VIETNAM
Diario di viaggio 2020
di Nelly & Arturo
Eccoci al nostro appuntamento annuale con un viaggio di piacere: itinerario classico per questo viaggio in Vietnam: nord, centro, sud. Organizzazione con guida e autista, fin troppo organizzato.
3 gennaio 2020 - Venerdì
Partenza in perfetto orario. Qtar airways. Con l’età che avanza il nostro punto debole è il viaggio che tuttavia va abbastanza bene. Partendo da casa alle 7 arriviamo all’albergo di Hanoi alle 9 di sabato 4 gennaio. Fra l’altro l’attesa dei bagagli è 15' per Arturo, ma un’intera ora per me.
4 gennaio 2020 - Sabato
Il percorso fino in città è di circa 40 minuti. Il traffico è determinato soprattutto da centinaia di motorini che sfrecciano da tutte le parti. L'albergo è in pieno centro, ci fa il check in e tiene i bagagli, ma la stanza sarà disponibile dalle 14 per cui chi è venuto a prenderci ci consiglia di fare un giretto per il centro raccomandandoci attenzione negli attraversamenti delle strade.
Qui è una bolgia. Per le strade traffico continuo di motorini, spesso stracarichi, persone che trasportano frutta e verdura col bilanciere, i negozi occupano i marciapiedi per cui i pedoni non hanno modo di stare tranquilli. 5 milioni di motorini e 50000 auto girano per la città. 7,5 milioni di abitanti in un'area assai vasta, 15000 persone muoiono o restano ferite ogni anno.
L'aria è inquinata e molti portano una mascherina per proteggersi. Le vie del centro sono dedicate alle botteghe dei vari artigiani, in una sono al lavoro sui marciapiedi i fabbri, da sempre quelli che attirano l'attenzione di Arturo. Operano seduti per terra, scomodissimi, ma imperturbabili.
Ci fermiamo a mangiare un panino in un minuscolo bar, mentre i ristoranti si rivelano locali di pochi metri quadrati con due o tre tavolini di plastica da bimbi e relative seggioline, per me sarebbero scomodissimi. Ci perdiamo un poco nonostante la cartina dell'albergo. Le vie si chiamano tutte Hang più due o tre lettere e non è facile raccapezzarsi. Finisce che rientriamo in un albergo convinti che sia il nostro e invece è solo con una reception pressoché identica... Il fatto è che scopriremo poi che molti alberghi hanno la parola Boutique nel nome, parola che indica in qualche modo il tipo di albergo. Risolto presto l'equivoco ci fermiamo nella reception del nostro e alle 13 ci danno la camera. A letto subito perche siamo davvero stanchi.
Ci svegliamo alle 17 ora locale. Non conto di uscire, abbiamo ancora bisogno di riposo. L'albergo sembra vecchiotto, la vasca da bagno ha le zampe come ad inizio secolo, piccola e smangiata dal tempo. Le due finestre del bagno e della camera danno su un bellissimo muro! A parte questo non è male.
Abbiamo cambiato in albergo 200 dollari a 22000 dong. In realtà il cambio è normalmente superiore ai 23000 dong.
5 gennaio 2020 - Domenica
Sono rimasta sveglia dalle 2 e sono un po’ stanca. Ci alziamo alle 6 e ci prepariamo con calma. Colazione alle 7: frutta, involtini fritti, pane moscio, dolcetti e brioche. Il pane è quasi immangiabile, forse l'aria umida lo rovina presto. In complesso, dato che non mangiamo roba fritta, la colazione non è soddisfacente. Arturo vuol ripiegare su prosciutto e formaggio. Io comunque, essendo digiuni da parecchio, due panini me li sbafo.
Arriva Tino, la nostra guida e poi in auto alla Pagoda della Difesa. Si tratta di un tempio buddista costruito nel VI secolo. E’ assai diverso da quelli dello Sri Lanka: le fattezze delle statue sono meno stereotipate, sono presenti le tombe di diversi monaci e diverse rappresentazioni del Budda. Anche l'edificio non è la classica stupa indiana, ma una stanza con tetto a pagoda.
Ora si va al museo etnografico. I vietnamiti amano molto parlare delle oltre 50 etnie che sono presenti nel paese; ciascuna ha propri abiti tradizionali, tipo di abitazioni diverse e costumi. Oltre l'80 per cento degli abitanti è di etnia viet, e sembra di capire che solo uno sparuto gruppo di islamici fossero presenti nel paese e abbiano preferito spostarsi in Cambogia. Tino ci illustra i vari gruppi. Ci sono alcuni oggetti e costumi, ma la cosa più interessante è la ricostruzione delle abitazioni rurali che è stata fatta in scala 1:1 nel giardino.
Ci trasferiamo allo splendido il tempio della letteratura. Costruito nel 1070 per venerare Confucio, ha ospitato la prima università del paese fino al 1700. Si tratta di una serie di cortili in successione circondati da edifici. Ciascun cortile ed edifico ha un significato diverso relativo a come l'uomo si deve rapportare con l'impegno di migliorarsi attraverso lo studio. I discepoli di Confucio aprirono qui l’università durante un periodo di dominazione cinese.
Nei cortili, molti grandi bonsai rallegrano col verde e contrastano con il rosso degli edifici. Inutile dire, essendo bonsaista, io ne sono estasiata.
Usciti di qui andiamo a mangiare in un ristorante molto pulito: riso bianco e terrina di verdure caldissima.
Ci colpisce l'architettura delle case che risentono del lungo periodo coloniale ma non hanno l'impronta tipica del Centro America. Sono alte, accostate le une alle altre e con decorazioni architettoniche molto particolari.
Tino è un po' un martello pneumatico: gli hanno dato un programma e guai a sgarrare, mi sa che sarà impossibile farlo deviare di una virgola da quel che gli hanno chiesto di mostrarci.
Ora ci porta al mausoleo di Ho Chi Minh che per i vietnamiti è il padre della patria, colui che ha combattuto per l’ indipendenza del paese dai francesi e dagli americani. E’ un monumento di regime, un enorme parallelepipedo in marmo dentro al quale sono le spoglie del leader. Un bel parco racchiude la vecchia abitazione del responsabile francese in Indocina che i vietnamiti hanno dipinto di giallo invece di lasciarla bianca (che sarebbe molto più elegante) e la casa assai semplice in cui è voluto vivere lo zio Ho di cui si narra che vivesse senza cercare lussi e comodità. Nulla che meriti attenzione.
Vicino al complesso c'e la pagoda costruita su un unico pilastro centrale: si tratta di un piccolo tempio buddista sopraelevato. Una signora sta insegnando ad una bambina come deve trattare i bastoncini di incenso: li deve accendere, agitarne la punta davanti al tempio per farne scaturire il profumo, poi infilarli nella sabbia di un braciere vicino. Tino dice che il pilastro, originariamente di legno, è stato bruciato dagli stessi vietnamiti e non dai francesi come alcuni sostengono. Comunque è rifatto in cemento il che non migliora il fascino iniziale che doveva avere.
Sono le 15 quando camminiamo per le vie del centro con l'enorme confusione che le caratterizza. E' domenica, ma i negozi sono tutti aperti. Il cibo di strada, cotto su fornelli a carbonella emana odori appetitosi mentre i soliti motorini sfrecciano da tutte le parti. Passiamo per stretti vicoli con negozi di abiti e altre cianfrusaglie; alcuni negozi di corde attirano la mia attenzione: certo con i carichi che mettono sui motorini ci vogliono proprio queste corde robuste per tenerli. Nessuno si cura che il carico renda il motorino più largo che lungo, questa mattina ho visto uno che trasportava barre di ferro lunghe 6 metri!
Dopo una rapidissima puntata in albergo ci avviamo verso il più grande lago della città che è anche, fortunatamente, zona pedonale. Tino aveva parlato di 200 metri di distanza, ma saremo sul chilometro...
Lo spettacolo delle tradizionali marionette sull'acqua si rivela una bellissima sorpresa e il ritorno in hotel a fine spettacolo è piacevole. Questa delle marionette è una tradizione dei contadini del delta del fiume Rosso che fino a poco tempo fa era sconosciuta nelle altre parti del paese. Non capiamo se è la norma, ma non solo i negozi non chiudono, ma per la notte si spostano al centro della strada su banchi mobili.
Rientriamo in albergo a piedi godendoci la serata anche se piove leggermente.
6 gennaio 2020 - Lunedì
Vado a cambiare altri 200 dollari alla banca di fronte all'albergo. Come pensavo il cambio di sabato in albergo era decisamente sfavorevole. Oggi mi danno 23120 dong per un dollaro.
Partiamo poco prima delle 9 in direzione nord. Prima fermata in un villaggio con una bellissima pagoda (Thay) e un laghetto. Tino ci spiega che in Vietnam c’è differenza fra pagoda e tempio: in entrambe ci sono statue di Budda e altari votivi, ma le prime sono il luogo di culto e di preghiera, mentre le seconde sono state costruite per onorare qualche illustre personaggio storico (in Cina invece la pagoda è solo la torre a più piani). In questo paese si sono mescolati culti come il buddismo, il confucianesimo e il taoismo. Per questo alcuni hanno le tre statue che simboleggiano passato, presente e futuro (tipici del confucianesimo). C'e poi il culto di una divinità femminile che rappresenta una donna con bambino che protegge e viene invocata da chi appunto vuole averne. Ci viene subito da ricollegarla alla Madonna anche se in questo caso la leggenda vuole che si tratti di una moglie virtuosa scacciata dalla suocera e che si rifugiò in convento travestita da uomo.
Ci colpisce forse più l'architettura e i bassorilievi in legno che le statue le quali risultano piuttosto ripetitive. Si conferma la forte differenza con quanto visto in Sri Lanka, forse dovuta al fatto che qui seguono il veicolo grande, là il veicolo piccolo.
Usciti dalla pagoda vediamo una coppia di persone che ci incuriosiscono: lui ha una canna da pesca e cerca di staccare con essa i frutti da un albero mentre lei cerca di prenderli al volo con il cappello: strano uso dell'amo! Stanno staccando e raccogliendo le carambole, dei frutti verdi che qui mangiano in insalata.
Continua la presenza di grandi esemplari di bonsai coltivati alla cinese, liberi di crescere a piacimento.
Ora andiamo alla Pagoda di Tay Phuong che si raggiunge con una lunga scalinata. E' un complesso di parecchi edifici, alcuni dedicati ai fedeli, altri alle divinità. Intorno alle statue del Budda 18 personaggi simboleggiano i saggi.
Tappa successiva il villaggio di Duong Lam. Si tratta di un paesino che conserva alcune case antiche, una casa comunitaria per le cerimonie comuni e un tempio. Unesco l’ha accolta fra le opere patrimonio dell’umanità, ma a me non ha particolarmente emozionato. Anche la porta di entrata al villaggio è quella originale. Essa veniva chiusa di notte e i forestieri non potevano pernottare all'interno se non avevano l'autorizzazione del capo.
Qui mangiamo in un ristorante che possiede la casa più antica, tenuta in ordine grazie ai contributi giapponesi che vogliono conservare queste costruzioni. Riso e tanti piattini con verdure e carni, un paio di salse e dei rotolini ripieni di verdura e fritti. Buonissimi.
Nel pomeriggio andiamo a vedere le tombe di due re particolarmente importanti: Ngo Quyen e Phung Lam.
In teoria si doveva camminare o andare in bici per la campagna, ma Tino tira per le lunghe, forse non è la stagione giusta nelle risaie visto che i contadini in giro non sono poi molti. L'autista ci offre una tisana. Qui si continuano a bere tisane da mattina a sera e credo facciano un gran bene.
Ci colpisce una particolarità: le tombe dei defunti vengono scavate nei campi che ne sono disseminati in quanto il culto degli antenati è abbastanza presente. Dopo alcuni anni si esumano i resti e si spostano. Fa parecchio effetto vederle così sparse; almeno in Sri Lanka erano molte meno a raggruppate a lato strada.
Rientriamo nel pieno del traffico serale meravigliandoci ancora una volta della follia di questa città che sembra senza regole del codice stradale. Per alcuni potrà risultare caratteristico, ma lo smog che ne deriva è decisamente eccessivo.
7 gennaio 2020 - Martedì
Lasciamo l'albergo con destinazione Ninh Binh con un viaggio molto rallentato dal traffico per uscire da Hanoi. Dobbiamo fare circa 100 km. A metà percorso ci fermiamo in un grande negozio pieno di prodotti di artigianato. Qui lavorano numerosi ragazzi con handicap. Sembra che le deformazioni derivino dalle sostanze velenose assorbite dai padri durante la guerra con gli americani; un reduce decise di aiutarli in questo modo e devo dire che i lavori sono davvero belli.
Andiamo in visita a Hou Lu dove ci sono i templi di due re che hanno combattuto i cinesi nel 980 d.C. Soprattutto il primo, che si chiamava Dihn ed era nativo della zona, vinti i cinesi, fece costruire questo complesso, si autoproclamò imperatore e stabilì qui la capitale di un paese che corrisponde circa al nord attuale. Si narra che la moglie lo abbia tradito con un generale e lo abbia fatto uccidere dando la colpa ad un buon monaco. Il generale si chiamava Le e ovviamente prese il posto del poveraccio, ma non era amato dal popolo e durò poco. La zona, restaurata nel 1700 non sembra avere gran che di originale, se non la struttura e i templi, ma è vasta, con molto verde.
Mangiamo un buon pesce in un ristorante dove ci conduce la guida che cerca sempre posti puliti ma non troppo turistici…
Ora ci spostiamo in una zona con massi rocciosi di grande fascino. La chiamano la Baia di Halong terrestre perché queste formazioni rocciose sono assai simili a quelle che vedremo domani. Saliamo su un sampan (barca piatta e piccola adatta alla laguna). Originariamente in bambù, ora è in alluminio. Il rematore è una donna che una volta partiti si mette a remare con i piedi. Si scivola in silenzio sul Ngo Dong river in un'atmosfera di grande pace anche perché non ci sono altri turisti. La cosa più fantastica è una serie di grotte in cui entriamo, l'ultima delle quali è lunghissima. La vogatrice illumina le concrezioni calcaree delle pareti e i riflessi sull'acqua sono fantastici.
Tino dice che vuole portarci ancora a vedere la pagoda di Bich Dong. Arturo ne ha abbastanza di pagode per oggi e afferma che non salirà oltre il primo piano, ma quando arriviamo scopriamo che non si tratta dei piani di un edificio, ma di vari livelli su una montagna. L’ambiente è molto bello, i 500 gradini faticosi perché molto disuguali, ma il gioco valeva la candela.
Pernottamento al Tam Coc Rice Fields Resort di Ninh Binh .
8 gennaio 2020- Mercoledì
Partiamo per la baia di Halong (Halong=dove il drago scende in mare). Tre ore di auto attraverso cittadine industriali e campi arati. Per piantare il riso aspettano il capodanno lunare che è il 25 di questo mese. Saranno giorni di festa grande, vi si stanno preparando da un mese, comprano bonsai o piante di kumquat (simile al mandarino cinese) che con i suoi abbondanti frutti è di buon auspicio per il nuovo anno.
Ci fermiamo ad una rivendita di perle coltivate. Come sempre in questi casi lo scopo e di farci comprare qualcosa, ma è comunque interessante vedere una rapida dimostrazione di come operano per produrle. Prima di tutto sacrificano un'ostrica estraendone l'organo sessuale, poi tagliano questo in pezzi minuscoli. Il granello che costituirà il cuore della perla viene appoggiato sul pezzetto di materiale organico messo in precedenza nella miglior posizione per ottenere la perla. Il 30 per cento circa delle ostriche produce davvero la perla in un paio di anni. Ci sono molte cose belle nel negozio, ma io non compro nulla.
Al bar beviamo due caffè, sono cosi forti che ad Halong incominciamo a tremare e restiamo un poco imbesuiti per mezz'ora. Per tutta la nostra permanenza in Vietnam non riuscirò più a bere un caffè.
Arriviamo con un certo anticipo e a causa del ritardo degli altri gitanti finiamo con l'aspettare un'ora buona per imbarcarci su una delle innumerevoli navi da crociera.
La nave ha una quindicina di belle cabine con servizi e un comodo letto. Restiamo sdraiati mentre la nave si avvia. I picchi innumerevoli che costellano la baia appaiono subito affascinanti, la foschia che dominava questa mattina ha lasciato il posto al sole e l'andatura lenta consente di godere del paesaggio. Pranzo con cibi tipici poco digeribili per l'eccesso di cipolla.
Ci si ferma per trasbordare su una piccola barca a remi e percorrere un anfiteatro di rocce dove l'acqua è verde e alcune scimmie saltellano a terra. Chi voleva ha fatto il giro in canoa ma il tempo a disposizione era cosi poco che il gioco non valeva la candela.
Ora ci spostiamo su un altro picco. Qui si può salire una lunga e faticosa scalinata in 15' arrivando ad un belvedere spettacolare. La fatica che tutti fanno per salire merita di essere fatta. Alle 17 rientriamo in nave e attendiamo l'ora della cena.
La cena è buona ma preferiamo restare leggeri. Per passare il tempo ci propongono di provare a pescare, mettono una lanterna e ci danno una canna senza esca: i pesci dovrebbero abboccare solo col movimento dell'amo, ma ci stanchiamo prima noi di loro. La notte è serena con la luna, la baia con tutte le navi a luci accese ha un notevole fascino, questa baia è considerata l'ottava meraviglia del mondo.
9 gennaio 2020- Giovedì
Alle 7 colazione e poi ci imbarchiamo sul sampan per andare a vedere la grotta della Sorpresa. In realtà si tratta di diverse caverne collegate fra loro. Sono enormi, con grandi stalattiti e stalagmiti davvero notevoli. Gli addetti hanno creato un percorso assai confortevole per i turisti, faticoso solo per una prima parte a gradini che la nostra guida affronta un po' troppo velocemente.
Il ragazzo che ci accompagna si ferma qua e là per illustrarci le varie parti esplorate fino ad ora. Io non ho mai capito la fissazione delle guide di voler trovare nelle forme delle stalattiti animali, persone o cose: sono così belle anche senza volerle costringere in schemi umani! I turisti sono tantissimi ma disciplinati cosicché gli appuntamenti che ci diamo per i vari incontri sono sempre rispettati.
Rientriamo in nave e riprendiamo la navigazione per tornare a casa. Oggi dobbiamo spostarci a Huè in aereo ed abbiamo un lungo tragitto in auto per raggiungere l'aeroporto.
Devo dire che la crociera e stata molto valida sia dal punto di vista del cibo che della stanza che aveva tutte le comodità.
Si parte alle 16,10 e in 50 minuti siamo a Huè, una città di 350000 abitanti nel centro del paese. Atterrando ho visto che intorno è tutta una risaia.
E' ad attenderci l'autista che in una mezz'ora ci porta al nostro albergo. La stanza è molto grande e l'albergo sembra un po' pretenzioso; stranamente per avere acqua calda bisogna aspettare 20 minuti.
10 gennaio 2020 - Venerdi
Arriva Binh che è la nostra guida e ci conduce a vedere le tombe di 3 re vietnamiti della dinastia Nguyen. Il primo, ottimo monarca, regnò a partire dal 1802 ed ebbe il merito di unificare il paese. Il suo nome era Gia Long. La sua tomba, come quelle dei successori è in realtà un magnifico giardino con vari cortili. Un padiglione in fondo al complesso contiene la tomba che però si sa che è vuota perché per evitare saccheggi, il re è sepolto all'interno della costruzione, ma non si sa esattamente dove. Dei successori, che finirono per essere sovrani fantoccio lasciando il governo ai francesi che li avevano vinti, vediamo la tomba del tredicesimo che, essendo vissuto in Francia, ne tornò pieno di idee per la sua tomba che si distacca molto dallo stile delle altre. Secondo noi lo sfarzo di ceramiche che vi si trova la rende un po' kitch.
Infine andiamo alla terza tomba che richiama parecchio la prima. Fa caldo, un caldo umido che toglie il fiato. Per fortuna il cielo si copre presto e si sta un po' meglio.
Ora andiamo ad un resort sito nel villaggio di Thuy Bieu dove una signora mi fa preparare tre piatti locali che poi ci mangeremo. Sembra usanza che i turisti facciano un corso di cucina e io mi ci adatto. Il primo piatto va tron torn thit è una sfoglia di riso rotonda che ripiego a metà e ancora a metà. Ora vi spargo un cucchiaino di carne di maiale tritata finemente e speziata, poi appoggio un gamberetto e a questo punto arrotolo il tutto nel senso della lunghezza.
Il secondo piatto è il banh khoai: sul padellino di alluminio si mette un po' di olio di soia, togliendolo se è troppo; quando sfrigola si mette una cucchiaiata di pastella speziata con curcuma, un gamberetto, una fettina di maiale, una di paté di maiale, alcune verdure a julienne, un uovo di quaglia. Ora si piega a metà la crèpe, si preme un poco il bordo, poi si gira il tutto al volo.
Il terzo piatto e il nom tom thit costituito da pezzetti di carne, gamberetti, arachidi, semi di sesamo e tre fichi (non i nostri), foglie di pianta aromatica. C'era anche una strana sostanza che non credo abbia un nome italiano. Il tutto si cuoce a fuoco vivo e si mangia con nuvole di riso. Il fico di questo piatto cresce sul tronco di un albero che poi abbiamo visto, ha la dimensione di un mandarino, si fa cuocere 45 minuti, poi si taglia a fette, si mette in uno straccio e si strizza per buttarne via il liquido. La polpa che rimane si sbriciola con la carne.
A fine dimostrazione mangiamo di gusto tutto quel che ho preparato.
Ora facciamo un giro in bici per il villaggio. Io, che mi trovo bene solo con la mia bicicletta, sono particolarmente impacciata ma me la cavo. Stiamo via una quarantina di minuti. Posso fare poche riprese, ma prendo nota mentalmente: le case sono ad un solo piano e poggiano su un basamento per via delle inondazioni, ogni casa ha fuori il nume tutelare che la protegge, una colonnina con sopra una capannuccia. Le risaie sono di fronte alle case e vengono lavorate con i mezzi meccanici salvo che per il trapianto che viene fatto ancora completamente a mano. Ora siamo nella fase di preparazione del terreno che qui consente due raccolti, mentre al nord se ne fa uno e al sud tre.
Riportiamo le bici e ci facciamo un bel pediluvio alle erbe e un massaggio di una ventina di minuti. Troppo poco e siamo troppo vestiti per sentirne tutti i benefici.
Per finire la giornata si sale in barca all'imbarcadero del lodge per fare il fiume dei profumi fino alla pagoda della Signora Celeste. Questo è un monastero buddista pienamente attivo. La leggenda narra che un re che non aveva figli abbia avuto la visione di una dama che gli chiedeva di costruirlo; in cambio egli ebbe l’agognato erede.
11 gennaio 2020 - Sabato
Huè è una cittadina piacevole, meno caotica di Hanoi. Ovviamente anche qui ci sono i motorini e il cibo di strada, ma si vede che e più vivibile.
La giornata di oggi prevede la visita alla Cittadella, un enorme complesso voluto dal primo re della dinastia Nguyen che fece della città la sua capitale e tale rimase fino al 1945.
Iniziata nel 1804, quando il fondatore della dinastia Gia Long era al potere da due anni, richiese alcuni anni per essere completata ed è composta da una serie di ampi cortili ed edifici. Lunga 2,5 km, era divisa in tre parti: la parte esterna riservata ai funzionari, la mediana ai soldati e l'ultima, la città proibita, riservata al re e alla sua famiglia. La cittadella ha 4 porte d'entrata ai 4 punti cardinali: la sud è per l'entrata del re che avviene per la porta centrale, mentre le laterali sono destinate al seguito. La porta ovest era riservata alle donne, la est agli uomini.
Nel corso dei secoli la cittadella ha subito incendi, uragani e danni vari. Infine, nel 1885 la città fu sottomessa ai francesi e nel 1968, durante la guerra fra Vietnam del nord e del sud, la città fu quasi interamente distrutta dai bombardamenti americani perché vi si erano insediati i nord vietnamiti con batterie contraeree dopo che questi erano riusciti a portare a termine una grande controffensiva verso Hue che faceva parte del sud. La città era troppo vicina alla linea del fronte per non esserne colpita.
L'Unesco ha sovvenzionato la ricostruzione sulla base dei disegni esistenti e della memoria dei vecchi artigiani.
Mi dà una strana sensazione il pensiero che nel 1968 gli americani abbiano potuto intervenire in questo paese e quasi distruggerlo provocando 1 milione di morti, devastanti conseguenze sui figli dei soldati intossicati dalle armi chimiche e fra i propri giovani; mi pare una politica omicida e noi che l'abbiamo seguita dal nostro paese pensiamo che fu proprio una follia priva di qualsiasi valore anche marginale.
La cosa più bella del complesso è forse il giardino imperiale con bonsai millenari, acqua in un ruscello con ponticelli decorativi e la biblioteca del re. L'influsso della cultura cinese è evidente in tutto, le foto della corte, riprese al tempo dei francesi, danno un'idea di come si vestissero a quel tempo.
Ora Binh ci porta alla laguna di Dam Chuon, 3000 ettari di acque basse dove si pescano pesci e molluschi. Questa laguna fa parte di una zona dove tre grandi fiumi confluiscono al mare ed è la marea a creare qui l'abbondanza di cibo. I pescatori usano lunghe barche a motore con fondo piatto e hanno delimitato le zone di pesca per ciascuno con canne di bambù. Un pescatore ci porta con la sua barca, getta una rete e guarda se c'e qualcosa nelle nasse. Ne ricaviamo qualche gamberetto striminzito, un pesce e un grosso granchio. E' una dimostrazione del loro lavoro quotidiano ad uso dei turisti. Interessante ma non ci emoziona.
Rientriamo per andare a mangiare al ristorante su palafitte dell'ottimo pesce.
Binh ci prenota un ristorantino per questa sera a due passi dall'albergo. Il ristorante prenotato è molto gettonato e Binh ha chiesto per noi un menu che metta in evidenza le prelibatezze del posto. Così ci portano 6 diversi piatti mostrandoci anche come si mangiano; ciascuno ha una salsa diversa. Il primo consiste nel mettere su un foglio di carta di riso della verdura, poi uno stecchino che è già cotto. Si arrotola il tutto, si sfila lo stecchino e si mangia l'involtino intingendolo in salsa. Il secondo è una specie di crepe che va aperta per infilare verdura cruda in aggiunta a quello che è già cotto, poi si chiude e di nuovo si intinge in una salsa per mangiarlo. Il terzo era l'involtino che ho fatto ieri e che mi piace tanto. Poi ci sono i dolci: una tazzina con un fondo di una sostanza tipo budino senza sapore e qualcosa di croccante sopra. Il quinto era un boccone avvolto in foglia di banana: ne è uscito un quadratino di roba ancora più gommosa e immangiabile che conteneva un gamberetto. (Ho poi verificato che questa sostanza collosa è cassava, detta anche manioca). Di questo piatto sono riuscita solo a mangiare il gamberetto. Infine un piatto ancora a base di manioca che inglobava un trito di carne. In definitiva gli ultimi tre piatti, considerati dei dolci, erano quasi immangiabili.
Dopo cena abbiamo girato un po' perché alla sera questa è zona pedonale e quindi molto piacevole. C'e grande animazione sia di locali che di turisti, molte orchestrine rendono allegra l'atmosfera. I negozi restano aperti e in un angolo riprendo un giovanotto e seduto a terra che dipinge acquerelli di fiori molto belli.
12 gennaio 2020 - Domenica
Oggi si parte per Hoi Han. Saliamo in auto con prima destinazione una laguna dove coltivano le ostriche sia per le perle che come cibo. Il paesaggio non è gran che anche se qua e là alcune risaie verdeggiano con le loro piantine. Alla laguna ci portano per il panorama, con montagne sullo sfondo e molto verde, ma la quantità di turisti arrivati in pullman dà abbastanza fastidio e per di più un paio di donne insistono per venderci qualcosa. Dico a Binh che noi siamo turisti che non amano i turisti e ridiamo, ma c'e del vero in questa affermazione che mostra in noi un po’ di snobismo. Credo però che dovrebbero fare uno sforzo e farci fermare in luoghi diversi, più in là infatti vedo uno scorcio assai migliore, con barche, laguna e monti. Riprendiamo subito l'auto per salire al passo delle nuvole che fa da confine fra il clima del nord e quello del sud. Si vede sia la laguna che il mare, ma è impossibile fare foto perché mancano del tutto piazzole di sosta.
Al passo non ci fermiamo neppure data la quantità di gente e poi non è niente di che, solo alcune casematte perché il luogo era strategico durante le guerre.
Arriviamo alla terza città del Vietnam, Da Nang, detta la Las Vegas del Vietnam. E' moderna, con strade larghe e molti edifici di nuova costruzione. Ci vengono gli asiatici per giocare ai casinò, mentre gli europei preferiscono la citta di Hoi An.
A sud della città si trovano nella campagna 5 collinette sui 200 m di altitudine circondate dai campi, andremo a salire la più alta che ha templi e edifici per ricordare gli antenati. La tradizione vuole che esse rappresentino i 5 elementi della natura: metallo, acqua, legno, fuoco e terra. In questa zona lavorano il marmo. Fanno grandi statue degli dei, vasi e altri oggetti.
Ora saliamo lungo scale disagevoli, 156 gradini molto vari in altezza, attraverso vari livelli in caverne e nicchie con statue e altari votivi. Una grande caverna ha due aperture in alto che Binh ci spiega essere opera di bombardamenti americani. Nella grotta Huyen Khong ci sono parecchi fedeli buddisti: è un anniversario dei morti della guerra e hanno portato molto cibo che verrà mangiato dopo una cerimonia. L'odore di incenso è intenso.
Dopo questa visita ci spostiamo a Hoi An, una cittadina di 60.000 abitanti che nell’undicesimo secolo ospitava mercanti olandesi, portoghesi, francesi, giapponesi e cinesi lungo una strada di circa 1 km. Ciascuno aveva costruito la propria abitazione secondo lo stile del proprio paese e oggi si possono appunto ammirare queste costruzioni. Un bel ponte costruito dai giapponesi unisce due zone. Il fiume è vicinissimo e Binh racconta di alluvioni che fanno chiamare il posto 'la Venezia del Vietnam'. Si stanno meravigliando che coi cambiamenti climatici non hanno visto le piogge abituali. Hoi An è un ininterrotto negozio con tanti turisti a guardare.
Usciamo per la cena tornando nelle vie della città antica. Le lanterne cinesi la illuminano a giorno, nel fiume le barche a remi portano i turisti a mettere lanterne di carta nel fiume, i negozi aperti fino a tardi sperano di fare buoni affari: tutto terribilmente turistico. E’ ovviamente piacevole, dato il clima, camminare fra ristorantini e negozietti con begli oggetti di artigianato e noi, dopo aver mangiato una zuppa, facciamo i due passi di prammatica prima di rientrare a dormire.
13 gennaio 2020- Lunedi
Sono le 5,30 e piove a dirotto. In effetti Bihn continuava a dirci che in questa stagione dovrebbe piovere molto. Ieri ci ha raccontato che quando aveva 17 anni, nel suo villaggio ci fu un'inondazione eccezionale. Ricorda ancora con spavento: l'acqua arrivò al tetto della casa dove lui e sua madre rimasero per tre giorni con alcuni soccorsi di cibo arrivati provvidenzialmente dall'elicottero. Unico modo per qualche spostamento fu quello di usare un tronco di banano come barca. Quando l'acqua si ritirò il fango arrivava alla coscia.
Dopo colazione attendiamo l'arrivo dell'auto. Si va a My Son, una località che è stata sede di una grande civiltà fra il 400 e il 1400 d.C. Ci sono templi e santuari della civiltà Champa che praticava l'induismo. Originariamente c'erano più di 70 edifici, prevalentemente torri in mattoni rossi che rispecchiavano la divinità dei re. La località è stata scoperta da un archeologo francese nel 1910. E' situata in una foresta, un sito molto suggestivo. Purtroppo i bombardamenti americani hanno lasciato a mala pena i resti di 25 strutture che l'Unesco ha in parte restaurato. I buchi provocati dalle bombe sono visibili ovunque fra gli edifici. Dalle dimensioni degli alberi mi sembra evidente che si tratta di piante giovani, nate dopo la fine della guerra. Mi piacerebbe girare con più tranquillità ma Binh dice di affrettarci verso un teatro dove faranno uno spettacolo tipico della cultura Cham. Intanto la pioggia è scemata fino ad arrestarsi del tutto. In effetti tre numeri di danza e canto richiamano le movenze degli indù.
Ora andiamo a visitare la fabbrica della seta. Come avvenuto per quella delle perle lo scopo è di venderti qualcosa. Ti fanno vedere i bachi appena nati, quelli di tre settimane e i bozzoli. Non particolarmente interessante dato che conosciamo il procedimento. Una ragazza mostra come tira fuori il filo dai bozzoli immersi in acqua calda avvolgendolo su un aspo. Ci fa poi passare al negozio per mostrarci delle tovaglie in cotone (ops...) ricamate e poi ci mostra i quadri ricamati con seta: immagini stupende, costi alti ma che meriterebbero tutti i 600 euro che costano!
Mangiamo in un ristorante presso il villaggio delle verdure di Tra Que e poi in una decina di minuti giriamo per gli ordinatissimi orti, poi rientriamo in albergo.
Alle 16 usciamo per una lunga passeggiata verso la città vecchia. Di nuovo ci stupisce la quantità di negozi, ma soprattutto il mercato che affastella i venditori dei vari cibi in modo impressionante.
14 gennaio 2020 – Martedì
A mezzanotte il telefono di Arturo ha squillato, era il solito numero fantasma che chiama: se si risponde non c'e nessuno e avviene in qualche modo un addebito. A noi non importa perché non rispondiamo, ma essere svegliati nel cuore della notte non ci ha messo di buon umore anche perché non siamo più riusciti a dormire decentemente.
Alle 6 siamo in piedi, andiamo a colazione, poi attendiamo l'arrivo dell'auto per l'aeroporto. Il panorama dall'aereo mostra un territorio tendenzialmente pianeggiante, senza grande vegetazione, la zona montuosa è piuttosto piccola. Sopra Saigon una nuvola di smog. Perfetto orario per tutto compreso il volo fino a Saigon (Ho Chi Minh) e l'incontro con la nuova guida che parla un ottimo italiano.
La guida è un giovanotto di 27 anni, magro come un chiodo. Vuole che lo chiamiamo Filippo perché è un nome che gli piace ed ha notevoli assonanze con il suo.
Saigon, 15 milioni di abitanti, è la città più ricca del Vietnam e dalle campagne in molti vogliono spostarsi giacché là si guadagna davvero poco: 200/ 300 dollari al mese. La città si presenta subito con un traffico bloccato dalla grande quantità di auto. I motorini sono moltissimi ma in proporzione sembrano meno che ad Hanoi.
Filippo ci porta ad un tempio molto famoso e frequentato. In esso sono mescolati buddismo e taoismo, con dei e dee. Filippo ci racconta diverse leggende e credenze religiose interessanti. E’ preparato e le sue spiegazioni sono dettagliatissime. Il tempio è stato molto interessante e piuttosto diverso dagli altri visti durante il viaggio.
Andiamo al museo della guerra dedicato a documenti sia della guerra di Indocina che di quella con gli americani. Ovviamente il tutto è un po' di parte (mi risulta che da ambo le parti ci siano stati maltrattamenti di soldati), ma è chiaro che la popolazione civile è stata coinvolta massicciamente e l'uso del napalm ha non solo provocato danni immediati, ma spaventose deformazioni nei figli di chi era stato a contatto con la diossina. Nel museo c'erano foto sconvolgenti e alcune persone che lavoravano in una stanza avevano deformità impressionanti. Filippo ci tiene a dire che ormai la pace è fatta con gli americani anche perché i loro investimenti sono necessari al paese.
Ora Filippo ci porta a vedere l'esterno di una chiesa francese costruita nel 1800 e l'ufficio postale centrale. Nulla di interessante. Fa molto caldo e quando cerca di portarci a vedere il mercato locale gli chiediamo di saltarlo e andare in albergo. Il problema più grosso è il tempo che si passa in coda; Filippo dice che è perché siamo prossimi al capodanno, ma io ci credo poco. Purtroppo l'idea di portarci direttamente in visita alla città, considerando che siamo perennemente in coda, che ci sono 30 gradi, che non abbiamo avuto il tempo per mangiare non fa gustare gran che il giro.
15 gennaio 2020 - Mercoledì
L'appuntamento è alle 7,30 per andare ai tunnel di Cu Chi, a 60 km da Saigon. La coda per uscire dalla città e il traffico continuano ad essere tali che se ne va un'ora solo per raggiungere la periferia. Arriviamo con i primi turisti nella foresta che ha 250 km di cunicoli sotterranei costruiti su 3 piani, con entrate cosi strette che solo i vietnamiti, piccoli di statura e magrissimi riuscivano ad entrarci. Qua e là, nella foresta, finti termitai nascondono delle prese d'aria, le entrate erano mimetizzate dalle foglie secche e ingegnose e micidiali trappole uccidevano eventuali nemici che osassero entrare. Ad un certo livello erano grandi spazi per il comando militare, la cucina, la sartoria, ecc.
Filippo ci spiega tutto con grande precisione: gli americani lanciarono 240.000 tonnellate di bombe. Io mi chiedevo come mai le zone di guerra fossero cosi vicino a Saigon e ora ho capito che i vietcong, aiutati dai contadini locali, miravano da subito alla capitale del sud. Dei 250 km di tunnel ne restano ancora 120 a fine guerra. Vivere sotto terra ovviamente non era salutare e molti soldati avevano malattie della pelle, inoltre avevano poco da mangiare, potevo sfamarsi con la tapioca e animali catturati.
Per questo ci fanno assaggiare la tapioca, una radice simile per forma ai rizomi delle dalie. Buona, sembra patata americana, si cuoce e si mangia intingendola in una miscela di sale, zucchero e semi di sesamo.
In un altro punto vediamo come si fa la carta di riso: una miscela di acqua e polvere di riso viene cotta su una piastra vaporizzata con acqua, e' cosi sottile che si romperebbe a toglierla quindi usano un rullo di stoffa che passano dall'esterno, la frittella ci resta attaccata e viene spostata su un graticcio ad asciugare.
La foresta è interessante, Filippo dice che ci sono molti uccellini, ne vediamo alcuni, ma non è l'ora giusta. Dice anche che c'e bracconaggio per rivenderli sia per il loro canto, che per mangiarli.
Adesso proseguiamo il viaggio verso la Cambogia, nel villaggio di Long Hoa. Lungo il percorso ci sono piantagioni di albero della gomma: ad ogni albero (non molto vecchio) è appeso un mezzo guscio di noce di cocco per raccogliere il lattice.
Nel 1926 a Long Hoa, è stato creato il Caodaismo, una religione che è un misto di buddismo, taoismo e confucianesimo. Si sono costruiti diversi templi in questa regione, molto colorati e con bei giardini. Assistiamo all'inizio di una cerimonia religiosa.
Rientro con quasi 3 ore di coda. Riposiamo una mezz'ora, poi usciamo per andare a vedere il mercato dove vendono proprio di tutto in un ammasso di bancarelle infinito.
Andiamo a piedi verso un ristorante che ci ha consigliato Filippo; attraversare le strade è quasi impossibile, i marciapiedi sono pieni di motorini che cercano percorrendoli di velocizzare i percorsi e per i pedoni non c'e alcun rispetto. Nessun vigile in vista, ci salva solo il blocco in cui sono tutti finiti e che ci lascia la possibilità di zigzagare, i marciapiedi non esistono perché li usano i motorini e solo davanti agli alberghi si può camminare perché transennano una piccola area e c'e un addetto davanti. L'aria è irrespirabile. Arriviamo dove dovrebbe esserci il ristorante ma non lo vediamo, se bisognasse attraversare qui credo che sarebbe impossibile. Mi sono stancata e decidiamo di tornare in albergo.
Mi viene una pessima idea, di andare al ristorante cinese di fianco al Huong Sen e prendiamo una solenne fregatura: 1.850.000 dong per due zuppe e due birre. Non so se il cameriere volutamente o no abbia equivocato la mia richiesta di darci delle razioni small, fatto sta che ci ha dato le large che costavano 850.000 dong ciascuna. Vai a discutere ora, se ne sei capace.
16 gennaio - Giovedì – albergo Muong Thanh
Ho cercato di non pensare alla fregatura di ieri sera altrimenti non sarei riuscita a dormire. Per il Vietnam 45 euro a testa per mangiare è cosa da ristorante di lusso, non da ristorante cinese in cui abbiamo mangiato una zuppa con dentro semi di soia crudi e coriandolo.
Alle 8,15 viene a prenderci la guida e andiamo in auto a My Tho che si trova sul delta del Mekong. In barca a motore andiamo poi sull'isola di Thoi Son. Il braccio di fiume che attraversiamo è assai vasto e sappiamo che ce ne sono almeno altri quattro simili. Non ci stupiamo solo perché conosciamo la geografia della zona visibile spesso nei documentari. Nell'isola è ben visibile la vegetazione tropicale, del resto il clima il caldo e l'umidità confermano questa affermazione. Abbiamo un assaggio di quel che doveva essere la vita qui una volta, con alberi da frutta vari ma sparsi qua e là, non a filari come si fa di solito. Evidentemente è sempre stata una coltivazione di sussistenza. A uso dei turisti e per vendere, ci fanno vedere come fanno le caramelle di cocco e Filippo ci ricorda che del cocco si usa assolutamente tutto: dall'esterno usato come fertilizzante o per fare corde e tappeti, al guscio per fare mestoli e ciotole. Con la polpa che noi mangiamo loro fanno striscioline da cuocere perché quel che mangiano crudo è una parte interna presente solo a piena maturazione. Il più usato è il latte di cocco che si cuoce in molte ricette compresa quella delle caramelle morbide che vendono qui. Fra le cose vendute il liquore di riso con dentro un cobra: prelibatezza da cinesi che lo ritengono potenziatore della virilità (ma che fissa!).
Poco oltre ci fanno gustare i vari tipi di frutta e per la prima volta assaggio il frutto dell'albero del pane che trovo gradevole. Ci chiedono se vogliamo sentire le canzoni tradizionali e noi assentiamo per cortesia. Tre cantanti si esibiscono in una canzone ciascuna. La mancia è d'obbligo.
In barca a remi per pochi minuti, voga in piedi con remo unico da parte di una donna. Il canale è bello ma il percorso quasi ridicolo. Ora saliamo su un carretto tradizionale per un breve tratto. Sinceramente avrei preferito poter camminare per conto mio per un poco, è talmente falso questo teatrino!
Rientriamo in barca e proseguiamo per Can Thao. Prima però, forse perché temevano di lasciare troppo vuota la giornata, andiamo a visitare una casa cinese del 1800. Si chiama casa di Binh Thuy e la abita l'ottava generazione di una stessa famiglia. La cosa più interessante è la loro collezione di orchidee. Uno degli eredi fa il pittore e sforna opere a olio con grande rapidità; quadretti ispirati al Vietnam con grande uso di spatola e colori vivaci. La casa e'famosa anche per essere servita da set del film "L'amante" tratto dal libro di Marguerite Duras.
Arriviamo in albergo a Can Tho alle 16; un albergo nuovo, un po’ defilato. Una mezz'ora di riposo e siamo in strada, diretti al fiume dove si trova il ristorante consigliato da Filippo che si rivela ottimo. Rientriamo sempre a piedi guardando le luci e le bancarelle che vendono un po' di tutto. L'eccitazione per il vicino capodanno si fa sempre più intensa e non si capisce se qui sia sempre cosi o se in questo momento sia più intensa del solito.
17 gennaio 2020 - Venerdi
Ultimo giorno di permanenza. Appuntamento alle 7 in reception. A colazione assaggio due nuovi frutti: il longan (dimocarpus longan) che sembra un litchi più piccolo e con la buccia marrone e il rambutan che è più grande ma gli somiglia molto. Andiamo in auto all'imbarcadero e poi per mezz'ora in barca al mercato galleggiante di Cai Rang, forse il più grande del delta del Mekong. Filippo ci spiega che da quando il governo ha iniziato a costruire i ponti fra le isole, il mercato tende a perdere di importanza anche perché i giovani preferiscono lavorare a terra.
E' interessante vedere le case disposte sulle sponde, in parte su palafitte. Molte con lamiere varie per tetto e pareti. Sono decisamente malandate ma credo siano le più vere che abbiamo visto nel paese. Piuttosto sporche le rive con rifiuti di vario tipo.
Siamo su uno dei nove sbocchi sul mare del Mekong, molto largo; il traffico di barche è notevole sia per il trasporto di merci che per i turisti.
Arriviamo al mercato: le barche più grandi forniscono le piccole di frutta e verdura, è molto animato, si vede un'attività reale ed è davvero caratteristico.
La nostra barca fa due volte il giro del mercato, poi riprende la navigazione per un ramo secondario del fiume e ci porta ad un bellissimo frutteto (Ba Cong) dove Filippo ci mostra le varie piante: albero del pane, mango, mela d'acqua, papaya, guava, durian, pitaya (frutto del drago) e diverse altre. Ci spiega anche quali piante vengono usate e in che modi, la ninfea per esempio viene mangiata con lo stelo e il fiore mentre c’è un'erbaccia utile per tisane contro il mal di fegato.
Per avere l'acqua per il frutteto vengono scavati dei canali e sui canali sono allevati grossi pesci che vengono anche esportati e non solo mangiati localmente. In un angolo del frutteto vengono tenuti i galli da combattimento che vengono tenuti ciascuno su una gabbia.
Filippo continua a illustrarci con dovizia di particolari quanto stiamo vedendo, questo ragazzo è un pozzo di scienza!
Come ieri ci fanno mangiare frutta tropicale e bere l'onnipresente te verde. Il luogo è molto più bello di quello di ieri e gradiamo molto la visita. Ci portano in barca a un imbarcadero vicino e qui possiamo visitare un mercato locale dove il pesce è ancora guizzante. L'auto è ad aspettarci qui e proseguiamo per Saigon in tre ore. L'albergo è lo stesso di due giorni fa.
18 gennaio 2020 - Sabato
Colazione alle 6 per fare le cose con calma. 7,30 appuntamento col taxi per l'aeroporto. Non c'e molto traffico e arriviamo fin troppo presto. Procedure di check in e imbarco senza problemi. Alle 9,30 siamo già al gate e l'aereo parte alle 11,10. Poco male. Per la prima volta viaggeremo coi russi, volo Aeroflot.
Partenza con un'ora di ritardo senza che venisse detto il motivo; comunque il tempo viene recuperato durante il volo. Siamo a Mosca intorno alle 19. Come ci avevano raccontato, qui rifanno sia il controllo dei passaporti che del bagaglio anche se siamo solo in transito . Purtroppo ci sono solo 2 addetti e la coda diventa decisamente lunga, per fortuna noi abbiamo quasi 3 ore di tempo fra l'arrivo e la ripartenza che e prevista per le 20,50. Arrivo a Malpensa, con nuovo controllo passaporti, quasi a mezzanotte.
Considerazioni finali
Il Vietnam è un paese molto interessante, ma dal punto di vista delle bellezze naturali mi aspettavo qualcosa di più. Tolte le eccellenze di Ha Long non ho visto nulla che mi emozionasse, né uccelli, né piante.
E’ come se fosse un paese che dona a macchia di leopardo delle eccellenze, come Ha Long e il delta del Mekong, ma respinge un po’ con la sua modernità disordinata. Aggiungo il tentativo di accontentare i turisti con teatrini precostruiti. L'organizzazione è stata ineccepibile, gli alberghi fin troppo d'alta categoria.
Le città principali col loro assurdo traffico sono considerate da alcuni un'attrazione turistica, ma io non condivido quest'idea: quando il pedone non ha assolutamente spazio, quando sto in coda 2/3 ore in città per raggiungere il mio albergo, quando lo smog prende alla gola, mi vien da dire che tanto vale restare al mio paese.
A Saigon era forse sufficiente restare un giorno per vedere il traffico e il museo della guerra e poi spostarsi sul mare. Un paese di pescatori sarebbe stato l'ideale. Non è però colpa dell'agenzia che non credo possa immaginare i desideri di tutti.
Bonsai
Ho scoperto che qui sono assai presenti i bonsai. Si tratta di grandi esemplari in vasi di pietra scolpita molto pesanti. Sono in tutti i templi, fuori parecchie case e botteghe, sono tenuti con lo stile cinese che li vuole far crescere naturalmente in modo che la loro piccola dimensione deriva solo dalla scarsità di terra nel vaso.
Nel giardino della città imperiale gli esemplari erano ancora più spettacolari del solito.
Cibo
Abbiamo mangiato abbastanza i piatti locali che sono caratterizzati da spezie che non conosco. Nella lezione di cucina ce n'erano 2 o 3 che proprio non ho riconosciuto. Usano le foglie del pompelmo, ma questo frutto è assai più grande di quello che conosciamo e non l'ho mai visto in vendita ma solo sugli alberi la cui dimensione è piuttosto piccola. Da quel che dicono le guide sarebbero più dei pomelo che dei pompelmi.
La cosa migliore sono gli involtini con gamberetti, ne mangerei a volontà. La cosa meno piacevole la carne di maiale che è sempre troppo stagna. Il sale è praticamente assente così come lo zucchero.
I dolci non sono gran che, il pane assente, lo abbiamo trovato negli alberghi per la colazione, ma non è mai croccante.
Tra i frutti tropicali che ormai abbiamo visto e assaggiato più volte, la pitaya (in inglese dragon fruit) mi è sembrata abbastanza nuova. Ha buccia rossa con spuntoni morbidi e interno bianco con molti semi. Il sapore è abbastanza scipito, ma a volte è dolce. Un agrume simile all'arancia ha sapore insulso. In definitiva si conferma che la nostra frutta è molto più varia e saporita.
Nelly e Arturo