Diario di viaggio 10-26 Febbraio 2007
Prologo
Perché si decide una meta di viaggio?
Forse per vedere qualcosa di importante, un posto famoso in tutto il
mondo, incantati dai racconti di chi c’è stato, o, forse più semplicemente
per il desiderio di conoscenza di realtà diverse dalla nostra quotidianità.
Questa volta la nostra scelta è caduta su
due stati fisicamente vicini del Centroamerica, ma molto diversi culturalmente e storicamente;
siamo partiti senza un programma preciso, solo alcuni luoghi che volevamo
visitare, il resto lo si vedrà strada facendo.
Siamo consapevoli che questo viaggio non ci
potrà dare le emozioni di trovarci in luoghi storici famosi, anzi di storia ne
troveremo ben poca, ma puntiamo sulla natura e il suo grande fascino.
Venerdì 9 febbraio
Ore 17,30 finisce la giornata di lavoro, ora
si può finalmente staccare la spina e per due settimane cambiare il ritmo alla
vita, mangiamo qualcosa in fretta, ultimi preparativi e alle 22e30 arrivano i
nostri accompagnatori per il Marco Polo di Venezia. Io e Rosy ancora una volta
partiamo alla volta dell’America Latina “l’America
Perdida” ancora una volta con il
solo biglietto aereo, ma con tanta
voglia di essere ancora nomadi per la Transamerika.
A mezzanotte arriviamo all’aeroporto,
salutiamo Damiano e Lorenza che gentilmente ci hanno accompagnati e ci
prepariamo a passare la notte al Marco Polo; la scelta di passare la notte in
aeroporto viene dal fatto che avendo l’aereo per Amsterdam alle 6 dovevamo
essere qui alle 4; ciò significa partenza alle 3 e sveglia alle 2. Decisamente
non valeva la pena, così optiamo per la scomoda, ma più tranquilla scelta di
partire la sera prima.
Sabato 10 febbraio
Naturalmente la notte la si passa in bianco
chiudendo solo gli occhi, ma senza riuscire a prendere sonno, notiamo comunque
che c’è ( come altre volte del resto) parecchia altra gente che ha fatto la
nostra scelta. Alla 4 e30 facciamo il ceck-in e stavolta, contrariamente a
quanto ci era capitato in altri viaggi, l’addetta della KLM, ci assicura che i
nostri bagagli li ritireremo direttamente a San Josè.
Alle 6 e 10 decolliamo e puntuali alle 8 e
15 arriviamo ad Amsterdam in una grigia e abbastanza fredda mattina. Qui avremo,
volendo, il tempo di fare un salto in città, ma la giornata e soprattutto il
nostro abbigliamento poco pesante ci consigliano di rimanere dentro allo
Schiphol.
Attendiamo le 13.15 (ora d’imbarco) girovagando
tra i tanti negozietti ; alle 14 il 767 della Martinair si leva in volo verso
l’America. Il volo è stato tranquillo: Rosy (come sempre) dorme profondamente
mentre io non chiudo occhio. Circa
alle 18 ( le 24 in Italia) atterriamo a Miami; naturalmente, anche se il nostro
è solamente uno scalo tecnico, siamo sottoposti ai soliti controlli di rito che
ormai conosciamo bene. Successivamente ci avviano verso una zona di aeroporto
destinata ai soli voli in transito e alle 20 saliamo nell’ultimo aereo (sempre
della Martinair) di questa lunga giornata che in 3 ore raggiungerà l’
aeroporto Juan Santamaria di San
Josè.
Arriviamo alle 22 ora locale (c’è un ora
di fuso con Miami) e dopo aver ritirato gli zaini, che fortunatamente anche
stavolta sono arrivati a destinazione, prendiamo subito un taxi di quelli
ufficiali (arancione) che per 3 dollari ci porta alla vicina città di Alajuela.
Qui ci facciamo lasciare all’ hostal La Central; subito il gestore ci mostra
una stanza spartana e non proprio pulitissima, ma data la stanchezza
e trattandosi di una sosta di poche ore, l’accettiamo: sarà una scelta
pessima.
Il posto, infatti, inizialmente
apparentemente tranquillo si rivelerà un “porto di mare” con gente
chiassosa e rumorosa che viene e và ad ogni ora; il ns più che fondato
sospetto è che siamo finiti in una specie di bordello e pure di bassa
categoria. Morale: anche stanotte non riusciremo a dormire e a poco sono valsi
sia gli inviti al silenzio che le urla rivolti verso gente che di dormire
proprio non aveva alcuna intenzione.L’ hostal
è proprio uno schifo: muri finissimi, isolamento zero, abbiamo dormito
(e fortunatamente sarà l’unica volta) con i sacchi lenzuola. .
I “soli” 9 dollari spesi per la stanza
sono stati un furto.
La scelta di passare una notte ad Alajuela
va sconsigliata anche perché, indipendentemente dall’albergo scelto, essendo
molto vicina all’aeroporto, si sente molto forte il rumori degli aerei.
.
Domenica 11 febbraio
Dopo questa infame notte alle 6 siamo già
in piedi e raccolti gli zaini , usciamo da questo postaccio; prima però ci
facciamo cambiare dal gestore 20 dollari in Colones (Col) ad un buon cambio,
(menomale!!!) e ci indica pure dove ferma il bus proveniente da San Josè e
diretto a Monteverde, nostra prima tappa costaricense.Ci dice che il bus parte
alla 7 e30 e sarà una indicazione errata; infatti alle 7 alla fermata il bus è
già lì pronto per partire. Saliamo al volo, paghiamo 2300 Col a testa e si
parte: inizia l’avventura.
Il viaggio si snoda tra bei paesaggi:
lasciamo la meseta (altipiano) central e ci avviciniamo alla costa pacifica; ad
un certo punto lasciamo la Panamericana per imboccare la strada che conduce a
Monteverde. Notiamo il cartello che indica 35 km alla metà, ma complice una
pessima strada non asfaltata impiegheremo oltre due ore per arrivare. Strada
facendo costeggiamo dei bellissimi miradores da cui si può ammirare il golfo di
Nicoya.
Alle 11 e 30 siamo finalmente a Santa Elena
di Monteverde, fa caldo, ma non troppo e subito un signore ci invita a vedere
una stanza. La nostra intenzione è di rimanere qui oggi e domani. La stanza
proposta dal signore è carina, ma decisamente troppo piccola, così decliniamo
l’offerta e lo stesso signore ci consiglia di vedere una stanza poco più
avanti: così facciamo e troviamo una bella stanza in luogo tranquillo per 18 $
a notte.
Il posto si chiama cabina Paraiso, siamo a
300m dal centro, (anche se Santa Elena non ha un vero e proprio centro) e
Jessica, la padrona di casa, si dimostra subito gentile e simpatica oltre che
attiva nel proporci escursioni: tra le altre cose ci propone pure il canopy (si
vola sopra la foresta imbragattati ad una fune) e il percorso dei ponti sospesi
a cui eravamo interessati. Il costo è di 55$ a testa, otteniamo uno sconto di 5
$ in due ….. Ci sistemiamo in camera, la tentazione di buttarci a letto è
forte, ma pure la voglia di uscire e di fare una camminata per il posto.
Opteremo per la seconda ipotesi.
Monteverde è una grande riserva naturale e
la località principale è appunto Santa Elena; nelle vicinanze del paese ci
sono due parchi con ingresso a pagamento: il parque Monteverde e il parque Santa
Elena (che fantasia!!). Noi non visiteremo nessuno dei due che dicono molto
simili e pure abbastanza cari: 12 $ a testa (per l’ingresso) e se vuoi una
guida 17 $ per un’ora e mezza di
visita guidata. Oggi faremo una cosa un po’ alternativa: prendiamo un bus che
ci conduce all’entrata del parque Monteverde 6 km da Santa Elena e torniamo indietro a piedi. Sarà una
bella camminata anche se la vegetazione non è così lussureggiante come
pensavamo; infatti pur essendo in una riserva nublosa e umida, siamo nel mezzo
della stagione secca, che quest’anno da quello che ci è stato detto è più
secca del solito. A metà tragitto facciamo una sosta alla lecheria dove
prendiamo due frappè (batidos) a base di frutta; buonissimi, ma per me non sarà
una buona scelta.
Ritornati a Santa Elena ci informiamo presso
un paio di agenzie, sul canopy e puentes e sembra che l’offerta di Jessica sia
la più conveniente. Quando inizia a fare buio cioè alle 18 (la luce del giorno
qui dura circa 12 ore dalle 6 alle 18 appunto) rientriamo in camera e li passo
veramente un brutto quarto d’ora: riemerge
un mio vecchio problema (la colite); il batido è stato buono, ma fatale. La
cosa dopo un po’ si risolve al bagno. Sarà, per fortuna, l’unico brutto
momento del viaggio: Ho imparato la lezione: al frappè meglio preferire una
buona birra!!!!
Complice la stanchezza e l’imprevisto malessere mio,
decidiamo di rimanere in stanza e dopo aver combinato con Jessica il tour canopy
e puentes ci dedichiamo ad una ottima e rigenerante dormita.
Lunedì 12 febbraio
Finalmente una notte come si deve: una bella
dormita, anche se alle 4 e 30 (ricordiamo le 7 ore di fuso) siamo gia svegli e
vispi; alle 6 e 30 decidiamo di uscire e fare un giro per Santa Elena che si è
già svegliata ( come in tutta l’america latina il giorno inizia presto). Alle
8 arriva il pulmino al nostro alloggio per accompagnarci al tour. Naturalmente,
il pulmino effettua altre soste per raccogliere altri turisti che, come noi
effettueranno queste due escursioni. Finalmente riempito il pulmino (con noi ci
sono solo americani ed israeliani) lasciamo il paese e dopo 20 minuti di strada
tutta in salita abbastanza ripida arriviamo all’entrata del tour dei puentes
che faremo per primo. L’escursione è abbastanza piacevole, tra una folta
vegetazione, attraversando ponti con struttura metallica, che fanno un po’ da
contrasto con una natura che sembra “incontaminata”, ma credo che sia solo
un’ apparenza. Notiamo varie specie vegetali tra cui spiccano degli alberi
“strangolatori” che avvolgendo, attorcigliandosi al tronco,
gli altri alberi, li fanno morire; il tronco interno man mano si svuota
lasciando una cavità molto particolare, all’interno della quale ci si
può arrampicare. Riusciamo a vedere pure uno strano animaletto (di cui non
ricordo il nome) che sembra un incrocio tra una grossa lepre e una marmotta ed
anche un uccello della famiglia del quezal, con parte delle piume rosse.
Finito il giro ai puentes ritorniamo al
pulmino che ci porta al canopy. Per prima cosa ci fanno compilare un modulo poco
rassicurante in cui indicare, in caso di disgrazia,chi dev’essere avvertito e
poi ci viene consegnato
l’equipaggiamento: caschetto, guanti ed imbracatura con vari ganci metallici.
Successivamente ci viene spiegato come funziona il canopy, la frenata ecc. Poi
si parte ………….un po’ di fifa c’è !!!!!!!!!Rosy dopo il primo tratto
decide che per continuare vuole essere accompagnata da
un accompagnatore, mentre io li farò in solitario con il risultato che in un
tratto (abbastanza lungo) freno troppo e mi fermo ad una quindicina di metri dalla meta: cerco di non
farmi prendere dal panico malgrado sia li a penzolare a 25 metri d’altezza;
immediatamente arriva in mio soccorso uno degli assistenti che mi porta alla
pedana. Il Canopy è stata una bella esperienza decisamente adrenalinica; in
particolare il salto tipo
“tarzan” dove ti lanci nel vuoto e poi penzoli un mezzo minuto finchè gli
assistenti non ti fermano.
Davvero una cosa unica ammirare la foresta
dall’alto, appesi ad una fune: una bella esperienza anche se sconsigliata decisamente a chi
soffre di vertigini. Il gruppo degli accompagnatori-assistenti è molto valida
per cui il tutto si svolge nella massima sicurezza.
Verso l’una facciamo ritorno a Santa
Elena, ci fermiamo in centro, mangiamo qualcosa, cambiamo un po’ di soldi in
banca (poche colones poiché domani andremo in Nicaragua) e poi ritorniamo alla
cabina Paraiso per un breve riposino.
Passiamo il pomeriggio tra una
passeggiata in zone poco turistiche di Santa Elena,e connessione internet per
mandare le prime nostre notizie ad amici e parenti e raccolta di informazioni
sul come lasciare Monteverde domani ed arrivare in Nicaragua: la migliore
soluzione è di raggiungere con un autobus la panamericana e poi prendere il
Ticabus che effettua la linea San Josè- Managua,; purtroppo all’ufficio del
Ticabus ci dicono che per domani
non ci sono posti disponibili.
Andiamo a cenare al ristorante “El Marquez”
dove mangiamo discretamente spendendo però 9720 Col, (scopriamo infatti che i
prezzi del listino non includono ne il servizio (10%) ne la tassa (13%). Questa
pessima abitudine la riscontreremo in altri locali soprattutto in Costarica, ma
anche in Nicaragua, ma capita la lezione d’ora in poi staremo più attenti e
chiederemo.
Finito di cenare Santa Elena non offre un
gran che, così dopo un gelato alle 21 e 30 siamo già a nanna.
Martedì 13 febbraio
La sveglia suona alle 5; preparati gli zaini
usciamo verso il centro, dove prima delle 6 facciamo il biglietto del bus per la
panamericana (800 Col a testa). Qualche minuto dopo l’autobus parte e due ore
dopo arriviamo alla panamericana. Qui scendiamo e aspettiamo che
passi un bus in direzione Liberia o meglio ancora Penas Blancas (il
confina con il Nicaragua). La fortuna fa si che dopo 10 minuti di attesa passi
si fermi (cosa rara come noteremo poi) il già citato Ticabus; chiedo
all’autista se per caso ci siano due posti liberi destinazione Nicaragua e la
risposta è affermativa; che fortuna!!!!!!!!!!! Paghiamo
20 dollari in 2 e saliamo nel comodo e veloce autobus, chiedendoci pure
come mai ieri ci avevano detto che era tutto pieno, mah…
L’autobus prosegue veloce, prima della
frontiera ferma solo a Liberia; notiamo che nell’autobus di turisti c’è ne
sono proprio pochi; sono quasi tutti nicaraguesi che fanno ritorno in patria,
(sicuramente immigrati in Costarica per lavoro).
Arrivati in frontiera ci attende una lunga
fila all’ufficio per le uscite dal Costarica, mentre per l’entrata in
Nicaragua tutti i passeggeri consegnano il passaporto ad un addetto del Ticabus
che sbriga questa formalità; l’attesa sarà comunque piuttosto lunga e perciò ne
approfitto per andare in una banca e cambiare subito 100 $ in Cordobas (Cor).
Anche qui, come del resto in tutto il viaggio il cambio è stato buono, molto
vicino al tasso ufficiale ed inoltre, come del resto altrove in America Latina,
non viene applicata alcuna commissione. Come cambio 1 € equivale a circa 23,3
Cordobas, mentre 1 $ vale 18,05 Cordobas.
Per l’entrata in Nicaragua paghiamo una
tassa di 8 $ a testa.
Attraversiamo pure uno strano controllo per
i bagagli che non capiamo come funzioni; sta di fatto che passiamo con i nostri
zaini vicino all’entrata degli uffici della frontiera, nessuno ci ferma o ci
dice qualcosa quindi ritorniamo verso l’autobus con i nostri bagagli
“controllati”.
Finalmente, verso mezzogiorno si riprende la
marcia.
Caspita siamo in Nicaragua!!!!!
Quasi subito costeggiamo il grande lago di Nicaragua e
notiamo l’isola di Ometepe con i suoi due maestosi vulcani: il Maderas e il
Concepciòn. L’isola sarà la nostra meta di domani, oggi vogliamo andare a
San Juan du Sur, così, dopo un po’, l’autobus ci facciamo lasciare al
bivio, poco prima di Rivas, da cui parte la strada che porta a San Juan.
Scesi dall’autobus non ci resta che
aspettare un bus locale che ci porti alla cittadina distante una quindicina di
km; dopo circa un quarto d’ora si ferma un pick-up e fa salire un uomo che
fermo vicino a noi faceva l’autostop, e gentilmente offrono anche a noi un
passaggio fino a San Juan. Saliamo nel retro del mezzo con i nostri zaini e nel
giro di un quarto d’ora arriviamo proprio in centro alla cittadina balneare.
Ringraziati gli amici che ci hanno offerto il passaggio cerchiamo una stanza, ma
la ricerca è più lunga del previsto, vuoi per i prezzi, ma anche per i posti
troppo spartani e rumorosi; alla fine decidiamo per l’hotel Nina vicino al
mercato per 15 $.
Dopo esserci sistemati, (c’è da dire che
la stanza non è un gran chè, ha il bagno in comune con un'altra camera, ma
c’è un comodo poggiolo) usciamo e andiamo verso la spiaggia.
Siamo appena arrivati in Nica e subito
arriva il momento di prendere una seria decisione: avevo letto che in Nica ci
sono due tipi di birra: la Victoria e la Tona e sembra che entrambe abbiano
fedeli sostenitori, molto attaccati al tipo di birra, quasi come tifoserie
rivali. Naturalmente la scelta va’ fatta dopo i dovuti assaggi e nel corso del
pomeriggio decido di stare dalla parte della Tona, con un gusto più deciso
della rivale Victoria che ho trovato più
leggera e frizzante, insomma “meno” birra della Tona. W la cerveza
Tona che allieterà il soggiorno in Nica.
San Juan du Sur è un bel centro balneare;
situato in una piccola baia, che ne fa anche un luogo caratteristico; in giro
non ci sono tanti turisti; ho sentito che nei dintorni ci sono delle spiagge
molto belle, ma noi non abbiamo il tempo di visitarle, anche perché non è che
il mare, anzi le spiagge ci entusiasmano più di tanto. Passiamo un po’ di
tempo in spiaggia, poi ci godiamo un tramonto spettacolare sull’oceano che
rimarrà sicuramente nei nostri ricordi, con il sole che lentamente affonda nel
limpido oceano, mentre il cielo si colora di vivaci tonalità. Camminiamo sulla
spiaggia fino alla fine della baia, e ammiriamo pure il mare aperto,
accompagnati da vari uccelli marini, che sembrano danzare nel cielo terso. Un
grande spettacolo della natura.
Rientrati in hostal e fatta una doccia
(fredda) usciamo, mangiamo mediocremente in un posto vicino all’hotel
spendendo 180 Cor; facciamo poi quattro passi, l’ultima birra della giornata e
così finisce il nostro giorno d’esordio in Nicaragua.
Mercoledì 14 febbraio
Alle 5 e 30 siamo svegli e pronti per
affrontare un altro, seppur abbastanza breve, trasferimento. Come detto ieri la
nostra meta di oggi è l’isola di Ometepe, anche se non abbiamo un’idea
chiara sul dove alloggiare (forse ad Altagracia); intanto partiamo e poi si vedrà.
Abbiamo dedicato poco tempo a San Juan du Sur, ma per noi è stato sufficiente:
una bella cittadina di mare dove però ci è sembrato non ci sia un granchè da
fare, a meno che uno non sia appassionato di mare e spiagge. Così poco dopo le
6 siamo già in strada ad aspettare che parta il bus per Rivas,; il controllore
del bus (uomo molto ligio e premuroso nel procacciare passeggeri) ci comunica
che si partirà solo alle 6 e 50; poco male cosi trovo il tempo per un salto al mercato, già
aperto, dove inconsciamente compero delle banane che però sono dei platani,
buoni solo da cucinare, soprattutto fritti. Appena raggiungo Rosy ci accorgiamo
dell’errato acquisto: il platano infatti non si riesce a sbucciare, a
confermarcelo sono pure un paio di persone che nel vedermi tentare di sbucciarlo
prima si fanno una mezza risata poi ci spiegano l’uso commestibile del
platano; niente paura ritorno dalla signora del banco della frutta che
gentilmente mi cambia la merce, cosichè io e Rosy possiamo fare colazione con
delle squisite bananite.
Alle 6 e 50, dunque, partiamo verso Rivas
con il bus locale: i bus in
Nicaragua sono i vecchi scuolabus americani, vetusti, ma ben funzionanti un
po’ scomodi, ma pittoreschi; anche qui, come in altri posti dell’America
latina oltre all’autista c’è pure la figura del controllore (solitamente un
ragazzo o un anziano) che oltre a riscuotere il biglietto (senza emettere il
cartaceo) attira passeggeri gridando a gran voce la destinazione del mezzo.
Il bus ci scarica prima di arrivare a Rivas
in una rotonda dove incrocia la strada per San Jorge, località dove ci si
imbarca per Ometepe.
Appena scesi molti tassisti ci propongono il
passaggio per il molo, ma noi caparbi rifiutiamo convinti dell’arrivo di un
bus; dopo un po’ ci arrendiamo e saliamo su di un taxi che per un dollaro ci
porta dritti al molo.
Sono le 8 e 15 e il traghetto parte giusto
alle 8 e 30, meglio di così… Saliamo con calma nel traghetto e prendiamo
posto nella parte superiore all’aperto (il mezzo è a tre piani) e ci godiamo
un sole un po’ appannato da qualche nuvola.
La traversata dura poco più di un’ora,
costa 40 Cor cadauno, ci godiamo la bella visione in avvicinamento di
quest’isola molto particolare fatta quasi a forma di un otto (8) con i due
possenti vulcani a dominarla; tra l’altro Ometepe è l’isola lacustre più
grande al mondo e il lago di Nicaragua ci sembra davvero immenso. Alle 9 e mezzo
circa sbarchiamo a Moyogalpa e subito cerchiamo informazioni sui trasporti e
bellezze dell’isola; ci avvicina una signora sulla quarantina: lei è una
tassista, ma ci fornisce dettagliatamente la situazione dell’isola con le sue
attrattive e trasporti: ci dice chiaramente che gli autobus funzionano
abbastanza bene e che sono economici ( a differenza del suo taxi) ;ammiriamo
molto la sua onestà. La signora ci
consiglia vivamente di soggiornare al charco verde, nell’istmo occidentale
dell’isola, ma non all’hotel “Charco Verde”, ma alla finca Venecia:
posto simile, ma più economico del primo; ci dice pure che alle 10 e 30 parte
l’autobus per Altagracia che ferma nei pressi del Charco verde.
Ringraziamo molto la taxista delle
informazioni, faccio un salto in centro ad acquistare dell’acqua e qualcosa da
mangiare, mentre Rosy bada agli zaini, e alle 10 e 30 precise parte il bus. Dopo
circa 40 minuti di strada (10 Cor c/u il biglietto) il controllore ci indica di
scendere xchè il Charco verde è proprio li vicino, a
5 minuti di cammino a piedi.
Sotto un sole cuocente con gli zaini in
spalla abbandoniamo la strada principale e ci inoltriamo per una strada bianca
che ci conduce dritti all’hotel Charco verde; qui perfino un cameriere ci
consiglia di andare all’hostal finca Venecia, poiché li da loro i prezzi per
una camera partono da 35$. Camminiamo altri 5 buoni e caldi minuti lungo le
sponde del lago e finalmente arriviamo alla meta. Prendiamo subito una bella
camera-bungalow con bagno, su una casetta colorata al piano superiore per due
notti e per 20 $ a notte. Il posto è davvero molto bello, suggestivo e
tranquillissimo, ci innamoriamo subito del luogo con una ben curata vegetazione,
e il lago è lì a pochi metri da noi.
Decidiamo di trascorrere un pomeriggio
abbastanza tranquillo dedicandoci alla visita del parco, che in dieci minuti
raggiungiamo; seguiamo poi un sentiero dove incontriamo varie scimmie, molti
uccelli bianco e azzurri (cui non ricordo il nome) per arrivare poi ad una
laguna interna, dove si vede il volcan Concepcion riflesso nell’acqua: C’è
anche un airone che dispettosamente non vuole farsi fotografare troppo da
vicino: infatti mentre noi di nascosto e silenziosamente tentiamo di
avvicinarsi, lui contemporaneamente (e senza guardare verso noi) si allontana.
Camminiamo ancora un po’ arriviamo ad un bel mirador sul lago e volcan Maderas.
Poi anche un po’ stanchi e soprattutto accaldati facciamo ritorno all’hotel.
Strada facendo incontriamo delle mucche che attraversano la spiaggia per andare
ad abbeverarsi al lago davvero una scena curiosa. Le piccole spiagge qui sono in
sabbia granulare grossa e scura, quasi nera di chiara origine vulcanica. Appena
rientrati in hotel vai subito con una ottima birra Tona e una coca per Rosy
poi doccia prima dello spettacolare tramonto: il cielo di colori stupendi che
contrastano la quieta acqua del lago, le prime stelle che si affacciano sul
firmamento. Sicuramente un tramonto diverso da quello di ieri sera a San Juan,
entrambi eccezionali alla vista dei nostri occhi. Oggi è San Valentino credo
che abbiamo visto uno dei tramonti più romantici della nostra vita.
Verso le 19 andiamo a cenare al ristorante,
che qui chiude molto presto, purtroppo questa sera non hanno pesce (strano!!)
comunque ci consoliamo con un filetto e una bistecca molto buoni e annaffiati
con la sempre fedele Tona e concedendoci pure una pinacolada a fine
pasto spendendo in totale l’equivalente di circa 10 € in due.
La serata continua in assoluto relax cullati
da un’amaca prima di finire nella nostra bella camera.
Giovedì 15 febbraio
Oggi sarà una giornata dedicata alla
scoperta di una parte dell’isola. Alle 7,30 raggiungiamo a piedi la strada
principale e attendiamo il passaggio di un bus verso Altagracia,
ma dopo un po’ si ferma un pick-up con alla guida una donna che molto
gentilmente ci offre un passaggio fino ad Altagracia. Durante il tragitto la
donna, di circa 45 anni, ci dice che è tedesca e volontaria di
un’associazione umanitaria, anche se non abbiamo ben capito lo scopo di questa
associazione. Arrivati ad Altagracia ringraziamo la nostra benefattrice e
facciamo un giro per la piccola cittadina. Andiamo anche a fare una visita al
famoso Hospedaje Castillo: decisamente un posto da viaggiatori.
Ma dopo una abbastanza breve passeggiata per
le vie di Altagracia compresa una colazione a base di un succo di frutta e dei
biscotti, non ci resta che abbandonare il posto. Così alle 9 e 30 saliamo sul
bus diretto a Balgùe. Dopo una mezz’ora e una strada pessima nell’ultimo
tratto, scendiamo nei pressi della playa Santo Domingo, nell’istmo opposto a
dove si trova il nostro alloggio. Ci fermiamo un’oretta in spiaggia e poi il
nostro intento sarebbe quello di raggiungere in bus, che passa alle 11, San
Ramon e da lì la cascata di qui ne abbiamo sentito parlare, ma in pochi ci sono
arrivati. E noi non saremo tra i pochi, poiché, arrivato puntuale l’autobus
per San Ramon, l’autista ci avverte che l’autobus per il ritorno
(l’ultimo) parte da San Ramon alle 14 e 40 e non si fa in tempo a visitare la
cascata poiché arrivando alla meta alle 12 e 30 (caspita quanto tempo!!!) in 2
ore non si riesce ad andare e tornare alle cascate. Un po’ a malincuore
rinunciamo, anzi annulliamo la visita alle cascate, il consiglio, ora che lo
sappiamo, è di andare verso San Ramon di primo mattino.
E si l’isola sembra piccola, anzi tanto
grande non è, ma i trasporti (o meglio le strade) sono abbastanza messe male, a
parte il tratto Moyogalpa-Altagracia.
Per consolarci della mancata escursione,
ritorniamo nella playa e ci appostiamo presso un chiosco e ci facciamo una bella
Tona da litro, d’altra parte il caldo è anche oggi intenso e la birra
va’ giù che è un piacere.
Dopo un po’ decidiamo di ritornare alla
strada principale (4 km) a piedi, sulla strada pessima dell’andata percorsa in
bus. Durante la lunga camminata, sotto una calura costante,
attraversiamo piantagioni di banane e incontriamo persone, del posto,
molto cordiali e amichevoli con le quali scambiamo qualche parola.
Raggiunta la strada principale dell’isola
aspettiamo il bus che dopo un po’ arriva e ci porta (per 7 Cor c/u) nei pressi
della nostra finca Venecia. Raggiunta la nostra bella stanza facciamo una
doccia, che rigenera il corpo dopo la calura, poi andiamo in spiaggia ad
attendere la replica del spettacolare tramonto di ieri.
Anche stasera lo spettacolo è superlativo,
le parole certo non arriveranno mai a descrivere ciò che abbiamo assistito.
E stasera finalmente cena con base di pesce.
Molto buono, saporito ed economico: spendiamo circa come ieri sera: 270 Cor.
La serata si conclude con un romanticissimo
osservare il cielo stellato in un modo inverosimile. Credo che mai mi sia
capitato di vedere un cielo così intensamente stellato.
Domani lasceremo Ometepe, un po’ ci
dispiace siamo stati così bene qui, ma altre mete ci attendono, pensiamo a
tutto questo cullati da una dolce amaca in riva al lago di Nicaragua detto anche
Cochibolca.
Venerdì 16 febbraio
La sveglia suona presto, alle 5 e 20 e poco
dopo lasciamo la finca Venecia con i nostri zaini in spalla verso la strada
principale che in poco più di 5 minuti raggiungiamo, lì aspettiamo un po’ il
bus che alle 6 e 20 passa e ci riporta a Moyogalpa dove arriviamo giusto alle 7
che parte il traghetto per San George. Ci imbarchiamo subito e dal lago vediamo
la bella isola allontanarsi da noi.
Ad Ometepe sono stati due splendidi giorni
in un mondo di natura tranquilla; alla finca Venecia il gestore ci ha pure detto
che Ometepe è il posto più sicuro del centroamerica dove il livello di
criminalità è pressoché zero, immaginiamo sia vero.
Alle 8 e 15 siamo già a terra a San George
e subito saliamo su un bus diretto a Managua, noi andiamo a Granada, ma
l’autista dice che non ci sono problemi. Paghiamo 40 Cor a testa e vai.
Passiamo per Rivas, città che non ci pare tanto interessante, anche se la
nostra è un’ opinione vaga.
Proseguiamo il viaggio, vedendo dal finestrino il Nicaragua,
notiamo le case abbastanza precarie, dove spesso appare appesa da qualche parte
la bandiera rossonera, simile a quella del Milan, del FSLN (Fuente Sandinista di
Liberacion Nacional) recente vincitore delle elezioni presidenziali con Daniel
Ortega presidente. Il FSLN è ritornato al potere dopo 17 anni; anni di quasi
immobilismo sociale dove i vari governi che si sono succeduti ben poco hanno
fatto per migliorare la precaria situazione del paese. Ora per Daniel si
prospetta un duro lavoro nel tentativo di sollevare le sorti di questo paese,
comunque i Sandinisti oggi sono molto più moderati di un tempo, ormai la
rivoluzione del 1979 è solo storia, anzi ora hanno fatto delle alleanze
politiche abbastanza discutibili.
Arrivati nei pressi del bivio dove la
panamericana prosegue verso Managua, mentre per Granada si svolta a destra,
notiamo l’autista fare dei cenni
ad un altro bus davanti a noi. Ad un certo punto i due mezzi si fermano e il
controllore (o assistente) del nostro bus ci dice di scendere e salire nel bus
che ci precede con destinazione Granada. Velocemente prendiamo i nostri bagagli
e facciamo il cambio bus, dove
troviamo solo posti in piedi; ma la strada è breve e in meno di mezz’ora
arriviamo a Granada. Il terminal (un po’ approssimativo) si trova nella zona
del mercato cosichè appena scesi ci attende un certo caos di bancarelle varie
soprattutto di frutta, ma anche di tante altre cose, con odori non sempre
gradevoli, comunque c’è da dire che nessuno ci ha in qualche modo
importunati, come si potrebbe pensare nel vedere due personaggi vagare con gli
zaini in spalla per un mercato popolare di un paese povero. Ci orientiamo un
attimo e arriviamo al parque central e da li andiamo verso la Calzada, strada
dove ci sono varie sistemazioni di alloggio. Dopo aver un po’ vagato e
valutato alcuni hospedaje alla fine decidiamo per il Cocibolca che per 13 $ a
notte sarà la nostra base qui a Granata.
Il nostro variabile programma sarebbe di
rimanere qui due giorni, poi spostarci a Leon un altro paio di giorni prima del
ritorno in Costarica. Intanto viviamo alla giornata.
Dopo una risanante doccia, poiché abbiamo
girato con gli zaini sotto un potente sole, decidiamo di uscire per Granada ed
iniziare a conoscere questa bellissima città coloniale detta anche la gran
“sultana”, i suoi edifici, il parque central, la cattedrale, pare che questo
posto sia un vero misto tra passato e presente. Dopo la prima visita in città,
che non è grandissima anzi, decidiamo di iniziare la visita dei dintorni, così
dopo le dovute informazioni decidiamo di prendere un bus diretto a Masaya, la
nostra destinazione è Catarina, per cui giunti all’incrocio (una ventina di
km da Granada) scendiamo dal bus ed attendiamo circa 5 minuti l’arrivo di un
altro che ci porterà alla meta. In breve tempo arriviamo a Catarina uno dei
cosiddetti Pueblos Blancos: il posto sembra abbastanza sonnolento, il caldo
insiste per cui una buona Tona è quel che ci vuole salendo a piedi
verso il mirador. Mentre saliamo il posto si anima di turisti (per lo più
centroamericani) e di negozietti tipici di zona turistica. Arrivati alla
sommità della piccola collina restiamo veramente a bocca aperta nel vedere
davanti ai nostri occhi tutto d’un tratto la laguna de Apoyo, un cratere
vulcanico contenente un acqua azzurra che più azzurra non si può. Rimaniamo
letteralmente incantati dalla bellissima visione.
Lasciato il mirador riscendiamo verso la
fermata del bus e ripetiamo al contrario la strada di ritorno verso Granada.
Arrivati in città prima dell’imbrunire ci facciamo una doccia e poi viviamo
la serata tra una cena a base di tortillas e tacos, un giro per il parque e per
finir la serata vicino al nostro hospedaje c’è la ”ora feliz” (happy
Hours) dove una Tona da litro costa solo 22 Cor (meno di un euro)
ovviamente si coglie l’occasione.
Sabato 17 Febbraio
Anche se potremo stare più tranquilli alle
7 siamo già fuori per le strade di Granada: oggi vogliamo salire al volcan
Mombacho. Così saliamo su un bus diretto a Rivas e dopo una ventina di minuti
scendiamo nei pressi dell’entrata del parco del Mombacho. Qui ci attende una
breve, ma in salita, camminata fino all’ingresso dove, ricevute le
informazioni, nonché pagato 150 Cor a testa (abbastanza caro), attendiamo le 8
e 30 per salire su di un camion del tipo militare con le panche in legno nel
cassone.
Volendo si può salire anche a piedi
(pagando 50 Cor), ma visto che anche oggi la giornata si preannuncia torrida,
preferiamo non rischiare la disidratazione in 6 lunghi km di salita.
Il camion impiega circa mezz’ora nel
compiere questa strada tutta in salita con pendenze incredibili, ci preoccupa un
po’ la discesa speriamo che i freni siano buoni ed efficienti.
Arrivati alla sommità del Mombacho
rimaniamo colpiti dalla intensa vegetazione di tipo umido tropicale; tira
abbastanza vento e si sta bene con il k-way. Ci sono due percorsi di treking:
uno dura un’ora e mezza, l’altro 4 ore e in più occorre essere accompagnati
da una guida (a pagamento). Noi optiamo per il giro corto da soli, il percorso
è ben curato e piacevole si gode di un bel panorama, anche se il cielo è un
po’ nuvoloso, ammiriamo molta vegetazione, ma animali zero. La nostra grossa
delusione però è quella di vedere il cratere del vulcano pieno di vegetazione,
significa che è inattivo da tanto tempo, noi credevamo fosse un vulcano attivo,
ma la sola attività visibile del volcan Mombacho sono delle piccole voragini
dalle quali esce del fumo, insomma ben poca cosa.
Terminata la nostra visita ritorniamo giù
all’entrata accompagnati stavolta su di un pick-up, menomale, vista la discesa
davvero impressionante.
E’ quasi mezzogiorno, vorremo ora dedicare
un po’ di tempo a visitare gli altri (oltre Catalina visto ieri) cosiddetti
Pueblos Blancos, così scrocchiamo il passaggio fino a Diriomo alla guardia
forestale che ci ha riaccompagnato giù in entrata.
Il posto non è un granchè, la solita
chiesa il parque central, ci consoliamo con un ottimo ed abbondante gelato, poi
prendiamo un a dei tanti apetaxi, tipo i cocotaxi a Cuba, che per 10 Cor ci
porta al mirador di Bochete Diria da dove si ammira la laguna de Apoyo. Il luogo
è poco turistico ci sono appena un paio di ristorantini, non ci resta che
prendere un altro apetaxi per dirigerci a San Juan de Oriente. Qui il paese è
un po’ animato se non altro ci sono un sacco di negozietti a gestione
casalinga spesso con il retrobottega uso laboratorio artigianale di artesania.
Dopo aver girato un po’ questo paesello, sotto una candela di sole, ritorniamo
sulla strada principale e prendiamo un bus destinazione Niquinohomo altro
pueblos, famoso perché luogo natale di Sandino. La casa dove nacque il
“generale” si trova giusto all’angolo del parque central, ora è una
biblioteca che troviamo chiusa. Non ci resta che tomar una cerveza Tona ed
attendere un bus che ci riporti a Granada.
Per noi resta un mistero il fatto che questi
piccoli, sonnolenti e normali paesi del Nicaragua, si chiamano pueblos blancos
visto che di case bianche caratteristiche c’è ne sono ben poche.
Rientrati a Granada decido di continuare una
mia tradizione in paesi latinoamericani, ossia quella di entrare da una
parrucchiera e farmi tagliare i capelli: anche stavolta un buon lavoro e molto
economico (20 Cor neanche un euro). Per chiudere il pomeriggio facciamo una
camminata fino al malecon (lungomare) sul lago in fondo alla Calzada, poi una
doccia e ritorniamo fuori per la città, che però, malgrado sia sabato sera,
non offre quella gran vitalità notturna, così non ci resta che la hora feliz
al bar Central.
Di gente c’è né in giro,anche parecchia,
ma non notiamo quell’aria di festa che si può immaginare trovandoci in queste
località latine.
In serata decidiamo un po’ i prossimi
giorni: a Leon ci andremo lunedì visita in giornata, rinunciando di andare a
Leon Viejo, domani andremo a Masaya e al omonimo vulcano e martedì faremo
ritorno in Costarica.
Domenica 18 Febbraio
Anche stamattina ci siamo alzati presto,
tanto che alle 7 eravamo già nella sede del Ticabus, che dista circa un quarto
d’ora a piedi dal centro, per prenotare i biglietti per il ritorno in
Costarica per martedì partiremo da lì (la sede Ticabus) alle 7. Costo 12,50 $
a testa. Il biglietto è valido fino a San Josè, ma noi scenderemo nei pressi
di Puntarenas per poi proseguire fino a Quepos, con la speranza di riuscire ad
arrivare verso sera.
Assicurati i biglietti raggiungiamo a piedi
la carretera per Masaya e lì dopo poco arriva un bus che ci porta a Masaya.
Arrivati a Masaya naturalmente ci rechiamo
subito al mercato, il più famoso del Nicaragua, il mercato sembra un labirinto,
ci risulta difficile orientarsi, troviamo un’infinità di banchi di frutta e
verdura, generi alimentari e cianfrusaglie varie, non vediamo nulla di
artigianato tipico; raccolte alcune informazioni ci dicono che per trovare l’artesania
dobbiamo cambiare mercato, cosi prendiamo un taxi e ci facciamo portare al
mercato di artesania.
Arrivati al mercato, sono circa le 9 e 30,
ma gran parte dei banchi sono ancora chiusi: ci dicono che aprono alle 10,
allora ne approfittiamo per fare una buona colazione in una pasticceria nei
paraggi.
Oggi non è una bella giornata, il cielo è
coperto, quindi l’ideale è andar per mercati.
Alle 10 iniziano i giri al mercato e le
contrattazioni; alla fine acquistiamo una bella maschera in legno per 380 Cor,
una ceramica che raffigura una donna india, due magliette e due bandane.
Terminati i nostri acquisti ci appostiamo ad
una fermata del bus che arriva quasi subito: destinazione Managua.
Ma la nostra intenzione non è di andare
alla capitale, ma fermarci all’ingresso del parco volcan Masaya che si trova
proprio sulla strada per Managua.
Arrivati all’ingresso e pagato 70 Cor c/u
di biglietto, nonché altri 50 (in 2) per il passaggio fino al cratere, di sola
andata, (un furto) saliamo per una strada di circa 5/6 km con pendenze molto più
dolci rispetto al Mombacho. La vista del cratere stavolta è di vero vulcano con
i suoi fumi e l’odore di zolfo; decisamente il Masaya è un vulcano attivo.
Anche qui ci sono dei percorsi da camminare decidiamo di fare un sentiero che
costeggia un altro cratere, ma la giornata continua ad essere grigia e ad un
certo punto inizia a piovere, dura 5 minuti poi cessa, noi, che avevamo trovato
un rifugio, imperterriti continuiamo il nostro cammino. Camminiamo circa un ora,
a tratti accompagnati da una leggera pioggerellina, per questo vulcano
totalmente diverso dal Mombacho; il Masaya infatti è molto secco pochissima
vegetazione, davvero una cosa stana che due vulcani così vicini siano
totalmente diversi.
Qui si gode pure di un gran panorama, si
vede infatti Managua con il suo lago e il vicino volcan Mombotombo a forma di
cono quasi perfetto, peccato che la giornata sia brutta, però d’altra parte
se ci fosse un sole come gli altri giorni difficilmente avremo intrapreso questa
camminata visto che qui ombra, immaginiamo, c’è ne sia gran poca. Comunque
questa sarà l’unica pioggia di tutto il viaggio.
Ritornati al parcheggio del cratere abbiamo
il problema di ridiscendere all’entrata, così scrocchiamo uno strappo a un
pulmino di turisti canadesi molto gentili. Il pulmino ferma prima dell’entrata
su di un piccolo, ma molto bello, museo sui vulcani della terra.
Usciti dal parco siamo subito nella strada
principale e poco dopo arriva un collettivos che per 25 Cor c/u ci riporta
velocemente, alla nostra Granada.
Approfittiamo di un supermercato aperto dove
acquistiamo 4 bottiglie di Rum “Flor de Cana”, poi abbastanza affamati
ci rechiamo in un bar dove divoriamo un paio di panini, quindi rientriamo in
hostal passando per il centro che visto che oggi è domenica è più animato del
solito.
Una cosa che non si può non notare qui a
Granada come nel resto del Nicaragua, ma anche in Costarica (in misura minore)
è il fatto che si vedono in giro tante giovani ragazze con figli, una di queste
in centro Granada l’ho incontrata, teneva in braccio un piccolo, io gli ho
detto che è davvero un bel bambino, gli ho chiesto se era suo, mi ha risposto
di si, poi gli ho chiesto quanto avesse, mi ha risposto, sorridendo, un mese,
poi gli ho detto: - e tu quanti anni hai?- e lei mi ha risposto, non più
sorridendo: -quattordici- .
Un'altra scena al parque central dove una
bambina, avrà avuto si e no tredici anni, sempre con un piccolo in braccio
seduta su di una panchina ha iniziato ad allattare il neonato con un piccolo e
acerbo seno.
Però nonostante tutto le due giovanissime
madri mi hanno dato l’impressione di esser molto legate ai piccoli.
La serata si consuma con il solito giro per
il centro e la solita Hora feliz. Forse saremo un po’ abitudinari, ma Granada,
non ci pare che offra tante altre alternative e poi sinceramente girando tutto
il giorno quando è sera siamo anche un po’ stanchi, quindi un po’ di
tranquillità non guasta.
Lunedì 19 Febbraio
Oggi si va’ a Leon. Partiamo da Granada
alle 6 e 30 con un colletivos UCA
che per 18 Cor c/u ci porta a Managua in meno di un ora; lì restiamo fermi
circa un quarto d’ora quindi saliamo in un altro colletivos che per 25 Cor ci
porta a Leon la seconda città del Nicaragua. Durante il viaggio vediamo bene da
vicino il volcan Mombotombo con la sua particolare forma conica quasi da vulcano
disegnato nei fumetti.
Alle 9 siamo di già a Leon, arriviamo anche
qui nella zona del mercato, vivace e colorato come sempre in latinoamerica. Dopo
esserci informati per il viaggio di ritorno (fino alle 5 di sera ci sono mezzi
in continuazione per Managua) ci orientiamo e con la nostra cartina ci
incamminiamo verso il centro. Mentre camminiamo ci rendiamo conto che Leon non
è decisamente una bella città: qualcuno la paragona a Granada, ma non è
nemmeno l’ombra della gran Sultana. Anche il centro ci delude: certo la
cattedrale sarà senz’altro un gioiello di architettura coloniale, ma
francamente a noi non dice molto. Una cosa bella di questa città sono i vari
murales sandinisti sparsi in vari luogli del centro: significativo è quello in
cui viene raffigurato Sandino che schiaccia lo zio Sam, anche se sappiamo bene
che la realtà è ben diversa. Questi murales ci fanno ben capire che Leon è
soprannominata Ciutad Heroica non a caso, ai tempi della rivoluzione fu infatti
una zona molto attiva teatro di scontri tra Sandinisti e l’esercito del
dittatore Somoza. Per rifarmi un po’ della delusione della città mi tuffo
nella storia e vado a visitare un centro “ sandinista” dove sono esposte
varie foto della rivoluzione.
Li incontro Norman un ex rivoluzionario che
molto gentilmente ed amichevolmente mi spiega molte cose della rivoluzione ed
anche del suo fallimento, delle elezioni perse nel 1990 e tanti retroscena a me
sconosciuti; c’è da dire che senz’altro la spiegazione di Norman è stata
di parte, ma io preferisco ascoltare chi ha combattuto per un ideale, che certe
versioni che tendono a giustificare l’intervento (ufficialmente indiretto)
della superpotenza.
Dopo aver salutato con un Hasta la Victoria
Siempre l’amico Norman e gli altri companeros sandinisti riprendiamo a
girare per la città: il caldo è potente così ci avviamo in un bar, molto
particolare con un enorme murales al suo interno che ricopre sia le pareti che
il soffitto, dove ci dissetiamo e mangiamo qualcosa.
Però tutto sommato questa città non è poi
così male, in giro ci son pochi turisti, la gente appare tranquilla insomma una
città vivibile anche se, come ogni città da queste parti, molto rumorosa.
Nel primo pomeriggio decidiamo di tornare
verso il mercado da dove partono i colletivos per Managua strada facendo ci
imbattiamo in una casa in vendita che curiosamente andiamo a visitare: la casa
è quasi un tugurio ed anche il prezzo di 45.000 $ (trattabilissimo) ci pare
eccessivo.
Ritornati al mercado in un caldo torrido
prima di andare a prendere il colletivo andiamo in un baretto a dissetarci con
una bella e fresca Tona.
Facciamo il giro inverso di stamattina
Leon-Managua e Managua- Granada, un po’ mi spiace ad aver solo sfiorato la
capitale, ma ci è stata sconsigliata da più di una persona, in quanto ad alto
tasso di criminalità.
Alle 16 e 30 siamo nuovamente a Granada e
per la calzada concludiamo il pomeriggio incontrando degli italiani: da prima
una coppia da Verona genitori del gestore della pizzeria “Mona Lisa” che
tutti gli anni vengono qui a svernare ospiti del figlio, poi mentre Rosy è in
camera che aspetta il ritorno dell’acqua per la doccia (è una situazione che
da queste parti capita spesso), incontro Fabrizio un ragazzo di Modena che mi
riconosce dalla maglietta che indosso dei Modena City Ramblers,
insieme facciamo una bella chiacchierata tra due italiani non certo
esempi di patriottismo, che strana la vita: fa incontrare persone che sono nate
e cresciute in posti relativamente vicini in luoghi lontanissimi ed impensati.
La serata la trascorriamo cenando al
restaurante Los Portes mangiando bene (una volta tanto) e poi l’ultima sera
“ora feliz” con il nostro simpatico ed un po’ imbranato cameriere.
Già domani lasceremo Granada ed il
Nicaragua, chissà se un giorno ci torneremo resteranno comunque ricordi
indelebili dentro di noi…..
Martedì 20 Febbraio
Oggi giornata di trasferimento. Alle 7 siamo
già all’ufficio del Ticabus dove quasi puntuale arriva il bus per il
Costarica.
Oggi sarebbe pure l’ultimo di carnevale:
il martedì grasso, ma nessuno qui da queste parti sembra lo festeggi.
Ammiriamo forse per l’ultima volta, di
passaggio, il lago Nicaragua con l’isola di Ometepe, arriviamo quindi in
frontiera, dove, come in andata, ci attende una attesa piuttosto lunga, che però
serve per spendere gli ultimi (pochi) Cordobas e cambiare dollari in Colones,
ovviamente sempre in banca, diffidare dai molti cambiavalute per strada, detti
anche coyotes. I cambi sono comunque sempre molto vicini al tasso ufficiale: 1
$= 520 Col ed 1 € = 670 Col all’incirca. Così siamo tornati in Costarica.
Verso le 14 il bus ci scarica al cruzero per
Puntarenas, dove eravamo convinti che passasse un altro bus (che parte da
Puntarenas alle 14 e 30) diretto a Quepos, ma ci avvicina un taxi e ci avverte
che il bus passa per un altro cruzero a circa 5-6 km da lì, il taxista molto
onestamente ci dice che lui ci può dare un passaggio, ma ad un prezzo
abbastanza alto rispetto al bus. Ringraziato dell’avvertimento il gentile
taxista avvistiamo subito l’arrivo si un autobus destinazione Puntarenas:
spieghiamo all’autista la nostra situazione, ed anche lui molto cortesemente,
ci porta alla fermata del bus per Quepos.
Alle 14 e 45 arriva il nostro ultimo bus di
questa lunga giornata: destinazione Quepos (solo 2600 Col in due) dove
arriviamo alle 18 abbondanti ed anche qui giriamo non poco per trovare una
stanza che ci comodi sia come prezzo che come locale.
Alla fine decidiamo per l’ hotel Malinche
per 25 $ a notte. Ceniamo in un posto proprio di fronte al terminal dei bus, e
per finire la giornata facciamo un giro per questo posto certamente turistico
che vive nell’orbita dell’attrazione che anche noi domani visiteremo: il
Parque Manuel Antonio.
Mercoledì 21 febbraio
Giornata dedicata alla visita del parco
Manuel Antonio.
Alle 7 siamo già nel bus che ci porta dopo
circa 7 km all’ingresso del parco dove naturalmente entriamo subito dopo aver
pagato i 7 $ di ingresso. Il parco si mostra subito incantevole tra spiagge di
finissima sabbia bianca e un’intensa vegetazione; ci sono alcuni sentieri da
seguire si cammina tra oceano e terra in un sentiero si arriva in un incantevole
mirador dove si può ammirare una bellissima ed apparentemente incontaminata
baia. In alcuni tratti si incontrano scimiette anche se non molto simpatiche ed
amichevoli e riusciamo pure a vedere un bradipo immerso nella sua attività
preferita cioè dormire. Fa un caldo bestiale ed i due bagni che facciamo in un
acqua limpidissima sono dei rigeneranti e refrigeranti naturali anche se
temporanei. Il parco si può considerare un piccolo eden ed anche se molti sono
i visitatori, all’interno lo sfruttamento turistico è inesistente, non ci
sono infatti ne chioschi ne bar o ristoranti ne vendita souvenir. Praticamente
all’interno del parco non c’è nulla da comperare davvero un luogo naturale
e protetto.
Alle 16 il parco chiude: lo lasciamo un
po’ a malincuore, qui anche noi abbiamo amato la spiaggia ed il mare davvero
un bella giornata anche se molto calda. Ritorniamo verso la partenza del bus,
prima però facciamo due passi tra le bancarelle (qui fuori del parco c’è ne
sono, anche se non molte) che colorano il posto.
Tornati a Quepos prenotiamo al terminal due
posti per il bus per San Josè di domani alle 6, quindi rientrati in hotel ci
facciamo subito una bella doccia, poi un breve riposino quindi usciamo e ceniamo
in un posto vicino all’hotel: El Jardin De Mar.
Finiamo la giornata facendo due passi per
questo piccolo posto sicuramente, ma non freneticamente turistico.
Giovedì 22 Febbraio
Alle 6 e 15, abbastanza puntuale, parte il
nostro bus (2490 Col c/u) diretto per San Josè. Attraverso strade piuttosto messe male,
con bei scenari collinari alle 9 e 40 arriviamo alla capitale; la nostra meta di
oggi è Fortuna di San Carlos con il volcan
Arenal, ma per andarci capiamo che bisogna cambiare terminal dei bus,
fortunatamente non distante da quello dove siamo arrivati da Quepos. Appena
arrivati al terminal un autista ci dice che parte quasi subito (alle 10 e 15) un
bus per Ciudad Quesada da lì c’è il cambio per Fortuna altrimenti bisogna
aspettare mezzogiorno per un autobus diretto. Naturalmente saliamo per il bus in
partenza che, dopo una strada con vari saliscendi e piacevoli paesaggi, arriva a
Ciudad Quesada (città del formaggio???) alle13. Di li a mezzora parte la
coincidenza per Fortuna, dove arriviamo alle 14 e 30. Appena scesi dal bus
incontriamo un procacciatore di affari di nome Mario el gordo
che ci propone una stanza alla cabina El Bosque zona centrale per 15 $.
Vista e valutata la stanza accettiamo (tra l’altro è un posto segnalato dalla
guida LP). La giornata è abbastanza bella l’ Arenal si vede bene, sgombro da
nubi, così il nostro amico Mario el gordo ci propone l’escursione pomeridiana
e serale per vedere il parco di Arenal con il vulcano in eruzione e poi
l’ingresso alle terme il tutto per 35$ a testa. Ci assicura pure che in caso
di mancata veduta dell’eruzione ci farà rifare l’escursione (senza le
terme) domani sera. Abbiamo poco tempo l’escursione parte alle 15 e 30
per cui accettiamo, anche se il prezzo ci appare abbastanza caro.
Facciamo appena in tempo ad acquistare
qualcosa da mangiare che già si parte per il parco, purtroppo sono scese le
nubi ed il vulcano ora è coperto. Arrivati al parco facciamo una bella
camminata attraverso un sentiero tra una vegetazione intensa, si sentono gli
urli delle scimmie, ne avvistiamo pure alcune, vediamo pure un tucano, ma tutto
sommato il parco non è che ci abbia particolarmente affascinato. Si iniziano a
sentire le prime eruzioni del vulcano sembrano tuoni da temporale; è quasi
l’imbrunire, arriviamo in un piccolo piazzale da dove si osservano le
eruzioni, da lì si ammira pure una piccola laguna dove l’acqua ha un colore
verde smeraldo. Inizia a fare buio purtroppo (come ci dicono accade quasi
sempre) il vulcano è coperto di nubi e come eruzione riusciamo a vedere solo
alcune colate che rotolano giù.
Dopo un po’, visto che più di tanto non
si vede, andiamo con la comitiva verso le terme Baldi. Strada facendo la guida
ci conferma che domani sera alle 17 e 30 passerà a prenderci per tentare di
riuscire a vedere l’eruzione. Arrivati alle terme ci lasciamo andare in dei
rilassanti bagni, le terme sono abbastanza grandi all’interno c’è pure un
piccolo parco e varie vasche di varie misure e forme, in alcune l’acqua è
talmente calda che non riusciamo a rimanere dentro, il altre ci sono delle
cascatine, con caduta d’acqua a forte pressione, dove è un vero piacere
rimanere alcuni momenti sotto nel sentire l’acqua che quasi ti massaggia.
Finito il piacevole e rilassante giro alle terme e fatto una doccia, mentre
aspettiamo il resto della comitiva, vediamo bene le colate di lava dell’Arenal
in eruzione davvero un bel spettacolo.
Alle 21 e 30 siamo di ritorno a Fortuna
mangiamo qualcosa e vediamo anche dal paese le colate di lava e stanotte ci farà
una certa impressione dormire ai piedi del vulcano più attivo di tutta
l’America Centrale.
Venerdì 23 Febbraio
Oggi giornata tranquilla. Il tempo non è
dei migliori ci son abbastanza nuvole, l’Arenal è coperto e sarà così tutto
il giorno con annuvolamenti e schiarite anche se non pioverà.
Per prima cosa facciamo una connessione
internet per mandare notizie ad amici e parenti per l’ultima volta per questo
viaggio.
Pensavamo poi di noleggiare due bici o una
moto, ma il tempo incerto ci ha fatto cambiare idea.
Andiamo così a visitare la fattoria dei
coccodrilli: un posto dove accompagnati da un ragazzo ammiriamo da vicino, ma
con le dovute cautele vari coccodrilli e caimani.
Poi decidiamo di andare a fare una camminata
di circa 6 km fino ad una cascata detta la Catarata. Decisamente una bella
camminata.
Arrivati all’ingresso e pagato 3500 Col
c/u, andiamo a visitare, attraverso un ripidissimo sentiero, questa
bella cascata che forma poi un ruscello con acqua quasi calda, siamo ricordiamo
sempre alle pendici dell’Arenal.
Ritornando a Fortuna rifacciamo la strada
inversa, approfittiamo di un momento di schiarita, dove si vede bene il vulcano
per scattare alcune foto.
Ritornati in paese però il cielo diventa
sempre più cupo per cui è inutile (anche se noi aspetteremo un po’ che
qualcuno venga a prenderci) ritentare di vedere l’eruzione dal mirador del
parco.
Passiamo la serata a Fortuna, mangiando e
bevendo qualcosa e poi passeremo una notte pessima (la precedente era stata
molto buona) causa dei vicini di stanza chiassosissimi con radio e tv che
andavano a tutto volume e a poco sono valsi i nostri urli e rimproveri, quando
si ha a che fare con gente maleducata.
Sabato 24 Febbraio
Anche stamattina di buon’ora dopo una
notte quasi in bianco siamo su un autobus. Alle 6 infatti è partito il bus per
San Josè con il solito cambio a Ciudad Quesada. Arriviamo alla capitale intorno
alle 11 e dopo esserci abbastanza orientati decidiamo di prendere una stanza
all’ Hotel Nuevo Johnson proprio vicino al terminal dove partono i bus per
Alajuela e l’aeroporto, cosichè domani mattina saremo comodi per raggiungere
il Josè Santamaria, tantochè di autobus c’è ne sono uno ogni 20 minuti
circa.
La stanza la paghiamo 20 $, ma anche qui non
sarà una scelta fortunata, poiché qualcuno nella stanza vicina terrà la
televisione sempre accesa anche la notte; non abbiamo parole sul comportamento
di certa gente.
Il nostro hotel si trova nei pressi della
carettera central da dove in 10 minuti, a piedi, si raggiunge il centro, anche
se in effetti San Josè non ha un vero e proprio centro. Diremo subito che è
una brutta città, senza alcuna attrattiva particolare salvo forse un paio di
mercati neanche tanto eccezionali, e veramente il pomeriggio quasi ci annoiamo
nel passeggiare per questa città poco latina e troppo americana, forse sarebbe
stato meglio sistemarci nella vicina Cartago che qualcuno ci ha detto che è già
più carina.
Da segnalare che mentre sto sorseggiando una
lattina di cerveza Imperial (buona birra costaricense) seduto su una piazza
vengo avvicinato da una guardia comunale che mi dice che è vietato bere birra
(alcolici in generale) in questa piazza: in strada si in piazza no. Non so chi
possa esser stato a concepire una simile idiozia quantomeno discutibile, ma va
bene rispettiamo le leggi di questa città.
Già è triste il fatto che domani si torna
a casa più trovarsi in una brutta città…..Non parliamo della sera: tanta
gente in giro, ma molto diversa da altre città, una infinità di fast-food,
nessun posto di socializzazione nessun tipo di festa come la intendo io,
malgrado sia sabato sera, cosichè delusi non ci resta che tornare in camera ad
imprecare contro la persona vicino di stanza fumatore e teledipendente.
Domenica 25 Febbraio
Ultima mattina in Costarica, ultime piccole
compere, tanto da finire le ultime colones e poi alle 11 ci avviamo al terminal
bus dove subito prendiamo un mezzo per l’aeroporto Juan Santamaria da dove
alle 14 parte il nostro volo per Amsterdam sempre con scalo a Miami. Prima di
imbarcarci però paghiamo la tassa di uscita dal paese di 26 $ a testa.
Dopo la solita trafila di controlli a Miami
(una sosta di circa 2 ore) partiamo alla volta di Amsterdam.
Lunedì 26 Febbraio
Puntuali arriviamo ad Amsterdam alle 11 e 15
e alle 14 e 30 ultimo decollo che ci riporterà a Venezia da dove con i mezzi
pubblici raggiungiamo Vicenza e quindi casa.
Conclusioni
Sono sincero: è stato un bel viaggio, ma
non un gran bel viaggio, nel senso che la tanto attesa ed immaginata ricca flora
e fauna del Costarica ci ha lasciato un po’ delusi, non abbiamo visto quella
gran vegetazione popolata da animali esotici, non so se sia una questione del
periodo secco. Sicuramente il Nicaragua ci ha molto più entusiasmati del
Costarica: molto meno turistico, più intatto e genuino con dei posti veramente
belli, uno per tutti l’isola di Ometepe luogo davvero incantevole.
Una buona impressione ci ha lasciato la gente incontrata sia
Tica che Nica: tutti molto cordiali e socievoli, pronti nel dare consigli anche
se questi vanno contro il loro interesse: vedi i consigli dei tassisti sui mezzi
pubblici, unico neo sulle persone è il chiasso notturno che abbiamo trovato in
più di un posto dove dormivamo, ma solo in Costarica.
Nel diario non mi sono soffermato sulla
cucina locale, anche perché sono posti in cui (a parte qualche eccezione) si
mangia decisamente male.
Per quanto riguarda il discorso economico diremo senz’altro
che il Costarica è abbastanza caro rispetto ad altre località latinoamericane,
mentre il Nicaragua è decisamente più economico.
I trasporti pubblici in Nicaragua sono buoni
frequenti ed economici anche se i mezzi sono un po’ vetusti, mentre non si può
dire altrettanto sul Costarica senza dubbio più carenti con una rete stradale
messa abbastanza male.
Per ultima cosa volevo ringraziare alcune
persone che con la loro disponibilità nel darmi informazioni sia via e-mail che
telefono mi hanno molto aiutato con i loro consigli a programmare questo
viaggio. Grazie a:
Laura “Laurita” Bartolucci, Michele
Spiriticchio, Valerio Morellato e Marco Camandona.
RIEPILOGO VIAGGIO
09/02 Zanè
- Venezia
10/02 Venezia
- Amsterdam – Miami – Alajuela
11/02 Alajuela
– Monteverde
12/02
Monteverde
13/02
Monteverde – San Juan du Sur
14/02
San Juan du Sur – Ometepe
15/02 Isla
de Ometepe
16/02 Ometepe
– Granada
17/02 Granada
– Volcan Mombacho – Pueblos Blancos– Granada
18/02 Granada
– Masaya – Volcan Masaya – Granada
19/02 Granada
– Leon (via Managua) – Granada
20/02 Granada
– Quepos (cambio a Puntarenas)
21/02 Quepos
– Parque Manuel Antonio – Quepos
22/02 Quepos
– San Josè – La Fortuna de Arenal
23/02 La
Fortuna
24/02 La
Fortuna – San Josè
25/02 San
Josè – Miami
26/02 Amsterdam
– Venezia – Zanè (casa)
Antonio Turcato