragazze, e di comportarmi sempre come se lei fosse presente al mio fianco.
Ignorando forse il fatto che il suo amore ha ormai da 3 anni la residenza nel mio cuore.
Tranquilla amore mio, tra una decina di giorni tornerò qui ad abbracciarti.
Promesso.
…
Sarà un viaggio per lo più interiore: le molte ore giornaliere che trascorreremo sulle rispettive moto ci daranno il tempo di pensare, quel bene primario che penso debba essere garantito ad ogni individuo, benché in antitesi con i ritmi frenetici che la quotidianità ci impone.
Avremo modo di riflettere, analizzare e rielaborare, alla ricerca di tutte le risposte a quelle domande che via via ci porremo.
E poi la sera ci confronteremo, esponendo i propri pensieri e discutendone la validità.
Si, ne sono certo, sarà proprio un bel viaggio.
…
Ore 15:30: Primo benzinaio dopo Modena, qui il nuovo appuntamento.
Ed eccolo arrivare finalmente: nessuna borsa laterale, ma solo un mega-sacco modello Babbo Natale legato a forza sul sedile passeggero, e una piccola borsa da serbatoio.
‘Pio, ma sei sicuro che quella moto ce la faccia?‘
‘Scusa, ma avresti qualcosa da ridire alla mia Antares??‘
‘Antares?? Mai sentita questa marca…’
‘Emmh… veramente è una yamaha xj 600, Antares è il suo nome...’
Il nome!! Ecco cosa manca alla mia moto! Entro la fine del viaggio dovrò trovarle un nome! Promesso!!
Ripartiamo da Modena e in circa 2 ore siamo a Mantova, prima tappa del nostro viaggio.
Mia cugina Ester e il marito Mario durante la cena cercano di capire chi ce lo faccia fare ad avventurarci con la moto per l’Europa del Nord: non sarebbe meglio girare la Spagna o il Portogallo e le loro spiagge rinomate?
Troppo facile, troppo semplice.
Vogliamo qualcosa di più: puntiamo la Svezia. Non ci sono mai stato prima, e voglio arrivarci in questo viaggio.
In moto.
Ore 23:00, centro di Mantova.
Una birra, una sigaretta, qualche scatto inaugurale dalla macchinetta digitale di Pio e finalmente decidiamo il percorso.
‘No Pio, dimmi che scherzi: non vorrai girare l’Europa con una cartina pieghevole della grandezza totale di 60cm per 60cm??’
Le città sono grandi come teste di spillo, e (misurato sulla leggenda) 250 chilometri corrispondono alla lunghezza della parte bianca di una sigaretta!!
No, non scherzi.
Decidiamo di attraversare l’Austria, la Germania, la Danimarca e arrivare in Svezia. Poi da lì tornare per gli stessi paesi in ordine inverso, magari cercando di visitare altre città.
Il problema è il tempo: tra 10 giorni dovrò essere di ritorno a casa, visto che ho già prenotato un agriturismo in cui mi rifugerò con Alessia per trascorrere un tranquillo e riposante week-end.
6000 chilometri in 10 giorni, 600 chilometri al giorno.
Una bella impresa, non c’è che dire.
Ma adoro le sfide, e Pio anche.
In sella dunque, andiamo a riposarci, domani la giornata sarà altrettanto faticosa.
Ore 00:15, ognuno nel proprio letto.
‘Certo che come prima notte, niente male eh? Altro che tenda e sacco a pelo…’
‘Si Pio, non è proprio come me lo immaginavo. Ma il vero viaggio comincia domani, meglio risposarci ora! Notte Pio.’
‘Notte Fabri’.
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2° GIORNO
Ore 7.00: ‘Sveglia Pioooo, oggi è il gran giorno, si parte!!’
Assonnati e con i muscoli ancora indolenziti per i chilometri macinati ieri, ci rechiamo in cucina, dove Ester e Alice e Sofia ci attendono.
Sofia si siede sulle mie ginocchia, ed insieme facciamo colazione. Alice invece cerca di convincere Pio a giocare con lei e con la sua lavagnetta magica. Un leone, un elefante, una giraffa, poi un cane che sembra un ippopotamo: no Pio, il non aver fatto l’istituto d’arte non può esere usato come scusa per i tuoi disegni bizzarri!
Ore 9: le moto sono cariche all’inverosimile, tutto è pronto: un bacio alle bimbe, un ultimo ringraziamento a mia cugina per l’ospitalità, poi la chiave che si gira nel cruscotto, il pulsantino di accensione premuto e i rombi delle nostre compagne che ci avvisano di essere pronte. Guardo Pio da dietro la visiera del mio casco integrale: mi fissa e mi sorride (me ne accorgo dai suoi occhi e dalle piccole rughe che si creano intorno ad essi). Siamo entrambi emozionati per il viaggio, forse un po’ spaventati dall’ignoto che ci attende, ma troppo orgogliosi per mollare senza almeno provarci: ‘andiamo, dove arriveremo non importa, sarà comunque un successo!‘.
Annuisce con la testa, siamo sulla stessa lunghezza d’onda…
Un ultimo saluto con la mano a mia cugina, poi Prima, Seconda, Terza e la strada che acquista velocità sotto le nostre ruote.
…
Ore 10.30, siamo sulla Brennero.
Rettilinei di asfalto si estendono per chilometri e chilometri: è un asfalto molto poroso, senza la minima ombra di una buca. Abituata alle strade dissestate presenti nella mia cittadina, la moto avanza con una sicurezza ed una stabilità mai mostrate prima. Qui al Nord la manutenzione stradale sembra quasi essere una priorità: anche le stradine di campagna hanno il proprio asfalto privo di qualsiasi deformazione!
Muovo la testa leggermente a sinistra per riuscire a guardare nello specchietto (la borsa sul serbatoio rende la manovra alquanto scomoda): bene, Pio è dietro di me, e mi segue ad un centinaio di metri. Mi lampeggia, come a dirmi ‘sono ancora qui, tranquillo!’.
Il lato destro della strada è costeggiato da un bellissimo frutteto, con sferette verdi che ai miei occhi sembrano sfrecciare a una velocità prossima ai 130Km/h.
Metto la freccia, alla prima piazzola mi fermo.
Pio mi si affianca: ‘Perchè questa sosta ora?‘
‘Non dirmi che a te non è venuta voglia di assaggiare quelle mele!’
‘Ti dirò: quasi quasi…’
Un salto alla recinzione, e quei frutti si dimostrano ciò che in velocità potevamo solo immaginare fossero: squisite e succulenti mele verdi!
Buonissime!
Foto ricordo, poi di nuovo in sella.
…
Eccolo il passo del Brennero!
Pio mi sorpassa, e con la freccia mi indica di svoltare a destra.
Lasciamo l’autostrada, ed imbocchiamo la statale che ci permetterà di passare il confine con l’Austria.
E’ un momento storico per me, la prima volta che metto piede fuori dallo Stivale!
Sarà la troppa televisione, ma al confine mi immagino di trovare soldati armati fino ai denti, pronti a smontare le nostre moto ‘pezzo a pezzo’, perquisendoci dalla testa ai piedi alla ricerca di chissà cosa. Immagino una guardia intimarci qualcosa in una lingua a noi incomprensibile, ed irritarsi sempre più alle nostre non-reazioni, fino a portarci via in manette.
Accosto la moto, spengo il motore.
Pio mi raggiunge: ‘Che c’è ora?’
‘Guarda lì!’ e gli indico col braccio un cartello stradale con indicazioni in Austriaco: possibile che abbiamo passato il confine senza nemmeno accorgercene?? E le guardie armate dove erano? Possibile che nessuno ci abbia chiesto i documenti??
‘Siamo in Europa’, mi ricorda Pio.
‘Meno televisione’, mi impongo io.
Ore 14: eccoci ad Innsbruck!
Le nuvole grigie che avanzano sulle nostre teste stonano un po’ con i colori vivaci impressi sui muri delle abitazioni del zentrum della città: davanti a noi una casa rossa, incastrata tra una casa verde e una marrone, e tutte realizzate con stili architettonici diversi! Non capisco se manca di più la simmetria tipica delle città italiane o un titolo di studio al progettista di tali obbrobri…
Cerchiamo un posto dove mangiare, ma non capendo il significato delle insegne dei locali, ci affidiamo alle vetrine, sperando di trovare esposto qualcosa che assomigli a del cibo.
I bar! Ecco cosa manca qui!!
Comincio a sospettare che gli austriaci non mangino proprio, vista la carenza di locali adatti allo scopo, ma la mia paura viene superata quando una vetrina con megaciambellezuccherate ci si prospetta davanti.
Entriamo.
‘Ainzvoinzdurtin?’, ci chiede la commessa.
Ovvio, penso io.
‘Vorrei questa‘, dice Pio, indicando una insalatona con pomodoro e tonno (forse l’insegna era “Ciambelle e Insalate”, ma questo non lo sapremo mai).
‘Non può capirti Pio, diglielo almeno in inglese!‘
‘Come, non te l’avevo detto? Parlo solo francese, niente inglese!‘
Utilissimo, se fossimo in Francia, peccato che siamo in Austria e questa tizia attende le nostre ordinazioni!
Vado a ripescare nei meandri della memoria i vocaboli della Unit 12 del libro di testo di inglese delle medie, quella sull’ordinazione al ristorante fatta da John, e ordino ‘two Green Mix Salad‘ e come dolce ‘two Marmalade Doughnuts‘.
La tizia capisce la nostra difficoltà e non ci chiede più nulla.
Paghiamo, salutiamo e andiamo alla ricerca di un posto comodo dove mangiare.
Troviamo un parco, parcheggiamo i nostri destrieri e subito la domanda: “e i bagagli? Possiamo fidarci a lasciarli qui?”
Saranno forse le nostre origini (Pio è cresciuto vicino Napoli, io vicino a Roma) ma ad entrambi l’esperienza ha insegnato che “fidarsi è bene, ma poi al 99% rimani fregato”.
Forse la pioggia che incombe, forse mera voglia di rischiare: decidiamo di non scaricare i bagagli (operazione che richiede dai 10 ai 15 minuti) ma di lasciarli legati sulle moto.
Troviamo una panchina libera, e ci accomodiamo.
Mentre mangiamo commentiamo quanto quel parco fosse pulito: non una cartaccia in terra, non una cicca di sigaretta o un pacchetto vuoto gettato sull’erba. Tutto è ordinato e preciso: il prato è curato e perfettamente verde, quasi come se i fili d’erba si rifiutassero di diventare gialli per non sfigurare.
5 bambini che giocano colpiscono la nostra attenzione: 2 sono di colore, uno è asiatico, uno ha la pelle rossastra (forse indiano) e uno biondissimo ha lineamenti nord europei. E giocano insieme, cosa che (purtroppo) in Italia accade quasi esclusivamente nelle pubblicità della Benetton.
Un tuono. Le nuvole si fanno sempre più minacciose, così dopo aver ingurgitato alla svelta il succulento pasto decidiamo di rimetterci in viaggio.
Ed ecco le prime gocce che si schiantano sulla visiera! Accostiamo le moto, indossiamo l’abbigliamento da pioggia (nel mio caso consiste in un sovra-pantalone e in una sovra-giacca rigorosamente di plastica, 100% impermeabile e 100% antitraspirante, in pratica effetto sauna… Pio invece ha una sovra-tuta del mio stesso materiale ma un pezzo unico: una scomodità per indossarla che solo chi l’ha provata può capirlo!).
Ripartiamo, entro sera dovremo essere a Monaco.
Seconda, Terza e la strada che prende velocità sotto le nostre ruote.
…
Il rumore della pioggia è attutito dai tappi per le orecchie che provvidenzialmente abbiamo comprato in un supermercato nei pressi di Mantova: le basse frequenze (rumore di fondo della moto, rumore della pioggia) vengono filtrate per un buon 80%, evitandomi una prematura sordità e dandomi modo di concentrarmi maggiormente sui particolari che osservo. Noto così cartelli con scritte di cui ignoro totalmente il significato, e indicazioni di paesi che forse mai visiterò. Anzi no: sai che faccio? Esco dall’autostrada ed entro nel prossimo paese.
Freccia a destra, un segno con la mano a Pio di seguirmi, e le nostre moto che si ritrovano su una statale.
‘Come mai questa deviazione?’ - la voce di Pio mi arriva ammorbidita dai tappi - ‘voglio vedere posti nuovi!!‘ - gli urlo da dietro la visiera.
C’è tanto verde ai bordi delle strade: prati coltivati, alberi, siepi, aiuole. Tutto curatissimo. E non c’è traffico!
Le montagne sullo sfondo rendono poi il quadro ancor più colorato.
Peccato per la pioggia che non accenna a smettere.
Dopo 2 ore di deviazione per paesi decidiamo di tornare sull’autostrada: la strada per Monaco è ancora lunga e con questo tempo la velocità media deve essere ridotta agli 80-90 Kmh.
Beh, almeno la temperatura dell’acqua della moto è sicuro che si manterrà a livelli accettabili!
Speriamo solo che l’acqua non arrivi alle candele costringendoci ad uno stop forzato…
Guardo nello specchietto: un lampeggio, segno che tutto è ok.
Si continua allora.
…
Pio suona due volte il clacson: è il segnale prestabilito per dirmi che dobbiamo fare rifornimento! Per stare sicuri gli ho detto di avvisarmi ogni 150km (girando il rubinetto posto sul lato sinistro della moto, sotto la sella, metto la moto in riserva, garantendomi più o meno altri 50km di autonomia, ma meglio non rischiare… Chissà dove si trova il prossimo benzinaio!).
La pioggia aumenta, siamo costretti a diminuire ancora l’andatura.
La cosa buona è che la tuta impermeabile sembra fare bene il suo lavoro! Un po’ meno i guanti, comprati per 12 euro in un grande supermercato: ormai sono imbevuti d’acqua, comincio a sentire le prime goccie che sfidando la gravità tentano di risalire lungo le braccia.
Quanto ancora riusciremo ad andare avanti così?
…
Ormai è quasi buio, e a Monaco mancano ancora una sessantina di chilometri. Ma la pioggia anziché diminuire sembra aumentare: basta, usciamo dall’autostrada e cerchiamo un posto asciutto dove poter passare la notte. Un ostello, o un Bed & Breakfast, l’importante è spendere poco. Troviamo un benzinaio con una tettoia, ci fermiamo per fare benzina. Come tutte le pompe di benzina incontrate fin’ora fuori dai confini italici, non esiste alcun addetto che ti aiuti nel rifornimento. Le pompe sono self-service, per il pagamento bisogna recarsi poi alla cassa sita in un edificio apposito. Ci togliamo i caschi che ci opprimono, e procediamo al rifornimento. …
Pio si avvicina alla cassa: sembra proprio un terrorista, con la sua tuta nera integrale da pioggia e il sottocasco stile diabolik a celare il volto. Potrebbe benissimo tirare fuori un fucile a canne mozze e fare una strage. Entra nel locale. I presenti impauriti gli lasciano il passo. Si avvicina alla cassa, lasciando dietro di se grandi orme d’acqua.
Il cassiere lo vede e comincia a sudare freddo.
Pio lo fissa negli occhi.
Silenzio.
La tensione è palpabile.
Con voce titubante, il proprietario accenna qualcosa. Pio infila lentamente la sua mano all’interno della giacca.
I presenti si allontanano, senza dare troppo nell’occhio.
La paura è nell’aria.
Pio con un movimento veloce tira fuori una pistola: anzi no, è il portafogli. Paga il rifornimento alla pompa numero tre, poi si volta e si avvia verso l’uscita, tra i sospiri di sollievo di tutti, compreso il titolare ormai bianco cadaverico.
Anche stavolta è andata bene, avrà pensato lui.
Cosa avrà avuto da guardare, avrà pensato Pio.
All’esterno notiamo un’insegna “motel”, con una freccia che ci indica il retro del benzinaio. Ci avviamo a piedi. Davanti al portone, un po’ defilata, una signora sulla settantina sovrastata da un ombrello variopinto ci viene incontro:
‘Zimmer?? Zimmer???‘
‘Emmh… Do you speak english?’
‘OK’
‘perfect! We are looking for a room for this night!
‘OK’
‘have you got one?’
‘OK’
‘with two bed?’
‘OK’
‘is it nearby?’
‘OK’
‘wow! And how much is it?’
‘OK’
‘…come ok!! Pio, mi sa che questa nun parla manco una parola di inglese! Vabbè, ci fa segno di seguirla… Vediamo dove ci porta!’
‘OK’
…
Con la pioggia che non ci abbandona, riprendiamo le moto e percorriamo un paio di chilometri seguendo la sua macchina, fino ad entrare nel garage di una graziosa villa con giardino.
Finalmente all’asciutto, la bacucca (così da noi ribattezzata la megera data la veneranda età) ci invita a stendere su dei fili le nostre tute bagnate. Ci fa accomodare al secondo piano e, nostra sorpresa, scopriamo che ci troviamo proprio in un ostello!
O almeno in quello che un tempo era un ostello: nonostante la pioggia e il buio della sera, infatti, ero sicuro di non aver visto insegne all’esterno!
Solo più tardi, dizionario tedesco-italiano alla mano e tanta fantasia, scopriremo che quel posto era stato per anni un ridente ostello, ma dopo un tragico incidente in cui avevano perso la vita la figlia (era anche incinta) e il suo bambino di un anno, la vecchia aveva deciso di chiuderlo. Ora ospitano solo quei forestieri che riescono ad intercettare davanti al motel! Ma non devono passarsela male comunque: le stanze sono ben arredate e ben rifinite, ben oltre quello che ci aspettavamo visto il prezzo: 30 euro a notte!
Una doccia rigenerante, poi per cena i panini acquistati in un discount lungo la strada.
Una chiacchierata sui “perché del mondo”, sorseggiando una birretta regalataci dal marito dell’anziana signora, poi una telefonata rassicurante ad Alessia.
E’ notte fonda ormai, conviene andare a dormire. E’ stata pesante la giornata di oggi, ma sapevamo che non sarebbe stata facile… Non possiamo lamentarci quindi!
Gli occhi si chiudono lentamente, con la pioggia che incessante ci cerca battendo sui vetri delle finestre, e col Nokia che ci ricorda che abbiamo 6 ore e 12 minuti di sonno prima del suono della sveglia.
‘Notte Pio’.
‘Notte Fabri’.
——————–
3° GIORNO.
Ci svegliamo riposati, con il sole che finalmente ci degna di farci visita.
La bacucca ci prepara una strana bevanda di colore scuro dall’odore nauseabondo, che da queste parti chiamano “caffè“. Saldiamo il conto, ringraziamo per la disponibilità e ce ne andiamo. Ritroviamo le indicazioni per l’autostrada, che imbocchiamo facilmente. Ma dopo una decina di chilometri mi ricordo di aver lasciato a stendere (nel garage della bacucca) la copertura impermeabile per la mia borsa da serbatoio!!
Torniamo indietro, ritroviamo l’uscita giusta (grande cul… emmh… senso dell’orientamento) e in men che non si dica siamo di nuovo nel garage della megera. Dopo aver recuperato il tesoro ed esserci accertati di non aver dimenticato nulla, ci rimettiamo in moto.
Seconda, Terza e la strada che acquista velocità sotto le nostre ruote… Monaco, arriviamo!
…
Monaco è una città molto graziosa: l’aria è pulita, così come le strade, e immensi palazzoni con tetti spioventi ci ricordano che le Alpi non sono poi lontane!
D’inverno la città si ricopre di un manto bianco… chissà come faranno i centauri a destreggiarsi sul ghiaccio e sulla neve! Ma siamo ancora a Settembre, e il tepore del sole ci tranquillizza.
Puntiamo decisi verso il Zentrum della città.
Ci fermiamo a un semaforo. E’ rosso. Scatta il giallo (e la cosa ci lascia di stucco) e poi il verde!!
Cioè, son geniali questi tedeschi!! Hanno il giallo anche prima del verde!! Così da permettere agli automobilisti dall’acceleratore facile di non accumulare più di 4/10 di secondo di ritardo alla partenza di ogni incrocio!
Penso che in Italia la cosa non sarebbe fattibile: quanti partirebbero già al giallo?
Notiamo una insegna: “la piccola Italia”.
“Dai Pio, andiamo a vedere se ci sono italiani lì! Possiamo chiedere informazioni su cosa c’è di bello da vedere qui a Monaco!”
Detto, fatto, ci ritroviamo seduti ad un tavolo con una pizza margherita e un boccalone di birra alla spina (siamo nella “capitale mondiale della birra“… dovremo pur verificare se il titolo è meritato, no?).
Il gestore è simpatico: di origini calabresi, dice di trovarsi bene qui a Monaco e di non sentire poi tanto nostalgia per l’Italia.
Le foto sulle pareti sembrano però dire il contrario: una raffigura il tramonto sul mar Tirreno, una la sua abitazione in campagna e una la sua famiglia riunita.
Chissà cosa lo avrà spinto a venire qui ad aprire una pizzeria! Magari sarà emigrato in cerca di lavoro, o forse un giorno avrà detto alla moglie “vado a bermi una birra fuori“, non facendo più ritorno! Mah…
Ci consiglia caldamente di andare a vedere il campo di concentramento di Dachau, a una quindicina di chilometri a ovest di monaco. Dice di esserci stato 7 volte. Ma ci mette in guardia che non sarà una esperienza facile e che “bisogna avere fegato per entrare lì dentro“.
Diamo un’occhiata alla cartina: è una deviazione rispetto alla nostra tabella di marcia che probabilmente ci porterà via qualche ora. Ma non possiamo non andare.
Vogliamo vedere con i nostri occhi se è vero ciò che si dice sui campi di concentramento.
Ringraziamo il nostro compatriota, saldiamo il conto e torniamo sui nostri destrieri.
Direzione, il campo della morte.
…
Il parcheggio esterno è immenso. Lasciamo le nostre moto l’una vicina all’altra, e le copriamo col telo mimetico di Pio. Il cielo si è riannuvolato nuovamente: forse per creare l’atmosfera giusta per visitare il campo, o forse solo perché qui in Germania il tempo varia molto velocemente.
Entriamo.
Dall’esterno sembra quasi un campeggio: bungalow a destra e a sinistra, e al centro un enorme piazza. Ma più ci avviciniamo, e più mi rendo conto che quelle costruzioni sono vere e proprie prigioni, con sbarre alle (minuscole) finestre e con muri spessi quasi un metro.
Leggiamo che in questo campo hanno perso la vita 30.000 deportati.
Trentamila.
Trentamila persone possono popolare un comune intero.
Lo stadio di calcio di una piccola squadra della serie A italiana può contenere circa 30.000 persone.
Trentamila.
Tutti morti.
Chi torturato, chi seviziato, chi morto di stenti, chi per il dolore, chi per la fame, chi per le botte. Chi veniva portato nelle camere a gas, chi nei forni crematori. Picchiati, ammanettati, costretti per ore in posizioni assurde. Venivano insultati, umiliati e poi massacrati. Trattati come bestie, ammassati in stanze di 1 metro per 1 metro.
Entriamo in una stanza ed ascoltiamo da apposite cuffie le testimonianze (tradotte in italiano) dei sopravvissuti a quelle tragedie.
Storie di ordinaria follia, uomini costretti a sottostare a psicotiche e riprovevoli torture dagli aguzzini tedeschi.
Qui è scesa la scure dell’uomo, spezzando vite con disinvoltura, come fosse normalità.
Possibile che tutti gli appartenenti alle SS non avessero un cuore? Come potevamo partecipare attivamente a simili atrocità senza ribellarsi?
Leggiamo su un cartello “Arbeit macht frei” (”il lavoro rende liberi”).
Quale illusione fu mai così vana!!
Nell’aria si respira ancora l’odore acre della violenza.
Urla di uomini che implorano libertà sembrano echeggiare tra le sbarre delle finestre.
Qui la storia ha vissuto una delle sue pagine più nere.
Pio mi guarda e rompe un silenzio riflessivo che durava ormai da minuti:
‘Se Dio, perché Dachau?‘
Vorrei tanto conoscere la risposta, ma non la so, mi dispiace.
Decidiamo di andar via e ci incamminiamo, senza voltarci.
E facciamo quello che migliaia di persone avrebbero voluto fare 70 anni fa: imboccare l’uscita e lasciarci alle spalle quel luogo di sofferenza.
…
Le moto hanno ripreso l’autostrada, direzione Nord. Negli occhi ancora le immagini di quel posto assurdo.
E pensare a quei gruppi neo-nazisti che rifiutano di credere che l’olocausto sia mai avvenuto… che rabbia!
Ma the show must go on, recitavano i Queen.
Quinta, Sesta.
Ed è già sera…
…
Ore 22:00: Ci ritroviamo a Norimberga, la seconda città della Baviera per numero di abitanti.
Come al solito non sappiamo dove andare: siamo stanchi, fisicamente e psicologicamente, e affamati per i tanti chilometri percorsi oggi (e tutti sotto la pioggia!).
Accostiamo quindi le nostre moto ai bordi di una strada in pieno centro, e ci fermiamo qualche minuto.
Decido di chiamare Alessia per tranquillizzarla e dirle che sono ancora vivo, ma è proprio mentre sono al telefono che accade una cosa strana: da una macchina scendono un tizio alto circa due metri e una ragazza bionda.
Noto che fissano le targhe delle nostre moto e si dicono qualcosa tra loro in tedesco.
L’uomo si avvicina a Pio, che immediatamente mi chiama come suo traduttore di fiducia.
Il signore indica le moto: ‘Problems?‘
Spiego al tizio che non abbiamo problemi alle moto, stavamo solo facendo una piccola pausa prima di rimetterci alla ricerca di un alloggio economico in cui passare la notte.
I due indigeni si scambiano frasi in tedesco (a noi incomprensibili) poi ci chiedono se vogliamo salire a casa loro per un caffè.
A casa loro???? Ma se non ci conoscono neanche!!!
‘Pio, che dici?? Saranno pericolosi?? Dovremmo fidarci o no???’
‘Fabrì, io nel dubbio il ferro lo porto!‘ (ndr: il ‘ferro’ è uno speciale manganello estensibile, in acciaio, in dotazione ai reparti speciali dell’esercito italiano, e sorprendentemente presente nel bagaglio di Pio)
Decidiamo quindi di seguirli…
Scarichiamo i bagagli, e saliamo nel loro appartamento. E che appartamento!! Sembra quasi la casa delle pubblicità dell’Ikea: un divano matrimoniale posto davanti ad un mega-televisore al plasma, un acquario e alcuni quadri sullo sfondo, e una scala in legno che conduce al piano mansardato. La cucina è abitabile e molto accogliente, almeno quanto i due padroni di casa, che intanto abbiamo scoperto chiamarsi Thomas e moglie di Thomas. Ci raccontano di essere anche loro dei centauri, e di essere appena rientrati da un viaggio in moto proprio in Italia (non erano andati oltre Venezia però).
Ci offrono del caffè (stranamente bevibile) e del thè.
E mentre beviamo gli raccontiamo di noi, di cosa facciamo nella vita, e di questo nostro viaggio folle.
Anche Thomas ride quando vede la nostra cartina con la quale stiamo girando l’Europa “You are crazy!” e decide di regalarci così 3-4 cartine dell’intera Germania, suddivise per regioni.
Ci consiglia poi sulle strade da intraprendere e sui posti da vedere e poi ci fa controllare le previsioni meteo dei prossimi giorni (ovviamente sempre pioggia) dal suo mega televisore.
Ma il culmine della generosità lo raggiunge quando, dopo una fitta chiacchierata con la sua consorte e dopo un paio di telefonate, dice di averci rimediato un alloggio GRATUITO dove trascorrere la notte: si tratta di studi teatrali in ristrutturazione (la moglie di Thomas è una rinomata cantante/ballerina di musical teatrali, mentre lui è professore di Matematica all’Università di Norimberga) e nei camerini potremmo tranquillamente dormire.
‘Is this OK for you?‘
Ma certo che si!!!
Quest’uomo sta dando un senso a questo viaggio: uscito dal nulla, ci ha fatto accomodare a casa sua e ci ha offerto un posto gratuito dove passare la notte… e senza voler nulla in cambio!! Semplice solidarietà tra motociclisti? O qui in Germania sono tutti così gentili e accomodanti?
Ci scambiamo i numeri di cellulare, poi torniamo alle moto.
Thomas ci precede con la sua macchina (con dentro i nostri bagagli) e ci fa strada.
Arriviamo davanti ad un enorme stabile, situato esattamente alle spalle di un fast Food.
Le luci all’interno sono spente, ma provvidenzialmente avevamo con noi delle torce elettriche.
Ci accompagna fino a quella che sarebbe stata la nostra camera da letto, e ci saluta, dandoci appuntamento per l’indomani mattina, quando sarebbe tornato con le chiavi per chiudere lo stabile.
Ancora increduli, lo ringraziamo calorosamente.
E’ stata una gran fortuna per noi incontrare Thomas, il suo aiuto è stato preziosissimo!
Cena veloce al Fast Food, poi torniamo in “camera”.
E mentre cerchiamo di rimettere ordine ai nostri pensieri, il sonno comincia a rubarci la concentrazione.
Una birra ormai vuota sul pavimento, la torcia che si spegne.
Pio continua a parlare, ma ho troppo sonno per prestargli attenzione. Gli occhi mi si chiudono, e le sue parole arrivano alle mie orecchie sempre più confuse, sempre più distorte.
Vorrei tanto stare a sentirlo, ma stasera non ce la faccio proprio.
‘Notte Pio’.
E già dormo.
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4° GIORNO
Ore 8.30: Ci sveglia Thomas, bussando alla porta della nostra stanza.
Il sistema anti-intrusioni architettato da Pio funziona: le stampelle dei vestiti poste in terra adiacenti alla porta diventano, ad ogni impercettibile movimento della stessa, un ottimo avviso sonoro della presenza di un intruso! (la camera non aveva una chiave, quindi non potevamo chiuderci dentro!)
Ma Thomas non è certo un intruso: in tutta fretta quindi liberiamo il pavimento e lo facciamo accomodare.
Ci laviamo, ci vestiamo e tutti insieme andiamo a fare colazione… al Fast Food!!! Lo stesso dove avevamo cenato la sera prima!
Ma come si fa a fare colazione ad un Fast Food?
Semplice: con un CheeseBurger o con le ciambelle fritte.
Optiamo entrambi per la seconda opzione, mentre Thomas sceglie il panino.
Dopo avergli offerto la colazione (il minimo che potessimo fare per sdebitarci) e dopo la promessa di mandargli (una volta di ritorno in italia) le foto scattate a casa sua, ci congediamo dal nostro nuovo mito, e col sorriso sulle labbra rimontiamo sulle nostre moto, con le selle ancora umide dalla brina notturna.
E lasciamo Norimberga.
Viaggiamo per ore sull’autostrada in direzione Nord.
Macchine e moto supersportive ci sfrecciano vicino a velocità stratosferiche: qui non ci sono limiti, e ognuno può raggiungere la velocità che vuole. Certo è che andando veloci non riusciremmo a gustarci tanti piccoli particolari che ci circondano, come i numerosi mulini a vento di colore bianco che trasformano in maniera pulita l’energia eolica in energia elettrica, o i verdi boschi che sovrastano l’autostrada con la loro ombra imponente!
Siamo in una grande e immensa pianura, forse più grande della pianura padana, dove c’è solo verde e poche case. Nessuna montagna, neanche all’orizzonte.
Decidiamo di uscire dall’autostrada, e di utilizzare strade secondarie.
Ma dove andiamo? Non ha importanza. L’importante è andare. E non fermarsi, benzina permettendo.
Una cosa mi lascia di stucco: siamo in una strada secondaria, lontani chissà quanti chilometri dal primo centro abitato, eppure il manto stradale è perfetto, e ai lati della carreggiata è onnipresente la pista ciclabile!!
In Italia per trovarne una bisogna spostarsi per forza in (poche) città del Nord. E qui invece sono veramente ovunque!
La pioggia è tornata a farci visita, ma il sole non è d’accordo: ecco dunque un fantastico arcobaleno che si dipinge alto nel cielo!
Che meraviglia! Come un bambino che scarta l’uovo di Pasqua e trova la sorpresa che aspettava da tanto, così ad ogni curva questo viaggio mi regala uno spettacolo mai visto prima.
Sono felice.
…
Ore 19:00: un cartello giallo con una scritta nera recita “Berlin“.
Pio mi si affianca e a gesti mi fa capire la sua gioia: siamo nella capitale della Germania! Finalmente!!
Imbocchiamo una tangenziale che ci porta dritti dritti verso il centro della città.
Ma un nuovo cartello colpisce la mia attenzione: l’Olimpiastadium!! Dove si è svolta la finale dei mondiali di calcio!!!
Nooo! Non posso non andare a vedere coi miei occhi questo santuario dello sport, che ha permesso un anno fa (2006) all’Italia di laurearsi Campione del Mondo!
Un cenno con la mano a Pio di seguirmi, e in pochi minuti siamo davanti alla struttura calcistica. Le foto di rito, e poi via alla scoperta della città!
Berlino è bellissima: le strade sono tutte a 3-4 corsie per senso di marcia, il traffico è quindi ridotto al minimo!
E’ una città grande con spazi grandi, al contrario di Roma che è una città grande con spazi molto ristretti.
E’ una città ordinata, dove le macchine rispettano il codice della strada (ebbene si, abituato al traffico di Roma la cosa mi sorprende non poco!).
E’ una città pulita: nessuna cartaccia sui marciapiedi o mozziconi di sigaretta lanciati dai finestrini delle auto.
E’ una città giovane: ragazzi da ogni parte del mondo affollano le strade e i locali del centro, dando un tocco di colore e di vivacità a questa capitale.
Con tanti ragazzi giovani, non sarà difficile dunque trovare un ostello che ci ospiti per stanotte!
Ma mi sbagliavo: ogni centro turistico cui chiediamo ci risponde che la città è “Full“, non c’è neanche un posto libero dove dormire!
Ed ora?
Pio mi propone di accamparci con le tende in qualche campagna fuori città.
Ma volendo visitare la città questa notte, come faremmo poi con i bagagli?
Parcheggiamo le nostre moto. E mentre pensiamo ad una possibile soluzione, il mio nokia comincia a suonare comunicandomi la ricezione di un sms:
è Thomas!! Dice che se siamo giunti a Berlino, ci conviene andare ad un ostello che conosce lui (ci dà anche il nome, l’indirizzo e il numero di telefono) che probabilmente avrebbe potuto ospitarci!
Non ci voglio credere… grande Thomas!!!! Ci hai salvato ancora una volta!
Seguendo il suo consiglio, ci rechiamo all’ostello “All in Hostel“, nella Berlino Est.
E, come da previsione, troviamo posto, ed anche ad una cifra modica!
Ore 22:00. Lasciate le moto nel cortile dell’ostello, e i bagagli in camera, ci avventuriamo per le strade della città. Il ragazzo che ci ha fatto il check-in ci ha consigliato di andare verso l’Alexanderplatz, la piazza principale della città. Così ci incamminiamo a piedi. Ogni 30 metri c’è una fermata metropolitana: il sottosuolo della città è attraversato da 9 linee dei treni (U-Bahn) per un totale di 170 stazioni!! Altro che le metro A e B di Roma… qui si che il trasporto pubblico funziona!! Ed oltre alla metro c’è anche il trenino di superficie (S-Bahn), con ulteriori 15 linee.
‘Pio, guarda un pò sulla cartina… AlexanderPlatz dovrebbe essere in quella direzione!’
‘Cartina? Ma… non l’hai presa tu?’
Bene. E’ un’ora che camminiamo e già ci siamo persi. Abbiamo un ostello pagato e non sappiamo come tornarci. Bene. Vabbè, intanto troviamo questo benedetto centro, al resto penseremo dopo!
Arriviamo all’AlexanderPlatz, sovrastata dalla torre della televisione, alta ben 368 metri!
Notiamo un McDonald, segnale di quel capitalismo che ha ormai invaso anche la “berlino rossa” dopo la caduta del muro.
Dopo un giro in centro, vaghiamo per un paio d’ore alla ricerca della strada giusta che ci riporti all’alloggio, ma invano.
Esausti, ammettiamo la sconfitta e chiamiamo un taxi. 3€ e 50 centesimi, e siamo di nuovo all’ostello.
Ma che stanchezza!!
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5° GIORNO
La sveglia è alle 9. Con calma facciamo colazione, poi ricarichiamo i bagagli sulle moto e ci rimettiamo in marcia. Ma dopo poche centinaia di metri, Pio si ferma.
‘Che è successo Pio??’
‘La moto fa un rumore strano… penso sia la catena, la vedo troppo lenta!’
Cerchiamo dunque un’officina. Troviamo un negozio di accessori per moto, ma il tizio non conosce nessuna officina nei paraggi. Ed ora? Chiediamo a Thomas di trovarci un’officina?
Vediamo un motociclista. L’avvicino e gli chiedo informazioni.
Daniel (questo il suo nome) non parla bene l’inglese, quindi è costretto a ripetermi + volte le istruzioni stradali per raggiungere la “miglior officina Yamaha” di tutta Berlino, posta dall’altra parte della città. Forse per la solidarietà tra motociclisti, o forse solo perché esausto di ripetermi le istruzioni, decide di farci strada con la sua moto, e ci fa segno di seguirlo.
Sorpresa delle sorprese, l’officina si rivela essere non la migliore officina Yamaha di tutta Berlino, ma di tutta Europa!! Con tanto di attestato in bella mostra!!
Pio ringrazia Daniel cimentandosi in un inglese Mac-cheronico: “Daniel, iu ar e Big Mac!” lasciando interdetto il suo interlocutore.
Salutiamo Daniel, e facciamo la conoscenza del meccanico di origini italiane che dopo aver trascorso 8 interminabili minuti a trovare difetti alle nostre moto (gomme lisce, pasticche dei freni assenti, specchietti non regolari, motori malconci) e altrettanti a farci desistere dal proseguire il nostro viaggio in queste condizioni, si prende “in cura” la cara Antares per cambiargli la catena, la corona e il pignone. 250€ e 4 ore di lavoro, e passa la paura.
Ripartiamo quindi da Berlino per le 15, puntando sempre a Nord.
Ora la prossima destinazione sarà Rostock, punta Nord della Germania.
Viaggiamo ininterrottamente per quasi 4 ore. La sua moto ora non fa più i capricci, e anche la mia sembra aver gradito il grasso spruzzatogli sulla catena.
E’ notte ormai quando finalmente avvistiamo l’immenso porto di Rostock. Da qui salpano le navi in direzione della Danimarca, o della Svezia.
Troviamo un ostello per studenti, piccolo ma carino.
La proprietaria ci vede arrivare dalla finestra e si precipita in strada per accoglierci!
‘Welcome in Rostock!‘, la sua prima frase.
Ci chiede da dove veniamo. Le rispondo e lei mi fa:
‘Ah… Italian… I’m sorry for Luciano…‘
‘Luciano? Who is Luciano??’
‘Luciano Pavarotti! WAS a big man!’
Penso che forse questa signora è una fan di Pavarotti, e le ultime esibizioni non le sono piaciute…
‘But… why you told WAS?’, le chiedo incuriosito.
‘What??? You don’t know??? He is dead!!! Is it a news for you??’
Ma come diavolo facevamo a saperlo??? E’ tutto il giorno che viaggiamo… ovvio che è una news!!
All’interno troviamo anche un giornale col faccione di Pavarotti in prima pagina, a conferma della veridicità della notizia.
…
Ore 23:30: girovaghiamo a piedi per le strade di Rostock, ammirando le innumerevoli statue sparse per gli innumerevoli parchi di cui questa minuscola cittadina è dotata.
E’ una città di passaggio: più che altro penso che dorma qui chi debba imbarcarsi l’indomani, oppure il personale che lavora al porto.
Decidiamo di tornare all’ostello. Nella cucina (condivisa per tutti) vedo sui fornelli una caffettiera: è proprio una caffettiera italiana!!! E’ un miraggio… mi avvicino, la tocco e mi scotto: non è un miraggio dunque! Alcune ragazze vedo che mi guardano sorridendo e bisbigliano qualcosa tra loro. Forse mi stanno prendendo in giro per il mio gesto precedente. Mah.
Noto che hanno tra le mani delle tazze di caffè: quindi l’hanno usata loro la caffettiera!
Decido di prepararmi un caffè. Non trovando la polvere magica, chiedo alle ragazze dove l’avessero messa. Mi indicano una credenza, all’interno della quale vedo questo barattolo argentato con la marca (stampata) “Caffè Italiano“. Scoppio in una risata. Ma che diavolo di marca è “Caffè italiano”??? Con tanto di bandierina italiana stampata sopra!
Le ragazze mi chiedono da cosa dipendesse la mia ilarità: spiego loro che sono italiano, e che quella marca non esiste! “Lavazza” è un caffè buono! non “Caffè Italiano”!
Mi dicono di non preoccuparmi, perchè dentro c’è un altro caffè… non quello raffigurato all’esterno!
Mi chiedo come facciano a sapere ciò… Appena esce il caffè, lo verso a Pio e a me, poi lo offro anche a loro, che rifiutano sempre sorridendo.
Poi si alzano, prendono la caffettiera e si avviano verso l’uscita della stanza…
Alchè l’illuminazione: la caffettiera era la loro! Così come il caffè!! Mi avranno preso per un pazzo… Che figura!!
Mi scuso con loro cercando di spiegare l’incomprensione, ma inutilmente.
E intanto Pio che se la ride.
Bene, bene.
Andiamo a nanna va! E domani… Danimarca!!!
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6° GIORNO
Ore 9.00: Prima di rimetterci in viaggio nuovamente, siamo costretti a farci due conti in tasca: quanto ci costa arrivare in Svezia con due moto?? Il traghetto viene 60 euro a moto, andata e ritorno. Poi c’è la benzina per attraversare la Danimarca, e i soldi per passare il ponte che collega la Danimarca alla Svezia. Troppi soldi. Non possiamo farcela.
Quindi? Mollare ad un passo dalla vittoria non mi va, così decidiamo di lasciare le moto in Germania (la mia davanti all’ostello, quella di Pio al Porto) e di imbarcarci a piedi.
Una volta in Danimarca ci saremmo informati sul prezzo del pullman per raggiungere la Svezia.
E così ci imbarchiamo. I bagagli li abbiamo lasciati tutti a Rostock, dove torneremo stanotte a dormire. Due ore di traghetto, e la costa danese che prende forma: è Gedser! La prima città della Danimarca che si incontra arrivando dalla Germania!!
Appena scendiamo dal traghetto ci avviciniamo al pullman: 50 euro per portarci fino a Copenaghen, da lì potremmo prendere il treno per la Svezia! Ma sarebbe comunque una toccata e fuga… visto che l’ultimo traghetto per la Germania parte alle 17 e l’alloggio a Rostock è già pagato!
Decidiamo quindi di fermarci qui. In fondo siamo arrivati in Danimarca… siamo in Danimarca!!! E siamo arrivati fin qui in moto!!! La delusione iniziale lascia pian piano il posto alla gioia di avercela fatta, contro tutti i pronostici, contro tutti quelli che ci definivano dei folli ad intraprendere questa avventura, contro tutti quelli che dubitavano sulla buona riuscita del nostro viaggio!
Ma soprattutto abbiamo vinto la sfida con noi stessi: ora sappiamo che nulla è impossibile, e con la forza di volontà ogni traguardo può essere raggiunto!!
Abbiamo macinato quasi 3000 km per arrivare fin qui, e siamo al giro di boa: altrettanti ne dovremo fare per tornare indietro!
Ma il più è fatto… grande Pio, ce l’abbiamo fatta!!!
Ore 14:00: abbiamo un pò di tempo per visitare Gedser. Usciamo dal porto e ci dirigiamo verso il centro abitato. Un parco cattura la nostra attenzione: sul prato è posizionata una scacchiera gigante, con pezzi in plastica leggera alti 80 cm, che non chiede altro di essere usata! E non ce la facciamo una partita a scacchi in terra danese?
Un’ora e mezzo di partita, finita in parità. E non poteva essere altrimenti: siamo entrambi vincitori in questo viaggio, nessuno dei due poteva uscire sconfitto.
‘Vabbè, ma il bagno nel Mar Baltico non ce lo facciamo?? E quando ci ricapita…’
E via in quell’acqua gelida (a confronto i 10° circa dell’aria sembravano 40°!).
Vediamo arrivare il traghetto in lontananza. Ci rivestiamo in tutta fretta e corriamo verso il porto.
…si torna a casa!!
Ore 20:00: siamo nuovamente a Rostock. Sulla strada di ritorno dal porto ci fermiamo ad una festa popolare locale, dove ingurgitiamo wurstel a volontà e birra.
Decidiamo di tornare all’Ostello. Ci fermiamo seduti sulle nostre moto a chiacchierare della nostra vita, del nostro passato, del nostro presente e del nostro futuro. Ci confidiamo, ci confessiamo, e ci scopriamo più simili di quanto immagginassimo. Rimaniamo ore a parlare di noi, con le nostre moto posizionate l’una di fronte l’altra. Chissà se potessero parlare quante cose si direbbero anche loro!! Eppure ne hanno visti di posti in questo viaggio… e ancora non è finito!
Sono le 02.00, meglio andare a dormire… domani comincia il viaggio di ritorno, che sicuramente, alla luce della vittoria ottenuta con la tappa di oggi, affronteremo con un altro spirito. Lo spirito di chi ce l’ha fatta.
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7° GIORNO
Ore 9.30: Andiamo ad un supermercato ad acquistare delle provviste. Notiamo una cosa molto curiosa vicino l’ingresso: un raccoglitore automatico di lattine e di bottiglie. In pratica, se vengono inserite lattine (vuote) e bottiglie di vetro in apposite fessure, la macchina emette del denaro! Cioè, si viene pagati per riciclare!! Ecco spiegato perchè le strade sono così pulite: i più poveri girano per le strade e vicino i cassonetti (anche all’interno di un cassonetto, ci è capitato di vedere una ragazza entrarci) alla ricerca di materiale da riciclare, così da ottenere dei soldi in cambio!
E’ un’idea geniale!! Perché l’Italia non si decide a farlo?? Sarebbe un bell’incentivo! E risolverebbe anche il problema della raccolta differenziata!
Usciamo dal supermercato, quando un pensiero mi gela il sangue: ho lasciato le chiavi della moto inserite nel cruscotto!! Noooooo!!!
Comincio a correre verso l’ostello, pensando già al peggio. E invece no, la mia moto è ancora lì!
E’ proprio la mentalità qui in Germania che è diversa, la gente è molto più rispettosa delle leggi rispetto all’Italia! Ed è per questo che la moto non mi è stata rubata. In Italia, sarebbero bastati pochi secondi, e la moto si sarebbe volatilizzata, per poi essere smontata in qualche officina di periferia e rivenduta a pezzi nel mercato dell’usato. Meglio non pensarci, va…
Ore 16:00: siamo tornati all’All in Hostel di Berlino!! Ormai si può dire che siamo di casa… Finalmente abbiamo capito quale metro prendere per arrivare in centro: ci siamo studiati la cartina, e stasera niente taxi!
Ore 20:00: siamo sulla torre della televisione, da qui si vede tutta Berlino! E’ uno spettacolo bellissimo! Le luci della città brillano come stelle. Le persone sembrano, da quassù, piccole formiche indaffarate che vagano alla ricerca di cibo. E le macchine, a questa distanza, sembrano quasi muoversi al rallentatore. Una città vista da questa altezza ha un suo fascino, ma Berlino in particolar modo… è fantastica! Mi sono innamorato di questa città!!!
Ore 23:00: di nuovo nella nostra stanza, stanotte a letto prima… la stanchezza accumulata comincia a farsi sentire! Ma prima decidiamo le tappe: domani lasceremo Berlino e ce ne andremo a Praga!! Alla fine non dista troppo da qui, quindi… perché non farci un salto!
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8° GIORNO
Ore 12.00: Dopo aver comprato qualche ricordino in negozi di souvenir del centro, decidiamo di lasciare Berlino. Penso comunque che questo sia un arrivederci, e non un addio… prima o poi tornerò in questa città!!
Ore 13.30: Ci fermiamo ad un distributore per fare rifornimento. E qui il colpo di fortuna: vicino la ruota anteriore vedo, a terra, qualcosa che luccica, mi chino per vedere meglio e vedo che è un portachiavi con la scritta “Nina“… Nina!!! Ecco il nome per la mia moto, è perfetto!!!
Ore 16:30: 3 ore di moto (interrotte solo da una veloce pausa pranzo) e finalmente siamo in Repubblica Ceca. Al confine decidiamo di cambiare i soldi, e da Euro otteniamo Corone. Il passaggio dalla Germania alla Repubblica Ceca è stato traumatico: fine dell’asfalto perfetto, e inizio delle buche, delle crepe nell’asfalto, delle case dissestate, delle macchine degli anni ‘70 che avanzano a balzelli emettendo fumi altamente tossici per i motociclisti.
C’è gente che veste con abiti che in Italia erano di moda negli anni ‘80: c’è molta povertà, si respira nell’aria!
Decidiamo di lasciare l’autostrada e di avventurarci per i paesini.
Sulla via principale di un paese, notiamo più vetrine con ragazze seminude in mostra (mettono in vendita il loro corpo) e un bambino, con lo zaino in spalla, evidentemente appena uscito da scuola, passarci davanti e costretto a vedere quello spettacolo.
La cosa mi mette tristezza. In fondo quei bambini non hanno colpe, non hanno scelto loro di nascere in questo posto dimenticato da Dio, dovrebbero poter avere il diritto di vivere una vita normale e non costretti a diventare adulti prima del dovuto!
Ore 18:00: alla periferia di Praga vediamo una moto ferma al semaforo davanti a noi. La raggiungiamo. E’ targata Milano. Pio lo chiama:
‘Ciao, sei italiano?’
‘Uèè, ciao! Si, sono italiano! Son di Milàn! Voi siete in viaggio?ì
(Se c’è una cosa che non sopporto, è l’accento milanese… mi dà un senso di spocchiosità eccessiva!)
E Pio, con un certo orgoglio: ‘Si, siamo in viaggio da circa una settimana!‘ : 1-0 per noi.
E lui: ‘Io son 30 giorni che viaggio!‘ : 2-1 per lui.
E Pio: ‘Ah! Noi abbiamo visto l’Austria, la Germania, la Danimarca ed ora siamo qui in Repubblica Ceca!’: 3-2 per noi.
E lui: ‘Figata! Io invece son partito da Milàn, poi son stato in FranciaSpagnaPortogalloInghilterraIrlandaBelgioOlandaGermaniaPolonia ed ora son qui! Poi proseguirò per la Grecia e la penisola balcanica!’ : 100-3, incontro vinto per KO tecnico.
Umiliati da un milanese a Praga. Potremmo farci un film. Ma come Pio, non doveva essere il viaggio per entrare nella storia? Quello che nessuno aveva mai fatto? 6000 km in 10gg… Se è vero quello che dice, il milanese ci ha stracciato alla grande!
Anche se, visto l’esiguo bagaglio che si porta dietro (solo una piccola valigia legata sul sedile passeggero) non penso sia stato poi così onesto nei suoi racconti…
Scatta il verde. Lui prosegue dritto, noi svoltiamo a sinistra. Ciao milanese, buon viaggio!
Ore 19.00: Ci fermiamo ad un box turistico sulla via principale di Praga.
Ad un certo istante una moto punta dritta verso di noi…
‘Uè ragazzi, ma dov’eravate finiti?? Perchè non ci prendiamo una stanza vicini, così mangiamo qualcosina e poi andiamo a divertirci?’
NOOOOOOOOOO!!! Un incubo!!! Ancora lui!!!!! Ma non dovevamo vederci più?
Noi chiediamo una stanza al box, unico requisito: economica. Non più di 20/30 euro a notte.
Lui chiede una stanza al box, unico requisito: vicino il centro. Anche costosa, ma purchè sia in centro. Non gli va di camminare.
Allora il gestore del box gli fa notare che in 3 minuti a piedi si può arrivare al centro di Praga, ma risparmiare anche 50-60 euro per una camera.
‘Non mi interessa, i soldi ce li ho, pago, pretendo una stanza al centro!’, insiste il Brambilla.
Noi ci accordiamo per una stanza gestita da un ebreo in un albergo 1 stella, e scappiamo il più possibile lontano da lui, promettendogli comunque di richiamarlo prima di uscire la sera.
Telefonata
che non faremo mai e poi mai.
Ore 21.00: Praga è una città per lo più triste, molto cupa. Sarà forse quello che abbiamo visto nei paesini che circondano la capitale, o forse sarà che dopo Berlino nessuna città riesce ad attrarmi più di tanto, ma Praga la vedo buia e a tratti anche un po’ squallida! Forse l’alto numero di pusher che cercano ad ogni costo di rifilarti “hashish, cocaina, marijuana” ad ogni angolo della città, oppure l’elevato numero di bordelli ben pubblicizzati con insegne e buttadentro (omini che distribuiscono volantini cercando di accaparrare clienti), ma Praga non mi piace proprio.
Giriamo velocemente a piedi la città (graziose alcune chiese gotiche e l’immensa Piazza San Venceslao) e torniamo velocemente al nostro alberghetto.
La stanchezza dopo 8 giorni di moto comincia a farsi sentire.
Alessia mi manca, e non vedo l’ora di riabbracciarla! Mi sarebbe piaciuto che anche lei avesse preso parte a questo viaggio, ma allo stesso tempo mi rendo conto che per un passeggero fare viaggi lunghi in moto è molto più scomodo rispetto al guidatore! Comunque sono certo che si ripresenterà l’occasione per intraprendere un altro viaggio con lei, magari meno lungo e con più giorni a disposizione.
Rendo Pio partecipe dei miei pensieri:
‘Ti manca Alessia? Allora domani sera saremo in Italia!’
‘Ma Pio, sono più di mille chilometri!’
‘L’amore è irrazionalità, è pazzia. Se la ami, allora corri da lei.’
‘Allora è deciso, domani saremo in Italia! Grazie Pio…’
…E gli occhi che si chiudono dalla stanchezza.
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9° GIORNO
Ore 9.00: Paghiamo la stanza dove abbiamo trascorso la notte, e ridiamo vita al rito quotidiano di “sistemazione bagagli sulle moto”.
Nina e Antares ci fissano con i loro fanaloni anteriori: la mia ha un enorme occhio ciclopico che mi scruta dall’alto del parafanghi blu, mentre quella di Pio ha un occhio con un taglio più “asiatico”, non circolare ma leggermente schiacciato, incastonato tra il cupolino verde scuro e il parafanghi dello stesso colore.
Sono bellissime le nostre moto e, nonostante gli anni che hanno, difficilmente saremmo disposti a privarcene.
Soprattutto ora: dopo le tante ore trascorse insieme, riesco a capire i problemi di Nina solo ascoltando il rombo del suo motore. Manca l’olio al motore o l’olio alla catena? Il filtro è sporco o le candele cominciano a dar problemi? Basta un borbottio di troppo della marmitta e so già cosa le serve.
…Ti voglio bene Nina!!
Ma è già tempo di partire.
Seconda, Terza, e la strada che acquista velocità sotto le nostre ruote.
Ore 22.30: Finalmente l’Italia!!
Sul display del mio cellulare è ricomparso il logo del mio gestore di telefonia: posso nuovamente telefonare senza spendere un patrimonio di chiamate in roaming!
Avviso Alessia della sorpresa: sarò a casa un giorno prima!!
Chiamo immediatamente anche Ester: ora siamo ad Udine (anzi, Cividale del Friuli), ma volendo potremmo essere a Mantova intorno a mezzanotte e mezza, l’una! Il problema è solo il tempo… La pioggia ci ha colto all’uscita della galleria del valico del Brennero prendendoci di sorpresa (dall’altro capo della galleria non pioveva!) e trovandoci impreparati (non indossavamo alcuna protezione antipioggia, essendo stata la giornata, per la prima volta, abbastanza soleggiata). Decidiamo alla fine di aspettare che spiova, e di trascorrere la notte qui a Cividale. Pio presta servizio qui, e mi propone di passare la notte in macchina. L’importante sarà poi ripartire prima delle 08.00: nonostante sia in ferie, i suoi colleghi non devono vederlo, o sarebbe costretto a riprendere immediatamente servizio visto la mole di lavoro che in questo periodo è presente nel suo ufficio.
Ma prima ci rechiamo in una taverna che conosce Pio per consumare un pasto fugace.
Ci raggiunge anche un nostro caro amico, Cristiano, che stenta a credere ai nostri racconti sul viaggio.
Fortuna che abbiamo le foto!! Ma capiamo anche che trovare le parole giuste per descrivere le emozioni che abbiamo provato, le bellezze della natura che abbiamo visto, o solamente la sensazione del vento che si insinua dalla visiera creando un vortice di correnti interne al casco che rende difficile il tenere gli occhi aperti, o la velocità che spinge il tuo corpo in direzione contraria al senso di marcia obbligandoti a dover stringere maggiormente le manopole del manubrio per rimanere saldamente sulla sella… Beh, non è cosa semplice!
I nostri occhi hanno visto posti e paesaggi naturali che rimarranno dipinti sulla tela dei ricordi molto a lungo.
E non importa se la gente crederà o meno ai nostri racconti. Noi sappiamo che ciò che sto riportando su questo diario è vero.
Il
resto non mi interessa.
———–
10° GIORNO
Ore 7.00: ci svegliamo con le ossa e con i muscoli intorpiditi: è la prima volta che dormo in una macchina, e nonostante i sedili avvolgenti… non è che la posizione sia proprio comodissima! Ma almeno abbiamo risparmiato qualche euro!
Ora la nostra priorità è trovare un bar aperto: mi manca troppo il caffè italiano!! Sono giorni ormai che sogno il suo profumo, il suo gusto intenso… lo voglio!
Ore 8.00: Fatta la colazione, siamo pronti a raggiungere Mantova, dove mia cugina e la sua famiglia ci attendono. Un saluto ad un anziano che incuriosito dalla vista di moto così cariche si era immobilizzato a fissarci, e poi via verso l’autostrada.
Ore 12.45: Le moto davanti al cancello, due colpi di clacson, e due testoline che sbucano da dietro una finestra: sono le figlie di mia cugina! Ci salutano e ci vengono incontro in giardino.
Guardo Pio, stanco ma quasi commosso.
‘Non è stato semplice, ma ce l’abbiamo fatta Pio!!’
‘Puoi dirlo forte fratello, ce l’abbiamo fatta!!!!’
E una stretta di mano a sancire quel legame che si era formato tra noi…
Dopo un’esperienza del genere, l’amicizia che si crea è indissolubile. Abbiamo condiviso la stanchezza e la debolezza, la forza e la gioia, lo stupore e mille altre emozioni.
Le nostre vite che fino a 10 giorni fa scorrevano parallelamente, si sono sovrapposte per 10 giorni, viaggiando sullo stesso binario per 6000km.
Ed ora che l’avventura è giunta al termine, quasi mi dispiace…
Ore 16.00: dopo esserci riposati un pò e dopo aver sfruttato il computer di mia cugina per imprimere su CD le oltre 500 foto scattate durante il viaggio, decidiamo di rimetterci in marcia. Io torno a Roma da Alessia e dalla mia famiglia, Pio punta verso Como dove l’attende il fratello per un weekend rilassante.
Salutiamo mia cugina (grazie ancora per la disponibilità) e raggiungiamo l’autostrada.
Ci fermiamo davanti la rampa di ingresso:
‘Pio, qui finisce la nostra avventura…’
‘E’ stato bellissimo veramente, un’esperienza da ripetere!’
‘Ah, ecco cosa volevo dirti da giorni: la sai la barzelletta del pinguino?’
‘No, dimmela!’
‘Allora: c’è un…’
Seconda, Terza, e la strada che acquista velocità sotto le mie ruote.
A presto Pio, e grazie di tutto!!
Fabrizio.
http://f48r1z10.wordpress.com/viaggio
(Per chi volesse vedere le foto… click)