MYANMAR
Appunti
di viaggio
di Nadia R.
Augusto viajesyviajes@hotmail.it
Sabato/domenica 10-11 novembre
La partenza questa volta è davvero al cardiopalma! A Malpensa infatti prima scopriamo che quattro di noi hanno un errore nel visto, poi, ben più preoccupante, che l’aereo della Thai partirà non alle 13 ma prima sembra alle 16 e poi addirittura alle 22.
Si comincia bene! Per fortuna ci danno una elegante camera allo Sheraton in attesa della partenza. Finalmente si parte e il volo è tranquillo.
Un po’ da fare a Bangkok per la coincidenza e per i visti, ma tutto va a posto e alle 18 si parte. Nel frattempo, per rallegrare i turisti stremati, ci arriva la notizia che in Myanmar c’è stato un terremoto! Poi verificheremo che non ha avuto gravi conseguenze e non inciderà per nulla nel nostro giro, ma lì per lì non ci fa molto piacere.
Come spesso succede, per fortuna, il peggio è già accaduto e il seguito del viaggio, a parte qualche incidente intestinale, scorrerà tranquillo.
A Yangoon ci accoglie la dolce Ghighi che sarà la nostra guida per l intero tour.
Aung San Suu Kyi Ghighi : la guida
Lunedi 12
Destinazione Kyaiktiyo. Attraversiamo Yangoon, il primo contatto con la gente e il paesaggio. Le donne hanno quasi tutte in viso la “thanakha”, una pasta giallina ottenuta da una corteccia d’albero, usata come crema protettiva per il sole ma anche a scopo ornamentale. Ci fermiamo ad una casa degli spiriti, che in questo caso sono protettori delle auto. E’ il primo contatto con la religiosità dei birmani, quasi tutti buddisti, ma ancora legati all’animismo originario : i Nat ( gli spiriti) sono elementi importanti nella loro vita quotidiana, a cui dedicare preghiere e offrire fiori.
Si prosegue verso nord e il paesaggio è bello : si alternano ampie risate, boschi, un grande fiume e un canale utilizzato dagli inglesi per trasportare il legno di tek.
Poi, per arrivare all’hotel, situato sulla montagna, prendiamo un camion aperto. Risate a non finire, stretti stretti, assiepati come polli, ci facciamo i 45 minuti necessari. Ma non è finita qui. Infatti, scesi dal camion, occorre ancora salire per arrivare in cima. Ma questa volta o a piedi ( come faremo in pochi valorosi, quattro km a piedi, grande sudata, ma grande soddisfazione), oppure facendosi trasportare dai…portantini.
Nonostante la pioggia, si arriva a destinazione e in serata si visita il santuario.
La Roccia d’ Oro, questo masso dorato in equilibrio precario ( sostenuto da un capello del Budda!) è molto bella e brilla con tutto il suo oro; gli uomini attorno attaccano lamine d oro, le donne sotto osservano e molte pregano. Molto vissuto, un via vai di pellegrini, un’ atmosfera strana tra magia, devozione e …troppe luci da luna park!
la casa degli spiriti ammassati nei camion
L’entrata al tempio la roccia d’oro preghiere
Martedi 13
Rapido ritorno alla Roccia d’Oro, anche di mattino super frequentata: chi prega, chi chiacchiera, chi fa foto, chi lava le tante statue di Budda. Un centro vero di devozione che ogni buddista spera di poter visitare. Ma si riparte in direzione di Bago.
Dopo una rapida fermata lungo il fiume – a vedere i pescatori e le donne che puliscono il pesce di fronte a bancarelle che lo vendono essiccato - siamo nella cittadina, alla grande pagoda, la prima delle tantissime che vedremo nel corso del viaggio. A forma di grande campana, brilla col suo oro luccicante e tutto attorno sorgono diversi altari, che hanno davanti rappresentazioni di animali, protetti dai vari spiriti. Ogni animale corrisponde a un giorno, per esempio la talpa il venerdi, l’elefante senza zanne il mercoledi etc. E qui apprendiamo che la settimana per i birmani è di otto giorni perché il mercoledi conta doppio!
Ed ecco il Grande Budda disteso, poi la Kyaikpun, con i quattro Budda sdraiati, alti ben 30 metri , posti schiena contro schiena. Forse un po’ lontani dai nostri gusti estetici, ma importanti simboli della straordinaria religiosità di questo popolo.
In più Ghighi arricchisce la nostra visita con gli infiniti racconti di storie, leggende, i re cattivi, le storie d’amore, gli spiriti e …quei tanti capelli di Budda che dovrebbero essere contenuti in tutti gli stupa birmani.
Panorama pesce al sole la pagoda di Bago
Mercoledi 14
Primo volo interno e primo dei consueti ritardi. Per fortuna l’efficienza di Ghighi ci risparmia il controllo dei bagagli e sarà così anche per i successivi voli.
Siamo nel Kyaingtong, il cuore del Triangolo d’ Oro, area da pochissimo aperta al turismo, dopo la fine della guerra civile dove si sono scontrati esercito e ribelli soprattutto per il controllo del commercio dell’oppio. Ma è anche la sede di fiere etnie che hanno rivendicato con la lotta la loro autonomia da quella dominante dei Bamar, la principale del Myanmar.
Nel pomeriggio saliamo sulla collina che domina la città, dove c è l antico albero solitario e si può vedere il panorama di tutta la città, caratterizzato da un grande stupa dorato e da una imponente statua di budda.
La sera cena in uno dei due (!) ristoranti della città. Alex si inabissa in una buca ( ma si salverà!), nell’oscurità delle strade, dove l’unica luce la fanno i motorini e le nostre pile.
Siamo davvero fuori dai normali circuiti turistici ed è una bella sensazione.
Giovedi 15
Per me la più affascinante giornata di tutto il viaggio, nonostante la pioggia.
Attraversiamo una pianura di sterminate risaie; i contadini, per lo più donne’ seminano il riso o battono il terreno per regolarizzarlo, immersi nel fango e nell’acqua. Pascolano pacifici i bufali, si spostano velocemente le anatre, passano camion di militari che portano il riso in Cina ( ad appena 200 km da qui). Siamo in una terra di confine abitata da etnie diverse, davvero poco avvezze al turismo; è la parte più integra e affascinante di Myanmar.
Nel corso del nostro piccolo trekking visiteremo cinque diversi villaggi, tra grandi risaie a gradoni, foreste, alberi di bambù isolati o a gruppi, canali d’acqua, maialini e bimbi sorridenti. C’è l’etnia Akha, le cui donne indossano splendidi abiti tradizionali : tuniche a fondo blu ricamate e cappelli anch’essi ricamati con monetine e dischetti tondi di metallo; poi gli Eng, vestiti di nero, con bracciali di metallo e i denti neri neri…
Nei poveri villaggi con le palafitte in legno, animali dappertutto, fango, escrementi e tanti bambini che ci sorridono.
Ghighi consegna medicine, biscotti, semi per piantare ortaggi e poi nella scuola elementare quaderni, penne, colori…che avevamo comprato ieri al mercato o portato dall’italia..
Bella esperienza e stupenda giornata.
le etnie…
…la scuola
Venerdi 16
Non è piovuto, sicchè il nuovo trekking è perfetto. Vediamo altre due etnie, una le cui donne vestono begli abiti con un’ ampia fascia d’argento in vita, poi due monasteri, con la grande sala delle preghiere e le statue del Budda in centro. Il secondo, tutto luccicante d’argento ha, subito fuori, splendidi fiori, alcuni sconosciuti ( almeno a me!), e un piccolo delizioso angolo di orchidee multicolori. E ancora, la lavorazione della lacca, un po’ cari i prodotti, ma il lavoro è tanto e possiamo assistere alle diverse fasi di questa lavorazione.
Sabato 17
Me ne vado con Chiara e Doriana al mercato, per nulla turistico. Tra fiori, frutta, pesce, carne e varie altre merci, anche un po’ di artigianato. E’ bello girare, nonostante qualche goccia di pioggia, ed è bello tornare col tuk tuk al nostro hotel. Altra visita oggi: al Budda gigante, nuovo, simbolo della città; al monastero che risale a 100 anni fa, con tanti altari istoriati. E in un altro laboratorio per la lavorazione della lacca di cui stiamo ormai diventando degli esperti!
Ma è ora di andare in aeroporto, oddio chiamiamolo così, una sala che apre solo un po’ prima che parta un aereo! Volo breve, poi dalla città di Nyaungshwe, prendiamo la barca che ci porterà all’hotel. Avventura dolcissima: nella notte che ormai è scesa scivoliamo nelle barchette da 5 posti sulle acque calme del lago, con uno spicchio di luna che va e viene dietro le nuvole, qualche altra barca passa; unica luce la pila del barcaiolo, poco sicura ma di grande effetto romantico. L’hotel è sontuoso, suite esagerate, splendide composizioni di fiori ovunque, alberi, legno a profusione, bellissimi mobili e suppellettili. Cena elegantissima ma per me la peggiore del viaggio!
Domenica 18
Altra giornata bellissima. Il lago Inle è spettacolare, qualcuno l’ha definito una sintesi tra Samsara e Nirvana, tra illusione e realtà. Un po’ acqua e un po’ terra, l’Inle è un mondo liquido, assediato da erbe e giacinti acquatici che con le radici collegano la superficie al fondo. La barca scivola tra stupa bianchi che affondano nel lago, mercati galleggianti, monasteri, quartieri su palafitte, reticoli di acque e terrazze e i famosi pescatori che remano con una sola gamba. Pranziamo nel ristorante dove è ormeggiata la lunga barca dorata a forma di karawik, l’uccello mitico birmano, tra la musica di un matrimonio e la scintillante luce del lago. Accanto a questo mondo antico le lavorazioni di splendidi oggetti artigianali, argento, ferro, sigari, tessuti di seta e di fiori di loto. Nel pomeriggio partenza, attraverso una
terribile strada sterrata per Pindaya. Per fortuna l’hotel è delizioso, bei cottages in un grande
Donne col collo lungo
Il karawik villaggi pesca
Barche in sosta si fila e si tinge
Lunedi 19
Oggi è la volta della grotta di Pindaya, su uno sperone roccioso affacciato sul lago. La cavità si inoltra ampia e misteriosa, all’interno della montagna, luogo antichissimo e particolarmente sacro. Contiene circa 10.000 statue di budda, d’ogni foggia e dimensione, per lo più luccicanti d’oro e collocate ovunque. Una profusione di ori, una sacralità magica e misteriosa. Ci si perde, scoprendo di continuo angoli diversi, e il Budda riempe ogni piccola e grande cavità, sorridente, ieratico, a mani giunte, sdraiato, seduto… Siamo nel mondo delle mille e una notte, una gigantesca caverna di Ali Babà dagli infiniti riflessi d’ oro.
Poi di nuovo in volo per Mandalay, l’ultima capitale del Myanmar prima della colonizzazione inglese. Impazza in tv Obama accanto a Aung San Suu Kyi, la Signora, tutti si fermano a guardare. Finalmente il paese si sta aprendo. Ma, pensiero negativo, si apre ai commerci con gli Usa ( da affiancare a quelli fiorenti, con la Cina) o si apre alla democrazia? Vedremo.
pindaya
Martedi 20
Comincia la visita della città, situata sulle rive del mitico Irrawaddy, il lunghissimo fiume che attraversa gran parte del paese. Prima la pagoda Mahamuni, con la venerata statua di Budda in bronzo, ora ricoperta d’ oro; ci capita anche di vedere la consacrazione a Budda di piccoli novizi vestiti a festa, tra brillii d’oro e corone di fiori. Poi il monastero Mahagardayone, dove più di mille monaci lavorano e studiano; qui assestiamo alla famosa processione nella quale i monaci sfilano con la grossa ciotola nera per ricevere il cibo dei donatori. E ancora, dopo una traversata in barchetta, siamo ad Ava, una delle antiche capitali, e di qui in calesse tra splendidi bananeti, campagne coltivate e risaie con fiori bianchi illuminati dal sole, visitiamo due monasteri; il secondo è il Bagaya Kyang, sede di una scuola per monaci, tutto di tek con splendidi intarsi e decorazioni. La giornata, molto intensa che ci ha visto anche visitare e comprare in un laboratorio di sete e di arazzi, si conclude con la dolce passeggiata sul lungo ponte di legno U Bein, tra le acque placide del fiume, i pescatori, le barche, la gente che lo attraversa in bicicletta.
per i monaci…è l’ora del pranzo
Mercoledi 21
Un po’ decimati da tempeste intestinali, partiamo per un’altra ricca giornata. Dopo aver visto la lavorazione delle foglie d’oro, si va all’altra antica capitale, Mingun, con un’ora di barca, bellissima e placida, sull’Irawaddy, dolce brezza, sole che splende. Qui visitiamo la Mingun
Paya, lo stupa che si è fermato a metà, causa la morte del re che lo voleva più alto di qualsiasi altro. Poi la gigantesca campana, la Mingun Bell, 90 tonnellate, la seconda al mondo, e infine uno stupa inusuale, la Hsinbyume Paya che dovrebbe raffigurare la paya ( pagoda) situata sul monte Meru ( la montagna al centro dell’universo), con ben sette terrazze bianchissime curvilinee. Dopo un buon pasto in un ristorante elegante lungo il fiume, si riparte per nuove esplorazioni: la Shweenandaw Kyang, bellissimo edificio in legno; poi la Kuthodawpaya, “il libro più grande del mondo” cosidetto per le 729 lastre di pietra attorno allo stupa che riportano le scritture buddiste, in tempietti bianchissimi. Per ultimo, su camioncini sgangherati si sale sulla collina da dove diamo l’addio a Mandalay al tramonto.
mingun
Giovedi 22
E siamo al clou del viaggio, la mitica Bagan! La zona con resti archeologici buddisti più grande del mondo, 2000 templi circa, Patrimonio Unesco dell’Umanità. E’ un paesaggio straordinario, una fuga infinita di guglie, pinnacoli e stupa che si innalzano nell’azzurro del cielo, spiccando coi rossi dei mattoni o il dorato delle cupole, tra il verde intenso degli alberi. Colori forti, emozioni intense. Dal basso e dall’alto giriamo per Bagan, e ora è uno stupa formato da tre santuari interconnessi, con magnifici affreschi del XII sec; ora è l’altro con 5 porte d’accesso per i 4 Budda già vissuti e il 5° che deve ancora arrivare; e ancora l’altro nel pomeriggio, a forma piramidale, distribuito su 5 terrazze, da dove ci godiamo il tramonto.
Armonioso, imponente, suggestivo: lo sguardo si perde e non si vorrebbe scendere. Se l’uomo è stato capace di fare questo, qualche speranza c’è ancora!
bagan
Venerdi 23
La prima parte della mattinata la trascorriamo a visitare una piccola scuola e il villaggetto vicino. I bambini ci aspettano come soldatini, tutti in fila, a ricevere il materiale scolastico che abbiamo portato, poi si scateneranno nelle “ aule” all’interno. Bel momento. Poi la visita al villaggio vero e proprio: case povere, passano carretti tirati da buoi che portano fascine, qualcuno prepara le arachidi, fuori ci sono arnesi agricoli che da noi starebbero in un museo. Immersione nella vita vera. Quindi torniamo ai templi. Il famoso Manuha con le 4 enormi statue di Budda, poi l’altro lì vicino con splendidi bassorilievi e finestre di pietra traforata. Dopo, un buon pranzo in un elegante ristorante sul fiume, che dà su una verdissima pozza d’acqua e attorno alberi e fiori a profusione. Pomeriggio, ancora visita ai templi con il calesse: indimenticabile! Ci si ferma dove si vuole, per uno scorcio, un’angolatura, in questo paesaggio dominato dai rossi templi, foresta di pagode, tra boungavillee, arbusti, alberi, ma anche piccoli villaggi, case di legno e paglia, mucche e caprette, zucche e fagiolini. Una stupenda e viva area archeologica. Ultimo tramonto: scende il sole , la luce viene meno e i templi diventano netti e oscuri sullo sfondo, in un gioco di chiaro e scuro che incanta.
la scuola…
… il villaggio
Sabato 24
Dopo un veloce giro al caratteristico mercato, completiamo la visita ai templi. Il Nathang Kyang è una bella pagoda dorata, circondata da tanti “ alberelli” dorati, preceduta da un piccolo edificio dove ci sono i 37 nat, gli spiriti. Poi altre pagode che, se non si guarda in modo affrettato, sono in realtà tutte diverse tra loro. E siamo al tempio più famoso, l’Ananda, davvero bellissimo sia dentro che fuori. Fuori spiccano le guglie ricoperte d’oro e i tetti a terrazza; dentro, le 4 famose statue di Budda, di cui 2 sono originali, la prima è la più conosciuta perché da lontano appare sorridente, mentre da sotto appare triste. Dopo pranzo e un po’ di riposo, prendiamo la barca e andiamo a goderci il tramonto sull’ Irrawaddy. Il cielo è sereno, il sole splende luminoso, la corrente crea una specie di barriera sul fiume le cui acque scintillano. Dolcissimo. Si placano pian piano le nostre voci e quasi in silenzio ci godiamo questo momento, un bell’addio ai templi di Bagan.
bagan
Domenica 25
Si torna a Yangon. Ce ne andiamo al mercato, enorme e affollato, a scrutare gli infiniti negozietti per gli ultimi acquisti, ma gli oggetti sono di qualità inferiore e non molto variati. Poi, nel pomeriggio, la più famosa pagoda del mondo, la Shwedagon, che è bella come la descrivono. Con i suoi 5000 diamanti e 2000 tra rubini e zaffiri, fulmina la città con il brillio accecante della sua cupola ricoperta d’oro massiccio. E, sotto, svettano in sequenza infinita decine e decine di tempietti, reliquiari, guglie, un microcosmo dove seguire l’incessante flusso di pellegrini, solitari o in gruppo, che pregano, conversano, meditano o si dedicano alla manutenzione della pagoda per acquisire meriti spendibili nell’aldilà. Qui si capisce come Myanmar sia un paese che vive la propria religione come una scelta di vita che impronta ogni azione quotidiana. Cena finale al ristorante italiano più famoso, ottima cena, splendida location, tra alte palme, laghetto e alti paralumi bianchi.
pagoda Shwedagon
Lunedi 26
Ultimo giorno. Giro a piedi per la città, ne vediamo i pochi monumenti coloniali, il Palazzo della giustizia etc… Ma, al di là degli edifici, è interessante vedere la vita, gli edifici fatiscenti con balconi e panni stesi, le infinite bancarelle e negozietti dove si vende di tutto, i telefoni pubblici che si affittano per strada, l’omino che ci fa vedere la preparazione dell’onnipresente betel( conosciuto bene dai nostri piedi nudi nelle aree sacre ) , persone che camminano incessantemente di qua e di là. Poi il lungo fiume e il parco più famoso, sulle rive di un laghetto molto curato, sullo sfondo la nave regale tutta luccicante d’oro, ora divenuta ristorante. E ancora, il grande Budda sdraiato, figura molto femminile, unghie delle mani e dei piedi laccate di rosso, ciglia lunghe, labbra rosse. Dopo di che riposo e partenza con un tranquillo viaggio di ritorno.
Il parco ora di pranzo
Arti,
mestieri…e fantasia
si affittano telefoni……….macchine per scrivere…………certificati per matrimoni
tavola calda…all’aperto
Alcune considerazioni finali: Myanmar è un bellissimo paese.
Mi rimangono nel cuore le svettanti pagode ovunque, la profusione di oro tipicamente orientale, le elaborate e luccicanti guglie, le statue di mostri, di draghi, di leoni, di elefanti. Le belle montagne all’inizio, le splendide armoniose campagne, le palme, le foreste, i fiori multicolori, la terra rossa, i campi fioriti di sesamo e zafferano. E i tanti e inconsueti mezzi di trasporto, dall’aereo alla barca grande, dalle barchette piccole ai camion scoperti, dai camioncini al calesse… E la gente sorridente e gentile, le fiere etnie dell’est, i bambini, le mani giunte e gli inchini. Un popolo che sta ricominciando a vivere dopo i più feroci anni della dittatura.
Nadia R.
Augusto viajesyviajes@hotmail.it