giovedì 24/03/2005 1.38
Hola' Miguel !
Aqui' todo bien.
Ho scritto le mie impressioni sulla prima tappa, Bogota'.
Questa volta ho deciso di scrivere subito tutto, tanto poi se aspetto di
finire i diari quando rientro, non finisco mai. Ne ho ancora 2 da finire
(Venezuela e Myanmar).
Quindi vedi tu cosa fare, se pubblicarlo a puntate o aspettare che finisca
il viaggio per pubblicarlo tutto insieme.
Ora sono a Cali, nel Sud. Poi iniziero' la risalita verso Nord, fino al mar
dei Caraibi.
Gracias para todo,
con cariño
Pedro
Colombia
Diario di viaggio 2005
di Pietro Messa
BOGOTA’
Aereoporto
di Bogota’, 18.04.2005: primo contatto con i pur gentili poliziotti colombiani
che, oltre a ricontrollare ai raggi X i bagagli (ma che senso ha all’arrivo?)
mi perquisiscono da testa a piedi.
Le
perquisizioni personali sono pratiche quotidiane in Colombia, infatti poi
scopriro’ che vengono sempre fatte all’ingresso di bar notturni, discoteche,
stazioni, etc.
Altra
curiosita’ dell’arrivo: la richiesta della mia impronta digitale per
cambiare la bellezza di 20 euro! Addirittura anche gli ATM (sportelli bancomat)
hanno il vetrino dove bisogna appoggiare il pollice, seno’ non sputano fuori i
soldi.
Poi
via, prendo un taxi che velocissimo sfreccia fra grattacieli e baracche. E anche
qui scopro che gli autisti di taxi/pulmann/mezzi pubblici hanno il piedino
pesante. Se in Brasile, patria del fu Ayrton Senna e di Barrichello, pensano che
avendo lo stesso sangue abbiano il diritto di correre come pazzi, qui
rivendicano la stessa nazionalita’ di Juan Pablo Montoya, vero e proprio eroe
nazionale che quindi va imitato ogni giorno.
A
Bogota’ ho visitato il ricco “Museo Del Oro”, un’enorme raccolta di
oggetti d’oro dei popoli prehispanici. Mai visto tanto oro tutto insieme.
E
qui, durante una pausa-caffe’, mi faccio fregare 10.000 pesos (3 euro) come un
cretino!
Un
tizio molto gentile mi chiede se gli cambio 20.000 $ in due biglietti da 10, e
alla mia risposta negativa mi chiede di prestargli i 10 che ho. Lui lavora qui
al museo, mi dice con un’aria innocente, e ora deve pagare il conto al bar.
Appena cambia i soldi me li restitura’.
Non
so perche’ ma glieli do’ e lui puntualmente, dopo aver pagato il conto e
fatto qualche giro, sparisce. Come me frega anche 3 simpatiche signore di
Bogota’, alle quali ha rifilato i 20.000 $ che voleva cambiare (falsi!).
Ma
le 3 vispe terese partono all’inseguimento del malfattore per tutto il museo,
cosi’ per un po’ le accompagno anch’io. Parlano con tutte le guardie,
preoccupate soprattutto del fatto che erano stati rubati dei soldi ad uno
straniero che sta visitando il loro paese! Che carine.
Io
le tranquillizzo dicendole che era stata solo colpa mia. Poi mi salutano tutte e
3, dopo avermi chiesto del mio viaggio, e se ne vanno.
In
effetti non ce l’avevo tanto con il ladruncolo. E’ bastato allentare per un
attimo le difese e la diffidenza verso chiunque (che invece bisogna sempre avere
da queste parti) per farsi subito fregare.
E
mi viene da pensare a tutto il tempo speso per organizzare “la sicurezza”
del viaggio (tasche nascoste, piu’ carte di credito, codici Pin cammuffati,
pochi contanti appresso, fotocopie documenti, etc) e poi e’ bastato che uno
semplicemente mi avesse chiesto di prestargli dei soldi per fregarmi.
Ok,
ricevuto. E’ il momento di dissotterrare l’ascia... ehm... cioe’ no, di
tirare fuori tutte le “difese” che si erano un po’ “ammorbidite” dopo
l’ultimo viaggio nel super-sicuro Oriente.
Riattivo
anche la mia personale “retrovisione”, cioe’ il camminare con la testa un
po’ china in modo da controllare con la coda dell’occhio che c’e’ dietro
di me. Utile soprattutto la notte con tutti i barboni che ci sono qui.
In
effetti in nessuna citta’ dell’America Latina ho mai visto cosi’ tanti
sbandati come qui a Bogota’. La maggior parte sono giovani, tanti son ragazzi.
Sporchi, vestiti di stracci, hanno tutti le facce scure, o per il colore della
pelle, o per la barba lunga e le strisce nere che hanno su visi e braccia.
Sembra quasi che il lucido per scarpe che molti di loro usano per lavorare di
giorno, se lo mettano anche in faccia.
Sostano
la notte nelle vie piu’ scure. Dove c’e’ un lampione spento, e’ molto
probabile che vicino ci sia uno di loro. Se non fai in tempo ad oltrepassarli
velocemente, ti si piazzano davanti e ti chiedono qualche moneta.
L’altra
notte son rientrato in taxi all’hotel alle 3,30. Il tassista, fermatosi ad un
metro dall’entrata, ha iniziato a suonare il clacson come fosse ad un
matrimonio. Ma che fa, e’ impazzito? E invece poi capisco. Un attimo dopo
infatti un barbone era gia’ arrivato dietro il taxi e aspettava che io
scendessi per chiedermi soldi. Eppure sembrava non ci fosse nessuno.
Ma
questi poveracci non dormono mai? Il giorno dopo trovero’ la risposta.
Nel
mio girovagare per il centro in una tranquilla e finalmente tiepida domenica
pomeriggio, nelle vie centrali animate da artisti di strada, ballerini che si
esibiscono, bancarelle, etc, e’ capitato spesso di vedere quegli “zombie”
delle notti dormire nei posti piu’ impensabili. Uno l’ho visto dormire sul
marciapiede davanti agli studi di una TV privata dove, circondati da un
centinaio di persone, stavano registrando un programma in diretta. Poco dopo un
altro l’ho visto dormire in uno spartitraffico (largo meno di 1 mt!) di una
trafficatissima via centrale, in mezzo alle auto che sfrecciavano!
Li
ho chiamati “zombie” perche’, a parte l’aspetto non certo gradevole,
camminano, chi piu’ chi meno, barcollando. Sembrano perennemente sbronzi, o
piu’ probabilmente sono indeboliti dagli stenti.
Il
secondo giorno visito l’interessante museo con la “Donacion Botero”,
esposizione permanente di opere d’arte donate alla citta’ da Fernando Botero,
il piu’ famoso artista colombiano contemporaneo. Oltre alle sue opere, tutte
curiosamente raffiguranti soggetti “grassi”, comprende anche pregiati
dipinti di artisti europei, quali Picasso, Miro’, Dali’, Monet, Renoir, De
Chirico e tanti altri.
Accanto
c’e’ un museo numismatico che salto a pie’ pari, per soffermarmi invece su
alcune sale di un terzo museo dove viene esposta la storia della scoperta,
colonizzazione (e saccheggio) del Sud America.
Mi
colpisce questa frase:
”Para
los pueblos indigenas la llegada de los españoles significo’ la violenta
destruccion de sus formas de vida tradicionales y el sometimiento al
dominio.....
............
La
conquista y el posterior desarrollo del sistema colonial modificaron tambien la
situacion economica y politica de Europa.
Surgieron nuevos emporios comerciales y el monto de los intercambios contribuyo al auge de la burguesia. Ya en el siglo XVIII, la revolucion industrial sera’ posible gracias a la acumulacion de capital, promovida por la expansion en ultramar”.
Quindi,
se ora in Europa viviamo agiatamente, lo dobbiamo anche alle ricchezze che i
nostri antenati sottrassero all’America Latina.
E
poi.... chi diede l’inizio a tutto cio’ fu proprio.... Cristoforo Colombo,
un italiano!
Sabato
notte visita alla “Zona Rosa”, a Nord di Bogota’, alla ricerca di un
locale dove si possa ascoltare e ballare Salsa, ballo qui molto popolare.
Fuori
diluvia, mi auguro quindi di trovarlo subito.
Primo
tentativo: locale famoso raccomandato dalla Lonely Planet: chiuso da 1 anno!
Secondo
tentativo: chiedo per strada e becco proprio un signore che stava distribuendo
inviti per un locale dove si ascolta anche salsa (“anche”.... mmm.....
che significa?). Lo seguo, e poco dopo mi ritrovo dentro un bordello! E mi tocca
pure ordinare una consumazione obbligatoria. Me la cavo con una veloce birretta
che, circondato da una decina di succinte fanciulle, mi scolo rapidamente per
poi cambiare aria.
Terzo
tentativo: vado ad orecchio, e giungo davanti ad un enorme locale dove c’e’
un concerto dal vivo di salsa. Ma non mi fanno entrare! “Solo en pareja, señor”,
cioe’ solo ingresso in coppia.
GRUNT!
UFF! ACC!!
Inizio
a stufarmi, e aggiungendo il fatto che non smette di piovere, inizio a pensare
di tornarmene in hotel.
Ma
ecco che.....
Quarto
tentativo. Provo ad entrare in un ultimo locale e qui finalmente trovo cio’
che cerco. C’e’ un formidabile sestetto (basso, chitarra, percussioni,
tastiera, tromba e voce, e saltuariamente anche maracas e clave) che suona salsa
dal vivo, e si balla pure!
Bravissimi
i musicisti, colombiani (Aristas e’ il nome del gruppo), ed il cantante e’
un anziano uomo di colore in abito e con il cappello bianco a falde larghe,
stile Compay Segundo.
Prossima
tappa: CALI (Sud della Colombia)
¡
Hasta Luego !
INFORMAZIONI PRATICHE (1 Euro = 2900 pesos)
VIVA
L’EURO!!
Anche
in Colombia, con l’euro in tasca si diventa dei Paperon De Paperoni !
HOTEL
El Dorado, centro citta’, 18.000 pesos (6 euro) la singola, 25.000 la doppia,
con bagno, acqua calda (un filino) e TV malandata.
RISTORANTI:
Comida corriente, cioe’ pasto comune costituito da una minestra con
pezzi di verdura, e un secondo piatto con un pezzo di carne o pesce e riso,
fagioli o lenticchie, patate, insalata e un pezzo di banana fritta. 3500-4000
pesos, cioe’ 1,20 euro.
Oppure
Churrasco, cioe’ bistecca di bovino con patate fritte e insalata, a
6000 pesos (2 euro).
1
bottiglia di birra piccola, 1500 $ (0,50 euro).
INTERNET:
1 ora a 1500-2000 $ (0,50-0,70 euro).
TAXI:
per fortuna usano tutti il tassametro, per cui non bisogna contrattare. Costo in
citta’: circa 1-2 euro.
TELEFONO:
per l’Italia 800 $ al minuto per i fissi, 1200 $ per i cellulari.
CALI
Spostamento
in autobus (10 ore) a Cali, 3^ citta’ del paese, nel sud-ovest, regione
“Valle del Cauca”. Quest’ultima e’ una delle zone dove viene segnalata
la presenza della guerriglia e dei paramilitari, e infatti in strada si nota la
sempre piu’ massiccia presenza di militari dell’esercito, in mimetica e con
mitra in mano.
Nelle
zone montane addirittura si incontra un militare di guardia ogni 100-200 mt.
A
questo punto e’ doveroso aprire una parentesi sulla situazione politica
colombiana, se si vuole capire meglio cosa succede in questo paese da quasi
mezzo secolo. Per descrivere il colore della sabbia del mare c’e’ sempre
tempo.
Fra i gruppi guerriglieri presenti, i maggiori (con un totale di 25.000 unita’) sono le F.A.R.C. (Fuerzas Armadas Revolucionarias de Colombia), nate dal Partito Comunista Colombiano e inizialmente sostenute dalla Russia, e l’E.L.N. (Ejercito de Liberacion Nacional), filocubani.
Perso
l’appoggio di Mosca e Cuba, i guerriglieri oggi si finanziano con le rapine, i
sequestri e i taglieggiamenti ai produttori di droga, perdendo per strada anche
i primi ideali politici e di conseguenza anche l’appoggio della popolazione.
A
loro si contrappongono l’Esercito regolare dello Stato ma anche i sanguinosi
paramilitari (A.U.C.- Autodefensas Unidas de Colombia), esercito privato
orientato a destra, che puo’ contare sull’appoggio non sempre nascosto
dell’esercito regolare. Spesso vengono proprio usati da questi ultimi per i
lavori piu’ scomodi. Sono responsabili di orrendi massacri di civili
sospettati di collusione con i guerriglieri.
L’attuale
Presidente (filoamericano) Alvaro Uribe Velez si vanta di aver reso piu’
sicuro il paese ma la sua azione si e’ limitata a militarizzare il territorio,
senza cercare minimamente di eliminare le cause che, da quasi 50 anni, hanno
creato una vera e propria guerra civile.
Qualche
cifra. Ogni anno: 30.000 omicidi, piu’ di 3.000 sequestri (fra i quali anche
stranieri), quasi 200.000 “desplazados”, cioe’ contadini e indios
costretti ad abbandonare le proprie terre devastate dalla guerra.
E
in tutto questo la droga, che e’ la prima cosa alla quale si pensa quando si
sente nominare la Colombia, non c’entra granche’. La prima grande causa del
conflitto e’ la profonda ingiustizia sociale presente quasi in ogni settore
della societa’ colombiana.
Alcuni
giorni fa ho fatto un interessante chiaccherata con un caleño (abitante di
Cali), laureato in Ingegneria Agraria. Ora e’ disoccupato, ma la sua famiglia
ha diversi ettari di terra vicino alla citta’. Terra fertilissima, che per il
clima che c’e’ qui puo’ avere raccolti tutto l’anno. Il suo sogno e’
avviare un’impresa agraria sulla sua terra, coltivandola intensamente. Mi dice
pero’ che l’unico problema e’ il fatto che il terreno si trova proprio in
mezzo a due grandi latifondi i cui proprietari, se solo si azzarda a coltivare
piu’ dei quattro pomodori e lattughe che ora coltiva la sua famiglia, non
tarderebbero a piazzargli una pallottola in testa. “Aquí’ funciona asi’
”, mi dice. E’ gia’ tanto che gli abbiano ancora lasciato la proprieta’
di quel terreno.
Che
la guerra civile e il narcotraffico continuino fa comodo a molti.
Fa
comodo al Governo che si serve spesso dei paramilitari per eliminare personaggi
scomodi come oppositori politici, sindacalisti e giornalisti. Tant’e’ che le
statistiche attribuiscono l’80% delle violazioni dei diritti umani ai
paramilitari e solo il 20% ai gruppi guerriglieri.
Fa
comodo agli USA, per i quali la ipocrita “lotta al narcotraffico” e’ la
maschera che usano per la loro politica commerciale e di dominio sul territorio.
Il
petrolio colombiano viene estratto dalle multinazionali americane e inviato al
loro paese pagando un prezzo bassissimo allo stato colombiano. E lo stesso
succede per i ricchi giacimenti di pietre preziose.
In
cambio gli USA forniscono anche armi e addestramento militare all’esercito, in
modo che possa difendere i loro stabilimenti.
Droga,
petrolio, armi, potere. Alla fine le guerre vengono alimentate sempre dagli
stessi elementi.
Per
la cronaca, la Colombia e’ l’unico paese Sud-Americano che ha appoggiato gli
Usa nella guerra all’Iraq.
Chiusa
parentesi.
Anche
questo autobus e’ guidato dal solito pazzo, pur se stiamo scendendo dai 2.600
mt di Bogota’. Mi colpisce soprattutto il fatto che quando la strada e’
libera vada ad andatura abbastanza normale, ma appena abbiamo davanti un’auto
o, peggio ancora, un altro bus o un tir, arrivi immediatamente l’istinto
pluriomicida, con sorpassi che fanno trattenere il respiro (e pregare).
Il
bus e’ pieno. A fianco a me ci son due simpatici bambini seduti uno sopra
l’altro, e nei due sedili dall’altra parte c’e’ la madre con altri due
bambini in braccio, piu’ un altro passeggero. I bravi bambini naturalmente
salgono sul pulmann con bottigliette di aranciata, patatine e pasticci vari che
ingurgitano rapidamente nei primi minuti.
Appena
Battista l’autista prende coscienza di avere sotto il sedere un pulmann con
piu’ di 50 persone e inizia cosi’ a correre sui tornanti mozzafiato delle
Ande, i bravi bambini iniziano, a volte a turno e a volte tutti insieme, a
vomitare nella loro bella bustina gentilmente distribuita da Battista poco
prima. Talvolta pero’ lo stimolo gli giunge cosi’ rapido che non fanno in
tempo a centrare la bustina, cosa che capita anche al bambino a fianco a me e
proprio nell’esatto momento in cui gli viene anche la tosse. Come risultato mi
fa la doccia di vomito nella gamba destra, ma per non farlo sentire ancor di
piu’ a disagio non lo asciugo e lascio cosi’ seccare sui pantaloni quei bei
pois gialli di patatine/aranciata/succo gastrico. La madre, non facendo piu’
in tempo a pulirne uno che subito iniziava l’altro, scoppia a piangere. Arriva
provvidenziale una sosta in un bar, che permette all’allegra famigliola di
ricomporsi e al sottoscritto di prendere una boccata d’aria fresca e meno
acida. Poi ci facciamo qualche foto tutti insieme e tutto passa (infatti alla
fermata successiva ricomprano le patatine!).
A
Cali, nella Guest House dove alloggio, ci sono ragazzi Israeliani, Inglesi,
Australiani, Americani, Tedeschi e un italiano. Una sera incontro quest’ultimo
nella reception e parliamo un po’ di viaggi. Dopo un po’ mi fa: “Io ti
conosco... tu sei Pietro della Sardegna”.
“GULP!
E tu come lo sai???!”
Pensandoci
bene capisco tutto. Un anno fa avevamo dialogato un po’ in internet su un
NewsGroup di viaggi, senza pero’ conoscere mai i nostri nomi reali.
Lo
dico sempre io, il mondo e’ troppo piccolo!
Cali
e’ considerata la capitale colombiana della Salsa, e questo e’ il motivo
principale della mia visita. Capita pero’ proprio nella “Semana Santa”,
dove in Colombia si sta chiusi in famiglia e non si esce. Chiudono
anche i locali notturni, compresi quelli salseri. Mi tocca quindi aspettare il
fine settimana, quando tutto riapre.
C’e’
un solo museo interessante da vedere, il “Museo Arqueologico La Merced”, con
una ricca collezione di ceramiche precolombiane, una mummia con ancora la pelle
e i capelli (e sembra abbia anche il “coso” – e’ un maschio) e una
curiosa sala con esposte maschere carnevalesche Sud-Americane ed alcune europee.
Una sola proviene dall’Italia, ed esattamente dalla... Sardegna! (Mamuthones
di Mamoiada).
La
Lonely Planet cita come molto interessante anche il parco zoologico (il piu’
grande della Colombia) e un pomeriggio vado a visitarlo, se non altro per vedere
i mammiferi che l’anno prima, pur andando sia nella Savana (Los Llanos) che
nella Giungla (foresta amazzonica) Venezuelane non era stato possibile vedere.
Ma si rivela il solito zoo con animali tristi in gabbia.
Una
sera esco con l’Inglese e il Tedesco dell’hotel, e con due loro amiche
colombiane. Carl (di Londra) e’ il piu’ esuberante di tutti, e lo diventa
ancor di piu’ dopo che, all’incirca ogni mezz’ora, aspira con il naso
alcune striscette bianche. Innaffia poi il tutto con mezzo litro di “Aguardiente”,
e all’una lo facciamo riportare da un taxi in hotel! Non
connette piu’.
Sera
successiva fra italiani, con l’altro italiano dell’hotel e il Dj Francesco,
milanese che dopo un anno in giro per il Sud-America si e’ stabilito qui a
Cali dove ha aperto una boutique di abbigliamento, insieme alla ragazza
colombiana che gli disegna i vestiti. Ci fa conoscere un po’ di locali della
citta’ dove non c’e’ l’ombra di altri turisti.
Ma
l’appuntamento clou (per me) e’ il sabato notte, quando riaprono le
discoteche di salsa.
Sabato
dovrebbe esserci anche la “Chiva”, un pulmino colorato che, con
un’orchestrina di musica (salsa!) dal vivo, scarrozza un gruppo di passeggeri
per la citta’, con tanto di pista da ballo, spuntino e bottiglia di
Aguardiente compresa!
Ma,
dopo varie ricerche, mi dicono che oggi la Chiva non parte perche’ e’ la
“Semana Santa” e non c’e’ un gruppo di persone sufficente. Ad ogni modo
mi reco ugualmente al punto della partenza, previsto per le 20 ma, dopo un’ora
di attesa, di Chiva non se ne vede neanche l’ombra.
Alle
20:00 e 1 secondo alzo i tacchi e me ne vado (e per di piu’ piove!). Mi
rifugio in un bar del centro e mi rincuoro con una bottiglietta di “Club
Colombia”, birra locale. E siccome una non basta a farmi dimenticare la
“Chiva” persa dopo averla aspettata per una settimana, ne aggiungo ben
presto altre 3. E ecco che, nel bar, alcune coppie iniziano a ballare (sempre
salsa) e dopo un po’ la pista si anima. Invito una ragazza a ballare e, anche
se qui ballano una salsa completamente diversa da quella da me studiata, mi
accontento. “Tanto la Chiva e’ persa ormai”, penso spesso.
Conosco
cosi’ Liliana e una sua amica, due studentesse di Bogota’, e poco dopo
arrivano tre loro amici brasiliani. Il gruppo cresce rapidamente e decidiamo di
spostarci in un altro locale. Appena usciamo dal bar... cosa passa in strada?
Una Chiva allegra e festante, con tanta gente che balla dentro!!! Grunt!
Siccome
i brasiliani chiaramente non ballano salsa, finiamo in una discoteca con musica
techno, e per di piu’ poco prima di entrare fa irruzione la polizia. Tutti,
faccia al muro e mani in alto, veniamo perquisiti accuratamente.
All’interno
della disco, i brasiliani decidono di comprare una bottiglia di rum che,
aggiunto alla mia precedente birra, fanno alzare eccessivamente il mio tasso
alcolico del sangue.
Stufo
della techno, decido di andare a Juanchito, un quartiere periferico dove sono
raggruppate le piu’ importanti discoteche di salsa. Prendo il taxi e, dopo una
quindicina di minuti, arrivo a Juanchito, riaperto solo oggi dopo la settimana
di riposo. Sono le 3 di notte ed e’ pieno di gente da tutte le parti, luci,
musica, una baraonda generale. Ma mi accorgo solo ora di aver finito i soldi, ne
ho a malapena per pagare il taxi. E poi come ritorno? UFF!
A
malincuore faccio fare dietro-front al taxi e mi faccio riaccompagnare in hotel
a prendere le carte di credito, e poi mi avvicino ad alcuni ATM. Ma, complice
l’alcool, sbaglio digitando i codici pin e mi si bloccano tutte e 2 le carte.
Ho aspettato la notte salsera tutta la settimana e sono ora costretto a
rientrare in hotel perche’ non ho piu’ un soldo.
Oggi
e’ la notte di Pasqua. E’ incredibile come a volte gli eventi si ripetano.
Esattamente un anno fa, la notte di Pasqua, un episodio analogo mi capito’ in
Venezuela dove, rimasto senza soldi, avevo dovuto dormire su una panchina di
un’inquietante stazione di autobus in quanto nessun hotel mi aveva voluto far
credito.
Rientrando
in hotel, il solito trans presente al solito angolo dell’hotel mi elenca come
di consueto tutte le sue virtu’ e arti varie ma questa volta, anziche’
ignorarlo, lo zittisco dicendogli che non ho piu’ soldi e, per
dimostrarglielo, gli regalo gli ultimi 2000 pesos che ho in tasca. Cosi’ ora
non ho piu’ davvero un soldo. Domani ci pensero’!
Domenica
(ragionando meglio) risolvo tutto telefonando a Milano. E per di piu’ vengo a
sapere che Juanchito apre anche oggi! Wow!
Cosi’
domenica notte, con le tasche strapiene di pesos, ritorno a Juanchito dove
finalmente riesco a poggiare piede.
Prima
discoteca, la piu’ esclusiva (e che proprio per questo mi attira di meno):
Chango’.
Due
perquisizioni di seguito all’ingresso. “Ma perche`?” gli chiedo
inutilmente. Dimenticavo che a Bogota’, per esempio, la percentuale di armi
illegali presenti e’ una ogni 7 abitanti, e credo che qui a Cali non saranno
da meno.
L’altro
giorno ho visto in un locale un cartello con scritto “E’ vietato entrare con
armi, grazie”, come da noi si scrive “E’ vietato fumare” o “Vietato
entrare con cani”.
Dentro
e’ tutto lussuosissimo. Uomini in giacca e cravatta e donne in abito da sera e
tacchi. Due piste da ballo e ottima musica. Osservo un po’ tutto e dopo cinque
minuti me ne vado. Prima di uscire entro un attimo in bagno. Mi sciacquo le mani
e mi accorgo che c’e’ un cameriere nero, con camicia e denti bianchi e
papillon nero, che strappa i fogli di carta dal rotolo e li porge per asciugarsi
le mani, cantando a squarciagola la salsa che si sta ballando in pista.
Non
oso entrare al cesso per il timore di trovarci un altro cameriere che mi porge
la carta igienica!
Seconda
discoteca: Agapito.
Questa
mi dicono che e’ piu’ popolare e mi attira di piu’. E infatti dentro
tavoli e sedie sono in plastica, una sola pista, molte meno luci. Ma si entra in
coppia e, anche se mi fanno passare, ci sono solo coppie dentro. Una delle prime
cose che mi hanno consigliato in tanti e’ di non ballare mai con una
ragazza se e’ presente il ragazzo nel locale. E’ molto pericoloso in
Colombia. Una birretta e via in un altro locale.
Terza
discoteca: Senegal.
Non
capivo perche’ questa me la consigliassero soprattutti i ragazzi. Dopo che
entro lo capisco. Alternato a salsa e merengue c’e’ ogni tanto qualche
spogliarello femminile. Altra birretta e me ne rientro, domani devo partire
presto. Juanchito l’ho visto, non ho altro da fare qui.
Adiòs,
Cali.
CONTATTI
(1 euro = 3020 pesos)
Guest
House Iguana: Posto letto 14.000 pesos – Stanza doppia senza bagno 20.000
pesos.
Autobus
Bogota’ – Cali: 45.000 pesos (normalmente 12 ore, con autista kamikaze 10
ore!).