A casa di Sandokan
Pubblicato su Millionaire
nel numero di gennaio 2009, pagg. 136-140.
di Lucia Ingrosso
Benvenuti in
Borneo, arcipelago malese: isola esotica e suggestiva, vero paradiso per gli
ambientalisti. Da visitare con lo zaino in spalla e gli occhi aperti. Sulle orme
dei racconti di Emilio Salgari.
«Il Borneo lascia il segno, ma bisogna volerlo, guardarlo, aspettarlo con pazienza. Essere lì non basta. Per quanto esotico e fuori mano, può essere vissuto sia come un club Mediterranée che come un luogo misterioso e isolato» dice Simone Mariotti, 38 anni, riminese, analista finanziario. Affascinato dalle letture di Salgari e dal personaggio di Sandokan, sin da bambino sognava di fare questo viaggio. Alla fine, ha trascorso un intero mese nel Borneo (e dintorni). Di questa avventura, raccontata anche nel libro Non dite a Sandokan che sono stato qui, Simone parla con i lettori di Millionaire.
Che cosa c’è da
vedere nel Borneo?
La natura, in primo luogo. Qui è tutto più grande: le farfalle, gli insetti, le radici degli alberi, le felci. Una volta mi sono trovato circondato da migliaia di nepenthes, piante carnivore, tutte a bocca rigorosamente spalancata. E poi le nasiche, scimmie che ho visto in un parco all’estuario di un fiume, in mezzo alle mangrovie. Più deludenti gli oranghi, che orami sono tenuti in riserve naturali. Da non perdere le Kelabit Highlands: è una zona molto remota e difficile da raggiungere, ma una volta là si visitano villaggi incantati e si dorme nelle longhouse (case su palafitte, tipiche delle popolazioni locali).
Che cosa ha reso
il tuo viaggio un’avventura da raccontare?
L’imprevedibilità degli eventi e la difficoltà degli
spostamenti. Le continue piogge impedivano di programmare le tappe con certezza.
Le Kelabit Highlands, per esempio, si raggiungono con un piccolo aereo da 19
posti solo se le condizioni meteo lo consentono. Altre volte per spostarsi
occorre far caso al livello dell’acqua nei fiumi. In un’occasione gli orari
che avevo non sono stati rispettati: la barca era gia partita e quella
successiva era prevista per il giorno dopo. Non mi sono perso d’animo: ho
cambiato mezzo di trasporto e ho colto l’occasione per soffermarmi con un
barcaiolo. E poi mi hanno colpiti i grandi contrasti tra una zona e l’altra.
Quelle costiere sono più civilizzate, ma anche flagellate dal disboscamento,
quelle interne più selvaggie, anche se i tagliatori di teste non ci sono più
neanche lì. Sono passato anche da Singapore (la New York asiatica) e dal
Sultanato del Brunei (ricchissimo e minuscolo).
Qual è il modo
migliore per visitare il Borneo?
Da viaggiatore, no da turista. Con un bagaglio minimo:
pochi vestiti, una torcia, scarpe da tennis, un taccuino e la macchina
fotografica. Meglio il fai da te, rispetto al viaggio organizzato, che lascia
fuori molte mete attraenti, perché difficili da raggiungere (per esempio il
parco del Similajiau, bello proprio per il suo isolamento). L’ideale, come nel
mio caso, è sapere un po’ di malese e avere un’infarinatura di storia e
cultura locale. Questo mi ha permesso di confrontarmi con la gente del posto,
socievole e rilassata. Molti hanno voglia di parlare con te, senza chiederti
nulla. Mi è capitato di fermarmi con ogni tipo di persona. Mi hanno regalato
cibo, coinvolto in partite a carte, offerto passaggi gratis in auto.
Quando partire e
quanto rimanere?
Da evitare la
stagione delle piogge, da fine ottobre a marzo, ma un po’ d’acqua è da
mettere in conto tutto l’anno.
Consiglio di restare almeno tre settimane o si rischia di perdere di
vista il contesto in cui ci si muove.
Dove dormire e
mangiare? Quanto si spende?
Nelle città, tutte lungo la cosa, si trovano dai grandi alberghi delle catene internazionali agli ostelli, dai ristoranti lussuosi ai banchetti per le strade. L’interno dell’isola è più spartano, ma trovare una sistemazione non è un problema. In genere si mangia e si dorme con 10-20 euro al giorno. Il Brunei è più caro (si dorme con una trentina di euro). Se si sceglie Sipadan, uno dei posti migliori al mondo per le immersioni, i costi lievitano fino a 100-200 euro al giorno.
Com’è la cucina locale?
Semplice e gustosa. A Kuching, capitale del Sarawak, ci sono ristoranti dal rapporto qualità prezzo straordinario, come il D’Alife. Tra le specialità: la zuppa di granchio, condita con l’ottimo pepe locale, i midin, piccole foglie di una felce che cresce solo nel Borneo, molto croccanti. Poi il Laksa, una zuppa ricchissima di sapori e dalla preparazione assai complessa, e il Nasi Lemak, il riso cotto nel latte di cocco. Da provare il durian, il re dei frutti per i malesi, dal sapore indescrivibile e dall’odore intensissimo, per non dire violento, e il rambutan, una piccola palla rossa cigliata dall’interno dolcissimo. Le specialità sono tante, ma una delle esperienze più interessanti è consumare i pasti presso le popolazioni tribali, lungo i fiumi o in montagna.
Pericoli e disagi?
Ho dormito anche in vere topaie con scarafaggi e senza
neanche l’acqua, ma mi sono adattato. Una volta una guida mi salvò da un
serpente velenoso. Per non parlare delle compagnia delle sanguisughe o di
spostamenti su mezzi che certo non rispettavano gli standard di sicurezza
occidentali. Ma alla fine ho superato tutto anche scherzandoci su.
Rischi per la salute?
Nel Sarawak e nel Brunei non ci sono particolari rischi. Problemi di malaria sono invece ancora presenti nelle foreste del Sabah e nel Kalimantan. Sono consigliate le vaccinazioni “classiche”: epatite A e B, antitifica, antitetanica e antidifterica.
Assolutamente da non fare in Borneo?
“Non avere fretta e non limitarsi a quello che si trova scritto sulle guide. Le cose migliori si trovano là dove apparentemente non c’è nulla di interessante, perché legate alle persone che si incontreranno. E quelle non sono segnate sulle guide.