Mucho gusto
Ecuador!
Diario di viaggio
dal 05 al 26 agosto 2008
di
Fulvio & Stefy
05/08: partenza!
Como/Linate/Madrid/Quito con volo Iberia (molto caro ma è l’unico
collegamento diretto). Arriviamo a Quito dopo circa 11 ore di volo da Madrid. Il
tempo non è bello e, come al solito all’arrivo, la città sembra caotica e
disordinata. Avremo tempo e modo di conoscerla domani, oggi siamo cotti e il
fuso si fa sentire. Alle 17:30 locali siamo all’Hostal Secret Garden
(sconsigliato, gestito da americani per americani), posiamo gli zaini, doccia e
ci addormentiamo immediatamente.
06/08: primo
giorno a Quito! Il cielo è azzurro, l’aria del mattino pungente.
L’altitudine (2850 mt.) si fa sentire con un leggero cerchio alla testa, tutto
assolutamente sopportabile! Di buon’ora siamo alla scoperta del centro
storico, tutto in stile coloniale, con alcune delle più belle chiese del Sud
America. Consiglio una visita alla Compañía de Jesus una chiesa che, internamente, è
completamente laminata d’oro. Purtroppo non si possono scattare foto. Anche la
Cattedrale, l’Iglesia de San Francisco, il palazzo del Governo e Plaza 10 de
Agosto oltreché i due principali parchi meritano una citazione ma… non molto
di più. Di per se Quito è la classica capitale latinoamericana, con tutti i
pregi ed i difetti che ne conseguono. Devo dire che, per quanto riguarda il
centro storico, la presenza capillare di polizia, la continua pulizia delle
strade e il rifacimento degli edifici più importanti, danno forse un’immagine
edulcorata della realtà, visibile e riscontrabile non appena si esce in
periferia.
07/08:
oggi primo spostamento. Per ottimizzare il tempo a nostra disposizione decidiamo
di acquistare un’escursione all’agenzia dell’ostello. Visiteremo
nell’ordine: i mercati di Saquisilì, la Laguna di Quilotoa e i villaggi
vicini.
Saquisilì
è un villaggio andino come tanti altri se non fosse per i mercati che il giovedì
animano le piazze. Parlo di mercati in quanto, in piazze separate, si svolgono
il mercato del bestiame, quello di frutta e verdure e quello dei manufatti.
Causa un guasto alla ruota del bus rimaniamo un’oretta in più a gironzolare
per la cittadina, il che non ci dispiace. Risolto l’inconveniente ripartiamo
per Quilotoa, una laguna incastonata tra le Ande a 3850 mt. Per arrivarci è un
continuo saliscendi tra le vette andine, la strada è lunga ma ne vale la pena,
la vista di questo vulcano collassato che ora è, appunto, una laguna è davvero
suggestiva. Scendiamo a piedi e risaliamo a dorso d’asino.
Pranzo
(o merenda vista l’ora) frugale con brodo di pollo e verdure e si riparte. Io
e Stefy non torniamo a Quito col resto della comitiva, ci facciamo lasciare nei
pressi della stazione degli autobus di Lacatunga. La nostra meta è Baños, non
essendoci un bus diretto dobbiamo “fare scalo” ad Ambato. All’ora di cena
arriviamo a Baños, un signore, gentilissimo, si offre di accompagnarci alla
Posada de l’Arte, facendoci risparmiare un po’ di tempo e mostrandoci le vie
principali della cittadina.
08/08:
primo giorno a Baños. Decidiamo di provare le terme, scegliendo quelle della
Virgen con la temperatura dell’acqua che oscilla tra i 45 e i 50 gradi. La
mattinata scorre veloce, il sole va e viene ma è sufficiente per scottarmi.
Dopo un pranzo veloce visitiamo la cittadina. Non c’è molto da vedere se non
la Cattedrale dove potrete vedere tutti i miracoli compiuti dalla Virgen e le
vie centrali dove si può bere o mangiare a tutte le ore, fare acquisti e,
soprattutto, stare a guardare come i locali lavorano l’impasto per le
caramelle soffici e dolcissime.
09/08:
botta di vita! Noleggiamo due mountain bike e decidiamo di percorrere per i
fatti nostri la “Ruta de las cascadas” che da Baños porta a Puyo. Noi,
ciclisti molto meno che occasionali, ci fermeremo a Rio Verde dopo aver visto
lungo la strada tante cascate e, proprio a Rio verde, il Pailon del Diablo,
un’altra cascata decisamente più imponente e rumorosa delle altre. Rientriamo
con un furgone sul quale carichiamo le bici e noi stessi, assieme ad altri
“ciclisti” scoppiati.
10/08:
è domenica e ci viene la “brillante” idea di provare le terme “El Salado”.
Piccolo particolare: Baños è una città che, nei week end ed in particolare la
domenica, si riempie di famiglie con bambini, provenienti dalle zone limitrofe
oltreché da Quito o Ambato e quasi tutte queste famiglie si recano a Baños con
un preciso obbiettivo: le terme! Dire che “El Salado” era pieno di gente non
renderebbe bene l’idea. Gente stipata in ogni ordine di posto, occupando ogni
minimo spazio e spiraglio disponibile. Inutile dire che all’ingresso le
guardie si sono ben guardate dall’avvisarci e, dopo una rapida occhiata,
optiamo per un dietro front.
Trascorriamo
la giornata a zonzo per la cittadina, tirando sera tra una Pilsner (la birra
nazionale) e un giretto al mercatino artigianale e comprando i biglieti del bus
per l’indomani. La sera, quando i molti visitatori iniziavano a tornare a casa
loro, riproviamo le terme, questa volta però ancora quelle della Virgen. Il
risultato è migliore della mattinata e riusciamo a farci un bel bagno.
A
chi dovesse recarsi a Baños consigliamo l’hotel Posada de l’Arte e il
ristorante Quilombo.
11/08:
zaini pronti, paghiamo la posada, facciamo colazione e via, siamo già sul bus
che ci porterà prima ad Ambato, dove cambieremo e ne prenderemo un altro, e poi
a Cuenca.
Precisiamo
che abbiamo saltato il treno de la Nariz del Diablo perché ho clamorosamente
sbagliato i conti dei giorni e, in secondo luogo, perché (a detta di molti
locali) l’attrazione è stata completamente snaturata, ad uso e consumo di
gringos e giapponesi.
Le
strade sono per lo più sterrate, in alcuni punti ci sono lavori in corso, il
viaggio è lungo (8 ore totali) ed è quasi sera quando arriviamo al terminal
terrestre di Cuenca. Prendiamo un taxi e ci facciamo portare all’hostal
Macondo. Attenzione: il prezzo che compare su Lonely Planet è pro capite, non
per stanza (succederà altre volte in questo viaggio!). L’ostello è carino,
non quanto descritto dalla guida, lasciamo gli zaini e, in astinenza da
carboidrati, andiamo al ristorante “La Vigna”, ristorante italiano gestito
dall’amico Eugenio (se ci andate dite che vi mandano Fulvio e Stefania di
Como!!!).
12/08:
sempre Cuenca, oggi giro completo della città. Iniziamo dalla piazza della
Cattedrale arrivandoci dal mercatino dei fiori. La giornata è molto bella e il
sole picchia. La zona limitrofa è abbastanza commerciale ed allora optiamo per
andare a visitare le botteghe artigiane dove si fabbricano i Panama. Doverosa
citazione: andate solo ed esclusivamente nella bottega (sembra un nostro
sgabuzzino) del Señor Alberto Pulla. Lui, credo più che ottantenne, ed il suo
fido assistente lavorano ancora manualmente questi cappelli. Il Signor Pulla
inoltre vi farà visitare la sua personalissima collezione di articoli, foto,
ritagli di giornali, cartoline che gente di ogni parte del mondo gli manda una
volta tornati a casa. Il Signor Pulla non ha quasi più voce ma un cuore grande
e nei suoi occhi vedrete la passione e l’orgoglio di un uomo che, nel suo
piccolo, ha scritto un pezzo di storia di Cuenca!
Rimandiamo
l’acquisto al giorno successivo e, proseguendo per Calle Tarquì, ci
imbattiamo in un negozio-museo del panama. Lo visitiamo (sorprendentemente
l’ingresso è gratuito) e vediamo i macchinari, dai più antichi ai più
recenti, usati per dare la piega a questi cappelli. Dopo pranzo ci dirigiamo al
museo cittadino che, secondo la guida – e noi confermiamo –, ha la sezione
antropologica più sviluppata dell’Ecuador.
Giro
finale sul lungo fiume, Pilsner, doccia in Hostal e cena da Eugenio.
13/08:
ultimo giorno a Cuenca. Decidiamo di visitare le rovine di Ingapirca “la più
importante testimonianza Inca in Ecuador” a sentire la Lonely Planet.
La
giornata è glaciale, complici il vento freddo, la pioggia trasversale e i 3000
e passa metri, siamo costretti con giacca invernale, sciarpa e guanti. Forse
anche per questo non riusciamo a cogliere la bellezza del luogo. Sicuramente col
sole lo scenario sarebbe differente ma in tutta sincerità, secondo noi, non
vale le 6 ore di bus (andata e ritorno da Cuenca) spese.
Si
tratta perlopiù di sassi acatastati in file ordinate. Solo “el castillo” ha
una struttura definita e riconoscibile, per tutto il resto bisogna viaggiare di
fantasia.
Torniamo
a Cuenca e andiamo a comprare i due panama dal Señor Pulla, doccia in ostello,
cena a base di carne e ultimo saluto all’amico Eugenio.
Di
Cuenca ricorderemo certamente la bellezza delle chiese, il buono stato della
città ma anche il traffico e, soprattutto, lo smog che rende l’aria
irrespirabile. La città è sicuramente più bella di Quito ma nemmeno
lontanamente paragonabile ad altre da me/noi visitate tipo Oaxaca, Salvador de
Bahia, Città del Messico, etc.
14/08:
ieri abbiamo acquistato i biglietti per Guayaquil, la città più grande e più
popolata dell’Ecuador, crocevia di turisti in procinto di partire per le
Galapagos. Quattro ore di bus scivolano in fretta forse per via del paesaggio
del Parque Nacional Cajas che è un continuo susseguirsi di laghetti, prati
verdi, fiumiciattoli, tanto da sembrare un paesaggio alpino.
Arrivati
a Guayaquil cerchiamo un hotel. La nostra scelta ricadrà sul Suites Madrid.
Dignitoso ma, come tutti gli altri hotel di fascia media/economica della città,
il rumore del traffico rende impossibile dormire anche in piena notte.
Lasciamo
gli zaini e ci dirigiamo sul Malecon 2000, ovvero il lungo fiume che costeggia
il Rio Guyas. Si tratta di un’opera imponente che lascia di stucco per la
modernità e l’assoluta cura con cui viene tenuto. Inoltre c’è un
poliziotto ogni 50 metri (non esagero!).
Sul
Malecon si trovano bar, chioschi, ristoranti, un cinema multisala, centri
commerciali, mercati artigianali e i locali ci si riversano per lo struscio.
Visitiamo
anche Parque Bolivar dove vediamo le iguane terrestri gironzolare tra i turisti.
Una addirittura si lancia da un albero e atterra poco distante da noi…
Incredibile!
Cena,
Pilsner e a nanna (così almeno avremmo sperato), domani si va alle Galapagos!
15/08:
oggi è il grande giorno. Oltre ad essere il mio compleanno (ne ho fatti 33 per
la cronaca), è il giorno che ci vedrà sbarcare sulle isole rese famose da
Charles Darwin. Taxi fino al’aeroporto e lì iniziamo una trafila infinita.
Prima del check in infatti bisogna nel’ordine: far scannerizzare i bagagli per
essere sicuri che non si trasportino animali o vegetali non consentiti, recarsi
in un desk e pagare 10 $ per farsi registrare come visitatore (un balzello bello
e buono!), pagare altri 100 $ per la tessera che autorizza la visita e
l’ingresso al Parco Nazionale.
Fatta
con ordine (ma anche con un po’ d’incazzatura…) tutta la trafila, ci
imbarchiamo e, in un’ora e mezza scarsa, atterriamo a Baltra, l’isola
aeroporto.
Cerchiamo
i nostri bagagli facendoci largo tra allibratori che propongo dall’hotel alla
crociera e, in rapida successione prendiamo: bus per l’ibarcadero, traghetto e
ancora bus. Circa un paio d’ore dopo essere atterrati siamo a Puerto Ayora
“capitale” delle isole.
Dopo
estenuanti ricerche ed una clamorosa fuga dall’hotel Castro (sconsigliato!)
troviamo alloggio al B&B La Peregrina. La signora ci affibia una tripla al
prezzo di 60 $/notte, siamo stanchi, non abbiamo voglia di contrattare, va bene
così, la colazione è compresa!
Il
primo approccio alle isole è affascinante; da nessun’altra parte al mondo
vedrete così tanti e diversi animali senza la minima paura dell’uomo.
Noi,
attraversando il paese e percorrendo un lunga strada appositamente costruita,
andiamo a Playa Tortuga. Vediamo i primi granchi, iguane marine nerissime,
pellicani, sule dai piedi azzurri. Sembrano si mettano in mostra per farsi
fotografare, non hanno paura di noi, che bello!
Rientrando
passiamo in rassegna le agenzie che più c’ispirano e ci affidiamo ad una per
l’escursione che faremo domani a Isla Floreana.
Cena
e a nanna, la giornata è stata lunga!
16/08:
Pronti, partenza, via! Sveglia di buon’ora, colazione in hotel, appuntamento
all’agenzia (dove conosciamo due ragazzi francesi molto simpatici) e poi al
porto per imbarcarci sula pilotina che in un paio d’ore ci porterà a Isla
Floreana.
Il
tempo è variabile. A dire il vero alle Galapagos lo è sempre e, lo abbiamo
visto coi nostri occhi, in una parte dell’isola può piovere e in un’altra
esserci 7 soli!
Chiacchieriamo
amabilmente con una ragazza inglese, un ragazzo sudafricano e con i due amici
francesi quando inizia la “sfilata dello sbocco”. In rigoroso ordine
d’arrivo ne accusano i sintomi: giapponese anziana e sua figlia (che però
stoicamente resistono e resteranno con noi in fondo alla barca), ciccione
americano che vomita di tutto (la prossima volta mangiane di più di peperoni a
colazione…) e, subito dopo, morosa del gringo.
Proprio
mentre raccoglievo le puntate su chi sarebbe stato il prossimo, arriviamo a
Floreana.
Scesi
a terra ci lasciano qualche minuto per fotografare iguane, otarie, pellicani e
tutti gli altri uccelli dei quali ignoro i nomi. Rapida spiegazione sulla
geografia dell’isola ed arriva la chiva (tipico mezzo di trasporto
dell’Ecuador – praticamente un bus aperto lateralmente con un ripiano nel
posteriore e con la possibilità di sedersi sul tetto) che ci porterà
all’interno. Ottima l’idea di Stefania che mi fa sedere sul tetto… da lì
a poco pioverà!
Scendiamo
poco dopo e la guida ci spiega che a breve incontreremo le tartarughe giganti
autoctone di Floreana. Lo spettacolo nel vederle è davvero notevole e non si
riesce a descriverlo.
Avevo
già visto le tartarughe marine deporre le uova in Costa Rica, ma l’imponenza,
la maestosità, le dimensioni di queste lasciano davvero senza parole. Pensare
che questi spettacoli della natura rischiarono (e talune speci rischiano ancora)
di scomparire per mano dell’uomo che ne uccise, per nutrirsene o per commerciarne i gusci, più di 50000
(cinquantamila…) è spaventoso.
Lasciamo
le nostre amiche tartarughe ai loro affari e proseguiamo nella vista vedendo le
grotte dove i primi coloni tedeschi alloggiarono (non vi tedio con la storia
della Baronessa, dei suoi tre amanti, dei suoi discendenti, etc.) , le lagune, i
vulcani collassati e proprio in uno di questi andremo a fare snorkeling.
Riprendiamo
il mare circumnavigando l’isola. Abbiamo la fortuna di vedere anche i
pinguini, più piccoli e minuti dei loro parenti del polo, questi sono i
pinguini che vivono più a nord, oltreché otarie, leoni marini, fregate, sule,
etc.
Finalmente
arriviamo alla “corona del diavolo” un vulcano collassato ora sito
d’immersioni. L’attrezzatura ci viene fornita a bordo, ammetto che mi sento
un po’ ridicolo quando, mentre m’impegno per mettermi la muta, la nostra
guida salta in acqua in mutande…
La
fauna sottomarina non è da meno di quella terrestre. Tartarughe, pesci
pappagallo, razze, stelle marine e anche due squaletti (a debita distanza) fanno
bella mostra di se. Faremo snorkeling anche i un altro sito ma non vedremo tutto
questo ben di dio.
La
giornata volge al termine, la nostra barca sta tornando a Puerto Ayora, siamo
stanchi ma tutta l’escursione è stata stupenda.
17/08:
giornata d’intermezzo. Viaggiando in economia non possiamo permetterci
escursioni tutti i giorni, tanto più che abbiamo già prenotato quella per
l’indomani a Seymour. Decidiamo di visitare la fondazione Charles Darwin, poco
distante dal ns B&B. L’ingresso è gratuito e nel percorso senza guida si
trovano più o meno tutte le speci di tartarughe terrestri presenti sulle isole,
compreso il famoso “lonesone George”, George il solitario. Dicono sia
l’ultimo della sua specie e pare non abbia intenzione di riprodursi. In loco
ho letto articoli contrastanti, chi dice che il momento è vicino, chi invece
che non ci sono più speranze. Di certo è un bell’esemplare, uno dei più
grossi.
Nel
pomeriggio proviamo a stare in spiaggia ma un po’ per il tempo, un po’ perché
non sono esattamente le spiagge adatte alla balneazione, ci stufiamo e torniamo
in hotel.
18/08:
Escursione a Seymour, l’isola degli uccelli. Alle Galapagos basta alzare gli
occhi al cielo per capire che le isole sono rifugio per un sacco di speci sia
residenti (tipo i fringuelli di Darwin) che migratorie. L’isola di Seymour è
il posto adatto per vederle in maniera unica e ravvicinata (intendo a pochi
centimetri!). Partiamo in bus per il nord dell’isola di Santa Cruz, da qui una
barca fino appunto a Seymour. Piccolo appunto: non sappiamo come ma siamo finiti
in escursione con ospiti del Red Mangrove Inn, l’hotel più figo di tutta
Santa Cruz. Anche la barca è fin troppo bella e, solo per pochi istanti, ci
sentiamo un po’ estranei al tutto.
Scesi
a terra iniziamo il percorso, tracciato ed obbligatorio, tra i nidi di fregate e
sule. Vediamo otarie coi cuccioli, pellicani che si litigano la placenta di
queste ultime, fregate che gonfiano a più non posso il gozzo rosso.
Le
sule, uccelli marini, nidificano a terra e i maschi covano le uova, le fregate
invece optano per i cespugli. Entrambi comunque a pochi metri, a volte
centimetri, dal percorso dei visitatori.
Torniamo
sulla barca col tender e uno squaletto fa bella mostra di se vicino
all’imbarcazione. Il pranzo a bordo ci impegna giusto il tempo di giungere ad
una delle più belle ed inaccessibili spiagge di Santa Cruz, litorale nord.
Fenicotteri rosa nella laguna dietro la playa e snorkeling spettacolare a pochi
metri dalla battigia. Anche oggi soddisfatti torniamo a Puerto Ayora.
19/08:
ultimo giorno alle Galapagos. Lo dedichiamo a cercare qualche souvenir
particolare e a visitare le ultime spiagge che ci mancavano. Il tempo, al
solito, non invoglia, è sempre coperto, nuvoloso. Dopo l’ennesima cena a base
di pesce andiamo in stanza a preparare gli zaini, domani ci aspetta un bel
trasferimento: prima aereo e poi bus da Guayaquil a Montañita,
in totale 7/8 ore.
20/08:
un pick up taxi ci porta alla fermata dei bus, poco fuori il peblo di Puerto
Ayora, da lì 45’ di bus, poi taxi boat e ancora bus fino all’aeroporto. Il
volo dura circa 1 ora e mezza. La fortuna è che a Guayaquil aeroporto e
terminal terrestre sono quasi attaccati, bastano 5 minuti di taxi e si passa
dall’uno all’altro. Riusciamo a prendere il bus Guayaquil/Montañita delle
17 così da arrivarci verso le 21. Non abbiamo nulla di prenotato (come al
solito!) ma le idee chiare.
Non
so che tipo di viaggiatori siate ma se come noi non amate il casino estremo, il
kaos ad ogni ora e le radio a tutto volume dalle 6 di mattina, dirigetevi verso
“La Punta”, l’estremità settentrionale della spiaggia. Si tratta 2/300
metri a nord del pueblo, necessari per trovare quiete e tranquillità.
Noi
alloggiamo all’hostal Kundalini composto da poche cabañas ma fronte playa,
amacario e giardinetto privato annesso. Carino, nulla di speciale, 20 $ a
capanna a notte, colazione esclusa, onesto!
21/08:
primo giorno a Montañita. Già ieri sera abbiamo avuto un anticipo di quello
che è questo villaggio: un luogo dove relax, surf e sballo si mischiano fino a
confondersi e a confonderci!
Venditori
di collanine, braccialetti, pipe e pipette ad ogni angolo. Ristorantini, bar e
venditori di frutta, succhi di frutta o ceviche sempre presenti e sempre aperti.
Il
tempo è bruttino, sempre coperto, nuvoloso. A volte, quando il vento si alza,
c’è bisogno della felpa! Peccato perché la spiaggia è grande, molto lunga
ed invita a fare dei bei bagni nel Pacifico. Noi invece dei bagni faremo lunghe
passeggiate.
22/08:
visto il tempo inclemente decidiamo di recarci subito a Puerto Lopez per fare
l’escursione per vedere le balene.
Come
riporta la Lonely Planet, da giugno a settembre nelle acque antistanti Puerto
Lopez e più in generale della costa nord dell’Ecuador, si radunano i cetacei
provenienti dai mari del nord per riprodursi o partorire. Nella fase della
riproduzione i maschi, per farsi notare dalle femmine, eseguono salti
fuoriuscendo dalla superficie dell’acqua e sbattendo le pinne sulla stessa.
Abbiamo
prenotato l’escursione direttamente a Montañita.
La mattina ci troviamo nel posto indicato e in macchina, noi due soltanto,
veniamo accompagnati a Puerto Lopez. La strada è abbastanza malconcia e il
tragitto dura circa un’oretta.
Arrivati
a Puerto Lopez veniamo scaricati davanti all’agenzia e da qui, assieme agli
altri partecipanti, passando per la spiaggia, caricati su una barchetta
all’apparenza non troppo in forma.
Appena
partiti i presentimenti diventano realtà: uno dei due motori fa i capricci.
Niente che il “mozzo” non possa risolvere con un paio di martellate date a
caso…
L’attesa
dura poco, giusto il tempo di arrivare al largo ed iniziamo a vedere le
evoluzioni delle balene. Non ci sono parole per questo ennesimo spettacolo della
natura, bisogna vederlo.
In
circa un’ora di osservazione la guida conta 6/7 balene, alcune sfuggenti,
altre più “dive”. Ci viene detto che siamo stati fortunati “Ieri le
abbiamo viste ma non saltavano”. Non so se sia una frase di routine ma oggi
hanno saltato, eccome!
Tornati
a terra scopriamo che la nostra escursione prevedeva il trasporto all’andata
ma non al ritorno!
Nessun
problema, troviamo il terminal dei bus e saliamo sul primo diretto a Montañita.
Veniamo fatti sedere io di fianco all’autista (sembravo il copilota!) e Stefy
esattamente dietro di me. In Ecuador, come un po’ in tutta l’America Latina
ma qui in particolare, il clacson è fondamentale. Sul bus in questione non
funzionavano tachimetro, fari e i freni non mi sembravano affidabilissimi ma…
radio e clacson assolutamente si!
22+23/08:
ancora a Montañita
24/08:
mattinata a Montañita poi alle 13:15 bus per Guayaquil. Passeremo la notte qui.
25/08:
bus Guayaquil/Quito, 10 ore di saliscendi sulle Ande. Arriviamo in aeroporto a
Quito.
Un’altra
volta la malinconia e quella strana sensazione che tutto sia finito ci avvolge,
chi non viaggia o chi si rinchiude in villaggi all inclusive, probabilmente non
capirà ma voi, viaggiatori liberi, sono sicuro che mi state capendo e quel mix
di sensazioni che salgono dallo stomaco al cervello ad ogni conclusione di
viaggio sia simile per tutti noi.
L’unico
modo per esistere è promettere a se stessi che non sarà mai l’ultima volta,
l’unico modo per resistere è cominciare a sognare il prossimo viaggio!
In
conclusione: abbiamo viaggiato con mezzi pubblici, alloggiato in sistemazioni di
fascia media, abbiamo utilizzato escursioni organizzate solo quando era
assolutamente necessario, eppure non abbiamo mai avuto nemmeno la percezione di
essere in pericolo.
Con
i normali accorgimenti e le minime precauzioni, l’Ecuador è un paese
assolutamente visitabile dove troverete gente per bene, gentile e disponibile.
Consigliamo a tutti di andarci.
Fulvio
& Stefania