Thailandia
Vivere come una Thailandese è stata una delle più belle esperienze della mia vita. E' stato più di un viaggio, più di un'esperienza di volontariato. Se il risultato è più della somma delle singole parti allora questo viaggio è stato IL viaggio. Quello della svolta della mia vita. Quello che ti fa davvero capire di che pasta sei fatta.
Racconto di viaggio 2013
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28/02-01/03 il viaggio: Milano-Vienna-Bangkok
Questo viaggio è iniziato con la parola: Correre. Ho dovuto correre per preparare le ultime cose, correre per infilare tutto malamente nello zaino, correre per sentire almeno una briciola di secondo ogni mia amica, correre per vestirmi e, soprattutto, correre per arrivare in aeroporto di Bologna. In tutto ciò a Sasso Marconi c'era pure un incidente, e io rischiavo di perdere il volo. Infine, ciliegina, un medicinale che avevo ordinato giorni prima era magicamente sparito dalla farmacia con ricetta, per esser stato ritrovato improvvisamente mentre ero all'imbocco dell'autostrada. Quindi mi son trasformata in un mix tra Schumacher e Bolt, son tornata indietro e ho fatto l'ultimo rettilineo in 4 secondi netti. Partendo con questo meraviglioso stato ansiogeno ho pensato che avrei retto malissimo il viaggio. Avevo il cuore a mille per la fatica, il fiatone per la corsa e uno zaino fatto malissimo di 18kg (stendiamo un velo pietoso sullo zainetto, pure peggio). Invece... Il viaggio è andato benissimo. Non tanto per aiuti esterni, anzi, se mi fossi affidata al mondo esterno sarei stata del gatto. Infatti tantissimi viaggiatori mi avevano detto "non ti preoccupare, quando si viaggia soli di conoscono tantissime persone più del solito, vedrai! Non sarai mai sola!". Quindi son partita tutta tronfia e convintissima di trovare nugoli di giovani indipendenti desiderosi di chiacchierare. Invece dei musi lunghi già dall'imbarco a Bologna... Accanto a me, all'attesa, avevo un emo che ascoltava musiche emo a testa bassa. Dall'altra parte avevo due austriaci con le gote rosa, belli pinzuti, che manco mi hanno guardata. Ma nel volo intercontinentale mi è andata pure peggio. Riempito interamente da pensionati austriaci in comitiva e dall'immancabile bambino piangente due file dietro di me. Qualche viaggiatore indipendente c'era, ma tutti stanchi e sulle loro, mai un sorriso. Accanto a me una coppia supermusona di turchi che non mi ha neanche salutata. Ma la fede non si è demoralizzata e, contro ogni aspettativa, la mia fobia aerea non si è neppure manifestata, non ho sofferto di solitudine e son stata proprio bene. Certo la compagnia aerea, la Austrian Airlines, è davvero buona. Con televisorino privato con film in tutte le lingue, giochi, mappa aerea etc. Anche il cibo era allettante, anche se non l'ho mangiato: orecchiette ai pomodorini pachino e gamberi. Ma la cosa più entusiasmante è stato l'imbarco a Vienna: tantissimi microsalotti con poltrona morbidissima, séparé privato, 2 prese elettriche e scrivania per appoggiare la roba. Ci ho schiacciato due ore ascoltando la musica.
BANGKOK, 1 Marzo 2013
Dopo
un volo serenissimo, sulle note di Black Hell, sono atterrata a Bangkok, la città
degli angeli. Dall'alto, poco prima di scendere, si poteva vedere una coltre di
smog color carta zucchero spessa come un mantello, che tappava completamente la
città. Un po' come a Bogotà, ma allora erano nuvole, non inquinamento...
Atterrata ho subito sentito la vampata umida dei paesi tropicali, anche da
dentro l'aeroporto. Ho fatto la dogana e ritirato lo zaino che arrivava proprio
in quel momento, dopodiché sono scesa al primo piano, come citava lonely planet,
per trovare un taxi pubblico. Si deve fare la fila e poi ti smistano ai vari
taxi. Io ho beccato un tassista che incarnava lo stereotipo del thailandese:
sempre felice. Anche mentre ti provava a fregare lo faceva ridendo a crepapelle,
ma proprio di cuore. Infatti sono salita sul taxi, che doveva avere il
tassametro obbligatorio, e questo ha iniziato le contrattazioni. Prima ha
provato a dire qualche parola in inglese, poi ha definitivamente desistito
parlandomi solo in thailandese. La nostra conversazione si è basata con lui che
mi parlava Thai e io che gli rispondevo inglese prima e poi direttamente in
italiano. E, ad ogni cosa che dicevo, lui rideva a crepapelle. Ridi ridi che
mamma ha fatto gli gnocchi. Alla fine l'ho spuntata io e ha messo il tassametro.
Peccato che a metà strada c'era un traffico congestionato da star fermi
immobili 20'. Io mi stavo addormentando dalla stanchezza accumulata ma
continuavo a darmi gli schiaffetti per restare sveglia. Alla fine, sempre
ridendo come un matto, mi ha portato al Grande Centre Point terminal 21 in
Sukhumvit Road, l'hotel che avevo prenotato. L'atrio era spaziale. Con questi
lampadari tempestati di brillanti d'un colore caldo mai visto, calati dall'alto,
e questo arredamento bianchissimo e spazi immensi. Una cosa pazzesca. Io mi
sentivo una zecchettosa con lo zaino sudicione verde, una canottiera gialla fluo
e i capelli a dir poco spettinati. Mi hanno dato una stanza al 28esimo piano
(!!) enorme e a dir poco meravigliosa. A parte che era una sorta di appartamento
perché aveva anche lavatrice, cucina, microonde e frigo, ma la bellezza di
questo posto è, prima di tutto, la vetrata immensa su Bangkok. Se ti appoggi al
vetro ti senti cadere nel vuoto. Questo perché la vetrata è profondissima, e
l'altezza è sconfinata. C'è anche un salottino e un letto king size immenso...
Anche il bagno è splendido con una vasca enorme e una doccia bellissima super
moderna. Sono andata a visitare l'hotel e...mi sono persa. Dato che ho il vizio
di delegare a Filippo le cose che mi riescono poco, di solito me la cavo così.
Stavolta invece devo cavarmela da sola... E quindi ho dovuto ingegnarmi e alla
fine mi sono raccapezzata. Ho scoperto esserci due ascensori, uno per i piani
bassi e uno per i piani alti, e si incontrano solo in un paio di punti. Ho
visitato la piscina, che sembrava essere già bellissima dalle foto, ed è forse
ancora meglio dal vivo. Con questa piscina sull'attico che sembra cadere di
sotto. E tanti altri punti con idromassaggio, altre piscinette etc. Ovviamente
il personale gentilissimo, un personal trainer mi ha chiesto se volevo allenarmi
nella sala pesi (sempre bellissima) o se volevo fare una sauna. Alla fine son
tornata in camera per vedermi un tramonto impressionante, malato e al contempo
unico, su Bangkok. E ho avuto la sensazione di essere sola, ma non infelice.
Stavo bene, magari sto iniziando a far pace con me stessa. Poi è calato un
apparente buio su Bangkok, è durato qualche secondo perché si sono accese più
luci che di giorno. Sembra Las Vegas. Alle 19:00 sono uscita. Inizialmente
volevo andare a Patpong, il quartiere della perdizione e della trasgressione di
Bangkok. Invece ho girellato in Sukhumvit Road e ho trovato questo centro
commerciale immenso su tipo 6 piani con dentro TUTTO. Roba che in Italia ce la
sogniamo. Due piani esclusivamente fatti di banchini dove mangiare e ristoranti.
Avevo visto una cosa simile in Malaysia, ma qua sono più curati, più belli.
Lanterne che stanno sospese nel mezzo ai piani, un enorme gatto dorato che fa
ciao con la manina in un piano, in un altro c'erano delle casettine che
sembravano di marzapane. Ho mangiato sottoterra. In un banchino ho preso uno
spiedino di pollo e peperoni e uno di crostacei, entrambi ottimi, nell'altro
invece ho preso gamberetti chiusi in foglie di insalata, mi sembrava invitante,
così ho provato. Mi sono messa a sedere al tavolo con accanto tre donne thai
che mangiavano succhiando il brodo. Mi sentivo fighissima, e tutte le
tahilandesi mi guardavano e sorridevano. Ma subito, senza farsi attendere,
è arrivata l'erba killer odiosa che avevo già trovato in Malesia e Cambogia
nel 2010. Non ho ancora capito come si chiama perché, ogni volta che lo chiedo,
loro lo sussurrano. E io, per non far la figura della stupida, dico "ah, ok!".
Insomma, stavolta mi veniva da vomitare e a malapena sono riuscita a finire il
boccone. Siccome restava un intero piatto ho deciso di dirglielo.Sinceramente ho
confessato che a me, quell'erba, mi fa schifo. Ho però chiesto un doggy bag, da
portare al "mio fidanzato", per non offenderle. Poi appena sono uscita
l'ho dato a una donna che mendicava con una bambina e lei mi ha ringraziata tre
ore toccandomi le gambe e unendo le mani in gesto di ringraziamento. Ho preso
così un altro piatto, una zuppa di questi noodles minuscoli con gamberetti.
Anche là c'era il retrogusto della speziaccia, ma mangiabili. Ho continuato a
girellare per il mall se non che, ad un ristorantino, ho visto un mega orso
rosso. Ho azzardato a chiedere se potevo fare la foto a Castor con lui... e loro
sono letteralmente impazziti! hanno voluto farsela loro, hanno voluto che io mi
mettessi in vetrina con Castor e farmi la foto... Mai vista una cosa simile!
Uscita dal mall dopo averlo girato tutto mi son incamminata per Sukhumvit Road
ma stavolta alla destra dell'hotel. Ho camminato un po' facendomi spazio tra
localini, ristoranti e bancarelle che vendevano tshirt e incensi. Ho visto
tantissime ragazze, giovani e magrissime, vestirsi e truccarsi pesantemente, e
poi aspettare sul marciapiede con le loro borsettine minuscole. Prostituzione?
Dopo un po' di camminata, all'altezza di una grossa banca aldilà della strada,
ho svoltato in una viuzzina a destra e ho trovato subito un salone di massaggi
thailandesi. Sono molto frequenti, come in tutto il sud est asiatico. E io sono
a dir poco fissata con i massaggi. Così, dato che il prezzo era ottimo (5 euro
per un'ora) ho sperimentato il massaggio plantare thailandese. Ero in paradiso.
Poi le ragazze mi hanno detto che sono bella, allora sì :D scherzi a parte la
ragazza che mi ha massaggiata, una ventenne con l'apparecchio molto carina, era
bravissima. Dopo avermi fatto i piedi mi hanno anche massaggiato le spalle e le
braccia. Anche a lei ho fatto la foto con Castor. Nel negozio c'era anche una
coppia di pensionati che era venuta a vivere a BKK, due donne omosessuali
spagnole che facevano morire dal ridere, e poi son entrati due indiani musoni.
Comunque l'arredamento, con queste maxi poltrone vecchie e tessuti pesanti, è
quello di tutti i centri massaggi asiatici.
Così, in pieno nirvana, son tornata all'hotel con un sorriso grosso così.
Adesso vado a farmi il bagno, poi dormo con le luci di BKK intorno a me.
Oggi ho respirato di nuovo l'odore dell'Asia, la mia dolce e amata Asia, e
confermo e sottoscrivo che per me questo continente ha una marcia in più.
2 marzo BANGKOK - KRABI
Dopo aver passato fino alle 1:00 di notte a cercare il riduttore che non trovavo sono Collassata a letto. Sveglia ore 6:00 con una Bangkok ancora addormentata e piena di luci, ho dormito con la tapparella alzata per potermela godere tutta. Volevo morire, due giorni prima di partire, causa esami, non ho dormito, in volo non ho dormito e oggi solo 5 ore di sonno. In pratica sto intaccando le ultime risorse energetiche di sopravvivenza. Comunque ho acceso Skype (in Italia era mezzanotte) e sono riuscita a parlare finalmente con Filippo! Sono andata a fare colazione e sono rimasta scioccata dalla quantità di cose presenti. In pratica c'era TUTTO. Pensate a qualcosa da mangiare? Ecco, c'era. Dalle cose tipiche delle colazioni internazionali come uova, pancetta, würstel, brioches, Nutella, 8 tipi di pane, frutta, yogurt, fino a Noodles, zuppe, maiale ai peperoni, pad Thai, ravioli, spezie di ogni genere, pollo alle erbe, riso bollito... Impressionante. Ho spelluzzicato di tutto, praticamente l'ho sfruttato come pranzo. Poi sono andata in piscina a fare un tuffo, ero completamente sola e l'alba baciava l'acqua. Meraviglioso. Sono uscita dall'hotel che erano le 8:00 e ho preso la metro direzione hua lampong, ossia China Town, pagando 27 bath a tratta. La metro è pulitissima e efficientissima. In 6 fermate (la mia era Sukhumvit) sono arrivata. Da là avrei dovuto procedere con un tuktuk e qua, a Bangkok, sono rinomatamente ladri. Così ne ho trovato uno che smontava dei turisti e ho chiesto se mi portava al tempio. La cifra sulla lonely è di circa 50 bath per una corsa all'interno di uno stesso quartiere. Lui me ne ha chiesti 150, gli ho fatto ciao-ciao con la manina e sono andata da un altro che, nel frattempo era arrivato. Ha acconsentito per 60 bath. Perfetto. Per arrivare al tempio di Wat Mangkon Kamalawat siamo passati nel cuore di China Town. Sporca, zozza, decadente, ma per questo bellissima. E poi piante ovunque, la natura che cresce ad ogni angolo della strada. Nei quartieri come Sukhumvit è controllata e gestita, e ci giocano su. In questi quartieri più poveri è rigogliosa e libera, in questo mi ha ricordato Calcutta. Ma, rispetto a Calcutta, siamo in un altro mondo. Non c'è quell'aria di disgrazia e di sfinimento, non c'è quella sofferenza, non ci sono banalmente tutti i disagi trovati là. Il tempio è un amore. Cinese, pieno di turisti cinesi e di devoti di china Town. Tutti accendevano incensi e donavano frutta, pregando nel cuore del tempio, tutti insieme, con i bonzi. Mi sono sentita in pace. Ero l'unica turista in mezzo a centinaia di cinesi. I bonzi mi indicavano, mi guardavano, sorridevano. Quando li salutavo giungendo le mani a preghiera, come fanno loro, erano tutti felici. Sono uscita del tempio percorrendo un corridoio di lanterne rosse. Fuori é pieno di bancarelle che vendono dagli oggetti sacri alla frutta. Sono arrivata a piedi al mercato di Talat Mai. Anzi la cosa buffa è stata che ho chiesto a uno, in thailandese, dove fosse questo mercato. E lui, tutto contento, ha iniziato una conversazione di un'ora in thailandese. Cazzo non mi poteva solo indicare col dito?! Così ho dovuto chiederlo a un altro, in inglese. Comunque qua l'inglese non lo sa nessuno. E chi lo sa lo pronuncia in una maniera improponibile. Molto difficile relazionarsi. Spesso una persona, in un gruppo, lo sa e gli altri si rifanno a lei per mediare. Ti capisci con gesti e sguardi. Sono entrata in questo affascinante mercato senza sapere cosa aspettarmi. Invece ho trovato persone incredibilmente dolci e affabili. Tutti hanno acconsentito a farsi fotografare. Anche la più anziana e conservatrice persona del mercato aveva sempre un mega sorriso. I venditori erano delicati, uno mi ha invitata a guardare il suo microscopico negozio di oggetti cinesi, alla fine si è messo a parlare della sua mamma e mi ha fatto mille feste, senza volermi vendere niente. Ho riso, son stata bene, mi son divertita. Alcuni si mettevano in posa, altri mostravano la loro mercanzia fieri. Tutti felici o, perlomeno, sorridevano sempre. Il mercato era all'aperto ma pieno di tende e tendaggi che lo coprivano parzialmente facendo dei bellissimi giochi di luce. Alle 10:30 sono venuta via e sono tornata con un tuk tuk a 60 bath fino alla metro e, da là, metro fino alla fermata Sukhumvit. Avevo un'oretta libera e ho deciso di lasciare lo zaino in camera e di andare a farmi un altro massaggio alla Modica cifra di 3 euro. Stavolta non ho trovato la ragazza con l'apparecchio ma una cinquantenne che sembrava una bambina, le ho chiesto quale fosse il loro segreto e lei è scoppiata a ridere. Le donne sono tutte molto protettive con me, e molto carine. Stavolta il massaggio era un po' ovunque, anche sulla testa dove mi ha pestata per bene. Il massaggio thailandese è abbastanza violento. Un mix tra shiatsu e yoga dinamico. Le loro dita sono delle tenaglie. Sono tornata in hotel, mi sono cambiata e sono scesa giù. Il taxi chiamato dall'hotel costava 400 bath, incluse le tasse aeroportuali. Mi sembrava troppo, ma ok, almeno non dovevo fermarlo io con quel macigno sulle spalle. Sono arrivata all'aeroporto dei domestic flights Dong Muang Airport in circa tre quarti d'ora. Al checkin volevo morire. Infatti Air Asia é una low cost al pari di Ryanair in Europa. E infatti è fiscalissima con dimensioni e peso delle valige. Il peso massimo per la stiva era 15 kg, il mio zaino era..20! Sicché, appena ho letto il numerino, panico. Mi sono messa il viso tra le mani, invece la signorina sorrideva e non ha detto nulla, se non che il mio smalto era molto bello. Mi ha dato il biglietto e via. Yuppi! Sono andata subito all'imbarco, anche se mancava un'oretta e mezza. Ma volevo rilassarmi al pc. Alle 14:00, con pochi minuti di ritardo, è partito il volo. Accanto a me una coppia, lei si chang rai, lui francese. Abbiamo parlato poco, lui è stato tre ore a rispiegarle in tutte le lingue cosa andavo a fare a krabi. Alla fine lei si è pure messa per sbaglio la mia cintura. Dall'alto l'atterraggio è stato bellissimo. Una distesa immensa verde, seconda solo alla vista aerea dell'Amazzonia. E questi faraglioni cosparsi di giungla che spuntano sulla terra e sull'acqua. Bellissimo. Abbiamo ballato un po' all'atterraggio. L'aeroporto di krabi è una briciola. Con un solo nastro per i bagagli. Il mio zaino era il secondo a uscire. L'ho preso e sono andata fuori dove ho subito visto Darien con la maglia dell'associazione e il carrello in mano. Lui e un altro ragazzo, ossia l'informatore per la Thailandia, mi hanno portata al pick up. Siamo saliti nel retro come nei film e, con due colpi, è partito. È stato bello farsi 15 minuti di viaggio come ho visto fare a tanti autoctoni, nei retro dei furgoncini. I ragazzi erano entrambi molto carini, anche se estremamente diversi tra loro. Tutti e due parlavano un ottimo inglese, decisamente meglio del mio. Darien mi ha spiegato di esser stato 4 mesi negli Usa, poi si è laureato a Bangkok, ha un enorme sorriso smagliante. L'altro invece era originario di phi phi island, che mi ha spiegato essersi sputtanata col turismo, lui molto più eccentrico sia nel parlare che nella gestualità. Mi hanno mostrato dal pick up un paio di posti carini. Ma la città è microscopica, mi ricorda Iquitos in Amazzonia, forse ancora più piccina. Ha il suo mercato fisso, due notturni, poi ha un fiume che si immette sul mare con un bel lungofiume e alcuni shop nella "downtown" come l'hanno definita loro. Stanotte dormirò a Krabi perché l'autista che mi porterà a Phuket arriverà domattina. Quindi mi hanno messa nel residence dove dormono i volontari che risiedono a Krabi (perlopiù aderenti al progetto di tutela dell'ambiente). Un posto tutto bianco, pulito lindo, io ho una stanza privata con una terrazzina, semplice ma carina. Darien mi ha dato una piantina della città e mi ha dato 200 bath per la cena di stasera e la colazione di domattina. Per chi non lo sapesse io ho pagato una cifra a inizio progetto che prevede la copertura di vitto e alloggio, nonché dei servizi. Poi mi ha proposto di andare a fare una passeggiata per la downtown, così da farmi vedere personalmente i vari luoghi. Mi ha mostrato un caffè famoso dove si incontrano le persone, un ristorante secondo lui buono e mediamente costoso, la strada del mercato notturno, quello della frutta e poi il "mall" della città, che è un buco ma con dentro una profumeria, tre shop di abbigliamento e praticamente basta. All'ingresso un tizio vendeva il Sushi. Ma di una forma particolarissima. La gente alzava il vetro e se lo prendeva. Ho visto parecchie famigliole con bambini piccoli qua, come d'altronde in tutta la famiglia. Infatti per ora ho fatto ben poche amicizie dato Che son tutti in coppia o gruppo, sicuramente al Pack up sarebbe diverso. Infine mi ha fatto prendere una sim Thai al seven eleven dicendo che è meglio, che se mi sentiró male meglio avere una sim thailandese (se fossi stata un uomo mi sarei toccato) e così, per 90 bath, ne ho presa una con una ricarichina dentro da 20 bath. Dopodiché io e Darien ci siamo salutati, con imbarazzo da parte mia perché non sapevo se abbracciarlo, dargli un bacino, dargli la mano, congiungere le mani a preghiera oppure nulla. Ho optato per il nulla, nel dubbio. Lui mi ha consigliato di prendere un moto taxi per la guesthouse, io invece ho deciso di fare a piedi. Ho colto l'occasione per farmi il mercato notturno in allestimento e di farmi quello fisso dove ho comprato un casco di baby banane per la colazione di domani e dove ho ceduto a uno spiedino di carne perché era l'unico a non essere fritto, ma fatto alla piastra. Questa donna (che in realtà sembrava un uomo) mi ha detto: 10 bath one. Ma quando ho provato a fargli domande più specifiche ad esempio se fosse fritto o se fosse pollo lei ha riposto, "no, mu!" e ha continuato a dirlo per un'ora. Alla fine non ho capito se mu fosse una mucca o una supercazzola. Con la coda dell'occhio ho intravisto la carne, una cosa callosa piena di pezzi amorfi. Ormai era già in bocca e il buon sapore mi ha fatto passare ogni indugio, anche se dentro era quasi cruda. Stai a vedere domani che corsa all'ospedale faccio... Comunque uno spiedino a 10 bath, ossia 25 centesimi.. Direi che é ottimo. Sul lungofiume si vedeva un bel tramonto, opaco ma faceva brillare le cose di quel giallo unico che solo un tramonto possiede. Ho anche visto i famosi matsogoru o come diavolo si chiamano, i pesci che catturava Sampei. Erano nel pantano del fiume, in parte ritirato per la stagione secca. Sono tornata alla guesthouse e ho visto davvero tanti turisti, tutti a coppie. Quelli da soli erano nell'ostello e facevano gruppo là. Son stata una mezzora in camera e poi sono uscita per cena col mio laptop dato che tutti i ristoranti avevano wifi free. Ho cenato all'aperto, videochiamando su skype mia mamma, e ho mangiato un fried rice with vegetables. No spicy ma cavolo quanto pepe! son stata fino alle 22, ultima cliente, i ristoranti accanto avevano già chiuso. Sono tornata in casa e ho fatto un giro rapido di chiamate skype. Domani ore 8 parto per Phuket!
2 marzo BANGKOK - KRABI
Dopo aver passato fino alle 1:00 di notte a cercare il riduttore che non trovavo sono Collassata a letto. Sveglia ore 6:00 con una Bangkok ancora addormentata e piena di luci, ho dormito con la tapparella alzata per potermela godere tutta. Volevo morire, due giorni prima di partire, causa esami, non ho dormito, in volo non ho dormito e oggi solo 5 ore di sonno. In pratica sto intaccando le ultime risorse energetiche di sopravvivenza. Comunque ho acceso Skype (in Italia era mezzanotte) e sono riuscita a parlare finalmente con Filippo! Sono andata a fare colazione e sono rimasta scioccata dalla quantità di cose presenti. In pratica c'era TUTTO. Pensate a qualcosa da mangiare? Ecco, c'era. Dalle cose tipiche delle colazioni internazionali come uova, pancetta, würstel, brioches, Nutella, 8 tipi di pane, frutta, yogurt, fino a Noodles, zuppe, maiale ai peperoni, pad Thai, ravioli, spezie di ogni genere, pollo alle erbe, riso bollito... Impressionante. Ho spelluzzicato di tutto, praticamente l'ho sfruttato come pranzo. Poi sono andata in piscina a fare un tuffo, ero completamente sola e l'alba baciava l'acqua. Meraviglioso. Sono uscita dall'hotel che erano le 8:00 e ho preso la metro direzione hua lampong, ossia China Town, pagando 27 bath a tratta. La metro è pulitissima e efficientissima. In 6 fermate (la mia era Sukhumvit) sono arrivata. Da là avrei dovuto procedere con un tuktuk e qua, a Bangkok, sono rinomatamente ladri. Così ne ho trovato uno che smontava dei turisti e ho chiesto se mi portava al tempio. La cifra sulla lonely è di circa 50 bath per una corsa all'interno di uno stesso quartiere. Lui me ne ha chiesti 150, gli ho fatto ciao-ciao con la manina e sono andata da un altro che, nel frattempo era arrivato. Ha acconsentito per 60 bath. Perfetto. Per arrivare al tempio di Wat Mangkon Kamalawat siamo passati nel cuore di China Town. Sporca, zozza, decadente, ma per questo bellissima. E poi piante ovunque, la natura che cresce ad ogni angolo della strada. Nei quartieri come Sukhumvit è controllata e gestita, e ci giocano su. In questi quartieri più poveri è rigogliosa e libera, in questo mi ha ricordato Calcutta. Ma, rispetto a Calcutta, siamo in un altro mondo. Non c'è quell'aria di disgrazia e di sfinimento, non c'è quella sofferenza, non ci sono banalmente tutti i disagi trovati là. Il tempio è un amore. Cinese, pieno di turisti cinesi e di devoti di china Town. Tutti accendevano incensi e donavano frutta, pregando nel cuore del tempio, tutti insieme, con i bonzi. Mi sono sentita in pace. Ero l'unica turista in mezzo a centinaia di cinesi. I bonzi mi indicavano, mi guardavano, sorridevano. Quando li salutavo giungendo le mani a preghiera, come fanno loro, erano tutti felici. Sono uscita del tempio percorrendo un corridoio di lanterne rosse. Fuori é pieno di bancarelle che vendono dagli oggetti sacri alla frutta. Sono arrivata a piedi al mercato di Talat Mai. Anzi la cosa buffa è stata che ho chiesto a uno, in thailandese, dove fosse questo mercato. E lui, tutto contento, ha iniziato una conversazione di un'ora in thailandese. Cazzo non mi poteva solo indicare col dito?! Così ho dovuto chiederlo a un altro, in inglese. Comunque qua l'inglese non lo sa nessuno. E chi lo sa lo pronuncia in una maniera improponibile. Molto difficile relazionarsi. Spesso una persona, in un gruppo, lo sa e gli altri si rifanno a lei per mediare. Ti capisci con gesti e sguardi. Sono entrata in questo affascinante mercato senza sapere cosa aspettarmi. Invece ho trovato persone incredibilmente dolci e affabili. Tutti hanno acconsentito a farsi fotografare. Anche la più anziana e conservatrice persona del mercato aveva sempre un mega sorriso. I venditori erano delicati, uno mi ha invitata a guardare il suo microscopico negozio di oggetti cinesi, alla fine si è messo a parlare della sua mamma e mi ha fatto mille feste, senza volermi vendere niente. Ho riso, son stata bene, mi son divertita. Alcuni si mettevano in posa, altri mostravano la loro mercanzia fieri. Tutti felici o, perlomeno, sorridevano sempre. Il mercato era all'aperto ma pieno di tende e tendaggi che lo coprivano parzialmente facendo dei bellissimi giochi di luce. Alle 10:30 sono venuta via e sono tornata con un tuk tuk a 60 bath fino alla metro e, da là, metro fino alla fermata Sukhumvit. Avevo un'oretta libera e ho deciso di lasciare lo zaino in camera e di andare a farmi un altro massaggio alla Modica cifra di 3 euro. Stavolta non ho trovato la ragazza con l'apparecchio ma una cinquantenne che sembrava una bambina, le ho chiesto quale fosse il loro segreto e lei è scoppiata a ridere. Le donne sono tutte molto protettive con me, e molto carine. Stavolta il massaggio era un po' ovunque, anche sulla testa dove mi ha pestata per bene. Il massaggio thailandese è abbastanza violento. Un mix tra shiatsu e yoga dinamico. Le loro dita sono delle tenaglie. Sono tornata in hotel, mi sono cambiata e sono scesa giù. Il taxi chiamato dall'hotel costava 400 bath, incluse le tasse aeroportuali. Mi sembrava troppo, ma ok, almeno non dovevo fermarlo io con quel macigno sulle spalle. Sono arrivata all'aeroporto dei domestic flights Dong Muang Airport in circa tre quarti d'ora. Al checkin volevo morire. Infatti Air Asia é una low cost al pari di Ryanair in Europa. E infatti è fiscalissima con dimensioni e peso delle valige. Il peso massimo per la stiva era 15 kg, il mio zaino era..20! Sicché, appena ho letto il numerino, panico. Mi sono messa il viso tra le mani, invece la signorina sorrideva e non ha detto nulla, se non che il mio smalto era molto bello. Mi ha dato il biglietto e via. Yuppi! Sono andata subito all'imbarco, anche se mancava un'oretta e mezza. Ma volevo rilassarmi al pc. Alle 14:00, con pochi minuti di ritardo, è partito il volo. Accanto a me una coppia, lei si chang rai, lui francese. Abbiamo parlato poco, lui è stato tre ore a rispiegarle in tutte le lingue cosa andavo a fare a krabi. Alla fine lei si è pure messa per sbaglio la mia cintura. Dall'alto l'atterraggio è stato bellissimo. Una distesa immensa verde, seconda solo alla vista aerea dell'Amazzonia. E questi faraglioni cosparsi di giungla che spuntano sulla terra e sull'acqua. Bellissimo. Abbiamo ballato un po' all'atterraggio. L'aeroporto di krabi è una briciola. Con un solo nastro per i bagagli. Il mio zaino era il secondo a uscire. L'ho preso e sono andata fuori dove ho subito visto Darien con la maglia dell'associazione e il carrello in mano. Lui e un altro ragazzo, ossia l'informatore per la Thailandia, mi hanno portata al pick up. Siamo saliti nel retro come nei film e, con due colpi, è partito. È stato bello farsi 15 minuti di viaggio come ho visto fare a tanti autoctoni, nei retro dei furgoncini. I ragazzi erano entrambi molto carini, anche se estremamente diversi tra loro. Tutti e due parlavano un ottimo inglese, decisamente meglio del mio. Darien mi ha spiegato di esser stato 4 mesi negli Usa, poi si è laureato a Bangkok, ha un enorme sorriso smagliante. L'altro invece era originario di phi phi island, che mi ha spiegato essersi sputtanata col turismo, lui molto più eccentrico sia nel parlare che nella gestualità. Mi hanno mostrato dal pick up un paio di posti carini. Ma la città è microscopica, mi ricorda Iquitos in Amazzonia, forse ancora più piccina. Ha il suo mercato fisso, due notturni, poi ha un fiume che si immette sul mare con un bel lungofiume e alcuni shop nella "downtown" come l'hanno definita loro. Stanotte dormirò a Krabi perché l'autista che mi porterà a Phuket arriverà domattina. Quindi mi hanno messa nel residence dove dormono i volontari che risiedono a Krabi (perlopiù aderenti al progetto di tutela dell'ambiente). Un posto tutto bianco, pulito lindo, io ho una stanza privata con una terrazzina, semplice ma carina. Darien mi ha dato una piantina della città e mi ha dato 200 bath per la cena di stasera e la colazione di domattina. Per chi non lo sapesse io ho pagato una cifra a inizio progetto che prevede la copertura di vitto e alloggio, nonché dei servizi. Poi mi ha proposto di andare a fare una passeggiata per la downtown, così da farmi vedere personalmente i vari luoghi. Mi ha mostrato un caffè famoso dove si incontrano le persone, un ristorante secondo lui buono e mediamente costoso, la strada del mercato notturno, quello della frutta e poi il "mall" della città, che è un buco ma con dentro una profumeria, tre shop di abbigliamento e praticamente basta. All'ingresso un tizio vendeva il Sushi. Ma di una forma particolarissima. La gente alzava il vetro e se lo prendeva. Ho visto parecchie famigliole con bambini piccoli qua, come d'altronde in tutta la famiglia. Infatti per ora ho fatto ben poche amicizie dato Che son tutti in coppia o gruppo, sicuramente al Pack up sarebbe diverso. Infine mi ha fatto prendere una sim Thai al seven eleven dicendo che è meglio, che se mi sentiró male meglio avere una sim thailandese (se fossi stata un uomo mi sarei toccato) e così, per 90 bath, ne ho presa una con una ricarichina dentro da 20 bath. Dopodiché io e Darien ci siamo salutati, con imbarazzo da parte mia perché non sapevo se abbracciarlo, dargli un bacino, dargli la mano, congiungere le mani a preghiera oppure nulla. Ho optato per il nulla, nel dubbio. Lui mi ha consigliato di prendere un moto taxi per la guesthouse, io invece ho deciso di fare a piedi. Ho colto l'occasione per farmi il mercato notturno in allestimento e di farmi quello fisso dove ho comprato un casco di baby banane per la colazione di domani e dove ho ceduto a uno spiedino di carne perché era l'unico a non essere fritto, ma fatto alla piastra. Questa donna (che in realtà sembrava un uomo) mi ha detto: 10 bath one. Ma quando ho provato a fargli domande più specifiche ad esempio se fosse fritto o se fosse pollo lei ha riposto, "no, mu!" e ha continuato a dirlo per un'ora. Alla fine non ho capito se mu fosse una mucca o una supercazzola. Con la coda dell'occhio ho intravisto la carne, una cosa callosa piena di pezzi amorfi. Ormai era già in bocca e il buon sapore mi ha fatto passare ogni indugio, anche se dentro era quasi cruda. Stai a vedere domani che corsa all'ospedale faccio... Comunque uno spiedino a 10 bath, ossia 25 centesimi.. Direi che é ottimo. Sul lungofiume si vedeva un bel tramonto, opaco ma faceva brillare le cose di quel giallo unico che solo un tramonto possiede. Ho anche visto i famosi matsogoru o come diavolo si chiamano, i pesci che catturava Sampei. Erano nel pantano del fiume, in parte ritirato per la stagione secca. Sono tornata alla guesthouse e ho visto davvero tanti turisti, tutti a coppie. Quelli da soli erano nell'ostello e facevano gruppo là. Son stata una mezzora in camera e poi sono uscita per cena col mio laptop dato che tutti i ristoranti avevano wifi free. Ho cenato all'aperto, videochiamando su skype mia mamma, e ho mangiato un fried rice with vegetables. No spicy ma cavolo quanto pepe! son stata fino alle 22, ultima cliente, i ristoranti accanto avevano già chiuso. Sono tornata in casa e ho fatto un giro rapido di chiamate skype. Domani ore 8 parto per Phuket!
3 Marzo KRABI- PHUKET TOWN - KATA BEACH
Ore
5:00 occhi spalancati. E non mi riuscivo più a riaddormentare. Data la calura,
sia diurna che notturna, ho deciso di dormire con la finestra della terrazza
aperta, ma con la zanzariera tirata. Comunque fino alle 1:30 di notte hanno
cantato e suonato a squarciagola vecchi successi rock. Non so chi, probabilmente
un localetto. Quindi non ho passato proprio una nottata rilassante. Comunque
sia, dopo aver tentato vanamente di riaddormentarmi, alle 7 è suonata la
sveglia. Ho organizzato tutto, anche se il giorno prima era riuscita a preparare
la borsa, e sono scesa giù. Ho chiesto alla ragazza se poteva guardarmi lo
zaino mentre andavo a cercare una bottiglietta d'acqua e lei me l'ha regalata.
Ho aspettato sulle scalette dell'appartamento il mio driver. Ho goduto del
frescolino dell'alba, davvero una piccola goduria. In pochi minuti é arrivato.
Un ragazzetto sui 18 anni, davvero antipatico. Non mi ha neanche aiutata a
portare lo zaino. Non mi ha nemmeno chiesto nulla, neanche un saluto. La sua
macchina era il pick up di ieri. Ma stavolta ero seduta davanti, accanto a lui.
Dentro era un frigorifero: assurdo. Dopo tre minuti dalla partenza si è fermato
a casa di Nou, la responsabile del progetto. É con lei che ho parlato tutto il
tempo della lunga preparazione del viaggio. Lei è davvero molto carina, sembra
una bambolina. E ha una piccola bambina di 3 anni, che mi ha fatto un ampio
saluto a mani congiunte. L'autista è ripartito con la Sua guida all'inglese
facendosi strada nelle viuzze di Krabi. Ho notato con curiosità che ogni
semaforo della città ha una orribile statua. Va particolarmente di moda una
specie di bigfoot inquietante. Siamo passati accanto ad alcune scuole molto
grandi e caratterizzate da un ampio cortile cementato subito dopo il cancello
principale. Davanti ci sono dei cartelloni con le foto degli studenti.
Via via che ci si allontanava dalla città spuntavano le classiche montagne
dell'Asia, di cui ne è pieno anche il mare. Stondate, con lo sfilacciamento e
il colore del pollo cotto e rivestite di giungla. Bellissime. La temperatura
interna continuava ad abbassarsi e io mi stavo marmando. Prima di diventare una
delle statue dei semafori stavo escogitando un modo per faglielo capire dato
che, visto il profondo silenzio di questo autista, ho immaginato che non sapesse
una sola parola di inglese. Quando ormai stavo ibernandomi il tizio si è
fermato a un benzinaio. Ovviamente non mi ha continuato a dir niente, ma si é
diretto al bagno. Così mi sono catapultata nel retro del pick up e ho scavato
nello zaino alla ricerca delle due felpe. Me le sono messe entrambe e il resto
del viaggio è andato bene. Ci abbiamo messo 3 ore per arrivare. Tre ore di
silenzio. Come mi ha detto Filippo "ti farà bene, ti rigenera un po' la
gola". Siamo arrivati a Phuket e, davanti alla casa, ho trovato
Laurien, una delle mie coinquiline. È una ragazza olandese, laureata in legge e
starà qua 3 mesi (é alla sua seconda settimana). Aveva una lunga gonnellona e
un canotta con sopra un foulard, per rispettare la nostra famiglia che è
musulmana. In casa non c'erano i nostri host parents, solo lei. Ho posato le
scarpe e Sono andata subito di sopra, la casa è una villettina, si trova in una
zona residenziale del paesino di Muang Tong, 15' da phuket Town. È graziosa, e
piena di scacciapensieri con le conchiglie. Di sopra c'è un bel parquet e la
casa é pulitissima. Laurien dorme in una stanza singola. Io sono stata messa
nella stanzona, con 3 materassi a terra e un armadio per ogni letto che funge
anche da seprè. E ho visto che un materasso era occupato. Quello più lontano
dalla porta di ingresso. In un primo momento ho scelto il letto nel mezzo, poi
ho cambiato idea e ho scelto il letto più vicino alla porta nonché quello
davanti alla terrazza. Ma la roba l'ho sistemata nell'armadio centrale e non
l'ho spostata più. Laurien è stata con me durante il tempo in cui ho svuotato
lo zaino, durato un eternità perché non mi concentravo. Mentre si parlava é
entrata la host mom, di nome pi-jeed. Lei é davvero affettuosa e carina,
conosce un inglese intermedio e sembra davvero molto disponibile. Avevo fissato
un appuntamento con Vahiana già dall'Italia, via Facebook. Vahiana è francese
ma vive in Belgio e ci eravamo conosciute tramite il
Gruppo Facebook del progetto. Ci siamo scritte quasi ogni giorno per un mese.
Lei è partita prima di me, mi ha iniziata al progetto, mi dava le info e,
grazie alle sue foto, mi sono fatta via via un'idea. Al che ho aspettato che
arrivasse. Dopo un'oretta era là insieme a Jolanda, la sua coinquilina
olandese. Abbiamo aspettato giù nel salottino che arrivasse Bang Wang, il mio
host dad, che è tassista. Così ci avrebbe potuto dare uno strappo alla
spiaggia. È arrivato dopo poco, nel frattempo ci siamo scambiate i reciproci
numeri di telefono thailandesi. Tutti insieme, tranne Jolanda che restava a
casa, con Bang Wang e Pi-Jeed, siamo andati con la macchina fino a Kata Beach.
Per la strada Pi Jeed si è fermata e ci ha comprato il cocco da bere con la
cannuccia. Siamo arrivati a Kata, Bang Wang non voleva niente per il passaggio
ma noi gli abbiamo dato qualcosa. Prima di andare in spiaggia abbiamo deciso di
pranzare in uno dei ristorantini semplici appena prima della spiaggia. Io ho
preso un pesce arrosto, Vi un pad thai e Laurien un hamburger. Ci abbiamo messo
tre ore tra servizio lento e tantissime chiacchiere. Abbiamo anche incontrato
Penella, che ho scoperto essere la ragazza che dorme nella mia stanza,
anche se non ho capito bene la storia su di lei, prima era in un'altra casa, poi
ha dormito in hotel con sua mamma e poi stava per andarsene. Comunque ho
conosciuto lei, una biondissima danese, e la sua mamma, una signora molto carina
e amichevole. Finito pranzo siamo andate in spiaggia. Abbiamo preso un lettino
per 100 bath e ci siamo tuffate subito in acqua. Mare bello, non eccelso ma devo
dire piuttosto chiaro, tipo Mondello a Palermo. La spiaggia gremita di gente
(essendo anche domenica) ma ero psicologicamente pronta. Siamo state bene, e in
quel momento ho pensato che questo viaggio fosse davvero speciale. Ho avuto il
coraggio di buttarmi in qualcosa di ignoto, da sola, ed in quel momento ero a
galleggiare in un mare trasparente accanto a sconosciute con cui mi trovavo bene
dopo due giorni fantastici in solitario. Questo mi ha fatto capire che ci avevo
visto lungo, che so scegliere con cognizione di causa. Sicché, felice, ho fatto
il primo bagno dell'anno. Mentre mi asciugavo ho conosciuto Michel. Mi avevano
solo detto che in casa mostra viveva un signore, che era là per i fatti suoi e
non col progetto, ma niente più. Poi ho ricollegato. Lui aveva lavorato,
qualche mese fa, per tre mesi al Bang Lung pitak, cioè il centro dove lavorerò
anche io. Avevo visto un sacco di sue foto su fb e mi aveva incuriosita molto,
perché avevo visto c'era stato per diverso tempo e mi sembrava molto affettuoso
coi bambini. Finito il progetto é tornato da solo senza intermediari, grazie
all'amicizia nata con Pi-Jeed, padrona di casa nonché capa dell'orfanotrofio.
Michel é francese ma parla bene spagnolo perché ha la mamma spagnola, e il
padre italiano. Infatti la prima coincidenza pazzesca è che si chiama Michel
Milani, il cognome di mia mamma, e mia zia si chiama proprio Michela Milani. A
parte questa nota di colore ho passato il pomeriggio a parlare con Michel, e ho
capito che è una bellissima persona. È nato un rapporto di profondo affetto,
lui potrebbe essere mio padre (ha 69 anni) e io sia figlia (che ha 22 anni). Non
dimostra assolutamente la sua età: mangia poco, fa tanto sport, viaggia
moltissimo sia da solo che con la figlia, dormendo in ostelli. Ha uno stile di
vita da ragazzo. Per cui ha un'energia fuori dal normale. È super affabile e
socievole, veramente una bella persona. E poi apprezzo molto chi ha il coraggio
di mettersi in gioco e lui ne ha da vendere. Dopo un bellissimo pomeriggio a
kata Beach siamo venuti via con un tuk tuk. Qua i tuk tuk sono diversi da quelli
di India e Cambogia. Sono tipo dei furgoncini pick up con dietro delle panche di
legno. Vahiana ha attivato il suo speaker nuovo di zecca e abbiamo fatto una
ventina di minuti di tuk tuk al tramonto con il vento caldo sul viso e la musica
alta, surreale e bello. Michel ci seguiva con il suo motorino a noleggio. Siamo
arrivati al night market a sole calato. Il mercato è a phuket Town ed è la
principale attrazione del week end. Dentro c'è di tutto: orologi, borse false,
tshirt, costumi e poi centinaia di bettole dove mangiare. Abbiamo fatto un giro
super veloce per la zona shopping e poi abbiamo camminato lentamente per la zona
cibo. Ognuno ha preso qualcosa che gli piaceva. A parte io e Michel. Alla fine
del giro infatti ci siamo fermati a mangiare in un ristorantino davanti al
mercato, il ho perso fride rice e gli altri hanno bevuto qualcosa. Poi ognuno a
casa propria. Io in motorino con Michel che mi ha spiegato a grandi linee la
zona vicino a casa nostra. Io mi perderô infinite volte. Siamo arrivati e siamo
subito andati nelle nostre stanze, piuttosto cotti. È arrivata a dormire anche
Pernille. Dormire in un materasso per terra è stato divertente. Peccato per il
caldo morbosamente asfissiante che non mi ha fatto respirare. Ho provato di
tutto: ventilatore, non ventilatore, zero lenzuola. Alla fine mi sono rassegnata
e ho sofferto il caldo in silenzio.
4 Marzo PHUKET
Avevo appuntamento in sala alle 9 ma io mi son svegliata alle 6 sentendo i rumori degli altri che andavano a lavoro. Oggi per me era il giorno dell'introduzione al progetto. Per colazione ho mangiato due banane perché ognuna delle loro è come mezza nostra. In casa c'era Mona, la figlia minore (il maggiore studia a Chiang Rai), una ragazza dolcissima, molto educata e solare, che parla un buon inglese. Alle 9, puntuale, è arrivata Jip. Insieme a lei poco dopo sono arrivate le tre ragazze norvegesi che lavoreranno all'altro orfanotrofio, Holland House (quello di Vi e Jolanda) e che avevo conosciuto su fb allo stesso modo di Vahiana, sentendole un paio di volte. Ci hanno spiegato tutta la mattinata le regole per lavorare insieme, quelle del progetto, le regole di comunità. Molte cose già sentite e risentite, comunque mi ha fatto bene un riassunto generale. Dopo il summit io e Jip ci siamo fatte un lungo giro esplicativo sia della città che, soprattutto, di come muovermi in essa. Infatti la mia casa non é a phuket Town, ma in un paesino vicino, e devo imparare come raggiungerlo dato che devo prendere più mezzi di trasporto. Jib è carinissima, super fashion e ha un ragazzo del buthan che studia informatica. Mi ha fatto una ottima impressione, col suo sorrisone tipico dei thailandesi. Mi ha mostrato anche il super centro commerciale della città, Robinson, le poste, una guesthouse economica, tantissimi ristorantini, una buona agenzia di viaggi e tante altre cose. Siamo state a pranzo in un ristorante nella via "China Town" chiamata così perché piena di lanterne cinesi. Con un motorisció mi ha portata al parco di phuket dove la mia famiglia fa jogging ogni domenica. Siamo poi andate al phuket Expo, un mercato locale, dove ho comprato un paio di cose per lavorare (ciò che avevo non andava bene, perché loro sono molto rigorosi). Alla fine lei è tornata alla mia guesthouse a riprendersi il laptop e io sono rimasta a farmi un massaggio da kim's a Robinson, che è il centro massaggi più professionale e più rinomato della città, ma c'è l'aria condizionata a palla. Finito il massaggio ho chiesto a un motociclista se mi poteva portare a casa ma lui mi ha chiesto 100 bath e non ha ammesso contrattazioni. Sono andata ad aspettare il pink bus, come mi aveva spiegato Jip, sotto il negozio blu samsung, nel frattempo é arrivato un mototaxi che mi ha detto ok per 70 bath. Così sono arrivata a casa piuttosto velocemente, anche se era già l'ora di cena. Ha cucinato Pi-Jeed un buonissimo riso con pollo, peperoni e arachidi, e poi verdure. Eravamo tutti a cena, anche Vahiana e Jolanda dall'altra casa. Alla fine Pi-Jeed ci ha anche dato un gelato millegusti. La non è stata semplice perché avevo troppo caldo e non riuscivo ad aprire la terrazza, ma il ventilatore acceso era troppo forte.
5 Marzo PHUKET
Mi
sono svegliata alle 6:20 perché Laurien ha preparato una perfetta tabella di
marcia con sveglie a ore diverse per ciascuno, così da non intralciarci col
bagno. A me toccava l'ultima sveglia. Mi sono preparata con un discreto sonno e
poi sono scesa giù ad aspettare insieme agli altri il mio host dad, Ban Wang,
che ci avrebbe accompagnati a lavoro. Il mio primo giorno di lavoro. Sono
rimasta stupita dalla lunghezza del viaggio. Un'ora dove abbiamo portato tutte a
lavoro e, solo alla fine, noi (io, Michel e Laurien) al Bang Lung Pitak. La
strada è un vialone lungo con un sacco di piccoli esercizi. Il filo della
corrente fa uno strano e inquietantissimo rumore come nei film dopo le
catastrofi. Svetta alta la prigione, color salmone. Siamo dovuti passare
attraverso il cancello interno, e ho anche visto un furgoncino con dentro i
carcerati. C'è anche una piccola mensa a cielo aperto che da pasti ai più
poveri. Il baan Lung pitak é un minuscolo buco al lato del carcere. Ho subito
visto qualche bambino che sgambettava davanti a un DVD con della musica. Avevano
una casacchina blu con scritto "prison program" ed erano tutti scalzi,
perché nelle abitazioni thailandesi non si mettono le scarpe. Avevo paura.
Paura di non essere all'altezza. Paura di essere delusa. Paura di non piacere ai
bambini. Ma Appena varcata la porta, con ancora un piede fuori, una bambina mi
si é fiondata addosso e mi ha abbracciato le gambe. E dopo qualche secondo ero
circondata. È stato molto più semplice di quel che pensassi. Ben presto ho
scoperto che i bambini sono stupendi e hanno un immenso bisogno di affetto. Con
qualcuno ho già un rapporto speciale e ce n'è uno che mi ricorda tanto Filippo
da bambino. Con una bocca a cuoricino stupenda e due gote giganti, si chiama Sun
e ha due anni e mezzo. Nonostante fosse il mio primo giorno mi hanno subito
assalita con abbracci e coccole. Due bambini, un maschio e una femmina, hanno
iniziato a piangere all'inizio e non si sono mai stoppati fino alla fine. Il
maschio é nato in carcere ed é figlio di una carcerata, singhiozzava e
chiamava la mamma tutto il tempo. La femmina è una bambina stupenda, sembra una
bambola, e ha i lineamenti a cinesina con la pelle chiara, è stata tutto il
giorno col biberon in bocca. La giornata é andata così: alle 8:30 circa siamo
nel centro, verso le 9 abbiamo cominciato mettendo i bambini in 3 file indiane,
si è cantato l'inno e altre 4 canzoni in thailandese con un semplicissimo
balletto annesso. Alla fine delle canzoni mi sono presentata in inglese e ho
sostenuto una minuscola conversazione con i bambini. poi Laurien ha insegnato le
parti del corpo in inglese, io i giorni della settimana, l'alfabeto e i mesi, e
Michel ha insegnato i nomi. Poi siamo passati a una attività (tipo colorare,
disegnare), verso le 11:30, si mangia. Le educatrici (lo staff thai, sono 3)
cucinano nel frattempo e noi dobbiamo versare nelle ciotole il cibo e
distribuire le ciotole ai bambini che stanno seduti per terra in fila. Tutti
aspettano finché l'ultimo non ha ricevuto da mangiare. Poi fanno una preghiera
e poi mangiano. ovviamente uno a uno si devono alzare e riportare il piatto
nello sporco. sono sconvolgentemente educati, a tratti avrei voluto piangere. un
mix di tristezza, gioia, compassione (nel senso nobile del termine, la cum patio
> sentire la passione insieme) e stupore. Quando hanno finito escono nel
minuscolo cortile dove stanno i panni stesi e giocano mentre le educatrici
puliscono il pavimento. Poi è l'ora della doccia, forse il momento più
divertente. I bambini entrano tutti insieme nel minuscolo e spartanissimo bagno
dove una educatrice li lava a secchiate d'acqua. Poi escono e noi dobbiamo
asciugarli frettolosamente e spargergli addosso una grande quantità di talco
(nessuno ha idea del perché). I bambini hanno i pidocchi e quasi tutti la
scabbia. I denti sono inesistenti o ridotti a moncherini neri. Quando dormono
fuori il week end non si lavano i denti e mangiano zuccheri. Qua infatti costano
meno delle cose sane. Finita la doccia si mettono il pigiamino che hanno portato
con sé e dormono per terra: in una stanza maschi e nell'altra femmine. A quel
punto, quando sono sereni, si va via.
Il primo giorno è stato meraviglioso, avevo un'energia incredibile, nonostante
un dolore alle braccia impensabile per lo sforzo di tenere sempre in braccio
qualcuno. Ho capito che ho avuto una fortuna incredibile a trovarmi in questo
progetto e in questo paese, dove i bambini sono straordinari. Di un'affettivitá
sconosciuta. Siamo tornati a casa a cambiarci e, in tre nel motorino di Michel,
siamo andati ad una spiaggia vicino casa di nome, Ao Yun. Un posto
semplicissimo, con una spiaggia breve con natura rigogliosa, pochi bungalow e
nessun turista. Davvero un incanto. Là c'erano già Vi e Jolanda, eravamo tutti
insieme e siamo stati bene. Per cena Pi-Jeed ci ha comprato un pad thai per la
strada con anche germogli di soia e pollo fritto. Non così leggero ma davvero
buono, anche se a fine cena non ero piena affatto. Io, Pernille, Michel e
Laurien abbiamo guardato The Impossible, il film sullo tsunami, in inglese con i
sottotitoli in italiano. Alla fine nanna.
6 marzo: Phuket
Sveglia
ore 6:20, oggi si portano i bambini al mare! Ci siamo rifatti la tiritera in
macchina per accompagnare tutti e siamo arrivati per ultimi al Baan Lung Pitak.
I bambini hanno indossato una fruit rosa stavolta, non la pettorina blu.
Abbiamo aspettato che tutto fosse pronto e io ho colto l'occasione per fare
loro qualche foto con castor. Poi abbiamo caricato tutto su un pullman (i loro
pullman sono aperti con le panche dietro come i tuktuk), cibo e acqua e,
soprattutto bambini. Sembravano tanti bufalini impazziti dalla gioia, salivano
tutti insieme arrampicandosi l'uno sull'altro. Tutti abbiamo preso in braccio
un bambino perché c'era poco spazio. Ma non è stato difficile perché hanno
letteralmente fanno a spinte per averci. Sulle mie gambe si è seduta una
bambina grandina di nome Om. Ha un caschetto nero ed ha il broncio, è
bellissima. Si é particolarmente attaccata a me e io a lei. Ha giocato con le
mie mani, cercato il mio sguardo, voluto coccole. Alla fine del lungo
viaggetto verso il nord di phuket siamo arrivati alla spiaggia di Nai Harn.
L'acqua è trasparente e il posto è piuttosto vuoto, qualche turista ma
pochi. Attaccato alla spiaggia c'è l'aeroporto, con aerei che svolazzano
sopra le teste dei bagnanti. Davvero un micro paradiso. I bambini si sono
messo il costume e cantato un paio di canzoni; poi tutti in acqua. Noi, in
linea con il dress code elegante che richiede il centro, abbiamo calzato la
maglia dell'associazione e pantaloni al ginocchio. Non volevo bagnarmi ma
purtroppo i bambini mi hanno iniziato a schizzare e a saltarmi addosso ed era
difficile scampare. In particolare c'era una bambina che tremava come una
foglia ma veniva spinta dagli altri nella calca che entrava in acqua. L'ho
sottratta dal flusso e lei mi si é letteralmente appiccicata alla gamba
tremando fortissimo. Ho capito che aveva paura dell'acqua. Ho passato il 50%
del mio tempo in spiaggia con lei, a calmarla e bagnarla un pochino alla
volta, mentre lei mi si era avvinghiata addosso e non mi mollava. Alla fine ho
deciso di immergermi completamente, benché vestita, per poter stare sulla
riva con acqua bassa insieme a lei. Dopo 10 minuti, sentendosi al sicuro, mi
ha mollata e si è messa a giocare. Ci saranno stati in acqua un centinaio di
bambini impazziti di gioia. Perché C'erano sia quelli del Baan Lung pitak che
i bambini di Holland house (il centro dove lavorano sia Vi che le tre
norvegesi che pernille). Uno spettacolo. I pochi turisti che c'erano hanno
scattato ottomila foto. Abbiamo pranzato con un piatto di noodles e poi siamo
andati a lavare i bambini nelle docce pubbliche dall'alta parte della strada.
La cosa brutta è stata che molti bambini non avevano le scarpine e quindi,
nei punti di sole, si sono ustionati i piedi e cadevano per terra in lacrime
come pere cotte, annichiliti dal dolore, incapaci di fare qualsiasi cosa.
Ovviamente ho iniziato a prenderne anche due alla volta in braccio per
evitargli questo supplizio. Anche al ritorno è stato tragico Perché tutti
avranno questo bruciore fortissimo. A un certo punto a cadere a pera cotta è
stato King Kong. Un bambino a dir poco mastodontico, ma molto tenero. È
scoppiato in un pianto incontrollato dato dal bruciore alle piante dei piedi.
Pi Jeed ha provato a prenderlo in braccio ma si stava stroncando la schiena.
Alla fine, dopo un passo, lo ha mollato per terra. Allora il suo amichetto del
cuore, un altro bambino ciccione, gli ha messo la manina sulla spalla come per
consolarlo e hanno corso insieme fino all'ombra.
Siamo saliti sul pullman poco dopo, con i bambini assonnati e con le
educatrici che distribuivano loro bevande a dir poco zuccherose. Io avevo in
braccio un'altra Om, la piccolina, l'unica bambina con i capelli riccioli. Ad
un tratto mi son girata e dormivano tutti di gusto. Alcuni bambini per terra,
altri appoggiati tra loro, una tenerezza infinita. Siamo arrivati a
destinazione e abbiamo dovuto svegliare tutti questi bambini addormentati.
Dopodiché siamo andati via. Io e Laurien abbiamo deciso di andare da Kim's,
il centro massaggi più famoso della città proprio dietro Robinson. Là
abbiamo incontrato Jolanda che stava facendo un trattamento di scrub e
massaggio ai piedi e io mi son fidata e ho fatto lo stesso. Il problema di
Questo posto é che l'aria condizionata è davvero troppo forte, comunque
esteticamente è bellissimo. Laurien, come sempre, ha dormito tutto il tempo.
A fine massaggio ci hanno anche portato il The, un'usanza in questi posti.
Dopodiché siamo andate a prendere il pullman rosa numero 2 per casa. Dalla
piazzetta di Muang Tong a casa nostra (Panason Village) ci sono 20 minuti a
piedi e noi quindi abbiamo camminato. La sera l'abbiamo passata a casa.
7 Marzo PHUKET
Mi sono svegliata come sempre, annebbiata dal sonno, e sono andata a fare gli auguri a Michel che oggi compie 69 anni. Gli altri se ne erano dimenticati i, e perfino lui diceva di non essersi ricordato. Ho mangiato le mie solite due mini banane e sono andata alla macchina di bang Wang che ha fatto il solito giro per prendere tutti. A scuola ho rivisto i miei bambini, ormai ne riconosco un bel po'. E sono stata molto felice di rivedere il piccolo Sun, il mio colpo di fulmine. Lo avevo intravisto subito il primo giorno e mi era sembrato meraviglioso, con due gote gigantesche, un capino leggermente chiaro per essere thai e due giga occhi. Mi sembrava Filippo da piccino. Così mi sono subito affezionata. Quando l'ho rivisto è stato, appunto, come rivedere il sole. Ma ci sono anche altri bambini molto dolci: ci sono le tre Om (la grande che mi chiama Pi cioè sorellona, la media che é la bimba pazza di me col broncio e la piccola sembra un'aborigena con la testa riccioluta). C'è king Kong, indipendente e solitario. naam, la bambina dolce e fotogenica che vuole sempre stare sulle mie gambe. Poi c'è Fo, che mi ricorda un coniglietto. Tutte le mattine lo mamma lo lascia qua e lui piange come una vita spezzata. Allora lo prendo in braccio e lui si getta nel mio abbraccio singhiozzando. Sta per una decina di minuti così, completamente abbandonato, e lentamente lo metto per terra abbracciato a me, poi vicino a me e poi vado via. Ma ce ne sono talmente tanti che non saprei nemmeno da dove cominciare. Ogni giorno ci sono 40-45 bambini. Dopo aver iniziato la mattinata Pi-Jeed è uscita ed é andata a comprare una torta per michel, abbiamo fatto una festicciola con lo spegnimento delle candeline. E le educatrici hanno regalato lui due polo di marca. Prima di arrivare al progetto, durante l'introduzione, ci avevano detto che le educatrici potevano risultare un po' orse a volte. Infatti non hanno una istruzione elevata e non gli piacciono molto gli stranieri. Ci hanno detto ripetute volte di fargli il swadi kaa la mattina, ossia il buongiorno, anche se loro non avrebbero risposto. Invece con noi son sempre state molto carine, a volte timide ma carine, la grossa barriera è forse la loro zero conoscenza dell'inglese. Ma, anche in questo caso con Michel, Pi Tu, Pi Jeo e tutte le altre son state deliziose. Abbiamo fatto svariate foto con la torta, coi bambini e con i regali. Mi é un po' dispiaciuto perché i bambini ci vedevamo mangiare ma loro non potevano assaggiare. A parte questo è stata una bella mattinata e io ho avuto la mia parte insegnando qualcosa in inglese. Dopo il solito pranzo e la ninna noi siamo andati via. Michel mi ha dato uno strappo in motorino. Doveva innanzitutto passare in un bar occidentale super fashion a Comprare due torte per la cena. Dopodichê Siamo andati a casa perché io mi volevo cambiare, ho indossato short e una canotta (anche se in famiglia, essendo essa musulmana, dobbiamo coprirci ginocchia e spalle, però basta un foulard). Michel mi ha voluto accompagnare nella visita del tempio di Wat Chalong e del Big Buddha, anche se c'era già stato una quindicina di volte. Ottimo perché lui ha il motorino a noleggio per un mese ed è perfetto andare con lui dato che si può arrampicare ovunque e siamo svincolati dai mezzi di trasporto. Così ci siamo avviati, rischiando svariate volte la morte perché Michel ha il vizio di parlare girando la testa mentre parla e comunque la guida in Thailandia è dalla parte opposta ed è piuttosto spericolata. Comunque abbiamo visitato dapprima il tempio. In realtà è un complesso di templi e l'ingresso é gratuito. Da fuori sembrano uscire da un racconto fatato orientale, con dragoni cinesi d'oro e campane magiche ovunque. Estremamente suggestivo, caratterizzate dallo stile kitsch buddhista, ad esempio con statue di animali davanti al tempio. Siamo entrati nel primo tempio e c'erano tante persone per terra che pregavano e facevano offerte. Michel mi ha detto di passare sempre a sinistra nei tempi, che è una forma di rispetto. Aveva in tasca un fogliettino d'oro comprato la volta scorsa nel tempio, e me lo ha regalato. Di fronte alle persone preganti c'erano tre Buddha, che poi ho scoperto essere tutti ricoperti dell'oro dei fogliettini. Infatti devi appiccicare il fogliettino al Buddha e subito aderisce e diventa parte di questa patina mistica e luccicosa che lo riveste. Siamo usciti dal tempio e entrati in un altro, su tre piani. In ogni piano c'erano Buddha di varie forme che sembravano di cartapesta d'oro, simili ai gadget kitsch degli aeroporti, niente di speciale insomma. Ma erano bellissime le loro chiome piene di chiocciole e le loro posizioni, specie il nirvana. Uscendo dal tempio ho visto una ragazza con un lunghissimo abito rosso costellato da ghirighori dorati. Aveva un ragazzo accanto che indossava una semplice camicia nera e un pantalone bianco. Lei sembrava un angelo asiatico. C'erano un fotografo e un assistente, mi dava l'idea di uno shooting prematrimoniale. Ovviamente sono stati paparazzati da tutti i turisti presenti in zona. Accanto ai templi c'erano delle bancarelle e io ho comprato dei rosari buddhisti neri, gli stessi che, con tanta fatica, ho comprato a Varanasi, in India (quando il venditore mi disse "ma io ti riconosco!", e io "e certo, vengo tutti gli anni!" quando invece era la prima volta che mettevo piede in India). Comunque sia questo acquisto mi ha fatto tornare in mente la differenza abissale tra i due viaggi. Questo: positivo, bello, appassionante. L'altro: spaventoso, negativo, inquietante e difficile. Dopo le bancarelle abbiamo continuato la passeggiata fino alla casa dei monaci, che entravano nell'abitazione furtivi. Siamo rimontati in motorino alla volta del Big Buddha. Per arrivarci si passano delle zone un po' degradate che mi hanno ricordato vagamente la mia dolce Cambogia. In effetti Phuket non è particolarmente povera, o perlomeno le zone turistiche ci sono e sono sfarzose. Ovviamente esistono anche le slums e le baracche, solo che sono più difficili da scovare. Ma la via per il Big Buddha aveva qualche baracca. Salendo ho trovato dei bellissimi scorci. Nonché elefanti a disposizione di turisti e bar e ristorantini immersi nel verde, con vista Phuket. Sulla cima c'è un parcheggio per i motorini. Abbiamo lasciato il nostro e siamo entrati nella stradina per il Big Buddha quando una donnetta mi ha ricorsa gridando: Solly Solly! E mi ha dato un pareo arancione da mettermi addosso per coprire le gambe. Ho provato a spiegarle che ce l'avevo ma lei non mi ha ascoltata così me lo sono avvolta intorno alla vita e via. All'ingresso del tempio principale c'era un grosso albero con attaccate tante piccole campane con su scritte ricordi, preghiere, nomi, speranze. Le vendeva il banchino di fronte. Ovviamente per una cifra leggermente disonesta, ma pensavo peggio. La volevo comprare, volevo scrivere qualcosa di mio e, semplicemente, lasciarla dondolare sull'albero, possibilmente per sempre. Siamo entrati dentro passando accanto a qualche bancone vendente chincaglierie buddhiste. E poi c'era un monaco, per terra, che ti legava al polso un bracciale forgiato dai monaci stessi, con una cerimonia piuttosto solenne, davvero carina. Ho fatto la brevissima fila, composta solo da thai, per arrivare al monaco. Ho studiato i comportamenti di coloro che mi precedevano. Ho fatto altrettanto, abbassando la testa quando mi benediva, facendo un'offerta e abbassando tre volte consecutive la testa in segno di preghiera alla fine. Sono stata rispettosissima e alla fine ho anche detto kapkun ka (grazie), per non spezzare la magia che si era creata. E lui lo sapete cosa mi ha risposto? Bye bye! Comunque siamo saliti sugli scalini coperti da una tettoia tempestata di campanelle, fino al Big Buddha, passando accanto ad alberi fasciati di nastri rosacei e punti di preghiera con incensi e offerte. Il Big Buddha è davvero grande, e non è neanche terminato. Infatti sotto di lui c'è un tempio in costruzione. Dentro è completamente scarno, pieno solo di travi e di un altarino di buon auspicio. Girando intorno al Buddha abbiamo trovato altri altari e punti di preghiera. Il fascino è tanto. La vista su phuket è bella, si possono vedere un sacco di cose da quell'altezza. Io e Michel siamo tornati giù fino al venditore di campanelle, ne ho comprata una per 300 bath e ci ho scritto sopra Tato&Tata, i nomignoli mio e di Filippo. L'ho scritto con un uniposca blu che ho trovato sul tavolo, ma la scritta é venuta bella. Ho attaccato la campanella a uno dei rami più bassi. L'idea che rimarrà là, appesa, chissà per quanto, mi ha fatto sorridere. Siamo venuti via dall'area del Big Buddha e ho resistituito il pareo arancione alla donnetta ansiosa. Col motorino siamo scesi giù. A metà strada ho visto, sulla sinistra, un baretto con una bellissima veduta su una baia di Phuket. Ci siamo fermati e ci siamo fatti due foto cartolina. Siamo tornati a casa piuttosto stanchi ma io ero felice della giornata. Prima di rincasare siamo passati accanto a un porticciolo che piaceva a Michel e voleva farmelo vedere, ma non ricordo il nome. Siamo tornati a casa e pochissimo dopo era l'ora di cena (qua alle 18:30 al massimo ceniamo). Ovviamente Pi Jeed non si era assolutamente dimenticata del compleanno di Michel, infatti aveva anche invitato Jip, sempre così carina. Pi Jeed aveva deciso di festeggiare degnamente ordinando la pizza. Le quattro pizze erano: due a base di frutti di mare e frutta e due a base di pollo e peperoni... Ovviamente per un'italiana era come bere un bicchiere di veleno. Comunque ho apprezzato il cambiamento di gusto. Ho anche scoperto che per loro é normale mangiare la pizza a spicchi e non una a testa. Pi Jeed aveva preparato anche del pollo fritto, riso e altre leccornie. Stasera è emerso un suo lato della personalità che avevo già intravisto, ma ho avuto la conferma: Pi Jeed va matta per le foto. Completamente matta. Ti dice addirittura che posa assumere e non é mai soddisfatta del risultato, infatti dice sempre "one more, one more!". Ci siamo divertiti un mondo. Ci è solo dispiaciuto che Bang Wang, il mio host dad, fosse assente perché lavorava. Ma c'era Mona, la loro figlia, sempre carina e sorridente. Pi Jeed, quando ci faceva le foto in cui appariva anche lei, diceva: Mona, Mona, e faceva il gesto di stringersi come a dire che era grossa. Mona rideva, una ragazza dolcissima. Dopo questa divertente scenetta Pi Jeed si è assentata per un po' e ci siamo accorti che era schizzata al pc a mettere le foto su fb. Sono andata a letto non particolarmente presto, con un caldo asfissiante e la terrazza completamente spalancata.
8 Marzo PHUKET TOWN - PATONG
E' la festa della donna, ma nessuno mi ha fatto gli auguri. La giornata é iniziata al solito con un risveglio mattutino alle 6, preparazione delle cose e tutti in macchina con Bang Wang. Ma al progetto c'erano pochissimi bambini, una decina anziché 40-45 soliti, perché era Venerdì. Menomale il mio amore Sun c'era, e sono stata molto contenta di questo. Vederlo per me é una gioia ogni giorno. Abbiamo fatto le solite cose ma abbiamo terminato alle 11 perché le attività sono ridotte e i genitori vengono a prendere i bambini a scuola prima. Appena finito siamo schizzati subito a casa, ho raccolto le cose in un paio di borse e son partita con Michel, che mi dava uno strappo, alla volta di Patong, una zona molto famosa di Phuket. Infatti avremmo passato il weekend tutti insieme là: io ci avrei dormito due notti, Vi e Jolanda idem, Michel solo sabato e Laurien idem. Ma Michel avrebbe passato con me la giornata al mare, dato che mi accompagnava col suo motorino. Sicché ci siamo fatti una lunga traversata fino a Patong, circa 40 minuti di moto, avevo il sedere insensibile alla fine. E ho rischiato una ventina di volte la vita. Siamo arrivati all'hotel a Patong, 10 min a piedi dalla stradina principale di Patong, bangla road, e 15 dal mare. Bang Wang, il nostro host dad, aveva parlato con il proprietario di questa guesthouse dicendo di trattarci bene. Noi pensavamo chissà cosa e invece per entrare devi passare in un salone prr capelli e le stanze erano parecchio decadenti, anche se la mia aveva la jacuzzi, ma piuttosto antiquata. Il problema é che abbiamo pagato 1200 bath a stanza quando ne valeva 400-500 massimo. Intorno alla guesthouse ce ne erano almeno altre 4/5 a prezzi più convenienti e stanze migliori. Ma avevamo ricevuto un favore da Bang Wang e non mi andava di cambiare hotel, principalmente per lui. Ho pagato le due notti e sono uscita subito dalla stanza, manco il tempo di appoggiare le cose, a parte il casco di Michel che mi aveva chiesto di lasciare in camera mia per comodità. Michel mi aspettava nel bar giù di sotto a bere una birra. Siamo andati così a piedi fino alla spiaggia, quindi abbiamo attraversato tutta Patong. La città é notturna, di giorno è solo l'appannaggio del vigore della sera prima. Difficile da descrivere come sia Patong, specialmente di giorno, quando non riesci a capire il filo conduttore del suo tutto. Un insieme di bar formati solo da banconi coi pali della lapdance sotto porticati, vetrine, fake di borse e orologi e ristoranti di ogni tipo. Dalla guesthouse ho attraversato un mercato di fake, passata accanto all'ex Tiger (il locale più famoso di Patong) e siamo entrati direttamente nel Big C, il più grosso centro commerciale di Patong e forse anche di phuket, al massimo secondo solo al central festival, che é un colosso. Il big C ha tutto. Dai mc donalds agli starbuks passando per una specie di mercatino interno e ristoranti di ogni tipo. La corta interna è carina, è tipo una piazzetta, e ha i festoni del capodanno cinese, ornati di fiori di pesco. Abbiamo attraversato il Big C fino alla via più famosa di Patong, Bangla Road. Là c'è il nuovo Tiger e anche il Moulin Rouge, che di notte si riempie di russe spogliarelliste. Anche qua fake e locali lapdance si alternano vertiginosamente. Alla fine della via sorge la spiaggia. Ci siamo fermati poco distanti da Bangla Road, io ho preso un lettino e Michel no, e ci siamo subito tuffati in acqua. Il mare fa pietà, blu e pure sporco. In più, tristezza delle tristezze, ci sono delle boe disposte a quadratino che delimitano la zona balneare. Quindi fate il bagno in 30 in uno spazio microscopico. Abbiamo trascorso qualche ora là. Dopodiché abbiamo continuato un giro a piedi nella via del lungomare, piena di centri commerciali e catene di ristoranti. Siamo risaliti da un mercato chiuso, tipo piccolo suk, ma tutto di falso. Michel mi ha fatto vedere le vie degli "happy end massage", ovvero i massaggi che finiscono con prestazioni sessuali di vario genere. Sono facilmente riconoscibili dalle massaggiatrici che, anziché essere normalmente assortite come in tutti i centri, sono giovanissime e bellissime, super tirate, truccate e con i tacchi. Anche l'ambiente è riconoscibile in quanto squallido e scarno. In una via c'erano decine e decine di centri massaggi. Poi siamo entrati in un palazzo a vetrata. Al primo piano c'è una stanza buia con una vetrina dietro la quale stanno sedute tante donne con un numerino. I clienti scelgono la donna con cui vogliono fare sesso, lei esce dalla vetrina, e si appartano. Allucinante, alla fine mi veniva da scorticarmi la pelle dal nervoso. Siamo tornati al Big C per una giratina e uno spuntino frugale. Mi ha chiamata Vi e ci siamo beccati tutti insieme (io, Vi, Jolanda e Michel) nella piazzetta centrale del Big C. Siamo andati in Bangla Road, in un bar all'aperto, che in realtà è un vecchio bus tinto di rosa abidito a bar. Il bus rosa si trova dalla parte opposta della strada di fronte al Tiger Bar. Ci siamo fatti due giri di bevute e abbiamo visto scendere la notte e le sue creature. Donne in tacchi e microvestitini sulla strada, venditori di ogni cosa, macchine con musiche che promuovevano gli incontri di thaiboxe, spogliarelliste che montavano a lavoro, musica altissima spaccatimpani in ogni dove. La notte di Patong. Io ero ancora vestita da mare, con un vestitino verde e sotto il costume bagnato, mi stavo ammalando con tutta l'aria condizionata e poi caldo umido che si alternavano. Jolanda aveva fame e voleva andare a cena, io mi sentivo piena e così sono tornata in hotel con Michel che rivoleva il suo casco. Poi lui è andato a casa a Phuket Town e io sono rimasta nella mia stanza d'albergo. Unico problema? Telefono scarico e caricabatterie a casa a Phuket Town. Computer carico ma internet non funzionante sul pc, solo sul tel. In preda a una micro crisi isterica (quando le cose non vanno come la avevi programmate) sono andata a letto spengendo il telefono, stando alla sorte.
9 Marzo PATONG
Ho puntato la sveglia presto, nonostante fosse sabato e giorno libero, perché il telefono era completamente morto, e così anche i miei contatti col mondo esterno. Dovevo trovare una soluzione, e così sono uscita dall'hotel di buona ora. Sono passata dal 7Eleven dietro l'angolo per prendere acqua e uno yogurt e ho fatto colazione mentre andavo verso il Big C. Tutto era chiuso sprangato. Ho chiesto a che ore aprisse e mi hanno detto: alle 10:30. Minchia, se la prendono comoda... Mi ha chiamata Vi e ci siamo trovate davanti al Big C. Era appena aperto Starbuks e così ci siamo messe dentro per un pochino, il tempo che aprisse il centro commerciale, chiacchierando sulle avventure e disavventure della notte precedente. Poi abbiamo fatto un giro dentro il Big C, con i negozi ancora intorpiditi o del tutto addormentati. La parte tecnologica ancora chiusissima. Nel mentre ci hanno chiamate Michel e Laurien e li abbiamo raggiunti all'hotel. Jolanda era ancora a letto dopo la brutta sbronza della sera prima. Tutti insieme siamo tornati al Big C, finalmente aperta la zona commerciale. Ho comprato il caricabatterie e siamo andati sulla spiaggia. Il mare caldissimo e placido, più chiaro del giorno prima. Verso l'ora di pranzo è arrivata Jolanda, e io e Laurien siamo andate a pranzo al Big C in un ristorante cinese di altissimo livello, davvero ottimo. Dopo pranzo ci siamo fatte un giro per i negozi e i fake market. Poi siamo tornate sulla spiaggia e Laurien si era ustionata la pelle e si è fatta fare un massaggio all'aloe vera sulla spiaggia, contro le scottature. Sembra bava di lumaca, e devi tenerlo in posa due ore. Ma lei stava sclerando, aveva bisogno di una doccia. Così siamo tornati tutti in hotel. Dopo la doccia mi sono vestita e son venute in camera Jolanda e Laurien, alle quali non andava internet e la mia stanza era l'unica con wifi funzionante. Dopo poco ci siamo trovati tutti giù per cena. Ci siamo infilati in un ristorantino all'aperto libanese, davvero orribile. Ognuno ha preso un piatto di un posto diverso del mondo, io sono rimasta sul fried rice with chicken thailandese. Dopo cena siamo andate all'ex Tiger Bar, zero clienti ma pieno di ladyboys. C'era anche un avvenente russo con la sua bambina mezza thai. Poi siamo tornate al bus rosa della sera prima. E, dopo, il nuovo Tiger Bar in Bangla Road. Il Tiger è davvero bello, nel senso che è enorme e il concetto di poter ascoltare musica commerciale stando seduti su sgabelli a un bancone a me piace, ci sono poche vie di mezzo in Italia (pub o discoteca) e quindi lo apprezzo. Ma ovunque ci sono lapdancer che ti mostrano le loro nudità, ragazzine vendute agli uomini, che quando passano le palpeggiano. Bar con nomi sessuali, più o meno espliciti. Il paradiso del sesso a pagamento. Ho visto tantissimi turisti, specialmente italiani e russi. Uno schifo incredibile. Ma anche tantissimi vecchi con ragazzine thailandesi sulle gambe. Se però non ci pensi, o perlomeno argini il pensiero, Patong è un posto dove la musica è alta, la birra scorre e tutto è stato creato per il divertimento. Ci siamo bevute una birra e ci siamo divertite, con Michel che spariva ogni due per tre. A mezzanotte è scattato il compleanno di Jolanda e le abbiamo fatto gli auguri. Verso le 1:00 io e Laurien siamo tornate a piedi in hotel (con lei ubriaca, uno spasso!) mentre gli altri son rimasti un'altra mezz'ora, e siamo andate a letto con io che svarionavo dal sonno. Lei mi è anche entrata in camera, dopo mezz'ora che ci eravamo lasciate, per chiedermi una cosa, senza bussare. Ed io ero sonno profondo, con solo le mutande addosso per il caldo.
10 Marzo PATONG - PHUKET TOWN
Avevo puntato la sveglia ad un'ora decente ma volevo riposare un po'. Non ce n'è stato bisogno perché Laurien mi ha buttata giù dal letto all'alba, telefonandomi con una parlantina incredibile. Ho mandato un sms a tutti gli altri e noi, nel frattempo, siamo andate a fare una passeggiata per Patong. Ci siamo perse sette o otto volte, alla fine abbiamo trovato un carinissimo posto dove fare colazione, sotto un bell'albero e vicino a una piscina privata di un hotel (Jang Resort). Mentre facevamo colazione Vi mi ha chiamata dicendo che erano tutti insieme allo Starbuks del Big C. Finita colazione li abbiamo raggiunti e ci siamo salutati prima di separarci: Michel sarebbe andato da alcuni amici francesi appena arrivati a Phuket, Vi e Jolanda a casa e io e Laurien saremmo rimaste a pranzo a Patong e poi a casa subito dopo. Io e Laurien abbiamo fatto le valige e siamo tornate al meraviglioso cinese a Big C (MK Restaurant), spendendo più della sera prima. Abbiamo trovato un tuktuk per Phuket Town dovendo un po' contrattare, ma sono parecchio rigidi, perché abituati al turismo. Il viaggio per Phuket, sul retro aperto del tuktuk, è stato piacevole. Quel venticello che dava refrigerio e i paesaggi thailandesi. Laurien, ansiosissima, ha cominciato ad avere paura perché la strada non le tornava e pensava che l'autista avesse sbagliato strada. Io ho attivato la modalità chill out portandola alla calma. Infatti, poco dopo, siamo arrivati alle porte di Panason Village, diretti nella villettina di Pi Jeed. Ci hanno accolte con grande dolcezza, come sempre. Siamo salite un secondo di sopra per una doccia, poi abbiamo aspettato Pi Jeed e Bang Wan che erano andati a prendere Mona (la figlia) per andare tutti alla festa di Jolanda a casa sua. Siamo andati in tre sul motorino di Michel a casa delle ragazze. Al tavolo esterno, già apparecchiato e col cibo, c'erano le 3 norvegesi, Jip, Bang Sanan (l'host dad di Vi e Jolanda), Vi, Jolanda, poi sono arrivati i nostri host parents. Sulla tavola c'era un enorme vassoio di pad thai, frittelle di cocco, un sacco di cose buone. Abbiamo passato una bella serata tra regalini e piantini di Jolanda :) ad un certo punto mi sono sentita in una grande famiglia multiculturale. Poi tutti a nanna.
11 Marzo PHUKET TOWN
Solita sveglia, solita macchinata tutti insieme e tutti al Baan Lung Pitak. Oggi è il compleanno di Kuk. Lei è la mamma di uno dei bambini del Baan Lung Pitak, il piccolo Stika. E' molto povera, talmente tanto che non ha i soldi per pagarsi un dentista, nonostante una grossa infezione gengivale. Ha vissuto sul marciapiede, dormendo sul suo motorino, per anni. Lei era una motortaxi driver, ma il motorino è invecchiato ed è diventato vecchio e cigolante, e lei ha perso quasi tutti i clienti. La sua è una delle tristi storie della Thailandia povera. Pi Jeed l'ha presa a cuore, e spesso la fa stare da lei, per farsi la doccia o per cenare. Il piccolo Stika è dolcissimo, sempre sorridente e solare, un bambino meraviglioso. Per il compleanno di Kuk abbiamo deciso di fare qualcosa di speciale. Poco dopo il nostro arrivo al Baan Lung Pitak è arrivata anche Pi Jeed col suo scooter che ha preso me e Laurien e ci ha portate, sul motortaxi di Kuk, al mall Robinson. Abbiamo comprato, coi soldi nostri e di Michel, pasta, pomodoro e verdure. Oggi si cucina la pasta! Finalmente qualcosa di sano per i bambini... loro le verdure non le mangiano mai. Pi Jeed, innamorata come è delle foto, ha voluto un reportage fotografico di tutta la nostra spedizione al Robinson. Ci siamo anche fermate al mercato di fronte al mall, e Pi Jeed ha voluto foto in ogni momento!Poi ci siamo dirette nel grande bar dove si fanno le torte americane, ovviamente ho intrattenuto Kuk fuori, per evitare che vedesse la torta del suo compleanno... Tornati al Baan Lung Pitak mi sono messa a cucinare. Tra formiche e caldo infernale non è stato semplice. Ma alla fine sono riuscita, con l'aiuto delle bambine più grandi, a bollire l'acqua, saltare pomodoro e verdure tritate nel wok, saltare la pasta nel sugo e poi servire tutto ai bambini. In tutto ciò c'era la tv a fare una ripresa per uno dei più grossi emittenti thailandesi. Mi hanno ripresa in ogni momento e posizione, mentre cucinavo e servivo. Alcuni bambini hanno apprezzato (tra cui il mio meraviglioso Sun), altri no, non essendo abituati al sapore. Finito tutto ero stravolta, davvero morta. Siamo tornati a casa e mi sono presa un pomeriggio di relax. La sera è arrivata Kuk e abbiamo cenato tutti insieme, alla fine abbiamo consumato un cheescake che ho assaggiato anche io. Il cheescake era il nostro regalo per lei, e lei era felice. Sono andata a letto stravolta.
12 Marzo PHUKET TOWN
Oggi giornata regolare. Bellissima mattinata con i bambini. Sono venute a trovarci un sacco di persone: un signore australiano che ha le toilette pubbliche a Patong sulla spiaggia. Lui porta sempre ai bambini la frutta, e viene una volta a settimana. Sono venuti anche altri signori thailandesi, tra cui un signore molto anziano che ha offerto a noi volontari alcune cose da mangiare. Poi pomeriggio a casa relax tra skype e chiacchiere tra volontari.
13 Marzo PHUKET TOWN
Stamani altra bella mattinata al centro, strigendo ancora di più il mio rapporto coi bambini. Tutti erano euforici per l'arrivo, domani, di Miss Thailand. Pi Jeed ci ha ripetuto più volte di farci belle per l'indomani. Così, appena uscite dal Baan Lung Pitak, io a Laurien abbiamo preso il bus rosa numero 2 per Robinson e ci siamo perse nel reparto trucchi. E' stato divertente e abbiamo provato un sacco di trucchi e di vestiti. Laurien sarebbe voluta andare al mercato dei vestiti per trovare una camicetta carina per Miss Thailand, ma ci siamo imbattute in un centro massaggi di nome Ande. Ci siamo concesse due ore di massaggio agli oli essenziali al corpo e riflessologia plantare per pochi bath. Siamo state talmente bene da voler lasciare una buona mancia. La sera avremmo voluto passare una serata di chiacchiere e maschere rilassanti per il viso, ma alla fine Laurien aveva da fare su skype e io mi sono vista un film sul laptop.
14 Marzo PHUKET TOWN
Oggi al day care center è arrivata Miss Thailand. Pensavo che fosse una sola Miss e invece era il concorso che in questo momento sta avvenendo nella Rai uno thailandese. Abbiamo dovuto truccare e vestire con abiti tradizionali alcuni bambini, che hanno selezionato per bellezza e dimestichezza nel ballo, che avrebbero fatto i portavoce degli altri in prima fila, con un ballettino buffo. Io ho truccato insieme a Pi Jeed. Le bambine erano tutte orgogliose dei loro musetti dipinti! Quando sono arrivate le Miss il piccolissimo centro si è trasformato in un treno merci completamente pieno, con la gente pressata che si litgava l'ossigeno. Le Miss, tutte con sorrisi smaglianti e carnagione paradossalmente chiarissima, stavano in posa con la stessa magliettina e il numerino al polso. Hanno portato peluche e giocattoli per i bambini (cioè tutto ciò che non gli serve) ed erano circondate da dozzine di emittenti televisive e giornalisti famosi. I bambini non respiravano più, circondati da gente e spupazzati da queste Miss con tanto di finti piantini scenici. Michel, impazzito tra tutte queste Miss, ha cominciato a parlare con tutte e a intrattenerle con storielle varie. Alla fine ha iniziato a dire a tutte che io ero Miss Italia. E loro mi guardavano tutte entusiaste, credendoci. I bimbi alla fine erano veramente esausti. Anche perché avevano anticipato il pasto e non dormito. Alla fine della visita abbiamo sbaraccato tutto e siamo venuti via. Sono venute a casa con noi anche Vi e Jolanda che sono rimaste anche a cena da noi. La notte sempre calda e con terrazza aperta.
15 Marzo PHUKET TOWN - PHI PHI DON
Oggi è stata una giornata più che intensa. Ci siamo svegliati e siamo andati al Baan Lung Pitak indossando le magliette Projects Abroad, questo accade quando ci sono eventi speciali. E oggi avremmo avuto due eventi speciali. Il primo è stato il mio addio. Quello formale, diciamo. Infatti ho cessato l'attività col progetto esattamente oggi, anche se rimarrò un'altra settimana in maniera indipendente. Hanno allestito una seggiola di plastica in mezzo alla stanza principale, quella dove i bambini cantano e dove ci sono le foto del re. I bambini, in fila indiana, mi hanno portato una rosa rossa ciascuno. In quel momento hai mille emozioni, e sono sicura che se fosse stato veramente il mio ultimo giorno avrei pianto come una fontana, ma fortunatamente ho potuto viverlo serenamente. Sun mi ha portato la sua rosellina, oggi era molto affettuoso. Dopo un po' ci hanno raggiunte anche le volontarie di Holland House e siamo andati tutti insieme nel carcere femminile, attaccanto al mio centro. Per me questa esperienza era molto importante, in quanto è la base per la mia tesi universitaria. Ho avuto anche il permesso di intervistare qualche madre. Abbiamo conosciuto i secondini addetti alla sicurezza e un intermediario che ci avrebbe fatto da garante. Entrare in un carcere thailandese è un'impresa difficilissima. Ci vogliono molte raccomandazioni e spinte ma, soprattutto, motivazioni valide. I dentenuti possono incontrare i parenti una volta al mese, per cinque minuti, dietro delle grate. Abbiamo avuto molta fortuna a poter assistere ad un evento simile. I secondini hanno chiuso alle nostre spalle il primo enorme cancello di ingresso al carcere. Ci siamo trovati in un punto di passaggio, piuttosto buio. Abbiamo fatto le foto di rito, con tutti i beni che avevamo comprato per le donne in carcere. Solo allora mi sono accorta che quel punto di passaggio dava direttamente al carcere maschile, separato da noi solo da un altro grosso cancello. In realtà sembra una cittadella, con torrette e una piazzetta. I megafoni riproducevano inquietanti voci. Centinaia di uomini a torso nudo eseguivano esercizi ginnici, urlando canti come i maori del rugby, o come 300 spartans, all'unisono. E' stato scioccante, cruento, forte. Tutte noi eravamo piuttosto sconvolte e spaventate. Di lato una porticina portava alla sezione femminile. Anche questa parte somigliava alla maschile in quanto a megafoni e struttura. Ma le donne, per la precisione 380, erano radunate sotto una tettoia sorretta da pilastri. Stavano rannicchiate, coi loro pochi averei sotto le gonne. Vestivano delle divise composte da una maglia con scollo a V e una gonna lunga a fascia, di due colori: salmone o azzurro, a seconda della pena inflitta (un colore sapevano già la durata della pena, l'altro no). Pi Jeed ha voluto fare molte foto, soprattutto con il materiale che abbiamo portato alle prigioniere. CI guardavano, triste e sperdute, come se fossimo stati degli alieni. C'erano delle madri, con dei bebè in braccio, e stavano in un casottino a vetrata, con un tavolo d'acciaio dove cambiare i bambini. Una tristezza unica. Poi mi hanno concesso l'intervista, che non trascriverò perché deve essere ancora approvata dalle autorità thailandesi. Jip faceva da traduttrice, e le donne che ho intervistato erano le mamme di Ti, Nam Ken e Fim, tre bambini del Baan Lung Pitak. E' stata un'intervista toccante, soprattutto da un certo punto in poi. Le lacrime erano d'obbligo, anche se ho provato a respingerle con tutta me stessa. Finita l'intervista mi sono soffermata a parlare con altre donne, turiste. Infatti erano le uniche che parlavano inglese. C'era una ragazza dello Zimbabwe, diceva d'esser là per il commercio illegale di treccine. Tre russe, una delle quali bellissima, erano là da anni, per il furto di un orologio d'oro. Quella bellissima aveva il fidanzato nell'ala maschile. Lei poteva scrivergli una lettera al mese, in inglese o thai (perché i secondini devono controllare) e lui non conosceva né inglese né thai. Quindi lei piangeva, ed era disperata nel ricordarlo, la difficoltà e la solitudine che stava provando. Poi c'era una donna malese. Piccola, gracile, sembrava più sudamericana. Parlava un ottimo inglese, anche se a voce bassa, come tutti gli asiatici. Mi ha raccontato la sua terribile storia, fatta di 3 figli piccoli, una madre invalida, nessun marito (ha allevato i figli da sola), e una incarcerazione (lei dice) per un errore. La sua storia era struggente, di quelle che ti tolgono il sorriso per giorni. Un dolore immenso mi ha accompagnata per tutta la durata del racconto. Il suo dirmi che non mangiava, non voleva visite né cure perché voleva che tutto andasse ai suoi figli, che erano a casa ad aspettarla. La sua vita finita, distrutta, cambiata per sempre. Alla fine del racconto mi ha abbracciata forte, piangendo. In quel momento non ho avuto paura che le guardie potessero intervenire, cosa che infatti non hanno fatto, la vedevo la cosa più naturale del mondo. Ha voluto la mia mail per scrivermi una volta libera. E io spero di ricevere la sua mail molto presto. Finita la lunga visita (due ore) al carcere siamo usciti tutti in lacrime. Tornata al Baan Lung Pitak avevo solo voglia di abbracciare forte i miei bambini, in silenzio. Io, Laurien, Vi, Michel e Jolanda siamo usciti dal centro e abbiamo aspettato il minibus che ci avrebbe portato al Porto di Phuket, incluso nel biglietto per Phi Phi Island. Infatti era appena iniziano il week end. Anche se velato di questa profonda tristezza che ci ha portato la visita al carcere. Io ho camminato e mi sono mossa come in una bolla di sapone, tra la tristezza e la stanchezza, fino al traghetto. Enorme, pieno di turisti, dove ci hanno bollati con un adesivo colorato e spinto dentro. Ci siamo sedute al piano di sotto, Michel invece sul tetto all'aria aperta. Un'ora e mezza circa di traghetto dove ho provato a dormire nonostante l'odiosa aircon. Siamo arrivati a Phi Phi Don e, fortuntamente, il non avere borsoni ma solo lo zainetto, ci ha velocizzato le manovre di discesa. Non avevo idea di quanto fosse grande l'isola, ma ho subito realizzato che il centro fosse minuscolo quando, nel chiedere dove fosse il nostro hotel (nella parte finale del centro) ci hanno detto di camminare 5 minuti. Abbiamo percorso le due vie principali (lungomare e una che sale), piena di ogni cosa: souvenir, un sacco di baracchini col cibo, ma soprattutto pub e ristorantini. Le macchine sono vietate a Phi Phi Don, questo crea un'atmosfera turistica ma rilassata, thai time alla grande qua. La fauna tustistica è principlamente di giovani, e questo contribuisce a un clima simpatico e festoso. Le persone più ricche ed adulte stanno in resort nelle zone più appartate dell'isola (che io sconsiglio vivamente perché ci vuole la barca per raggiungerli) oppure fanno escursioni di un giorno da Phuket. Ho sempre sentito racconti contrastanti su Phi Phi Don, chi dice che sia meraviglioso, un posto dove stare per mesi, chi invece lo definiva un trappolone turistico affatto affascinante. Io credo che il feeling e l'amore per un posto sia profondamente irrazionale. Posso avere dei canoni di piacevolezza, ma a volte vengono completamente spazzati via da un semplice "piacere" che, magari, sarebbe stato impensabile. Phi Phi Don è turistica, costruita solo per turisti e americanizzata, ma io l'ho amata da subito. E così anche gli altri volontari. Abbiamo creato energia positiva e, forse per questo, ci siamo divertiti subito. Con i nostri zainettini ci siamo incamminati su per la via principale, piccola e stretta, da l'idea di una viuzza di campagna, e abbiamo subito adocchiato un paio di posti famosi: il thai boxe, l'Irish Pub e il Dojo Bar. Abbiamo continuato a salire e ci siamo trovati davanti l'hotel di Vi e Jolanda, il Sabai House (non c'era più posto perché Phi Phi si riempie velocemente e allora abbiamo deciso di separarci ma di stare in hotel attaccati). Io e Laurien abbiamo continuato per altri 2 minuti e, sulla sinistra, ci siamo trovati il nostro hotel: Dee Dee Beach House. Ci abbiamo messo 5 secondi per capire che fosse un piccolo paradiso, e ci avevo visto lungo quando avevo prenotato questo hotel su Agoda. L'ultimo hotel del centro e il primo sulla spiaggia: perfetto! La nostra stanza era un bungalow sulla spiaggia, con il lavapiedi con i fiori di loto davanti alla porta, la porta a vetri, lettone king size e una stanza linda. La spiaggia risente molto delle maree e non è chiarissima, ma è bellissima, incastonata tra le bellissime montagne verdi nel mare. Un gioiellino. Felicissime ci siamo rinfrescate per cinque secondi. Michel, che ci era venuto dietro per vedere la sistemazione, aveva preso una stanza in un hotel accanto al Sabai House. CI siamo dati appuntamento dopo 15 minuti al ristorante del Sabai, dove Michel aveva preso una birra. Io, Laurien e Michel infatti domani andremo a fare l'escursione di un giorno a Phi Phi Leh, la famosissima isola paradiso naturale. Abbiamo scelto una piccola agenzia poco più avanti, sulla destra. La signora, una musulmana col velo, ci ha venduto l'escursione a un prezzo ragionevole (alla fine poi i prezzi si equivalgono). Abbiamo scelto l'escursione nella small boat, che prevede una ventina di persone, mentre la big boat ne prevede anche un centinaio, ma costa 100 bath meno. Secondo me non c'è nemmeno paragone, oltretutto il giro che ci proponeva era di arrivare a Phi Phi Leh al tramonto, il che avrebbe scansato la mole di turisti delle big boat, che arrivano là all'ora di pranzo. Abbiamo comprato i biglietti e abbiamo continuato per la strada principale fino a posto, tipo bar, dove fuori però vendevano spiedini invitanti. Abbiamo preso spring rolls, spiedini di granchio e di pesce e ci siamo seduti dentro. Lo stile del posto è meraviglioso: pareti a lavagna con ricette e menù scritti perfettamente con il gesso, tavoli in legno e arredamento curato. Ma lo staff familiare non parlava inglese tanto bene, ed era piuttosto freddino. Ci siamo rilassati un po' e poi siamo ripartiti e, stavolta, siamo andati sul lungomare. Abbiamo trovato tantissimi ristornanti BBQ e bar sulla spiaggia con grosse tende bianche e maxi cuscini, un vero paradiso. Qua non ci sono le macchine come ho detto, ma in compenso bici e carrettini vanno come pazzi. Infatti Michel, che è solito avere la testa tra le nuvole, ha avuto un brutto scontro con una bici. Menomale nulla di grave. Stava calando un doratissimo tramonto su Phi Phi Don. Le tipiche barche thailandesi oscillavano leggere sul mare color oro, liquido, brillante. Alla fine della via, prima di svoltare obbligatoriamente a sinistra, abbiamo trovato uno dei tanti centri massaggi. Era squallido e sembrava una piccola macelleria con brutte operatrici (molto diverso da Patong, qua niente happy end!), anche i prezzi erano maggiorati. Infatti un massaggio ai piedi reflexolofy massage costa 300 bath normalmente, qua massaggio ai piedi normale 400, reflexology tipo 600. Ladri. Ma avevamo proprio bisogno di un massaggio e abbiamo deciso di concedercelo tutti e tre. Michel ha optato per uno agli oli, Laurien uno alla schiena e io uno reflexology. La tizia che me lo faceva non era brava, anzi penso il più noioso e brutto massaggio da quando sono in Thailandia, ma parlava bene inglese e ci siamo concesse una bella chiacchierata. Le ho domandato un po' come le thailandesi vivono il turismo, come vivono le altre thailandesi di Patong, come vivono il cambiamento degli ultimi decenni e poi abbiamo parlato dello tsunami. Alla fine sono stata felice di quel brutto ma simpatico massaggio. Vi e Jolanda ci stavano raggiungendo e, casualmente, ce le siamo trovate davanti pur senza aver fissato là. Era calata una bella sera blu, piena di lucine delle lanterne e delle insegne dei piccoli shops. Dopo un po', sempre sul lungomare, abbiamo trovato un bel posto accogliente, curatissimo e occidentale, il Carlito's Bar. Vi voleva sedersi ma Michel no dati i prezzi alti, alla fine ho mediato e abbiamo deciso di andare. Ci siamo seduti sotto questa tettoia sulla spiaggia, su magnifici cuscini bianchi, e mi sono concessa il primo banana shake del viaggio, una droga!! Abbiamo fatto un gioco e ci siamo dati i nomi del gruppo: The Toucher (Michel) perché tocca tutti, The Mojito Girl (Vi) perché adora il Mojito, The ChillOut (Jolanda) perché è sempre calma, Pasticciona (Laurien) è il nomignolo che le ho dato una volta quando, presa dalla rabbia, non sapevo come tradurlo in inglese e gliel'ho detto in Italiano. A me hanno detto prima "Sexy Girl" perché lo staff thailandese mi chiama così, e poi invece hanno optato per "The Mentalist" perché analizzo tutto. Abbiamo passato qualche ora là sotto tra musica rock dal vivo, bevande e chiacchiere, con una leggera e bellissima brezza, e ho pensato di essere davvero davvero davvero felice. Affamati ci siamo mossi dal Carlito's Bar alla volta di un ristorante. Prima però ho trovato un piccolo market che vendeva le lanterne thai, che nessuno conosce (probabilmente hanno un nome particolare). Ne ho presa una per 300 bath (tantissimo). E' davvero enorme, e delicatissima, quindi avevo il terrore di spezzarla e me la sono portata a braccio tutto il tempo. La maggioranza ha vinto (di cui non facevo parte) e siamo andati in un ristorante dal nome italiano. Ho scoperto con stupore quanto vadano di moda i ristoranti e i piatti italiani. Ogni giorno, anche nel ristorante thai che più thai non si può, qualcuna di loro prendeva spaghetti alla bolognesA (immancabile "a" finale") o bruschetta. Io ero sconvolta. In questo ristorante, come in molti altri, si entrava solo scalzi. Solo che, essendo molto grande, aveva raccolto un cimitero di sandalini e converse davanti. Ci siamo seduti a un tavolone vicino alla cucina, con la lanterna appoggiata a una sedia come una persona. Immancabile wifi nel ristorante che mi ha concesso di chattare con Fili per tutto il tempo. Finita cena siamo andati al Dojo Bar. Il Dojo è ad un angolo ed è fatto (come quasi tutto qua in Thailandia) come una grossa tettoia sorretta da pilastri. la musica commerciale altissima e i tantissimi ragazzi dentro lo rendono una vera calamita. Ho lasciato la lanterna dietro il bancone, nelle buone mani di un barman identico a Lenny Kravitz, e ci siamo davvero divertiti. Abbiamo ballato senza limite, senza regole, senza convenzioni. Lontana dalle norme fiorentine, dall'essere dabbene, dal pudore. Della serie: chi cazzo mi conosce qua, anche se ballo come una matta tanto mi dimenticherò di tutti e tutti si dimenticheranno di me! Con questa filosofia collettiva ci siamo scatenati ed è stato bellissimo! Michel è stato il più in forma di tutti, completamente di fuori ha ballato tutto il tempo in preda a una trance positiva. Siamo stati fino verso le 1:00, poi io stavo accusando la sveglia all'alba della mattina e le numerose emozioni della giornata, e sono tornata in camera seguita da Laurien. Ci siamo addormentate dopo un'intensa lotta su condizionatore-sì o condizionatore-no. Alla fine ho vinto io e l'abbiamo spento, ma abbiamo tenuto la porta finestra socchiusa ma con tenda leggermente tirata. Alle 2:30 circa, in preda a sonnambulismo, ho creduto di vedere Vi correre con un ragazzo e tuffarsi in acqua. Sono scesa dal letto e li ho seguiti, sempre in questa trance tipica del sonnambulismo. Sono arrivata davanti all'acqua e volevo nuotare, ma mi sono ricordata di essere vestita. Tre persone chiacchieravano con una birra sulla spiaggia e si sono fermati a guardarmi, io ho detto loro che c'era una mia amica in acqua. Mi sembrava di vedere Vi tuffarsi da una barca thailandese. Poi son tornata a letto capendo che stavo dormendo.
16 Marzo PHI PHI DON - PHI PHI LEH
Stamani
mi sono svegliata prestissimo per andare in bagno. Laurien, nonostante dormisse,
ha iniziato a dire che aveva caldo e che voleva accendere l'aria condizionata. A
modo suo l'ha ripetuto 3 volte, alla fine, piuttosto innervosita, gliel'ho
accesa e sono uscita a guardare sorgere l'alba sulla spiaggia. Ovviamente era
totalmente deserta e c'era la marea bassissima! Talmente tanto bassa che ho
detto "vai, c'è lo tsunami". Barche completamente areanate e per un
centinaio di metri e più solo sabbia. Il mare lontanissimo. La wifi faceva
anche in spiaggia e così ho scritto a mia mamma e fil, in Italia era sera. A un
certo punto, in lontananza, è comparso un ragazzo. Torso nudo, tipo in mutande,
camminava sbandando, era completamente cotto. Aveva perso la strada di casa
perché aveva sicuramente partecipato a uno dei rave sulla spiaggia, e non
riusciva nemmeno a parlare. Alla fine si è ostinato ad andare a destra, tra gli
scogli, dove ovviamente è cascato facendosi pure male. Dopo tre ore ha capito
che l'unica strada per tornare in centro era quella del Dee Dee Beach, e mi è
passato accanto senza nemmeno vedermi. Dopo un po' sono comparse le prime
persone, qualche corridore che faceva footing, qualche thailandese che
controllava il mare. Insomma, vita di tutti i giorni a Phi Phi Don. All'ora
giusta ho svegliato Laurien e ci siamo preparate per fare gli zainetti, andarli
a portare al Sabai House (non essendoci più posti al Dee Dee abbiamo deciso di
passare la seconda e ultima notte là) e andare a fare colazione. Abbiamo fatto
tutto questo molto velocemente e abbiamo fatto colazione con Michel, che abbiamo
trovato già là, al ristorante accanto all'agenzia. Una cosa davvero buffa che
c'è in questi paesi è che la colazione la fai nei ristoranti, non esistono i
bar come da noi. Ovvero, ora iniziano ad esistere, ma normalmente la colazione
la fai nei ristoranti, che sono aperti ininterrottamente dalla mattina alla
sera. Abbiamo mangiato frettolosamente una colazione a base di uova per me e
Nutella per Laurien e poi ci siamo fatti trovare davanti all'agenzia. Un tizio
in bicicletta stava aspettando noi e un ragazzo altissimo tedesco. Ha
scampanellato in segno di partenza e si è avviato per la strada principale con
noi che lo seguivamo. Poi si è fermato di fronte a un'altra agenzia e ha fatto
lo stesso con altra gente, e così via. E' stato divertentissimo: in assenza di
macchine si segue la bici a piedi! Ci siamo fatti tutto il centro e il lungomare
raccattando gente, fino al porticciolo di Phi Phi Don dove partono le small boat
per Phi Phi Leh. In realtà è solo una spiaggia dove sono attraccate alcune
barchette di legno. L'acqua è cristallina e bellissima, di mattina si vede
ancora di più. La colazione era inclusa nel prezzo ma noi non lo sapevamo. La
gente mangiava a questo buffet sulla spiaggia ingozzandosi di maiale e riso, non
proprio leggero alle 8 di mattina. Dopodiché ci hanno infilato nelle barche e
siamo partiti. La barca era al completo, io sedevo accanto a Laurien e
Michel accanto a un tizio incontrato per caso, di Barcellona, e hanno iniziato
una superconversazione in spagnolo.
La barca si è fermata dopo poco, costeggiando poco a largo della costa di Phi
Phi Don, abbiamo scorto alcuni dei resort isolati, quelli circondati da
centinaia di metri di rocce. Mare bellissimo ma una noia mortale. Il punto
doveva essere le shark point, ma di shark neanche l’ombra, classica trappola
per turisti. Abbiamo proseguito per un bel pezzo, dove ho fatto amicizia con un
gruppo di ragazzi di tutto il mondo che facevano l’università a Bangkok.
Siamo giunti a questa spiaggia incantata, cristallina, pura, di nome (mi pare)
Bamboo island. CI hanno dato un piccolo pasto al sacco, un fried rice smuntino e
esiguo, ma ok. Sulla spiaggia abbiamo fatto amicizia con il ragazzo tedesco
incontrato la mattina, che stava girando il sudest asiatico da solo come viaggio
di laurea. Abbiamo fatto il bagno in questo mare caldo come un brodo e
trasparente come il cielo, meraviglioso! Ma dopo poco il capitano ha suonato una
trombetta di richiamo e siamo tornati sulla barca. Nel tragitto ho conosciuto
sulla barca tre ragazzi israeliani, due maschi e una femmina, in viaggio come
festa dopo l’anno militare. Sì perché anche le donne fanno il servizio
militare a Israele, l’ho scoperto in Colombia. La tappa successiva è stata
Monkey Island, stavolta gremita di turisti. Ma il mare è incantevole, forse, a
livello estetico, il più bel mare mai visto. Le barche tipiche dondolavano
leggere sull'acqua inconsistente. La spiaggia bianca ospitava grasse e scaltre
scimmiette allenate all'arte del furto. Un piccolo baracchino vendeva shakes e
io ne ho preso uno alla banana. Ho nuotato tra le barchette e mi son sentita in
paradiso. La tappa è stata fugace, anche se ci avrei passato diverse ore. Dopo
questa tappa ci hanno portati a Mosquito island, una scogliera sul mare con
qualche schiaritura. Nulla di che, e io non mi sono tuffata. Tappa successiva, e
ultima, Maya Bay, la The Beach di Di Caprio, nell'isola di Phi Phi Leh. La
spiaggia è perfetta. Nel senso che, se esiste un Dio, ha voluto creare un
gioiello naturale. Entri in questa ansa naturale tra le montagne marine, con
acqua color smeraldo, incorniciata da giungla e rocce. The Beach è
straordinaria. Peccato i centinaia, che dico, Migliaia di turisti! la maggior
parte erano russi e cinesi, saltavano emulando la foto di gruppo alla fine del
film, dove i personaggi fanno un salto ridendo e vengono immortalati a
mezz'aria. E' tutto un saltare, ridere e sbraitare. Tristezza infinita. Stesso
caos e casino di Angkor o Machu Picchu. Ma il posto è davvero benedetto, è
davvero speciale. Quindi devi riuscire a scansare quel flaccidume umano e
pensare di essere davanti a un vero capolavoro. Ho fatto un bagnetto tra le
barche, c'era anche un punto balenabile vero e proprio, ma era grande 5 metri x
5 e circondato da boe colorate. No grazie. Meglo farmi arrotare dalle barche!
Dopo il bagno e il relax io e Laurien siamo andate a piedi fino aldilà
dell'isola (3 minuti), dove c'è uno spartanissimo campeggio (poche tende sulla
sabbia) e un'altra spiaggetta con acqua turchese. Tornando indietro abbiamo
percorso, involontariamente, la strada che fa Di Caprio quando arriva alla
spiaggia nel film. Effettivamente ha il suo fascino. Siamo risaliti sulla barca
davvero esausti. Abbiamo fatto un po' di snorkeling a largo della spiaggia, io
son rimasta sulla barca a chiacchierare coi miei nuovi amici, hanno subito
voluto sapere di Berlusconi e di Beppe Grillo. Il cielo si è fatto cupo in
qualche istante e ha iniziato a diluviare. Siamo volati via alla volta di Phi
Phi Don. Tutti a cercare di ripararsi nei punti coperti della barca, nonostante
la sostenuta velocità e la piega del vento. Ma è durato 10 minuti, dopodiché
è tornato il sole appena abbiamo messo piede sulla terraferma. Non amando gli
addii, ed essendo una discreta comunicatrice, ho convinto quasi tutti a venire
con noi a fare una merenda-aperitivo al Basil Bistrot, il bar in centro dove
avevamo mangiato ieri gli spiedini. Sono venuti i tre israeliani e il
tedesco. Con gli studenti di Bangkok e con l'italiana e la francese (conosciute
all'ultimo) ci siamo dati appuntamento la sera al Carlito's sulla spiaggia. Al
Basil abbiamo fatto un'altra scorpacciata di spring rolls e granchio. Poi ci
siamo salutati dandoci appuntamento al Carlito's dopo cena. Siamo tornati in
hotel dove ci siamo fatti tutti una doccia e cambiati, e io ho indossato il
vestito lungo rosa di Victoria's Secret. Prima di cena ci siamo trovati tutti,
con anche Vi e Jolanda, sulla spiaggetta del De De Beach House, per far volare
la lanterna. E' venuto in soccorso un thailandese per aiutarci e la lanterna è
volata serena, luminosa e rapida, nel cielo nero. Ha volato a lungo, l'ho vista
allontanarsi esprimendo un desiderio per i miei bambini del Baan Lung Pitak.
Tutti in silenzio, stavamo accanto, vicini ma lontani, ognuno nei propri
pensieri e sogni, guardando la lanterna allontanarsi. Siamo andati a cena in
centro, non troppo lontano dall'hotel. Un ristorantino semivuoto. E io ho preso
una variante del pad thai. Dopo cena siamo andati al Carlito's e abbiamo
assistito a uno spettacolo pirotecnico sulla spiaggia. Infatti avevano creato un
ferro di cavallo intorno al giocoliere per assistere meglio. Abbiamo preso da
bere e ci siamo godute il frescolino del mare e lo spettacolo, in pace. Stavo
talmente bene ed ero talmente a mio agio che mi son girata verso le ragazze
parlando loro in italiano. Vedendo che mi guardavano perplesse ho risposto,
sempre in italiano "Perché mi guardate così? Che c'è?"- E Vi mi fa,
scoppiando a ridere "Fede you're speaking italian!". Questo mi ha
fatto capire quanto le viva come amiche ormai, non più come colleghe o compagne
di viaggio. Sto iniziando davvero a affezionarmi a loro. E poi ho riflettuto su
quanto il mio inglese stia migliorando. Per qualsiasi richiesta devo parlare
inglese, che sia per chiedere la carta igienica o per cambiare un programma, o
solo per chiedere come va. Quindi ho iniziato a pensare, sognare e parlare tra
me e me in inglese. Great! Il ragazzo tedesco conosciuto nell'escursione ci ha
trovati sulla spiaggia. Gli altri invece non li abbiamo visti. Abbiamo
incontrato, mentre venivamo via, la francese e l'italiana che sono venute con
noi al Dojo Bar, dove eravamo diretti. Per strada abbiamo incontrato gli
israeliani che ho convinto a venire con noi. Vi mi ha soprannominata
"l'animatrice", per la mia presa sulle persone. Ero euforica e felice.
La thailandia mi fa un bell'effetto. Siamo andati a ballare divertendoci molto,
ballando e scherzando tra noi. Ci siamo persi di vista spontaneamente, con
saluti con la testa o, semplicemente, senza salutarci. Relax, peace and love. Ad
un tratto mi son messa a sedere fuori per scrivere a Filippo. Si è seduto
accanto a me un ragazzo tedesco. Era ubriaco, probabilmente fatto, e verbalmente
molto aggressivo (dato il mix di sostanze). Mi diceva che il mio ragazzo mi
stava sicuramente tradendo, che io stavo perdendo tempo, che la distanza è
impossibile da gestire. Ho guardato per terra e aveva una scarpa sola. Alla fine
me ne sono andata, seguendo gli altri che si stavano spostando all'Irish Pub,
poco oltre. Il tedesco ubriacone mi ha raggiunta poco dopo, nonostante lo stessi
schivando mescolandomi nel gruppo. Ho chiesto, senza ordinare, la wifi. La
barwoman me l'ha data ma poi ha litigato con un altro del gruppo dicendo che
eravamo ladri e stavamo fregandola. Così son arrivati quasi alle mani e il
gruppo è uscito dal locale per evitare risse. Io, ignara di tutto, ero uscita
subito dopo aver avuto la password e stavo scrivendo a Filippo. Se non che il
tedesco si è subito rimesso accanto a me dicendo che era destino, che dovevo
seguirlo alla spiaggia, che loro avrebbero passato la notte sul mare. Io parlavo
con Vi perché non volevo nemmeno guardarlo. Alla fine io, Vi e Laurien siamo
andate in hotel, e lui mi fa in inglese, stringendomi la mano "sei davvero
bella, ma peccato che tu sia fatta così". Ovviamente il ragionamento era:
se non ci stai sei una persona di merda. Regolare. Non ho nemmeno risposto e son
andata a letto, con Vi e Laurien che esprimevano il loro disgusto per questo
soggetto. Siamo andate tutte in camera di Vi, io le ho abbandonate prima per una
telefonata in skype con Fil, son tornata per la buona notte e sono andata a
letto. Laurien ed io abbiamo iniziato una conversazone a luce spenta
esistenzialista. Poi siamo crollate.
18 Marzo PHUKET TOWN
Mi sveglio all'alba facendo un salto fuori dal letto per correre via il prima possibile. Avevo anche già preparato tutti gli zaini per poter fare il fugone. Vado a fare checkout nel tristissimo bar sulla strada/reception e la tizia musona mi congeda rapidamente. Mi presento al Rome Palace alle 6:00. Il receptionist mi mostra due stanze: una con ventilatore che dava su una parte della strada un po' brutta, e sembrava più piccola la stanza. E un'altra camera, di fronte, con aria condizionata che mi ha colpita subito: dava sulle baracche sotto l'hotel ma era poetico, e le coperte erano giunglesche, la stanza ampia. L'ho presa subito. Mi son cambiata per il lavoro e son scesa a fare checkin. Mi son poi recata a piedi al baretto/hall dell'hotel precedente, dove avevo appuntamento con Pi Jeed quella mattina alle 8 per andare a lavoro. Vedo anche Kuk e il piccolo Stika, ma dico loro di andare che io stavo aspettando Pi Jeed. Intanto trovo due italiani che aspettavano ai tavolini con gli zaini fatti. Giovani, in forma, backpackers puri. Lui mi inizia a puntare, probabilmente stava indovinando la mia cittadinanza. Quando ci siamo trovati soli, accanto, gli ho chiesto "italiani?", e lui ha annuito abbassando la testa. Io ho continuato "andate o venite?", e lui, senza guardarmi: "andiamo a Phi Phi (leggendolo Fi Fi) Island". Da là la conversazione è caduta nell'oblio. Lui non mi ha neanche guardata, né chiesto di dove fossi o che ci facessi sola in Thailandia. Un'antipatia mostruosa. E quando se ne sono andati, prima di me, nemmeno hanno salutato per educazione. Che brutta figura si fa nel mondo con concittadini di questo tipo... Comunque sia ho aspettato quasi un'ora Pi Jeed. Al telefono non rispondeva, così ho chiamato Michel, che mi ha riferito che Pi Jeed se ne era scordata. Ho preso un motortaxi per la onestissima cifra di 30 bath. Il carcere dista poco da Robinson, infatti sono arrivata relativamente in fretta. Ero abbastanza stanca dalla nottataccia, la lotta con le blatte e l'attesa vana. Ma quando ho visto Sun con un enorme sorrisone mi si è sciolto il cuore. Oggi era particolarmente felice. Oltretutto la sorella intermedia (lui ne ha due, una 12enne e una di circa 4 anni) si è legata a me ultimamente e mi cerca spesso, lui così si è affidato ancor di più a me, vedendomi come una persona di fiducia. Così oggi si è seduto numerose volte sulle mie gambe e rispondeva ai miei sorrisi. C'è stato un misunderstanding tra me e Pi Jeed a proposito di un invito a cena a casa sua e una partita di badminton la sera, avendoci capito davvero poco ho evitato di accettare. Dopo il lavoro siamo andati a casa di Pi Jeed perché laurien e Michel dovevano cambiarsi e, una volta pronti, siamo andati alla nostra spiaggetta di Ao Yun in 3 sulla vespa di Michel. C'era solo un gruppettino di surfisti, con le tavole appese al chiodo, e una famigliola di tedeschi bianco latte. Mentre ascoltavo la musica sulla spiaggia pensavo al freddo in Europa e gongolavo. Dopo molto sole, per evitare un'ustione, siamo andati a ripararci nell'unico bar della spiaggia, oltretutto vuoto. E' passato solo un cameriere dopo 30' che non parlava nemmeno inglese. Io ho preso, a gesti, un banana shake. Cattivissimo e pure costoso come un salasso! Gli altri hanno preso qualcosa da mangiare. Dopo la giornata in spiaggia mi son fatta riportare da Michel alla piazzetta di Muang Tong dove ho preso un motortaxi per Robinson. Il tizio della moto era quello di fiducia di Michel perché li portava sempre avanti e indietro dal centro a Muang Tong. Ci siamo messi a parlare seppur difficilmente, dato il suo zero inglese. Da Robinson vado a piedi al Rome Palace dove mi cambio, poi esco per cena. Mangio in un ristorantino dietro Robinson, con un porticato esterno (come quasi tutti i posti in Thai). C'era un bianco, secondo me australiano, con una moglie giovanissima thailandese di una magrezza e bellezza impressionanti. Avevano due gemelli piccoli e una tata con loro, vestita in divisa. Ogni volta che piangeva uno dei due la donna thai schioccava le dita e la tata lo prendeva in braccio e si allontanava per non disturbare. Ho mangiato bene, ottimi spring rolls. Sono andata al Kim's e ho fissato un massaggio agli oli viso e corpo, nel frattempo ho mangiato un pancake nel ristorantino accanto, dove ormai ho fatto amicizia con la cameriera. Il massaggio è stato bello ma frastornante. Sono uscita in stato confusionale. Son rientrata così in camera, da zombie, e son andata a letto piuttosto tardi. La notte, nonostante mille accortezze (zaino davanti alla porta, ho nascosto la chiave della porta, ho messo una maglia sulla maniglia) son stata sonnambula. Ho aperto la porta e son arrivata nel corridoio, poi mi son accorta che stessi facendo qualcosa di sbagliato e son tornata a letto.
17 Marzo PHI PHI DON - PHUKET TOWN
Ore 4:00, in pieno sonno, inizio a sentire dei forti rumori. Ma, dato che dormivo, ho iniziato ad avere un sonno distubato ma non mi sono svegliata. Mi ha svegliata invece il grido di Laurien nel bel mezzo della notte, al buio, dove mi diceva in inglese "Fed! What are you doing???". Io, completamente incosciente e con la tachicardia a mille, le ho risposto in automatico "I'm sleeping Laurien, What the fuck!". E' stato allora che, avendo riattivato le mie energie vitali, son stata in grado di sentire il rumore. Veniva dalla mia parete, praticamente sembrava fosse nella stanza, ed era un letto che batteva fortissimo contro il muro. Anche Laurien si stava svegliando e aveva avuto quella reazione impulsivamente presa dalla paura. Ci siamo messe a lamentarci per il casino, capendo il da farsi. Poi ci hanno pensato quelli della stanza accanto, che hanno iniziato a tirare i cazzotti al muro senza mezzi termini. Ma quelli accanto non mollavano. Allora è iniziata una vera guerra, continuata anche in corridoio (qualcuno è andato a battergli alla porta). Dopo un po' abbiamo sentito ridacchiare quelli accanto (forse era finita la loro performance sessuale), è arrivata altra gente in camera e hanno iniziato a chiacchierare, urlare, ridere. Ma almeno hanno smesso di battere. Ci siamo riaddormentate quasi istantaneamente. Il mio ricordo successivo è circa mezzora dopo. Ed ero nel bel mezzo della strada di Phi Phi Don, in pigiama, sonnambula. La strada era quella di fronte all'hotel, che è una via centrale. Infatti, nonostante l'ora tardissima, c'era sempre gente che camminava tornando dalla notte brava, gente portata a braccio. Ma ricordo poco, come dopo ogni sonnambulismo, in una specie di dormiveglia. Così ho iniziato lentamente a ricordare che stessi dormendo e che quindi dovevo tornare in camera. A testa bassa e confusa ho ripercorso i due piani e gli svariati corridoi e corridoietti per arrivare alla mia stanza, anzi prima ho sbagliato e son andata in quella di Vi e Jolanda, ma ho capito che stessi sbagliando e ho preseguito per la mia. Ho iniziato a bussare ma nessuno mi apriva. Ancora sentivo il rumore di risate e botte di quelli accanto. Ho continuato a bussare imperterrita per quasi venti minuti. Laurien non mi sentiva, o forse mi scambiava per quelli accanto. Ho iniziato a urlare "Laurien it's me, it's Federica! Open the door!" ma niente. Alla fine, a costo di svegliare tutti, ho battuto ininterrottamente i pugni alla porta finché non ho sentito Laurien alzarsi dal letto e allora, chiamandola a gran voce, ho ottenuto il suo ascolto. Lei mi ha aperto la porta completamente scioccata. Gli occhi praticamente chiusi, i vestiti stropicciati e i capelli da leone ingarbugliati. Io, addormentata, stanca, innervosita, appena ha aperto son filata a letto senza nemmeno dirle una parola. Lei è rimasta per cinque minuti in piedi con la porta spalancata, guardandomi senza capire, e poi se n'è uscita con un... "What the hell?" senza ricevere risposta. Abbiamo dormito malissimo il restante tempo. Laurien la sera prima mi aveva chiesto di svegliarla la mattina seguente. Così, quando è suonata la sveglia, completamente distrutta e addormentata le ho detto "Laurien, Goodmorning". E lei "No! No Goodmorning!". La cosa mi ha fatto particolarmente ridere. Mi son vestita senza forze e sono scesa giù, nel terrazzo di fronte all'ingresso, dove c'erano Vi e Michel. Ho provato a parlarci e ho scoperto di essere completamente senza voce, probabilmente esaurita durante la nottata da sonnambula. Ho raccontato la storiella a loro due che sono morti dalle risate. Jolanda purtroppo era stata derubata durante la notte, mentre faceva un bagno in mare. Infatti lei non era tornata con noi, era rimasta fuori. Quindi stava andando dalla polizia a fare la denuncia. Ci ha raggiunti Laurien che è stata derisa per la storia della notte passata, e devo dire ci abbiamo riso di gusto su, anche se qualche ora prima c'era stato poco da ridere... Siamo rientrate in camera per prendere le nostre cose quando abbiamo trovato la stanza completamente allagata. Laurien aveva aperto il rubinetto all'alba, che non funzionava, e aveva lasciato la manopola attivata. Così, navigando per la stanza, abbiamo preso le nostre cose e ce la siamo data a gambe levate. Tutti insieme siamo scesi giù lasciando gli zaini alla reception, fino alla spiaggia di fronte a un Carlito's bar ancora chiuso. E ci siamo fatti un bagno, a parte Michel che voleva fare un giro per cercare qualcosa. E' stato super rilassante e, al contrario del week end passato, sarei rimasta volentieri qualche giorno in più, anche se sentivo la mancanza dei bambini. Appena il Carlito's è aperto ci siamo bevuti uno shake alla frutta. Siamo poi tornati in hotel, abbiamo preso gli zaini, e siamo scesi verso il porto. Per la strada uno ha chiesto se eravamo sue figlie e lui ha risposto di sì, che ci aveva avute con madri diverse. Questo ovviamente ha scatenato l'ilarità collettiva. Siamo arrivati al porto per tempo. Io e Laurien, distrutte, abbiamo dormito quasi tutto il tempo. Siamo arrivati a Phuket Town dove ci hanno scortati con un pullmino fino a Robinson mall, il centro di Phuket Town. Sono andata con Laurien e Michel a casa di Pi Jeed, cioè casa anche mia fino a oggi. Purtroppo però, essendo terminato il progetto, ho dovuto traslocare in hotel. Infatti Pi Jeed non avebbe potuto ospitarmi al termine del progetto. Mi è dispiaciuto moltissimo andare via, ero davvero triste e frustrata. Ho preso lo zaino e Kuk mi ha portata nel mio nuovo alloggio. Il posto me lo aveva mostrato Jip, abitando anche lei nella stessa palazzina, ed è proprio dietro Robinson (posizione perfetta!) e la cifra a dir poco irrisoria ( 200 Bath a notte!!!). Quando mi sono affacciata mi sembrava dignitoso: un letto, un ventilatore, wifi, un bagno... Ho accettato subito. Ho posato lo zaino e sono andata subito a China Town a piedi. Mi ricordavo il giro che mi aveva mostrato Jip il giorno dell'orientamento. Ho sbagliato strada ad un certo punto e ho iniziato a chiedere. La gente gentilissima (come ogni thai) mi mostrava dove andare, e tutti mi facevano sempre "Where do you come from?", e io, continuando a camminare ma senza negargli un sorriso "Italy!". Questa cosa sarà successa una decina di volte. Mi sentivo come in un film. Sono arrivata in una China Town buia e spenta, con solo alcune insegne accese ma le porte sprangate. E' Domenica, in mezzo mondo la Domenica è giorno di clausura. Sicché un po' delusa mi sono incamminata nelle stradine buie di China Town alla ricerca di qualcosa da mangiare. In realtà cercavo due posti in particolare, che mi aveva mostrato Jip durante il giorno introduttivo. Ma non li trovavo. Ad un certo punto ho trovato, in mezzo a una via cinese deserta, una sorta di bettola con grosse pentole e conteiner ammucchiati dove alcune donnette cucinavano e portavano dei piatti misteriosi ad autoctoni seduti su seggiolacce di plastica. Son entrata. Ho mangiato per 50 centesimi un fried rice un po' anonimo. Poi ho preso un motorbike in una stradina laterale che, per un cifra più che onesta, mi ha riportata al Robinson. Sono entrata in un centro massaggi accanto al Robinson, di cui ignoro il nome, e mi son fatta fare un massaggio. Il massaggio la sera dopo cena, dopo una giornata intensa, è davvero ottimo. Oltretutto per una cifra irrisoria fa anche bene al cuore :) Finito il massaggio, trascorso su skype con Filippo, son andata in un risto/bar accanto al Kim's. Ho preso un banana pancake e ho fatto amicizia con la timida ma bellissima cameriera del posto. Non sa l'inglese e parla a voce bassissima, come tutte le donne asiatiche. Sono tornata in camera a piedi e.. dramma: due scarafaggi grossi come mucche che correvano per la stanza, uno addirittura si è nascosto nel water. Il ventilatore faceva solo a velocità massima. la porta del bagno non si chiudeva e non si apriva, stava a metà. E la wifi non andava, dovevi andare sulla strada perché il ripetitore era due porte dopo, dove c'era la hall, in un bar sulla strada. Oltretutto, ciliegina sulla torta, apro le lenzuola e c'erano macchie di sangue vecchio. Mi affaccio nel corridoio e becco il decrepito e musone proprietario. Gli indico una blatta che sta correndo bella tronfia davanti a lui. Lui non fa discorsi: si leva una ciabatta e la schiaccia, provocando il rumore di una vita che si spezza. Era talmente grossa da sembrare un gatto. Io, scioccata, lo guardo con gli occhi sgranati, e lui mi passa accanto fischiettando, come se nulla fosse. Prendo e vado alla ricerca di un altro hotel nei dintorni. Ne vedo uno. Entro e la hall è al secondo piano. Il tizio mi guarda dopo 10 minuti che aspetto, stava giocando al computer. Mi da una chiave e dice di vedere la stanza (per una cifra altissima). I numeri fanno dallo 0 al 399 e ricominciano dal 401. La mi stanza, ovviamente, era la 400. Stanca, delusa e nervosa gli dico che non mi piace la stanza e me ne vado. Sicuramente mi aveva teso una trappola e se la stava ridendo a crepapelle. Dalla strada ho scorto una grossa insegna con scritto Rome Hotel Palace. Son andata, camminando 5 minuti in una stradina appartenente a un altro mondo, con casette basse e decrepite, lamiere e un bar musulmano. Alla fine della strada questo Hotel. Un hotel vero e proprio, con una hall col personale, divani e inserti per i tour, un bar ristorante. Semplice ma curato. Una stanza veniva 500 con il ventilatore e 600 con l'aria condizionata. Son tornata in hotel, ho preso il pc, e pur di sentire Fili per chiedergli consiglio, son andata a un ristorante alildà della strada, all'aperto, dove ho preso una cavolatina da mangiare per poter usufruire di internet. Fil mi ha consigliato di spostarmi nell'altro hotel, che comunque costava sempre molto poco ma garantiva stanza pulite e un buon servizio. Ho deciso che la notte la avrei passata nel covo di scarafaggi, dato che ormai avevo pagato, e l'indomani mattina alle 6 sarei andata al Rome Hotel Palace. Mi son addormentata terrorizzata, cercando di sentire i rumori degli scarafaggi, guardando fisso il soffitto sperando che non mi cascasse un millepiedi in testa e con lo schifo di sapere che stessi dormendo sul sangue. In tutto ciò avevo davvero paura di avere un nuovo episodio di sonnambulismo.
19 Marzo PHUKET TOWN - KATA BEACH
Appena sveglia sono andata a fare colazione al bar/reception del vecchio hotel, a base di un pane da toast e di uno shake alla frutta. Dopodiché ho preso il motortaxi del giorno prima direzione carcere di Phuket Town. Son stata tutta la mattinata con i miei meravigliosi bambini, era anche il primo giorno di Jolanda al Baan Lung Pitak, infatti lei era stata 1 mese in un centro per bambini portatori di handicap. Oggi son venute a trovarli 4 donne australiane. Una di loro compiva gli anni il giorno stesso, e come regalo aveva comprato ai bambini 800 € (!!) di materiale per il day care center. Hanno messo in fila tutta la roba ed è stato un colpo d'occhio impressionante: pannolini, detersivi, riso, pasta, sugo, smacchianti, dentifrici, spazzole, borotalco... Un gesto apprezzatissimo. Le donne sembravano sinceramente contente e d'animo puro. Abbiamo iniziato a parlare dei bambini e loro hanno chiesto dove dovrebbero andare i maggori aiuti. Io e Jolanda abbiamo spiegato che i due settori su cui puntare sono le cure mediche (specialmente il dentista) e il bagno del centro, che è un buco alla turca con la doccia che getta direttamente nel buco. La festeggiata è stata talmente tanto colpita dal nostro racconto da volerci dare i soldi l'indomani per comprare tutto il bagno. E' stato un momento felice, dove mi sembrva di toccare il cielo con un dito. Ci siamo date appuntamento per l'indomani per i soldi. Dopo il lavoro io e Michel, in groppa alla sua vespa bianca, siamo andati a Kata Beach. Un caldo torrido si è abbattuto sulla Thailandia, siamo infatti alle porte di Aprile, il mese più caldo dell'anno. Abbiamo bevuto un drink ghiaccio nella prima stradina che intersecava la strada centrale di Kata, dopodiché siamo andati subito in spiaggia, dove io ho comprato un lettino. Poi siamo andati a fare il bagno. Abbiamo conosciuto una coppia di francesi, lei ha attaccato bottone perché sapeva lo spagnolo, che è la lingua con cui io e Michel comunichiamo. Il ragazzo lavorava nella moda in Italia, ed era stato con un'italiana per tanti anni, lei invece aveva un buon lavoro ma ora non ricordo quale fosse. Era una coppia abbastanza fresca. Il maschio soprattutto era desideroso di conoscere le nostre storie e vite, e così abbiamo passato il pomeriggio con loro. A fine giornata siamo tornati nella stradina dove io, per pochi bath, ho fatto la manicure con smalto semipermanente. La minuziosa estetista mi ha decorato le unghie con meraviglosi fiorellini bianchi. Un affarone! Vi mi ha chiamata mentre mi facevo le mani e ci ha chiesto di raggiungere lei e Jolanda al Grande Festival, un enorme centro commerciale tra Patong e Phuket Town. Dopo 1 ora di vespa (ero a pezzi!) siamo arrivati. Siamo andati a cena in un ristorante francese dove abbiamo mangiato una entrecote e un buon vino rosso. Laurien era rimasta a casa. Siamo stati davvero bene. Alla fine Michel è tornato in Vespa e noi tre in taxi (io non ce la facevo fisicamente a tornare in sella). Mi son fatta lasciare a Robinson e sono andata a letto.
20 Marzo PHUKET TOWN
Oggi mi sono svegliata nel mio letto del Rome Palace Hotel, forse la prima notte senza sonnambulismo. Avevo anche prontamente avvertito la receptionist della notte che, se mi avesse vista vagare al buio, mi avrebbe dovuto ricondurre in camera. Sono andata al Baan Lung Pitak e mi sono goduta tutta la mandria di bambini al completo. Domani infatti non ci sarò e venerd' i bimbi son sempre pochissimi. Quindi ho dedicato tanto tempo a ciascuno, specialmente al mio amore Sun. Appena uscita dal Baan Lung Pitak mi è salita l'amarezza. Di pomeriggio mi sono concessa il giornaliero massaggio al Robinson. A cena invece sono andata a China Town facendomi portare direttamente al ristorante in cui ero stata con Jip per l'introduzione. Si mangia bene come ricodavo: pad thai e maiale fritto. Mentre mangiavo ho inizato a piangere senza riuscire a smettere. Avevo la sensazione che fosse tutto finito. Già era qualche giorno che passavo le serate sola, senza i miei amici, e poi stavo sentendo la fine dell'esperienza, soprattutto la fine dei bambini. Se avessi potuto avrei preso Sun e me lo sarei portata via. Ma non potevo... e questo mi rendeva impotente. E' salia una tristezza incolmabile. Quel dissapore che è il rovescio della medaglia del volontariato internazionale: andarsene. Sono tornata in hotel a pezzi, e ho guardato un film sul letto.
21 Marzo PHUKET TOWN - PHANG NGA BAY
Mi sono svegliata all'alba. Ieri, il 20 Marzo, ho comprato un biglietto per un tour di un giorno a Phang Nga, nella stessa agenzia che ci ha venuto i biglietti per Phi Phi Island (ci fanno sconti perché siamo insegnanti). Il pullmino sarebbe venuto a prendermi molto presto, e così è stato. Svegliandomi alla buon'ora son stata in grado di andare a fare colazione al 7Eleven e tornare. E' entrato in hotel un rastaman completamente fatto che mi ha caricata nel minivan e, la prima cosa che mi ha chiesto, era se volessi comprargli il fumo. Dopo un no grazie siamo andati a raccattare gli altri. E' stato durante il tragitto che ho conosciuto Peter, un austriaco dai lineamenti morbidi ma il pizzetto rettangolare, un viaggiatore particolare.Abbiamo chiacchierato di tutto, soprattutto delle differenze culturali tra i vari paesi europei. Il pullmino ha proseguito facendo salire, tra gli altri, una coppia di giovani spagnoli. Ci hanno lasciati a un porto, io e Peter abbiamo conosciuto i due spagnoli e, dopo una bella insolazione sotto il sole a 40 gradi, ci hanno fatti salire su un’enorme barca tipo traghetto MobyLine. Una quantità di russi e mediorientali imbarazzante… Io e gli spagnoli ci siamo messi accanto parlando un po’ di tutto, Peter invece è stato per conto suo. Dopo un po’ siamo scesi di sotto, io mi son messa su una scialuppa d’emergenza ascoltando musica. E’ stato allora che ho conosciuto Keith, un ragazzo dai lineamenti cinesi che indossava una canotta e una reflex al collo. Ha attaccato bottone in un perfetto inglese, così abbiamo fatto amicizia. Keith è di Singapore (città che ho già visitato e che mi piace molto) ed era con altri due amici: Tim (sempre dai lineamenti cinesi) e Roystance (dai lineamenti indiani). Keith aveva studiato in USA per questo parlava un inglese davvero ottimo, gli altri due parlavano un inglese perfetto (dato che a Singapore la madrelingua è inglese) ma con una pronuncia asiatica davvero buffa. Comunque i tre erano davvero simpatici e io li ho presentati ai due spagnoli e a Peter, che nel frattempo era ricomparso, e siamo diventati inseparabili come una piccola famiglia da allora alla fine del viaggio.La prima tappa sono state delle grotte marine, alcuni kayak arrivavano a prenderci due alla volta e ci portavano per queste bellissime grotte. Io sono andata in kayak con Peter. Tornati siamo tornati sulla barca e poi siamo riscesi per un giro simile. Ma stavolta ci siamo tuffati tutti dalla cima della barca. E’ stata una delle parti più belle del viaggio. Io e la ragazza spagnola, Marta, ci siamo lanciate per mano. E da sotto gli altri riprendevano con la mia gopro. Mi sono sentita in una pubblicità della birra o di qualcosa che esprime libertà e divertimento. Roystance, il ragazzo di singapore dai lineamenti indiani, aveva paura dell’acqua, e si era bardato con super salvagenti e giubbottini salvavita. Lo abbiamo obbligato a lanciarsi e lui ha fatto l’urlo dei kamikaze prima di buttarsi. Anche queste grotte molto belle. Infine siamo andati a James Bond Island, il punto più famoso del tour. SI chiama così perché, mi è stato detto, ci è stato girato uno dei film con James Bond che arriva con un supermotoscafo sfrecciando nell’acqua. L’isola è una formazione calcarea che, al suo interno, ha questo pinnacolo piccolo e particolare, rivestito di natura. E’ suggestivo, specialmente in foto. Non puoi avvicinarti, ma puoi arrivare a una piccola spiaggetta gremita di turisti, per fare una foto. Abbiamo fatto un tour dell’isola che è grande circa 500 mt. Alla fine siamo tornati in barca e siamo tornati a casa davvero stanchi. I saluti son sempre tristi, ma ci siamo promessi di ritrovarci presto nei rispettivi paesi, scambiandoci anche Fb. Gli ultimi a salutarsi siamo stati io e Peter perché ci hanno lasciati per ultimi, dato che le nostre guesthouse erano vicine. La sera avevo fissato la mia cena di addio a casa di Bang Sanan, cioè la casa di Vi e Jolanda. Eravamo noi tre e Laurien, Michel invece era a casa di Bang Wang e Pi Jeed insieme anche a Jip e a altri membri dello staff di Projects Abroad. Abbiamo avuto una buona cena, rilassante e fatta di pettegolezzi. Prima di cena ho chiamato Jip perché mi era peggiorato un pinzo sul braccio e mi sembrava scabbia, malattia della pelle di cui sono pieni di bambini. Allora Jip e Pi Jeed sono montate sullo scooter di Pi Jeed e ci sono venute incontro preoccupate per visitarmi il braccio :) Dopodiché mi hanno accompagnata a casa e ho fatto un sonno ristoratore al Rome Palace.
23 Marzo BANGKOK
Mi
sono svegliata a pezzi. Dolorante, stanchissima, debole, con pochissime ore di
sonno sulle spalle. Sono scesa nella hall chiedendo se il mio prezzo prevedesse
colazione inclusa e, ovviamente, non la prevedeva. Il prezzo della colazione era
vergognosamente alto. Ma ero talmente triste e abbattuta stamattina da aver
deciso di concedermi una ricca colazione. E, lo ammetto, è stata la migliore di
tutta la mia vita. Dalla hall si scende con una scalinata in una sala immensa
imbandita di tavolate gremite di cibo. E una enorme e bellissima vetrata con
vista giungletta con piscina. Ogni tavolo aveva una sua specialità: brioches,
torte, colazione internazionale, ravioli, pane, riso, leccornie vare, e chi più
ne ha più ne metta! La clientela dell'hotel era molto simile a quella del
Grande Centre Point, l'hotel della prima notte a BKK. Ma mentre nell'altro
c'erano soprattutto asiatici, qua ho trovato molti europei, specialmente
francesi e italiani, uomini e donne d'affari. Molti avevano addirittura con
badge al collo, come durante le conferenze. Freddi, musoni e antipatici, con le
loro cravatte e camicette lise mi guardano come una stracciona. Mi sono alzata
da quel tavolino rotolando dal troppo cibo. Sono uscita dall'hotel e ho notato
la sua posizione davvero isolata. L'hotel sorge in una stradona lunga e anonima,
senza nessun esercizio o casa. Un po' triste. Ho camminato per un po' svoltando
a destra e ho trovato la soprelevata. Ho seguito le istruzioni di Andrea, un
amico del gruppo viaggiareliberi abitante a Bangkok. Mi ha dato dritte per
arrivare al Week end market che ho seguito alla lettera, perfino la frase "
appena scendi alla tua fermata segui la fiumana e ti condurrà direttamente al
mercato": detto fatto. Il week end market è IMMENSO! Anzi forse immenso
non rende l'idea... Sulla Lonely c'è un accenno di piantina per raccapezzarsi,
ma io mi sono persa tempo 2 minuti. L'inizio del mercato, che vendeva
essenzialmente jeans e artigianato, mi ricordava tantissimo il Mercato Russo di
Phnom Penh, in Cambogia. Stessa disposizione delle bancarelle, stesso caldo
asfissiante e stesso concetto. Mi sono sentita a casa, come quasi sempre nel
sudest asiatico. La tristezza è svanita e ha lasciato spazio all'entusiasmo e
alla curiosità. Ho girovagato per il mercato tutta la mattina. Ogni area del
mercato all'aperto aveva un tema: scarpe, borse, abbigliamento, animali! Ma in
realtà è in gran casino e non so come la gente possa trovare il bandolo della
matassa. Io ho iniziato ad andare davvero a caso, stando alla sorte. Ho fatto
alcuni acquisti: dei sali da bagno mai visti, alcune magliette, un paio di
borsette, ma soprattutto lo spillone di legno per la riflessologia plantare.
Alla bancarella a fianco ho trovato delle polo da regalare al mio babbo. Ero in
piena contrattazione quando è arrivato un americano stranissimo. Aveva sulla
cinquantina, alto e fisicamente muscoloso, ma sudatissimo (capisco il caldo, ma
lui non stava bene), con un calzettone bianco fino al ginocchio, scarpa da
ginnastica e una vecchia fruit della Champions. Aveva un che di John Travolta.
E' subentrato parlando in thai con la venditrice. Inizialmente pensavo che fosse
il classico immigrato americano in Thai, poi ho capito di no notando la faccia
perplessa della donna. Non sapeva dire una mazza, aveva imparato qualche parola
in croce, soprattutto frasine anti-truffa, tipo "voglio il prezzo migliore
per piacere" oppure "il miglior capo che hai". La donnetta capiva
il 50%, per il resto mi guardava e rideva. L'uomo, appena scoperto che ero
italiana, ha inziato ad attaccarmi un pippone epico sulla lingua italiana. Ha
spiegato frettolosamente che lui amava e sapeva l'italiano. Da allora si è
cimentato in una difficoltosa e stomachevole conversazione in un italiano
pronunciato alla Padrino, conoscendo due vocaboli e pure sbaglati. Per tutto ciò
che non sapeva (cioè tutto) mi faceva: Comi si dici? ed è stata una
conversazione sotto il sole a 40°C durata un'ora!! Non sapevo come liberarmene.
La donna mi guardava con occhi empatici. Sapeva cosa stessi provando. Ha anche
tentato di farlo smettere spostandolo da davanti il bancone, dicendo che gli
schiacciasse le tshirt (?!). Ma lui non mollava. Ha provato a raccontarmi la sua
vita in italiano. Con frasi tipo: "Me piacere musica, ballare forse,
italian, mai". Inizialmente dimostravo un blando interesse facendogli
capire il suo modo incomprensibile di comunicare. Poi ho smesso: ho smesso di
annuire, di cercare di capire, di dimostrare interesse. Ho solo aspettato che
passasse, pregando in silenzio. Alla fine, dopo aver chiesto per tre ore quanto
costasse un taxi da Napoli centro a Pompei, se n'è andato in un battibaleno con
un "Grazi milli". Bah...
Sono giunta a un banchino che vendeva frutta fresca e ho preso uno shake. Ero
seduta su una panca insieme ad altri tre thailandesi che mangiavano noodles in
brodo. Davanti al banchino un venditore di dischi in vinile, un tipo rock
dall'età misteriosa. Mi ha detto Buongiorno in thailandese circa 8 volte. Alla
fine, dopo aver salutato tutti come una piccola famiglia, son andata sulla
strada (demordendo dal vedere tutto il mercato, impossibile) e ho preso il primo
taxi. Ma questo, dopo avermi caricata, mi ha mandata via subito, vedendo la
distanza dell'hotel. Ne ho preso un altro e mi è andata meglio. Ha acceso il
tassametro e sembrava molto carino, vestito con una divisa da consierge. Aria
condizionata a palla e fuori 40 gradi, ammalamento facile. Parlava con un
bluetoothcon qualcuno, e risponeva sorridente e gentile alle mie domande su
Bangkok. Gli ho chiesto quanto costasse andare al mercato galleggiante, per
curiosità. Lui mi ha dato una brouchure su cui scritti tutti i suoi tariffari,
davvero alti, ma non avevo termini di paragone. Dopo circa 6 minuti ho capito
che non stesse parlando al bluetooth. Ma rispondeva a voci. Si chiama
schizofrenia. Il mio tassista era matto. Apposto.
Siamo stati 45 minuti competamente immobili nel congestionatissimo traffico di
Bangkok, e lui talvolta si girava e rispondeva adirato a una voce o felice a
un'altra. Oioi, s'andà benino.
Sono arrivata all'hotel e lui mi ha lasciato il biglietto da visita. Ah-ah, come
no. Nell'hotel c'era una piccola agenzia di viaggi che organizzava tour ed
escursioni. Ho chiesto un preventivo per visitare il mercato galleggiante, un
po' fuori Bangkok, e la cifra era esattamente la metà del tassista
schizofrenico. Il prezzo era onesto e il tour abbastanza semplice. Preso per il
giorno seguente. Mi son cambiata velocemente dopo una frugale doccia,
soprattutto ho posato gli acquisti, e son tornata alla soprelevata. Sono andata
fino a una fermata (non proprio a caso ma quasi) e ho fatto Siam Square (la zona
commerciale e futuristica di Bangkok) e poi, con i corridoi sopraelevati, sono
arrivata al famosissimo MBK market. L'MBK è il classico magamall asiatico,
enorme, strapieno di roba. La differenza da quelli visti fin ora è che l'MBK è
zeppo di fake, divisi per piani. C'è il piano delle scarpe e dei cosmetici. Il
piano della tecnologia. Il piano delle borse. Quello dei vestiti. E' uno spasso!
Io ho pranzato subito a uno strano all you can eat asiatico. Mi hanno messa a
sedere davanti al rullo, davanti a me un bollitore incassato nel tavolo, con un
centro di controllo sotto il tavolo con le diverse cotture e potenze. Il rullo
faceva passare tutti i tipi di verdura, pesce, carne, pasta, delizie da mettere
nel bollitore. In più c'era un tavolo con ravioli, sushi e fritture, e una zona
bevande e gelati, tutto incluso nel prezzo. Mi sono guardata intorno ed erano
tutti da soli. Gente con la 24 ore, gente con l'ipod alle orecchie, gente con la
divisa da lavoro. Un rapido pasto da soli e poi via, a lavoro. Accanto a me
c'era un pacioccoso asiatico, per me era cinese. Ci ho attaccato bottone
chiedendogli delucidazioni sul funzionamento del bollitore. Abbiamo fatto
amicizia. Era Thailandese di Bangkok. Inizialmente un po' freddo e alienato, poi
si è aperto. Sapeva tutto di calcio italiano, e di politica. Era molto colto e
lavorava a Bangkok in una grossa azienda. Veniva ogni giorno da solo, e diceva
di adorare gli stranieri. Gli ho domandato come sapesse così bene l'inglese e
lui ha detto di aver fatto le scuole internazionali. Dopo esserci salutati sono
andata su e giù per il megamall tutto il pomeriggio! Mi sono divertita
tantissimo, contrattando, ridendo, chiedendo, sbirciando. Sembra un paradiso
dell'acquisto. E se anche sono sole lì per lì ti sembrano cose meravigliose.
Alla fine del pomeriggio, col buio quasi calato, ero frastornata. Ho preso un
motortaxi (costosissimo e ladruncolo) che mi ha portata in 3 secondi all'hotel.
Ero distrutta e stanca. Prima di farmi una doccia ho deciso di fare un bagno in
piscina, che altrimenti non avrei sfruttato. Era davvero molto caldo. Mi sono
infilata l'accapatoio e ho trovato la strada che dall'ascensore porta
direttamente alla piscina senza passare davanti a tutto il mondo in deshabille.
La piscina è immersa nella vegetazione giunglesca del giardino. Mi ha ricordato
lo sfazo di alcuni hotel di Miami. Io adoro la vegetazione giunglesca, quindi ho
apprezzato molto questa piscina. Ero sola, insieme a una donna che nuotava a
dorso. La piscina dai colori dorati in mezzo a un buio pieno di calore, con le
palme e il rumore dei grilli... Nonostante sia molto diverso dai miei bambini,
dalla vita con i veri thailandesi, dal mare meraviglioso delle Andamane,
nonostante tutto ho trovato questo momento uno dei più belli del viaggio. Per
la pace, il relax, il senso di serenità e di beatitudine. E per la bellezza
estetica. Dopo il bagno ho deciso di uscire. Ho fatto la doccia fugacemente e mi
sono messa un vestitino a fiori appena comprato e le Havaianas, poi ho preso un
taxi per Sukhumvit road, la strada del mio primo albergo. Ho cenato nel Grande
Centre Point mall, ad un ristorante giapponese all'ultimo piano. Ma ho mangiato
solo un piattino di ravioli e del pollo in salsa teriaki. Due ragazzi mi
puntavano dal tavolino accanto ma non hanno avuto il coraggio di venire da me.
Menomale, non avevo voglia nemmeno di mandarli via o di far capire che non fossi
interessata. Troppo stanca. Ho camminato per il centro commerciale, e poi per
Suhumvit road. Ho trovato un centro per massaggi piccolino, dietro il mall. E ho
fatto il rituale massaggio serale. Ma stavolta dentro era pieno di turisti tutti
ammassati. E le donne thailandesi parlavano di me in thai, alla fine, dopo aver
sorriso loro come dire "guarda che capisco" ha detto una di loro
"You are beautiful". Menomale via. Sono andata poi ad un ristorante
argentino e ho preso un dessert. Dietro di me 3 albanesi e un italiano. Il
cameriere argentino ha detto loro che ero italiana e stavano tentando subito
l'approccio, al che ho dribblato rapidamente prendendo un taxi e tornando in
hotel. Stesso casino con le luci in camera, solita torcia, e solito crollo di
sonno.
22 Marzo PHUKET TOWN - BANGKOK
Mi sono svegliata con un unico ed incessante pensiero: Oggi sarebbe stato il mio ultimo giorno con i bambini. E io, che odio con tutta me stessa gli addii, avrei davvero voluto saltare questo passaggio.Sono andata al Baa Lung Pitak col magone. Ma né Sun, né Om e nemmeno Naam (i bambini a cui ero più affezionata) c'erano per salutarmi. Il che ha reso -forse- meno duro l'ultimo giorno, trascorso in maniera leggermente più blanda. Se non fosse per il rituale d'addio per Michel, che tra due giorni partirà. Sicché rose rosse e abbracci dei bambini a gogo. Sono rimasta calma solo grazie alla ferrea convinzione che tornare presto, forse a Novembre, come stavo iniziando a dire con Pi Jeed e Michel. Al Baan Lung Pitak ho salutato Jolanda, che non avrei più rivisto. E' stato difficile dirsi addio, io mi sono un po' estraniata dalla situazione come se fosse un sogno. Lei invece mi ha abbracciata forte scoppiando in lacrime, ed è stato difficile mantenere l'autoontrollo. Finita scuola sono andata a Kata con Michel, in motorino. Là infatti, al Club Med, mi aspettava Vahiana. I suoi genitori sarebbero arrivati il giorno seguente e si concedevano una vacanza nel villaggio turistico. Lei, avendo accumulato le ferie per i 3 mesi di lavoro, si era già sistemata nella confortevole resienza di Kata. Il buttafuori del ClubMed non voleva far entrare me e Michel, con fare sospettoso. Abbiamo così chiamao Vi che ci è venuta a prendere. Il Clubmed è immenso e pieno di piscine, vasche, attrazioni. Vi mi ha raccontato che la piscina è bassa e altezza uomo perché una volta una bambina ci annegò, e il padre della piccola ha ricostruito a sue spese la piscina in modo che nessun essere umano potesse più morirci. Mi ha fatto anche molto dolcezza un pannello su cui affissi i nomi del Baan Lung Pitak e di Holland House, come centri di aiuto per piccoli bambini thailandesi. Abbiamo fatto un piccolo giro per il ClubMed e poi siamo andati a bere un ultimo shake insieme: io, Vi e Michel. Abbiamo passato un bel paio di ore insieme, dove abbiamo parlato di progetti futuri e della volontà di aprire anche noi un centro a Phuket (io e Vi). Ci siamo salutati, ed è stato duro. Io e Vi abbiamo un bel rapporto già da prima della mia e della sua partenza, tenendoci in una corrispondenza epistolare densa di significato. Ma anche in quel momento non ho pianto e non ho sofferto, ero più felice per l'esperienza vissuta che triste per quel che avrei lasciato. In motorino, tornando, col vento, è scappata qualche lacrima, ma di gioia. Io e Michel siamo andati a Robinson. Ultimo pancake accanto al Kim's, dove la cameriera delicata e bella mi ha detto che le sarei mancata molto e che mi avrebbe aspettato con ansia la prossima volta. E micromassaggio d'addio al Kim's. Poi sono andata al Rome Palace Hotel, ho finito di chiuder lo zaino, e ho aspettato nella hall la famiglia Yalong al completo, con anche Michel e Laurien. Sono venuti a prendermi all'ora prestabilita e siamo andati verso l'aeroporto di Phuket, Per la strada ci siamo fermati a mangiare in un posto stupendo! Un parucchiere che, fuori, aveva allestito un baroccino che faceva il Pad Thai. E' stato fantastico mangiare pad thai sulla strada. Pi Jeed mi diceva dove mi avrebbe portata quando sarei tornata la prossima volta, e questo mi ha rincuorata. Lasciare la mia famiglia è stato molto difficile. Il dolce e buono Bang Wang la simpatica e materna Pi Jeed, e i miei Michel e Laurien, compagni di viaggio indimenticabili. Pi Jeed però ha alleggerito l'atmosfera con le sue cinquecento foto che hanno spezzato la tristezza. Un mega abbraccio finale e son andata a prendere l'aereo. Prima però son andata di corsa nella farmacia dell'aeroporto per farmi controllare l'ipotetica piaga di scabbia e la farmacista mi ha detto di no, con tanto di turisti che mi guardavo il braccio schifati. Mi ha dato però una pomata antibiotica da dare più volte al giorno. Il volo non me lo ricordo neanche perché ho dormito come un sasso. Sono arrivata a Bangkok piuttosto tardi, soprattutto per il ritiro bagagli. Era sera tardi, e fuori faceva un caldo strappa-pelle. Ho preso un taxi e mi sono fatta portare allo Swissotel Nai Lert Park, prenotato via booking per una buona offerta di due notti. L'hotel ha un lungo percorso per entrarvi e un ingresso lussuoso. Questo hotel lo avevo trovato anni fa guardando gli hotel più particolari del mondo, e questo veniva annoverato per il suo parco privato giunglesco, e la bella piscina. Ma entrandovi, di notte, non si vedeva nulla, solo un asettico ingresso, denso di aria condizionata. Mi hanno assegnato una stanza lussuosa ma anonima, senza nulla di particolare, che dava su una tettoia ricoperta di ghiaia. Un bagno enorme con una vasca da bagno, ma piena di ruggine ai lati. Non all'altezza della nomea. Ma ero talmente stanca che non avevo nemmeno la voglia di guardare a queste cose. Volevo solo addormentarmi. Ma le luci sono impazzite. Non riusvo a spengere le luci, non riuscivo a riaccenderle, c'era una chiusura centralizzata che partiva dopo 5 secondi che mi allontanavo dall'ingresso. Unca di quelle megacagate tecnologiche. Presa dalla stanchezza e dall'esaurimento ho preso la torcia e mi sono mossa per la stanza con la torcia accesa. Sono arrivata a letto distrutta e son scoppiata in un pianto disperato, senza riuscire a respirare. Ho pianto per i miei bambini, per la fine di un'era, per l'addio. Ho pianto per tutti gli amici lasciati, per il dolore provato. Mi sono addormentata alle 3:30, quasi svenuta dal sonno, stremata e piena di lacrime.
24 Marzo BANGKOK
Sveglia molto presto, anche se mi son alzata con qualche difficoltà. Ho deciso di fare colazione come ieri, troppo buona e troppo energizzante: mi fa bene per questo caldo e per l'umore. Mi sono letteralmente ingozzata perché ero già in ritardo per la partenza del tour per il Floating Village Damnoen Saduak.A partire dall'hotel c'era un'altra ragazza, di nome Sabrina, una ragazza carina, delicata, austriaca vivente in Svizzera e lavorava come hostess per la swissair. Infatti lei era a Bangkok per lavoro, era il suo giorno di riposo, la sera stessa avrebbe avuto il suo volo di ritorno. Abbiamo chiacchierato fitto fitto sin da subito creando un bellissimo feeling. Ci hanno portate con auto privata in questa mezza agenzia/punto di ritrovo dove abbiamo incontrato tantissima altra gente, specialmente gruppi di mezza età o anziani. Solo altre due ragazze da sole, ma non particolarmente socievoli. Quindi siamo rimasti un duo. Siamo salite sul pullman, prima destinazione una casa in periferia, dove lavoravano il cocco. Interessante da vedersi, ovviamente la famiglia era fake, parecchio plasticosa, tutti impettiti per l’arrivo dei turisti e perfettamente parlanti inglese quando, io lo so perché ho vissuto proprio in famiglia, quasi nessun thai sa un buon inglese. Siamo anche entrati nella casa della famiglia ed era una piccola reggia in finto gusto antico. Sono però venute delle belle foto perché i colori e i particolari delle lavorazioni erano belli. Abbiamo aspettato sotto un caldo malato tutta la comitiva che stava comprando ogni tipo di ninnolo e stronzata che la famigliola gli propinava. Poi siamo risaliti sul pullman, stavolta come destinazione finale Damnoen Saduak. Io e Sabrina siamo salite sulla barca insieme e abbiamo percorso i canali che ci avrebbero condotte al mercato. Il fiume era stretto e lungo, e ogni tanto compariva qualche forma di vita, case, costruzioni basiche. Ma niente a che vedere col meraviglioso percorso del lago Tonle Sap in Cambogia, dove la gente aspettava quelle due barche al giorno da salutare, unica forma di turismo mai vista, e dove la vita era dolce e sincera. Ma comunque questa esperienza mi ha ricordato vagamente la mia meravigliosa Cambogia, e questo mi ha scaldato il cuore. La barchetta è giunta al mercato piuttosto ingolfato di barche di legno. Pieno zeppo di turisti, a tratti disgustoso. Ma io ero pienamente concentrata sul fare foto, il mio obiettivo della giornata era portare a casa dei begli scatti, non cercavo la sincerità e la verità: sarebbe stato il posto più sbagliato. La gente vende le proprie carabattole (specialmente cibo, oggetti di legno e gadget) sulle barche nel fiume. Io e Sabrina ci siamo fatte un giretto e, alla fine, ci siamo ritrovate su un lungofiume a mangiare una zuppa di noodles e dei pancake al cocco che preparavano sulle barchette di legno. Esperienza bella, io e Sabrina siamo state benissimo e abbiamo capito che un posto in comune dove lei vorrebbe andare e io tornare è Cuba. Così ci siamo dette che forse –un domani- ci faremo questo viaggetto insieme. Dopo aver fatto qualche foto a Castor con gli autoctoni siamo andate nella parte opposta del mercato dove c’era la terraferma e alcuni venditori di quadri e dipinti, e Sabrina ne ha presi un paio. Poi siamo salite sul pullman che ci ha riportate verso Bangkok, ma ci siamo fermati poco fuori per visitare una piccolissima manifattura artigianale dove c’era anche un bancone che vendeva bibite e qualche sedia di legno polverosa. Io e Sabrina abbiamo preso un po' d'acqua e aspettato la ripartenza. Tornare a casa e salutare Sabrina è stato difficile. Io sono piuttosto amicona ma trovarsi Davvero così bene con qualcuno è raro. E lei è una ragazza d’oro. Ho preso il mio zaino, che avevo già chiuso la mattina, e sono andata a un piccolo bar fuori dall’hotel ad mangiare un croissant e aspettare un taxi per ChinaTown, direzione: la mia prossima guesthouse. Infatti lo Swissotel Nai Lert Park è un 5 stelle, preso a prezzo vantaggioso grazie ad una buona offerta, ma davvero caro per un soggiorno a Bangkok dove puoi spendere davvero poco per dormire. Anche se in questo periodo tutto è triplicato per la vicinanza alla festa dell’acqua e perché week end. Il taxi mi ha portata a China Town, e fin qua tutto bene. Ma un dramma per trovare la guesthouse. Io avevo stampato in Thailandese le indicazioni che i proprietari dell’ostello avevano messo a disposizione per i tassisti. Ma comunque nessuno ci capiva nulla. Sono stata circa un’ora in macchina con il tassista che chiedeva ad ogni anima di spiegargli dove fosse. Alla fine, grazie a un tuktukkaro della zona, abbiamo capito che l’ostello è DENTRO UN TEMPIO. La cosa mi ha fatto sbellicare dalle risate. Entri nella porta principale del tempio e, nel cortile, accanto alla casa del custode, c’è la guesthouse. La guesthouse si chiama Loy La Long e l’ho trovata grazie alle recensioni positive di TripAdvisor. Il posto è meraviglioso, e vale un viaggio. Arredato e ideato da una coppia di sposini freschi: uno stilista e l’altra arredatrice. Un amore di posto, direttamente sul fiume di Bangkok, il Chao Phraya. Tutto è finemente scelto, dalle sedie ai cuscini, dal parquet alla lavagna su cui scritto il menù del giorno. Un piccolo paradiso. E infatti ho sistemato le mie cose nella stanza (mi avevano riservato l’ostello solo e tutto per me, per quella notte) e son corsa nella hall, uno spazio di pace infinita sul fiume, ascoltando musica e guardandomi Hangover II. Ho cenato là a case di spring rolls, fried rice e pancake. Special dinner. Dopo cena ho conosciuto una coppia di parigini: lui architetto brizzolato e occhi verdi, molto affascinante. Lei mezza francese e mezza cilena, esotica e delicata. Molto carini e simpatici, e parlanti tutto sommato un buon inglese. Loro vengono in Thailandia regolarmente, specialmente Chang Mai. Sono andata a letto relativamente tardi. La camerata è tutta bianca con letti azzurri a castello. E, sotto il parquet bianco, si sente il rumore dell’acqua come una ninnananna.
25 Marzo BANGKOK
Stamani
sveglia molto presto e ho visto il sorgere del sole sul fiume Chao Phraya. Il
giorno prima avevo compilato il foglietto delle preferenze alimentari per la
colazione e mi hanno fatto trovare il mio pancake con bacon, come avevo chiesto,
e il mio shake. Che meravigliosa colazione...
Oggi erano 38 gradi. L'Italia sotterrata da fiumi di gelide piogge, a Londra
neve, e qua... 38 gradi! Crazy. Così ho passato la mattinata nella hall
sull'acqua, sbrigando le questioni pratiche come il checkin di ritorno, mandare
qualche e.mail etc. Ho incontrato all'ora di pranzo la coppia di parigini, e ci
siamo rituffati in un'altra interessantissima conversazione. Io ho mangiato una
variante del pad thai, stavolta di pesce. Dopo pranzo loro sono andati in camera
e poi sono usciti per andare a visitare alcune opere architettoniche. Io sono
andata invece a visitare il Wat Pho, la cittadella dove venivano istruiti i
bonzi, centro culturale dell'antica Bangkok. Son stata attentissima ad ogni tipo
di truffa perché in questo triangolo Wat Pho - Palazzo Reale - Mercato degli
Amuleti è facilissimo caderne vittima. Ma io mi ero studiata a memoria la
Lonely Planet e non chiedevo informazioni a nessuno. Dopo l'esperienza in India
sono diventata scaltrissima! Infatti me la son cavata benissimo. Subito dopo
l'ingresso nel Wat Pho si entra nella struttura dove vi è il Buddha Dormiente.
Una struttura di 55 metri!!! Incredibile a vedersi... tutto d'oro. Ma il Wat Pho
è molto altro. Essendo stato il centro culturale del paese è pieno di nicchie
nascoste, pergamene con scritte che fanno sognare, con i ghirigori che sanno di
esotico. Statue e sculture, raffiguranti esseri strani, gnomi dai lunghi baffi
cadenti, gatti nell'erba. Mi sembrava di essere Pollicino, lasciandomi alle
spalle briciole di pane per ritrovare la strada. Di gente ce n'era molta. Ma
seguiva un sentiero standard formando un fiume di voci e corpi. Io ho fatto un
giro diverso, incrociandomi solo raramente con i turisti schiamazzanti. Le
pagode brillanti e colorate mi riempivano il cuore di una luce accecante. Il
sudest asiatico mi fa quest'effetto. Nell'altra vita ero sicuramente asiatica!
Mai nessun posto mi fa sentire a casa come il sudest asiatico... Camminando tra
meravigliosi buddha e piccoli punti di raccolta ho trovato l'antica scuola di
massaggio thailandese. Il casotto dove si paga è a dieci metri dal centro
massaggi. Entrambi i posti sono essenziali, dall'arredamento spoglio. Non sono
esosi e curati come i centri massaggi di Phuket. La fama di questo posto è il
nome e la tradizione, non gli extra. Ho pagato una cifra elevata per ricevere un
foot massage da una signora di mezza età di cui non ricordo più il nome
impronunciabile. Era gracile, piccolina, sicuramente -pensavo- incapace di un
forte ed energico massaggio come piace a me. E invece è stata bravissima. Certo
non ha reso il massaggio comodo e piacevole come al Kim's dove avevi centomila
comfort: semplicemente ti passava una salviettina e giù di olio. Ma lei era
davvero brava e di una forza inaudita. Accanto a me, dopo circa mezz'ora, si è
sdraiato un cinese ciccione. Dopo poco si è messo a russare, talmente forte che
tutte le operatrici ridevano a crepapelle mentre continuavano a massaggiare. A
fine massaggio la signora si è accertata che stessi bene. Mi ha dato il solito
the verde e poi mi ha accomiatata. Dopo la rilassante pausa ho continuato il mio
giro perdendomi (letteralmente) per le pagode. Alla fine sono uscita e mi sono
incamminata verso il Palazzo Reale. Le due strutture sono piuttosto vicine, una
camminata di 15-20'. Ma oggi il caldo era asfissiante, l'umidità alle stelle e
un sole spaccapietre senza un angolo di ombra. Mi sono intrufolata in un
mercatino all'aperto sul marciapiede opposto, godendo del refrigerio di qualche
albero e qualche ombrellone aperto. Ho scoperto poi essere il Mercato degli
Amuleti. Simile ai nostri venditori al mare, con asciugamani a terra o qualche
baracchino traballante, questi thailandesi dal sorriso facile esponevano grossi
e pacchiani amuleti ai passanti. I loro migliori acquirenti erano i monaci,
avvolti nei loro pepli arancioni, si rannicchiavano in tutta la loro magrezza
per guardare da vicino la fattezza del monile. Un altro camminava con un
ombrellino. Un altro ancora, leggernente più in carne, portava ciabatte
consumate e un paio di occhiali attaccati con lo scotch. Volevo fotografarli. Li
trovavo eleganti e, al tempo stesso, esilaranti. Ma erano sempre di spalle,
accanto a qualcuno che ne copriva la forma, oppure sparivano rapidamente mentre
impugnavo la reflex. Camminando sono finita da un venditore di occhiali da sole
di tutte le forme e colori. E accanto un baracchino che vendeva spiedini di
maiale in una salsa simile alla teriaki giapponese. Divini. La signora che li
faceva aveva un ingombrante cappello di paglia e un forte rossetto rosso. Il
figlio era uno stuzzicadenti col sorriso più largo del viso. Erano una coppia
buffa. Ho fatto loro una foto con Castor. Attraversando la strada e svoltando
sulla destra si cammina lungo il perimetro del Palazzo Reale. Megafoni urlanti
frasi per turisti stavano massacrandomi la testa e i timpani. Ho corso
rapidamente sotto un sole cocente, e mi son intrufolata dentro. Il 90% dei
turisti si era vestita in modo non idoneo (basta leggere anche la peggiore guida
sulla Thailandia per sapere che in certi posti NON ci si può vestire con short
e smanicati). Quindi solo io e pochi altri siamo andati direttamente alla
biglietteria, gli altri si sono sorbiti un'ora di coda sotto un caldo disumano
per farsi prestare una lunga gonna e un foulard per le spalle. Pagato il
biglietto ho percorso il corriodio per l'ingresso. Ho trovato una comitiva di
spagnoli con guida. Tentando di fare come a Machu Picchu (io e FIli ci siamo
uniti a un gruppo all'ultimo secondo pagando una cifra irrisorio) mi sono
fiondata da una guida dai lunghi mustacchi corvini, e ho chiesto lui se potevo
aggregarmi. Ma, duro, mi ha detto che il gruppo era già formato e partiva dalla
Spagna, quindi no. Sono entrata allora da sola, senza guida. Ho trovato subito i
fiori bianchi e l'incenso da donare con una preghiera. Mi son fatta fare una
foto mentre accendo l'incenso da una coppia di bimbetti cinesi. La foto è
venuta orribile, ma almeno ho un piccolo ricordo. Mi sono riposata dieci minuti
sotto un piccolo tempietto all'aperto, coperto da una tettoia. Dopodiché ho
ricominciato la visita. Pensavo che il wat Pho fosse il miglior luogo di
Bangkok. Invece, quando ho visto il Royal palace, mi sono ricreduta. E'
MOZZAFIATO! Di una bellezza quasi disumana. Sembra di essere in un sogno. Enormi
draghi con zampe dagli affilati unghioli proteggevano gli ingressi ai vari
padiglioni. Pagode mosaicate di stravaganti e meravigliosi colori. Un luccicore
eterno faceva brillare la cittadella reale. A volte mi perdevo in delle zone più
silenziose, e il rumore dei turisti era solo un fracasso fiabesco, lontano.
Sembrava di essere nella tana del bianconiglio. Il palazzo (che poi è una vera
e propria città) è enorme. Mi sono persa e ho smesso di seguire la piantina.
Ho girovagato per le stradine entrando in tempi proibiti, leggendo pergamene
misteriose, guardando strane statue che sorreggevano colonne o intere mura. E'
stata un'esperienza incredibile. Sono uscita dal palazzo circondata da una
comitiva di russi unticci. Sapevo delle truffe nelle vicinanze di Wat Pho e
Royal Palace, perciò ero piuttosto preparata. Ma non mi aspettavo che Nessun
tassista mi avrebbe chiesto una cifra inferiore a quella che spendevo per tre
notti a Bangkok. Ho chiesto al finestrino di 15 taxi e di 3 tuktuk prima che un
tuktukkaro cedesse a un cifra nel mezzo tra la mia richiesta e la sua offera. Ho
accettato e, stremata e disidratata, sono andata nel mio hotel a China Town.
Alla fine il ragazzino mi ha chiesto "Mi dai 100 bath in più?". Io
l'ho guardato e gli ho fatto un risatone nel viso. Lo avevo pagato il triplo
della normale cifra. Per cui era stato solo fortunato, niente mance extra. Ho
percorso il bel tempio e sono arrivata nella mia pacifica guesthouse. Avevo
lasciato lo zaino fuori, perché avrei cambiato stanza per la notte. E infatti
il mio zaino era già pronto al piano di sopra, davanti alla nuova stanza, la
Red Room. Sono entrata e la stanza era a dir poco favolosa. Parquet a terra, una
mansarda di legno. La cabina doccia fatta come le cabine telefoniche inglesi:
rossa con la scacchiera esterna. L'arredamento del bagno era vintage e
splendido, con un lavandino voto 10. Il letto con un lenzuolo di rose rosse e
una tenda-separé per la parte spiovente della mansarda, dove c'era un divanetto
rosso per sedersi e leggere un libro. Fascinoso, unico, un design introvabile.
Questo amo dei viaggi: l'unicità senza il troppo lusso. Mi sono riposata
un'oretta, poi era già l'ora del tramonto, che mi sono goduta dalla bellissima
terrazzina sul fiume. C'erano due tedeschi antipatici e dalla fisionomia ancora
più antipatica. Hanno occupato il terrazzino facendo foto e guardando
imbambolati il tramonto. Quindi mi son goduta solo il riflesso dei raggi. Per
cena ho deciso di andare al mercato del Week end di China Town. Il proprietario
dell'hotel, il ragazzo rockettaro e stiloso, mi aveva spiegato come arrivarci.
Era discretamente vicino alla guesthouse, arrivabile a piedi. Peccato che,
intorno alla guesthouse, non ci sia assolutamente niente. Solo un 7eleven
all'angolo, dove ho comprato un the freddo al limone. Ho preseguito per la
stradina buia di cui mi aveva parlato lui. Ero serena, in pace, sapevo che non
mi sarebbe successo nulla e così è stato. La Thailandia è davvero tranquilla,
specialmente se addosso non hai nulla di valore, se hai un atteggiamento gentile
e non ostentatore, e se hai uno zaino sporco come il mio :) A un certo punto ho
trovato un tizio e ho avuto la brillante idea di chiedergli in thailandese
"Sawadi ka, katoon th yaowarat iu ti-nai?" che significa: Salve, mi
scusi, dove si trova la via yaowarat?. E lui, convintissimo che parlassi
thailandese, ha iniziato una conversazione di due ore in thai, con io che, per
non deluderlo, dicevo sempre "kaa", cioè sì. Chissà cosa gli ho
detto! Alla fine, tutto fiero, mi ha accompagnata a piedi in una viuzza e ha
fatto il gesto di andare dentro. Incamminandomi, come la protagonista della città
incantata di Myazaki, verso l'oscurità, ho scorto dopo un po' in lontananza le
luci e le insegne cinesi della via. Il mercato di China Town è davvero
affascinante come mi era stato detto! Le insegne in verticale a neon sembrano
dei grattacieli e la via ha un che di una grossa metropoli lumiescente e
futuristica. I banchini sulla strada vendono d'ogni bene! Mi sono data allo
street food. Ho cenato ad un tavolaccio di plastica con altre 8 persone, in una
viuzzina laterale. Ho preso un buon banana shake e dei ravioli di carne. Tutti
mi guardavano curiosi, ho detto qualcosa in thai ed erano felici. Le donne in
particolare sono delicate e protettive nei miei confronti. Ho girovagato felice.
Ho trovato un castagnaro con un'enorme castagna disegnata su un cartoncino che
oscillava a destra e a sinistra. Mangiare il mio cibo preferito in Thailandia a
40 gradi è stato una specie di sogno. Dopo un bel giro sono tornata alla
gueshouse senza nessun problema di orientamento! Ho trovato nuovamente i due
francesi, e abbiamo richiacchierato. Ho ordinato un pancake alla cioccolata, la
mia morte, e mi sono addormentata col ventilatore acceso nella mia bellissima
stanza rossa.
26 Marzo BANGKOK-home
Mi sono svegliata grazie alla luce che filtrava dal legno della stanza. La mia magica stanza rossa sembrava viva e di buon umore, come me. Ma questo è il mio ultimo buongiorno in Thailandia. Resto allegra solo grazie alla speranza di tornare presto in questa meravigliosa terra. Oggi ho deciso di riposarmi. La mattina mi son goduta la colazione sul fiume, con calma. Ho passato il resto della mattinata a fare lo zaino, un'impresa assolutamente non facile! Poi ho pranzato nella guesthouse guardando un film dal mio laptop. Nel primo pomeriggio sono andata a piedi in una piazza a tre blocchi dalla guesthouse, nel cuore di China Town. Volevo trovare un centro massaggi che fosse vicino. L'addio al massaggio thailandese. Il ragazzo proprietario della guesthouse mi aveva detto che c'era un centro massaggi là, non male, che consigliava ai suoi ospiti. Mi sono persa appena arrivata nella piazza, perché lui mi diceva che lo avrei visto da là, eppure non si vedeva nulla. Mi sono inviata a sentimento in una delle 5 stradine a raggiera che sbucavano sulla piazza. Ho chiesto a un'impiegata di un piccolo centro di spiedizioni dove fosse il centro massaggi, in thailandese. Questa, incinta, è uscita dal negozio e mi ha accompagnata a piedi davanti al centro. Da fuori sembrava una macelleria: colori freddi, marmo lucido a pareti e terreno, aria condizionata abnorme. C'erano tre sedie sdraiabili, delle chaise longue alla Freud, dove in due di essi dormivano due thailandesi coperte da copertine di pail. Il prezzario, un foglio di carta appiccicato con lo scotch al muro, riportava i nomi dei massaggi in Thailandese. I prezzi irrisori: 150 bath per un massaggio di un'ora, ossia sui 3 euro. La donnetta che me lo doveva fare aveva una felpa con cappuccio. Fuori 40 gradi, dentro 10. Biasciava fragorosamente una gomma rosa, e parlava con le due zie addormentate sotto i pail. Avevano anche un televisorino acceso in alto. Ascoltavano il Tg e poi una telenovela. Ogni volta che succedeva qualcosa di interessante la donnetta smetteva di massaggiare incantata dal televisore. Mi veniva da ridere, era una situazione troppo comica! Son tornata alla guesthouse dopo il """massaggio""". Ho aspettato qualche ora e poi è arrivato il taxi per l'aeroporto. Ho salutato la Thailandia con grandissimo dispiacere. Ma la cultura thailandese, i miei bambini, la mia famiglia thailandese, i templi, il clima, il mare, e un massaggio al giorno, mi hanno fatta diventare una potenza di energia e di amore. Felice, serena, viva, sana. Mi sento bene come non mai. Ricordo la mia partenza, non conoscevo nessuno e nessuno conosceva me. Pensavo che i viaggiatori venissero da me e parlassero immediatamente di qualcosa, attaccassero bottone, facessero amicizia. E quando ciò non è accaduto ho pensato che fossero loro il problema, o forse io avessi qualcosa che non andava. Certo il volo d'andata era una comitiva ultra 80. Ma qualche viaggiatore indipendente c'era, ero io che non lo avevo visto, non mi ero focalizzata su di loro. Nel volo di ritorno ho fatto amicizia con tutti. Basta attaccare bottone con una parola qualsiasi. Se l'altro ha voglia di parlare continuerà il discorso. Accanto a me c'era un altro missionario, un ragazzo mio coetaneo norvegese. Entusiasta di tutto, simpatico, vivace, era andato con una missione protestante in India in un villaggio nel Sikkim, a ridosso dell'Himalaya. Abbiamo parlato tantissimo delle nostre reciproche esperienze. E' stata una bellissima conversazione. Solo in un momento ha iniziato a chiedermi se credevo in Dio e l'aereo ha ballato come non mai e io chiedevo a Dio di non punirmi :) Ma a parte questo mi sono divertita davvero. Allo scalo a Vienna ho conosciuto due ragazzi che lavorano a Bologna come radiologi. Davvero simpatici, sono stati i primi italiani che ho incontrato e mi veniva da parlar loro in inglese!
Torno
a casa felice per un'esperienza completamente diversa dal solito. Anche il
diario sarà sembrato molto diverso: più incentrato sulle storie quotidiane, le
relazioni con i volontari, i piccoli avvenimenti di tutti i giorni, e meno
sull'esperienza del viaggio in sé per sé. Ma vivere questo tipo di esperienza
è di gran lunga meglio di qualsiasi diario o racconto. Entrare in una cultura e
respirarla a fondo è davvero vivere una seconda esistenza.
Ringrazio la mia meravigliosa famiglia thai. Ringrazio le mie meravigliose
amiche da tutto il mondo. Ringrazio i miei splendidi bambini per i loro sorrisi
incredibili. Ringrazio i miei cari per avermi appoggiata. E ringrazio me, perché
sono stata brava a crederci, e a riuscirci così bene.
Federica Orzati
www.eatpraylove.altervista.org