New York City
Usa
Diario di viaggio 26 settembre – 4 ottobre 2009
Dopo quattro anni dalla nascita di Sara eccoci di partenza per questo nostro primo viaggio senza di lei (non immaginate quanto mi sia mancata!… David mi prende in giro ma credo che sarà la prima e anche l’ultima volta per me!). Partiamo alle 11,30 alla volta di Nizza con Giancarlo e Federica che condivideranno con noi questa vacanza (speriamo bene… di non rimetterci anche questi di amici… ). Gli avvenimenti degli ultimi giorni ci hanno fatto temere davvero di non partire ma alla fine si è sistemato quasi tutto a parte il raffreddore e la febbriciattola di Sara che ci mettono un po’ d’ansia. Alle 15,35 ci imbarchiamo sul volo della British diretto a Londra dove atterriamo due ore dopo. Ci fa compagnia (!!!) quello strafatto di Pete Doherty (lo riconosce Federica … col massimo rispetto ma per me è un emerito sconosciuto), il suo entourage e soprattutto quello che pare il suo manager e che ha un aspetto terrificante. Al controllo passaporti di Heatrow l’addetto ha qualcosa da ridire con il passaporto di Monica (che scade tra un mese e mezzo), forse la “danza” dei sei mesi di validità residua non è ancora finita e anche questo funzionario, come quello del Comune di Albenga e della Questura di Savona, non è convinto che il passaporto italiano sia valido per l’ingresso negli USA fino alla scadenza. Dopo una serie di telefonate concitate e un po’ di ansia da parte nostra passiamo i controlli e alle 18,10 ci imbarchiamo alla volta della Grande Mela. Arriviamo alle 20,40 al JFK e siamo lesti ad uscire dall’aereo e a raggiungere l’immigrazione, poco dopo arrivano infatti tutti gli altri passeggeri compresi quelli di un altro volo e la coda si fa veramente lunga. L’immigrazione ci ruba il tempo delle formalità e di qualche battuta con un simpatico ufficiale che non ha niente da ridire sul passaporto di Monica, salvo controllare sul manuale che l’Italia è esente dalla regola dei sei mesi dato che fa da qualche anno parte del “Six Month Club”. Impronte, fotografie e via con i timbri di entrata. I bagagli ci sono e in un attimo usciamo e veniamo dirottati verso un taxi da un ometto che smista le persone in arrivo. Col tassista non fatichiamo più di tanto a spiegargli che deve portarci al 207 East 117th Street ad East Harlem. Mentre viaggiamo in macchina nel Queens scorgiamo Manhattan e i grattacieli, che emozione! Paghiamo i 45 $ della tariffa fissa più il pedaggio di un ponte, più l’immancabile mancia, per un totale di 56 $ in quattro. Scarichiamo le valigie e cerchiamo di aprire il particolare lucchetto nel quale Peter, il tipo dell’agenzia Staysmartnyc.com con cui abbiamo prenotato l’appartamento (1310 $ / 982 € per sette notti in quattro), ci ha lasciato la chiave del portone. Dopo avere armeggiato un po’ riesco ad aprire e entriamo, certo che lo stabile e le scale non promettono molto bene (per un momento ci eravamo illusi che il nostro appartamento fosse quello affianco, molto carino dall’esterno e invece……). Digitiamo la combinazione della serratura ed entriamo in casa, l’appartamento ci sorprende: è molto carino, pulito ed accogliente, con il parquet dappertutto, si vede che è stato ristrutturato di recente ed arredato con mobili Ikea, ci sono due camere, due bagni, soggiorno con angolo cottura attrezzato di tutto e sgabuzzino, c’è la tv e anche il Wifi. Comincia a piovere, le previsioni non sbagliano! Siamo un po’ stanchi ma Giancarlo ed io usciamo a comprare i generi di prima necessità, qualche bottiglie di acqua, di Coke, tovaglioli di carta e due confezioni da sei di birra (24 $ in totale)( siamo in America ed è giusto fare gli Americani!… peccato che le birre rimarranno quasi tutte nel frigo dell’appartamento… ). L’impatto è forte ma il quartiere non è male, è popolato da immigrati latinoamericani, case basse, molto popolare ma non ci sembra pericoloso (a me di sera un po’ inquieta…qui la moda tra i neri o i latini è di indossare felpe col cappuccio che si calano sulla testa e a mala pena riesci a scorgere i loro volti…) , piuttosto ci pare la vera America, quella vista in 10.000 film! Passiamo anche dal McDonald’s (12 $) a prendere qualcosa da mangiare (ble! Che schifezza…spero di sopravvivere questi giorni…). Rientriamo a casa e mangiamo gli hamburger piuttosto schifosi di questo fast food, due chiacchiere e andiamo a dormire, non prima di avere stracciato con sommo piacere tutta la documentazione portata nell’evenienza che in dogana avessero fatto storie a Monica per non avere riconsegnato il formulario I-94W all’uscita da Miami nel 2004. Prima di andare a letto consegno a Monica il regalo dei suoi genitori per il suo compleanno: lunedì andiamo a vedere il musical Mamma Mia a Broadway (questa davvero è stata una sorpresa… d’altra parte non succede mica spesso di trovarsi a NY per il proprio 40esimo).
[Domenica 27 settembre] Per via del fuso dormo poco e male, mi sveglio alle 4,30 e alle 6 faccio capolino in soggiorno dove trovo Giancarlo che fa le parole crociate, anche lui non riesce più a dormire. Aspettiamo che faccia giorno e che le due cornacchie si sveglino, piove. Usciamo di casa presto, facciamo una colazione piuttosto mediocre da Dunkin’ Donuts (6,50 $ in due), le ciambelle sono buone ma i beveroni non molto ( dire non molto mi pare “eccessivo”… il mio beverono ad esempio ma anche quello di David finiscono nel primo tombino fuori la porta… e se non lo beve lui… è tutto detto).. Cerchiamo la scheda per telefonare e, dopo avere girato diversi negozietti, ne compro due da 5 dollari per l’Europa, scopriremo che una permette di telefonare per 180 minuti e ne consumeremo meno di mezza. Facciamo l’abbonamento settimanale per la metropolitana, la Metrocard al costo di 27 $ a testa. Prendiamo la metro per qualche fermata e poi facciamo un pezzo a piedi per arrivare al Metropiltan Museum of Art comunemente detto Met, che si trova sulla Fifth Avenue a metà di Central Park. Il biglietto costa 20 $, il museo è immenso e c’è molta gente, forse perché è domenica ma forse anche perché piove. Diamo un’occhiata veloce, i musei non sono il nostro forte, troviamo molto interessanti e grandiose le esposizioni di ori precolombiani e le sale della pittura europea, soprattutto quella impressionista che è qui rappresentata da alcuni dipinti molto famosi e molto belli. Usciti dal Met riprendiamo la metro e andiamo in centro a mangiare, ci incuriosisce un tipico locale americano stile pub con i televisori dappertutto che trasmettono le partite domenicali di Football. Si chiama Legends, si trova sulla 33th Street West, dorremmo essere dalle parti dell’Empire State Building ma non riusciamo a vederlo, ci sono le nuvole troppo basse. Poi le nuvole si alzano, esce un po’ di sole, e ci accorgiamo che siamo proprio di fronte al più alto grattacielo di NY e dalla vetrina del locale ne vediamo anche la cima. Mangiamo bene con 53 $. Usciamo e facciamo un giro da Macy’s, che la guida dice essere il più grande negozio del mondo, non so se sia vero ma grande lo è, con le sue particolari scale mobili in legno originali di quando fu eretto il palazzo. Facciamo qualche acquisto e poi ci dirigiamo verso il Madison Square Garden perché nelle vicinanze c’è un grande negozio di fotografia che vorrei vedere ma è chiuso. Andiamo allora a Times Square, ombelico della città, con la folla presente giorno e notte e le luci sfolgoranti (che casotto… e chi lo poteva immaginare). Ci riposiamo un po’ all’Hard Rock Cafe, beviamo una birra e una bibita (11,50 $) e compriamo qualche maglietta. Siamo stanchi e torniamo a casa con la metro, saltiamo la cena, abbiamo pranzato tardi. Ci svacchiamo un po’ sul divano ma presto ci si chiudono gli occhi dalla stanchezza e andiamo a letto abbastanza presto.
[Lunedì 28 settembre] Ieri le previsioni del canale televisivo di NY davano un bel sole per questa mattina e allora ne approfittiamo per andare a vedere la Statua della libertà e Ellis Island. Abbiamo prenotato da casa il biglietto flessibile per tre giorni (12 $ a testa). Prendiamo la metro e andiamo fino alla punta sud di Manhattan. Facciamo colazione nel nostro primo Starbuck Coffee in Park Row proprio sotto la City Hall. La colazione è buona e anche i beveroni che chiamano caffè e cappuccino sono bevibili (11 $). Poi andiamo a Battery Park a prendere il ferry per la nostra gita, il parco è pieno di scoiattoli e il nostro pensiero va subito a Sara che li avrebbe adorati (anche se in maniera diversa da Giancarlo!). C’è molta coda e ci sono da passare rigidi controlli di sicurezza stile aeroporto. Ma facciamo in fretta, sono molto organizzati, in 10 minuti siamo sul traghetto che parte poco dopo alla volta di Miss Liberty. Il panorama di Manhattan in poppa è veramente favoloso, peccato per un pochino di foschia e peccato che manchino dallo skyline le Torri Gemelle. Cominciamo a vedere la Statua che si avvicina, è spettacolare e maestosa, verde sul suo enorme piedistallo, chissà che impressione faceva agli emigranti che la vedevano troneggiare poco prima di attraccare ad Ellis Island che è poco lontana. Scendiamo dal ferry e facciamo rapidamente il giro dell’isolotto facendo un po’ di foto, non saliremo sul piedistallo e soprattutto sulla corona che è stata riaperta da poco ed è prenotata per i prossimi 18 mesi! Riprendiamo il ferry per coprire il breve tragitto per Ellis Island dove visitiamo il museo dell’immigrazione, non particolarmente bello ma carico di significati. Il nostro pensiero va alla situazione italiana e ai CPT, dove si vivono sogni e drammi analoghi. Dopo la visita riprendiamo il ferry per tornare a Manhattan, si è alzato il vento ma si sta bene e il panorama è emozionante. Da Battery Park risaliamo lungo la Trinity Place e arriviamo a Ground Zero. La zona è oggi un enorme cantiere dove lavorano migliaia di persone e mezzi, tutto attorniato da grattacieli che saranno sicuramente stati danneggiati nei crolli, è un posto suggestivo. (mi commuovo… non puoi non pensare a tutte le persone che qui sono morte… ci sono le loro foto e fiori ai diversi angoli delle strade… David insiste per fotografare … io non so se le foto le avrei fatte…). Lungo la recinzione del cantiere ci sono le gigantografie dei progetti che sorgeranno. Prendiamo la metro e ci spostiamo al Greenwich Village, abbiamo letto sulla guida di un locale dove pranzare. Ci vuole un po’ a trovarlo ma alla fine arriviamo al Corner Bistrot, 331 W 4th Street, un tipico locale newyorchese piuttosto buio ed affollato. Mangiamo al banco un hamburger che la guida definisce il migliore della città (bha…sarà anche vero ma io lo trovo appena passabile ) , in effetti non è male e anche i prezzi sono abbastanza contenuti, il proprietario è molto cordiale (qui tutti hanno almeno un parente prossimo italiano o comunque conoscono le nostre città d’arte e fanno volentieri due chiacchiere…), spendiamo 24 $ a coppia. Dopo la pausa pranzo facciamo un po’ di shopping ed andiamo a cercare un negozio di jeans che hanno segnalato a Giancarlo. Poi passeggiamo per un tratto abbastanza lungo in direzione nord su una strada rialzata pedonale che doveva essere la sede dei binari di una ferrovia leggera (questo quartiere è abitato da coppie gay… ne vediamo alcune “sfacciatamente gay” anche se l’aspettativa in generale era di incontrare molti più personaggi eccentrici e invece con David osserviamo che forse a Londra sotto questo aspetto era stato più divertente). Arriviamo a Chelsea dove ci separiamo, Monica ed io torniamo a casa a fare una doccia e un riposino, mentre Federica e Giancarlo rimangono in giro, l’appuntamento è per le 19,30 a teatro. Usciamo di casa appena in tempo per farci cogliere da un bel temporale serale, prendiamo la metro e andiamo all’appuntamento al Winter Garden Theatre al 1634 della Broadway, dove abbiamo prenotato dall’Italia i biglietti (70 $ a testa) per vedere Mamma Mia che inizia alle 20. Il teatro, anonimo da fuori, all’interno è grandioso e ha un fascino retrò, contiene 1500 persone, in gran maggioranza turisti. Il musical dura due ore e mezzo, ci piace molto e nel finale tutto il teatro (molte le babbione presenti) si alza in piedi a cantare e ballare le canzoni degli Abba. Dopo lo spettacolo andiamo a mangiare a Times Square da Bubba Gump Shrimp Co. Naturalmente mangiamo gamberetti cucinati in diversi modi, tutti molto pesanti per il fegato e lo stomaco! (per la preparazione del mio piatto credo avessero spolpato un’intera piantagione di aglio! Povera me…ho lo stomaco in fiamme ma non so come.. HO DIGERITO BENISSIMO e dormito un sonno tranquillo.) Spendiamo 55 $ e nel complesso mangiamo discretamente a parte i bruciori di stomaco che si profilano (ma non ci saranno…). Riprendiamo la metro e torniamo a casa per un po’ di meritato riposo.
[Martedì 29 settembre] Questa mattina decidiamo di fare colazione sulla Lexington tra la 63rd e la 64th, in un locale suggerito sulla guida di Giancarlo, Le Pain Quotidien. Ci accomodiamo in una saletta molto graziosa tutta a vetri con vista sui grattacieli e compagnia di anziane newyorchesi che prendono il tea. La colazione è ottima (27 $ a coppia) tutta a base di prodotti biologici, frutta, marmellate, una specie di nutella e pane di tipi diversi. E’ una bella giornata ed abbiamo deciso di dedicare la mattinata ad un giro per Central Park. Entriamo nel parco dall’estremità sud orientale e camminiamo verso nord. Vediamo da fuori lo zoo, reso famoso da Madagascar, con il suo orologio con gli animali. Proseguendo verso nord vediamo la statua di Balto, il lago con le immancabili barche a remi, la Betsheda Fountain, la statua di Alice nel Paese delle Meraviglie e arriviamo al Belvedere Castle, dal quale si gode un bel panorama. Ci dirigiamo verso ovest alla ricerca di Strawberry Fields. Ammiriamo gli alti ed imponenti condomini sul lato ovest del parco dove vivono molti vip e dove viveva e fu ucciso John Lennon. Ritornando verso sud passiamo attraverso lo Sheep Meadow, la grandissima zona verde priva di alberi, famosa per essere stata immortalata in decine di film. Arriviamo alla pista di pattinaggio dove ci sono lavori in corso e non si vede niente. Usciamo dal parco da dove siamo entrati e ci avviamo a piedi sulla Fifth Avenue (evvai! Finalmente un po’ di acquisti!), dove vediamo l’Hotel Plaza, di fronte Fao Schwartz e l’Apple store in una sorta di cubo di vetro avveniristico. Entriamo per fare qualche acquisto nel grande negozio di giocattoli e poi continuiamo sulla quinta fino ad arrivare da Tiffany dove una visita, senza comprare niente, e una foto sono d’obbligo! Siamo incuriositi da un palazzo su cui campeggia la scritta “ITALIA” e che tra i bassorilievi che lo decorano ne ha uno con il simbolo del fascismo (scopriremo poi essere “Palazzo d’Italia”, una costruzione degli anni ’30 eretta nel complesso del Rockefeller Center insieme ai palazzi francese e britannico e poi fatti decorare da scultori dei Paesi di appartenenza. Per molti anni è stato la sede del consolato italiano). Poi cerchiamo un posto per riposarci un po’ e mangiare qualcosa. Entriamo nell’hotel Le Parker Meridien sulla 57th West perché dentro c’è il ristorante Norma’s consigliato dalla guida. Il ristorante è chic e cerca di darsi un certo tono ma il cibo non è particolare e non hanno neanche la birra da bere, ci portano dei bicchieroni di acqua con il sempre presente ed abbondante ghiaccio (questa cosa del ghiaccio mi sconvolge… nemmeno fuori avessimo il “Sahara”… e se anche gli raccomandi che vuoi l’acqua o la bibita senza ghiaccio, almeno qualche cubetto dentro non riescono a non ficcartelo… è poi c’è anche la storia dell’aria condizionata… ma qui hanno tutti caldo?… un po’ “oltre le righe” lo sono stì americani!) ma è imbevibile per il cloro, così ripieghiamo sulla Coca Cola con grande disappunto mio e di Giancarlo. Paghiamo 68 $ a coppia e usciamo non molto soddisfatti alla volta di un po’ di shopping sulla quinta da Abercrombie & Fitch, un negozio a più piani dove sparano musica a palla, profumi a manetta e ci sono modelli e modelle da urlo (non è decisamente il posto per David e in fondo nemmeno per me ma resistiamo al folklore locale e facciamo anche qualche acquisto). Proseguiamo fino ad arrivare al Rockefeller Center dove facciamo un giro per vedere la zona che in inverno si trasforma in pista di pattinaggio e dove è posto il grande albero di Natale. Prendiamo la metro e andiamo al Village dove abbiamo letto esserci una birreria con più di 300 tipi di birre e siamo incuriositi. Troviamo il Peculier sulla Bleecker St, il locale è molto tetro e deserto, si trova nella zona universitaria, ci sediamo e Federica si accorge di aver perso la cartina che aveva in tasca e esce a cercarla. Ritorna poco dopo : l’ha ritrovata nel parco. Beviamo un birra nemmeno troppo buona e riprendiamo la metro per tornare a casa. Ci riposiamo un po’, facciamo una doccia e decidiamo di andare a cena da Sylvia’s ad Harlem nella zona nera, diverso da East Harem che è la zona latinoamericana. Prendiamo la metro per una fermata a nord, scendiamo alla 125th e andiamo a piedi fino al ristorante che si trova sulla Lenox. Il tragitto non è molto lungo ma siamo un po’ in apprensione, forse più suggestionati dalla fama del quartiere piuttosto che da cose reali, a dire la verità l’unico particolare inquietante sono i ragazzi neri con le loro felpe coi cappucci. Il ristorante è molto affollato ma c’è un tavolo anche per noi. Ordiniamo piatti tipici del sud, io mi lancio con il famoso barbecue con salsa e patate dolci candite, tutto accompagnato da pane dolce di mais. Mangiamo bene con 47 $ a coppia e poi ci facciamo “coraggio” e torniamo a casa a piedi.
[Mercoledì 30 settembre] Facciamo colazione in centro a base di Pancacke in un grande self service (11 $ a coppia) e andiamo all’Empire State Building per comprare il biglietto per salire all’86° piano, la giornata è coperta ma le nuvole sono alte e il cielo è limpido, ci dicono esserci più di 25 miglia di visibilità. Fuori della costruzione c’è una manifestazione pro Tibet perché all’interno c’è in visita una delegazione cinese. Paghiamo 20 $ a testa e ci sottoponiamo ai controlli di rito (raggi x agli zaini, metal detector per noi). La salita è velocissima e il panorama che si gode è strabiliante. Da ogni lato del grattacielo c’è un vista mozzafiato e ad un certo punto esce anche un raggio di sole che illumina la parte sud di Manhattan e rende tutto più affascinante, ci sono molti turisti e tutti scattano un sacco di fotografie (che freddo!). Una volta scesi gironzoliamo un po’ sulla quinta fino alla Public Library, la grande biblioteca di NYC che ospita le bellezza di sette milioni di volumi. Visitiamo l’interno con le grandi sale di lettura e gli enormi tavoli pieni di computer con libera connessione ad internet . Usciti dalla biblioteca ci dirigiamo al Grand Central Terminal, la celebre stazione immortalata tra gli altri da Madacascar e da Gli Intoccabili. L’atrio è maestoso con un’enorme bandiera e la volta decorata con le costellazioni. Facciamo anche un giro nei negozi interni e in una galleria commerciale dove ci sono solo gastronomie (che spettacolo… ma allora se volessero qualcosa di decente potrebbero cucinarlo anche loro… allora perché fuori ha tutto lo stesso sapore e non riesci a mangiare alro che hamburger e patate?). Facciamo una passeggiata lungo il “Museum Mile”, vediamo tra gli altri il Guggenheim ma solo da fuori e poi ci fermiamo per pranzo al Barking Dog sulla 3rd Avenue angolo con la 93th. Mangiamo bene con 44 $ a coppia. Poi prendiamo la metro e torniamo a casa, andiamo a posare gli zaini e a prepararci per il concerto. Arriviamo con la metropolitana alla Pennsylvania (Penn) Station, facciamo il biglietto (7,25 $ a testa) e prendiamo un treno NJ Transit per Secacaus dove cambiamo per destinazione Giant Stadium (Meadowlands). Il viaggio dura in tutto una ventina di minuti e siamo molto colpiti dall’organizzazione che hanno messo in piedi per servire questo gruppo di impianti sportivi nel New Jersey. Arrivati allo stadio andiamo a prendere i biglietti che abbiamo prenotato dall’Italia (114 $ a testa), nei piazzali ci sono mole auto con il bagagliaio aperto e persone che banchettano con birra e carne alla brace cucinata nel parcheggio, sono organizzatissimi, con sedie e tavoli da campeggio, la musica di Bruce si diffonde in ogni dove. Aspettiamo una mezz’ora e poi aprono i cancelli, una minuziosa perquisizione ed entriamo. Lo stadio è molto bello, pulito ed ordinato, pensare che a breve sarà demolito, a fianco è quasi pronto quello nuovo. Un’addetta ci mostra il nostro posto che è al coperto e proprio a ridosso di quei palchi chiusi da vetrate e riscaldati che si vedono nei film. Fa un po’ freddo e c’è vento, ma sopportabile (diciamo che per i miei gusti saremo potuti arrivare tranquillamente un paio d’ore dopo ma Federica è agitatissima ed eccitatissima e la assecondiamo, in fondo è lei l’unica vera fan do noi quattro!). Nello stadio ci sono molti angoli dove vendono da bere e da mangiare (birra e hot dog su tutto) tutto ordinato, pulito. Noto un distributore di salse, cannucce e tovagliolini che da noi durerebbero pochi secondi; è inutile, siamo a contatto con una cultura diversa! Bruce Springsteen si fa attendere, doveva cominciare alle 19,30, invece attacca alle 20,15 ma poi non tira più il fiato fino alle 23,30! Monica e io non siamo suoi grandi estimatori ma lo spettacolo è bello e il Boss una vera belva sul palco, nonostante i suoi 60 anni suonati! Rimaniamo stupiti nel vedere le persone davanti al palco con molto spazio e totale assenza di calca. Gli spazzini puliscono senza sosta e alla fine dello show lo stadio è lindo come quando siamo entrati, bagni compresi (vera e propria fantascienza da noi…come quando entri nei locali e tutti ti salutano oppure ti chiedono come stai, se hai passato una buona giornata e non mancano, prima di salutarti, di augurarti ENJOY!! ENJOY!!… BRAVI! Questo ci sorprende in positivo e ancora una volta dobbiamo concluderne che avremo qualcosa da imparare noi ITALIANI! ). Finito il concerto riprendiamo il treno per Secacaus: tutti in fila diligenti, altrimenti i poliziotti si inca@@ano. Da li, assistiti e guidati da un sacco di personale, prendiamo il treno per New York Penn Station dove arriviamo pochi minuti dopo. E’ tardi e prendiamo un taxi per tornare a casa, impieghiamo abbastanza poco per fare capire al taxista dove ci deve portare, una quindicina di minuti (lungo la 3rd Ave a velocità pazzesca e con continui e non segnalati cambi di corsia) e siamo a casa, ce la caviamo con 17 $ in quattro.
[Giovedì 1° ottobre] Si parte con la metro alla volta di Brooklyn, scendiamo alla City Hall e raggiungiamo Front Street in taxi (7 dollari in quattro) dove ci fermiamo per fare colazione al Caffè del Dumbo General Store (25 $ a coppia). Dopo colazione rientriamo a Manhattan a piedi lungo il celebre Brooklyn Bridge. La passeggiata è emozionante, molto bello il paesaggio e la vista dello skyline di Manhattan, anche da qui si avverte l’assenza delle Torri che dovevano dominare lo scenario. Arrivati nuovamente alla City Hall prendiamo la metro e scendiamo in Canal Street per una passeggiata a Chinatown e Little Italy. La parte cinese è piuttosto sporca e caotica anche se pittoresca, le scritte sono tutte in cinese e ci sono negozi che vendono ogni genere di articolo, dai pesci secchi alle rane vive, dalle anatre cotte appese in vetrina a stranissime varietà di verdura! Ci sono anche buffi negozi di barbiere con le vecchie insegne a cilindro rotante. Little Italy è ormai un ricordo fatto di ristoranti e pizzerie, i cinesi hanno invaso anche questo quartiere e gli italiani sono andati a vivere altrove. Ci spostiamo a Soho e facciamo una passeggiata nel quartiere della case dalle facciate di ghisa, con l’itinerario suggerito dalla guida (ecco… io qui ci vivrei… davvero unico!). Per pranzo ci fermiamo da Fanelli’s al 94 della Prince Street, un altro tipico locale di NYC con il bancone lunghissimo. Mangiamo discretamente con 38 $ a coppia e dopo pranzo ci spostiamo verso nord nell’East Village a fare una passeggiata e a cercare la vecchia birreria McSorley's Old Ale House sulla 7th East. Il locale è molto antico e anche la polvere che lo copre! Il pavimento è cosparso di segatura ma la birra, che servono sempre in due boccali ogni ordine, è buona. Un paio di assaggi (10 $ a coppia) e facciamo un salto con la metro a vedere il Flatiron Building sulla quinta all’altezza di Madison Square. Ammiriamo questa affascinante e particolare costruzione a sezione triangolare e poi proseguiamo in direzione Times Square dove vogliamo visitare un grande negozio di giocattoli. Entriamo da Toys R Us ed è come entrare in un parco di divertimenti, tre piani zeppi di giocattoli, rappresentazioni dei monumenti della città realizzati con i Lego e perfino un vera ruota panoramica alta 20 metri dove i bambini possono salire. Non troviamo il phon che Sara ci ha chiesto come regalo ma compriamo lo stesso qualcosa. Usciti dal negozio ci separiamo, Monica ed io vogliamo salire sul grattacielo del Rockefeller Center e vedere NYC in notturna. Federica e Giancarlo non sono interessati, ci diamo appuntamento davanti alla statua di Prometeo per le 21,00. Acquistiamo i biglietti (21 $ a testa) e saliamo in un attimo al 70° piano del Top of the Rock, il principale concorrente dell’Empire in fatto di vista sulla città. Il panorama notturno è favoloso, forse addirittura più affascinante di quello diurno. C’è molta visibilità e c’è un vento gelido che ci sferza. L’Empire è vicino e questa sera è colorato di giallo e rosso in onore della visita dei cinesi. Facciamo molte fotografie nella speranza che riescano anche se siamo in notturna. Scendiamo e ci troviamo nel mezzo delle riprese di un documentario (non è la prima volta… qui a NY succede anche questo: di trovarti senza saperlo nel bel mezzo delle riprese di un film). Ci riuniamo ai nostri compagni di viaggio e andiamo a cena in un ristorante brasiliano che hanno adocchiato mentre passeggiavano sulla 9th Ave all’angolo con la 50th West. Il ristorante si chiama Rice N Beans, mangiamo bene con 68 $ a coppia, tutto a base di piatti brasiliani accompagnati da sangria. Per tornare a casa prendiamo un taxi (15 $ in quattro) che, con la solita guida spericolata, ci porta ad East Harlem all’appartamento.
[ Venerdì 2 ottobre] Questa mattina andiamo a fare colazione da Alice’s Tea Cup Charter II sulla 64th East angolo con la Lexington, un localino molto particolare (25 $ a coppia). Ci dividiamo, oggi è il giorno dello “svacco”, l’ultima giornata piena a NYC. Giancarlo e Federica vanno in giro senza meta e per le ultime compere. Noi due ci dirigiamo a sud di Manhattan nel Financial District, mi fa piacere vedere il palazzo della Borsa. Il quartiere è modernissimo, alti grattacieli quasi soffocano le costruzioni più antiche come la Trinity Church e il suo cimitero dove sono sepolti molti dei primi abitanti della città. La zona è molto sorvegliata da polizia e corpi speciali, ci sono anche poliziotti a cavallo. La facciata del palazzo della borsa è molto suggestiva con l’enorme bandiera stesa sulle colonne della facciata. Di fronte visitiamo l’interno del Federal Hall dove Washington giurò come primo presidente degli USA. Ci dimentichiamo di cercare e fare una foto alla statua del toro che è diventata simbolo di Wall Street, pazienza sarà per la prossima volta. Camminiamo lungo Trinity Place e in un attimo siamo di nuovo a Ground Zero. Svoltiamo in Liberty Street e, mentre Monica guarda l’entrata del World Trade Center Memorial, io mi accorgo che sta arrivando il camion dei pompieri della Ten House (Ladder Co 10, Engine Co 10), la stazione più tristemente famosa della città in quanto i suoi uomini furono i primi ad intervenire l’11/9 e sei di loro morirono nel crollo delle torri. Sul muro esterno della caserma è stato realizzato un grande bassorilievo in bronzo con un tributo e i nomi dei 343 vigili del fuoco morti nei soccorsi. Finalmente sono riuscito a vedere una stazione dei pompieri, che credevo fossero abbondantissime a Manhattan, ma non ero ancora riuscito a trovarne una. Proseguiamo e oltrepassiamo l’enorme cantiere tramite la passerella che porta al World Financial Center, gravemente danneggiato dagli attentati. Dalle finestre dell’edificio si vede benissimo Ground Zero e si intuisce la devastazione. Visitiamo anche il Winter Garden, una sorta di padiglione tutto di vetro con vere palme all’interno, l’esplosione delle torri ruppe tutti i vetri e ricoprì di detriti tutta l’area. Usciamo all’esterno per una passeggiata sul lungo Hudson e vediamo delle barche a vela che fanno scuola sul fiume con i grattacieli del New Jersey sullo sfondo. Quest’area ha un grande fascino. Ci fermiamo in uno Starbucks per bere qualcosa e per un riposino e poi prendiamo la metro e andiamo a fare un giro (quello consigliato dalla guida) al Greenwich Village. Vediamo tra le altre cose la famosa Gay Street, il quartiere è carino, tutte casette basse con le immancabili scale antincendio esterne. Pranziamo al Cornelia Street Café nella omonima strada, ce la caviamo con 35 $ in due, il locale è carino e alla sera fanno musica dal vivo con un programma molto fitto. Diamo anche un’occhiata ai ristoranti della zona dato che questa sera festeggeremo il compleanno di Monica (che in realtà è domani ma saremo in aereo). Torniamo a Soho che è il quartiere che più ci è piaciuto, per una passeggiata e un po’ di shopping, mi compro un paio di jeans e una felpa da Lucky Brand sulla Green St. Alle 18,30 abbiamo appuntamento sulla Broadway con Giancarlo e Federica e insieme decidiamo di tornare al Village per cena. Gironzoliamo un po’ e alla fine torniamo in Cornelia Street e decidiamo di entrare al Little Avana Restaurant. Mangiamo piatti cubani annaffiati dalla non troppo cubana sangria, io ordino un picadillo che è veramente ben cucinato e saporito (59 $ a coppia). Dopo cena optiamo per il taxi per tornare a casa, l’autista è un po’ stupito circa la destinazione, ci dice che è molto a nord, che ci sono da fare più di cento street a salire ma alla fine si convince e ci porta a dormire (23 $ in quattro).
[ Sabato 3 ottobre] Oggi è l’ultimo giorno e quella babbiona di Monica compie 40 anni. Finiamo di fare le valige e portiamo i bagagli alla lavanderia dei genitori di Peter. Poi prendiamo la metro e andiamo in centro, oggi le previsioni danno pioggia e temporali e ci siamo lasciati un museo come jolly. Facciamo colazione in uno Starbucks Coffee al Sony Building sulla Madison Avenue (11 $ in due) e poi andiamo all’Apple Store sulla Fifth Ave per fare il checkin online. Non resistiamo alla tentazione di entrare al World of Disney sempre sulla quinta e compriamo un bellissimo peluche di Monster & Co. a Sara (..e l’uncino di plastica del Capitano che è la cosa più economica e che apprezzerà di più in assoluto). Raggiungiamo poi l’entrata del MoMA, facciamo i biglietti (20 $ a testa), lasciamo gli zaini al guardaroba (gratuito!) e ci dividiamo dandoci appuntamento tra un paio d’ore. I nostri gusti sono sempre gli stessi e la parte che apprezziamo di più è quella della pittura impressionista e postimpressionista. Le sale della fotografia sono interessanti e piene di foto belle e famose, mentre le sale dell’arte moderna proprio non fanno per noi ed opere come ”il filo elastico” o “due fogli bianchi incorniciati” proprio non riusciamo a capirle ed apprezzarle. Fuori si è messo a piovere ( ma è mai possibile che con un’acqua torrenziale si vada in giro in infradito?… io e David vediamo lungo la strada diverse persone stese a terra… ovviamente… si scivola!… questo in effetti è un po’ strano…) e così prendiamo la metro per andare sulla 60th East, vogliamo andare a pranzo da Serendipity. Purtroppo è pienissimo e c’è molta gente in coda, decidiamo così di entrare alla Brasserie 360 sempre sulla 60th angolo con la 3rd Ave. Il posto è molto grande ed abbastanza bello, ci accompagna al tavolo una ragazza che ci dice avere la mamma calabrese. Mangiamo, sempre le stesse cose tipo hamburger, patatine, omelette, spendiamo 52 $ a coppia per un buon pasto. Usciti dal ristorante attraversiamo la strada e visitiamo il Dylan’s Candy Bar, un enorme negozio di caramelle e dolciumi in genere (meno male che non abbiamo più soldi altrimenti qui David si sarebbe rovinato!) . Passiamo davanti a Bloomingdale’s e Giancarlo e Federica entrano a fare un giro mentre Monica ed io preferiamo passeggiare ancora un po’ visto che ha anche smesso di piovere e sta uscendo il sole. Poi tutti insieme andiamo a piedi verso nord per qualche isolato finche siamo stanchi e prendiamo la metro per tornare alla lavanderia a prendere le valige. Lasciamo 10 dollari di mancia al tipo che ci ha tenuto i bagagli, fermiamo un taxi in direzione Kennedy Airport Twerminal 7. Dopo una ventina di minuti di macchina arriviamo al JFK, il taxi ci prende i soliti 45 $ più pedaggio e mancia per un totale di 56 $. Lasciamo i bagagli al banco e ci avviamo verso i controlli di sicurezza in attesa della partenza del nostro volo prevista per le 22,30. Purtroppo l’aereo viene segnalato in ritardo sui monitor, partiremo alle 23,30, giusto il tempo per un pasto veloce al McDonald’s dell’aeroporto e per spendere l’ultimo dollaro e mezzo che ho in tasca, mi devo fare regalare 7 centesimi da Federica per svuotarmi le tasche e comprare un Twix. Partiamo con un ora di ritardo alla volta di Londra, l’aereo è più brutto di quello dell’andata e non c’e la fila di sedili da quattro.
[ Domenica 4
ottobre] Il viaggio fila via tranquillo tra uno spuntino e una
dormita, ma arriviamo a Heathtrow in ritardo e ci respingono ai controlli di
sicurezza, il volo per Nizza delle 11,40 è chiuso. Andiamo al banco della
British per cercare un altro volo ma ci dicono che sono tutti pieni perché è
domenica, il primo posto sicuro è alle 20,40 (sob!), nel frattempo ci
metteranno in lista di attesa su tutti i voli ma con scarsissime speranze. Ci
“omaggiano” di 10 sterline a testa per il pranzo. Monica ha una crisi, ci
teneva ad andare a cena dai suoi genitori e fare la festa con Sara per il suo
compleanno, invece pare che arriveremo a casa a notte fonda. L’aereo delle
13,55 parte pieno e le nostre flebili speranze sono per quello delle 16,50.
Invece alle 16,15 capita quello che non ti aspetti: io e Giancarlo andiamo al
banco della British dove l’impiegata ci ritira le carte di imbarco in standby,
le strappa e, senza dirci niente, ci consegna le carte di imbarco con i posti
assegnati, si parte, evviva! Alle 19,45 circa atterriamo a Nizza in una bella e
calda serata, le valige arrivano subito anche perché saranno state caricate per
ultime. Paghiamo gli 84 € del parcheggio (un furto!), andiamo con la navetta a
prendere la macchina e alle 21,15 siamo a casa. Che dire… questo viaggio
forse l’avremo goduto di più in un altro momento della nostra vita ma certo
è stato speciale e speciale l’occasione che lo ha determinato. NY è
“fantasmagorica”(come dice una mia amica).. non so dire se può essere
meglio o peggio di una Roma o di Firenze, forse non è confrontabile anche se,
per come sono io, forse Roma o Firenze mi piacciono di più. Certo che le vedute
di NY dall’alto o dal mare ti tolgono il fiato e credo che uno spettacolo così
non sia ripetibile in nessun altro posto del mondo. Almeno potremo dire di
esserci stati e… evviva l’America e gli Americani!
PS al ritorno Sara mi dice “mamma però
un giorno va bene, ma tanti giorni sono troppi!”… SIGH!
Monica Marcacci modali@alice.it