Diario di viaggio 2000
Ho
visitato Cuba tra l’ottobre e il novembre 2000, con mia moglie e Tommaso che
allora aveva quattro anni appena compiuti. Avevamo prenotato il viaggio di
andata per l’Avana e quello di ritorno con partenza da Santiago de Cuba,
abbiamo quindi percorso autonomamente tutta l’isola da ovest verso est. Ancora
oggi il ricordo di questo viaggio è di una dolcezza particolare, soprattutto
per l’umanità veramente unica delle persone che abbiamo incontrato, Tommaso
ricorda ancora nonna Gisela…
Siamo partiti domenica 22 ottobre con sole 4 ore di
ritardo (dicono che con la Cubana de Aviacion è normale…) e siamo atterrati
all’aeroporto Josè Martì dopo circa 10 ore.
Abbiamo visitato in quattro giorni in centro storico di
L'Avana, avevamo l'albergo (il Lido, 25$ a notte) a due passi dal Capitolio
Nacional, dal Museo della Revolucion e da tutto il resto.
Ci siamo poi spinti fino al Vedado, la zona turistica
dei grandi alberghi, siamo stati nel sobborgo di Regla attraversando il golfo
con una chiatta arrugginita, dove abbiamo mangiato per strada con pochi
spiccioli e dove abbiamo conosciuto un bravo pittore di nome Canet. Questa parte
della città è nota per la presenza di sette segrete e di santeria, ma noi,
ancora troppo "timidi" nel chiedere ai locali non abbiamo visto
nulla...
Quello che ricordo con piacere di L'Avana è però,
oltre ai monumenti e ai luoghi classici (Plaza de la Revolucion, La Catedral
ecc.) sono le lunghe passeggiate la mattina presto nelle vie secondarie e lungo
il Malecon, la gente comune che sempre ti saluta e ti chiede qualcosa, le
vecchie macchine americane piene di rattoppi, i ragazzi con la divisa della
scuola, la musica suonata a tutte le ore in modo mirabile in parecchi locali,
insomma la città in sé, con le sue vecchie case semidiroccate eppure
bellissime e l'assoluta mancanza di cartelli pubblicitari ed insegne...
Anche l'insistenza di alcuni ragazzi di venderci sigari
o altro o guidarci in qualche posto, dopo tutto ci ha dato l'opportunità di
affinare il nostro spagnolo ancora incerto dei primi giorni (quando ancora non
capisci bene il parlato perché devi fare l'orecchio alla cadenza) e alla fine,
in tutto ci hanno "fregato" sì e no una cinquantina di dollari in 20
giorni. Magari lì per lì ti arrabbi, ma poi capisci che loro ne hanno più
bisogno...
Dall'Avana, con un taxi collettivo (10$) siamo andati a
Guanabo, l'ultima delle Playas dell'Este, dove con un po' di fortuna abbiamo
trovato da soli una splendida casa particular direttamente sulla spiaggia, con
tanto di giardino con palme, patio con poltroncine per soli 15$ a notte, dove
abbiamo passato due giorni di relax, bagni e lettura e dove Tommaso ha
conosciuto il suo primo amico a quattro zampe, un pastore belga nero di nome
Niña.
Un'altra nota positiva è stata quella di aver mangiato
il loro cibo comprato al mercato dei contadini direttamente in pesos e a prezzi
irrisori.
Due giorni dopo, partenza di buon mattino per
raggiungere di nuovo L'Avana e proseguire in treno per Cienfuegos.
Mentre aspettavamo l'autobus, si è fermato un camion
che per 10 pesos ci ha fatti salire sul cassone dove c'erano delle panche di
legno e ci ha portati direttamente al Terminal de Ferrocarriles.
Lì abbiamo comprato un biglietto in dollari e con un
treno di "lusso" (aria condizionata e servizio bar in pesos) abbiamo
raggiunto Cienfuegos in serata.
Avevamo un indirizzo di una casa preso da internet con
commenti molto positivi ed infatti abbiamo conosciuto Gisela, una simpaticissima
negrona sessantunenne che ha fatto da nonna a Tommaso per tre giorni, con una
grande casa contornata dal giardino dove vivevano, fino ad allora sereni, tre
cani: Guarai, Soica e il Chè, due gatti, e un numero imprecisato di galline che
sono state incessantemente inseguite dal nostro Tommy. Alle nostre
raccomandazioni alla calma a nostro figlio, Gisela rispondeva "nessun
problema, quì è a casa della nonna...".
Un trattamento veramente familiare (15$), abbondanti
colazioni (2$) e ottime cene genuine (5$) e un ricordo affettuoso...
A
Cienfuegos, oltre alla visita del centro, del
Cimiterio della Reina, un luogo poco visitato dove ci sono belle tombe
monumentali (alcune in rovina con i resti umani a cielo aperto) e dove sono
sepolti insieme soldati spagnoli e patrioti cubani morti nella guerra di
indipendenza di fine '800, abbiamo avuto un bell'incontro con una cerimonia di
santeria vera, non ad uso dei turisti.
Infatti, seguendo il rumore ritmico dei tamburi che
proveniva da una viuzza secondaria, abbiamo visto un assembramento di persone,
quindi ci hanno invitato ad entrare in una casa dove la musica africana si
mescolava all'odore dei sigari ed al sapore del ron. Il ritmo era davvero
ossessivo e complice probabilmente la grande quantità di alcool in
circolazione, molti sembravano veramente in trance...
La città ci è anche servita da base per fare una
bella escursione a Playa Gìron nella Baia dei Porci (luogo storico della
rivoluzione) e alla splendida Caleta Buena, una spiaggiola delimitata da una
diga naturale dove si nuota letteralmente tra centinaia di pesci di tutti i
colori e le dimensioni in un acqua calma e cristallina (non c'è nessuna
esagerazione).
La struttura è però turistica, si pagano 12$ a
persona e si può mangiare e bere a volontà. In questo posto si incontrano
molti turisti italiani che fanno i latin lovers (sic!) con le jineteras locali.
A parte lo spettacolo poco edificante dei nostri
connazionali, il posto è piacevole e lo spettacolo dei pesci è
indimenticabile.
A fine pomeriggio il nostro autista (un amico del
figlio di Gisela) ci ha portato a Guamà dove abbiamo visitato un allevamento di
coccodrilli e dove io (non inorridite) ne ho mangiato un po’ tra le proteste
di mia moglie che è vegetariana...
Da segnalare che al mattino ci siamo imbattuti in
diversi paesi nella commemorazione della scomparsa in mare di Camilo Cienfuegos,
il terzo comandante dei barbudos dopo Fidel Castro e Che Guevara. La gente
sfilava gettando in acqua corone e mazzi di fiori. Molte bandiere e cartelli con
gli slogans che si vedono ovunque erano portati dagli scolari. Alcune persone
erano sinceramente commosse, forse un po’ anch’io…
Il giorno successivo siamo andati a Santa Clara
Dopo qualche ora di treno siamo arrivati a Santa Clara
dove abbiamo cercato una camera all’Hotel Santa Clara Libre (che porta ancora
i segni sui muri della battaglia tra rivoluzionari e militari), che però era
completo, ma dove abbiamo conosciuto un cubano ex marito di una italiana che ci
ha aiutati a trovare un appartamento economico proprio dietro la piazza
principale.
La città ci è piaciuta molto, è molto tranquilla,
siamo riusciti a pagare quasi tutto in pesos e la gente mi è parsa cordiale
senza essere troppo insistente.
Il giorno dopo abbiamo noleggiato una bici-taxi con un
ragazzo molto simpatico che per soli 40 pesos ci ha scarrozzati per tutti luoghi
interessanti come Il treno blindato, il museo della rivoluzione e naturalmente
il Mausoleo del Che, che era una delle tappe fondamentali del viaggio. Devo dire
che nonostante il monumento non sia eccelso dal punto di vista artistico,
l’impatto emotivo del luogo è grande e non si può fare a meno di commuoversi
davanti alla figura di questo uomo che è diventato un mito per tanti ragazzi di
tutto il mondo e dove a Cuba è quasi venerato. (da leggere: “Senza perdere la
tenerezza” di Paco Ignacio Taibo II).
Una cosa che ha impressionato molto Tommy è stato il
bulldozer Caterpillar usato per l’attacco al treno che ora è innalzato su un
piedistallo a forma di stella, tanto che ora dovrò comprargli un modellino
simile…
Da Santa Clara, un autobus di quelli scalcinati che
chiamano “guagua” ci ha portati a Trinidad .
Questa è una città in puro stile coloniale,
perfettamente conservata con le sue case dai tetti di ardesia ed i grandi patii
interni, le strade del centro sono ricoperte da un selciato di sassi
rotondeggianti e sono percorse dalle grandi automobili americane anni ’50
(abbiamo visto anche una Ford del 1921, perfettamente funzionante!).
Trinidad è stata dichiarata patrimonio dell’umanità
dall’UNESCO ed era molto piacevole passeggiare per le vie del centro a fine
pomeriggio, mentre le orchestrine locali cominciavano a suonare.
La sera andavamo in un locale chiamato “La
Canchachara” dove si suonava e si beveva un cocktail con rum e miele oppure
c’erano dei gruppi che suonavano a lato della cattedrale. A Trinidad non sono
stato alla Casa della Trova, mentre siamo andati a quella si Santiago e di
Baracoa, comunque noi non potevamo fare molto tardi, perché Tommaso ad un certo
punto si addormentava e quindi dopo poco ce ne andavamo a letto. Ho sentito
suonare generalmente bene la musica cubana tradizionale e più si va verso est,
più si sentono le influenze africane con ritmi più veloci e maggior risalto
alle percussioni.
A Trinidad siamo stati in una casa coloniale molto
bella (15$), vicina alla strada principale, il cui proprietario Roberto Cañedo
è un oppositore del governo comunista e ci ha raccontato dopo alcune reticenze
il suo punto vista di discendente di proprietari terrieri che hanno perso quasi
tutto.
Oltre alla cittadina, ci è molto piaciuta Playa Ancon,
una bellissima spiaggia bianca con palme ed un mare a dir poco stupendo dove
abbiamo passato due giorni ad oziare.
Siamo anche stati alla fattoria Iznaga, dove abbiamo
visto la torre dalla quale fino ad un secolo fa si controllava il lavoro degli
schiavi nei campi.
Per pochi spiccioli si poteva salire fino in cima dove
era posta una campana con la quale la sera si richiamavano quegli sfortunati
lavoratori, ma noi non ce la siamo sentita…
Il giorno dopo con un minibus turistico che andava a
Santiago, abbiamo raggiunto Ciego de Avila, dove abbiamo subito noleggiato
un’auto ed abbiamo proseguito per Cayo Coco, distante circa un centinaio di
chilometri.
Qui abbiamo avuto una grande delusione ed abbiamo
trascorso i due giorni peggiori di tutto il viaggio. Infatti, Cayo Coco e Cayo
Guillermo, sono due isolotti collegati alla terraferma con una bellissima strada
(27 km) in mezzo al mare. Le spiagge sono bianchissime ed il mare cristallino
come al solito, inoltre esse sono coperte di mangrovie e si possono vedere
parecchi animali quali pellicani, fenicotteri, ecc..
Il brutto è però che la zona è vietata ai cubani,
con tanto di posto di controllo della polizia, ci sono cinque alberghi
internazionali (tipo Varadero) i cui prezzi vanno da un minimo di 135$ fino ai
200$ e oltre e ovviamente il luogo è pieno di turisti.
Eravamo quasi disperati e sul punto di tornare
indietro, quando qualcuno ci ha indicato un albergo senza insegna un po'
nascosto, dove fortunatamente ci hanno ospitati per la modica cifra di 40$ a
notte. Era l'albergo dove venivano ospitati i tecnici sovietici in vacanza,
quindi era spartano e con personale dai modi bruschi, con poca scelta di cibi e
di scarsa quantità, ma in quel momento ci è sembrato delizioso.
Abbiamo quindi trascorso due giorni al mare, con la
voglia di andarcene e alla fine abbiamo fatto due incontri interessanti: un
serpente lungo più di un metro che ha posato per una foto prima di scappare e
un granchio gigantesco (20-25 cm di diametro) che ha attraversato la strada alla
luce dei nostri fari!
Il giorno dopo siamo ritornati a Ciego de Avila per
riconsegnare l'auto.
Abbiamo trascorso la giornata a Ciego de Avila, perché
c’era un treno notturno per Santiago che sarebbe partito alle 23.
Eravamo rassegnati ad un noioso, lungo pomeriggio di
attesa, ma questa cittadina sonnolenta ci ha riservato qualche sorpresa.
Non c’era neanche un turista, abbiamo girato il
centro e i dintorni della stazione pieni di bancarelle dove accettavano pesos,
siamo stati in un “parque” sotto una grande ceiba a guardare la fila di
carrozze a cavallo che fungevano da taxi, facendo un sacco di fotografie (i
cubani si mettono volentieri davanti all’obbiettivo) e intanto vedevamo
parecchia gente che portava delle grandi torte quadrate, uno addirittura in moto
sul sidecar (ha posato per noi). Infatti era sabato, ed abbiamo trovato una
bella festa locale in piazza con tanta musica, ristorantini improvvisati dove
abbiamo cenato tutti e tre mangiando puerco asado (una specie di porchetta),
yucca in padella (buonissima) ed altre verdure con birra locale, dolci vari al
prezzo enorme di ben 4.700 lire!!!
Siamo stati veramente bene, in un posto vero, con il
modo loro di divertirsi che mi ha ricordato un po’ il festeggiare semplice,
ruspante che vivevo da piccolo nelle feste di campagna e un po’ una analoga
festa beccata per caso a Tromso , in Norvegia alcuni anni fa, dove per strada si
vendeva merluzzo essiccato ecc..
Siamo partiti poi la sera, e la mattina alle 7.30
eravamo a Santiago un po’ pesti per la nottata in treno, quando siamo stati
letteralmente aggrediti da una torma di persone vocianti che contemporaneamente
ci offriva: taxi, bici, case in affitto, tour della città, ristoranti e
caffetterie…..
Dopo i primi – no, grazie – siamo passati agli
urlacci, ma abbiamo dovuto soccombere all’insistenza di due ciclo-tassisti che
ci hanno accompagnato in centro.
Lì avevamo un indirizzo di una casa particular
fornitaci da nonna Gisela (di Cienfuegos), da Norberto, in pieno centro (15$)
che ci ha trattato benissimo e dove il nostro Tommaso ha conosciuto Lizabet, due
anni, della quale si è subito innamorato.
Abbiamo visitato la Caserma Moncada, il grande parque
centrale con una bella cattedrale e con la casa-museo di Velasquez, la
costruzione più antica di Cuba, risalente al 1522.
Mentre visitavamo le stanze con i mobili e
suppellettili dell’epoca, Tommaso, sfuggito per un attimo al nostro controllo,
è piombato come un missile su di un letto a baldacchino, come è abituato a
fare a casa, solo che quello era il letto originale di
Diego Velasquez con le lenzuola e coperta ricamata originali!
La sera, la città era piena di vita soprattutto nel
Parque Central davanti alla Cattedrale a nelle vie vicine dove si sentiva sempre
musica.
Insomma abbiamo fatto grandi giri in questa città
molto africana con la gente particolarmente affabile e portata al dialogo, anche
se, come al solito, non tutti senza l’obbiettivo di venderci qualcosa.
Ci sarebbe piaciuto incontrare magari per caso Compay
Segundo, ma ci siamo dovuti “accontentare” di parecchi locali dove si
suonava dal vivo e della Casa della Trova dove si esibivano altri attempati
vecchietti fino alle dieci di sera per un dollaro, e suonatori più giovani più
tardi, per due.
Abbiamo anche conosciuto in una piazza un vecchio
tassista, Ibrahim, che è stato prima un guerrigliero con Fidel (ci ha mostrato
la sua tessera del partito comunista cubano datata 1960) e poi uno dei primi
arruolati nella polizia rivoluzionaria, il quale ci ha a lungo raccontato come
la popolazione viveva nel terrore della polizia di Batista negli anni ’50 e di
come la rivoluzione ha portato notevoli vantaggi a tutti. Alla fine ci ha
salutato col pugno chiuso, un gesto che da noi non si vede più da anni.
Mancavano ormai quattro giorni alla partenza, ma non
avevamo ancora finito il nostro percorso, in quanto volevamo raggiungere Baracoa,
all’estremo limite orientale dell’isola e soprattutto andare a Playa Magnana
di cui avevo sentito commenti entusiasti sull’ng. it.hobby.viaggi.
Siamo quindi partiti con un minibus turistico che ci ha
portato fino a Guantanamo, città dove volevamo trovare il clima del film
“Guantanamera” di Gutierrez Alea, ma dove invece non abbiamo trovato nulla,
neppure il caffè…
Dopo aver tentato inutilmente di avvicinarci con un
vecchio taxi alla base americana a pochi chilometri dalla cittadina, abbiamo
preso una “guagua” (autobus locale) per Baracoa che abbiamo raggiunto in
serata.
Dopo quattro ore di viaggio attraverso una strada che
scorreva in mezzo ad una giungla di palme, con vari corsi d’acqua, piccoli
villaggi di capanne, coltivazioni di canna da zucchero e di cacao, siamo
arrivati a Baracoa.
Questa cittadina che sorge su un promontorio, fino agli
anni ’60 era raggiungibile solo via mare ed è tuttora circondata da una
giungla rigogliosa.
Abbiamo preso una stanza all’hotel “La Rusa”
(20$), un piccolo albergo di dodici camere sul malecon fatto costruire negli
anni ’30 da una nobile russa scappata dalla rivoluzione bolscevica del 1917 e
successivamente convertitasi a quella castrista tanto da diventarne una delle
principali finanziatrici. Nel suo albergo sono stati ospiti tutti i principali
leaders cubani e noi eravamo nella stanza che fu di Che Guevara, come ricordato
da una targa.
Lo scrittore Alejo Carpentier scrisse su di lei il
libro “La consacrazione della primavera”.
Abbiamo inoltre conosciuto il figlio che, dopo aver
donato l’albergo allo Stato, ora è un simpatico vecchietto che vive in una
casetta vicina dove mostra ai viaggiatori interessati i cimeli di sua madre e
racconta la storia di Baracoa attraverso i suoi disegni essendo un pittore naif.
Alla fine abbiamo acquistato una sua tempera per soli 3$.
Oltre alla piacevolezza della cittadina dove c’è una
delle prime chiese erette dagli spagnoli dove tra l’altro è conservata una
croce fatta costruire da Colombo, la statua del re indio Hatuey giustiziato da
Velasquez, abbiamo scoperto una meravigliosa spiaggia: playa Maguana.
Ci siamo fatti portare da un tassista con una vecchia
Lada cabriolet, un tempo usata per le sfilate delle quindicenni nel giorno del
debutto in società, a circa 20 km verso nord attraverso una giungla con
bellissimi scorci, capanne e fiumi incontaminati, fino a questa spiaggia che
sembra presa dai mari del sud o dalla Polinesia!!
L’acqua ovviamente cristallina completava il tutto.
Abbiamo così passato una giornata di bagni e di sole mangiando cocco fresco
(due per 1$). Volendo si può anche mangiare pesce appena pescato offerto dai
pescatori nelle loro capanne in mezzo alla foresta.
Insomma, solo per questa spiaggia vale la pena di
raggiungere Baracoa.
Il giorno dopo siamo ripartiti con un minibus che ci ha
portato di nuovo a Santiago, da Norberto.
Una passeggiata, ancora una serata alla Casa della
Trova, ma ormai il viaggio era finito. Il giorno dopo, l’ultimo, c’è stato
ancora il tempo per fare una visita al secondo “santero” più importante di
Santiago col quale abbiamo avuto un simpatico ed interessante colloquio sul suo
modo di intendere la spiritualità.
Abbiamo poi raggiunto l’aeroporto con una bellissima
Chevrolet del ’58, molto meglio tenuta di me che ho la stessa età, dove c’è
stato l’unico spiacevole episodio del viaggio: a causa di un timbro mal messo
all’arrivo all’Avana venti giorni prima, sono stato trattenuto dalla polizia
per più di un’ora e mezzo insieme a Tommy (immaginate pure le mie vibranti e
colorite proteste in uno spagnolo maccheronico), ma a parte questo, che è
andato comunque ormai a far parte dell’esperienza del viaggio, siamo quindi
arrivati a casa dopo 12 ore, un po’ contenti ed un po’ confusi come ad ogni
ritorno.
Claudio clang1@virgilio.it