Thailandia del nord
In groppa a un elefante
Racconto di viaggio 2015
Finalmente ho visto un elefante da vicino. Di più: l’ho accarezzato, nutrito e gli ho fatto il bagno. Tutto questo, e non solo, nel nord della Thailandia, regione che offre tanto agli appassionati della natura e della cultura buddhista.
Il nostro viaggio è iniziato alla stazione Hua Lamphong di Bangkok, sempre affollata di viaggiatori stranieri e thailandesi. E’ curioso come questa stazione sia quasi fatiscente e i treni sembrino vecchi e desueti, in una città così moderna e alla moda. I sedili nei vagoni sono semplici e stretti, dal soffitto pendono dei ventilatori che si attivano automaticamente a intermittenza. Il servizio a bordo, in compenso, è impeccabile e ci hanno anche servito un apprezzato pranzo al sacco.
Appena usciti dalla metropoli, il paesaggio di là dai finestrini è diventato rurale, con tante risaie e contadini con il tipico cappello a cono, e le montagne sullo sfondo.
L’attrazione di Sukhothai, la nostra prima fermata, sono le rovine del suo parco storico di ventuno siti circondati da mura. Per visitarli è utile, e divertente, noleggiare una bicicletta dai numerosi “Rent a bike” nei dintorni e prevedere di restarci per almeno una giornata, riposandosi nelle ore più calde all’ombra degli alberi. Sparsi ovunque si trovano resti di templi e statue prevalentemente buddhisti e hindù.
Girare a piedi per Chiang Mai, fermandosi nei numerosi templi a ritrovare silenzio e spiritualità è gradevole. Si ha l’impressione che il caos delle strade sia tenuto fuori dalle mura di questi luoghi di preghiera da una barriera invisibile.
Le dinamiche dei bambini, in gita di classe, sono simili in ogni parte del mondo. Dapprima ci osservavano a gruppetti, bisbigliando tra loro. Poi uno dei più coraggiosi si è avvicinato con circospezione, accennando a un saluto e in un batter d’occhio eravamo circondati da ragazzini che ci facevano tutti le stesse domande, mettendo in pratica le nozioni d’inglese apprese a scuola.
E’ Natale e il giorno seguente al nostro arrivo partecipiamo a un tour organizzato che prevede la visita a una cartiera molto speciale. Raccolgono la popò di elefante, la cuociono, la colorano e una volta asciugata al sole ottengono la carta. La materia prima, così come quella di cavalli e mucche è ideale perché sono animali erbivori e la loro popò non puzza.
Alla fine della giornata, trascorsa in un allevamento di elefanti, dopo avergli dato banane e canna da zucchero, di cui sono golosi, e dopo una breve passeggiata, c’è stato il momento più divertente: il bagno in una pozza. I pachidermi sembravano beati, sdraiati su un fianco mentre gli gettavamo secchiate d’acqua e li strigliavamo.
Lasciata Chiang Mai, una coppia sempre sorridente, che capiva solo poche parole essenziali d’inglese, ci ha accolto nella loro guest house di Chiang Dao, villaggio rurale sormontato dalla montagna Doi Chiang Dao. Da lì, con uno scooter abbiamo raggiunto un secondo campo di elefanti, molto diverso da quello precedente. Qui gli animali erano mostrati come un’attrazione da circo cui si poteva assistere solo a debita distanza ed è stato penoso vedere come uno di essi fosse costretto a dipingere con la proboscide un albero in fiore su una tela.
Nei dintorni vi era comunque la possibilità di escursioni nella natura, e di trascorrere piacevoli ore al fresco.
In cima a una collina, da dove si poteva ammirare un bel panorama, abbiamo avuto la sorpresa di scoprire una roccia d’oro in bilico e un piccolo monastero. Forse questo luogo non ha la fama della Roccia d’oro di Bago, in Birmania, luogo di pellegrinaggio e venerazione, perché era deserto e non vi erano nemmeno indicazioni per raggiungerlo.
Il mattino seguente, dopo alcune ore di autobus, arriviamo a Thaton, sul fiume Mae Nam Kok, un luogo piacevole dove trascorrere un paio di giorni.
Le attrattive principali sono le gite in barca e la collina circostante, che con una camminata di mezza giornata offre la visita di nove templi situati a diverse altitudini e un panorama spettacolare.
Le meraviglie di questo viaggio, improvvisato giorno dopo giorno, non erano però ancora finite.
La meta successiva doveva essere Chiang Rai. Invece, per spezzare il viaggio di ca. sette ore in barca, ci siamo fermati a Hadwaudam, villaggio con poche strade sterrate e fattorie con galline, pulcini, tacchini, maiali, gatti, cani, cuccioli, che gironzolavano senza steccati a ostacolarli. Anche i bufali pascolavano liberi nei campi.
Questa fermata improvvisata e condivisa da una coppia di giapponesi che aveva deciso di aggregarsi a noi, si è prolungata di una notte. L’unica guest house del villaggio ospitava altri otto turisti stranieri, e si è subito instaurato fra noi un clima familiare.
Era Capodanno e, verso sera, nel cortile della chiesa cristiana, si stava svolgendo il karaoke. Dopo cinque minuti, il mio compagno ed io sedavamo al tavolo della giuria con una paletta in mano, pronti a giudicare le esibizioni dei giovani thailandesi, che cantavamo nella loro lingua.
Quando anche gli altri ospiti della guest house ci hanno raggiunto, a grande richiesta siamo tutti saliti sul palco a intonare (o per meglio dire storpiare) “Let it Be” dei Beatles.
Esattamente alla fine della nostra esibizione, per altro bocciata su tutta la linea dai giudici che avevano occupato il nostro posto, è scoccata mezzanotte, e il nuovo anno è iniziato tra abbracci e auguri di felicità e serenità.
L’avventura che ci attendeva il primo giorno dell’anno era di nuovo inaspettata e legata a due elefantesse, di nome Mélanie e Gipsy.
La passeggiata di un’ora sulle loro groppe resterà un’esperienza fra le più indimenticabili che abbia mai vissuto.
Mélanie era molto indisciplinata e non ubbidiva ai comandi del suo mahout, allungandosi per strappare e divorare le foglioline di tutti i rami che ci circondavano, sia verso l’alto sia verso il basso. In groppa senza nessun appiglio al quale aggrapparmi, cercavo di abbracciare il suo enorme collo per non scivolare all’indietro.
Felici di questa esperienza, che per quanto mi riguarda rimarrà unica, abbiamo raggiunto Chiang Rai per trascorrervi una notte e proseguire per Chiang Saen sul Mekong.
Il Triangolo d’oro, Sop Ruak, poco distante, segna i confini di Thailandia, Birmania e Laos ed è una meta turistica molto visitata, anche dai Thailandesi.
Il nostro viaggio stava per terminare e uno degli ultimi ricordi è legato all’alba di Chiang Saen che sorgeva sul Mekong illuminando la sponda laotiana di fronte.
Il sud est asiatico mi ha di nuovo conquistato e la mia immaginazione vola già verso altri luoghi che non ho ancora visitato. E a altre avventure.
Claudia