Tunisia
Diario di viaggio 2013-14
di Ivan Scherzo
Un
paese arabo mediterraneo nel continente africano.
Dominio coloniale francese, i berberi, i fenici, i romani, i turchi.
Boschi di querce, deserto, granai fortificati, laghi salati, isole sabbiose e punteggiate di palme.
Finalmente
metterò per la prima volta piede in terra africana.
La decisione di partire in nave è nata grazie ad una mia richiesta di ricerca al nostro caro amico Roby di trovarmi un volo economico per l’Africa e giustamente sotto Natale era un’operazione impossibile. In sottotono mi aveva accennato la possibilità di prendere la nave per Tunisi. Io non ci ho pensato su due volte e da quella che pareva una maledizione s’è dimostrata una vera benedizione. Ero già preso dalla solita gioia di mettermi in cammino, con la consapevolezza che nessuno mi potrà raggiungere, che non sono prenotato o aspettato da nessuna parte, che non ho impegni tranne quelli creati dal caso. Adoro questo mescolarmi a una folla, questo diventare un viaggiatore qualsiasi, libero dal proprio ruolo, dall’immagine di uno che ha di sé e che è a volte una gabbia stretta quanto quella del corpo. Le distanze hanno ripreso il loro valore e ho ritrovato nel viaggiare il vecchio gusto di scoperta e di avventura. Il viaggiare in nave mi ha ridato il senso della vastità del mondo e soprattutto mi ha fatto riscoprire un’umanità, quella dei più, quella di cui uno, a forza di volare, dimentica quasi l’esistenza: l’umanità che si sposta carica di pacchi e di bambini, quella cui gli aerei e tutto il resto passano in ogni senso sopra la testa. Adoro viaggiare così. Viaggiare è un’arte. Bisogna praticarla con comodo, con passione, con amore. Mi resi conto che, a forza di viaggiare in aereo, quell’arte l’avevo disimparata. E pensare che è l’unica cui tengo! Ero felice. Ero solo e trovavo la solitudine una magnifica compagna.
Lunedì
23 Dicembre 2013
Alle
10.20 del mattino mentre mi accingo a sistemare il mio piccolo zaino della overland
ricevo un messaggio dalla compagnia Grandi
Navi Veloci e penso tra me e me: ‘’ Uh guarda che bravi mi ricordano che
oggi ho una nave da prendere’’ invece appena lo apro leggo:
‘’GNV
INFORMA: causa condimeteo avverse la partenza Genova-Tunisi di oggi 23/12/13
prevista ore 20:00 è stata posticipata alle ore 23:59. Mauvaises conditions
meteo Genes-Tunis d’aujourd’hui 23/12/13 prevu à 20:00 heures partirà à
23:59 heures. Because of bad weather conditions departure from Genova to Tunis
today 23/12/13 scheduled at 20:00 hrs. Has been postponed at 23:59 hrs.’’
Aveva
ragione il mio amico dell’agenzia di viaggio che in estate può essere bello,
stile crociera, ma in inverno col mare mosso è tutto un’altra cosa, comunque
il mio programma non cambia e parto col treno regionale allo stesso orario
previsto dopo mangiato. Arrivo a Genova nel pomeriggio invece non piove e ci
sono 15 gradi. Ne approfitto per visitare la città con i suoi piccoli carruggi
illuminati con gli addobbi natalizi e addirittura in una viuzza principale hanno
steso un tappeto rosso per invogliare i passanti a comprare i regali. Ci sono
tantissime famiglie con i loro bambini passeggiare allegramente tra un carruggio
all’altro, con le varie borse firmate in mano e con mio stupore di fianco a
facili donne nere che nel loro modo sono in vendita come tutti i prodotti in
mezzo alla folla come se niente fosse.
Alle 21
sono seduto tranquillamente nella sala d’attesa del porto,
esattamente al mio imbarco e mentre aspetto con pazienza,
la barba incolta, il kefiah e il pakol,
il copricapo afghano hanno già fatto effetto. Un signore tunisino mi passa di
fronte e camminando mi saluta appoggiandosi la mano sul cuore, contraccambio con
lo stesso gesto ed un sorriso. Incredibile sono già entrato nella parte che amo
di più del viaggio, confondermi con la popolazione del posto. Questo mi rende
molto orgoglioso e mi dà una gioia enorme,
per me il viaggio può concludersi qui, sono già soddisfatto.
Ci imbarchiamo alle 23. Prima hanno dovuto scaricare per la precisione 22
container, sicuramente ci saranno stati le vettovaglie, lenzuola,
coperte ecc. Molto abili gli autisti sulle loro motrici a portarli fuori per poi
spostarli in retro in una velocità sostenuta infilandoli uno affianco
all’altro in una precisione al millimetro.
Sono in cabina con Anin un
ragazzo giovane tunisino di 17 anni, vive a Reggio Emilia, un signore tunisino
ben istruito da Brescia, il quale appena è entrato mi parlava in arabo, solo in
un secondo momento il ragazzo gli ha dovuto dire che sono italiano. Con lui ho
discusso inevitabilmente della politica italiana e tunisina. Ben Alì mi
raccontano che si è rifugiato in Arabia e poi discutiamo anche di politica
internazionale fino a Mussolini conquistatore di Libia, Eritrea e
Cecoslovacchia. Ora è disoccupato perché la ditta di metalmeccanica è
fallita, vorrebbe tornare per sempre a casa in Tunisia, ma ormai i figli sono
cresciuti in Italia e si trovano, nonostante tutto, molto bene. Arriva
l’annuncio che la nave partirà alle 1:30 di notte. Mi addormento poco dopo
con la nave ancora in porto.
Martedì 24 Dicembre 2013
Vigilia di Natale.
Oh cazzo
dal cellulare mi suona la sveglia del lavoro delle 6:30,
meno male che riesco a stopparla subito senza disturbare nessuno. Ora che mi
ricordo mi è successo anche ieri a casa, è ora di disattivarla … sono in
vacanza!
Ho dormito veramente bene. Il movimento della nave non si sente neanche
un po’ eppure prima appena ho aperto gli occhi alle 5:10 la nave viaggiava
velocemente a 37km/h. La nave fu una vera gioia: una grande, bella nave, le
cabine con gli oblò, un ristorante, una mensa, una sala da ballo, due bar, una
moschea e una chiesa; una nave come una piccola città da esplorare, in cui
camminare da cima a fondo, salire da un ponte all’altro, stare a un parapetto
a guardare l’orizzonte o a cercare, fra i passeggeri, la faccia interessante
di uno con cui si ha voglia di parlare. Evviva le navi! Con il loro ansimare,
scuotere, sospirare; con il loro gioire delle carezze delle onde, con il loro
godere nell’amplesso del mare, le navi sono a misura d’uomo. Usiamole per
far felici gli ultimi romantici.
Alle 7:20 esco sul ponte per immortalare la mia prima alba in mezzo al
mare. Il cielo si animava di enormi nuvole grigie, appena orlate da un tenue
rosso, e una piccola stella solitaria perdeva lentamente la sua lucentezza. Ci
sono delle nuvole molto basse che impediscono al sole di salutarci in modo
diretto, si intravedono i suoi raggi colpirle, alle nere nubi cariche di pioggia
lentamente le colora di rosa,
fino a riuscire a superarle ed a mostrarsi per tutta la sua bellezza e
calore bagnando le onde con il suo raggio di luce. Sul lato ovest della nave si
può intravedere la costa della Corsica, il segnale Tim ha lasciato posto al
segnale personale della nave nor26. Dopo il sorgere del sole,
sulle coste francesi riesco a vedere in lontananza una striscia sottile di un
colore turchese molto forte … non sarà mica il mio primo miraggio.
Torno in
cabina e mi apre il mio nuovo ‘’inquilino’’, ora siamo al completo, tre
tunisini ed io l’unico italiano. Ieri sera all’imbarco delle auto ho notato
due camion da rally, sono italiani che attraversano la Tunisia tappezzati di
sponsor. Gli altri passeggeri hanno invaso tutte le poltrone possibili pure
nella sala conferenza e nel cinema. Inevitabilmente con Mustafa,
il ‘’bresciano’’ esce il discorso sulla religione, lui ha iniziato quasi
scusandosi perché il vero Islam è pace e amore, non sa che con me trova un
portone aperto, a me piace parlare di teologia e ci confrontiamo sulle nostre
idee con il massimo rispetto. Mustafa
continua a dirmi gli esempi scritti nei Sutra
e sempre più combaciano con la filosofia indiana, aumentando in me la più
viva convinzione che tutte le altre religioni, hanno preso spunto sui
Veda e gli insegnamenti basilari si sono tramandati da religione a
religione, cambiata solo per le circostanze di tempo e luogo. Mi racconta che
anche l’Islam pensa che è solo il corpo a morire, ma invece della
trasmigrazione dell’anima da un corpo all’altro, l’Islam sostiene che
l’anima rimane in attesa del giudizio universale, gli racconto che è la
stessa cosa, che dopo il giudizio riprenderà il suo corso a causa delle azioni
passate, ma qui si chiude nei suoi ragionamenti. Ho pranzato con lui alla mensa
26€ solo per un primo, verdure cotte, tre fette di emmenthal, un mandarancio e
una bottiglietta d’acqua ad un certo punto lo speaker annuncia che si possono
andare a ritirare i moduli per il rimborso a causa del ritardo e stasera cena
gratis per tutti i passeggeri. Scopro sul modulo che la nave è partita alle
2.48 di notte! Incontro tre signori italiani che discutono sul rimborso, gli
faccio notare che non ci rimborsano il 50% come aveva detto l’annuncio in
francese, ma solo il 25%, infatti l’annuncio in italiano non ha mai nominato
il 50%, piccola politica per tenersi buoni i tunisini. Alla fine non rimborserà
nessuno perché per condizioni avverse non c’è rimborso perché è una causa
naturale. Parlando con gli italiani scopro che sono i proprietari dei camion da
rally, li chiamo piloti in pensione, il più giovane si incazza col sorriso
sulle labbra, ma veramente erano dei professionisti, scendono giù fino al El
Bourma con i loro camion e il permesso speciale. Intanto la nave continua il
suo tragitto, è tornato il segnale della Tim, infatti stiamo costeggiando la
Sardegna, mentre in mezzo al mare non c’è nessuna linea.
Sul ponte c’è un vento molto forte, ma per fortuna il mare è calmo, c’è
il sole e non fa freddo.
Ne approfitto per stendere il mio primo bucato legando le calze al corrimano,
con questo vento si asciugheranno in un attimo.
Il traghetto continua la rotta verso sud, ad ovest il sole è pronto a tuffarsi nella sua piscina privata se non prima di nascondersi e giocare dietro le nuvole sarde mentre a nord inizia ad imbrunire molto più velocemente. A 360 gradi c’è solo mare dalla prua a poppa una linea orizzontale che percorre la visuale dei tuoi occhi all’infinito, giro lo sguardo a 180 gradi e vedo solo mare,solo la grandezza della nave mi impedisce di vedere il giro completo, ma si percepisce che questa linea non è piatta e riesci a vedere la sfericità della Terra.
Uno dei grandi piaceri della nave era questo aver tempo per lasciare la mente arzigogolare con i pensieri. Quella di prendersi del tempo è una cura semplice per i mali dell’anima, ma che nessuno sembra permettersi facilmente. Mi accorgo che difficilmente abbiamo 24 ore solo per noi stessi, tutti i giorni dobbiamo dividere il nostro tempo al lavoro, a casa o con gli amici per esempio ed averlo tutto per sé egoisticamente è una cosa ormai rarissima -anche se poi qui con i tuoi compagni di cabina lo dividi lo stesso- quindi perfino qua ti devi trovare il tuo spazio personale, ma è una cosa voluta da te, senza obbligazioni, sei semplicemente te stesso non hai il peso di stare per forza in compagnia, solo in tal caso in cui hai voglia di nuove conoscenze, di scoprire, di sapere. Quando si viaggia da solo conoscere nuova gente è un meccanismo che scatta quasi in automatico e come se fosse una cosa naturale dopo un po’ avere anche una minima comunicazione, non siamo abituati a rimanere totalmente in silenzio nemmeno per poche ore. Persino mentre medito i pensieri sono talmente vogliosi di raccontare perché hanno il tempo libero, senza problemi e pensi ai tuoi desideri, la materia è così forte che a volte vince anche sulla spiritualità, sulla meditazione. Questo mio desiderio è la passione per lo scrivere, ma è sempre una gratificazione dei sensi materiali, la pura virtù è non cadere mai ai desideri per non farsi influenzare e legarsi alla materia. Non sei più te stesso, il vero sé, ma sei condizionato dai piaceri materiali.
Dopo cena m’ero messo a poppa, con lo sguardo perso nell’infinità del cielo, ero distratto solo dai pensieri che giocavano a rincorrersi e stavo trovando il piacere di viaggiare. Avevo agio per mettere ordine nelle mie impressioni, per riflettere. Avevo tempo e silenzio: qualcosa di così necessario, di così naturale, ma ormai diventato un lusso che soli pochissimi riescono a permettersi. Finalmente avevo tempo per avere tempo. Ore 10 di sera. Si inizia a sentire la nave muoversi leggermente dandoti quel senso di dondolare, anzi barcollo proprio.
Nella sala conferenze ci sono due televisori e classico della vigilia di Natale su italia1 trasmettono “Una poltrona per due” ormai è un appuntamento fisso non hanno mai saltato un anno, è incredibile appena sono entrato già da lontano mi ero accorto del grande Eddie Murphy.
La nave
continuava, sicura, il suo palpitante viaggio nell’oscurità. A forza di
guardare il cielo e di respirare a pieni polmoni l’aria fresca della notte, mi
pareva di riempirmi di stelle. La notte, l’atmosfera della nave, e di nuovo
quell’essere completamente fuori del solito mondo, mi avevano rimesso addosso
quell’esilarante senso di libertà che è la mia droga.
NATALE
La
nave per fortuna invece di arrivare all’una di notte attracca alle 4:30 e alle
5 lo speaker annuncia che i passeggeri senza veicoli possono iniziare a
sbarcare. Sono molto emozionato per la prima volta metterò piede in terra
africana, non vedo l’ora di affrontare questo viaggio con la massima curiosità
e attenzione dei minimi particolari. Al porto cambio 280€ x 2,2380= 626,640 dinari tunisini. Arrivo alla
stazione dei treni di Tunisi sud con
un taxi per 6dt. Acquisto un biglietto del primo treno in direzione sud, parte
alle ore 8 per Sfax per quasi 18dt. Se
volete c’è un diretto solo per Tataouine
alle 10 di sera, ma la cassiera mi ha consigliato di arrivarci in louage
(taxi collettivo, un minivan da 8 posti) da Sfax,
secondo lei per le 2pm dovrei essere lì. Si continua sempre verso sud senza mai
fermarsi, è da Genova che la bussola punta solo questo segno cardinale. Il
treno è pulito e sono comodamente seduto su una poltrona vicino al finestrino,
sono solo due poltrone e in mezzo il corridoio. Ai lati della ferrovia,
a parte le classiche case bianche basse a terrazzo c’è un’infinità di
ulivi e di piante di fichi d’india.
Ore 11 SFAX.
Arrivo
puntuale c’è un cielo limpido, ma purtroppo anche molto traffico,
all’uscita della stazione è un ingorgo unico.
Sfax
è la città più prosperosa della Tunisia, la città più ricca e nelle saline
di Sfax nel periodo invernale ci sono numerosissime popolazioni di
fenicotteri, rare spatole e una gran varietà di aironi, egrette, gabbiani e
sterne. L’industria alimentare di Sfax
garantisce all’economia tunisina una delle principali entrate. Ma
l’industria della pesca non è l’unica che funziona a Sfax.
Ce n’è un’altra, più discreta e segreta, che gira intorno a questi
pescherecci. Così da capitale della pesca e dell’economia tunisina, Sfax è prima anche nella vendita di pescherecci usati. Senza di
loro Lampedusa non sarebbe Lampedusa. L’Europa xenofoba non avrebbe argomenti
per la sua propaganda xenofoba. E forse gli imprenditori europei avrebbero
richiesto ai governi di concedere più visti di ingresso agli stranieri: almeno
quel tanto per mantenere aperti fabbriche e cantieri svuotati dal crollo
demografico. A quasi 40km più a sud c’è una spiaggia sabbiosa molto
piacevole, Chaffar. Tutta l’Africa
conosce Chaffar. Perché Chaffar da sempre è la piana da cui partono le barche per
l’Europa. Se sono tunisini pagano seicentocinquanta euro. Settecento i
marocchini. Ottocento o mille gli africani.
Quando si arriva in treno si scende all’estremità orientale della città,
che è ancora in centro. La stazione dei louages
non è lontana, basta proseguire sempre dritto sul viale principale Avenue
Bourguiba,
poi seguite la strada che curva leggermente a destra, prima c’è la stazione
dei bus Soretras e dopo 200mt c’è la stazione dei piccoli furgoni. Io
scelgo quello che va verso Tataouine.
Il viaggio è lungo quindi mi sono seduto in fondo sul lato del portellone così
ho la possibilità di stendere le gambe, perché non ci sono sedili davanti,
neanche quello reclinabile. Dietro l’autista ci sono solo due file da due
posti. Se ho tempo ci tornerò per andare sulle isole Kerkennah visto che fa caldo, mi sono tolto anche la giacca a vento.
Per fortuna il louages si riempie in
fretta e alle 12 siamo in partenza, sempre verso più a sud. Si continua a
seguire un’unica direzione sempre più giù senza sosta. Il disegno degli
archi arabi mi piacciono molto sembra che formi un fiore di loto.
Dagli
ultimi miei due viaggi sono passato dagli ideogrammi cinesi, al cirillico in
Ucraina fino all’arabo in Tunisia.
Sul louage ci sono due donne una con il velo e l’altra no, l’ultima continua a parlare al telefonino ininterrottamente.
Circolano
dei motorini vecchissimi,
i più nuovi sono il ciao e il sì
della Piaggio. Per non parlare delle macchine, una Renault vecchissima la pagano
anche fino a duemila euro, quando da noi le buttano o le acquistano i rumeni e i
bulgari.
La
gente è tranquilla. Ho chiesto prima un informazione ad un ragazzo gentilissimo
il quale mi ha spiegato la strada in francese, non ho capito una mazza, ma la
via era giusta. Peccato che non so parlare il francese, ma finora l’ho usato
per le informazioni basi, però ho notato che tra di loro parlano arabo, quindi
tanto vale che mi esprimo in arabo anch’io. La linea piatta si assottiglia
sempre di più, via anche le colline che si innalzavano da Tunisi,
ma un’unica linea in confinata con le solite distese di ulivi, fichi d’india
e palme. La strada è nuova, molto scorrevole, ma finisce troppo in fretta.
Ai lati della strada ci sono dei benzinai improvvisati semplicemente con
delle taniche e una canna con l’imbuto. Mi raccontavano i rallisti sulla nave
di cui gli è capitato di fare il pieno al camion, cinque litri alla volta,
quasi una notte intera, mentre in Arabia il benzinaio con la sigaretta in bocca
da un’auto all’altra neanche posava l’erogatore facendo cadere la benzina
per terra senza nessun problema.
Stazione di benzina a Tozeur
Prima
dell’entrata di Gabes ci sono dei
ristoranti sulla strada con i tavolini sotto una tettoia di paglia con appesi i
montoni a testa in giù interi o macellati in un sacco di plastica trasparente
con la griglia in un angolo. Alle 2 l’autista si ferma per mangiare in un
ristorante coperto, meno male perché fuori c’è un vento abbastanza forte. Ne
approfitto e mangio un’insalata di pomodori, capperi e olive verdi, una
baguette e in più mi servono un piatto di patatine fritte con le olive nere con
un bicchiere di tè per 8,5dt. Pensavo di spendere meno, ma molto buono il cibo,
mentre il tè ha un gusto nuovo per me, è quasi amarognolo. Ho dovuto mangiare
di corsa perché non volevo essere l’ultimo e far sì che gli atri mi
aspettassero. Anche se alla fine sono salito sul furgone dopo di tutti. Sì ma
subito dopo che l’autista ha finito il suo bicchiere di tè. Non volevo
neanche fermarmi a mangiare, ma quando ho visto che quasi tutti si erano
accomodati a tavola e l’autista mi ha fatto segno di sedermi a mangiare, non
ho potuto rifiutare. E’ anche il mio primo pasto in Tunisia e un po’ di
appetito ce l’avevo. Ora ho la bocca impastata di cipolle.
Ore
4:45 pm arrivo a Tataouine,
nel deserto sassoso. Di tutta la Tunisia il sud, che si insinua fra la Libia e
l’Algeria, è da secoli la zona più emozionante e remota. Nel medioevo i
viaggiatori arabi evitavano questa regione perché le tribù che le abitavano
erano tristemente note per la loro anarchia e per la pratica del banditismo. Tataouine
è la base principale per visitare i famosi ksour,
i granai fortificati. Tataouine ha
dato il nome al pianeta patria di Guerre
stellari, che è stato per buona parte girato nel sud della Tunisia. Dalla
stazione dei louage mi dirigo in
centro a piedi, è semplicissimo basta continuare ad andare ancora verso sud.
Stazione
dei louages
Vista del minareto dalla camera
d’albergo
Centre ville
Incontro
un ragazzo sulla strada, è molto cordiale e faccio amicizia velocemente,
peccato parla solo francese. Vuole aiutarmi a pernottare, ma al primo hotel che
incontro mi fermo e ci salutiamo. Pernotto all’albergo Jawhara
con bagno 15dt, si trova alle porte di Tataouine,
praticamente all’inizio della via principale Avenue
Bourguiba,
il primo presidente della Tunisia, cioè prima di Ben Alì. Vicino all’albergo
c’è un internet cafè, lo gestisce una ragazza bellissima con un velo nero in
testa mi dice che sono tutti occupati, infatti mi giro attorno alla sala e sono
tutti impegnati a testa china, ma la sua bellezza mi impietrisce e rimango fermo
a guardarla,
ha due occhi favolosi. Solo dopo un po’ mi riprendo,
la ringrazio e la saluto. Mamma mia che figa! Mi sono fermato in questa piccola
città perché domani (Giovedi e Lunedì) è il giorno del souk,
il mercato. E’ molto pittoresco con la gente delle tribù che arriva da
villaggi e accampamenti nomadi lontani per far rifornimento di merci e le
caricano sui dromedari per poi rivenderli alla gente delle comunità più
remote. Ci sono tantissimi caffè (bar), ma sono solo uomini, bevono il tè o il
caffè, giocano a carte, a domino, fumano nella chicha
(narghilè) e guardano con tanto piacere la premier
league tutto il giorno. Grazie alla mappa della Rough
guide trovo un altro internet cafè, vorrei leggere la mia posta elettronica,
ma la tastiera ha i caratteri spostati così sbadatamente sbaglio la mia
password più volte e alla fine hotmail mi avvisa di spedirgli un sms per un
codice nuovo, mi era già capitato, quindi per ora niente posta. Mi fermo a
mangiare un chapati con insalata, formaggio, olive nere, prezzemolo e patatine
fritte a 0.7dt. Mi dà fastidio che non so il francese, purtroppo non c’è una
vera e propria comunicazione. Loro conoscono poco l’inglese, ma mi fanno
accomodare su degli sgabelli giù dal marciapiede. Qui gli uomini indossano il burnus
un lungo mantello marrone in lana o in pelo di cammello con cappuccio, mentre
quello chiuso al petto si chiama kashabya.
io
con il burnus a Fatnassa mercato delle spezie
frutta e verdura
Incuriosito
ho voluto assaggiare i famosi dolci di Tataouine,
una vera e propria specialità della città,
il kab el ghezzal o corne
de gazelle,
un corno di pasta sfoglia dolce ripieno di miele e noci. Mi ha assicurato che
non c’è l’uovo, uhm da verificare meglio perché quando gli ho chiesto
degli altri dolci simili di fianco, mi ha risposto di sì (infatti in alcune
ricette c’è l’albume e in altre no) mi fido e devo dire che sono veramente
buoni, ma molto appiccicosi.
corne de gazelle uomo con il kashabya souk dell’artigianato
Giovedì 26 Dicembre
Santo Stefano
Prima
notte in Tunisia. Sul listino prezzi dell’albergo, Il prezzo a persona sarebbe
10dt. e la doppia costa 20dt, ma non hanno una camera single e siccome è per
due mi chiede 15dt, facendomi lo sconto. Non sto lì a menargliela, ma mi sa
tanto di fregatura. Ho una camera molto spaziosa con quattro letti, perché la
prima che ho visto, la doppia, tirando l’acqua del bagno glielo guasto e mi
sposta in questa stanza quadrupla senza problemi. Il guaio è che non ci sono i
riscaldamenti, non fa freddissimo, ma c’è molta umidità e dormo con quattro
coperte. Me ne sono accorto stamattina alle 4:00 iniziando a fare yoga, avevo le
spalle infreddolite e quasi bagnate. Alle 5:25 il muezzin chiama i fedeli alla
preghiera e subito dopo trenta secondi suona la mia sveglia al cellulare con il
mantra Samsara Davanala Lidha Loka,
la preghiera al maestro spirituale, wow sembra quasi fatto apposta, una
coincidenza incredibile è proprio l’orario giusto ed universale per Dio in
tutto il mondo. Alle 8:30 ho già organizzato il tour per il deserto, ora
aspetto il permesso del commissario per accedere al grande sud nella zona
militare. Ci vogliono dai tre ai quattro giorni o se no vi potete accontentare
di andare a Ksar Ghilane,
invece io voglio arrivare fino a El Borma,
nel fantastico paesaggio del Sahara e soprattutto le gigantesche dune di sabbia
del Grande Erg Orientale sahariano, un vasto deserto sabbioso di dune
imponenti, che occupa tutta la parte occidentale della punta più meridionale
della Tunisia, insieme alla possibilità di osservare la fauna selvatica, come
la timida gazzella,
in piena zona militare. Alle 9:00 sono in posta per spedire le cartoline di cui
mi piace ancora fare, sottolineando l’emozioni del momento e specialmente per
il padre del mio caro amico collezionista di francobolli. Ormai è un
appuntamento fisso, mi piace vederlo contento al mio ritorno, è una cosa che mi
gratifica moltissimo. Avevo davanti a me settanta persone, ma nel giro di
un’ora avevo già concluso tutto, in Italia non sarebbero bastate tre ore. Qui
a Tataouine sono tutte velate, c’è
un enorme differenza con il nord della Tunisia. Mi sono fermato a bere un tè,
ma era finito e un ventisettenne tunisino vissuto a Genova mi ha offerto un caffè,
mi ha invitato al tavolo da un suo amico, lavora saltuariamente nei pozzi
petroliferi del grande sud. Ha lavorato oltre che in Italia anche in Francia e
in Belgio, ma per lui c’è troppo stress ed è tornato indietro. Mi ha fatto
pure vedere la carta di rifugiato consegnatogli dal governo francese. Finalmente
ho trovato il barbiere in mezzo al mercato, era sommerso dietro le bancarelle
della frutta e verdura. Un ottimo servizio con shampoo e un rilassante massaggio
alla testa, alle tempie e alle spalle per solo 5dt, ma col cuore e molto
soddisfatto gliene do 10dt. lasciandogli la mancia. Come al solito anche qui mi
fanno passare per primo, il mio vicino aspetta l’altro barbiere, chissà come
mai a me tocca sempre l’altro, ma è bravissimo lo stesso con una cura
eccezionale per il cliente. Qui ci sono ancora i ragazzini i quali lavorano per
loro, pulendo i pettini, ordinando e scopando per terra. Non voglio neanche
immaginare per quanti soldi al mese, sempre se li pagano in denaro.
io con il barbiere la macelleria venditore di tappeti
Mi
trovo bene in mezzo alla gente, è molto più interessante di visitare i ksour,
anche se meritano veramente una visita. Stando con il popolo riesco ad entrare
direttamente nella loro cultura. Quando il barbiere accende lo stereo, la musica
mi ricorda un melodramma napoletano. Il macellaio per distinguersi ha una testa
mozzata di cammello su una struttura di ferro in mezzo alla strada tra gli
ortaggi, fa un certo effetto, mi vien quasi da vomitare. Il ragazzo
dell’insalata urla e incita i passanti ad acquistare e devo dire che ci sa
fare, non ha un momento di relax, è un continuo imbustare. Gli uomini
passeggiano con due enormi tappeti da vendere appoggiati alle spalle. I datteri
sono buonissimi, li vendono direttamente a ramoscelli, niente a che vedere con i
datteri unti e appiccicosi dei nostri supermercati. Compro un chilo per neanche
5dt. Dato che ho dei giorni liberi, in attesa del permesso dal commissariato, mi
avvio alla stazione dei louage del
centro, ma non ho ancora deciso quale ksour
visitare. Cosa c’è di meglio se non sorseggiare un buon tè e studiare la
guida in santa pace tra i tunisini, curiosando tra le loro abitudini. Anche qui
non hanno il tè allora ordino una cioccolata, semplicemente un bicchiere di
latte caldo mischiato con l’ovaltine. Prima il caffè me lo hanno servito
incastrando le due zollette di zucchero all’estremità in alto del bicchiere,
molto originale. Un gruppo di fianco a me incuriositi si sono presentati con le
classiche domande e uno studente di matematica di diciannove anni Mostfa
mi ha chiesto quali ksour volessi
visitare indicandomi due siti vicino. Gli ho domandato quanto volesse, lui mi ha
solo risposto i prezzi dei louage. In
totale neanche 3dt e gentilmente si offre disponibile di portarmi quando ne ho
voglia. Accetto e partiamo col primo
louage al Ksar Ouled Debbab per
1dt. La mia prima visita a queste invenzioni ingegneristiche antiche. Mostfa
abita lì vicino e prima di visitare lo ksour,
mi invita ad andare a trovare i suoi amici che stanno lavorando per la sua
nuova casa. Bellissima con decorazioni artistiche di anfore in cemento alle
pareti e piccoli vasellami sui muretti, ma troviamo solo la televisione accesa
con nessuno dentro. E’ in costruzione, il più è finito, ma per ora c’è
solo un tavolo e delle poltrone. I suoi amici sono in pausa pranzo, così ci
incamminiamo sopra la collina dove c’è il ksour.
Ksar Ouled Debbab è stato appena restaurato, ma c’è una parte ancora in
origine.
i datteri
le zolle di zucchero
Ksar Ouled Debbab
Giriamo attorno, ci addentriamo, perde un po’ di tempo anche nelle vicinanze facendomi visitare una nuova costruzione del governo, arrampicandoci sopra una collina e nella valle c’è una megacostruzione per raggruppare l’acqua piovana, peccato che non fa nessuno effetto, anzi … Ho già capito che non andremo al suggestivo ksar Ouled Soultane (insieme a quello di Ezzahra) uno dei ksour meglio conservati del sud, molto più distante, ma lui non sa che a me piace la compagnia e non le cose materiali, lo seguo senza nessun problema al suo gioco. Mi racconta di quanto sia difficile studiare la matematica e che dopo l’ultimo anno di studio vorrebbe continuare a studiare a Parigi, ma la sua unica opportunità di lasciare il suo paese è sposarsi una straniera. Nel frattempo torniamo alla casa in costruzione dai suoi amici, i due lavoratori sono in pausa o vista l’ora in merenda. Mi presenta ad un signore e ad un ragazzo, mi offrono da mangiare, almeno è rimasto solo del sugo da far la scarpetta. Mostfa sa che sono vegetariano, così mangio solo un pezzo di buonissima baguette con un bicchiere dell’immancabile tè. Il signore lo versa nel classico metodo berbero, parte dal basso vicino al bicchiere fino ad alzarsi sempre di più salendo e scendendo più volte. Ah che gioia infinita, altro che la visita al Ksour. Mostfa non so se scherza, ma difende i guerrafondai americani, mentre il signore più anziano mi dà ragione quando gli dico che i veri terroristi sono proprio gli statunitensi. Purtroppo loro devono riprendere a lavorare. Mostfa mi invita a casa sua lì vicino, mi presenta il suo fratellino dicendogli di salutarmi con un bacio sulla guancia; com’è tenero e affettuoso e con massimo rispetto e umiltà mi si avvicina salutandomi, mentre alla sorellina gli ordina di portarmi un bicchiere d’acqua fresca, ma è Mostfa a porgermelo, la sorellina non entra nella stanza, ci ha solo aperto la porta di casa all’inizio. Mostfa insiste perché rimanga a dormire ed è una cosa eccezionale, il sogno del presentatore francese, ma a dire la verità per me sarebbe troppo pesante passare altre ore insieme, non me la sento, mi sembra di approfittarne troppo della sua generosità, anche se il gesto è spontaneo e nasce dal suo cuore. Non è così semplice, ho bisogno dei miei spazi e poi devo andare a ritirare il passaporto all’agenzia così mi accompagna al louage fermo per Tataouine e ci salutiamo cordialmente. Lui si è offerto di accompagnarmi domani a vedere Ksar Ouled Soltane. Non ha voluto niente, almeno non me l’ha chiesto ed io un po’ ci ho pensato su, ma alla fine ho preferito non dargli nessuna mancia. Non so bene ancora perché, ma forse ho fatto bene o se no avrei rovinato il tutto e si potrebbe creare in lui una consuetudine nell’affrontare i turisti, mi son semplicemente limitato a pagare il trasporto, neanche 2dt. Torno in agenzia e purtroppo brutte notizie, come si prevedeva il permesso per visitare El Borma, perché la legge parla chiaro, bisogna essere minimo 15 persone e non meno di 4 jeep e una guardia militare d’accompagnamento e da solo con l’agenzia è praticamente impossibile. Tarik, l’agente di viaggio è sincero e mi sprona di andare direttamente al commissariato a spiegare la mia situazione parlando direttamente con Mr. Yasin. Non perdo tempo e volo al commissariato. Appena entro nel suo ufficio, con la massima discrezione gli espongo il mio tour. Egli è già a conoscenza di tutto tramite l’agenzia, ma purtroppo non ci può fare niente, mostrandomi i documenti (di cui già conosco, me li aveva già fatti vedere l’ufficio turistico la prima volta) indicando chiaramente che nell’area sud meno di quattro fuoristrada non possono andarci. Non voglio essere insistente e pesante, ma se Tarik mi ha detto di venire direttamente forse penso che ci sia una speranza, un super permesso speciale, invece mi racconta che anche i gruppi non possono arrivare proprio fino a El Borma, ma sono obbligati a fermarsi a 10km prima. E’ zona militare ed è assolutamente vietato. Tutte queste città del sud della Tunisia sono zone militari per esempio a Borj Bourguiba c’è una prigione e un presidio militare, mentre El Borma, Tiamet fino all’estremo sud alla punta tra la Libia e l’Algeria a Borj El khadra sono tutti pozzi petroliferi. Mr. Yasin il massimo che può concedermi è la zona limitrofa di Remada a Kambout, Ksar Brega Kebira e Ksar Brega Sghira, per poi risalire a Ksar Ghilane, ma già a Matous è impossibile, ovviamente sempre senza gruppo ufficializzato. Questo fatto del gruppo non l’ho capita. Ho provato a chiederglielo, ma nelle sue risposte è stato troppo vago. Gli ho chiesto spiegazioni e ho ipotizzato a lui perché da solo fossi stato una preda troppo facile da attaccare, ma lui pensa che non sia questo il motivo, ho continuato: “è pericoloso?”. Mi ha risposto di no, dicendomi: ”ma cosa ci fa un ragazzo da solo non è possibile,è più bello in tanti.” Sono rimasto basito, insomma si arrampicava sugli specchi e non ne capisco bene il motivo … non sono mica una spia! O semplicemente perché la guida militare armata non si vuole sbattere per una persona sola o forse perché in tanti c’è un guadagno maggiore da non poter proprio rifiutare. Questo rimane un mistero, colpa sempre di queste cazzo di guerre e del suo dannato oro nero. Figa tornerei da Mr. Yasin in 15 l’anno prossimo, voglio vedere che faccia fa! Addirittura mi ha detto che se un giorno davvero riesco a organizzare questa beneamata spedizione, alla fine anch’io arriverei alla conclusione che i posti migliori sono intorno a Ksar Ghilane … non ha capito un cazzo che i posti turistici non sono per noi viaggiatori.
A dir la verità anche i rallisti mi han detto che qui ci sono solo oleodotti in mezzo al nulla. Mi sono posto mille domande perché 15 sì e uno solo no. Mr. Yasin sostiene che anche se fossi in 15 , il permesso arriverà sempre non in tempi brevi … che avranno qualcosa da nascondere in tempo? O davvero ha paura che mi faccia saltare in area al primo pozzo petrolifero vedendomi addobbato da afghano? … Scherzo … Ah a proposito di Afghanistan, la sera in pizzeria noto un ragazzo alto e imponente ordinare al bancone. Indossa il classico mantello berbero, ora non so dire quale dei due perché da dietro non ci ho fatto caso, comunque ora che lo guardo, seduto dal mio tavolo, sembra davvero uscito dal film di guerre stellari, come ben sapete nei vari ksar sono stati girati gli episodi di Star Wars, infatti il pianeta deserto Tatooine prende il nome dalla città di Tataouine. Sarà la sua stazza, ma in un primo momento mi è venuto in mente il film, anche se io non ho mai visto neanche un episodio, e non lo guarderò mai, non so dirvi nemmeno un nome dei personaggi, però mi ha colpito, forse il cappuccio e la sua triangolarità che gli si forma sulla testa. Figuratevi che forza ha questo film, nel farmi pensare a me di vedere un personaggio di guerre stellari di cui non me ne ha mai potuto fregar di niente, invece di pensare a un classico costume tradizionale berbero. Mentre mi alzo dal tavolo, lui si siede e l’amico ancora in corridoio mi incrocia, toccandomi il pakol , il copricapo Pasthum, dicendomi qualcosa sul cappello, ma non capisco al volo. Poi intuisco e gli racconto che anche la Kafiah arrivano dall’Afghanistan. L’uomo “stellare” mi guarda negli occhi serio e in un perfetto inglese mi dice che gli afghani sono i migliori e che conosce molto bene i miei indumenti che indosso, mi chiede se sono stato in Afghanistan e gli racconto che me li ha regalati un mio caro amico che lavora in un orfanotrofio a Herat e a Kabul, lui annuisce e abbassa lo sguardo serio e inizia a mangiare. Gli auguro buon appetito e col massimo rispetto li lascio mangiare in pace salutandoli: ” As Salama”.
Poi in mente mi sono chiesto come mai un ragazzo così imponente, tutto d’un pezzo, conoscesse bene l’Afghanistan.
Sono molto contento e fiero che qualcuno se ne sia accorto. Grazie Alberto!
Non è che esprimono timore, assolutamente no, ma ho un certo particolare rispetto per i musulmani, anche a Istanbul, non so perché mi danno un senso forte di dignità. Prima per esempio non ho neanche voluto chiedere lo specchio al barbiere per voler controllare dietro alla nuca, esprimono fiducia, sapevo che aveva fatto un buon lavoro, ma appena sono tornato in albergo ho chiesto al ragazzo alla reception un piccolo specchio, quando ha iniziato a bussare a una porta mi è venuto in mente che bastava mi scattasse una foto da dietro, senza dover disturbare nessuno. Infatti il barbiere è stato bravissimo scalandomeli bene senza che si capisce che in alto sono pelato, con la rasatura perfetta, tranne la squadratura dietro tagliandomi via le tre punte WV , peccato.
Anche i più giovani sono molto orgogliosi, difatti Mostfa mi raccontava che l’islam is the best. Oh che palle anche Mustafa sulla nave voleva a tutti i costi convertirmi, anche se rispettava tutte le altre religioni, ma poi continuava a dirmi che la loro era la verità assoluta. Penso all’indiano del Kerala conosciuto in Cina, anche lui era molto convinto … e cosa gli avranno mai insegnato … Tra l’altro tutti gli esempi dei Sutra combaciano con i Veda quindi … però io ho avuto sempre l’umiltà di ascoltarli.
Non
vedo l’ora di fare il tour nel deserto. Con la guida oggi ho pattuito da Tataouine
fino a Remada per poi visitare nella zona militare Kambout,
ksar Brega Sghira e dormire a Ksar
Brega Kebira dove c’è un fantastico tramonto. Questi ultimi due sono
paesini abbandonati con una stravagante leggenda della tribù nomade locale
araba, i Traifa. A Ksar
Brega Kebira c’è una moschea sotterranea, simile a quella di Chenini.
Partire l’indomani fino al confine algerino appena sopra la zona invalicabile
di Bir Romane pernottare in tenda e
congiungerci al giro classico
sistemandoci per la notte a ksar
Ghilane per poi ripartire per Tembain
Jebil dove c’è un parco nazionale
con gazzelle e antilopi, Bir El Hag Brahim
fino ad arrivare a Douz. In tutto tre
notti e quattro giorni per 240dt. Prezzo minimo per la spedizione, almeno ho
provato a contrattare, ma niente. Ovviamente inclusi la jeep, la tenda e i
viveri. A Douz li dovrei salutare e
loro tornare a Tataouine da soli,
mentre io proseguirei verso nord. Almeno speriamo che sia di parola e che domani
o dopo domani non salti con qualche oasi in meno. Già oggi ho avuto un piccolo
sospetto, così gli ho rispiegato bene l’itinerario e lui mi ha risposto che
farà di tutto per accontentarmi. In casi estremi ho già in mano un’altra
agenzia vicino al commissariato.
Venerdì 27 Dicembre
2013
Al
mattino in camera ci sono 14 gradi, non ci sono riscaldamenti e di notte se non
fosse per le coperte ghiacceresti. Oggi per fortuna c’è il sole, ma soffia un
vento forte verso est, il levante. Fuori sono tutti imbacuccati nei loro burnus.
Alle 9:00 sono in agenzia e Tarik mi
informa che non è riuscito a trovare una jeep libera e di rivolgersi ad
un’altra agenzia. Giro tutte le agenzie di
Tataouine,ma sono ormai tutte chiuse, il direttore di un’agenzia
addirittura si è trasferito a Tunisi.
Ce n’è solo una, ma organizza solo tour dei ksar.
Torno dal commissariato, come se già sapesse che l’agenzia touareg di Tarik non
avesse la jeep e mi informa che anche nei dintorni non c’è nessuna agenzia
disponibile. Vado a prendere il mio zainetto dell’overland in hotel e decido di andare lo stesso a Remada
e poi da lì vedrò se è possibile arrivare almeno a Ksar Brega Kebira. Prima
di partire con il louage voglio farmi
fare un timbro o almeno prendere un biglietto da visita da Mr. Yasin per una sicurezza maggiore, ma il commissario è occupato.
Un ragazzo mi fa segno di aspettare con il loro classico gesto del pollice unito
alle dita con la mano all’insù. Lo fanno tutti: il ragazzo della reception, Mostfa
ecc. Ha vari significati: aspetta, vieni, seguimi, praticamente lo usano per
qualsiasi cosa. Dopo un po’ che aspetto decido di andar via subito alla
stazione dei louage prima che sia
troppo tardi. Infondo ieri è stato lui a dirmi che anche se lì inizia la zona
militare, subito dopo Remada non c’è bisogno di nessun permesso. Anche lui come me
ha il naso sporgente, infatti ieri i muratori, amici di Mostfa a Ksar
Ouled Debbab,mi
hanno detto che assomiglio a un arabo, ridendo con loro non gli ho detto perché
ho la barba, ma subito avevo capito che si rivolgevano al mio naso, difatti loro
si son messi giusto a ridere. Anch’io sospetto che il commissario sia un arabo
messo apposta per comandare il territorio meridionale della Tunisia. Alle 11:30
il louage parte per Remada
per 5dt. Nel tragitto si può ammirare il vero deserto sassoso, una linea
piatta con i classici arbusti bassi, ad ovest le montagne sassose aride di un
color bruno del Segdel.
La strada continua sempre dritta in mezzo al nulla più totale. Il cielo è
infinito con un colore azzurro intenso, ovunque giro lo sguardo non c’è una
nuvola, zero neanche una piccolina. In quest’area sperduta iniziano i posti di
blocco. Da sud salgono i pick up, le camionettes
pieni di taniche di benzina pronti ad essere fermati dai poliziotti. Il mio
vicino mi fa vedere dal suo cellulare le foto con le gazzelle, se ne trovano
tante vicine al confine libico. Ore 12:30 sono a Remada praticamente ultimo paese della Tunisia visitabile senza
permesso. Oltre c’è solo Dehibat
al confine libico verso est a 47km da qui, mentre dopo questa linea verso
sud c’è la proibita zona militare. Remada è un paesino affascinante. L’autista del louage
incredulo e sorpreso della mia presenza in questo sperduto paese mi indica
la via del souk,
come per dire: “almeno visiti qualcosa”.
C’è la voce del muezzin uscire
dall’altoparlante della moschea dopo la piazza circondata da case bassissime
formando un cerchio con un simbolo a forma di rombo in mezzo sollevato da una
piccola rotonda. Sembra un piccolo paesino del nord del Messico. Ci sono i
soliti uomini
seduti sulle sedie fuori dai caffè coi loro costumi tradizionali berberi e le camionettes stracariche di taniche di benzina. Giro per il Souk,
ma non è altro che un paio di negozi in fila di frutta e verdura, col classico
macellaio con le teste mozzate e un gattino a fianco che tenta di avvicinarsi
sempre di più a questo trepido spettacolo.
tragitto per Remada macellaio di Remada Remada
Ho
acquistato mezzo chilo di arance, quelle tunisine sono classificate come delle
migliori al mondo, ovviamente dopo le nostre siciliane. Quando ho tirato fuori
le monete, un cliente gli ha dato 1,1dt dalla mia mano aperta, ma il negoziante
onestamente mi ha ridato la moneta da 100 e in più il resto di 300 centesimi di
dinaro. Per fortuna oggi è venerdì e sono tutti in festa intorno alla moschea,
si possono contare sulle dita di una mano, o se no è realmente una città
fantasma. Si gira comodamente a piedi, ci sono solo due piazze principali, una
dove ti scarica il louage
e l’altra dove lo riprendi per tornare a Tataouine.
Torno alla prima piazza c’è un tabacchino dentro a un piccolo ksour
lo fotografo con due camionettes ai lati pieno di taniche. Mi informo per il villaggio di Ksar
Brega Kebira,ma
non ci sono mezzi pubblici, gli unici sono i proprietari di queste camionette.
Montpellier,
non ricordo il suo nome, ma ha lavorato in Francia, mi offre la possibilità di
andare a Ksar
Segdel,
secondo
lui più accessibile. Oggi il villaggio è disabitato, arroccato su una scarpata
in alto sopra una gola; da lassù si gode di una veduta stupenda. Il villaggio,
sormontato da un kala’a (forte in
pietra su in cima a una collina), consiste in tre livelli di abitazioni
troglodite. Va bene accetto, ma prima vuole passare da casa sua. Salgo per la
prima volta su una camionette,
non c’è neanche lo spazio per il mio minuscolo zaino. A dir la verità sono
solo apparentemente tranquillo, voglio metterlo alla prova. Mi invita nella sua
umile dimora,
chiede alla moglie la chiave del salone adiacente in una costruzione al lato
dell’abitazione. Il pavimento è ricoperto di tappetti bellissimi, ci
accomodiamo in un comodo divano e solo ora gli chiedo quanto vuole per la gita,
lui mi scrive 150dt. Assolutamente no,
è un prezzo fuori dalla norma. Intanto la moglie porta nel salone un piattone
di pasta col sugo di carne. Sono costretto a rifiutare. Montpellier
mi informa che dopo posso dormire qui, perché dopo le sei non ci sono più louage,
ma il
prezzo è troppo caro, al massimo gli posso offrire 20dt. Non vuole così mi
riaccompagna in piazza. Dietro di noi c’è un’auto in panne, mi fa segno di
aspettare, ma sono inquieto e scendo con lo zaino. Proviamo ad attaccare i cavi
alla batteria e poi riprendiamo la via a mala pena asfaltata. Non fa la stessa
strada e passa a bussare a un paio di porte senza ricevere nessuna risposta per
poi riportarmi nel luogo del nostro primo incontro. In piazza non demordo e
punto a ksar Brega Kebira. Mi raccontano che è troppo lontano e
difficile da raggiungere, poi è impossibile tornare indietro prima delle sei.
Verso le due,
mentre sto amichevolmente parlando si avvicina un camion di militari, il
caporale mi saluta e mi fa segno di avvicinarmi. Dopo le solite domande di
routine mi fa salire dietro sul camion con altri due militari. Gli chiedo per
quale motivo, ma lui mi indica di salire su. In quel momento Montpellier
si avvicina e gli stringe la mano… figlio di puttana,
me lo sentivo che non dovevo fidarmi di lui!
Io sono tranquillo. Mi portano in caserma militare, tra l’altro quella
dietro al tabacchino in piazza. Gli consegno passaporto, carta d’identità, la
macchina fotografica e il tour con le città da visitare pattuite con
l’agenzia di Tataouine,
senza
farlo apposta sono segnate proprio dietro al foglio dei posti nella zona
militare non raggiungibili senza gruppo e specialmente senza permesso. Prima di
consegnargli la macchina fotografica invece di spegnerla, sbaglio bottone e
scatto una foto al pavimento del gabbiotto di guardia dove mi lasciano in attesa
con una guardia armata a piantonare l’entrata della caserma,
mentre il soldato si allontana con i miei oggetti personali.
gabbiotto
militare e il mio zaino
benzinaio con le taniche catena montuosa del Jebel Segdel
Mi assicura che è solo una verifica e di non preoccuparmi. Rimango seduto a mangiare i datteri comprati al mercato di Tataouine e la guardia gentilmente mi offre un arancio tra una alzata di sbarra e un metti e togli della striscia chiodata per far entrare e uscire i veicoli militari. Arriva un furgoncino della polizia parcheggia di fonte al gabbiotto e il “mio’’ militare lo fa indietreggiare seguendo le severissima regola. Sono due sbirri in borghese, si mettono sull’altro lato della strada. Tiro fuori il telefonino, ma noto subito che mi controllano così lo rimetto via. Volevo spedire un messaggio, ma non ho nessuna intenzione di farmelo sequestrare. Dopo un’ora quando torna il caporale gli consegna i miei documenti e la macchina fotografica e mi fa segno di seguirli. Il poliziotto più giovane apre il portellone laterale del furgoncino e mi fa accomodare dietro. Mi portano alla stazione di polizia. Percorro un lungo corridoio dietro il passo veloce del commissario. Entriamo in una stanza, mi allunga una sedia contro il muro e mi siedo davanti a una cattedra con un pc e una stampante. Mi aspetto un fitto interrogatorio, invece mi lascia solo con una guardia gigante in borghese sulla porta, intanto lui si porta via due sedie e le piazza nel corridoio, mah strano. Non li vedo, ma sento il click della sequenza delle foto della mia macchina fotografica. Stanno controllando tutte le mie foto, speriamo che non me le cancellano tutte. Io non ho nessun timore, so di essere nel giusto e sono relativamente tranquillo. Non dico una parola, rimango in assoluto silenzio fino a quando li sento pronunciare tutti i nomi delle città dentro la zona militare, mi affaccio per dire qualcosa e il poliziotto mi ordina di aprire la borsa. Dopo un controllo veloce gli spiego che quello era il tour di cui dovevo fare con l’agenzia. Mi chiede se ho il loro numero. Per fortuna ho conservato il loro biglietto da visita e aggiungo che ho avuto il permesso orale (maledetta la mia impazienza, ma mai mi immaginavo tutto questo) da Mr. Yasin, il commissario di Tataouine -guarda caso si chiama proprio come il poliziotto giovane, il quale parla un po’ d’inglese- di visitare questi luoghi nella zona militare senza nessun problema ne permesso. Ora mi tocca aspettare e sperare che le telefonate vadano a buon fine. Dopo le tre di pomeriggio segnano i miei dati su un registro e mi chiedono di firmare, ma prima mi informo cosa sto firmando, visto che è scritto in arabo. Yasin, il poliziotto giovane mi dice solamente che non posso più fotografare Remada perchè è zona militare. Senza volerlo non è perché Remada è zona militare, ma non me ne ero accorto che dietro al tabacchino ci fosse appunto la caserma. Cazzo che casino che ho combinato sbadatamente. Nel frattempo mi hanno cancellato tutte le foto di Remada, perfino il tragitto. Mi consegnano tutto e mi lasciano andare. Fuori c’è un louage per Tataouine,ma gli dico che ancora non ho mangiato e vorrei prima fermarmi a mangiare almeno una baguetta, così il poliziotto mi fa segno di andare sempre dritto e di girare alla prima a destra dove c’è un ristoro. Trovo una piccolissima panineria ordino patatine fritte, olive nere e la buonissima baguette. Dopo mangiato torno in piazza, non so se gironzolare fino ad aspettare l’ultimo louage, ma l’autista per Tataouine, lo stesso di prima, mi chiama per partire. Nell’attesa si avvicina un signore, parla bene l’italiano, è stato a Solmona in provincia di Aquila, mi chiede: “ come va?” Si chiama Belgacem Kady, mi piace il suo accento. Anche a lui gli spiego che vorrei visitare il villaggio di Ksar Brega Kebira, ma non è così facilmente raggiungibile. Gli racconto che prima un’autista di una camionette voleva portarmi a visitare Ksar Segdel per 150dt.
Belgacem
mi chiede se voglio, lui può procurare un’autista per Ksar
Brega kebira per 50dt. ma non è sicuro se riesce a trovarlo. Mi dice
che l’autista non potrebbe neanche accettare il prezzo. Mi invita a bere un tè,
ordina e ci accomodiamo a un tavolino. Gentilmente dice che se voglio posso
dormire da lui e al mattino seguente può solo portarmi nei dintorni a piedi.
E’ una guida berbera del deserto, lavora per un’agenzia francese. Per
esempio a marzo ha un tour dal Marocco alla Tunisia. Mi lascia il suo contatto (siroccodate@hotmail.fr
telefono 00216 98532251 o 27100303) anche con lui minimo devono essere otto
persone, va bene anche quattro, ma il prezzo è per otto. Gli spiego che sono
appena stato in caserma per le foto, si indigna: “incredibile
uno non può fare neanche una foto qui al bar allora’’.
Mentre sorseggio il tè, il classico amarognolo, mi avvisa che c’è anche un
bus alle 7:30pm per Gabes,
oltre le louage. Un suo amico lo
incita ad alzarsi per giocare a carte, lo zittisce e mi chiede che intenzioni
ho: se voglio rimanere o partire. Vuole subito specificare: ”in amicizia, senza soldi.” Anzi se gli procuro un gruppo per un
prossimo viaggio in Tunisia, a me non farebbe neanche pagare. Il suo amico
insiste per andare a giocare a carte e col cuore in mano lo ringrazio per avermi
offerto la tazza di tè e specialmente per l’ospitalità, ma anche lui ha la
sua vita e non voglio interferire. Ho già fatto danni abbastanza, non voglio
che gliene capiti anche a lui e decido di ripartire. Per oggi l’avventura può
finire qui. D’ora in poi
-per
me il viaggio finisce in questo istante- non sarà più la stessa cosa, ormai
diventerà solo un semplice giro turistico. Parto con lo stesso autista del louage di prima per Tataouine
alle 4 del pomeriggio. Casualmente di fianco all’autista c’è un ragazzo in
uniforme militare, ma si fa i cazzi suoi, non è sicuramente qui per me, infatti
riesco a scattare un paio di foto direttamente dal finestrino del tragitto.
Arrivo alle cinque, almeno ritorno a Tataouine,
una cosa che non mi capita mai di tornare allo stesso posto. Ora questa
piccola città a confronto con Remada sembra New York. Prendo subito un taxi per 1.4dt per la
stazione dei louage per il nord,
direzione finale Douz,
la porta del deserto del Sahara.
Dopo aver aspettato i tempi africani si parte per Gabes alle 6:30 di sera,
il sole è già tramontato ed è subito sera. Nel tragitto ci sono diversi posti
di blocco, ci fermano sempre, ma solo una volta ci ritirano a tutti i documenti.
Ora non vorrei che per colpa mia si allungassero i tempi. Per fortuna dopo il
solito controllo di routine si riparte. Arrivo a Gabes
alle 8:46 pm. L’autista mi indica che c’è un louage giusto giusto per Douz,
ma purtroppo è al completo. Spero che ce ne sia un altro. Attendo alla
stazione dei louage. Dopo un po’ un
signore mi offre un hotel a Gabes
per 8dt. ma con pazienza, preferisco aspettare. Verso le undici di sera lo
stesso uomo vuole accompagnarmi con la sua auto, insieme ad altri tunisini per
10dt. a testa. Per me andrebbe bene, mentre altri non accettano, rimanendo in
tre,
l’autista alza la posta a 30dt. stavolta sono io a non accettare, perché o
vado a dormire o aspetto il bus dell’una di notte. Decido di aspettare il bus
e con il ragazzo tunisino raggiungiamo gli altri nella sala d’attesa dei
pullman,
neanche il tempo di arrivare che arriva l’altro signore avvisandoci che è
appena arrivato il louage. Alle 11:15
si parte per Douz.
Perfetto per 9.350dt. Lo stesso ragazzo con cui eravamo d’accordo prima di
partire si siede infondo al louage di
fianco a me. Ci presentiamo, si chiama
Ridha,
20 anni, militare a Djerba. Parla poco
inglese, ma ci capiamo quel che basta, è curioso di vedere la mia guida,
soprattutto il paragrafo della lingua, perché prima alla stazione dei louage,
l’ho tirata fuori per chiedergli quando partiva il bus e ora è lì che
spulcia tutte le parole italiane. Passiamo il viaggio a ridere e scherzare su
tutte le parole che pronuncia, per esempio vecchio lo legge veccio e anch’io
la prima volta per nominare la città l’ho chiamata Chenini, invece si
pronuncia senza h, ma con la sc di scemo. Non c’è due senza tre e visto
l’ora tardi si preoccupa per me e vuole a tutti i costi che mi fermi a casa
sua, vicino a Kebili a 27 km a nord di
Douz. Ci penso su, faccio un po’ il
difficile, non vorrei disturbarlo così tanto, ma lui vuole avvisare suo padre
del mio arrivo e questa volta non posso rifiutare. Insisto: ” sei
sicuro che per i tuoi non ci sia
nessun problema?” Lui continua a dirmi che sono tutti assolutamente
d’accordo ed è un piacere per loro ospitarmi. Il padre ci aspetta alla
fermata di Kebili con il suo louage.
E’ già l’una di notte, sono contento di aver accettato la loro ospitalità.
Prima di arrivare mi insegna come presentarmi e come devo salutare: “As-Salam’’,
stringere la mano e dare quattro baci a partire dalla mia sinistra. Questo non
me lo dice, ma l’ho capito dopo la terza persona e alla fine una bella
shakerata di mano. Dopo i saluti saliamo sul suo furgone e attorno a noi ci sono
solo case basse, sparse qua e là con un cielo stellato. Non sono abituato a
questi spazi aperti e così poca densità di abitanti. Abituato all’Asia con i
suoi milioni di abitanti ,ognuno appiccicato all’altro. Si continua ad andare
sempre dritto, Radha parla fitto col padre, è tanto tempo che non si vedono per
via del suo lavoro da militare, io non mi sento affatto imbarazzato, anzi sono
molto tranquillo. Il padre parla bene francese ed è stato anche a Ventimiglia,
è un uomo enorme col suo burnus,ma
si rende subito simpatico facendomi trovare molto a mio agio. Altro che Kebili
dopo mezzora, ormai è l’una e mezza
di notte arriviamo a casa sua a Fatnassa
sulla strada per andare a Tozeur.
Parcheggia di fronte a un muro molto basso con una piccola porta di ferro,
per aprirla basta tirare un laccio da scarpa che fa tornare indietro lo scrocco
e si sblocca la serratura. Altro che delinquenza, è un paese pacifico non c’è
neanche la polizia. Le vie sono strette con questi muri senza intonaco, anche la
via principale anche se è asfaltata, a poco a poco col soffiare del vento è
diventata di sabbia. Sembra che non ci sia calore con questi muri ermetici, ma
appena varchi la soglia della porta di casa, c’è un bellissimo giardino con
due banani e una piccola vigna, con le due camere infondo e a parte in
un’altra costruzione il bagno, invece a fianco alla porta d’entrata ci sono
altri due locali,
uno per mangiare e un’altra sala. La stanza dove dormo è ampia con i tappeti
e i materassi per terra. C’è gente che sta già dormendo, Ridha
mi prepara il mio materasso dandomi l’unico piumone e in più una coperta
pesante sopra e buonanotte … mi rimbocca anche le coperte.
Sabato 28 Dicembre
2013
Alle
otto del mattino, oltre agli uomini che si sono già svegliati da tempo, sento
il vociferare femminile nella stanza accanto. Mi accorgo che sono rimasto
l’ultimo,
anche Ridha è già in piedi, ma non so dove sia e per prudenza lo
aspetto. Dopo pochi minuti entra nella stanza e gli chiedo per favore se posso
fare una doccia. Mi dà l’asciugamano e una bacinella d’acqua calda. Siccome
sono un filippino per me non è una novità, anche non usare la carta igienica,
anzi qui almeno di fianco alla tazza hanno il sapone per lavarsi prima e la
canna apposta per farsi il bidè dopo. Una volta fatta la doccia andiamo a fare
colazione. Io pensavo solo in cucina, invece a casa di suo cugino, dove stanno
preparando i preparativi per un matrimonio. Parla con le zie e aspettiamo
intorno a un braciere nel cortile di casa. Dopo cinque minuti saliamo su in una
camera, ci accomodiamo sui materassi e sua cugina ci porta un vassoio con il
latte, caffè, un piattino d’olio d’oliva, delle baguette, burro e chamiya:
un dolce farinoso davvero buonissimo. Lo appoggia sul tavolino basso e mangiamo
tutti assieme assolutamente con la mano destra. La sinistra è definita la mano
“sporca’’ come per esempio il bagno. Con noi si aggiunge una ragazza senza
velo, Amani diciassettenne vuole che la porti in Italia. Il bello che ci
sono ragazze anche più giovani velate e altre no. Dal secondo piano si può
ammirare tutta la città.
Amina
in casa della festa matrimoniale Ridha nel suo cortile di casa
la
stanza in cui ero ospite
a colazione con Mabrouk al centro la chamiya Fatnassa oltre il palmeto il Chott El Jerid
Oltre
al palmeto c’è il Chott El Jerid.
Dopo colazione io pensavo di partire per Douz,
infatti ieri gli avevo detto a Ridha che
alle sette del mattino sarei partito, invece mi chiede se voglio rimanere per il
matrimonio di suo cugino. A questo punto accetto. Come posso rifiutare un invito
di matrimonio, perlopiù all’estero, con una cultura e tradizione diversa
dalla nostra? Ovviamente non si può. Con Ridha
andiamo a trovare i suoi amici al caffè in piazza.
E’ un continuo “As-Salam”
e i quattro baci con la stretta di mano vigorosa. Qua a Fatnassa,
si salutano tutti appena s’incrociano. Tutti i suoi amici sono appassionati
del Liverpool, uno è così fan che mi ricorda anche la Champions vinta contro
il Milan da
3-0 a 3-3 in sei minuti. Ai tunisini piace passare tutto il tempo al caffè a
giocare a carte, a domino e a guardare la premier
league. All’interno fa freddino, quindi mentre loro chiacchierano mi
sposto fuori al sole. In piazza c’è una scultura semplice di cemento sembrano
due c rovesciate attaccate da due piani, sembra il simbolo dell’Hellas Verona.
Ricorda il 15 novembre,
la caduta di Ben Alì. Finalmente andiamo a fare un giro per il palmeto, con il
proprietario del caffè e padrone degli appezzamenti. Me li mostra con orgoglio
e si può vedere la tradizionale agricoltura delle oasi. Ci sono delle piccole
dune di sabbia, il mio primo contatto col la sabbia del deserto. In certi punti
la sabbia della duna spaccata sembra un sasso talmente è compatta, riesci a
prenderla in mano e appena la lanci con forza si sbriciola in mille pezzi, anzi
in minuscoli granellini di sabbia.
piazza
in Fatnassa col fratello e proprietario sia del caffè che dell’appezzamento
del palmeto funs del Liverpool
La
Premier League Il domino
ogni mondo è paese:le scommesse
Torniamo
a casa del festeggiato per pranzo: cous
cous vegetariano (preparato apposta per me, Ridha
li ha avvisati che non mangio carne) con patatine fritte, una bella insalata
con pomodori e dei mandarini. Gli addobbi e il mangiare per la festa sono quasi
pronti, c’è anche già il dj con la musica a tutto volume, mentre preparano
si sentono gli ululati tipici delle donne berbere in festa. E’ un’emozione
fantastica, mi salgono i brividi, mi si rizzano i peli delle braccia e il
sorriso mi si allarga in una gioia immensa. Sono felicissimo di essere qui in
questo esatto momento, mi reputo la persona più fortunata del mondo. Siccome Ridha fuma di nascosto dai suoi, dopo pranzo torniamo al caffè e ci
guardiamo una partita di Premier Leauge
con tutti i suoi amici, con il solito caffè per lui e cioccolata per me. Nel
tardo pomeriggio con altri amici mi portano a visitare il cafè de artisanat fatto di tende fuori città a Debebcha,
quest’ultimo è un bel posto con un marabut,
le palme, un paio di dune e alcune favolose giare (formazioni rocciose scolpite
dal vento) ed è un luogo magnifico per ammirare il tramonto. C’è una volpe
del deserto al guinzaglio, molto timida e timorosa, poverina chissà quanto
tempo è legata lì senza il suo volere e le famose rose del deserto,
onnipresenti in tutta la Tunisia meridionale. Queste formazioni di roccia
cristallina marrone,
che tanto assomigliano a fiori pietrificati, in effetti sono costituite di gesso
e cristalli di solfato di calcio.
Le rose si formano con l’affioramento di acqua freatica ricca di sale
che si cristallizza quando l’acqua evapora. Il gesso puro è bianco e
trasparente, ma le rose del deserto sono marroni e opache a causa delle
particelle di sabbia che restano intrappolate nel cristallo. L’amico si
arrampica su una palma, invitandomi a imitarlo. Oltre le dune di sabbia ci sono
due cavalieri che si divertono a far la corsa di cavalli come il famoso festival
di Douz. Solo che qui siamo solo noi e i bambini. Al tramonto torniamo
tra le vie del paese, tra le mura di pietra e i carretti degli asini. Il sole si
stava preparando a uno dei suoi stupendi tramonti
da cartolina, con il cielo infuocato dietro la silhouette nera delle
palme. All’imbrunire siamo ancora nel caffè. I ragazzi controllano la
schedina, anche qui tentano il famoso “13”. Intanto io fumo nella chica,
il narghilè.
i
preparativi per il menù nuziale
il dj del matrimonio
Debebcha
volpe
del deserto
rose del deserto
Ridha a Debebcha
grotta
di Debebcha
festival nostrano
imitazione di Douz mentre fumo
la chica
Alla
sera ceniamo alla casa dove si sta svolgendo la festa del matrimonio, anche se
oggi i futuri sposi non sono presenti. Per tradizione festeggiano prima i
parenti e gli amici. Fuori c’è chi spara, caricano il fucile con la polvere
da sparo, fa uno scoppio fortissimo e un fumo allucinante. Hanno anche sparato
all’interno del cortile sembrava di stare dentro in uno stadio con i fumogeni,
poi continuavano a sparare e a ogni scoppio gli invitati quasi si spaventavano,
tanto che il dj ha fermato la musica minacciando di andarsene se non smettevano
di sparare in casa. La festa è in pieno svolgimento. In cortile ci sono le
donne sedute sulle sedie di plastica e gli uomini a parte contro il muro
perimetrale o sulle scale. Ci avviciniamo al deejay, un ragazzo mi invita a
ballare, l’altro continua a dirmi: “ birra-birra”,
ma sa già che non bevo alcolici, mentre Ridha
mi invita alla calma perché mi stanno guardando tutti e specialmente tutte.
Solita sua sigaretta al caffè e intanto gli amici giocano a domino. Quando
torniamo alla festa in mezzo al cortile ci sono solo donne a danzare scatenate
con mio stupore e sorpresa vedo gli uomini seduti a osservarle, ma non è
vietato ballare insieme. Alle undici di sera arriva lo sposo, come da usanza si
siede a un tavolino e una ragazza gli riempie il mignolo di hennè,
mentre gli ospiti versano i soldi in un piatto, sfilandogli l’hennè
pongoso sul dito e ricevendo i confetti in cambio. Lo sposo prima di andar via
accenna a due passi di danza, mi invita a ballare mentre ci circondano tutti e
poi saluta gli invitati. Più tardi le donne continuano a ballare davanti al dj,
io e altri due balliamo dietro di loro fino a oltre mezzanotte.
il
famoso fucile donne ballano nel cortile il classico ululato berbero
lo strobo da discoteca
l’henne
sul mignolo dello sposo costumi tradizionali
eh!!!special guest
lo sposo balla e saluta
soldi
sotto il cappello con la bomboniera in mano
lo sposo ringrazia
ballo con Ridha e Amina
Domenica 29 Dicembre 2013
Nella
nostra stanza stanotte abbiamo dormito solo io e Radhi.
Non siete maliziosi, ma appena siamo rientrati all’una e mezza ho notato che Radhi
mi guardava e non spegneva la luce così ne ho approfittato per scrivere due
righe, dopo un po’ gli ho dovuto dire se gentilmente potevo spegnere la luce
per riposarci un po’. Mi sveglio alle otto e mezza tranquillamente,
ormai sono di casa e vado direttamente a fare la doccia. Oggi non so se partire
o aspettare il rituale della cerimonia vera e propria, ma Rhadi
deve tornare a lavoro a Gabes ,quindi
torno con lui e ci divideremo a Kebili,
anche se tutte le donne compresa la mamma vogliono che rimanga a celebrare con
loro. Torniamo a fare colazione nella casa in festa. Le donne sono occupate a
fare il pane, impastando la pasta nelle ciotole di ferro. Mi siedo con loro
davanti al braciere. Una signora si fa dare la tabla,
inizia a tamburellarlo piano, poi sempre più ritmato. Le donne iniziano a
ululare, il loro sibillino suono berbero, inevitabilmente mi muovo a ritmo
continuando a stare seduto. La zia mi invita a imitarla allungando le braccia a
tempo. Nell’eccitazione generale si alza in piedi trascinandomi a ballare.
Iniziamo un duetto tra gli applausi degli invitati. Nella foga si unisce
un’altra zia con le mani ancora impastati di farina, fino a che non ci
chiamano per salire ad andare a fare colazione. Tutte le ragazze dopo colazione
salgono su in camera per lasciarmi il loro indirizzo email, gli prometto che gli
spedirò le foto.
disegni tradizionali con l’hennè zia con la tabla purtroppo lascio la casa di Radhi per partire
Vorrei
rimanere, ma alle 11 parto con Radhi
per kebili con il louage,
gli lascio 20dt per i pagamenti dei trasporti e alla fine gli lascerò il resto
a lui per tutta la gentilezza e l’immensa ospitalità da parte di tutta la sua
famiglia. Dopo un quarto d’ora di strada cambiamo con un’auto privata
collettiva fino a Kebili con arrivo
alle 11:40. Kebili è stata la città
nella storia per la vendita degli schiavi provenienti dal Sahara. Noto subito
molte rotonde dove in un monumento spicca la scritta con uno spray rosso:
”siamo solo noi” dai soliti
vandali. Le rotonde nei paesi maghrebini sono state inventate molto prima che in
occidente. Ci fermiamo al festival, non è altro che le solite bancarelle e le
giostre per i bambini. All’interno il proprietario di una bancarella è un
caro amico di Ridha,
addirittura era il suo allenatore di pallone. Fuori c’è una signora che
cucina la Metabka,
la pizza berbera, una piadina farcita con la salsa di harissa,
olio d’oliva, pomodoro e cipolla cucinata su un forno con tre tegami di
argilla cementati e sollevati dal marciapiede con due mattoni, alimentato dai
rami di palma sotto e a fianco ha una lamiera di ferro dove dietro ha la scorta
delle fronde delle palme di cui fa anche da scudo per il fumo della brace. Dopo
il pranzo veloce compro due mandarini e due banane in un fruttivendolo ambulante
e alle 12:35 siamo al caffè a due piani, molto alla occidentale con dei
bellissimi tavolini con le sedie abbinate per l’ennesimo tè. Sento la
differenza di decibel, il chiacchiericcio della gente mi sembra una discoteca a
tutto volume in confronto con Fatnassa.
C’è anche una donna con due uomini,
infatti è un europea bionda, non c’è neanche bisogno di scriverlo che la
guardano tutti, è sottointeso, non deve essere facile per una donna
specialmente da sola in Tunisia. Aspettiamo suo cugino, fa l’animatore nei
villaggi turistici di Djerba,
si chiama Nassar ha i capelli da rasta e per questo motivo non è stato
invitato al matrimonio, anche se ora ha solo le treccine e si veste da rap
americano. E’ un ragazzo in gamba, fa il ballerino, parla bene inglese e mi
faccio scrivere in arabo le parole chiave per la mia sopravvivenza vegetariana: Fish=hout,
beef=allousch,
egg=lham,
ovviamente no=la e sono vegetariano=ana
nabati.
l’allenatore
di Ridha
rotonde di Kebili
Nassar
Verso
le 2 del pomeriggio ci dirigiamo al louage
per Douz. Regalo il pakol a Ridha,
anche se so che avrebbe preferito la Kaffiah,
indossata tutt’ora e da due giorni ininterrottamente,
ma mi serve per il deserto, così ci salutiamo con il classico saluto tunisino,
mentre Nassar mi saluta in stile rap
con la mano aperta.
Il viaggio per Douz costa solo 2,150 dt. e dopo mezz’ora sono nella “porta del Sahara”. Tra tutte le hammam in Tunisia qui ce n’è una che sfrutta una sorgente d’acqua calda naturale. La stazione del louage si trova a nord della città e proprio di fianco c’è il festival con le bancarelle e le giostre. Entro subito per 0,300dt. Questo è il bello di viaggiare leggeri, non si ha nessun problema e bisogno di trovare una sistemazione per posare il bagaglio.
il
mercato nell’area festival di Douz
la centrifuga
le porte di Douz
Quando
esco dal festival, nella piazza dei louage
si sentono gridare gli autisti delle camionette gridare il nome della zona touristique
a sud dove si tiene il vero festival famoso. Il festival del Sahara cade ogni
anno verso l’ultima settimana di dicembre, tranne ovviamente quando cade il
mese del Ramadam.
FESTIVAL
INTERNAZIONALE DEL SAHARA – DOUZ
26 - 29 Dicembre 2013
Giunto
alla sua 46° edizione, il Festival Internazionale di Douz
è un appuntamento irrinunciabile per tutti coloro che desiderano scoprire le
antiche tradizioni e la cultura berbera attraverso le sue migliori
manifestazioni artistiche e sportive. Per 4 giorni danze, spettacoli teatrali,
concerti musicali e letture di poesie si susseguiranno in un calendario ricco di
appuntamenti, alternandosi a momenti di competizione sportiva come corse a
cavallo, gare in bicicletta e la maratona. Il Festival si concluderà con il
Gran Galà musicale, presso il Centro Culturale Mohamed
El Marzouqui di Douz. Si tratta di
corse di dromedari, di cavalli provenienti da tutto il nord Africa, di cavalieri
con bambini sulla testa a fare le acrobazie sui loro stalloni, combattimenti di
dromedari, hockey su sabbia, corse di levrieri, mentre le attività culturali
come tenzoni poetiche, concorsi di musica e canto hanno luogo nella maison
de la culture in place des martyrs.
La piazza è gremita e tutti se ne approfittato per il grande afflusso dei
turisti in cui ognuno si ingegna come può per accaparrare più passeggeri
possibili. Oggi tra l’altro è l’ultimo giorno del festival, il gran finale.
Non mi va di accalcarmi sulle camionette e i tre chilometri per arrivar al
festival li faccio a piedi. Scopro un pezzo di città uno alla volta, noto
subito che sono dei bravissimi fabbri, fuori da un’officina c’è una porta
in ferro stupenda. Non faccio neanche in tempo di entrare in città che mi si
avvicina un signore, già da lontano continuava a dire buongiorno in tutte le
lingue del mondo per capire a quale rispondessi e per così scoprire di dove
fossi. Insiste dicendo: ’’buongiorno,buongiorno”. Io non gli do retta, ma alla fine
sono curioso di sapere i prezzi dei tour per il deserto. Parla bene italiano, ma
il suo accento e la sua arroganza mi danno la nausea, vuole a tutti i costi che
partecipi domani mattina a una cammellata di tre giorni, ma quando gli domando
se si arriva fino a Ksar Ghilane -ormai
il mio unico obbiettivo- non mi risponde con sicurezza, girandoci attorno,
quindi capisco che sono solo quei famosi tour intorno alle prime dune e basta.
Non demorde continuandomi ad assillarmi, poi perde tutte le sue chance, sempre
se ne ha mai avute, quando mi dice che questo gruppo è italiano. Giusto per
informazione voleva 250dt. Dopo attraversato il palmeto arrivo allo stadio del
festival. C’è tantissima gente, pago 5dt per entrare sugli spalti. Davanti a
me dietro le tende beduine, c’è l’inizio del deserto del Sahara,
un’enorme distesa di dune infinite all’orizzonte. Io già guardavo oltre, ma
sotto i miei
occhi in quella finissima sabbia si stavano concludendo le gare dei cavalli, i
combattimenti dei dromedari e nel finale spettacolari acrobazie sui loro
purosangue tra i ringraziamenti dello speaker in tre lingue e un benvenuto
all’anno prossimo. Verso le cinque della sera tutti sfollano contenti. Io
rimango ad aspettare il calar del sole dietro le dune. Quando la pista del
festival inizia a svuotarsi dei suoi cavalieri, dopo aver fatto le foto ricordo
con gli appassionati o coi semplici turisti, i ragazzi locali ne approfittano
per scorazzare con le loro moto da cross a far le sgommate e a divertirsi a fare
i pazzi. Si aggiungono anche i quad a fare solo rumore e polvere.
la maniglia è geniale corse di dromedari corse di cavalli al festival di Douz
tamburi
per la parata finale
spettatori sugli spalti
oltre le tende beduine … il Sahara
Rimango
sugli spalti a osservare tutte le facce contente e sorridenti di chi ha appena
assistito a un evento mondiale straordinario, salgo sulla gradinata più alta e
ammiro la gente fluire in ordine verso l’uscita e ritrovarsi ognuno ad
aspettare la propria camionette per tornare nelle proprie abitazioni, mentre i
turisti con i loro fuoristrada tornano nei loro alberghi. Prima al mercato del
festival di Douz avevo acquistato un flauto di legno e una piccola tabla.
Mi son seduto un attimo a riflettere e
a guardare giocare due ragazzini saltare da uno scalino all’altro,
quando uno mi nota si avvicina a chiedermi soldi, senza pensarci su due volte
gli regalo il flauto, creando invidia al fratello più grande, infatti litigano
e gli ruba lo strumento. Quando lo sgrido vuole che gli regalo la tabla,
ma non gliela do perché si è comportato male col fratello. Appena si libera la
pista della sua massiccia folla scendo attraversando tutto il campo di battaglia
e di corsa per avventurarmi oltre le tende vicine alle dune del mitico deserto
del Sahara per ammirare da vicino un fantastico tramonto. Il sole cala proprio
dietro l’unica oasi circostante, illuminando le nuvole sparse nel cielo.
Dopo
il tramonto non ci sono più camionette per il centre
ville. Mi fermo a mangiare una matbaka
subito all’uscita del festival , c’è un piccolo ambulante, di un signore di
cui ha lavorato a Napoli,
parla italiano e mi faccio due risate sfottendolo dicendo che sarà stato
l’unico a lavorare a Napoli. Gli dico che voglio fare un tour del deserto e
lui mi dice di chiamarlo domani mattina dandomi il suo numero di cellulare. Mi
si avvicinano due ragazze col velo incuriosite di sapere di dove sono e appena
scoprono che sono italiano si fanno sempre più avanti. L’attrazione della mia
bellezza: il passaporto. Dopo mangiato torno ancora a piedi e mentre cammino il
destino vuole che mi si spacca il sacchetto legato allo zaino, con la tabla
dentro, facendola cadere a terra distruggendosi in vari pezzi. Tanto valeva
dargliela al ragazzino! Prima di arrivare in città mi fermo al primo caffè a
bere un tè, ovviamente non c’è neanche un turista, come se questi fuori
stradista non hanno una minima idea del popolo tunisino, quasi tutti pensano
solo alle ‘’loro” dune. Invece si sbagliano un casino, nei caffè si può
osservare il loro ritmo quotidiano della loro nuova cultura. Sono tutti attenti
a vedere Chelsea -
Liverpool, mi vengono in mente i miei nuovi amici lasciati a Fatnassa,
saranno tutti col fiato sospeso a tifare i reds.
Ci sono tutti i tavolini occupati così chiedo se gentilmente posso prendere una
sedia libera e mi siedo a parte e un vecchio me ne allunga un’altra da usar
come tavolino per appoggiare il mio bicchierino di tè. Loro sono molto lunghi a
bere un semplice e piccolino bicchiere di tè. La partita è una partita vera
all’85 minuto Mourinho, sempre più matto e più montato incita i suoi tifosi.
Alla fine finisce 2-1 per i blues.
Continuo il mio giro per Douz entrando
nella sua piazza del mercato principale chiusa dalle sua quattro porte, ormai è
sera e tutti i negozi sono chiusi. Subito all’uscita di una porta trovo un
ristorante carino, faccio come i tedeschi leggendo prima il menù esterno prima
di entrare. Mi fermo a mangiare un cous
cous di legumi, ma c’era un pezzettino di carne. Di solito in Tunisia,
quando gli dici che sei vegetariano (ana
nabati) semplicemente ti levano la carne, ma il sugo rimane lo stesso. Poi
mi porta un piattino con l’Harissa e
olive nere. Il dolce corne de gazzelle
e un bicchiere di tè. Incontro una coppia italiana, anche secondo lei la Lonely
Planet ha un sacco di errori. Li sento dubitare sui dolci cosi io intervengo e
gli consiglio il Corne de gazzelle.
Loro sorpresi non pensavano fossi italiano, mi avevano scambiato per un
pachistano! Dopo mangiato torno indietro perché prima ho visto l’insegna
hotel la medina,
per una camera senza doccia 25dt. Non accetto e continuo a camminare nell’oasi
perché vedo una luce, arrivo,
è un campeggio. Alla reception chiedo se hanno una tenda, il sacco a pelo ce
l’ho io. Il signore chiama il custode,
ma l’ultima l’hanno data a due ragazzi in moto di Monza, tra l’altro
simpaticissimi. Il campeggiatore mi chiama a sé nella custodia e mi fa vedere
che non ha più una tenda,
vedo un letto, un tavolino e una tv e
per scherzare gli dico: “va bene
dormo qui”.
Lui subito accetta, sbattendo fuori il custode. Parlo direttamente con il
guardiano e anche secondo lui non c’è nessun problema, anzi il gestore mi
racconta che lui la notte è di ronda a controllare e di non preoccuparmi. Non
voglio fargli passare una notte di merda, gli spiego che non posso accettare che
stavo solo scherzando, poi guardando negli occhi il custode,
è lui che mi dà il benvenuto. Compilo la scheda e per 5dt. vado a letto, ma
non prima di aver fatto amicizia con un tunisino nel bar del campeggio mentre
beveva una bottiglia di vino di Mornag
tunisino, un rosè di 11 gradi con i due motociclisti di Monza, i quali
consigliano vivamente il giro dell’Albania,
a parlare fino all’una e mezza. Il ragazzo monzese è molto affascinato dalle
parole del bevitore tunisino, si scherza e si ride tutti insieme con
disinvoltura. C’è un camion pieno di moto da cross, sono austriaci che
continuano a bere birra solamente tra di loro. Il custode è in camera a vedere
la tv, mi siedo al tavolo, ma dopo due minuti esce lasciando la tv accesa.
Quando rientra, appena vede la tv spenta, anche se io sono ancora a scrivere con
la luce accesa, si incappotta ed esce a fare la guardia. Alle due mi sdraio sul
lettino senza neanche una coperta, perché giustamente gliele ho lasciate
prendere tutte al custode, così mi infilo nel mio sacco a pelo e buonanotte.
Lunedì 30 Dicembre
2013
Ore
7. Appena ho acceso la luce, il guardiano poverino è entrato immediatamente, mi
ha salutato, ha posato le coperte ed è uscito di nuovo. Oggi è nuvoloso.
Appena arriva la proprietaria del camping de
desert,
è una signora francese, la quale mi dice che costa troppo organizzare un tour
per una persona sola nel deserto dai 250 ai 300dt. e di provare nelle tante
agenzie di Douz,
ma tutti i tour sono già partiti per il nuovo anno e ci sono solo le finte gite
con i dromedari nei dintorni.
alba
al camping de desert
il camion e le moto degli austriaci
i negozi di Douz
Mi
dirigo alla stazione dei louage,
ma non c’è una linea diretta per Matmata,
anche se hanno appena asfaltato la strada, i taxi più o meno vogliono 50 o
60dt. solo per arrivare allo svincolo al cafè
Jelili a 70 km da qui e poi trovare un passaggio per gli altri lunghi km.
Non accetto anche perché cosa posso fare, se arrivo solo al cafè
Jelili e non trovare nessuno? Mi incammino sulla strada per Matmata
col pollice alzato. Nessuno si ferma, ma c’è qualcuno almeno che fa segno che
sta per arrivare alla loro destinazione finale,
mentre un altro alla stazione di benzina si scusa,
ma non è possibile, perché sta portando un gruppo di turisti. Dal benzinaio ci
sono quattro fuoristrada italiani, targati Como, ma loro non vanno a Ksar
Ghilane,
ma bensì a El Zaafrana,
da tutt’altra parte. Gli rispondo: “bene,se
mi date un passaggio posso anche cambiare programma”, però con una scusa
banale mi dicono che non è possibile. Altro che solidarietà nazionale. Oltre
il benzinaio non c’è niente, il nulla, solo una lunga lingua di strada nera
appena asfaltata. Prendo coraggio perché ci sono due tunisini con i loro
borsoni, sono fermi all’uscita del benzinaio a fermare ogni macchina. Tante
passano a vuoto, ma un camion improvvisamente si ferma più avanti, un tunisino
gli corre dietro entusiasta e io lo seguo col mio zainetto sulle spalle
chiedendogli se anch’io posso salire, lui mi indica al massimo quattro
persone. L’autista ci fa segno di sì, il tunisino torna ad aiutare l’amico
coi borsoni. Oltre l’autista c’è un suo amico che gli fa compagnia, ma non
posso perdere questa occasione. I tunisini saltano sul camion dietro sul carico,
tanto loro devono fare solo pochi chilometri, io salgo in cabina,
ma appena vedono che sono un turista mi chiedono 40dt, ma almeno mi portano fino
a Ksar Ghilane. Evvai ce l’ho fatta!
Ho provato a contrattare il prezzo, ma sono così contento che non ho insisto
neanche. Ore 10:20 si parte. E’ davvero impossibile andare oltre a
piedi. Oggi è nuvoloso e il vento soffia la sabbia in tutte le
direzioni, si vede la sabbia camminare sulla strada per lei sconosciuta come se
stesse giocando a formare dei zig zag contro la motrice del camion
attraversandoci sotto. Sembra di vedere i riflessi della luce del sole sui
parabrezza delle nostre auto nelle nostre autostrade, invece non è astratta,
ma una concreta tempesta di sabbia. Appena incrociamo altri camion gli autisti
si salutano con piacere formando dietro di loro un polverone che si alza fino
all’altezza dei nostri occhi, per fortuna scompare in pochi secondi.
la strada desertica per Ksar Ghilane
io e i miei salvatori sul loro mitico camion
Ci
fermiamo a scaricare
i due tunisini con le loro borse e un sacco dietro al sedile della cabina.
Appena scendo il vento è fortissimo, la giacca vento nera è diventata gialla,
è praticamente insabbiata. Per fortuna ho gli occhiali,
ma la sabbia penetra negli occhi lo stesso. Pensavo che l’avventura del
viaggio fosse finita,
invece per fortuna vivo un’esperienza fantastica, unica nella mia vita. E’
la prima volta che faccio l’autostop all’estero, questo è il vantaggio di
viaggiare soli con un semplice zainetto, anche se facendo la strada
dell’oleodotto mi perdo le oasi. Lo spirito d’avventura non mi manca, anzi
lo vado a cercare sfidando anche la buona sorte. Il vice autista vuole accendere
lo stereo, ma non funziona, tira fuori il cd e con l’aria compressa lo pulisce
per bene, ma è impossibile battere questi milioni di granellini di sabbia. Alle
11:20 siamo allo svincolo per Ksar Ghilane,
all’angolo c’è il cafè Jelili,
è un piccolo ristoro diroccato che fa anche la pizza in mezzo al vuoto più
totale. Mancano ancora 40km, ora proseguiamo verso sud costeggiando i primi
oleodotti. Incrociamo un quad tornare indietro, sicuramente avrà fatto
l’andata tra le dune e ora ritorna per la strada asfaltata.
Non ho mai perso la speranza di arrivare al posto più a sud dei tour
organizzati, anzi sono pochi quelli che lo fanno, molti da Douz
non sanno neanche che ci sono delle guide che li fanno pernottare nelle tende
solo a pochi chilometri dalla città. L’unico tour carino è arrivare almeno a
Ksar Ghilane passando dalle oasi di Bir
El Hag Brahim e Tembain.
Certo io col camion attraverso solo deserto arido, ma la linea piatta
all’orizzonte si estende a 360 gradi. Con che coraggio lungo la strada hanno
messo il cartello divieto di sorpasso, è allucinante non c’è un’anima viva
a perdita d’occhio, forse l’unica cosa più viva che si può notare sono i
piccoli arbusti delle piantine del deserto. Prima della piazzola nel deserto: Bir
Soltane iniziano anche i primi cartelli: “Attenti passaggio cammelli” E
qui mi sale la prima emozione del deserto, solo a leggere quel cartello mi sale
l’adrenalina e la voglia di arrivare, sapendo che sto già facendo una cosa
straordinaria, quindi non ho nessuna fretta di lasciare i
miei due compagni di viaggio. Ci fermiamo veloci all’unico cafè di Bir Soltane. Vado subito a pisciare, dietro al ristoro, c’è una
semplice struttura con una turca,
con una vista mozzafiato, oltre solo il deserto. Quando torno mi hanno
gentilmente acquistato una metabka col
tonno. Inshallah non posso rifiutare, lo mangiamo in viaggio senza perdere
tempo. Il vice autista mi invita a pronunciare la preghiera islamica e grazie a
Dio posso capire che è un segno positivo che mi invita a mangiare senza dire
nessuna parola tranne Inshballah visto
le circostanze. E’ un caso di necessità, quasi di sopravvivenza.
cafè
Bir Soltane
la pista degli oleodotti
gli
arbusti lasciano spazio alla sabbia
Il
deserto arido inizia a diventare sempre più sabbioso, le pietre perdono potenza
facendosi frangere dalla forza del vento,
riducendoli in mille pezzi, appunto in granelli. La sabbia dal giallo chiaro
cambia colore diventando sempre più rossiccia.
Ore 12:30 Ksar Ghilane
Il
vice autista invece dei 40 dt. mi chiede se voglio fare cambio pagando il
viaggio con la mia sony digitale, è fuori di testa.
Ksar Ghilane è un oasi di
palme in mezzo al deserto di dune. E’ al limite fra l’ hamada
(deserto sassoso) e l’Erg (deserto
sabbioso) era di tale importanza che i romani per proteggerla vi costruirono un
forte. Sulla pista dell’oleodotto, 37 km a sud del cafè
Jelili,
c’è un pozzo la cui acqua dolce è famosa in tutta la regione. La sorgente
termale d’acqua tiepida (25 gradi) si trova nell’oasi, subito dopo i
campeggi e sgorga in una piscina dove si può fare il bagno. La sola altra cosa
da vedere è il forte romano, situato a 3 km a nord-ovest, in pieno deserto, si
può raggiungerlo tranquillamente a piedi o a dorso di dromedario per 30dt.
per quasi due ore. I miei salvatori mi lasciano davanti ai campeggi, ma proseguo
fino a scorgere la sorgente termale. Sarà la mia funzione rituale di domani
mattina. Campeggio al cafè Bouflija
per 20dt inclusa la cena. Si trova sulla destra, prima della zona dove si
affittano i quad, in una tenda berbera con dentro 4 letti di cui uno
matrimoniale. Pensavo di essere in compagnia di un altro viaggiatore, ma solo il
giorno dopo mi accorgo che qualcuno ha abbandonato le sue scarpe da ginnastica,
per fortuna non puzzano come le mie adidas false comprate in Cina l’anno
scorso. Subito dopo la sorgente ci sono i dromedari con i loro proprietari
pronti a partire per il Sahara. Mi inoltre in mezzo alle dune,
dalle foto fanno un certo effetto sembrano giganti, invece siamo appena
all’inizio, tra il confine del deserto sassoso e quello sabbioso. Il grande Erg orientale si trova a El
Borma,
molto, ma molto più a sud, al confine con l’Algeria. Incredibilmente verso le
due del pomeriggio inizia a piovere. Di solito si dice: “Eh
sono arrivato io e grazie a me c’è il sole” oggi potrei dire la stessa
cosa al contrario, per loro è una fortuna la pioggia … minchia è arrivato il
profeta! Non mi fermo assolutamente, ma invece di puntare al forte romano tra le
dune sabbiose, voglio arrivare alla duna più alta tra la vegetazione di piccole
piante dalle foglie verdi. Se ne vedono spuntare delle minuscole grazie anche
alla pioggia. Le gocce d’acqua rimangono impiantate sulla sabbia formando
mille bucherelli. Alle tre sono in cima e posso ammirare tutta l’oasi di ksar
Ghilane nella sua totale lunghezza.
Mi è sempre piaciuto il deserto. Ci si siede su una duna di sabbia, non
si vede nulla, non si sente nulla, e tuttavia qualche cosa risplende nel
silenzio. Il silenzio fu una grande scoperta perché, senza quel primo piano
delle parole altrui, mi accorsi anche che la grandiosa bellezza della natura era
nel suo silenzio. Anche il sole si levava e tramontava senza nemmeno un
bisbiglio. Mi pareva alla fine parte di uno straordinario, animato, cosmico
silenzio di cui godevo, in cui trovavo pace. Mi parve che, questo del silenzio,
fosse un diritto naturale che ci era stato tolto. Pensai con orrore a quanta
parte della vita se ne va, calpestata dalla cacofonia che ci siamo inventati con
l’illusione che ci faccia piacere o compagnia. Ciascuno dovrebbe, ogni tanto,
riaffermare questo diritto al silenzio e concedersi una pausa, una pausa di
giorni di silenzio, per risentire se stesso, per riflettere e ritrovare un po’
di sanità.
L’oasi di Ksar Ghilane La mia tenda berbera I dromedari per il tour(foto del giorno dopo)
Il
deserto del Sahara
I buchi e la piantina creati dalla pioggia
Ksar Ghilane vista dalla duna
più alta
Per tornare indietro punto la parte a sud dell’oasi e in mezzora sono nel palmeto più meridionale di Ksar Ghilane.
Sono davvero fortunato, appena rientro in tenda inizia a piovere forte fino alle sei. Cena come pattuito vegetariana: cous cous col sugo di pomodoro, con olive, carote e patate lesse, un’insalata di pomodori, cetrioli e cipolle con un cesto di baguette tagliate a fette. Anche nel deserto del Sahara in Africa si può essere vegetariani e spiegare ai musulmani il vero motivo della mia scelta: “in ogni essere vivente esiste Dio, anche nella verdura ovviamente, ma glieLa offriamo per Sua volontà”.
“Se qualcuno Mi offre con amore e devozione una foglia, un fiore, un frutto o dell’acqua, accetterò la sua offerta.” Bhagavad-gita 9.26
A
fine cena sorseggio un tè con le classiche due zollette di zucchero di cui mi
piace incastrare ogni volta sul perimetro del bicchiere, ormai sono un tunisino
a tutti gli effetti, specialmente dopo il matrimonio e il passaggio sull’Iveco
turbo star. Quindi bevo il tè prendendo il bicchiere con la mano destra tenendo
il cucchiaino con l’indice contro il vetro esterno e indirizzo il dito sopra
il naso,
sorseggiandolo poco alla volta.
Un gruppo di fuoristrada di turisti di ogni nazione griglia la carne
tutti intorno al fuoco, dalla loro jeep i
mitici Pink Floyd suonano musiche psichedeliche. Finalmente ho tempo di
rilassarmi e anche il tempo di leggere lo Srimad-Bhagavatam,
filosofia indiana, in santa pace, anche se dal ristorante esce una musica araba
a tutto volume per attirare i clienti, ma dopo che i tunisini entrano a giocare
a carte, rimane solo la tv accesa, invece dal gruppo continua una musica
slow-rock con qualche baldanzoso che balla attorno al fuoco. Dopo faccio un giro
al cafè di fianco alla sorgente termale, c’è un gruppo enorme di
siciliani, sono in tantissimi … speriamo di ricavare un passaggio di ritorno
dopo capodanno. A dir la verità queste mie ispezioni sono appunto per questo
motivo, se fosse per me starei lontano da tutti a riflettere, leggere e
meditare, ma infondo anche se siamo nell’ultima oasi è sempre un posto
turistico. Certo che se ti allontani, anche solo cinque minuti non sentiresti
nessun rumore, neanche il fastidioso rumore del generatore di corrente. I
turisti pensano solo a divertirsi tra di loro, fare i fighi e le sgommate con i
loro 4x4, infatti il barista tunisino parla italiano e intanto il tè costa 1dt,
quando a Tataouine ne bevi quasi due.
L’unica cosa tradizionale che fanno è fumare la chica e poi giocano a carte. Beh sulle carte sono come i tunisini,
però sono simpatici, mi strappano sempre più di un sorriso. Se penso che al
sud ero l’unico straniero è un controsenso ora, qui nel deserto. Non solo ci
sono turisti stranieri, ma la maggior parte sono tutti italiani, per quello
tanti gestori di campeggi e dei bar parlano bene l’italiano. Forse ero
l’unico straniero al sud perché ho notato che gli altri fanno il giro opposto
al mio. Infatti a Douz ho incrociato
la famiglia di Milano che avevo incontrato la mattina presto a Tunisi,
il primo giorno,
di cui erano sulla mia stessa nave, i monzesi in moto e la coppia di Venezia
diretti a Tataouine per i ksour,
gli unici a piedi come me. Sì perché Douz
rimane alla metà dell’itinerario.
Martedì 31 Dicembre
2013: ULTIMO DELL’ANNO
Alle
ore sette vado a immortalare l’ultima alba del 2013 tra le dune. Il cielo è
limpido, peccato che a sud-est c’è una lunga striscia di nuvole basse,
purtroppo non vedrò uscire il sole tra le collinette di sabbia, fa il
capriccioso e si è nascosto dietro di esse. Sull’altro versante nord-ovest
inizia a schiarirsi su tutto l’orizzonte, una luce rosa si mischia al blu
della notte schiarendosi a poco a poco di azzurro. Oltre le nuvole basse c’è
una striscia di cielo aperto con sopra altre nuvole e i raggi del sole
riflettano contro quest’ultime pitturandole di viola, rosa, arancione fino a
uscire la sua luce potente infiammando tutto di giallo. Non è affatto caldo,
anzi ho le mani ghiacciate, ma la sua luce crea delle lunghissime ombre tra una
duna e l’altra, mentre in lontananza all’orizzonte crea una luce chiara
molto forte. Chissà come mai quasi sempre il sole è accompagnato dalle nuvole,
sarà Indra il dio del cielo,con Vayu
l’essere celeste che controlla l’aria e Soma
il dio della luna venuti a venerare come noi poveri esseri umani il dio del sole
Ravih. Torno indietro sui miei passi,
son ben visibili le mie impronte, anzi si vede chiaramente anche lo strisciare
del piede sinistro perché ho la ciabatta rotta, si è staccata la parte
superiore che copre il piede da un lato e faccio fatica a sollevarla del tutto.
Tra poco mollerà anche l’ultimo lembo che è rimasto attaccato alla fessura.
Per non distruggerla del tutto d’ora in poi andrò scalzo, anche senza scarpe
tanto qui non ce n’è bisogno. si riempirebbero di sabbia nelle dune morbide,
ogni passo si sprofonda inevitabilmente.
la notte lascia il posto al giorno le dune ancora bagnate ultima alba dell’anno
gli
dei venerano il dio del sole
le lunghe ombre
Anche se non fa caldissimo, ma per essere l’ultimo dell’anno, e dopo il bagno nella sorgente d’acqua calda, il mio corpo si è scaldato abbastanza dalla notte gelida. La notte è stata molto fredda,dopo una notte così,puoi assaporare davvero la gioia della prima luce. Quando arriva quella palla di fuoco e scaccia il buio e il freddo senti una profonda gratitudine. Ma la senti solo se hai lasciato il tuo corpo in balia degli elementi. Se stai al sicuro in una casa con la luce elettrica e il calore del riscaldamento, non ti rendi mai conto della sua importanza. Oltre alle acque termali prima del deserto c’è una piccola sorgente anche dove campeggio circondata dalle palme. Al primo passo in acqua senti subito il calore dell’acqua tiepida, una benedizione dopo tutto questo freddo patito in tenda, anche se sotto tre coperte. E’ al mattino presto dopo le quattro che inizi a sentire gli spifferi del vento entrarti dal minimo sollevamento delle coperte vicino alla testa e alle spalle. Appena entri in acqua il piede sprofonda nella sabbia salmastra, molto fangosa, ma in superficie l’acqua è limpida e trasparente. Come in un rituale mattutino, la funzione della purificazione del corpo inizio sollevando l’acqua al cielo nei palmi delle mani, prima ringraziando e rendendo omaggio al Creatore e poi mi bagno la testa. Subito dopo mi immergo in un beato relax. Ora splende un caloroso sole in alto nel cielo, scompaiono anche le nuvole all’orizzonte, Il cielo è di un azzurro infinito. Gli altri turisti sembrano che devono scalare una montagna delle alpi per via dei loro scarponcini da trekking. Non deve essere molto comodo andare in fuoristrada, è un continuo su e giù per le dune. Chi si diverte è solo il pilota che gioca a fare il professionista, mentre la povera famiglia all’interno rimbalza in continuazione. Faccio colazione con il pane di tajin perche il “barista” del campeggio mi ha avvisato che io non posso mangiare la matbaka perché c’è il grasso di montone, non menzionato nella guida negli ingredienti. Per fortuna mi ha informato, rispetta moltissimo la mia filosofia e se non fosse stato per il suo puntuale avvertimento avrei continuato a mangiarla come se niente fosse. All’inizio quasi tutti mi chiedono se sono musulmano per via della mia japa, il rosario indiano, invece Hida si vuole informare precisamente per quale religione sono fedele, gli spiego che la mia non è una religione, ma è la scienza pura di Dio, le religioni sono nate dopo. Mi ha chiesto se rispetto Ibrahim, certo per me anche Maometto è il profeta come Gesù Cristo è un puro devoto del Signore. Sono vegetariano perché rispetto tutti gli esseri viventi. Oggi hanno allestito un traguardo gonfiabile all’entrata dell’oasi, c’è una maratona iniziata il 29 dicembre fino al 2 di gennaio, la maratona delle oasi. Mentre mi incammino al forte romano incontro il primo della corsa, inevitabilmente lo incito informandolo che è primo, lui tutto affannato mi risponde: ”oui oui ”. Non è semplice perché è facile perdersi, specialmente quando sei sotto la valle della duna, non vedi l’orizzonte. Il forte romano sembra vicino, ma ti dà l’impressione che non si arriva mai. Anche i ragazzi monzesi con le moto gli sembrava di aver fatto 100km nel deserto, invece erano solo 11. Anche nel deserto i maratoneti non hanno pace devono fare zig zag per non essere investiti dai fuoristrada. Se sei dentro la duna è un attimo trovarsi una jeep di fronte. Per fortuna si sentono i loro motori sgasare a tutta forza, anzi c’è qualcuno che si insabbia pure. Io non so che divertimento ci trovano, non ammirano neanche il panorama, dopo due minuti ripartono eccitati del loro mezzo meccanico. Non bastavano le auto in città, ora anche l’aria del deserto vogliono inquinare con questa maledetta benzina. Le più rumorose in assoluto sono le moto, le puoi sentire fino a decine di chilometri, quando passano attraverso i dromedari in riposo, le povere bestie ormai non hanno più nessun timore, talmente sono abituati che continuano a rimanere immobili nel loro ozio, senza muovere un orecchio. Però i motociclisti si divertono, è molto più bello in moto sulle dune. Ti viene su l’adrenalina pura, riesco a percepirla io per loro: ti alzi in piedi, sgommi, salti mentre con la jeep mi sembra una sola inutile sofferenza. Dal forte romano c’è una vista eccezionale, per questo i romani lo costruirono come base di osservazione nemica, riesci a udire le voci in lontananza forte e chiare come se fossero a due metri da te, eppure è incredibile come anche l’occhio umano in un attimo si abitua agli ampi spazi, vedi tutto più grande e vicino, mentre nella foto vedi la sua reale lontananza. Sono seduto sul muro di cinta del forte, arriva un gruppo a piedi da Douz. Una ragazza la sento dire: “oh che palle qui inizia ad esserci un sacco di gente”.
Io mi metto a ridere e gli altri la sfottono dicendogli: “mi sa che ti ha capito”.
“Perché pensi sia italiano?” “Eh se si è messo a ridere sì.”
Sono
del centro Italia, mi raccontano che nel tragitto da Douz
a qui ci sono anche dune più alte
e più suggestive. Quattro giorni di cammino, la classica cammellata col
ritorno in jeep, ma non hanno posto per me. E’ l’una di pomeriggio e anche
l’ultimo atleta è appena passato, poverino camminando lentamente, ha due ore
di ritardo dal primo. Il fuoristrada dell’organizzazione lo segue lentamente,
ma poi si ferma.
Sono
rimasto solo e grazie alla pausa pranzo si respira una pace assoluta, una quiete
incredibile, solo il soffio del vento si sente in questo momento, come se di
colpo avessero staccato la corrente. Finalmente divento tutt’uno con il cosmo.
E’ un paio d’ore che sono comodamente seduto e devo ammettere che i più
chiassosi sono gli italiani.
le terme di notte nel mio campo tendato io con Hida il traguardo con i percussionisti,ma la vita continua
il vincitore con Ksar Ghilane in lontananza
i dromedari a riposo
il forte romano
Sulle dune si può notare la sabbia nuova appena depositata dal vento, si capisce molto bene perché è fresca, sembra più fine e specialmente più chiara, mentre la sabbia sotto è ancora umida dalla pioggia di ieri, questa nuova infatti è più calda, solo scalzi si possono notare queste differenze. Da oggi a ieri c’è un enorme differenza sembra di essere a New York, è arrivata un sacco di gente per festeggiare il capodanno, mi sta passando la voglia di rimanere. Cerco un passaggio per il ritorno invece il ragazzo tunisino che parla italiano mi trova un gruppo per parteciparvi a pieno, cioè 300dt fino a Douz, è pazzo. Mentre col dromedario quattro giorni di cammino a 200dt. io solo con la guida. Se penso che da Tataouine ne volevano 240dt perché ero solo e che è addirittura a centinaia di chilometri più a sud di qui, mi sa della solita fregatura. Onestamente gli ho chiesto che non mi deve contare come un turista, io ho bisogno solo di un passaggio, ormai è troppo tardi per fare il giro turistico, con questi due giorni a Ksar Ghilane non voglio più perdere tempo, anche se la cosa mi attizza, poter dormire in mezzo al nulla con nessuno attorno, solo davanti a un piccolo focolare acceso. Grazie a Dio oggi è una bellissima giornata e si può ammirare in tutto il suo splendore un fantastico tramonto, Il sole non finiva mai di scomparire e mandava ombre sempre più lunghe. Il sole ci saluta per l’ultima volta del 2013 insabbiandosi nelle dune. Oggi è l’ultimo dell’anno e i decibel attorno si sono triplicati rispetto a ieri, sono contento di aver potuto notare questa mega differenza.
si
nota la sabbia asciutta
ombre del tramonto
sahara
ultimo tramonto del 2013
Non ci posso credere, sono seduto su un tavolino a leggere e sono passate due italiane con un ragazzo, la donna si lamentava, infuriata con trip advisor promettendogli una recensione negativa. Vi ricordo che siamo in mezzo al deserto, queste persone rovinano le bellezze naturali dei luoghi ancora incontaminati, ma perché non se ne stanno a casa loro! Addirittura non si buttano nelle acque termali per paura di qualche fungo. Ah beata ignoranza non sanno che l’acqua bollente uccide tutti i batteri. Sono le 10:30 tra poco è capodanno. Di notte il deserto fa paura, cute un leggero timore come il mare nero, eppure essi sono sempre lì al loro posto, è la luce del sole che è fondamentale, non per questo i primitivi avevano il terrore delle tenebre. All’inizio non riuscivo a trovare la famosa Orsa Maggiore, nonostante si vede tutto come se fossimo in un gigante planetario, ma appena abbasso lo sguardo eccola lì di fronte ai miei occhi. E’ enorme. Si riesce a scorgere ben distintamente anche la Via Lattea, ma mai e poi mai come il cielo stellato della Crimea, il migliore in assoluto che abbia mai visto.
Ci sono un paio di tendoni dove festeggiare, ma questi tunisini “italiani” appena bevono una birra non capiscono un cazzo, infatti neanche prima di mezzanotte ho visto un tunisino uscire senza maglietta e a riappacificarlo era una ragazza italiana. Alla sorgente principale un tedesco spara i fuochi d’artificio pirotecnici, è l’unica cosa buona del primo dell’anno. Incredibile due tunisini in macchina si perdono e chiedono a me dove si trova la festa degli italiani, perché anche loro non vogliono avere niente a che fare con i suoi connazionali… ci credo sono solo uomini. Questi tunisini italianizzati non hanno niente a che vedere con i cordiali e ospitali abitanti dei paesini della Tunisia.
Buon anno!
Mercoledì
1 Gennaio 2014 Buon 1435!
Ore
5.45. Appena esco dalla tenda il cielo è ancora stellato,
ora l’Orsa Maggiore splende in alto nel cielo proprio sopra la mia testa più
maestosa che mai. Come facevano nel medioevo a non capire il senso di rotazione
della Terra, è così visibile il cambiamento del firmamento che era proprio
assurda l’idea che la Terra fosse piatta e ferma, mentre tutto l’universo ci
ruotava attorno. E’ uno spettacolo naturale fantastico, sarei rimasto tutta la
notte a osservarla, è come se camminasse in alto nel cielo, solo che è
impossibile accorgersene del cambiamento, talmente la nostra rotazione è lenta,
non è mica come il sole all’alba o al tramonto. Appena vado in bagno noto la
luce accesa del “bar”, veramente Hadi
ha passato tutta la notte sveglio per il veglione di capodanno. Ne approfitto
per sistemare lo zaino da lui perché in tenda non c’è luce e la mia torcia,
al controllo bagaglio alla dogana in porto, quando il poliziotto tunisino l’ha
smontata per controllare anche dentro le pile, mi deve aver distratto e se
l’ha tenuta, senza che me ne accorgessi. Aspetto che il fratello mi prepara il
pane tajin,
ma si deve scaldare prima la pentola e nell’attesa arrivo tardi per la prima
alba dell’anno 2014. Proprio oggi che anche Indra
il dio del cielo ha lasciato le sue nuvole a riposare lasciando il cielo limpido
e il sole nascere dal deserto. Arrivo che il sole è già a tre quarti sopra le
dune, quando già la sua potente luce è così forte da accecarmi. Ieri in
queste dune eravamo in tantissimi, oggi la natura ci offre questa splendida
occasione e purtroppo e per fortuna per me, a causa della festa di capodanno non
c’è nessuno ad ammirrare questa meravigliosa bellezza naturale. Il cielo è
già azzurro. Mi sono accorto che la luce del giorno ha lo stesso colore del
mattino presto, è impressionante. Non c’è uno schiarirsi graduale, alle otto
del mattino c’è la stessa intensità di luce di mezzogiorno. Rimango sulle
dune appollaiato in attesa di un passaggio per Douz.
Oggi è il primo dell’anno, le fabbriche sono chiuse, sulla strada
dell’oleodotto il traffico è quasi assente e i camion non lavorano,
è un giorno di festa per tutto il mondo di qualsiasi credo religioso, tranne
per i cinesi è ovvio. Mi sembro un militare di guardia sulla vedetta, vedo i
primi movimenti proprio sotto il sorgere del sole, ma penso che si siano solo
accampati lì per scaldarsi con i primi raggi solari, invece il primo
fuoristrada parte per il deserto prendendomi in contrattempo allontanandosi
piano piano salendo e scendendo per le dune e dopo un po’
non lo si scorge più. Via, andato, per sempre. Mi affretto a raggiungere
gli altri tre che sono rimasti, hanno targhe italiane, ma purtroppo loro vanno a
sud e anche volendo non vanno subito alla prima città dove potrebbero
lasciarmi, ma percorreranno solo dune per una settimana. Dopo avermi augurato
buona fortuna ci salutiamo. Torno all’entrate delle dune, a mano a mano che
passa il tempo, la gente inizia a svegliarsi ancora assonata e appesantita dal
cenone. Arriva un uomo, un italiano con il suo piccolo modellino, ovviamente è
una jeep in miniatura, si diverte a fargli fare le sgommate su e giù per le
dune, tutto orgoglioso mi mostra che si smonta anche il tetto facendola
diventare come un renegade.
C’è un altro signore vicino alla sua jeep, già da lontano non puoi
non accorgetene che è italiano, indossa il cappello azzurro della nostra
nazionale di calcio. Non perdo tempo, dopo gli auguri di buon anno, gli chiedo
se è in partenza, mi risponde che purtroppo sono un gruppo di quattro macchine
con quattro passeggeri con in mezzo le tantissime borse che si portano a presso,
quindi non c’è posto per me. Gli rispondo: “4x4=16
sembra che vi siete messi d’accordo sui vostri 4x4, quindi non voglio essere
io di sicuro il diciasettesimo.”
Più
lontano, con il fuoristrada girato nella direzione opposta alle dune, riconosco
il signore il quale ieri sera ha bevuto il tè da Hadi,
di cui lo conosce molto bene, con la sua famiglia e il suo gruppo ieri parlavano
di Douz,
perfetto. Mi avvicino e dopo i saluti gli chiedo gentilmente che sto cercando un
buon sammaritano il quale mi dia un passaggio. Sono le nove,
con cortesia mi dice che per lui non c’è nessun problema, ma parte alle
undici. Mi indica se voglio provare prima a chiedere al signore italiano, quello
col cappellino dell’Italia, perché sa che sono in procinto di partire, ma
assicurandomi che posso contare sempre su di lui. Appena arrivo dal signore
-ormai ho chiesto a mezzo mondo: francesi, tedeschi, austriaci- che appena mi
vede, mi ricorda che ci siamo appena parlati. Quando torno indietro, il signor
Enzo, mi dice che è un bugiardo perché sono solo in dieci e che ho fatto bene
a non voler essere il diciasettesimo. E’ molto gentile, ricordandomi che in
questo mondo ci vuole un po’ di buonismo, addirittura mi sta già preparando
spazio, non solo per me, ma anche per il mio zaino. Vedendo il mio piccolo
zainetto,
mi mostra le valigie delle donne: “loro
non saranno mai delle viaggiatrici, ma semplicemente delle turiste”. Ha
una famiglia molto unita e viaggia con amici veri. Sono tutti di un paese vicino
Catania, ogni anno organizza viaggi nel deserto,
infatti conosce tutti e tutto della Tunisia. Una persona eccezionale mi ha fatto
subito sentire a mio agio, senza preoccuparmi neanche di dargli una mano con i
bagagli, anzi addirittura mi chiede che se voglio posso lasciargli il mio zaino
e libero di andare a fare un giro, ma preferisco rimanere per rispetto e
aspettare con lui conoscendoci meglio. Mi fa notare che ha con se’ una
salsiccia favolosa dalla Sicilia, ma appena gli dico che sono vegetariano, per
scherzare vuole buttarmi via lo zaino perché non ne può più, con loro
viaggiano due vegetariani. Perfetto. La prima vegetariana è la sorella, per
amore verso gli animali. Poco alla volta inizio ad avvicinarmi alle famiglie
siciliane presentandomi. Quando la sorella mi dice che è felice, gli spiego che
la parola corretta da usare è: contento, giusto perché bisogna accontentarsi,
lei mi risponde: “ si è felici quando
ci si accontenta (bravissima) perché
la felicità è come un fluido che a volte passa e va via.”
Gli
altri ragazzi sono a divertirsi col quad, mentre le signore vogliono andare sul
dromedario. Prima di partire vogliono provare le brezze di Lawrence d’Arabia,
ma al loro ritorno inevitabilmente si lamentano della sua scomodità. Dò da
mangiare una banana molto marrone a un dromedario, ma un proprietario prima che
gliela dessi, mi richiama. Io tutto imbarazzato pensavo che non si potesse
farlo, invece mi indica solamente di non darla a quel dromedario, ma al suo!
Incredibile scoppio in una grassa risata. Neanche il tempo di avvicinarla alla
bocca che il dromedario se la inghiotte in un sol boccone. Puntuale alle 11 si
parte. Via si parte sulle dune per Douz!
Ma prima passiamo nel villaggio di Ksar
Ghilane,
mi stupiscono sempre di più per la loro bontà. Hanno la jeep carica di
cartelle, penne, matite, pennarelli da regalare ai bambini. Appena ci
avviciniamo ci corrono incontro gridando: “monsieur,monsieur”.
Non facciamo in tempo a fermarci che siamo circondati da bambini e bambine
entusiasti di ricevere il loro regalo che assalgono il baule. Siamo costretti ad
allontanarli, a fare un po’ d’ordine. Enzo mi spiega che è molto facile che
qualche bambino si infila nel baule nascondendosi tra i vari bagagli , poi c’è
il rischio che te lo ritrovi a Catania o peggio ancora alla dogana. Ci sono le
sorelle maggiori che litigano con i più piccoli per prendersi i regali più
belli. Si cerca di far tornare l’ordine, ma neanche dopo un minuto sono ancora
tutti attaccati alla macchina. Dopo Enzo consegna ad uno ad uno anche delle
brioches, gli occhi dei bambini sono contentissimi, saltando di gioia. Io di
colpo mi fermo, mi blocco, li guardo con un nodo in gola e mi emoziono così
tanto da non riuscire più a parlare. Ringrazio di cuore Enzo per tutta la sua
bontà con un semplice gesto fa felice tutto il villaggio e specialmente il mio
animo sensibile. Haribol!
prima alba dell’anno jeep in modellino i bambini e le sorelle maggiori del villaggio
il
bambino quasi si infila nel baule
le mamme con le cartelle dei bimbi
…ora tocca alle brioches
Si parte per le dune! Sono molto contento di poter vedere il tragitto fino a Douz perché sono curioso di sapere se mi fossi perso qualcosa di straordinario. Ma risalendo in macchina ho ancora in primo piano gli occhi di quei poveri bambini, non riesco a scrollarmeli di dosso come se si fosse fermato il tempo e non riesco più a riprendermi. Sono seduto sul sedile posteriore, ma è come se non ci fossi, sono stranito e contento nello stesso momento perché sono in compagnia di gente seria, compassionevole, amorevole e non poteva essere famiglia migliore, gentilmente, a darmi un passaggio. Faccio fatica a parlare, ma le mie prime parole sono per ringraziare Enzo per questa straordinaria avventura che mi sta regalando, sicuramente non è un caso -mai nulla succede per caso- ho ancora gli occhi lucidi quando Pina, la sorella di Enzo, anche lei emozionatissima, mi accarezza dolcemente la testa, dicendo che sono un ragazzo dolce e che anche loro sono felici di avermi incontrato. Questo suo semplice gesto mi fa tornare di colpo a casa, in un ambiente familiare, rassicurante, dopo tanti giorni passati da solo a riflettere, mi fa molto piacere, mi verrebbe voglia di abbracciarla e lasciarmi andare in un pianto commovente, ma mi trattengo. Come se la vita a volte vietasse questi momenti delicati, non c’è spazio per queste smancerie, sono un uomo e la vita deve andare avanti, non ha sosta, bisogna essere dignitosi … ma dove c’è scritto che deve essere per forza così?
Ora
si segue il gps sul computer, un’unica linea eretta verso nord-ovest. Per me
è la prima volta viaggiare in mezzo al deserto, sono molto gasato, mi sembra la
Parigi -
Dakar e con grande sorpresa scopro che alla fine c’è una traccia delineata da
seguire, una strada invisibile che tutti seguono. Io pensavo che una volta fatta
la rotta col gps si seguissero le coordinate della bussola e via nel nulla più
assoluto, invece c’è una pista da percorrere, di certo molto più sicura.
All’inizio la pista è ben marcata,
un’ampia terra spianata a sassolini e ci lasciamo alle spalle le dune di
sabbia. Un rettilineo lungo in piano dove si può iniziare a tirare il
fuoristrada e provare le brezza della velocità da gara. Dietro si alza una
nuvola di polvere enorme, ma l’eccitamento dura poco perché la moglie gli
ricorda che siamo un gruppo di tre macchine e di rallentare, ma neanche il tempo
di lasciar il piede sull’acceleratore che ci troviamo di fianco la jeep dei
nostri amici tenti a far una sfida fino all’ultimo chilometro. Non nego che
anche a me sale l’adrenalina, specialmente con questa visuale all’infinito a
perdita d’occhio -sì con pochi colori- ma l’azzurro del cielo è immenso,
ruota a 360 gradi. Siamo costretti a rallentare perché davanti a noi c’è una
cammellata del deserto, un leggero cenno della mano per un saluto, ma anche
perché la pista sterrata si ristringe, si trasforma in sabbia più fine e dal
piano si ritorna alle dune, più chiare da quelle rossicce di Ksar Ghilane,
però magnifiche. Penso che i ragazzi arrivati col cammello intendevano proprio
questo tratto incantevole e il mio animo ora è in pace con me stesso, come se
avessi pagato il debito per essere arrivato dalla strada dell’oleodotto.
Un’infinità di soffici dune con la sabbia appena trasportata dal vento e
altri granelli volar via fino a posarsi a chilometri di distanza, volano liberi
nell’aria. Il vento si diverte a cambiargli forma a suo piacimento,
le livella, le tonda o le appiattisce. Infatti quando arrivi nei punti più
bassi d’altitudine, c’è la pista sterrata e dove soffia il vento si formano
queste minuscole dune di sabbia. Sulla pista sembra davvero di essere sul
fondale marino, mentre le dune sono le spiagge. Oh c’è un ingorgo in pieno
deserto! Incrociamo dei camion molto vecchi, sono dei tedeschi, sulle dune più
impegnative, non si può mai prendere alla leggera il tragitto è molto
insidioso, c’è sempre il rischio di insabbiarsi. Si fermano sulla cima della
duna e a tutto gas scendono a valle per poi scatenare tutti i loro cavalli del
motore per risalire sulla cima opposta. Anche tre motociclisti si sono fermati a
guardarli, un po’ per spezzare la monotonia del viaggio in solitaria e un
po’ per smaltire le gambe. Si spegne di colpo il nostro computer di bordo con
la nostra traccia da seguire, ma non c’è nessun problema perché abbiamo un
gps in più di quelli portatili. Enzo mi racconta che è molto facile perdersi e
che a volte le tracce segnate a terra delle altre auto possono aiutarti a
seguire la giusta rotta,
ma se non hai dei punti di riferimento basilari, dei punti cardinali visivi come
il Parc du Jebil è semplice sbagliare
e nello stesso tempo non puoi neanche tanto fidarti delle tracce delle gomme
altrui perché se un fuoristrada esce di pista per andare a fare dei bisogni, ti
ritrovi sperduto nel deserto. Senza farlo apposta dopo dieci minuti ci
ritroviamo a girovagare a vuoto fino a che non ce ne rendiamo conto di esserci
persi. Non sono affatto preoccupato anche se Enzo comunica via cb agli altri
autisti di fermarsi intanto che lui fa un giro di ricognizione, per ritrovare
l’orientamento. Ci catapultiamo in un mare di sabbia,
te ne rendi conto subito che ci siamo persi perché non si vede una minima
traccia, tutto è vergine … è bellissimo. Come una vera squadra tutti gli
autisti si riuniscono per controllare le proprie mappe e per fortuna si riparte
nella direzione giusta. Wow che emozione incontrare la prima jeep, vuol dire che
siamo sulla strada giusta, non dico che prima c’era una tensione che si poteva
tagliare con una lama di un coltello,
ma tutti i nostri volti di colpo sono molto più rilassati, che gran sollievo e
come per magia risale l’adrenalina e la voglia di arrivare.
la pista la cammellata dalle dune rosse al beige
i
motociclisti curiosi
il camion a tutta forza
sul fondo del mare
dove
ci siamo persi
Arriviamo al Cafè du Parc per
la sosta pranzo. E’ l’unico ristoro prima di Douz.
Ci accomodiamo al lungo tavolone fuori e Enzo va a ordinare solo del pane. Dai
bauli di tutti e tre i fuoristrada in un minuto è uscita la più alta cucina
siciliana: Cedri, arance -le vere arance- insalata di finocchi,
pomodori e olive, pomodori secchi sottolio, la mitica salsiccia alla griglia,
focacce, frutta secca, dolci e perfino la nutella. Vino, gassosa, coca cola. Un
pranzo completo in mezzo al nulla e alla fine non poteva mancare una tazzina di
caffè. La moka sul pentolino a gas da campeggio esce come per magia offrendo un
ottimo caffè. Il minimo che potevo fare dopo tutta questa generosità è stato
andar dentro a pagare il pane ordinato prima. Ero spiazzato, troppo gentili, non
sapevo neanche come dirgli a Enzo che avevo già pagato il pane. Mi vergognavo
dopo tutto quello che hanno fatto per me. Alla fine quando ha ritirato le monete
di tutti gli ospiti per lasciarli al Cafè,
da me non li accettati perché avevo offerto il pane, sicché gli ho dato una
moneta di due euro indirettamente. Dietro al nostro tavolone c’è la prima
famiglia di Milano che ho incontrato a Tunisi
dopo lo sbarco. Ci riconosciamo subito e dopo i saluti mi dice: “vedo che te la stai passando bene”, indicando la mia famiglia
adottiva, gli rispondo: “Sì, sono
stupendi.” Loro vanno verso sud. Un loro compagno col camion non può più
proseguire perche ha un problema all’albero motore e deve per forza tornare a Douz
in cerca di un meccanico. Dopo una sosta tipicamente mediterranea: dopo due ore
siamo pieni e pronti per ripartire. Uno degli aspetti del viaggio è che la
sabbia muta colore dall’arancio intenso vicino a Ksar
Ghilane fino al beige chiaro dalle parti di Douz. Nel parco nazionale del Jebil
si possono avvistare gazzelle e antilopi. Enzo mi chiede che programmi ho,
perché loro prima di andare a Douz
vogliono andare a trovare una famiglia tunisina a Zaafrane
dove il marito ha lavorato per tanto tempo in Sicilia, un loro carissimo
amico. Certo che accetto di seguirli -invitato in un’altra casa locale- con un
ulteriore sorpresa nei loro confronti, pronti a ricordarsi di tutti, infatti gli
consegnano tutti i medicinali che avevano bisogno e anche il minimo
indispensabile, alla fine gli fa anche la puntura! Favolosi. Arriviamo in casa
al tramonto ci accolgono con grande armonia, ci accomodiamo sui materassi al
pavimento in cerchio. Arriva subito un vassoio di aranciata fresca e subito dopo
dei biscottini. Le donne sono molto fiere di ospitarci, ma si vergognano perché
non capiscono la nostra lingua, anche perché fin da subito i nostri bambini
hanno cominciato a chiacchierare come se fossimo in una semplice casa di cugini
italiani tra di loro e non potendo aver così anche un minimo contatto con le
donne di casa, anche perché l’unico interprete, il marito nel frattempo era
con Enzo, ed è finito in un incontro classico italiano: cioè che ognuno in un
gruppo parla tra di se incrociando le voci.
E’ stato imbarazzante ,per fortuna è durato poco.
cafè du parc la tavolata col camion dietro rotto la moka l’unico ristoro
Zaafrane
in centro il proprietario di casa
Zaafrane al calar del sol
Zaafrane
è situata a 10km a ovest di Douz circondata
da un lato da dune sconfinate, da qui il deserto si estende a perdita d’occhio
fino all’orizzonte, dall’altro da una fresca oasi. Zaafrane
è il centro di sedentarizzazione della popolazione tradizionale nomade degli Adhara,
le grandi tende nere dei quali, spesso piantate vicino alle case di mattoni e
cemento, sono fatte con lunghe strisce di lana e pelo di capra, sorrette da due
pali di legno.
Alle sei arriviamo a Douz,
per me è un ritorno. Enzo mi chiede perché non mi fermo con loro per la notte,
in un fantastico hotel da mille e una notte, ma ho voglia di iniziare nuovi
chilometri, ma mi consiglia di non partire stasera e di riposarmi fino a domani
mattina. “Non è stata una lunga
giornata?” Vorrei partire subito per Nefta,
ma non c’è un diretto che fa la strada a sud intorno al Chott
el Jerid al confine con l’Algeria fino ad arrivare e fermarmi a Hazoua,
ultimo paesino di frontiera, al di là del Grande Erg Orientale c’è solo l’Algeria con il suo immenso
deserto a farla da padrone. Non mi sono piaciuti gli abitanti di Douz,
parlano troppo bene l’italiano per i miei gusti, trattandoti da turista
sempliciotto. Non mi sono piaciuti fin dal primo giorno. Non fidatevi dei
tunisini “italiani” vi faranno solo perdere tempo. Anche se avevano ragione
che non c’è un collegamento, a quest’ora si può solo andare a Kebili e da lì a Tozeur e
solo la mattina seguente a Nefta per
poi al confine algerino di Hazoua.
Alle otto e mezzo accetto il consiglio e pernotto al Hotel El Marzougui con una bellissima terrazza e il gestore onestissimo:
sul tariffario c’era scritto 15dt a camera e me l’ha lasciata a 12 e mezzo,
due letti comodi, due asciugamani, i tappetini, la doccia, ma con il bagno fuori
sul terrazzo. Ha anche il soffitto a mattoni ad arcate come i ksour.
Se non vi fermate negli hotel segnate dalle classiche guide turistiche, anche
nel periodo natalizio, farete fatica a trovare italiani nel vostro hotel.
Giovedì 2 gennaio
2014
Alla mattina ci sono 9 gradi e si ghiaccia, non immagino a Milano cosa significherebbe dormire senza riscaldamento in pieno inverno, è impossibile, qui con quasi dieci gradi anche con tre coperte di cammello si gela. Alle ore 8 sono alla stazione dei louages in partenza per Nefta, ma non ci sono corse dirette, primo stop Kebili, Tozeur e infine Nefta. Dopo sette minuti si parte per Kebili con arrivo alle 8:40 per 2,150dt. I louage per Tozeur sono nella via parallela della stazione dietro al mercato e dopo dieci minuti sono in partenza per Tozeur per 6,350 dt. Sui louage è conveniente sedersi davanti o all’ultimo posto dietro a destra, per chi ha le gambe lunghe potrà sdraiarle perché davanti non ha nessuno. Per la prima volta mi chiedono il biglietto, corro alla biglietteria, in un ufficio all’interno della strada, lasciando il mio zaino sul louage. Attraversiamo tutto il Chott el Jerid siamo a -55 metri sul livello del mare, sembra di essere in Arizona. Il Chott el Jerid è il maggior lago salato del paese, anche se in teoria, il Chott può essere attraversato a piedi in qualsiasi punto per dieci mesi all’anno, ci sono solo cristalli di sale in superficie e disegni col sale, molto artistici. Secondo la tradizione lasciare il sentiero raccomandato può essere fatale. Non si tratta di un lago vero e proprio: anche se i miraggi fanno pensare che potrebbe esserlo e le cartine immancabilmente lo mostrano come un lago, è coperto di acqua solo dopo –rare- piogge abbondanti. Sul lato opposto del Chott, con le sue sorgenti, molto apprezzate dai romani, e le 110.000 palme, segnala l’inizio delle grandi oasi che circondano Tozeur.
Ore
10.20 arrivo a Tozeur. Carine le
cinta. Alle
10:30 sono già in partenza, sempre in louage,
per Hazoua al confine algerino,
evidentemente l’emozione dell’avventura non voglio che finisca. Attraverserò
Nefta per poi tornarci prima di sera.
Dal confine libico a quello algerino. Entrambi i paesi in mezzo ad uno stato
molto sensibile, molto pericolosi, tra l’altro in Libia c’è ancora
la rivoluzione. Per
questo in Tunisia ci sono un sacco di posti di blocco, per fermare il traffico
di armi e per la sicurezza del proprio paese. Pago 3,850dt questa volta come gli
altri di solito fanno, cioè passando i soldi ai passeggeri fino all’autista
come in un jeepney filippino. Attraversiamo un deserto piatto con cespugli.
Poi piano piano saliamo su un promontorio con un’ottima vista sul
palmeto. Ora siamo a -15 mt. Sul livello del mare. Risaliamo.
Anche qui ci sono i cartelli: “Attenzione
attraversamento cammelli”.
Alla rotonda di Hazoua una
scena incredula mai vista: c’è un cavallo col suo padrone sul carretto, ma
l’animale ha paura di passare,
si vede che la strada è nuova e per il cavallo, è una novità mai incontrata e
ha paura di entrarci fino a costringere l’uomo a scendere e a trainarlo fino
al compimento della curva. Scendono tutti e rimango solo con l’autista e senza
dire niente continua fino a lasciarmi a cinque metri dalla frontiera algerina.
Scendo senza problemi, inconsciamente pensa che sono qui per andare in Algeria,
perché chi mai nessuno si fermerebbe a Hazoua?
Invece dopo una veloce occhiata al confine, senza fare nessuna foto stavolta,
torno indietro a piedi in questo sperduto paesino a 36 km verso ovest da Nefta,
basta anche la guida non dice nient’altro. C’è una assoluta tranquillità,
non lo direbbe nessuno, si sente solo lo sfrenare dei carretti, lo sferragliare
delle carrucole dei muratori pronti a ingrandire sempre di più la città e il
cinguettio degli uccelli, mentre dall’altra parte invece bisogna avere la
massima allerta. Saluto chiunque incontro: “As
Salam” e appena parli di calcio i ragazzi sono subito pronti a farti
sapere come questa materia la conoscono bene. Appena sanno che tifo per il
Napoli gridano: “Hamsik, Higuain si è
messo a piangere per l’uscita della Champions.”
Non voglio rischiare neppure di fare foto in centro, se si può definirlo
così, ma uso il mio tattico telefonino. Anche se i ragazzi mi sgamano chiedendo
se voglio fotografare la moschea, ma gli rispondo che per rispetto non lo farò.
Giro nei vicoli sabbiosi. Ci sono due dromedari legati e subito dopo c’è una
signora con una veste rosa con il foulard e il suo bambino. Ha un piccolo
recinto con le capre, le chiama a sé e vuole offrirmi un capretto, ma appena
rifiuto mi guarda storto, imbronciata. Regalo le penne ai bambini. Le due
bambine molto sveglie corrono a prendersela, mentre il maschietto è diffidente
e timido e non la vuole. La maestra aiuta i bambini più piccoli della scuola ad
attraversare la strada per poi tornare ancora in classe. Sui muri bianchi
dell’asilo ci sono disegnati i famosi cartoni della Walt Disney. Appena mi
vedono, mi guardano stupiti con la loro curiosità, con il loro stupore,
rendendomi l’uomo più felice del mondo in questo minuscolo paesino in
costruzione al confine algerino. Un muratore mi ha chiamato per salire sul piano
della casa in costruzione a bere un’aranciata con lui, ma lo saluto con un
gran sorriso e proseguo fino al palmeto. Non so neanche io perché non ho
accettato,
di solito vivo di questi incontri, ma mi ha già rallegrato soltanto l’invito
e continuo a camminare. Si avvicinano due ragazzi, uno vuole che lo aiuti ad
andare in Francia, poi mi chiede se facciamo cambio di giacca, la sua è bucata.
Mentre torno indietro per prendere il louage
mi salutano dei ragazzi fuori da un caffè. Uno parla italiano grazie a rai 1,
un altro è stato a Roma e un altro ragazzo ha la tuta del Milan,
mi offrono una sedia e un tè, ma gli dico che devo andare a Nefta
e dopo due chiacchiere in amicizia, in tranquilla libertà mi fermano il
primo louage e parto per Nefta alle due di pomeriggio. Mi chiedono se per me è la prima
volta in Tunisia e se sto arrivando dall’Algeria, visto che mi hanno notato
passare a piedi dal confine. In questo pseudo “pericoloso” paesino ho avuto
più contatto onesto qui, che con la gente di Douz.
Infatti il cugino rasta di Rhadi,mi
aveva avvisato di stare attento a Douz.
Quando mi domandano se mi è piaciuta Douz,
gli rispondo: “solo la piazza, ma la
gente no” e pure loro me lo confermano. Quindi il mio intuito non
sbagliava. Io gli offro i pistacchi e le mandorle comprate prima in un negozio
sulla strada. Anche loro quando gli dico che sono del Napoli mi sfottono: “Ah Napoli -
terrone”. Potrei rimanere, tanto l’ultimo louage
è alle 5p.m. ma a me interessa il primo approccio con la gente, da questo mi fa
capire subito se sono amichevoli o degli imbroglioni e devo dire che a Hazoua
sono bravi. Immagino
se mi vedesse qui il commissariato di Tataouine
davvero penserebbe che sia un mercante d’armi. Continuano dicendo che qui non
c’è nessun problema con l’Algeria, mentre attualmente al confine con la
Libia forse sì.
il mare di sale:Chott El Jerid negozio di ceramica in Hazoua centre ville i dromedari della signora
palmeto
di Hazoua
venditore di frutta sul suo camioncino
i bambini delle penne
benzinaio
Voglio andare a Nefta perché questa sonnolenta cittadina è ricca di templi sufi,con stradine labirintiche. Il sito Romano di Nefta è uno dei centri religiosi più importanti della Tunisia, tradizionalmente legato alle confraternite mistiche del sufismo, appartenenti alla Qadria. Nefta, l’oasi esoterica dei sufi islamici, fondata da Kostel, figlio di Sem, figlio di Noè, costretto a emigrare, a modo suo, dai cambiamenti del clima. Da Hazoua pago il louage 2,2dt. Un viaggio stupendo con una vista mozzafiato , si può ammirare tutto il palmeto con infondo il Chott El jerid. Bellissimo. Arrivo a Nefta alle due e mezza. I louages si fermano proprio sotto il minareto della moschea. Qui come a Tozeur la tradizionale muratura è in mattoncini color sabbia. Le case dei vecchi quartieri di Tozeur e Nefta sono uniche in Tunisia. Sono costruite con mattoni giallastri fatti a mano, alcuni dei quali formano elaborati disegni geometrici in rilievo sui muri delle case e le loro forme e i motivi sono ripetuti sui tappeti locali e sugli scialli. Questi mattoni garantiscono un migliore isolamento contro le escursioni termiche rispetto ai blocchi di calcestruzzo. Il modello a mattoni sporgenti crea anche piccole zone d’ombra sul muro, generando correnti di convenzione che rinfrescano la superficie. Nefta è una bellissima città con i suoi favolosi quartieri con i vicoli stretti, è davvero un piacere attraversarli. Ci sono quasi tutte le porte di case aperte, si riesce a intravedere il loro cortile interno. E’ bello perdersi tra queste antiche viuzze. Incredibile all’hotel Habib è tutto spalancato, comprese le stanze, alla reception non c’è nessuno, solo due numeri di telefono da chiamare. Volendo ne potrei approfittare e cogliere l’occasione al volo, ma decido di chiamare per correttezza e per posare almeno lo zaino, anche se la sicurezza della porta è meno di zero, con una spallata la tiri giù. Pago per una notte 13 d.t. Questa città antica è fondata su mura romane. I bambini giocano ancora a far girare i copertoni delle biciclette correndogli dietro. Per fortuna aggiungerei io. Ci sono tanti artisti, sono dei bravissimi fabbri con cancelli in ferro battuto con stupende decorazioni e un falegname moderno con una culla a forma di hello kitty e il classico strano benzinaio.
Visito la Corbeille: una depressione simile a un cratere, fitta di piante di palma. Il crinale sopra è gremito di semplici cupole imbiancate e i vecchi quartieri accolgono 24 moschee e più di cento tempietti reliquiari.
La vista panoramica della Corbeille è favolosa con infondo il Chott El Jerid con la sua distesa di sale, davvero sembra di vedere un miraggio: il mare.
Incontro
Haji,
parla italiano, vuole portarmi a vedere la Medina,
ma gli rispondo direttamente che sono interessato solo ai sufi. Andiamo ad
incontrarli! Prima compro le arance per offrirgliele una ad una (prasada,cibo
offerto prima a Dio) ai sufi. Mi salutano stringendo la mano come i giovani, poi
baciano il dorso della mia mano e me l’avvicina, io li seguo baciando il loro
dorso e poi una
stretta di mano classica
vigorosa,
infine bisogna portarsi la mano al cuore. Un’emozione fortissima carica di
energia positiva, di una cultura e tradizione millenaria. Io sarei pronto per le
mille domande, ma Haji mi dice che è
meglio se torniamo tra mezzora perché devono finire di lavorare e solo dopo mi
parleranno del sufismo. In effetti la loro costruzione era in via di ultimi
lavori da finire, tanto che erano con la sabbia e cemento e pale,
ma secondo me era una scusa perché vuole portarmi in giro per la città. Fuori
dal loro tempio vedo un campo di pallone con i ragazzi che stanno facendo un
allenamento così gli dico ad Haji che
aspetteremo soltanto qui, da una casa in costruzione saliamo sul primo piano da
delle scale di cemento e mi vedo gli allenamenti della prima squadra di Nefta
su un campo deserto, senza un filo d’erba. Intanto gli chiedo ad Haji
che mantra pronunciano sul loro rosario e mi scrive sulla mia moleskina in
arabo: Subanah Allah (questo non lo darei per certo). Dopo mezzora puntuale
ritorniamo e alle 5.30pm a mia insaputa e con molta sorpresa mi fanno
partecipare alla preghiera con i sufi. Prima di entrare nella sala da preghiera,
c’è il rito di purificazione del corpo. In un’ala della moschea, appena
varcata la porta dentro al cortile sulla sinistra c’è un bagno. Entro,
prima mi lavo davanti e dietro (i genitali) poi esco e dai rubinetti comuni con Haji mi lavo le mani fino ai polsi per tre volte, la bocca con la
mano destra e faccio dei gargarismi per tre volte, poi porto l’acqua al naso
con la mano destra, aspiro e rigetto, serrando leggermente le narici con il
pollice e l’indice della mano sinistra per tre volte, lavo il viso in senso
orario per tre volte, l’avambracci per tre volte, con entrambi le mani la
testa dalla fronte alla nuca una volta, mi lavo con il pollice l’esterno e con
l’indice l’interno delle orecchie simultaneamente per una volta e infine i
piedi iniziando da quello destro per una volta. Ovviamente nella moschea si
entra senza scarpe. Ci mettiamo in fila uno a fianco all’altro verso La Mecca
e un sufista davanti a noi su un tappetino personale, prima recita lui e noi
dopo lo seguiamo, tutto si ripete per tre volte, prima in piedi,
poi si portano le mani sulle ginocchia e pronunciare: “ Allah
Akbar ecc.”,
si ritorna in posizione eretta,
poi ci si inginocchia toccando con la fronte a terra, ci si alza
rimanendo in ginocchio con le mani sulle gambe, ci si prosterna nuovamente e si
ritorna in piedi. Ci si prosterna a terra anche con la fronte perché Maometto
ha detto che bisogna avere sette ossa a contatto con la terra. Quello che più
mi ha colpito è stato quando in ginocchio abbiamo alzato l’indice della mano
destra, sempre appoggiata alla gamba destra e lo si è fatto roteare in cerchi
concentrici, infine si recita : ”As
Salam Alaikum Wa Rahamatu Allah”
a destra e a sinistra agli altri fedeli. Una volta aver offerto i nostri omaggi
ad Allah ci raduniamo tutti intorno all’Iman,
mi vuole vicino a sé e ci sediamo contro il muro sui materassi.
Nefta
artisti
città vecchia
porta
coi mattoncini
la Corbeille
campo di Nefta
L’Iman
inizia a recitare una preghiera e noi dopo in coro la cantiamo, si ripete più
volte, poi recita un altro sufista e noi sempre dietro a cantare, mentre
preghiamo passa un fedele, ci spruzza del profumo sulle mani, lo passiamo in
testa e sul petto,
poi un altro a stick da passarsi sui dorsi delle mani poi torna a darci da bere
un tè e un bicchiere di aranciata con il dolce il corne
de gazelle, tipico di Tataouine.
Ogni volta,
prima all’Iman e poi lo serviva
sempre verso destra. Mi è capitato una volta di avere gli occhi chiusi e quando
toccava a me,
io ero già in meditazione,
che il mio vicino mi ha dovuto toccarmi
e appena ho aperto gli occhi, gentilmente il profumo me lo ha passato lui
direttamente sulle mani. Ci alziamo in piedi e mano nella mano iniziamo a cantare all’unisono
buttando l’aria a ritmo pronunciando una “eh”
forte e riprendendo fiato con un’aspirazione continua. Diventa un mantra di
liberazione, di purificazione, un continuo e crescente “eh
aha eh, aha
eh, aha eh…” piano piano andando a ritmo muoviamo le mani in avanti e
indietro fino a che un certo punto, vai in trance. In mezzo al cerchio il solito
sufista della preghiera inizia,
a liberare lo spirito e a caricarci di energia. All’inizio l’Iman
rimane seduto a recitare altri versi del Corano, poi si alza in piedi anche lui,
mi stringe la mano e cantiamo tutti insieme. Alla fine arrivi all’apice della
meditazione, in piena trance,
ti senti leggero, l’energia salire sempre di più dai piedi al cuore fino alla
sommità del capo. Sei così rilassato che hai la bocca morbida, che a ogni
vocale pronunciata la senti ballare, come se stessi scuotendo la testa da destra
a sinistra freneticamente, ma il nostro è solo un gesto ripetitivo avanti e
indietro morbido, dolce, ma sei così libero che ti balla tutta la bocca.
Sembrano dei movimenti
da epilettico a rallentatore, controllati da un respiro regolare. Wow un’emozione indescrivibile. Poi ci sediamo. Ti senti in pace e in
armonia con tutte le energie dell’universo.
Inizia a parlare in trance un altro sufista, una spiegazione di una
lettura del Corano, ma purtroppo in arabo. Quando finiamo, ci alziamo in piedi e
l’Iman mi saluta nel loro
tradizionale metodo sufista prendendomi la mano, mi bacia il dorso e io faccio
lo stesso, una stretta di mano ed è così contento che mi stringe in un forte,
caloroso e lungo abbraccio. Dopo si fa l’ultima preghiera ancora tutti in
piedi e in fila verso sud-est. Alla fine rimango con un discepolo, il quale
parla inglese e mi spiega i principi fondamentali dell’Islam fino alle nove di
sera. Poverino c’era Haji che voleva andar via prima, intromettendosi ogni tanto
dicendomi: “si dai te lo dice domani.”
Io glielo ho detto di tornarsene a casa, ma ha voluto aspettarmi sicuramente per
il mio pagamento. Purtroppo per lui quando ci salutiamo gli do tutta la moneta
che avevo in tasca, in tutto 2,1 d.t. Lui non è contento, all’inizio non
l’ha accetta. Nel portafoglio ho solo pezzi da 20d.t.e non ci penso nemmeno
per sogno di darglieli, così gli ricordo che siamo venuti in amicizia e che lo
ringrazio molto per il favore e gli rimetto le monete in mano e lui a malincuore
le prende. A dir la verità, dopo in stanza d’albergo, ci ho pensato su e
potevo almeno bere un tè insieme così dopo aver pagato il conto con i soldi
cambiati potevo dargli qualcosa in più. Sono
molto soddisfatto della lezione di Islam perché il concetto di base
fondamentale è uguale alle scritture sacre indiane e mi convinco sempre di più
che la mia scelta di seguire la filosofia di Krsna è la primordiale, la più
elevata e pura. La vera essenza e scienza di Dio. Hare Krsna! Vogliono che domani incontro il loro superiore, ma sono strasoddisfatto
così che domani mattina sarò ancora in viaggio.
Wow quante bellissime emozioni. Questa Tunisia non si ferma mai di
stupirmi. Ogni giorno che passa cresce una forte emozione da vivere
intensamente. Ore
21.00 i ristoranti sono chiusi, non c’è molta vita notturna a Nefta.
Ho visto qualche ristoro con la saracinesca abbassata anche di giorno. Per
fortuna come ad Hazoua ci sono i piccoli alimentari aperti e mangio le buonissime
noccioline, pistacchi, mandorle e i miei favoriti anacardi con una tavoletta di
cioccolato e un succo tropicale.
Il mio hotel è situato in una piazza, ma per arrivarci bisogna
inoltrarsi tra i vicoli stretti della medina
antica. A quest’ora al buio con qualche vicolo in penombra la città è così
mistica che non cute nessun timore. Sbaglio due volte ritrovandomi sempre sulla
strada principale, tra l’altro dove c’è la stazione dei louage. Poi chiedo ad un ragazzo solo seduto nell’oscurità mentre
gioca col telefonino e mi indica la via più breve proseguendo sempre dritto e
infondo a sinistra, evitandomi di zigzagare tra le vie strettissime e ci arrivo
con facilità, anche se dalla parte opposta a dove mi aspettavo. Praticamente
avevo perso completamente l’orientamento ancora sotto l’euforia del ballo
coi sufi.
Venerdi 3 Gennaio
2014
L’Hotel
Hababi è molto spartano, ma è la
prima notte in Tunisia che dormo senza subire uno spiffero di aria gelata della
notte ed è anche la prima mattina che sento cantare con gioia tutti gli
uccellini sui loro rami degli alberi attorno alla piazza. C’è una bellissima
visuale sulla piazza de la liberation. Il bello è che ci sono capitato qui per puro
caso. Dalla
stazione dei louage ho iniziato a
camminare all’interno delle viuzze per arrivare alla prima moschea da
visitare. Qui ce ne sono parecchie costruite su rovine romane e alla prima
piazza me lo sono trovato di fronte. Ore
7:51 Sto ancora facendo quello per cui sono nato e quello che amo di più …
viaggiare. Partenza per Tozeur sempre in louage.
Questa volta sono seduto dietro tra due donne accompagnate da altre due amiche
sedute davanti a noi, tutte col velo, chiacchierano in beata tranquillità e la
loro conversazione mi si incrocia direttamente come se fossi in mezzo al gioco
del torello con in sottofondo la classica musica di preghiera come al solito. Il
sole è cresciuto dal Chott El Jerid
baciando la mia guancia destra. Peccato non essersi incamminati presto per la
Corbeille all’alba. Avrei
ammirato l’ennesimo spettacolo della natura. Lo consiglio vivamente a chiunque
venga a Nefta. E’ eccezionale!
Usciti da Nefta si incontra il deserto
piatto con lo sguardo che si perde nell’orizzonte. Una volta partiti pago
passando 10dt alle due ragazze davanti a me, poi mi chiedono qualcosa e senza
capire rispondo Tozeur e le due donne
in francese mi dicono: “No, se ho 0,50dt
per facilitare il resto all’autista”. “Ah sì, le ho” e gliele porgo
gentilmente. Pago 2,50dt per la tratta Nefta -
Tozeur e arrivo alle 8:14. Decido subito di andare direttamente a Tamerza,
un pittoresco villaggio abbandonato, con tre marabutto, adiacente a un’oasi,
la più intatta del Jerid,
alla sua gola e alle sue superbe cascate. Anche se mi farebbe piacere visitare
l’aspra gola di Seldja,
ma almeno a Tamerza ci sono due cascate, le quali mi affascinano un casino,
specialmente sentire il loro salto nell’acqua. I louage per Tamerza sono
dietro alla stazione, infatti sono abbandonati a se stessi infondo al
parcheggio. E’ passata mezzora e siamo solo in quattro. Non c’è gente che
frequentemente va verso Tamerza quindi
aspetteremo molto tempo prima che si riempi. Figurati non c’è neanche
l’autista. Is this Africa or not? In Asia non fai in tempo a salire che si
parte. Il signore anziano seduto sul lato passeggero inizia a gridare Tamerza
per invitare la gente a salire e per poi finalmente partire. Ora io non so se
gli autisti lavorano in proprio o meno, ma vedendo gli altri louage
correre via velocemente, io a quest’ora se fossi nell’autista, avrei già
cambiato rotta. Non so quanto ci guadagni. E’ forte il vecchio, è simpatico
col suo turbante rosso e bianco in testa. Una bella sorpresa arrivano Ruggiero e
Paola, la coppia italiana incontrata a Douz, li saluto calorosamente e li festeggio come se fossero i miei
salvatori e alle 9:44 finalmente si parte. Alla guida si mette la donna velata
di marrone, incredibile non l’avrei mai detto che fosse lei l’autista. Costo
della tratta 4,2dt. Nel percorso vedo i primi dromedari liberi vagabondare nel
deserto, ora hanno un senso i cartelli visti in precedenza “attenzione
ai dromedari”. Dopo il Chott ci
avviciniamo alla catena montuosa, la strada è piuttosto impervia,
caratterizzata da brusche curve, strapiombi a picco e un paesaggio mozzafiato.
Dopo aver attraversato la pianura, si sale sul passo, si scende, si risale e si
arriva alla piccola oasi
di montagna di Chebika.
L’oasi vista dall’alto è favolosa. Ore 11:17 arrivo a Tamerza.
Paola è affascinata dall’oasi di Chebika
che vorrebbe assolutamente vedere, ma non prima di aver attraversato il canyon
di Mides,
così invece di fermarci a Tamerza
contrattiamo con l’autista per portarci direttamente alla vetta della montagna
di Mides dove parte il tour per il canyon e ci accordiamo per 10dt in
tutto. Lei parte a tutta birra e passa senza farsi troppi problemi in una via in
contromano e alle 11:33 siamo a Mides.
Arrivati sul posto c’è una vista meravigliosa.
vista
dall’hotel Hababi a Nefta
louage di Tozeur per Tamerza
gola di Mides
Mides e il villaggio berbero abbandonato si trovano all’estremità
opposte dell’oasi, dove le palme forniscono l’ombra per i melograni che, a
loro volta, riparano gli alberi di limoni e di arance. Solo dalla cima della
collina, sopra le rovine e la rete di stradine pavimentate ci si può rendere
conto della spettacolare posizione delle vecchie case, arroccate sulla parete
rocciosa a picco su una gola profonda ed estremamente impressionante. La gola si
estende per 3 km intorno al villaggio, fornendogli una posizione difensiva
naturale. Siamo indecisi se percorrere il canyon da soli fino a Tamerza,
ma non sappiamo neanche da dove cominciare. Litigo con la prima guida che
incontro perché si reclama obbligatoria per legge, quando non lo è affatto. Mi
sta sul cazzo quando per vendersi raccontano bugie assurde. Mi infurio quando
insiste dicendo che va a chiamare la polizia. Gli punto il dito in faccio e gli
grido: “Cosa fai mi minacci, eh mi stai
minacciando?” Con la collera sul mio
volto mi sono stupito che subito dopo mi sono girato dal venditore di fossili e
cristalli di rocca, facendogli l’occhiolino. Poi mi sono dovuto scusare con
Paola perché in viaggio gli avevo raccontato che grazie allo yoga si può
controllare tutte l’emozioni e difficilmente ti arrabbi.
La mia non era una vera e propria sceneggiata, ero incazzato veramente,
ma in questo caso è stato una difesa personale contro l’imbrogliona guida che
vedendoci spaesati, ne voleva approfittare. Alla fine ci accordiamo con
un’altra guida per 24dt in totale e in più, visto che non si riesce a
scendere di prezzo,
gli dico che almeno deve farci un regalo, così prende un minerario colorato dal
banco del suo amico e lo regala a Ruggero. Ora possiamo iniziare la nostra
discesa verso il letto del fiume. E’ uno spettacolo fantastico sembra di
essere nel Gran Canyon americano. La Tunisia è davvero un concentrato di arte,
storia e con bellezze naturali che a volte sembra di essere in un mondo in
miniatura, qui c’è tutto: mare, montagne, deserto, frutteti, palme e spiagge
meravigliose. Oltre alla gola c’è il confine algerino, il quale con la nostra
guida affiancheremo fino ad arrivare a Tamerza.
C’è una miniera di uranio che l’Iran voleva utilizzare, ma gli Stati Uniti
hanno rifiutato di dargli la concessione,
minacciando la povera Tunisia. Io sono ancora con tutto il mio equipaggio da
viaggio,
pensavo di dormire a Tamerza,
ma grazie ai miei nuovi amici, ho deciso di non fermarmi e continuare
direttamente senza sosta. Così ora mi aspettano due ore e mezzo di cammino
lungo la gola di Mides,
tra il guado del fiume e le risalite dell’altopiano fino all’oasi di Tamerza
con lo zaino in spalla.
partenza
del canyon
il letto del fiume
il piccolo torrente
Iniziamo la discesa fino a ritrovarci sul letto del fiume. Mi ritrovo piccolissimo in mezzo alle parete vicine tra loro, l’eco rimbomba con un suono assordante, è fantastico sentire la propria voce doppiata dall’etere. Resiste ancora un piccolo corso d’acqua dell’uadi che serpeggia tra le pareti di pietra ocra e rosa che a volte guaderemo con semplicità, ma stando attenti a non scivolare con le scarpe in mano. La forza del vento ha modellato le rocce e con la loro erosione hanno formato stupefacenti letti di roccia stratificata e forme bizzarre. Dalla stretta gola arriviamo in un punto piano e largo dove si stagna l’acqua formando una pozzanghera gigante e qui capiamo quanto è importante la guida perché senza di essa avremmo continuato a seguire il corso d’acqua, invece attraversiamo la pianura per dirigerci sopra la roccia, scalando il suo dorso per avvicinarci al confine algerino e proseguendo verso la nostra meta: Tamerza.
Ci arrampichiamo sull’altopiano e passo dopo passo ci ritroviamo in cima e godiamo di una vista completa del nostro cammino, da dove siamo partiti, la gola e il nostro punto d’arrivo. Scaliamo più montagne e tra una valle e l’altra ci sono resti di legno fossilizzato e anche sabbia fossilizzata di venti milioni di anni fa. Raggiunta l’ennesima cima davanti ai nostri occhi si manifesta una meraviglia della natura: il lago di Tamerza tra le rocce chiare priva di vegetazione. C’è una pace assoluta, non un rumore di un motore, si sente echeggiare solo il vento soffiare fortissimo creando un’atmosfera splendida, chiudendo gli occhi ci si può immaginare di ritrovarsi a milioni di anni fa. Scendendo si incontra la spiaggia senza sassi, solo una sabbia fine per poi risalire, e in cima all’ultima montagna si scorge la città di Tamerza, mentre si scende si sente in lontananza il muezzin intonare la preghiera dagli altoparlanti della moschea. Decidiamo dopo una breve trattativa di allungare il giro fino alle cascate di Tamerza per 10dt. Dopo la lunga camminata sull’altopiano ci ritroviamo il primo casolare, un pollaio con delle capre e oltre, la strada asfaltata.
Appena raggiungiamo la strada, alzo gli occhi su un primo cartello che indica proprio le cascate, ormai abbiamo dato la parola alla guida e continuiamo con lui. Avrei anche un leggero languore, ma ormai andiamo avanti. Neanche il tempo di oltrepassare la strada che c’è un ristorante e parcheggiate riconosco le jeep di Enzo e dei suoi amici, non ci posso credere Enzo è lì vicino al baule con la sua mitica caffettiera pronto a fare il caffè. Gli altri sono ancora al tavolo a mangiare con gusto, con la solita freschezza e gentilezza mi accolgono come quando torna un figlio dal militare. Sono molto contento, subito mi allungano una sedia e vogliono che mangi con loro, ma non posso lasciare i miei compagni di viaggio e dopo i saluti mi congedo per andare a visitare le famose cascate. Che bellissima emozione, mi ha fatto tantissimo piacere rivederli tutti, rivedere la mia “famiglia”. Grazie al loro entusiasmo, non sento più tutte le fatiche del treeking e finalmente alle due arriviamo alla rapida. Dopo aver attraversato dei negozietti di souvenir e dei gradoni ti ritrovi in spiaggia con il salto dell’acqua non molto vigorosa. A dir la verità non mi ha entusiasmato molto, è un po’ piccina e il torrente continua ad essere un bassissimo rigagnolo. Mi accontento di mangiare i buonissimi datteri, i migliori della Tunisia, qui li raccolgono legando le borse di plastica al ramo centrale. I datteri sono molto nutrienti, ricchi di niacina, ferro, potassio e acido pantotenico.
canyon
lago di Tamerza
cascate di Tamerza
Alle 2:46 lascio Ruggero e Paola al loro destino perché a quest’ora non ci sono più louage per Tozeur, ma alla fine trovano un ragazzo, il quale con la sua auto li porta con 30dt. Ho trovato due compagni di viaggio fantastici, dei veri viaggiatori, non li ho mai sentiti lamentarsi, sempre entusiasti e vogliosi di scoprire nuovi posti. Li ringrazio sentitamente per la loro simpatia e compagnia. Invece io ho intenzione di risalire la Tunisia dal lato ovest fino ad arrivare al porto di Tunisi dove mi aspetta la nave del ritorno in Italia, quindi mi dirigo con l’ennesimo louage verso Redeyef. Al contrario di Tamerza si scende per un’altra strada dal lato opposto dell’altopiano. Mi sento veramente felice, per tutto il viaggio ho un sorriso a trentadue denti e quasi mi salgono i brividi dall’emozioni appena vissute. Sono gioioso mi vengono in mente tutte le avventure trascorse e solo al ricordo riesco a sentire la felicità risalire su tutto il mio corpo anche se sono soltanto qui seduto sul louage. In modo speciale penso ad Enzo e alla sua famiglia, gliene sarò riconoscente per tutta la vita. Il primo paesino che si incontra è Ain El Karma e qui cambio l’ennesimo louage, quest’altro è carico di passeggeri extra, uno sul portellone e un altro sul cambio! Grazie a Ruggero e Paola sono ancora in viaggio. Costeggia la montagna fino a salirci sopra a 555mt e tutto a un tratto l’autista mi lascia a metà strada indicandomi il louage per Gafsa. Io non volevo andarci a Gafsa, ma va bene lo stesso. Devo pagare 1,2dt, ma mi mancano 0,300dt, guardo in tutte le tasche senza trovarle e dalla fretta un tunisino dietro mi dice di non preoccuparmi che è tutto ok pagherà lui per me. Lo ringrazio e gli chiedo se siamo a Redeyef , lui annuisce e a questo punto decido di andare a Gafsa. Sono le 3:20 peccato che sono il primo passeggero. Redeyef è la classica città tunisina, tutti gli uomini fuori dai caffè e chi seduti sulla rotonda della strada, con i loro motorini super vecchi giù dai marciapiedi. Il louage dopo cinque minuti parte con il portellone aperto, frena un po’ bruscamente e come per magia si chiude la porta. Prima di andare a Gafsa porta una coppia in un paesino in direzione opposta, per poi ritornare sulla strada per Gafsa. Volendo potrei fermarmi all’altra gola di Seldja, ma ormai punto il nord. Torniamo alla piazzola di sosta e aspettiamo altri passeggeri. Si parte alle 3:49 pago 6,2dt e alle 5:20 arrivo a Gafsa.
Città trafficata. Troppo tardi per Sfax, già che c’ero volevo andare alle isole Kerkennah, ma niente. Poi volevo andare a Le Kef col bus, niente, tutto domani, ma qui in questa grande città non ci voglio rimanere. Provo ad andare alla stazione dei treni col taxi in testa alla fila, ci sono molti taxi parcheggiati ordinatamente nel loro parcheggio. Entro e ci sono già persone sedute in attesa e per solo 0,600dt partiamo, ma non ci sono treni oggi sciopero. Torno alla stazione dei bus e compro l’ultimo biglietto direttamente per Tunisi delle 23.30 neanche 20dt. Non era male neanche risalire lungo il confine algerino sul dorsale tunisino, ma le partenze sono tutte per domani mattina. Quando un viaggiatore vagabondo come me arriva in un grande città è sempre diffidente a prendere i taxi, invece qui solo 0,600dt. A saperlo non perdevo tempo e lo prendevo molto prima. Quando ho chiesto ad una coppia dov’era la stazione mi han detto che ero lontano e di andare in taxi, gli ho risposto: “no grazie troppo caro”. Dopo due minuti sono tornati indietro e la ragazza vuole darmi i soldi per il taxi. Ringrazio gentilmente, ma non posso accettare e gli dico di non preoccuparsi perché prima vado a vedere alla stazione dei bus. Si vede che gli ho fatto compassione, mi ha visto fare l’autostop, così che voleva offrirmi il taxi. Che carina! Incontro uno studente che mi racconta che è stato a Parigi, vicino alla stazione dei bus, gli domando per favore come posso acquistare il biglietto per Tunisi, visto che è tutto chiuso. Mi porta dall’uomo fuori sul piazzale e mi dice: “ tu sei fortunato ,è l’ultimo biglietto”. Gli offro da bere e intanto mangio una pizza con due fante a 5dt , più uno scemi con patatine fritte e olive nere a 2,2dt. Il titolare della pizzeria lavora a Bari in un ristorante famoso e conosce Cassano e sua madre. Perdo tempo facendo un giro per la città. Mi ritrovo nella città vecchia con l’entrata ad arco, dove questo pomeriggio c’è stato il mercato, ci sono i resti degli scatoloni e cassette della frutta vuote sui lati della strada. Poi torno al caffè della stazione dei bus e mi prendo un tè per 0,400dt. Alla televisione trasmettono la liga, il campionato di calcio spagnolo, mentre i ragazzi giocano a ramino e fumano la chica. Prima di appoggiare lo zaino per terra ho dovuto pulire il pavimento, con un semplice movimento delle scarpe, togliendo i mozziconi, carte, brace del narghilè e cucchiaini sporchi di caffè. Il bus della Stg “man” arriva già carico alle 23:45, davvero l’ultimo biglietto, quasi rimanevo in piedi, invece è tutto calcolato. Ho il sedile rotto, una notte da schifo! Alla fine dormo sulle scale della porticina in mezzo al bus. Al mio posto si siede una bambina che era in braccio al nonno e ormai non posso più tornare indietro. E’ troppo tenera la povera bambina ora almeno dorme comoda, lei e il nonno. Arrivo alle 5 del mattino. Sono quasi 24 ore che sono in viaggio, senza mai fermarmi. Alla stazione dei pullman di Tunisi sud segna 15 gradi. Non so se andare al mare a Raf-Raf o rimanere qui a dormire. A quest’ora la stazione dei bus è già piena di gente in partenza. Ci sono tutti gli schermi con la classica preghiera del mattino. Ore 5:38 parto col taxi per la stazione nord dei bus, la temperatura è aumentata di due gradi, vado al mare! Pago il taxi 2,4dt. Non ci sono bus, ne louage diretti per Raf-Raf . Il primo bus è alle 7:30, quindi vado con il mio classico louage fino a Ras Jebel e poi Raf-Raf. Ore 6:00 aspetto seduto sul louage e alle 6:37 finalmente si parte. Pago 3,6dt. molto più costosi del sud. Minchia se la spara tutta a chiodo, l’autista sclera con un altro furgone di fronte a noi perché attende troppo a superare un camion. Io gli ho chiesto di scendere prima per il bivio, dopo ha fatto i conti e gli mancano 4dt, ma è lui che è fuori, a me ha sbagliato a darmi il resto, ma siccome scendo prima forse è giusto,però anche i miei vicini hanno pagato tutti 4dt. a testa. Va avanti a sbraitare, sembra un pazzo, per lui evidentemente qualcuno ha fatto il furbo. Il vicino subito gli dice che noi abbiamo pagato, secondo me anche l’altro ragazzo dietro, è solo lui il rincoglionito … uno che va più di 100km/h. in una semplice strada. Se ne’è accorto perché alzando la sua cassettina mancano 4dt, proprio il pagamento di una persona, tutto incazzato si gira verso di noi mentre guida e il mio vicino gli dice subito: “lui ha pagato” riferendosi a me. Nel frattempo fuori dal finestrino un’alba fantastica.
Alle 7:30 mi lascia davanti al taxi per Raf Raf pago 0,900dt. Dopo sei minuti sono in piazza vicino al banque de l’habitat. Ore 8:27 sono al mare, dopo un’ora perché ho sbagliato sentiero e non so dove sono, di sicuro no a Raf Raf . Dal sud di Remada finisco qui al nord. In 24 ore da Nefta, sud ovest al punto più nord della Tunisia. Incontro un anziano con un labrador gli chiedo dove siamo e mi conferma che non siamo a Raf Raf, ma bensì a Sounine, un paese limitrofe e mi indica la strada per Raf Raf. Lo sapevo che ero andato troppo ad ovest. Ora mi incammino sul sentiero sopra la scogliera. Il frangersi delle onde è rilassante, sembra di essere arrivato al mare dopo il cammino di Santiago. Dal deserto arido di Remada al mare e di fronte a me, infondo, l’Italia. Gli scogli sembrano dei coralli fossilizzati ormai fuori dall’acqua chissà da quanto tempo. In lontananza un martello suona contro il ferro, i pescatori con le loro barche a riva sembra che se la spassino, ma so bene quanto è duro fare il pescatore. C’è un promontorio di scogli alti dieci metri, il mare è trasparente si notano bene i massi sott’acqua, ma mi immagino quanti piedi le hanno calpestati per poi lasciarsi andare nel vuoto per un tuffo da campioni. Oggi sono solo con la natura prepotente davanti ai miei occhi. Dopo il promontorio finalmente arrivo a Raf Raf è un arco quasi interminabile di sabbia bianca bordata di dune, boschi e campi scoscesi ricchi di fichi, vigne e canne fruscianti. Raf Raf è una spiaggia di leggendaria bellezza e da scogliere con paesaggi mozzafiato, mentre nella baia si scorge l’isoletta rocciosa di Pilau. Arrivo alla spiaggia bianca di Raf Raf alle 9:20. Una lingua di sabbia fine oggi desolata. Dalla vetta, inizia a soffiare un vento forte, sembra anche lui contento di aver portato a termine il mio viaggio. Di fronte il sole alto a mezza altezza con i suoi raggi illumina il mare con la sua classica striscia gialla sulle onde calme. Il suono del vento nell’aria, quello delle onde, il calore del sole, la terra sotto i piedi, lo spazio infinito, tutti i cinque elementi della materia festeggiano il mio arrivo. Terra, acqua, aria, fuoco, etere. In lontananza anche un ragliare di un asino per completare l’opera. Non si sente un mezzo meccanico solo io e la natura. Grazie Tunisia! Haribol!
Sinoune
dal promontorio
l’Isola di Pilau lontana
con vigne e fichi d’india
Scendo giù in spiaggia e sono accolto dal canto degli uccellini. Dopo un’altra scogliera, dal basso, mi vedo sbucare una testa d’asino con la sua padrona molto timida. E’ andata a riempire le taniche dell’acqua, legandogliele in groppa, da una sorgente che esce dalla roccia, un’altra meravigliosa sorpresa. Seguo una farfalla che mi indica il cammino a un battito d’ali alla volta. Incontro un altro anziano con un occhio solo, mi indica che l’hotel Dalia è più avanti e per non fare il giro mi arrampico sugli scogli di una forma strana e marroni. Senza volerlo ho raggiunto la capanna dell’asino e un bungalow di paglia, volendo potrei accamparmi per la notte, ma ci sono dei vestiti e una barca a fianco, sicuramente è di qualche pescatore. Appena spunto fuori dagli scogli vedo il nonno sul sentiero fresco fresco davanti a me. Ho evitato le scogliere giù sul mare per seguire il sentiero, ma dopo un casolare abbandonato, con dei tappeti dentro, son dovuto passare attraverso i rovi con i rami spinati. Sono costretto a tornare giù sugli scogli. La brezza marina e gli schizzi delle onde contro gli scogli mi colpiscono in pieno volto. Ormai sono arrivato quasi di fronte all’isola a forma di nave. Dai berberi tuareg del deserto ai pescatori del nord della Tunisia. La Tunisia è bella per questo ci sono tutti gli scenari possibili, mare, deserto sabbioso e di sassi, colline, montagne, canyon, storia antica romana, spagnola, araba, i granai particolari (ksour), fossili di dinosauro e marini, aspre gole, cascate, misticismo, in mezzo a due nazioni giganti. In Tunisia c’è tutto quello che vuoi visitare. La chiamerò Tunisia mare e monti … e non solo. I pescatori hanno ormeggiato le loro barche, ormai sono le 11:00, mentre i carpentieri continuano a lavorare sentendosi solo il loro martello. Classico saluto di rito coi pescatori “As Salam”. In Tunisia c’è di bello che si e ti salutano sempre. Arrivo alla baia di Raf Raf . Qua ci sono i primi caffè aperti. E’ stato un vantaggio sbagliare sentiero, non avrei mai visto questa natura predominare su tutto e quel magnifico incontro con l’asino e la sua padrona alla sorgente, i sub che vanno a cozze pronti a risalire con il loro bottino. Sembra la spiaggia bianca di silicio di Cancun. Sono arrivato finalmente alle dune. Fine del viaggio, ma non posso concludere con un bel bagno al 4 di gennaio.
Primo bagno dell’anno 2014.
i pescatori
l’isola si avvicina
Raf Raf
dalla duna
Nel pomeriggio ritorno in paese, c’è una pescheria con a fianco un ristorante che ti griglia il pesce al momento. Incontro il cartello hotel Dalia vogliono 60 poi 50dt. “No grazie”. Vado a comprare la baguette e incontro Safuen, mi offre la Tabuna,un altro tipo di pane tunisino. Gli chiedo dov’è la piazza per i taxi per Ras Jebel, mi chiede che se voglio posso tornare a Tunisi con lui, ma prima deve andare a vedere come procedono i lavori di casa sua. E’ insieme a Nadir, anche lui dottore. Ha una casa sopra la pineta, su un promontorio. Il capo mastro muratore Abdul ha lavorato in Italia, è molto simpatico. Si prende cura anche di un asino che si chiama Trou Trou e scherzando gli tira su le labbra per farmi vedere i suoi poderosi denti. Sono 3500mq con piscina con vista sull’isola di Pilau. Da dentro la piscina in alto si vede solo il mare e non la casa sottostante, un progetto fantastico, fatto apposta per far credere di essere in riva al mare. Hanno un impalcatura al quanto impervia di legno, mentre il ragazzino smista la sabbia lanciandola con la pala contro una rete di un letto alzata.
Abdul
con Trou Trou
il manovale
l’isola di Pilau con all’ombra la casa
Sono proprio fortunato torno a Tunisi con loro con l’Audi A4 Suv 4x4. Safuen è molto colto e parla bene l’italiano perché ha studiato a Venezia e in viaggio verso l’ultima mia destinazione si discute della politica tunisina, rivelandomi dei gran retroscena: “Grazie a Beslama, eil zaburonek” (figlio di puttana) mi racconta che al sud stanno costruendo una base militare americana: Africom. “Per questo non vogliono curiosi nel sud della Tunisia. Quando il governo americano gli aveva proposto questo progetto a Ben Alì nel 2009, egli aveva rinnegato questa grossa base e nel giro di pochi anni lo hanno fatto fuori, portando avanti la loro politica dittatoriale, senza che nessuno gli potesse ostacolare i loro piani. I Sionisti e gli islamisti sono identici, sono tutti e due delle frange estremiste molto pericolose per la pace nel mondo. Il partito al Nahda, il Movimento della Rinascita doveva restare solo un anno, siamo ormai al terzo. Hanno truffato la gente facendogli credere che fosse solo un governo di transazione.”
Mentre percorriamo la strada verso Tunisi, incrociamo una donna e mi domanda: “la vedi quella signora, cosa ne pensi? Una semplice donna col velo nero. All’inizio pensavo a una cosa seria, ero quasi in imbarazzo. Volevo dire una cosa sensata, profonda, ma lui di colpo: “Barbapapà, sì sembra uscita dalla mano del disegnatore del cartone animato dei Barbapapa’.” Sono rimasto senza parole. Poi continua consigliandomi di vedere su internet un documentario di 45 minuti su youtube: Una Bulgara sulla Siria.
E’ arrabbiato perché la Rivoluzione l’hanno fatta i giovani e i professionisti come lui e alla fine chi ne ha tratto beneficio sono stati i soliti politici. Mi chiede se conosco Ghannoucht Rached , alla mia risposta negativa, ridendo mi dice che allora non capirò mai la storia della Tunisia. Nel dicembre del 2010 non c’erano islamici al governo, ma a Febbraio tornato da Londra come un eroe, vince le elezioni col petrol-dollari grazie al Qatar e all’Arabia. La gente ci ha creduto a un governo ai musulmani. Tutti i ministri ora sono in maggioranza del al Nahda.
Dall’Audi segna 18,5 gradi alle 5:40 pm. Stasera va con la moglie ad un concerto di una cantante francese, mi ha chiesto, visto che non ho niente da fare, se voglio andarci mi può trovare un biglietto, ma non posso accettare, dicendogli che voglio solo riposare perché non ho chiuso occhio da 24 ore. Hai capito il Dottore! E’ solo tre anni che lavora in proprio, prima era un ricercatore per l’università. Fino a tre anni fa, si sarebbe sognato una vita così. Mi lascia con Nadir e mi accompagna a Tunisi centro . Alle sei sono ancora libero per l’ultima notte sulla terra africana.
Ore
6:48 sono al hotel De La Bretagne con
lavabo e doccia in centro Tunisi in
via Rue de Grece 1000
per 25dt. Una traversa di Avenue
Bouaguiba, comodo per domani per il treno per il porto,
in più con la colazione. Dopo la doccia mi stendo sul letto matrimoniale e alle
8 di sera sprofondo in un sonno beato nel miglior materasso della Tunisia.
5 Gennaio 2014
Non ci posso credere ho dormito ininterrottamente per dieci ore di fila. Apro gli occhi per la prima volta dopo il suono del campanello dell’albergo alle sei del mattino. Oggi è domenica e la maggior parte dei negozi al Souk della Medina sono chiusi, ma un giretto prima di partire lo voglio fare. Ieri ho accettato la camera, anche senza guardarla, perché in zona minimo vogliono 30dt senza doccia. Il gestore mi ha subito dato la chiave n.27 al pian terreno. Solo in un secondo momento mi ha bussato per prendere i miei dati del passaporto. Stamattina quando sono andato in bagno ho visto che loro dormono sui due divani, proprio fuori dalla mia porta dove c’è la sala tv. Questo a me ha dato gioia perché dandomi l’unica stanza a pian terreno, non mi hanno trattato da un turista di classe b, ma il mio pensiero è positivo perché è come se fossi uno di loro e non uno snob. Io non penso che loro vedendomi si sono giocati la carta pensando: “Ah ora a questo, gli sbologniamo la stanza sulla strada”. No e non mi interessa neanche se davvero lo avessero pensato. A me interessa solo le mie emozioni e stamattina vedendo i due proprietari o dipendenti, dormire sul divano e l’altro uomo iniziare a preparare la colazione e io in mezzo a loro, a me ha fatto immensamente piacere. Dopo colazione vado in giro per la capitale. Vendono tutto sfuso, dalle sigarette alle spezie, dalla frutta a quella secca, il caffè, le olive, i peperoncini, insalata di carote. Questa sarà il mio pranzo con una Tarbona (pane rotondo). I venditori gridano al mercato del pesce con voce tuonante. Fuori banane, datteri e formaggio . Le anziane vendono le buste di plastica più grandi nere e vogliono vendermi i biglietti della lotteria. E’ ora di rimpatriare così torno col treno tgm 0,500 dt per la Goulette, verso il porto. Come all’andata la nave non parte in orario, ma alle sei di domani mattina a causa del mare mosso. Sulla nave, nel salone della reception si scatena un putiferio generale, un inferno incredibile con tutti i passeggeri incazzati e i tunisini preoccupati di arrivare tardi in Italia, specialmente di non essere puntuali sul loro posto di lavoro, rischiando il licenziamento. Sono tutti arrabbiati perché l’avviso è arrivato troppo tardi così nessuno può tornare indietro per cambiare nave e la maggior parte non crede nel tempo avverso, ma ad un guasto tecnico.Purtroppo o per fortuna le avventure non finiscono, questa volta in negativo, ma c’è sempre la nota positiva perché grazie ad Egidio, il quale insiste per parlare con il comandante, alla fine riesce a convincere il capo commissario, una donna, la quale ci invita a salire nell’ufficio del comandante della nave per fare da portavoce a tutti. All’inizio Egidio l’aveva offesa pesantemente urlandogli: “Si stacca lo scudetto della marina sul golfino, si vergogni.”
Anche su nell’ufficio del comandante, non si ha una conversazione diplomatica, anzi il comandante si infuria quando Egidio gli dice che siamo diventati una marineria di finocchi. E lui gli risponde: “Lei che lavoro fa?”“Il Costruttore edile.”
“ Quando le case cadono, allora anche i costruttori sono dei finocchi!!?”
Sbattendo le mani fortissimo sulla sua scrivania. Io quasi sobbalzo dal fortissimo colpo. Riportiamo tutte le lamentele dei tunisini perché hanno visto una nave da crociera salpare senza problemi e il comandante ci fa notare che le crociere vanno sotto costa e non in alto mare. Egidio va in barca a vela e sa il fatto suo che alla fine riesce a scroccare un invito per domani nella sala comando. Io non ci posso credere fino a un minuto fa era nero con noi, non ci sopportava ed ora ci fa una promessa difficile da mantenere per via delle solite rigide regole sulla sicurezza ecc. ecc. Ci fa accompagnare all’uscita del suo magnifico ufficio e torniamo dalla gente, riferendo a tutti l’impossibilità di partire subito, ma avremmo tutti i pasti dalla cena di stasera fino all’arrivo in Italia tutti gratis e un documento ufficiale - e non quel semplice foglio che ci avevano dato all’inizio- per richiedere un rimborso al nostro arrivo e soprattutto da mostrare ai propri principali. Mentre passeggio mi ferma un tunisino perché scambia Egidio per il comandante, e mi domanda se davvero lo fosse. Ci aspetta ancora un interminabile attraversata, troppo lunga ed estenuante. Per fortuna ci sono le partite del campionato italiano e non me ne perdo una, con la mia poltrona privilegiata davanti allo schermo, ormai sono un eroe, mi conoscono tutti. Anche qui il tifo non cambia, il romanista che ce l’ha con un tunisino juventino, il bergamasco con il napoletano e piano piano si ritorna alla normalità italiana.
Io li osservo come se il mondo non potrà mai cambiare le nostre abitudini e in un certo senso sono soddisfatto di questo meraviglioso viaggio, pieno di imprevisti e di avventure, ma che alla fine si ritorna sempre alla solita routine.
mercato
del pesce di Tunisi
nella sala d’attesa al porto
ultimo tramonto sulla nave
Questa
volta non ho la cabina come all’andata, ma la semplice poltrona. All’inizio
Egidio trova un posto carino sulla moquette, costruendosi il suo piccolo
recinto, però in quest’angolo di corridoio le luci rimangono sempre accese ed
è impossibile dormire. Infatti la notte successiva ci trasferiamo nella sala
del cinema, molto più oscura e più comoda grazie ai divanetti uniti l’uno
con l’altro. Quando ormai non ci speravo più, ci arriva l’annuncio dal capo
commissario tramite un sottoufficiale e di farci trovare alla reception perché
un ufficiale ci avrebbe accompagnato direttamente dal comandante in sala
comando. Io mi vergogno, ma per non perdere tempo mi presento in ciabatte.
E’ un momento magico per la prima volta e forse non avrò un’altra
occasione come questa, mi ritrovo sul ponte di comando con questa immensa
vetrata e di fronte a me l’immenso mare aperto, da qui si riesce a vedere
anche il lato della nave, tra l’altro anche il tramonto. C’è una pace quasi
surreale, non si sente volare una mosca sembra di essere in chiesa, con questa
luce soffusa e solo il verde fluorescente dei radar a spiccare. Il comandante ci
riceve come aveva promesso, io non apro bocca sono troppo entusiasta e
spiazzato, non saprei proprio cosa dire se non un semplice: “grazie è bellissimo” mentre Egidio inizia una conversazione
tecnica, ma si vede che anche lui è eccitato, è sempre stato il suo sogno. La
sapienza marinara è destinata a sparire, accumulata attraverso i secoli: il
mondo moderno non sa più cosa farsene. Gli strumenti ormai fanno da sé. Un
tempo, un marinaio doveva aguzzare lo sguardo per riconoscere, in un certo
increspare delle onde, la presenza di un banco di pesci, o per accorgersi in
tempo di un fondale basso in cui la nave poteva incagliarsi. Ora tutto questo
lavoro è affidato ai sonar e ai radar, che ogni anno diventano più precisi
(tranne quelli di Schettino, purtroppo). Eppure, quanta conoscenza viene persa!
Quante antenne naturali cadono dalla testa dell’uomo per essere rimpiazzate da
antenne elettroniche! “Tutto è automatico. Non c’è più bisogno di
guardare il mare!” diceva sconsolato il capitano. E il mare, a guardarlo, era
straordinario!
7
Gennaio Martedì
Ore
6:45 dopo due giorni arriviamo finalmente a Genova.
All’uscita del porto la prima cosa che faccio è comprare la ricarica
da 10€ per il cellulare, gli do convinto due pezzi da 10 e la signora
dell’edicola mi fa notare che a lei gliene basta una. Ero ancora stordito dal
viaggio, non so,
come se fossi stato fuori dal mondo, la manualità nel fare le cose comuni non
esisteva più. Le 2€ mi sembrano finte perché le monete tunisine sono molto
più grandi. In solo due settimane sono riuscito a calarmi nella realtà
tunisina. Ora catapultato in Italia mi sembrava tutto molto strano, qualsiasi
cosa comune non mi apparteneva più, come se fossi in
un altro pianeta.
Per la prima volta mi sono sentito fuori luogo, come se questo viaggio e queste
due settimane avesse
dilatato il tempo, facendomi tornare in un’altra epoca. Ero spaesato, il mio
corpo era in Italia, ma la mia mente non era presente,non sapevo quello che
stavo facendo, ero spaventato, ma allo stesso momento ero felicissimo!
CONCLUSIONE
Per
concludere vorrei riportare le parole del mio grande scrittore preferito, se
questo viaggio in nave è esistito è grazie anche a lui, il quale mi ha dato
molto: Tiziano Terzani.
Ogni
posto è una miniera. Basta lasciarsi andare. Darsi tempo, stare seduti in una
casa da tè a osservare la gente che passa, mettersi in un angolo del mercato,
andare a farsi i capelli e poi seguire il bandolo di una matassa che può
cominciare con una parola, con un incontro, con l’amico di un amico di una
persona che si è appena incontrata e il posto più scialbo, più insignificante
della terra diventa uno specchio del mondo, una finestra sulla vita, un teatro
di umanità dinanzi al quale ci si potrebbe fermare senza più bisogno di andare
altrove. La miniera è esattamente là dove si è: basta scavare.
Da ‘’un indovino mi disse” di Tiziano Terzani.
Oggi (8/1/14) notizia dal tg3: “Il governo tunisino ha dichiarato che la donna avrà gli stessi diritti davanti alla legge pari agli uomini.”
Per
un giorno non sono entrato nella Storia, la Storia con la S maiuscola.
Primo paese arabo a enunciare questa legge a favore delle donne.
Grazie Tunisia! Grazie Africa!
Ivan