Bosnia Herzegovina

Sarajevo & Mostar

Appunti di viaggio, 2004

di Meggy

 

Un viaggio nel cuore dei Balcani, ma soprattutto nel cuore dell'Europa, perché l'Europa sarà davvero unita solo quando comprenderà finalmente anche i Balcani.

 

La visita è stata un'esperienza ricca di stimoli, impressioni, sensazioni, corredata da immagini forti, quasi traumatiche, come la carcassa in cemento armato del Palazzo della televisione, divenuto simbolo dell'assedio, il cimitero del Leone, una collina ricoperta interamente di croci, la povertà di Mostar nonostante la ricostruzione  ultimata del celebre ponte, e l'enorme serie di palazzi con i fori dei proiettili sui muri. Anche nei quartieri centrali della "Gerusalemme d'Europa", dove convivevano religioni ed etnie diverse, non sono scomparsi i segni del tremendo assedio che durò 1350 giorni.

A Sarajevo, tuttavia, non mancano, anzi sono più vivi che mai ed emergono in maniera forte, i simboli di speranza, di ripresa, di voglia di uscire dall'isolamento e di catapultarsi direttamente in Europa. Sono i giovani i principali sostenitori di questo spirito di riscossa, quelle giovani generazioni che hanno conosciuto una guerra che gli ha portato via degli affetti, degli amici, dei parenti, ma che ci hanno dimostrato di saper conoscere il significato della parola "perdono". Il percorso da fare sarà sicuramente ancora lungo, ma ci sono buone prospettive.

       

Sono numerosi i palazzi del corso, molti portano ancora i segni delle pallottole e della granate, completamente distrutte le torri gemelle (oggi monumento simbolo), sede del giornale che rappresentava la voce di Sarajevo durante il conflitto. Oggi il viale ha l'aspetto di uno qualunque di altre città, con il via vai delle macchine, la gente che cammina in fretta sotto il sole cocente. Si fa fatica a pensare agli spari, a immaginare i morti lungo la strada e il farlo provoca una forte emozione. Sarajevo poi è bella, circondata da colline verdissime, con il centro storico pieno di locali all' aperto e di negozi. Molte le vetrine che espongono caffettiere lucide di ottone, tappeti multicolori, armi antiche, bracciali, anelli e altri ninnoli d'oro.

Percorrendo i vicoli si incontrano la splendida moschea e poi la cattedrale circondata da un piazzale rumoroso e affollato. Sarajevo, multietnica , ricca di storia e di cultura, è una città serena, la gente sembra avere un grande desiderio di normalità, di "routine quotidiana. " A Sarajevo si vive bene perchè è una "città normale ".  "Eppure ha subito tre lunghi anni di assedio - riferiscono gli abitanti- senza acqua, senza, luce, senza riscaldamento, con i pochi viveri degli aiuti internazionali, sotto l'incubo delle granate e dei cecchini. Alcuni se ne sono andati, altri hanno mandato lontano i loro figli, molti sono rimasti e non hanno voglia di sentirsi domandare continuamente della guerra."

 

Vivere con le mine

Al momento si procede con lentezza per gli alti costi degli interventi.

Vivere in questo Paese significa anche saper convivere con le mine, rinunciare a passeggiare nei prati, ad andare nei boschi. Per i bambini vuol dire privarsi di un bel gioco, per gli adulti rimpiangere l'infanzia."
   A Zepa, l'intera comunità è stata cancellata insieme alle case, alle piccole fabbriche, alla scuola, alla moschea.
E' rimasta la speranza dei vecchi, che dormono ogni giorno vicino alle macerie delle loro case, tentando di ricostruirle a poco a poco, con il materiale fornito dall'esercito. Intendono farlo per se stessi , per i loro figli, sfidando odio e vendetta. Ci si domanda come potranno raggiungere il loro obiettivo. La Bosnia è anche Mostar, una città deliziosa.

       

 

 Mostar, adagiata lungo un fiume verde smeraldo, con superbe dimore, negozi accoglienti e un ponte sopravvissuto a tante battaglie, vanto dell'intero Paese, distrutto dalla follia della guerra  e appena riaperto quando sono andata io.

E' il campo profughi che ha sconvolto tutti. E' la presenza delle forze di pace straniere, dei mezzi militari che circolano ovunque. Tra questi, oltre al contingente italiano, con funzioni ispettive e di controllo sulla sicurezza.

 La Bosnia è il verde delle sue colline, l'importanza delle sue tradizioni e della sua storia, la speranza e la voglia di andare avanti dei suoi abitanti. E' anche paura, rabbia per torti subiti, divisioni etniche non ancora superate.

Non a caso continuano le campagne di prevenzione contro le mine e quelle di invito a consegnare (conservando l' anonimato) tutte le armi ancora nascoste in molte abitazioni.

I sarajevesi che hanno la forza di scherzare anche con le proprie ferite sono persone in grado di sovrastare la propria sofferenza come da un piedistallo e di valutare dall'alto il senso dell'esistenza umana. Dietro si avverte la Bosnia con il suo culto del buon vicinato quale fondamento su cui si e mantenuta per secoli la vita comune degli appartenenti alle quattro grandi religioni mondiali. Questo culto, sorto dalla molteplicità nazionale, culturale e confessionale della Bosnia rappresenta una specie di regolamento condominiale che impone di non far pesare la propria esistenza sui vicini, sul prossimo e sui propri simili. Quelli che sono stati educati sotto il segno di questo culto hanno profondamente radicato dentro di sé il sentimento che la Bosnia sia un territorio che deve essere diviso con l'Altro, in parte simile e in parte diverso, e che quindi debba essere rispettata questa differenza, questo diritto al comportamento diverso, al pensiero diverso, e ad un altro ritmo di vita. Questo continuo tener conto dell'Altro per non ferire le sue abitudini, le sue comodità, i suoi sentimenti, quello che gli è sacro.

       

 

Mostar

   

   

   

 

Meggy   meggy@meggytravels.com 

 

 

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