Maschere in festa – viaggio in Burkina Faso
Racconto di viaggio 23/03 – 07/04/06
di Virna
Questo
viaggio nasce dalla voglia di tornare in Africa e di conoscere delle realtà
molto diverse dalla nostra, un giro in rete alla ricerca di itinerari un po’
insoliti ci fa arrivare al sito di “Transafrica”,
scopriremo solo durante il viaggio che sono loro ad organizzare la maggior parte
dei tour per i tour operator italiani specializzati
in viaggi-avventura italiani e non, il nome “maschere in festa” dato
ad un viaggio di 15 gg in Burkina
Faso ci colpisce e la lettura dell’itinerario attraverso riti ed etnie
diverse ci incuriosisce al punto di decidere di partire. Acquistiamo quindi, via
internet, il tour del Burkina mentre il volo, Milano-Casablanca-Ouagadouogou e
ritorno con Royal Air Maroc lo prendiamo dall’agenzia viaggi di Torino. Dalla
Transafrica ci informano che il gruppo sarà formato da altri 4 o 5 italiani.
Speriamo in bene non siamo abituati a viaggiare con altra gente…….
Partiamo
senza visto, cosa che un po’ mi preoccupa perché pare che se fossimo passati
da Parigi non ci avrebbero fatto proseguire forse…. ma i marocchini sono più
tolleranti. Arrivati a Casablanca, senza intoppi ci hanno chiesto se avevamo il
visto ma..... spiegando che l'avremmo
ottenuto a OUA
all’arrivo e non hanno fatto obbiezioni. Purtroppo il tempo d’attesa, per la
“coincidenza” è di circa 8 ore e le attese in aeroporto sono
una palla! C'è gente che bivacca
ovunque e qui lo spaccato di umanità
è veramente vario. Durante
l’attesa ci guardiamo intorno per vedere chi potrebbero essere i nostri
compagni di viaggio. Notiamo 2 signore non più giovanissime che vengono poi
raggiunte, più tardi, da altre 3, che per non annoiarsi all’aeroporto avevano
deciso di andare a vedere la nuova moschea di Casablanca, hai capito le
signore…….
Durante
la cena la più intraprendente del gruppo ci chiede se andiamo in Burkina
e scattano le presentazioni. Scopriremo ben presto che le signore sono tutte
esperte d'africa e di deserto.
Atterrati
ad Oua chiediamo subito il visto
sbrighiamo le formalità e paghiamo 30 euro, tanti problemi risolti in un
attimo, certo il passaporto non ce lo restituiscono subito ma la nostra guida,
Gabriele, che ci ha accolto all’aeroporto ci fa sapere che li troveremo a Bobo
Dioulasso tra due giorni. Efficienza africana! Sono le 3 del mattino e non
vediamo l'ora di andare a dormire. L'hotel OK Inn è vicino all'aeroporto e
piuttosto confortevole.
La sveglia è alle 7.30 e la colazione alla francese abbondante e buona . Il costo dell'hotel è di 40 euro a stanza! Ad attenderci ci sono due fuoristrada, equipaggiati di tutto quello che ci servirà per il viaggio, tende e cucina da campo comprese, due autisti ed un cuoco.
Giornata di trasferimento verso la zona dei Bwa x vedere l’uscita delle Maschere. Sul nostro tragitto incontriamo la prima moschea in stile sudanese, fatta cioè di fango e paglia e con i minareti a punta arrotondata “infilzati” da pezzi di legno che servono, sia per la costruzione che per la manutenzione, come scale. E’ venerdì e c’è praticamente tutto il paese radunato per la preghiera. Le Maschere, invece, fanno parte della tradizione animista ed ''escono' alla fine della stagione secca per chiedere la pioggia. Sono di legno dipinte in bianco e nero e rappresentano, in maniera stilizzata, gli animali della savana, tipo la scimmia la farfalla, alcune, come quella dl bucero uccello portafortuna, sono alte anche 1 metro e mezzo e pesano parecchi kili. Sono portate da ragazzi “iniziati” che attraverso questo rito passano dalla fanciullezza all’età adulta, questi indossano anche un costume di rafia di vari colori. Il villaggio partecipa attivamente alla festa ballando ed incitando le maschere al ritmo dei tamburi e di uno xilofono molto artigianale chiamato balafon., che è costruito con un legno particolare e usa delle zucche come cassa di risonanza. La musica è ossessiva, le maschere danzano imitando i gesti degli animali che rappresentano aiutandosi anche con due bastoni per simulare meglio le quattro zampe. Veniamo coinvolti anche noi nella danza e tutti sembrano gradire la nostra 'esibizione'. Notiamo le prime scarificazioni sul viso di uomini e donne che contraddistinguono la loro etnia e a volte anche la loro famiglia. Una sorta di tatuaggio un po’ più doloroso e se non si pensa a come vengono fatte si potrebbero definire “belle”. Il caldo è una costante, ci viene offerta della birra di miglio che ogni famiglia prepara per il proprio fabbisogno. Ha un odore forte e pungente è alcolica e .....non fa per noi!
Notte
nella savana o 'brousse' alla francese . Montate le tende si cena con pesce di
fiume alla griglia sotto una notte stellata.
Le
maschere di foglie BWA,invece,
che ci aspettano in un altro villaggio sono un vero capolavoro. hanno un
struttura fatta di rami che passa sopra la testa dell'iniziato fino a metà
schiena e viene ricoperta da mazzetti di foglie che sono però
tagliate in modo da sembrare muschio. Un lavoro incredibile considerati i pochi
mezzi a loro disposizione . Il
corpo è racchiuso da strisce di corteccia , a mò di mummia ed ad esso sono
applicati mazzi di foglie intere. Sulla sommità del capo, fino a metà schiena
, vengono, poi, applicate le piume dell'uccello
kaloè , il bucero, che vengono conservate dalle famiglie in bellissimi
contenitori lignei tutti lavorati. Parte
della vestizione avviene nella savana
ed solo per gli iniziati, parte al villaggio, sotto gli occhi di grandi e
piccoli. La funzione di queste maschere è di ripulire il villaggio dalle
negatività, di scoparle via attraverso le foglie che, alla fine della danza
verranno riportate nella savana e lì bruciate. Alla
danza partecipa tutto il villaggio. Anche qui è
notiamo le scarnificazioni sul viso degli abitanti. Simbolo di
appartenenza e tribù e famiglia. Il caldo è tanto, più di 40°! Ma per
fortuna molto secco. Gli iniziati si lasciano 'vestire' senza la benchè minima
insofferenza. È un lavoro lungo. Ballano quasi in trance, al suono del balafon,
e quando finiscono si sdraiano sulla terra rossa come sfiniti. Notiamo che donne
e bambini raccolgono le foglie cadute dalle maschere e le conservano in un
mucchio, verranno portate nella savana più tardi per essere bruciate con il
resto. In questo villaggio incontriamo il nostro primo feticcio “comune”,
normalmente ogni famiglia ha poi il proprio feticcio privato che può trovarsi
all’interno o all’sterno dell’abitazione, con il suo guardiano a cui
chiediamo di spiegarci la funzione del feticcio, simbolo delle religione
animista . Apro parentesi per spiegare cos’è un feticcio: “Idolo
grossolano (animale, pietra, pianta e simili), venerato dai negri delle coste
occidentali dell’Africa
Occidentale”
così cita un vocabolario…Ci spiega che questo è stato costruito circa 400
anni fa e che è a disposizione di tutto il villaggio che può chiedere
intercessioni per qualsiasi cosa e cui fa sacrifici di vario tipo, normalmente
si usano i polli, o prima o dopo aver ottenuto quello che si è chiesto. Pare
che questo feticcio sia molto potente…. A noi occidentali questa cosa può
apparire un po’ strana e barbara ma è in uso ancora in molti parti del mondo.
Prossima
tappa è Bobo Diulasso, seconda
città del Burkina. Hotel Relax, centrale circa
50 euro a notte un po' squallido ma c'è la settimana della cultura e in
città c'è il pienone. Visitiamo la città vecchia, in realtà un villaggio
nella città, dove ci sono ben 2 feticci comuni e un sala della parola dove i
vecchi del villaggio si riuniscono e prendono le decisioni per la comunità.
Scopriamo un sacco di riti e tradizioni che credevano dimenticati o leggenda e
che invece continuano ad esistere ed ad essere parte della vita di un sacco di
tribù. Anche qui ci sono le maschere, albine, fatte di rafia chiara che danzano
e fanno acrobazie davanti al capo del villaggio. Il pubblico è entusiasta ma
meno partecipativo di quello visto nei villaggi. Cena all’ Eau vive ristorante
molto carino gestito da religiose con un ottima cucina francese. Posto
rilassante con bellissimo giardino ricco di piante rigogliose. Non credevo ci
fossero posti così in Burkina!
Il
mattino seguente ci rechiamo al villaggio Pala
x assistere al 'Grand funeral' una festa in onore dei defunti importanti di
alcune famiglie. In altre parole quando muore un capo villaggio o una personalità
importante viene sepolta normalmente poi, in un particolare giorno dell’anno,
tipo la nostra festa dei morti, queste personalità vengono ricordate attraverso
le danze di queste maschere. L'attesa prima dell'evento è lunga. Troviamo
un buon punto d'osservazione sulle radici di un grande albero. La piazza
circostante si anima e riempie
all'inverosimile. la maggior parte delle donne
indossa gli abiti più belliche possiede ma anche alcuni uomini non sono da
meno. Si fa amicizia con chi ci sta
intorno, alcuni parlano francese, siamo il polo d'attrazione della giornata e molti vengono a salutarci e a stringerci la mano .Dopo 2
ore il caldo è quasi insoppor
tabile. Arrivano le maschere, richiamate dal suono del balafon. In un punto
della pizza nasce un diverbio le
persone iniziano a spingere c'è ci
cerca di riportare la calma. Io scendo dall'albero e cerco di allontanarmi dal
casino dirigendomi nella brousse
dove una maschera sta danzando circondata da un piccolo gruppo di persone. Ma
poi preferisco proseguire verso le nostre macchine. Per strada vengo invitata
a bere un po' di birra di miglio ma ringrazio e rifiuto. Rientriamo a
Bobo un po' delusi del non aver visto la
cerimonia ma la situazione non era delle migliori. Cazzeggiato x Bobo fino
a sera. Ogni anno in questo periodo c'è il festival
della cultura , che dura una settimana e gruppi di tutte le etnie
convergono a Bobo per esibirsi così dopo cena decidiamo di andare ad assistere
ad una kermesse di musica e balli al teatro dell'amicizia e la serata si rivela molto
piacevole. Il giorno dopo visitiamo il museo della musica e delle etnie.
Interessanti entrambi e ben allestiti anche se composti di poche sale. I musei
hanno 2 prezzi uno x i burkinabè l'altro x gli stranieri. Normalmente 500 Fcfa
e 1.000 Fcfa.
Molto
grande il mercato coperto di Bobo che invade anche gli spazi vicini, con frutta
verdura stoffe e manufatti locali, incredibili come spesso in Africa, i colori
dei vestiti delle donne e delle merci esposte. Il viaggio prosegue alla volta di
Banfora, nei cui dintorni si trova un lago sacro con degli ippopotami, le
formazioni rocciose di Fabedougou che danno origine a dei singolari pinnacoli e
le cascate di Karfiguela. Prima di Banfora c'è un grande zuccherificio, che
visitiamo. Tutt'intorno i campi
sono coltivati a canna da zucchero e quindi ben irrigati e quindi di un
bellissimi colore verde!
Villaggi
Senoufo e Lobi
Arriviamo
a Gaoua, dove visitiamo il bel musée
du Poni e ci fermiamo a dormire all’Hotel Hala, basic ma decoroso con una
buona cucina, di proprietà libanese.
Il
viaggio che ci porterà dallo sciamano, il Feticher, comincia presto dobbiamo
fare un po' di strada sterrata attraverso i villaggi Lobi, che sono delle
piccole fortificazioni. Lo sciamano abita in una casa un po' lontana dalle altre
e sormontata da una coppia di feticci in terracotta
raffiguranti gli antenati. Aspettiamo
un po' prima di essere ricevuti e
così ci guardiamo intorno.
Su
un lato una serie disordinata di altri feticci fa da guardia alla casa della
pazzia. Quando ci riceve scopriamo che per entrare in quella
casa dobbiamo toglierci le scarpe e camminare
sul terreno ricoperto di piume di pollo, sangue raggrumato e chissà
cos’altro e non toccare i feticci. L'interno della capanna di fango e paglia
è buio e il caldo, soffocante. Feticci di antenati ovunque poco spazio
un'atmosfera spettrale. La poca luce filtra da un buco nel soffitto. Dopo alcune
spiegazioni su come viene trattata
la pazzia , malattia dello spirito e non del corpo, ci spostiamo nella
casa principale dove, lasciate di nuovo le scarpe proseguiamo per un
corridoio stretto e basso, in cui svolazzanno dei pipistrelli, fino alla stanza
delle consultazioni. È più luminosa dell'altra ma sempre stipata di feticci,
tra cui una specie di cane, compagno
di caccia del feticher, ci sono
molti cauri,
conchiglie bianche una volta usate come monete, qui si possono interrogare gli
antenati e gli spiriti positivi. Il tutto avviene attraverso l'interpretazione
dei cauri,che vengono lanciati più volte, l'immersione ed il galleggiamento o
meno di un bastoncino in una ciotola d'acqua, in segni rituali ed invocazioni.
Il tutto dietro pagamento di una cifra che varia a seconda della richiesta fatta
agli spiriti. Ci facciamo 'predire' il futuro , fare un paio di gri-gri,
talismani/pentacoli, protettivi e
dare un rimedio x una tosse causata dal malocchio. Il tutto in un'atmosfera
decisamente affascinante e coinvolgente. Siamo un po' stregati dallo sciamano
che ci conduce nell'ultima stanza, quella della
fecondità. altri feticci, in posizioni più specifiche, assistiamo ad un altro
rituale molto interessante ed alla preparazione di una pozione per la virilità
che viene bevuta, con gran disgusto, dalla nostra guida locale. Usciamo dopo più
di 2 ore dalle viscere di questa strana casa con ancora un rituale da compiere,
per il completamento della prescrizione. L'acquisto di 2 polli a cui bisogna poi
riservare un particolare trattamento. Esperienza incredibile! Da fare perché il
racconto non gli rende mai abbastanza onore. Massimo rispetto x lo sciamano che
qui è anche medico e consigliere. Sarei rimasta con lui un giorno intero.
Altro incontro interessante quello con il re dei Gan nel villaggio Obire
Il re Kan Iya, 29° della dinastia, che risale all’anno 1000 e vanta
anche 4 regine come sovrane titolari e non consorti, è stato eletto all'interno
della famiglia reale. Ha 35 anni e ci riceve seduto sul suo trono, sotto un
grande albero, con in mano il bastone del comando. È simpatico ed intelligente,
l'etichetta vuole che non ci si rivolga a lui direttamente ma il colloquio
avviene attraverso un 'porta parola', persona autorizzata a parlare con lui e
che gli tradurrò le nostre domande in lingua Gan. Capita però che
nell’enfasi del discorso lui ci parli direttamente in francese, anche se
inizialmente pur capendo le domande aspettava la traduzione e rispondeva nella
sua lingua., come vuole l’etichetta. Il suo palazzo 'reale' è formato dalle
case delle sue 15 mogli, 12 ereditate dal precedente re e con le quali ha un
rapporto da figlio maggiore più che da marito,
dai loro granai e dalla sua casa, il tutto si affaccia su un ampio
cortile dove si accende il fuoco per cucinare e dove giocano i bambini.
Interessanti anche le tombe dei precedenti re al cui interno vi sono delle
statue che li raffigurano e le rovine di Loropeni.
La
visita alle cercatrici d'oro di etnia Lobi
prima ed una miniera sempre d'oro in un villaggio dopo, ci fa capire ancora di
più quanto poco valore ha la vita da queste
parti. Per i Lobi il cercare l'oro è cosa sacra riservata alle donne, che non
possono portarlo ma solo venderlo. Queste stanno
ore
sotto il sole a setacciare kili di fango rosso x ricavare pochi grammi di
polvere d'oro al giorno. Buchi profondissimi scavati nella terra, senza nessuna
sicurezza sono lo scenario di una specie di miniera che ormai ha quasi esaurito
la sua vena ma che è ragione di vita per parecchie persone in una zona dove non
c’è altro per tirare avanti. Un vero inferno.
Interessanti
le visite alle abitazioni Bobo e Birifor. la prima costruita tipo fortino con i
granai all'esterno e le case delle donne e del marito che si affacciano su un
cortile, la maggior parte ha almeno 5
mogli, la seconda è una casa unica a cui si aggiungono stanze quando si
aggiunge una moglie. Sono entrambe case buie, prive di finestre con soffitti
bassi e varchi d'ingresso stretti e chiusi da porte in paglia. Ogni stanza ha un
accesso al tetto tramite una scala fatta con un tronco d'albero intagliato perché
nel caso dei Birifor la casa del marito è sul tetto e in entrambi i casi il
tetto serve come essiccatoio e come accesso a piccoli granai.
Il
Gibier national park di Nazinga è il più grande parco nazionale
dell'Africa dell'ovest. Non è sicuramente da paragonare ai più famosi parchi
africani ma ci sono circa 500 elefanti, gazzelle,fagoceri, gibier e un sacco di
uccelli. Facciamo un giro con i nostri fuori strada , in compagnia di un Ranger
che ci fa da guida raccontandoci un po’ di cose su flora e fauna del parco.
Molto spartani ma confortevoli i bungalow in muratura che ci ospitano.
Interessante la visita al villaggio di etnia Bambara
ed all'antico cimitero dove i morti venivano inseriti in due grandi otri
decorate e sepolti in direzione est ovest. Purtroppo il sito, molto antico ed
esteso, non è mai stato scavato da professionisti ma solo da tombaroli il suo
stato, quindi, è pessimo. Molto
interessanti, sempre in questa zona, anche le pitture rupestri che rappresentano
animali e situazioni di caccia. Da qualche giorno abbiamo lasciato la strada
asfaltata, la pista è ben battuta
ed il paesaggio sempre più desertico, il Sahel è vicino. Cammelli liberi
mangiano le foglie di acacia, i
Peul fanno pascolare le mandrie. Siamo molto vicini al confine con il Mali
passeremo qui tre giorni, nel nord del paese, dormendo in tenda, dove
incontreremo varie popolazioni ,
Peul, Bellà, Senufo, Tuareg, Bambara, Songhai alcune nomadi, altre
stanziali. Cerchiamo di capire i
loro usi e costumi , ammiriamo la bellezza delle donne Peul e delle loro
acconciature e gioielli, conosciamo i capi villaggio, considerati alla stregua
di re, facciamo amicizia con tanti bambini sempre sorridenti. I villaggi ,spesso
poveri, hanno costruzioni diverse a seconda della tribù che li abita.
Attraversiamo Aribinda, cittadina fatta di bancò, terra, paglia e un collante
che può essere urina, chiara d'uovo o burro di karitè.
Nel villaggio di Oursy le razze si mescolano al mercato in un incredibile
caleidoscopio di colori. I villaggi dei Bellà sono costituiti da capanne fatte con
un'intelaiatura di bastoni e ricoperte di stuoie, che ricordano il guscio di un
armadillo sia nei colori che nella forma. All'interno poche cose, un grande
letto sta nel mezzo ed ai lati alcune ceste delle calebas pentole di terracotta
e pochi vestiti.
Nel
villaggio di Darkoy, abitato da Tuareg
stanziali assistiamo al Tendè che è una tipica danza dove le donne suonano i
mortai di legno ricoperti da una pelle di pecora e battono ritmicamente le mani
emettendo suoni monocorde. Gli uomini ballano una danza molto veloce ed elegante
con movenze feline il tutto alla luce di un grande falò. Ci accampiamo sulla
loro terra ed il giorno dopo restiamo a chiacchierare con il capo di questa
piccola comunità in modo da poter conoscere meglio le loro tradizioni.
La
ricerca di questi villaggi ed etnie diverse ci ha portato a percorrere piste
poco battute ma sempre carrozzabili ed in luoghi senza alberghi percui abbiamo
fatto degli accampamenti, con tende e cucina da campo in mezzo alla savana ed
anche sulle dune del deserto del Sahel. Ci siamo quindi svegliati col barrito
dei dromedari o circondati da bambini incuriositi. Abbiamo fatto l'esperienza
dei mercati di confine, a Markoy e Oursy dove ci si incontra x scambiarsi merci,
informazioni e cercare moglie. La bellezza della maggior parte delle donne e la
loro eleganza non ha paragoni. Le donne Peul, ad esempio, usano agghindarsi i capelli con monete
d'argento, fermando in più punti le trecce con fermagli anch'essi d'argento e
le chiudono con grandi anelli. Il tutto le impegna x 4 giorni , ma la
pettinatura non verrà poi toccata x 2 mesi! Molto interessante anche il
villaggio Songhai con le case in bancò decorate e dipinte con vari tipi di
fango.
Bellissima
suggestione la visita a Bani
la città delle 7 moschee ed al suo 'profeta' colui grazie al quale questi
incredibili edifici in bancò in stile sudanese sono stati costruiti. Vederli è
stato come entrare in un mondo irreale come vivere la scena di un film e
chiacchierare con questo “profeta” come lui stesso si definisce, di
religione mussulmana che è andato ben due volte a piedi dal Burkina alla Mecca,
ci ha fatto capire che, in fondo, tutte le religioni sono simili. Incredibile
anche il museo di Manega,
museo di bendrologia o del
linguaggio dei tam tam, sperduto nella brousse che raccoglie tantissime maschere
e steli funerarie dei Mossi, ormai scomparse e un sacco di informazioni sul
mondo Burkinabè.
A
sud ovest di Ouaga, verso il Ganha, vive l'etnia Gourunsi
famosa per le sue case villaggio dipinte sia esternamente che all'interno con
motivi geometrici e con animali sacri. Gli
uomini si occupano della costruzione sovrapponendo strati di argilla alla
struttura in legno, mentre le donne curano l'impermeabilizzazione dei muri e la
realizzazione di affreschi simbolici di colore bianco, rosso e nero, per
l’esterno, dentro, invece, si prediligono i toni dell'ocra. Sono dei veri
capolavori! Le donne sono le artiste di queste opere che denotano sempre una
certa agiatezza della famiglia che le ha costruite.
Ultima
tappa del viaggio è nuovamente Ouagadougou che non è sicuramente una bella
città, non ha un vero e proprio centro è molto grande, caotica ed estremamente
polverosa. Si può tranquillamente visitare la zona del mercato che si sviluppa
al di fuori del vecchio edificio che ospitava quello coperto bruciato anni fa e
mai ricostruito. Interessante la parte relativa ai mercanti di noci
di cola, che contrattano animatamente intere ceste piene di questi piccoli
frutti, di gusto amaro, ma molto apprezzati e richiesti per le loro proprietà.
Per mangiare è d’obbligo recarsi al ristorante dell’Eau Vive, nella zona
del mercato, che anche qui come a Bobo offre un’ottima cucina in un ambiente
piacevole e sereno. Sappiate che durante la cena sarete invitati a recitare una
preghiera insieme alle Sorelle che gestiscono questo posto.
CONSIDERAZIONI
ED INFORMAZIONI GENERALI
Il
Burkina è uno dei paesi più poveri al mondo e nel visitarlo ci si rende conto
di questa situazione.
Non
è impossibile visitarlo da soli, ma ci vuole molto tempo, cosa che noi non
avevamo. Interessante da sapere è che esistono delle guide ufficiali, che
parlano francese e riconosciute dal ministero del turismo, hanno un tesserino
identificativo con tanto di foto, alle quali ci si può affidare per andare nei
villaggi a conoscere meglio le tradizioni delle varie etnie. Per trovarle basta
chiedere negli alberghi dove li contatteranno per voi. Senza queste guide si
rischia di vedere i villaggi solo dal di fuori senza poter conoscere le persone
che sono invece elemento essenziale di questo viaggio.
Il
piatto principale per la maggior parte della popolazione è il Tò, una polenta
di farina di miglio di densità variabile. Miglio che viene 'pilato', macinato,
di volta in volta nel mortaio dalle donne. Il tò viene accompagnato da delle
salse, quando c'è la possibilità o consumato a come pane senza null'altro. La
maggior parte della gente vive in capanne di stuoie o case di bancò. I loro
averi si limitano a poche suppellettili indispensabili. Spesso l'unico abito che
hanno è quello che indossano, le scarpe spesso sono un optional. Poche le
macchine che circolano nel paese, diffuse, invece le biciclette. Poche anche le
strade asfaltate ma le piste, che sono la maggior arteria di comunicazione,sono
in ottimo stato e si riesce ad arrivare ovunque. Le persone sono ovunque
disponibili e cordiali , molti parlano francese ed è un piacere fermarsi a
parlare con loro. Nonostante sia un paese povero gli alberghi ed i buoni
ristoranti sono cari, sui 40 euro una stanza decorosa e sui 10 una buona cena.
Certo mangiare per strada o nelle bouvette costa molto meno, sui 4 euro ed al
mercato si possono comprare dei buonissimi manghi per 50 centesimi al
kilo.
Il
costo complessivo di questo viaggio è stato di circa 3.000 euro a testa.
Un
viaggio da fare!
Virna