CUBA
Diario di viaggio, ottobre 2003
Solo
il viaggio d’andata merita un racconto a parte.
L’aereo
in partenza da Rimini infila per sbaglio una via di fuga. L’asfalto cede e le
ruote s’incastrano in una buca. Morale: 20 ore di ritardo!
Arriviamo
all’Havana di domenica pomeriggio ed è molto tranquilla. Dormiamo un po’ e
usciamo la sera per cena. Siamo in sostanza al confine tra l’Havana centro e
l’Havana vecchia. Le strade sono molto buie ma sono piene di gente.
C’è
chi cammina (magari a caccia di turisti) e chi sta semplicemente seduto davanti
alla propria casa.
Facciamo
conoscenza con i cosiddetti “ciceroni” locali. Tutti i ragazzi per strada
propongono qualsiasi cosa (legale o illegale) pur di prendere poi una
commissione: dai taxi, ai ristoranti privati (paladar), ai sigari, al rum, alle
ragazze. Sono veramente bravi a “raccontarla”, dei veri attori “fai da
te”.
Ci
si sente un po’ presi in giro, ma non si può negare che si diano veramente da
fare e il pensiero a qualche nostro conterraneo è spontaneo.
Abbiamo
conosciuto una coppia di fidanzati (ci hanno detto che sposarsi costa
troppo…), con figlio, che con un italiano sufficiente (imparato solo parlando
con turisti), si è dimostrata molto simpatica, per poi chiederci di comprare
due dosi di latte in polvere per il figlio. Li abbiamo seguiti in un negozio e
dopo l’acquisto ci ha dato un po’ fastidio il fatto che dessero tutto molto
scontato e dovuto.
Hotel Telegrafo - Habaguanex
21/10
– Havana
Passiamo
in pratica la mattinata all’hotel Havana Libre nel Vedado, dove ci sono gli
uffici delle varie agenzie turistiche governative. Le facciamo quasi tutte,
chiedendo loro le offerte migliori per le destinazioni che interessano a noi. Il
pomeriggio lo passiamo in internet, per verificare se ci siano offerte migliori.
Durante
tutta questa raccolta d’informazioni abbiamo iniziato ad annusare la città.
Una
delle prime cose viste durante gli spostamenti è stato il “malecon”. Si
tratta di una strada a quattro corsie che costeggia il mare, praticamente via
obbligata per ogni spostamento veloce. Il lungomare lascia senza parole per gli
spazi in cui può correre lo sguardo.
Da
una parte si trova il mare e dall’altra palazzi decadenti ma assolutamente
affascinanti.
Tutto
quello che abbiamo letto nei racconti degli altri viaggiatori, si materializza
davanti agli occhi.
E’
veramente una città viva e stimolante. Le sensazioni sono continue e
contraddittorie tra loro.
Dal
fastidio per i continui approcci alla simpatia delle proposte a volte così
bizzarre; dalla vista delle sinuose auto americane anni 50 agli orribili bus di
provenienza sovietica. Si passa dai palazzi bellissimi a buchi decadenti e
puzzolenti.
Abbiamo
notato subito, parlando con i cubani, un certo “razzismo” per i neri.
Ma
come? Se c’è un posto dove un colore preciso non esiste è proprio questo!
Dal bianco al nero passando per mille gradazioni di mulatto. Eppure anche qui i
neri sono discriminati.
Nei
posti dove c’è il contatto con i turisti lavorano soprattutto bianchi.
Così
come appena ci si addentra in città lontane dal turismo la percentuale di neri,
aumenta sensibilmente.
La
sera abbiamo cenato nel paladar “Donna Blanquita”. Bellissima terrazza di un
appartamento privato che dà sul “Prado”(n° 158): “comida” ottima e
abbondante.
21/10
- Havana
Torniamo
alle agenzie e organizziamo così tutto il viaggio. Prenotiamo più di quello
che volevamo (e qualche resort all-inclusive di troppo) ma i prezzi sono troppo
allettanti, saremo un po’ meno liberi ma avremo risparmiato anche soldi.
Ottobre
è considerato bassa stagione, ma per noi il clima è perfetto.
Per
l’affitto dell’auto abbiamo messo in concorrenza addirittura agenzie della
stessa compagnia (Transtur, la più economica), dato che non esiste rapporto tra
loro.
Se
si vuole lasciare l’auto, alla fine del viaggio, in un’altra città viene a
costare dai 60 ai 100 dollari.
Questa
è una minaccia che si può usare per strappare uno sconto del 10%. Le agenzie
non hanno piacere che le auto più economiche si fermino in altre città, magari
del sud, perché poi non tornano più indietro e loro hanno un’auto in meno.
Nel
pomeriggio visitiamo la città vecchia.
La
piazza della Cattedrale è di sicuro il luogo che ci ha ammaliato maggiormente.
Sia
di giorno, ma ancor di più la sera, emana un’atmosfera quasi surreale. I
palazzi bianchi, bellissimi, che trasudano storia, circondano i tavolini del
“Patio” e i gruppi che suonano accompagnano i visitatori della piazza in
quest’atmosfera. Le torri
diseguali della “Catedral de San Cristóbal de la Habana” dominano l'intera
piazza. Nei pressi sorge il Castillo de la Real Fuerza, la più antica fortezza
coloniale del continente americano ancora esistente.
22/10
Havana - Varadero
Partiamo
con l’auto in direzione Varadero e percorriamo la Via Blanca. Una strada a
quattro corsie che costeggiano la costa settentrionale, cioè i luoghi, a dire
il vero in questa stagione un po’ tristi, dove vanno i cittadini della
capitale al mare (Playa dell’Este).
23-24/10
Varadero – Cayo S. Maria
Varadero
ci ha deluso. Eravamo pronti ad aspettarci il peggio come paese e atmosfera, ma
almeno il mare….. invece delusione totale! Mare mosso e di colore scuro!
Dopo
due giorni passati a dormire ripartiamo di mattina per Cayo
S. Maria.
Le
indicazioni per strada sono minime e conviene chiedere continuamente.
Diamo
un passaggio ad una ragazza che sta andando a lavorare, a due ragazzine che
tornano da scuola, ad una signora che va a Camaguey perché le è morta una zia,
infine a due infermiere che tornano da un corso d’aggiornamento. Chiediamo a
tutti i nostri ospiti, informazioni sul percorso e sui tempi d’attraversamento
e ci accorgiamo che le risposte valgono solo per percorsi a breve raggio. Viste
le difficoltà non sono facili per loro i lunghi spostamenti.
Da
Varadero puntiamo verso la “Carretera Central”. Si tratta dell’unica
strada che attraversa tutta l’isola.
E’
una strada, a due corsie, che attraversa molti paesi e villaggi, prevede mille
rallentamenti per i vari carretti trainati da cavalli o buoi che s’incontrano.
Ci
consigliano di puntare verso l’autopista, allungando un po’ il percorso, ma
l’autostrada a sei corsie ci farà poi recuperare del tempo e viaggiare più
tranquilli.
Impieghiamo
cinque ore ma il viaggio è veramente piacevole, per il paesaggio e per la
compagnia a bordo.
Alcuni
passeggeri ospitati stanno in silenzio per timidezza o per riservatezza e anche
stimolati con delle domande rispondono a monosillabi. Le due infermiere invece
sono simpatiche e molto divertenti.
Ridono
come matte quando diciamo loro la temperatura in Italia in novembre. Le ragazze
scendono a Caibarien, l’ultimo paese prima della “frontiera”.
Cayo
S. Maria è collegato a Cuba da un “pedraplen”, una striscia di terra lunga
47 km, che attraversa il mare.
Percorrerlo
in auto è bello anche se l’idea che questa costruzione ha fatto morire alcune
piante marine, non ci fa piacere. Infatti interrompendo il flusso delle correnti
marine è venuta a mancare la giusta ossigenazione del mare. Ci dicono comunque
che questo terrapieno ha causato meno danni di quello di Cayo Coco. Il viaggio a
“pelo d’acqua” è in ogni modo suggestivo per i colori dai quali si è
circondati.
Bisogna
passare una specie di posto di blocco dove ci controllano i passaporti, infatti,
i cubani non possono accedere ai cayos.
25-26/10
- Cayo S. Maria
L’unico
(per ora) resort dell’isolotto è bellissimo (Sol Club S. Maria). Casette
piccole in legno e molto verde intorno. La spiaggia è un classico: lunga e
bianca.
Anche
il mare, seppur in questa stagione un po’ mosso, ha mille tonalità di verde e
di blu. All’estrema sinistra c’è una parte riservata ai nudisti.
La
cosa più bella è che ci siamo veramente in pochi. La maggior parte è
canadese.
Il
clima è fantastico, non si suda mai e la brezza calda della sera fa sognare.
27/10
Cayo S. Maria - Cayo
Guillermo
Mattinata
ancora in spiaggia a Cayo S. Maria e partenza per Cayo Guillermo.
Il
viaggio è piacevole, come lo sono le persone a cui diamo un passaggio. Alcuni
sono inizialmente timidi, ma se incoraggiati poi si lasciano andare. Dopo circa
tre ore arriviamo alla “frontiera” a Moron, dove ci controllano i passaporti
e paghiamo il pedaggio. Percorriamo anche qui il “pedraplen”, la strada
leggermente rialzata sopra il livello del mare che collega il cayo con Cuba.
Dopo aver attraversato la frequentata Cayo Coco, con aeroporto e molti resort,
si raggiunge il più tranquillo Cayo Guillermo.
Il
resort scelto si rivelerà il peggiore della vacanza (Sol Club Cayo Guillermo).
La
spiaggia esiste solo per alcuni metri e solo nel pomeriggio con la bassa marea.
Dicono
che il mare stia salendo e se la stia mangiando.
28-29/10
- Cayo Guillermo
Percorriamo
alcuni chilometri di strada sterrata con l’auto in direzione nord per
raggiungere il paradiso: Playa Pilar.
Una
spiaggia a mezza luna col mare piatto per la vicinanza della barriera corallina.
L’atmosfera è rilassante, siamo circa dieci persone, in un chilometro di
spiaggia.
Per
otto dollari a testa prendiamo un piccolo catamarano che ci porta su un isolotto
molto vicino alla barriera. Da lì, con pinne e maschera, seguiamo una guida che
ci porta, in trenta minuti di nuoto molto tranquillo, sopra il relitto di una
nave spagnola. Veniamo letteralmente assaliti da una miriade di pesci colorati.
L’acqua è limpida e il corallo sotto di noi sembra ancor più vicino. La
guida ci confesserà poi che loro vengono a dar da mangiare ai pesci che, in
effetti, circondano lui molto più numerosi, quasi lo riconoscessero.
30/10
Cayo Guillermo - S. Lucia
Partiamo
per Playa S. Lucia che raggiungiamo in circa tre ore. Anche questo viaggio si
rivelerà piacevole.
Addirittura
saranno dieci le persone a cui diamo un passaggio in auto.
La
strada, in alcuni tratti, attraversa verdi colline con palme che costeggiano la
strada.
31/10
- S. Lucia
La
spiaggia è bellissima. Una spiaggia unica per alcuni chilometri su cui si
affacciano (neanche troppo vicini) alcuni resort.
Alla
fine della strada alcuni palazzi fungono da quartiere dormitorio per i cubani
che lavorano nei resort.
E’
il primo posto al mare che assomiglia ad una comunità vera. Ci sono alcuni
locali all’aperto molto semplici, una tenda e alcuni tavolini con sedie dove
si può bere qualche cosa e di sera ascoltare un po’ di musica.
1/11
S. Lucia - Guardalavaca.
Raccogliere
informazioni sulle strade è sempre molto difficile. Dalle risposte ci
accorgiamo sempre che anche per loro vale il "passa parola" e la
situazione può cambiare anche ogni giorno.
Non
potendo possedere auto non hanno veramente idea del tempo che occorre per un
viaggio. Gli spostamenti avvengono in modo diverso ogni giorno e quindi non
prevedibili. Anche per andare al lavoro si tratta sempre di un’avventura e non
sanno mai a che ora ritorneranno a casa.
Ci
fidiamo di un’autista d’autobus incontrato ad una stazione di rifornimento
ed evitiamo la strada più vicina alla costa, per tornare sulla più sicura
carretera central.
La
strada per Puerto Padre non è in buone condizioni. Ce n’accorgiamo dovendo
comunque percorrerne alcuni chilometri. Grosse buche che si aprono
all’improvviso nel centro della strada.
Allunghiamo
il viaggio ma staremo più tranquilli. Ci vorranno ben quattro ore per arrivare
alle spiagge di Guardalavaca.
Il
tempo è capriccioso ed alterna acquazzoni pazzeschi a momenti di sole
accecante. Tutto questo non fa che risaltare sempre più la bellezza del
paesaggio. Ci tengono compagnia piantagioni di barbabietole da zucchero e ranch
per l’allevamento del bestiame.
Attraversiamo
le città di Las Tunas e Holguin, si tratta di due capoluoghi di provincia.
Arrivare
in città, dopo tanti paesini, è quasi uno shock. Non c’è
nessun’avvisaglia del fatto che si stia per entrare nelle città: non c’è
periferia, non ci sono palazzi grandi che possano far capire che si sta
arrivando in un centro, non c’è un aumento graduale del traffico.
Improvvisamente
si è circondati da persone che a piedi, in bici o sui carretti trascinati da
cavalli si sta spostando per la via principale.
In
queste località notiamo molte più persone in bicicletta che all’Havana o
nelle altre città attraversate in precedenza.
Un
nostro passeggero ci dice che costano circa 500/600 pesos, pari a due o tre mesi
di buon salario.
Arriviamo
ai resort della catena Melia che abbiamo riservato all’Havana. Si trovano
isolati, alcuni chilometri prima del piccolo centro, direttamente su Playa
Esmeralda. Sono due resort affiancati (Luna y Mares), fatti diventare
praticamente uno solo.
La
spiaggia è molto grande e di colore chiaro, il mare calmo e trasparente.
Sono
i classici da cartolina.
La
barriera corallina dista solo alcune centinaia di metri dalla spiaggia.
Solo
l’alto numero di turisti riesce a rovinare l’atmosfera del posto, (e non
vogliamo pensare come sarà a dicembre). Guardalavaca
si trova qualche chilometro più avanti lungo la costa. Non esiste un paese vero
e proprio, solo alcuni resort e un quartiere dormitorio.
Se
si vuole uscire dai villaggi qui almeno si può trovare qualche locale
improvvisato.
2-3/11
Guardalavaca - Santiago
Iniziano
i quindici giorni che ci siamo tenuti liberi da prenotazioni e con i quali
iniziamo il ritorno verso la capitale. Dopo molti dubbi abbiamo deciso da andare
a Santiago, dovremo correre un po’, per il ritorno, ma non potevamo saltare la
seconda città dell’isola.
Attraversiamo
Holguin sotto la pioggia. C’è molta gente in giro. Qualcuno con l’ombrello
ma la maggioranza non si preoccupa di bagnarsi.
Anche
oggi diamo un passaggio in auto a molte persone. Dopo Holguin accogliamo un
ragazzo ed una ragazza che vanno a Santiago all’università. La ragazza
frequenta storia dell’arte e quando scopre che viviamo in Italia è contenta.
Continua
a piovere ma la strada è in buone condizioni. Ci avviciniamo alla catena
montuosa della Sierra Maestra e le sue cime si vedono alla fine della pianura.
Il paesaggio è cambiato diventando sempre più brullo, il colore marrone si sta
sostituendo al verde.
Visto
che piove forte deviamo la strada per accompagnare la ragazza all’interno del
campus universitario fino sotto al suo dormitorio, lei quasi si vergogna visto
che tutti si girano a guardarci. Nessuno arriva, infatti, in auto, solo a piedi
percorrendo molta strada in salita dalla fermata dell’autobus o al massimo in
motorino.
Arriviamo
a Santiago e cerchiamo l’indirizzo
della nostra prima casa particular. Dopo il primo tentativo andato a vuoto perché
la casa è occupata, la padrona di casa ci indica l’abitazione di una vicina.
Sono
come ci aspettavamo molto ospitali e la casa è semplice ma pulita.
Nel
pomeriggio, sempre sotto la pioggia, ci addentriamo in Santiago.
I
molti giorni passati nei resort ci hanno un po’ “ammorbidito” per quando
riguarda i rapporti con le persone nella strada. I primi assalti dei ragazzi
locali con le solite frasi di aggancio ci danno fastidio e rispondiamo anche
bruscamente.
Arriviamo
nella piazza principale, Parque Cespedes, ci sediamo nella terrazza dell’Hotel
Casa Grande che dà direttamente sulla piazza.
C’è
molta confusione. Gente che cammina nelle vie strette saltellando su e giù
dagli alti marciapiedi.
Nell’aria
c’è la puzza delle sgasate dei camion quando affrontano le salite.
Il
centro è, infatti, tutto un sali e scendi con vista sulla baia sottostante. I
marciapiedi così alti servono a contenere i torrenti d’acqua che, quando ci
sono le piogge, prendono velocità per le ripide discese.
Ci
sono meno turisti in giro che all’Havana e i pochi si vedono da lontano. Molte
le coppie miste quasi sicuramente occasionali.
Fino ad ora questo aspetto del turismo cubano non ci aveva infastidito ma
anzi ci dava l’impressione che la soddisfazione fosse reciproca.
I
pochi contatti con questa triste realtà del turismo a Cuba ci aveva comunque
mostrato ragazzi giovani che volevano sì divertirsi ma rispettando le ragazze e
cercando anche un rapporto “diurno”, oltre le quattro mura, anche con i loro
amici. Magari in spiaggia o nei locali ad ascoltare musica.
Nei
ristoranti avevamo incontrato coppie dove comunque l’occidentale adulto
tentava un certo corteggiamento.
Qui
la sensazione cambia. Grazie soprattutto al pessimo modo di fare di alcuni
attempati italiani che parlano delle ragazzine cubane come fossero giocattoli.
Passiamo
davanti alla casa della cultura dove c’è un’esposizione di quadri. Alcuni
ci affascinano subito per i loro colori. Facciamo i complimenti all’autore
quando si avvicina verso di noi, ma appena ci spara cifre assurde per noi
(200/300 $) proviamo ad allontanarci. Ci segue ed abbassando la voce ci convince
a seguirlo dentro l’edificio, nel cortile interno, dove sempre con fare
sospetto, da vero attore, ci propone una cartella di quadri piccoli e meno
costosi.
Se
si supera il primo momento di sospetto, non si può non sorridere pensando agli
stratagemmi che quotidianamente ti si presentano.
Un
altro personaggio si propone di farci vedere il palazzo. Una volta era, prima
della rivoluzione, un importante casinò. Il governo lo ha affidato a loro per
restaurarlo (?). Ci porta sulla terrazza dove la vista sulla città, sulla baia
e sulle montagne è totale. Anche questo signore è molto gentile e si becca il
suo dollaro per la “ricostruzione”!
Santiago
è la seconda città per estensione e nella città si trovano i palazzi e i
musei più antichi dell'isola, tra cui la Casa di Diego Velázquez e il Museo
Municipal Bacardí.
Molte
case hanno balconi in ferro battuto e strette scale esterne.
La
sera, dopo cena, restiamo in casa a parlare con la figlia della padrona di casa
e suo marito. Lei parla un po’ di italiano e molto bene l’inglese. Avrà
circa 25 anni, una figlia di due, frequenta l’università e dà una mano alla
madre con la gestione della casa particular.
Lui
fa l’autista di un piccolo camion, che trasporta materiale per spettacoli
musicali e teatrali.
Gli
facciamo molte domande sulle strade e quando gli diciamo che diamo spesso
passaggi a persone ci mette in guardia e si raccomanda di non essere troppo
superficiali. A dire il vero, anche parlando con alcuni cubani una volta
ritornati in Italia, ci è stato detto che la cosa non è così tranquilla, ma
noi non abbiamo assolutamente avuto problemi, anzi è stata una delle cose del
viaggio che ricorderemo con maggior piacere.
4/11
- Santiago
Dopo
l’abbondante colazione preparata dalla padrona di casa, torniamo nella piazza
di Parque Cespedes.
La
giornata è nuvolosa ma fa un caldo pazzesco. Non c’è vento e l’umidità è
altissima
E’
il primo giorno che sudiamo dopo venti giorni di Cuba, ma si soffre anche per
gli altri giorni.
Raggiungiamo
a piedi dal centro in pochi minuti il balcone di Velasquez, una terrazza che
parte dal lato di una strada vicino al centro, con una bella vista sulla baia.
Facciamo
qualche chilometro in auto uscendo da Santiago e arriviamo al Castillo del Mar.
La fortezza si trova all’entrata della baia di Santiago. Dall’alto la vista
della baia e della città è magnifica.
Pranziamo,
molto lentamente ma bene, al ristorante della marina di Punta Gorda. Da questo
lato si ha la vista del castello e un altro scorcio di baia oltre che di Cayo
Granma. Il cayo è un isolotto praticamente al centro della baia che si gira a
piedi in venti minuti di cammino.
Prendiamo
una lancia statale per andare a visitarlo.
E’
incredibile il numero di case e di bambini che vi si trovano. Non ci sono strade
ma solo sentieri che costeggiano l’acqua e le file di case che si arrampicano
per la dolce collina del cayo.
Ritorniamo
in città e l’attraversiamo nell’ora di punta.
Il
fumo che esce dai tubi di scarico dei camion che affrontano le salite,
stracarichi di persone prende alla gola. C’è un traffico assordante aggravato
dai colpi di clacson di moto, taxi e camion.
Nel
buio della sera che scende si sentono echeggiare gli schiamazzi delle persone in
fila nella attesa di un bus o un camion.
Seduti
sul bordo del marciapiede ci guardano passare gli abitanti delle case che per il
gran caldo preferiscono stare in strada.
Ceniamo
in casa con aragosta e dopo aver scroccato un passaggio per il centro al marito
della figlia ci dirigiamo alla “Casa della Trova”.
Col
camion facciamo un percorso alternativo perché i cubani, senza il permesso di
taxista, non possono trasportare turisti. Dal nervosismo dell’autista capiamo
che non è una cosa da poco quella che sta facendo e ci spieghiamo anche le
calde raccomandazioni della moglie all’uscita di casa, così apprezziamo molto
il favore.
Ci
scarica in un vicolo buio e ci
riempie di raccomandazioni sulla strada da fare e sulle cose da evitare al
nostro ritorno a casa.
Davanti
al locale dobbiamo fare la fila e la fauna presente è già uno spettacolo.
Dalle coppie di giovani turisti, alle coppie miste, alla comitiva di settantenni
con guida al seguito.
Questa
sera c’è un concerto del “Settetto Santiagheno”. Suonano un “sol”
molto moderno, cioè una salsa molto ritmata e veloce.
Il
locale rispecchia tutte le cose che ci sono a Cuba. Semplice, piccolo, ma
accogliente e pieno di storia e fascino.
Ci
sono ampi archi che danno sulla balconata sospesa sulla calle sottostante.
Affacciandosi a questo balcone si vedono i cubani che non possono permettersi i
5 dollari d’entrata e restano in strada ad ascoltare la musica.
5/11
Santiago - Trinidad
Il
gallo colpisce ancora e dormiamo malissimo.
Dopo
aver parlato con una coppia di olandesi sul lungo tragitto che ci attende, ci
rassegniamo a fare tappa a Camaguey per una notte, per poi riprendere il viaggio
per Trinidad.
Volevamo
fare il tragitto tutto in un giorno per avere più tempo a Trinidad, città che
ci ispirava molto.
Ci
hanno prospettato sei ore per arrivare a Camaguey, così ce la prendiamo
relativamente comoda.
Dopo
i saluti con i padroni di casa riprendiamo l’autopista per un breve tratto e
poi deviamo per la Carretera Central in direzione Bayamo e poi verso Las Tunas.
Abbandoniamo
le colline e il paesaggio diventa completamente pianeggiante.
Diamo
un passaggio a due ragazze che vanno a Contramaestre per il carnevale. Sono
molto “cariche” e anche un po’ sfacciate nel chiederci prima un
“regalito” e poi proprio dei dollari. E’ la prima volta che ci capita su
oltre 30 persone trasportate. Una volta abbiamo regalato una cassetta di musica
rock americana ad un ragazzo che aveva voglia di parlare inglese e quasi si
vergognava.
Arrivati
nel paese siamo avvolti dalla grande animazione che c’è per le strade intorno
alle bancarelle.
La
strada è in buone condizioni ed arriviamo a Camaguey in quattro ore e mezza.
Sono
le 14 e ci mangeremmo i due olandesi. Partendo prima saremmo arrivati
tranquillamente alla nostra meta. Facciamo un rapido calcolo e rischiamo il
viaggio fino a Trinidad.
Non
siamo interessati a Camaguey e non ci va di addentrarci per il centro alla
ricerca di una casa per la notte. Proseguiamo sulla
carretera central in direzione Ciego de Avila e Sancti Spiritus. Ci
imbattiamo in un temporale neanche tanto passeggero. Sorpassiamo i camion pieni
di persone che cercano di coprirsi con dei teli improvvisati e ci fanno
tenerezza.
Da
Sancti Spiritus la strada per Trinidad è praticamente tutta in discesa ed è
bellissima. Precediamo la pioggia ed arriviamo a Trinidad
dopo otto ore di viaggio giusto mentre cala il sole.
Era
la nostra paura più grande quella di guidare al buio. Non tanto in città,
quanto nelle strade in campagna, dove al buio non si vedono eventuali buche e
soprattutto non si vedono i carretti o le biciclette o addirittura le persone
che camminano sul bordo della strada.
Troviamo
alloggio nella casa particular del Senor Carlos.
La
cena preparata dalla moglie è deliziosa e sarà così per tutta la vacanza.
Abbiamo veramente mangiato meglio nelle case che ci hanno ospitato che nei vari
ristoranti.
Passiamo
un paio di ore dopo cena a conversare col padrone di casa nella sua arieggiata
terrazza.
E’
un professore di fisica e matematica che ha passato la cinquantina d’anni e si
è ritirato dall’università per dedicarsi alla casa particular. Parliamo
naturalmente della situazione politica e sociale di Cuba e si dimostra un ottimo
oratore.
Lui
ha la sua versione della situazione e la spiega con fervore perché è chiaro
che ci crede.
Secondo
noi incarna perfettamente la filosofia cubana più moderna, quella che riguarda
un popolo che deve imparare a farcela da solo, senza più l’appoggio di
qualche potenza straniera. Nella storia si sono, infatti, susseguite: prima la
Spagna, poi gli Stati Uniti ed infine l’Unione Sovietica.
Parliamo
di un popolo che ha fatto due rivoluzioni in poco più di cento anni.
Lui
non si definisce comunista ma “castrista”, cioè fedele seguace delle idee e
delle scelte di Fidel Castro. Difende con orgoglio l’indipendenza e la capacità
di essere così sprezzanti con l’impero nemico così vicino (soli 180 km).
Considera, infatti, proprio così, sprezzante, l’uso ormai ufficiale del
dollaro, la moneta del nemico.
Al
tempo stesso si dà da fare e restando il “più possibile” nelle regole si
organizza una propria attività legata al turismo, che è convinto sarà la loro
ancora di salvezza. Nel bene e nel male.
Rimandiamo
la piacevole chiacchierata ma siamo molto impazienti di avventurarci per le vie
di Trinidad.
La
passeggiata nella brezza della sera è molto piacevole, grazie alla tranquillità
della sera nella cittadina.
Nella
piazza principale (Plaza Mayor), si trova una scalinata che fiancheggia la
chiesa. In cima c’è la Casa della Musica. A metà, in una piccola piazzetta,
c’è un gruppo musicale che suona.
E’
pieno di gente seduta ai tavolini improvvisati o sui gradini della scalinata.
L’atmosfera
è molto coinvolgente e rilassante nello stesso tempo.
Come
al solito, specialmente quando è gratis, c’è di tutto. Ci sono anche molti
giovani cubani che si mescolano ai turisti.
6/11
- Trinidad
Bisogna
dire che quasi tutte le città cubane si assomigliano, a parte l’Havana,
Santiago e soprattutto Trinidad.
L’atmosfera
non è quella “frenetica” delle altre due grandi città, dove nell’ora
dell’uscita dal lavoro tutti corrono per prendere i pochi camion/bus
disponibili per fare anche viaggi impegnativi per tornare a casa.
Qui
si respira l’aria del paese dove tutti si conoscono, dove i giovani si danno
appuntamento nella piazza principale e i più anziani stanno seduti davanti alla
casa a chiacchierare col vicino.
Le
case sono basse, colorate, ai lati di vie strette e lastricate di pietre. Tutto
in bel stile coloniale.
Bisogna
dire che rispetto alle città coloniali messicane (soprattutto Oaxaca), la
bellezza delle architetture non è paragonabile. Qui i colori sono molto più
tenui, dovuti soprattutto alla minor manutenzione del colore, anche perché qui
il sole non scherza.
A
far la differenza è ancora una volta la popolazione. Qui meno “spettatrice”
di quella messicana e quindi molto più protagonista della vita di strada. Di
giorno o di sera ad ogni angolo di strada c’è qualcuno che suona. Per i
turisti o per diletto personale.
Quando
non si tratta di musica dal vivo
c’è comunque una radio o uno stereo che spara, a volte gracchiando, note
ballabili, dove neanche i bambini quando passano per strada con la maestra ed
addirittura in fila per due e tenendosi per mano, riescono a trattenersi dal
ballare.
Perdersi
per la vie del paese o restare seduti su una panchina della piazza principale
sono i nostri modi migliori per vivere la città.
Di
giorno ci sono molte comitive di turisti che seguono la guida di turno “alla
giapponese”, cioè che, praticamente di corsa, attraversa le stradine in
salita della città.
Bisogna
ottimizzare il lungo viaggio dai resort dell’Havana o Varadero.
E’
di sera che la città riprende la sua atmosfera di piccola comunità, dove anche
alcuni turisti, o comunque stranieri, sembrano completamente integrati con i
giovani locali.
Vediamo
il tramonto seduti sui gradini di una chiesa abbandonata che raggiungiamo dopo
15 minuti di camminata in salita ripida dalla piazza principale.
Dominiamo
praticamente tutta la città e la vista arriva fino alla baia più lontana,
perché Trinidad non è direttamente sul mare.
Arrivano
altri turisti armati di macchine fotografiche e alcuni locali offrono posti per
la cena o chiedono sapone e profumi.
7/11
- Playa Ancon
Andiamo
a vedere quella che è considerata la spiaggia di Trinidad: Playa Ancon.
Si
trova a una ventina di chilometri a sud della città.
Davanti
all’hotel Ancon la spiaggia è grande e bianca e il mare, specialmente di
mattina, è piatto come una piscina.
Sto
scrivendo durante il sunset nel tardo pomeriggio (17.30).
Siamo
seduti ad un tavolino del bar sulla playa e lo spettacolo del sole che scende in
acqua è come al “solito” diverso seppur uguale. Le facce dei pochi
avventori trasmettono pace e armonia.
Questo
sembra veramente “il posto” che tutti cerchiamo.
Per
l’ultima sera in Trinidad ci perdiamo in chiacchiere col Senor Carlos.
La
fresca brezza che si sente nella sua terrazza e la comodità della sedia a
dondolo aiutano la piacevole conversazione.
Si
considera un “professionista” della casa in affitto. Ci parla della catena
tra le varie case particular di ogni città dell’isola. Tutti i proprietari di
case con camere in affitto si danno una mano “associandosi” tra loro per
“passarsi” i turisti che girano l’isola. Quindi ogni padrone di casa si
preoccupa di prenotare per il turista la prossima casa in affitto. Il più delle
volte però tra loro neanche si conoscono.
8/11
Trinidad - Havana
Dopo
aver ricevuto le raccomandazioni dovute dal Senor Carlos e signora si parte per
Cienfuegos.
La
signora ci esortava all’attenzione alla guida mentre il vero imprenditore si
preoccupava di augurarci di ritornare e soprattutto di fargli pubblicità in
Italia.
Grande
Senor Carlos!
Preferiamo
la strada costiera a quella che passa per Topes de Collantes, molto panoramica
ma molto più lenta. Purtroppo dobbiamo arrivare nella capitale prima delle 13
per problemi col biglietto aereo e conoscendo ormai gli impiegati cubani è
meglio arrivare prima. Infatti, arriviamo prima delle 12 e il “simpatico”
funzionario della Press Tour (pessima agenzia con pessimo servizio!), stava per
chiudere anche se sulla porta c’era scritto: ”chiusura ore 13”!
La
strada costeggia alcune calette di roccia con il mare che è, come al solito di
mattina, liscio come uno specchio.
Dopo
Cienfuegos puntiamo verso l’autopista discutendo con una coppia di cubani, che
avevamo a bordo, che ci voleva far fare un’altra strada, naturalmente più
comoda per la loro destinazione.
Restiamo
della nostra idea e la strada da loro descritta come “malo, malo” si rivela
invece in buone condizioni. Ormai cominciamo a conoscere “i nostri polli”.
Da
qui è tutta autopista fino all’Havana. Tutto in tre ore e trenta.
La
città è molto grande ma le vie principali sono poche e ormai ci muoviamo
padroni della situazione.
Il
Malecon è chiuso per il carnevale che inizia proprio oggi.
Alloggiamo
in altro bellissimo hotel della catena degli alberghi coloniali: Hotel Siviglia.
Affittiamo
per un’ora una Mercury del ‘54, rossa, cabrio e ci facciamo portare
dall’autista a Miramar, il quartiere delle ambasciate e delle bellissime case
borghesi degli anni 50 che si trova a ovest del Vedano. Da qui arriviamo poi
fino a Marina Heminguey, un posto molto turistico, sono tutti appartamenti per
gente che vuole affittare barche per andare a pescare. Niente di particolarmente
lussuoso ma anche qui i cubani non possono entrare.
9/11
- Cayo Largo
Ebbene
sì: il paradiso!
Questa
isola si raggiunge con un volo interno dall’Havana in meno di un’ora.
Anche
qui i cubani non possono venire liberamente ma solo per lavorare o se inviati
dal governo.
Quelli
che ci lavorano fanno turni di 20 giorni, poi tornano 10 giorni a casa per
riposo. La maggior parte viene dall’Isola della Joventud.
Non
esiste un vero paese, ma solo alcuni resort e un quartiere vicino alla marina,
dove dormono i cubani che lavorano negli alberghi. I resort si affacciano tutti
sullo stesso lato dell’isola, quello verso sud. Sono comunque complessi
turistici non esagerati e abbastanza mescolati alla vegetazione.
Lavorare
qui è per loro un lusso, si guadagna bene e si è a contatto dei turisti per le
mance, che diventano più consistente quando il turista sta tanto in un posto.
Naturalmente i ragazzi sono bravissimi a coccolare gli stranieri.
Quasi
tutti hanno fatto l’università e parlano varie lingue.
L’isola
è stata chiusa per tutto il mese di ottobre e molti resort sono ancora chiusi.
La decisone è stata presa dopo che lo scorso anno un uragano ha fatto dei veri
disastri.
La
baia dove si affacciano tutti i resort è molto bella, anche se il mare è un
poco mosso.
C’è
la possibilità, affittando auto o scooter, di visitare l’isola, che per buona
parte è selvaggia.
Il
vero paradiso si raggiunge in una decina di minuti partendo dai resort con un
trenino trascinato da un trattore: Playa Paraiso e Playa Sirena.
Sono
due spiagge vicine, raggiungibili tra loro in circa venti minuti di cammino
lungo la riva. Si cammina
fiancheggiando un mare che trova le più incredibili quantità di variazioni di
colore del verde e del blu.
Non
ci sono costruzioni e speriamo che resista così, su questo i cubani non ci
sembrano affatto stupidi.
Tutti
i resort che abbiamo incontrato (a parte forse Varadero) sono fatti con gusto e
distanti tra loro e dal mare.
Solo
a Playa Sirena si trova un
ristorantino, ma i resort, visto che tutti hanno la formula
“all-inclusive”, forniscono su richiesta un sacchetto di cibo.
Siamo
stati molto fortunati nell’incontrare alcuni ragazzi romagnoli, passando così
purtroppo tutte le sere all’interno del resort ma in piacevole compagnia, ben
consci che la visita della vera Cuba era finita, ma il più bel mare mai visto
prima meritava anche qualche giorno in un “resort tutto incluso”.
Indirizzi
"Case Particular":
-
Carlos Gonzales 36 altos, Trinidad
(all'inizio della città sulla strada per Cienfuegos)
carlosglezcu@yahoo.es
tel. (53) 419-3170
-
Reina Aroche Gonzales Calle 4 N° 253 (tra 9 e 11) Vista Alegre, Santiago de
Cuba
tel.
(53.22) 644310
Lorenzo Gandolfi henriett@tsc4.com