Diario di viaggio 2007
di Fabio
Per
info sul viaggio, voli, spese, autonoleggi andate sul mio sito www.tripfabio.com
Dove
trovate anche le foto dei miei viaggi
01/08/2007
Finalmente
si parte, il volo sarebbe il giorno dopo ma noi abbiamo deciso di dormire la
notte prima vicino alla malpensa per non fare una levataccia la mattina seguente
e farsi 170 Km per andare a prendere l’aereo, quindi destinazione Malpensa
House a 5 minuti dal terminal 1.
Prendiamo
il treno per Milano centrale, incredibile incontro un amica che erano mesi che
non vedevo, facciamo il viaggio in compagnia.
A
Milano ci aspetta il nostro taxista di fiducia (Max), ci accompagna nella nostra
tana per stanotte, il malpensa house, la proprietaria è tutto un perché,
sembra uscita da un film di dario argento, noi la soprannominiamo la bocca di
ferro.
Posate
le valigie andiamo in una pizzeria poco distante dal nome molto particolare, (il
buco del mulo), comunque posto tranquillo, pizza discreta e cameriere buone.
Salutiamo
il taxista e ce ne andiamo a letto.
02/08/2007
Sveglia
alle 7, per le 7.30 dobbiamo essere in aeroporto, ci passa a prendere bocca di
ferro e nella speranza che non ci uccida saliamo in macchina con lei e via per
il terminal 1.
Si
parte, il volo da Milano a Philadelphia è andato benissimo, durata 9 ore, una
mazzata.
Si
riparte, il volo da Philadelphia a Denver è andato benissimo ma non mi è
proprio passata per niente, all’aeroporto di milano l’addetta della Us
Airways non può farci entrambi i biglietti perché il secondo volo è operato
dalla United perciò al momento di fare i biglietti a Philadelphia il volo è
full quindi si prendono i posti rimasti vuoti che guarda caso sono staccati, 4
ore di fianco a due americane che non facevano altro che mangiare caramelle,
trafficare con il cellulare, lettore mp3, cuffie della televisione, sono
impazzito.
Arrivati
a Denver cominciamo a prendere le prime inculate, dobbiamo arrivare al motel
prenotato dall’italia, circa 12 miglia di strada, prendiamo un taxi,
l’autista Pakistano ci incula ben 45 $ e comportandosi malissimo, ma ci
accorgeremo che non sarà l’unico a comportarsi male c’è di peggio, inoltre
alla fine ci chiede la mancia, siamo stanchi e vogliamo andare a dormire quindi
non discutiamo, paghiamo, lo mandiamo a quel paese e andiamo in stanza, ma credo
che se solo una delle imprecazioni che gli abbiamo mandato si attacchi il giorno
dopo farà fatica ad alzarsi dal letto.
Lenta
cena in un fast food con pollo fritto, patatine e una pepsi enorme, morti
andiamo a letto.
03/08/2007
Denver
– Thermopolis (400 miglia)
Per
evitare l’inculata di ieri con il taxi, decidiamo di chiamare il supershuttle
che per la modica cifra di 32 $ dovrebbe portarci all’aeroporto per ritirare
la nostra macchina noleggiata dall’italia. Ci tirano il pacco dicendo che
devono lavorare troppo, si presenterebbero alle 11 ma per noi è troppo tardi
dobbiamo arrivare fino a Thermopolis, 400 miles, chiamiamo un taxi che ci tira
un altro bel pacco ma stavolta non economico ma proprio non si presenta e per
fortuna che siamo in america dove nella casa dei taxi per eccellenza, ne
chiamiamo un altro e finalmente questo si presenta, ci mandano un taxi giallo di
fuori e di dentro nel senso che è gialla la carrozzeria ma anche l’autista,
ma dove sono i taxista americani???
Ecco
la dollar, prenotata grazie a enoleggioauto, quasi alla cieca. Fanno il
possibile per darci una macchina più grossa di quella che avevamo prenotato,
con più optional, niente da fare noi vogliamo la nostra chevrolet aveo, ci
dicono che non sarà adatta alla strada che dobbiamo fare che sarà un bidone,
ma niente da fare noi vogliamo la nostra aveo.
Usciamo
nel piazzale per prendere l’auto ma colpo di scena non la troviamo, torniamo
dentro e chiediamo spiegazioni, incredibilmente la macchina è incidentata e
quindi vuole dire che dovranno darci un’altra auto pari alla aveo o superiore,
ma hanno solo una dodge 4x4 libera, zitti zitti prendiamo le chiavi e finalmente
partiamo con il nostro dodge che sembra più un camper con mansarda e cantina,
per una volta il culo ci accompagna.
Usciamo
dalla dollar e imbocchiamo la interstate 25 per cheyenne, facciamo sosta in un
supermercato dove non crediamo ai nostri occhi, qui vendono le confezioni di
popcorn, corn chips e altre patatine in confezioni da 1 Kg, ora capisco perhè
ci sono così tanti large people a piede libero. Non resistiamo e ne compriamo
anche noi.
Il
paesaggio che incontriamo oggi è esagerato: praterie da paura, sembra di essere
in un film western. Però non c’è niente, lo sguardo si perde. Unici esseri
viventi le vacche, che aspettano la griglia.
E
dopo tanta pianura, ecco finalmente che si entra nella riserva indiana di wind
river, che corrisponde alla canyon big horn, ere geologiche da paura, una figata.
Dopo
sette ore di strada portiamo a termine il compito di oggi: arriva a thermopolis,
400 e rotte miglia.
La
piccola cittadina è famosa per le sue acque puzzolenti dall’inconfondibile
odore di uovo marcio, facciamo un giro turistico nel centro del paese e visto
che abbiamo un po’ di fame ci infiliamo in una bettola stile vecchio west, poi
via al coachmente motel che avevo prenotato dall’italia, piccolo, semplice ma
molto confortevole.
04/08/2007
Thermopolis
– Yellowstone (300 miglia compreso anello sud)
Partenza
ore 8:30. Lunica città degna di nota che incontriamo è cody, bel posto dove si
respira l’aria del vecchio west.(anche se le case sono in muratura)
Lo
spettacolo inizia appena inboccata la valle del fiume shoshone, la shoshone
national forest: il fiume si snoda tra canyon, praterie, rocce di diversi
colori, boschi di pini… un piccolo assaggio di quello che vedremo a
Yellowstone.
Arrivati
all’ingresso del parco compriamo dal ranger la national park pass che ci
permetterà di entrare nella maggior parte dei parchi che visiteremo, entriamo
nel parco ma il tempo non promette nulla di buono.
Dato
che siamo entrati dall’ingresso est ci dirigiamo subito verso lake
Yellowstone, ora il tempo è buono e splende il sole. Il fatto è che qui a
Yellowstone il tempo è davvero imprevedibile e variabile nel corso della stessa
giornata. Impareremo a nostre spese.
Costeggiamo
il lago percorrendo l’anello inferiore per raggiungere il nostro lodge, colpo
di scena: Il nostro lodge non è dove avevamo pensato (e cioè vicino al lago)
ma dalla parte opposta! Complimenti! Poco male andiamo ugualmente avanti per
vedere old faithful e completare il giro dell’anello sud, il cielo è sereno e
fa caldo.
Abbiamo
ancora un ora prima del prossimo getto e decidiamo per un giro nei geyser e una
piccola escursione nella foresta per fotografare uno scoiattolo che ho visto
scappare su un albero, nel frattempo il tempo cambia e arrivano le nuvola.
Mentre
siamo nel bosco un leggero venticello fa muovere i rami degli alberi, una cosa
curiosa e quasi piacevole, il vento cresce e in pochi minuti si traforma in un
mezzo uragano, lasciamo perdere lo scoiattolo e ritorniamo velocemente sul
sentiero principale fuori dalla foresta dove il leggero venticello aveva già
sradicato diverse piante e fatte cadere guarda caso sul nostro sentiero, niente
paura passiamo sotto alle piante oramai da usare per il camino e torniamo
all’old faithful per la sua esibizione che inizia come al solito puntuale, ma
causa pioggia, vento, freddo, non è di grande emozione. Addio ce ne andiamo per
raggiungere il nostro lodge, il tempo è pessimo.
Facciamo
una sosta ai geyser dell’upper e lower basin. Fa freddo ed è buio.
Il
paesaggio cambia, la valle gibbou è splendida: fiumi, cascate, boschi e
stavolta il tempo rimane bello con sole e caldo.
Arriviamo
alla nostra cameretta: un lussuoso monolocale in una specie di container al
limite della foresta, a causa dell’uragano di oggi è saltato tutto
l’impianto elettrico del villaggio quindi siamo al buio, mangiamo e andiamo a
nanna.
05/08/2007
Yellowstone
(100 miglia)
Sveglia
alle… boh è ancora buio e fa un freddo cane. Non saremo sotto zero?
Rantoliamo un po’ nei letti, poi quando fa chiaro partiamo per il nostro tour
odierno (stanotte però accenderemo il termosifone o bruceremo le sedie).
Il
programma di oggi prevede il giro dell’anello nord. Prima tappa: il canyon
dello Yellowstone, inspiration point. Da restare senza fiato, una veduta
favolosa dalle lower falls e tutto il percorso dello Yellowstone che con il suo
verde smeraldo si snoda tra pareti a strapiombo di varie tonalità di giallo,
ocra e rosa. Proseguiamo verso nord, sempre costeggiando lo Yellowstone river
con una strada panoramica che ad ogni curva regala sempre qualche cosa di nuovo,
non contiamo le soste per le foto.
Seguendo
il consiglio della routard abbandoniamo per un po’ l’anello nord per
imboccare la lamar valley ma non si vede ancora nessun animale. Dopo avere
percorso svariate miglia stiamo quasi per fare dietro front, quando ci appare un
intera mandria di bisonti, non crediamo ai nostro occhi, saranno più di un
centinaio. Foto. Ci spostiamo e nella largha prateria (il panorama è da
documentario del national geographic, un fiume scorre nel bel mezzo di una
prateria larga diverse miglia e piena di bisonti) appare un’altra mandria,
ancora più numerosa. Dopo un ulteriore spostamento appare ancora un’altra
mandria anche questa molto numerosa.
Un
bisonte a cui non frega niente di noi, esce dal branco, ci punta, ed attraversa
la strada davanti a noi (che siamo a piedi fuori dall’auto) a non più di 15
metri. Non ci eravamo accorti che alle nostre spalle, coricato in mezzo agli
arbusti dall’altro lato della strada c’era il suo compare.
Ce
ne accorgiamo solamente quando sentiamo il suo muggito mentre si alza in piedi.
E così sono in due, li vicino. Che spettacolo. Visto lo spettacolo dei bisonti
e fatto non so quante foto ci dirigiamo verso mammuth hot spring, ma c’è un
problema, il tempo è cambiato e dal sole che c’era prima si trasforma in un
acquazzone imperiale ma non molliamo aspettiamo in macchina mentre mangiamo due
corn chips. Come ci aspettavamo il tempo cambia e ritorna il sole e il caldo
perciò usciamo dalla dodge 4x4 e cominciamo il nostro tour: colate bianche
accecanti e vasche di acque termali che ribolle in pozze multicolore.
E’
una passeggiata piuttosto pesante, ma ne vale la pena. Ricomincia a piovere ma
speriamo che smetta alla svelta, intanto ci avviciniamo al gran finale della
giornata: le cascate dello Yellowstone, lower già viste da lontano stamattina e
upper.
Raccogliamo
le ultime forze e scendiamo per il ripido sentiero che ci porta fino alla base
delle lower. Sono alte 308 piedi, una portata di acqua incredibile, l’acqua è
verde smeraldo che si getta tra le rocce gialle.
Possiamo
andare a casa senza vedere le upper? Ed eccoci là, non sono grandiose come le
lower ma il fatto di arrivare fino a toccare l’acqua è indescrivibile.
Per
oggi non è niente male.
06/08/2007
Yellowstone
– Grand Teton (100 miglia)
Sveglia
di buon mattino circondati dalla nebbia (o forse nuvole basse). Il tempo ci ha
presi proprio per i fondelli in questi giorni Yellowstone.
Si
parte, stiamo per lasciare il parco tanto ateso per dirigerci verso il grand
Teton, ma Yellowstone non finisce mai di sorprenderci, appena usciti dal lodge
ci ritroviamo davanti alcune alci che fanno colazione, abbiano coronato
praticamente quasi tutti i nostri desideri, abbiamo visto quasi tutti gli
animali di questo parco a parte L’orso Yoghi che ha pensato bene di stare per
i fatti suoi. Ripartiamo e siamo dentro alle nuvole e siamo in paradiso, dalla
foschia escono i bisonti, mandrie intere, li abbiamo vicino alla macchina e ci
puntano incuranti, possiamo quasi toccarli, e pensare che ieri pensavamo di
avere avuto il massimo, dopo uno spettacolo del genere sarà difficile trovare
qualcosa di più entusiasmante. Naturalmente l’uscita da Yellowstone subisce
un considerevole ritardo e quando entriamo a gran teton, probabilmente ancora
folgorati dai bisonti non diamo il giusto peso al parco.
In
effetti ci sono alcuni punti molto belli: per esmpio monti teton che arrivano
tranquillamente a 4000 mt e che durante le belle giornate si specchiano nel
jackson lake.
Non
oggi però. Piove ancora. Con incontenibile gioia di Filippo vediamo il museo
delle arti e tradizioni indiane al visitor center, un evento atteso da oltre 30
anni. Facciamo tutto il tour del parco (una quarantina di miglia in tutto),
andiamo anche ad immergere le mani nel mitico (per chi è appassionato di
racconti della frontiera) snake river. Di animali neanche l’ombra, giusto una
mandria di bisonti in lontananza. Usciti dal parco facciamo una passeggiata
nella cittadina di Jackson Hole, dove tutto sembra rimasto ai tempi dei
pionieri, tranne auto e semafori.
Molto
carina, ma le cianfrusaglie nei negozi è da film horror. Non riusciamo proprio
a comprare niente. Nei negozi di abbigliamento tutto è made in china. Ci
dirigiamo verso l’hostel X, prenotato su internet, si trova a Teton Villane
una piccola stazione turistica ad una ventina di miglia da Jackson Hole. E qui
finalmente vediamo un orso. Infatti, ci accoglie una receptionist gustosa e
culona che ci assegna, con la gentilezza di un pachiderma, una camera tugurio
che riproduce quasi fedelmente una capanna dei cercatori d’oro di 150 anni fa.
Meno male che ci dormimo solo una notte. Comunque camere pulite.
07/08/2007
Gran
Teton – Bryce Canyon (550 miglia)
Sveglia
all’alba, l’orologio suona alle 6:30.
Oggi
ci aspetta la più lunga traversata della storia. Diciamo addio senza rimpianti
all’hostel X e alla sua culona della reception, carichiamo le valige in
macchina e partiamo.
Toccheremo
tre stati, Wyoming, Idaho, Utah. Giusto un paio di soste fisiologiche e per
mangiare qualche schifezza tipica del posto ad esempio Wendy uno dei tanti fast
food, si mangia abbastanza bene, si spende poco e panini poco farciti con salse
strane.
Arrivati
a panguitch ci dirigiamo subito al nostro motel, prenotato durante il viaggio
con una semplice telefonata, il bryce way motel, con stanze enormi, letti
enormi, tele enorme, tutto è enorme. Stremati dal viaggio, decidiamo di dare
retta alla routard e ci offriamo una cena presso la cowboy steakhouse, una
meraviglia per il palato, divoriamo un mezzo pollo ed una bistecca alla griglia
con vari contorni, se dovessimo dare un voto alla cucina sarebbe altissimo.
08/08/2007
Bryce
Canyon & Kodachrome Basin
La
scelta di Panguitch come base di appoggio è stata azzeccatissima: poca spesa e
vicino ai parchi, è un po’ la nostra filosofia. Nonostante da Bryce Canyon ci
separino solamente 20 miglia, la strada ci riserva una bella sorpresa: Red
Canyon, che come dice il titolo, è una stretta vallata di rocce rosse da paura.
Chissà che spettacolo al tramonto. Arriviamo a Bryce Canyon, cosa si può dire
di più di quanto non sia già stato scritto? Enorme, maestoso,
mozzafiato…Bisogna vederlo.
Il
nostro tour inizia da sunrise point, prosegue a sunset point e poi abbiamo la
brillante idea di continuare a piedi fino a inspiration point, sulla mappa viene
indicato a due, peccato che la cartina non evidenzi che il sentiero è
completamente al sole. Peccato che non mostri il dislivello dei due point of
view. Io solito genio mi sono messo le infradito che, per quanto comode possono
essere sono sempre infradito. Peccato che abbimo lasciato l’acqua in
macchina…A fatica arriviamo alla vista sull’anfiteatro, favoloso…
Gli
altri punti ( Bryce point, Natural bridge, Rainbow point, all’estremità del
parco) saranno raggiunti in macchina. Non ci vogliamo perdere niente di bryce e
programmiamo di tornarci per il tramonto per le foto di rito. Se c’è un punto
che si chiama sunset point vorrà ben dire qualche cosa.
Si
parte per Kodachrome basin, siccome stiamo percorrendo la scenic bway 12, dopo
aver letto che si tratta di una delle strade panoramiche più belle d’america
decidiamo di percorrerla, almeno per un certo tratto, così tanto per vedere se
quello che abbiamo letto era vero o era una bufala.
Tutto
si rivela verissimo, incredibile la varietà di paesaggi (canyon, gole, vallate,
boschi ecc…) che si incontrano, dopo ogni curva è sempre tutto diverso, da
provare.
Ed
ecco il Kodachrome basin. Il parco è piccolissimo e il percorso da fare in auto
si esaurisce in 10 minuti, le rocce rosso fuoco mentre le scogliere che lo
circondano vanno dal bianco al rosa al marrone. La cartina che ci danno
all’ingresso mostra diversi sentieri da percorrere a piedi, ma si dai
facciamone uno, alla fine le cose sudate sono quelle più apprezzate.
Decidiamo
per il sentiero che va allo shakespeare arch, le sue terre rosse, la sua
vegetazione semi desertica, il percorso si inerpica lungo i fianchi di un monte
rosso che si staglia solitario nella prateria. L’impresa viene portata a
termine con lo spargimento di litri di sudore e a costo della vita, visto che
ancora una volta ho avuto la brillante idea di tenere le infradito.
Ritorniamo
a Bryce Canyon, ma sunset point al tramanto è una bufala. Gran finale invece a
Red Canyon. Qui si che è vero west.
09/08/2007
Panguitch
- Lake Powell (160 miglia)
Sveglia
con calma. La trasferta di oggi non è lunghissima circa un paio di ore di
macchina, quanto basta per vedere che qui nello Utah i limiti di velocità
vengono rispettati quanto in Italia, ne fanno le spese i poveri animali che
hanno la malaugurata idea di attraversare la srada, mai come oggi abbiamo
trovato cadaveri di animali (anche grandi, cervi, cavalli…) lungo la strada.
La
ricerca del motel oggi è più complessa del solito, puntiamo sul motel 6 (che
ha la piscina e oggi potrebbe tornare comoda). Siamo a Page, Arizona, lo scopo
della nostra trasferta di oggi è visitare L’antelope canyon, un sito che
permetterà delle foto fantastiche, essendo una profonda fessura nella roccia
lunga quasi 200 mt e nella quale filtra la luce del sole.
Nonostante
Filippo sia un indiano mancato, non ha mai avuto simpatia per i Navajo (a
proposito page si trova nella riserva indiana dei Navajo, la più grande delle
riserve indiane statunitensi e loro sono ovunque e gestiscono tutto), ma
l’unico modo per vedere anteope canyon è quello di affidarsi ai tour guidati
con gli indiani, già si sente puzza di inculata. Si arriva al parcheggio,
chiedono 6 $ a testa e non per macchina solo per parcheggiare l’auto in un
recinto e ulteriori 20 $ a testa per salire sulle loro auto che sembrano più
dei carri per il bestiame. Ai turisti (molti dei quali asiatici e perennemente
sorridenti) sarà servito poco dopo un lauto pasto a base di polvere del
deserto. Come aperitivo una bella coda sotto il sole cocente, tutti in fila
prima di essere rapinati di 20 $. Quindi vedremo antilope canyon? I galli si,
noi no. Ringraziamo spiritualmente i navajo e giriamo i tacchi. A noi non va di
essere presi per il culo quindi ci dirigiamo al lago powell anche qui tutto
gestito dai navajo come del resto anche il nostro motel 6, ma è pieno di
imbarcazioni da jet set. La costa smeralda d’america, ma non fa per noi,
decidiamo di regalarci una mezza giornata di relax, quindi torniamo al motel e
ci mettiamo in piscina.
10/08/2007
Lake
Powell – Grand Canyon north rim – Hurricane (250 miglia)
In
Arizona siamo a -9 ore rispetto all’italia mentre fino a ieri mattina in Utah
eravamo a -8.
Siccome
oggi torneremo in Utah perderemo subito quell’ora guadagnata ieri.
Oggi
è il giorno del Grand Canyon, North Rim, la strada si snoda all’interno della
riserva di quei rabbini dei Navajo che lungo le strade vendono delle
cianfrusaglie tutte uguali a prezzi folli e con un odore pestilenziale di made
in china, non compriamo niente.
Attraversiamo
la Kaibab national forest, il preimo tratto è stato completamente devastato da
un incendio, il secondo ci apre il cuore, sembra di essere tornati a
Yellowstone.
Praterie,
boschi di pini, abeti e betulle a perdita d’occhio, pochi animali però, sarà
la scarsità d’acqua.
Ed
eccoci al north rim del grand canyon, maestoso, proprio come ci aspettavamo e
pensareche da queste parti vengono solo unainima parte dei turisti, che sono
invece attirati dalla sponda sud molto più conosciuta e commerciale.
Il
giro valeva proprio la pena. Sull’estremità del parco, con veduta sul grand
canyon c’è un piccolo villaggio di casette in legno con veranda e camino in
pietra in stile boscaiolo, ovviamente è per turisti con il portafogli piuttosto
gonfio ma è di una bellezza e tranquillità unica, credo che tutti vorrebbero
una casetta così.
Fatto
le foto di rito riprendiamo la strada, domani dobbiamo visitare Zion, la nostra
meta è La Verkin dove c’è un gateway motel, trovato su internet dove
dormiremo per le prossime 2 notti.
Siamo
molto curiosi perché il prezzo è piuttosto basso e vogliamo vedere che razza
di topaia potrebbe essere, stiamo cercando dormire nei posti più luridi e meno
costosi, ma non riusciamo perché anche il posto più lurido e meno costoso è
sicuramente superiore a un tre stelle qualsiasi che trovate in italia.
Infatti
arrivati al motel ci ritroviamo una stanza con due letti enormi, televisione,
frigo, aria condizionata, forno a microonde e un bagno normalissimo ma
soprattutto il tutto ben curato e pulito.
11/08/2007
Zion
National Park (40 miglia)
Il
parco è visitabile solo con i bus (gratuito) visitatori dopo aver parcheggiato
l’auto al visitor center si prendono i vari bus che fermano ad ogni punto
strategico del parco, ci sono 8 fermate da fare come piace e pare.
Il
canyon è formato da un'unica valle che si percorre in un senso o ell’altro,
ci rendiamo conto subito della maestosità di quello che ci sta davanti tanto
che per il resto dei nostri giorni ci ricorderemo un termine coniato per
l’occasione: infotografabile.
I
paesaggi sono talmente grandi che pur con tutta la buona volontà del mondo, in
ogni foto non si riesce a prendere che dettagli e mai il paesaggio intero.
Seguendo
le indicazioni della routard, tra i numerosi sentieri scegliamo quello delle
emerald pools, lower, medium e upper, il sentiero è panoramico ma percorrerlo a
mezzogiorno è roba da sputare il sangue.
Dpo
questa entusiasmante esperienza rinunciamo a cimentarci in altri sentieri in
salita per il resto del giorno. Scendiamo a tutte le fermate che ci permettono
di arrivare anche sul greto del fiume Virgin. Arrivati al capolinea, temple of
sinawava, scopriamo che c’è un altro sentiero, tutto pianeggiante che
costeggia il fiume Virgin.
Decidiamo
di farlo, per fortuna, è di una bellezza esagerata, in bezzo al bosco.
Tra
i vari animali che incontriamo, scoiattoli, lucertole, farfalle enormi, cervi,
incontriamo anche un simpatico serpente a sonagli, sicuramente non ce la con
noi, facciamo una foto e lo lasciamo ai fatti suoi. Torniamo alla fermata
dell’autobus per tornare al visitor center, riprendiamo la macchina e torniamo
verso il motel facendo qualche fermata sulla strada per vedere qualche negozio
di souvenir ma purtroppo le cose non cambiano, le solite cose, tutte uguali e
made in china, disgustose, cerco una bandiera degli stati uniti per la mia
collezione ma niente da fare, non si trova.
12/08/2007
La
Verkin – Beatty (300 miglia)
La
giornata di oggi è di puro spostamento e non prevede soste o deviazioni
particolari.
Ci
alziamo con calma, facciamo il bucato in una piccola lavanderia che stava sotto
il motel tappa al supermercato per qualche provvista e si parte verso la
interstate 15.
La
destinazione di oggi è Beatty, Nevada, la nostra base di appoggio che ci
permetterà domani mattina di partire alla scoperta della Death Valley.
Il
viaggio prevede l’attraversamento di Las Vegas, a prima vista non ci sembra
particolarmente incasinata, ma forse è presto per dirlo, in ogni caso saremo
qui domani.
La
temperatura è già molto alta, oltre 35°, e noi pensiamo bene di fare tutto il
viaggio con l’aria condizionata spenta e con i finestrini completamente
abbassati. Arriviamo a Beatty insignificante centro con un paio di casinò, lo
sport ufficiale del Nevada, ci attende L’exchange club motel prenotato al
telefono il giorno prima, ottima scelta, ancora una volta non sbagliamo, stanza
grande, letti enormi, bagno pulito, stanza pulita, tutto perfetto. Rimaniamo in
stanza qualche ora a riposare aspettando che faccia meno caldo, poi partiamo
alla scoperta di un pezzettino della death valley, il paesaggio è quanto di più
ostile abbiamo mai visto prima, niente vegetazione, niente animali, e come
potrebbero, poveretti??
Il
nostro assaggio comprende due tappe, Stovepipe Wells e le send dunes, la
temperatura sale ulteriormente ed arriva a 118° fahrenheit (circa 46° C).
Brevi
discese dall’auto, si fatica a camminare e a respirare, stavolta abbiamo
riempito l’auto di acqua qui assolutamente indispensabile per noi ma anche per
l’auto che potrebbe subire un surriscaldamento e rimanere a piedi qui dentro
vuol dire cuocere come una bistecca alla griglia, un cartello ci dice che siamo
a livello 0, cioè a livello del mare.
Ritorniamo
al motel e lasciamo la seconda parte della death valley a domani mattina nella
speranza che ci sia meno caldo.
13/08/2007
Death
Valley – Las Vegas (200 miglia)
Ripartiamo
per la death valley, è un vero spettacolo, arriviamo al visitor center alle
8:30 del mattino ma di fresco non se ne parla proprio, soamo già a 38° C.
Prendiamo
la mappa del parco e ci dirigiamo verso badwater, il punto più basso
dell’emisfero occidentale, 85.5 mt sotto il livello del mare. Ci concediamo
una passeggiata sulla lastra di sale bianco, quello che resta del grande lago
salato, intanto la temperatura passa tranquillamente i 40° e sono solo le 9 del
mattino (sono state registrate temperature di 57° C) e il bianco accecante del
sole sul sale ne fanno un ambiente surreale e ostile: fotografiamo, beviamo,
sudiamo, e ripartiamo. Il campo da golf del diavolo: al centro della valle, una
distesa di sale croccante come i corn flakes.
Ma
è artist drive che ci entusiasma, un tour tra le montagne di svariati colori
dovuti alla ricchezza di minerali di ferro (rosso, giallo, arancio), manganese
(viola e porpora) e mica (verde), uno spettacolo per gli occhi. Seguono
Zabrieskie point, una veduta da cinema, e ugran finale a Dante’s view a picco
su badwater e con stupefacente veduta su tutta la Death Valley.
Siamo
stati in uno dei posti più ostili del pianeta, un emozione che ci porteremo a
dietro per il resto dei nostri giorni.
Dopo
questo spettacolo per il quale dobbiamo ringraziare madre natura per averlo
creato e l’uomo per non averlo ancora contaminato, la giornata ci riserva
tutt’altro tipo di intrattenimento: Las Vegas. Prendiamo possesso del nostro
tranquillo motel 6, ancora una volta la scelta si rivela azzeccatissima in
quanto siamo vicinissimi allo strip, il motel è perfetto come al solito e con
piscina per rilassarsi dopo la calura della death valley.
Premettiamo
che non siamo due amanti del casino e della vita notturna ma crediamo che un
giro nella città della follia sia d’obbligo, anche perché credo che capiti
una volta nella vita.
Las
Vegas è un enorme circo, una favolosa fiera, un gigantesco luna park, il
troonfo dell’assurdo, il trionfo dell’effimero, dove per divertire la gente
c’è altra gente che inventa le cose più folli, basta dire che in due ore di
passeggiata abbiamo visto mezzo mondo (New York, Roma, Parigi, Venezia ecc..),
tutto condito con milioni di luci, musiche ad effetti speciali e visivi e sonori
da urlo. La città è sempre viva, 24 ore su 24, non si ferma mai nulla, neanche
i numerosi ed enormi cantieri che stanno costruendo chissà quale follia.
Una
nota di merito al Bellagio, forse tra i più normali e spettacolari casinò che
abbiamo visto, elegante, maestoso, raffinato, e lo spettacolo che offre ogni
quarto d’ora la fontana di fronte è da premio oscar. Molto belli anche il
mirage, il venetian, il luxor, e tanti altri ma con assurdità esagerate che non
potranno mai eguagliare l’eleganza del Bellagio.
Torniamo
al motel dopo una camminata di circa due ore, siamo cotti.
14/08/2007
Las
Vegas – Williams – Grand Canyon
Molliamo
il regno dell’incredibile per dirigerci verso il grand canyon (south rim).
Le
previsioni del tempo purtroppo non promettono niente di buono proprio nella zona
in cui ci stiamo dirigendo, speriamo che siano come quelle italiane che ci
beccano 1 volta si e tre no. Staremo a vedere, passiamo sulla diga di hoover che
forma il lake mead, per la seconda volta gli americani hanno interrotto il fiume
colorado con una mastodontica gettata di cemento (Page – Lake Powell; Hoover
– Lake Mead) creando laghi artificiali che sono il paradiso dei turisti con la
barchetta, quindi con i soldi, inoltre queste dighe producono energia lettrica,
quindi altri soldi. Entriamo in Arizona ed il primo impatto non è un granchè,
paesaggio nolto arido e spoglio, poi verso Kingman tutto cambia e diventa verde
e alberato, quando arriviamo a Williams sembra di essere in un altro pianeta,
boschi di pini ovunque. Scopo di oggi andare al grand canyon e trattenersi sino
al tramonto, purtroppo la sfiga è dietro l’angolo, dopo avere imboccato la
strada che da Williams porta al parco vediamo chiaramente che sopra la nostra
meta tira una brutta aria, temporali, fulmini e probabimlemte tanta acqua.
Dietro front. Nel frattempo aspettando che la tempesta si plachi cerchiamo un
motel per passare la notte, troviamo un modesto motel con le solite ottime
caratteristiche di sempre. Williams è piccola, ma molto bella, la struttura è
quella classica dei villaggi del west, tutto su una strada, non una strada
qualunque ma la mitica mother road ovvero la route 66.
All’orizzonte
intanto sembra che il diluvio si sia calmato e addirittura il sole cerca di
venire fuori, prendiamo la macchina e partiamo. Entriamo nel parco e arrivati
alle prime balconate sil canyon il paesaggio è grandioso, ma purtroppo non
riusciamo ad apprezzarlo fino in fondo. La cappa di nuvole nere sopra le nostre
teste e il sole nascosto rendono tutto molto piatto, non mi ha soddisfatto per
niente. Anche il tramonto se pur molto bello, non riesce a dare l’idea di
grandezza e la luce non da l’effetto sperato.
Torniamo
a casa e se tutto va bene proveremo a tornare il mattino seguente.
15/08/2007
Gand
Canyon – Holbrook (300 miglia)
Dopo
i fulmini di ieri la giornata si presenta splendida, ci sembra giusto andarci a
riprendere quello che ci aspetta e di cui siamo stati privati ieri. Puntiamo la
prua della nostra dodge 4x4 verso il Grand Canyon e finalmente oggi si presenta
come si deve: indescrivibile, bisogna esserci, ogni aggettivo rischia di non
essere mai abbastanza. Nel nostro viaggio lo abbiamo guardato in tutte le
angolature possibili, prima alò north rim e adesso al south rim. Anziché
riprendere la strada per Williams ci viene la brillante idea di uscire dal parco
dalla parte opposta, verso il deserto dipinto, scelta felice.
Il
percorso ci riserva delle vedute ancora più spettacolari ed anche meno
frequentate dalla massa di turisti: grandview point e desert view point offrono
delle vedute impagabili.
Il
tempo sta cambiando rapidamente e volge al peggio, abbiamo appena fatto in
tempo, puntiamo verso flagstaff, sulla strada facciamo una sosta al sunset
crater volcano, un piccolo parco, pieno di boschi e colate di lava antiche.
Il
nostro vagare randagio, ma mai a casaccio, ci porta a flagstaff una città che
ci fa restare senza fiato per la quantità di verde, villette e ricchissime
pinete.
Puntiamo
verso sud e dopo 20 miglia raggiungiamo lo slide rock state park di Pedona, da
non credere, c’è un fiume limpidissimo e con acque verde smeraldo che scivola
sulle rocce rosse formando delle piscine collegate da scivoli naturali dove
persone di ogni età e dimensioni si tuffano e si lasciano trascinare
dall’acqua verso valle per poi risalire e ricominciare.
Tutto
questo in uno scenario da favola, pareti rosse ricoperte di boschi che cadono a
picco su questa stretta valle, qua non c’è bisogno di costruire piscine, ci
ha già pensato madre natura, e i genitori ne approfittano portando i bambini.
Riprendiamo la strada, la prossima tappa è esclusivamente culturale, visitiamo
il meteor crater, quello scavato da un gigantesco meteorite precipitato circa
50.000 anni fa da queste parti.
Non
si può passare di qui ignorando un simile evento astronomico e infatto di
astronomico c’è soprattutto il prezzo, questi rabbini pretendono ben 15$ per
l’ingresso, comunque paghiamo e visitiamo il cratere.
Arriviamo
a Holbrook e ci gettiamo sul nostro motel 6, non prenotato ma che ha stanze in
abbondanza che ci ospiterà per ben 2 notti, c’è pure la picina, pulito,
ordinato, cortesia ottima e c’è pure internet per passare un po’ di tempo
dopo cena, da queste parti siamo piuttosto isolati e non c’è praticamente
nulla.
16/08/2007
Petrified
Forest & Painted Desert (50 miglia)
Forse
le nostre maledizioni dei giorni passati hanno fatto effetto e mattina il cielo
è completamente libero da nuvole.
Si
parte per painted desert e petrified forest, mete in cui riponiamo grandi
aspettative.
Il
deserto dipinto con la foresta pietrificata formano un unico parco,
meriterebbero una giornata intera per essere visti a tappeto, e lo
meriterebbero, si potrebbero fare migliaia di foto talmente sono tanti i
panorami che possiamo vedere.
Le
colline sono di diversi colori, bianco, viola, blu, rosse, rosa, sembra di stare
in un parco divertimenti per bambini dove tutto è colorato, non si sa neanche
come fotografare un panorama del genere, non sai dove puntare l’obbiettivo.
Centinaia
e centinaia di pezzi di tronco di albero perfettamente conservati ma
completamente pietrificati sono sparsi in diversi punti del parco, mesa blue
(così chiamata per le sue alture colorate di viola e blue) ha
dell’incredibile: forse in nessun altro posto del mondo si trova un fenomeno
del genere.
Ma
il punto migliore è cristal forest: qui i tronchi, vicinissimi al sentiero
pedonale sono sezionati come fette di salame e la mineralizzazione che hanno
subito ha conferito delle colorazioni incredibili, uno spettacolo.
Nota
positiva: nessuno si china per raccogliere frammenti di roccia, neanche il più
piccolo, sarebbe un suicidio, all’uscita del parco le macchine vengono
perquisite e non vorrei essere in quello che verrà preso con rocce in macchina,
le multe sono salatissime e il resto è meglio non pensarci…
Qua
le norme per la salvaguardia dell’ambiente sono severe e vengono rispettate,
non ci sono cartacce in terra, i rifiuti lungo le strade non esistono ma in
tutti gli stati che fino ad ora abbiamo attraversato non hanno rifiuti sulle
strade, forse si tratta semplicemente di educazione e di un minimo di civiltà e
rispetto per l’ambiente in cui si vive, cosa che noi italiani non abbiamo
ereditato.
Usciamo
dal parco pienamente soddisfatti e
la prossima meta dovrebbe essere la piscina del motel per fare una mezza
giornata con il culo giù dalla macchina e riposare un pochino. Invece no.
Filippo vuole andare a vedere la riserva degli Indiani Apache, io capisco, lo
comprendo, non sarei molto d’accordo ma andiamo lo stesso, qui si passa una
sola volta nelle vita. La riserva dista 80 miglia, il che non è poco, ma dopo
50 miglia di strada pacco, limite dei 55 miglia, il tempo era peggiorato proprio
nella direzione in cui stavamo andando, torniamo indietro e niente apache. Nota
personale: durante la strada vediamo degli indiani sulla strada completamente
andati a male, ubriachi e sporchi, credo che gli indiani che ci aspettavamo di
vedere siano morti parecchi anni fa ora sono solo rimasti personaggi che
provengono dalle tribù indiane, ma di indiano hanno ben poco, tra l’altro con
i pochi indiani con cui abbiamo avuto a che fare hanno provato a mettercelo in
quel posto, cortesi come un pitbull e mai un sorriso.
Ritornati
al motel prendo due minuti di sole poi arriva l’apocalisse, una tempesta di
sabbia mai vista prima, sembra di essere in riva al po nelle giornate di
novembre quando la nebbia oscura tutto con la differenza che la sabbia non si
gode per niente.
Torno
in stanza e mi guardo un po’ di tv spazzatura americana, e vi assicura che ne
hanno tanta.
17/08/2007
Holbrook
– Canyon de Chelly – Monument Valley (400 miglia)
Veloce
spesa in un supermercato di Chinle, dove siamo gli unici nomadi bianchi, siamo
circondati dagli indiani, infatti oggi passeremo tutta la giornata nella riserva
Navajo.
Canyon
de Chelly è una gran bella sorpresa, il parco si visita stando in macchina,
quindi niente sentieri, solo qualche passo per arrivare alle balconate del
canyon. Il percorso è formato da due strade che partono da un unico punto e
divergono formando una V, noi scegliamo il percorso a sud, con un po’ di
fortuna poi scopriremo che è il più bello.
Dall’alto
di scogliere di 200 mt si vede il fondo del canyon , di un verde abbagliante che
contrasta con il marrone delle pareti e delle rocce.
Il
viaggio continua e arriviamo alla Monument Valley, uno dei monenti clou del
notro viaggio USA. Grazie alla nostra dodge 4x4 il giro sulla strada sterrata è
piuttosto agevole, si tratta di un percorso di circa 18 miglia che si snoda tra
i buttes e i monoliti. I colori sono vivaci come in un quadro di Van Gogh, le
rocce di varie tonalità di marrone, le praterie verdi e il cielo azzurro
intenso con le nuvole a pecorella, proprio come nelle cartoline.
Il
paesaggio cambia ad ogni curva, le stesse rocce diverse a seconda
dell’angolatura.
Facciamo
appena in tempo ad uscire dal parco, nel frattempo arriva il maltempo che in
questi giorni sembra che ci stia correndo a dietro.
Usciti
dal parco maciniamo miglia per essere più vicini alle nostre mete dei prossimi
gironi, arriviamo a Cortez, troviamo un classico motel appena entrati nel paese,
stanze come al solito buone.
18/08/2007
Mesa
Verde – Durango (200 miglia)
Partiamo
la mattina e ci dirigiamo verso four corners, 40 miglia a sud di Cortez, località
famosa per essere l’unico posto negli stati uniti dove 4 stati, New Messico,
Utah, Arizona, Colorado, si incontrano.
Com’era
facilmente prevedibile il luogo è stato trasformato in una specie di mercato a
cielo aperto, dove si pagano 3$ per entrare nel recinto potersi fotografare con
un arto in ogni stato contemporaneamente.
Il
programma della giornata prosegue con la visita al parco nazionale di Mesa
Verde, un sito che nel nostro piano iniziale non era stato inserito ma visto che
abbiamo il tempo di farlo e ci passiamo davanti, lo abbiamo riesumato. Già poco
dopo l’ingresso, il parco presenta lo spettacolo desolante della distruzione
causata da due incendi, uno nel 1996 e l’ultimo nel 2000 che non hanno
lasciato quasi nulla, il nostro percorso quindi si snoda tra gli scheletri degli
alberi che un tempo forse erano una foresta rigogliosa e verde.
Il
fuoco ha risparmiato ben poco e almeno per ora la foresta non ha intenzione di
ricrescere. Il clou viene raggiunto a cliff palace dove troviamo delle rovine di
un villaggio anasazi scavato ed edificato nella parete della montagna.
Il
sito è comodamente visibile da una balconata posta ad un centinaio di metri,
per arrivare fino alle rovine è obbligatorio aggregarsi a visite guidate dai
ranger.
Non
ci entusiasma molto il parco per cui prendiamo la strada verso l’uscita e ci
dirigiamo verso Durango, bella cittadina in una valle molto tranquilla, peccato
non avere abbastanza tempo e voglia per addentrarci in questa valle, deve evere
dei panorami notevoli.
Per
sfamare la curiosità andiamo a Dolores piccolo centro vecchio stile western
dove il tempo sembra essersi fermato.
19/08/2007
Cortez
– Moab (300 miglia)
Oggi
si punta decisamente verso nord, la tappa giornaliera è Canyonlands.
E’
un parco ingiustamente snobbato dal turismo ma che possiamo comprendere visto
che non è dietro l’angolo, ma ha vedute che forse sono superiori a quelle del
grand canyon.
Il
parco è diviso in tre parti, una è praticamente irraggiungibile (the maze) e
quindi la scartiamo, le altre due visitabili, the Nedles, a sud e island in the
sky a nord, nota negativa i due punti non sono comunicanti tra di loro quindi
due ingressi differenti vuole dire tanta strada in più ma decidiamo di farli
entrambi ugualmente.
Sulla
strada che da Cortez porta a Moab incontriamo l’ingresso per the Nedles, 32
miglia prima del visitor center, la strada si snoda in un paesaggio bellissimo
in cui si alternano pareti rocciose, canyon e praterie.
Entrati
nel parco vero e proprio scopriamo che è quasi tutto visitabile in auto, big
spring overlook offre un bellissimo panorama su delle rocce a fungo (gambo rosso
e cappello bianco), verso sud c’è una formazioni di monti a forma di guglia a
righe orizzontali bianche e rosse chiamate house of dolls. Lasciamo the nedles e
ci dirigiamo verso moab e dopo poco sulla sinistra imbocchiamo la strada per
nedles overlook , 20 miglia e siamo su uno dei panorami più spettacolari che
abbiamo visto in tutto il viaggio, la veduta si allunga per miglia e miglia su
monti e canyon. Si vede anche un pezzetto del Colorado river, eh si, perché
buona parte di tutta questa meraviglia è opera sua.
Dall’overlook
siamo su una parete rocciosa che cade a strapiombo sul canyon per diverse
centinaia di metri e questa volta a differenza del grand canyon si vede il
fondo.
Rprendiamo
la strada verso nord e arriviamo a moab dove senza troppi sbattimenti troviamo
il motel Inca inn, è inutile ripeterlo, la qualità è sempre ottima.
Posiamo
le valige e ripartiamo subito per vedere la parte nord di Canyonlands , island
in the sky. L’ingresso si trova a 30 miglia a nord di Moab, entrati arriviamo
a gran view point che offre una vista impagabile, ma anche glia altri punti (shaper
canyon, buck canyon) tutti rigorosamente raggiungibili in auto non sono da meno.
Da
sopra vediamo che sulla strada in fondo al canyon si muovovo alcune macchine,
vorremmo anche noi fare un po’ di safari ma non ne abbiamo il tempo e la
macchina adatta.
Appena
fuori dal parco c’è un altro parco molto piccolo, dead horse point, paghiamo
7$ ed entriamo, praticamente di fianco a canyonlands. Tramonto da capogiro sulle
onde del fiume colorado che scorre alcune centinaia di metro sotto di noi.
20/08/2007
Moab
– Grand Junction (150 miglia)
E’
arrivato il giorno dell’ultimo parco in programma, Arches.
Il
nostro motel si trova a 2 miglia dall’ingresso del parco, piuttosto piccolo
che si visita tranquillamente in auto, aggiungendo alcune brevi passeggiate.
Il
parco inizia con una serie di punti panoramici molto suggestivi (park avenue,
three gossip, la pecora, balanced rock) ma per ora di archi neanche l’ombra.
Bisogna
arrivare alla windows section per cominciare lo spettacolo da turret arch dove
c’è una bellissima veduta di north e south window, due archi adiacenti mentre
poco distante vediamo double arch.
Proseguiamo
la strada principale verso nord e arriviamo a devils garden, scegliamo il
sentiero più breve per vedere tunnel arch e pine tree arch, è un mistero come
madre natura abbia pensato di concentrare in questo fazzoletto di terra tutti
questi archi.
Abbiamo
voluto conservare l’arco più famoso per il gran finale, delicate arch,
talmente famoso da essere stato adottato dallo utah quale simbolo dello stato.
Dopo un sentiero piuttosto ripido arriviamo al cospetto di questo mistero della
natura, che rimane in piedi, nonostante uno dei sostegni si è ormai
assottigliato in modo impressionante, a dispetto di venti e intemperie.
Termina
ufficialmente qui la nostra visita ai parchi nazionali Usa, un sogno
materializzato con una maratona di 20 giorni tra le bellezze di otto stati.
Prendiamo
la strada verso Denver dove ci aspetta un aereo che ci riporterà in Italia,
facciamo un po’ di strada e ci fermiamo a Grand Junction, troviamo un motel 6
economico con piscina e ci rilassiamo prima del grande ritorno a Denver di
domani.
21/08/2007
- Grand Junction - Denver (250 miglia)
Oggi
non ci sono parchi da visitare, inizia la fase del rientro. Laciamo il nostro
motel di Grand Junction e imbocchiamo la interstate 70 che attraversa le
montagne rocciose, seguiamo per buona parte il corso del fiume Colorado che da
queste parti è ancora un tranquillo fiume di montagna, è più a valle che ha
creato tutto quel casino (Canyonlands, grand canyon, lake powell ecc..).
Durante
il nostro viaggio oggi passiamo molto vicino ad Aspen e Vail due località
sciistiche molto note, che ospitano spesso gare mondiali di sci. Sono entrambi
posti molto belli e molto curati, inseriti in una natura meravigliosa. Una
vacanza da queste parti deve essere molto costosa. Arriviamo a Denver, dove ci
aspetta il nostro motel 6, mettiamo le valige in camera e partiamo subito per
l’aeroporto per confermare il volo di ritorno e per lasciare la nostra Dodge
4x4 alla Dollar. Domani sveglia alle 4 del mattino si torna in Italia.
P.S.
Non fate mai affidamento sui taxisti, cercheranno di portarvi via più soldi
possibili e promettono cose che poi non faranno, dopo avere lasciato la macchina
alla dollar abbiamo preso un taxi per tornare al motel 6, spesa $ 42, arrivati
al motel il taxista indiano ci chiede se abbiamo bisogno del taxi il giorno dopo
per andare in aeroporto, noi chiaramente per levarci il problema accettiamo e ci
accordiamo per un orario la mattina seguente, non fatelo mai e poi mai, non verrà
mai, vi lascerà a piedi, il taxista non si è presentato e abbiamo dovuto
cercare un taxi alle 4 del mattino. Voi direte è un caso può succedere, certo,
ma questa cosa è successa anche il primo giorno quando abbiamo chiamato un taxi
e dopo un ora non arrivato nessuno, poi scopriamo che non avevano registrato la
chiamata, comunque per chiudere fidatevi solo di Voi stessi e non fidatevi degli
altri.
Spero
vi sia piaciuto
Buon
Viaggio a tutti
TripFabio
Per info sul viaggio, voli, spese, autonoleggi andate sul mio sito www.tripfabio.com