VIAJE di nozze in Mexico
(YUCATAN: Isla Mujeres – TULUM – Mèrida - Piramidi Maya – HOLBOX).
Diario di viaggio Settembre-ottobre 2006
Il viaggio di nozze credo sia un tipo di viaggi diciamo così diverso; c’è un grande bisogno di riposarsi, di disintossicarsi dallo stress e dalle tensioni, che malgrado tutto, si sono accumulate; molto spesso poi si hanno a disposizione un po’ di soldini da spendere senza troppo pensare: “è pur sempre il nostro viaggio di nozze”,
così ci è stato ripetuto tantissime volte e così ci siamo ripetuti Io e Monica molto spesso.
Viaggiamo con
volo di linea Iberia
abbastanza organizzati dall’Italia grazie alla “rete” di tanti amici
viaggiatori e viandanti, turisti per caso e non (i consigli di tutti, anche di
quelli diversissimi da noi, saranno molto molto preziosi) conosciuti su
Internet; arriviamo a Cancun via
Madrid e sbrigate le prime e relativamente veloci pratiche di ingresso, ivi
compresa quella del pase-no pase ci
ritroviamo quasi al tramonto nel parcheggio dell’aeroporto.
Fa caldo ma non
troppo, il cielo è coperto ed il buio si avvicina. Umidità. L’aria è
pesante, appiccicosa; è un liquido caldo che riduce il respiro. Gli odori
(nuovi) si mescolano e riemergono a tratti ben distinti, zaffate dolciastre e
profumi acuti, che penetrano dritti nello stomaco. Piacevolissimo.
Ci guardiamo un
po’ intorno per cercare di ambientarci e capirci qualcosa; scegliamo il nostro
taxi (colectivo) che sarà però solo per Noi; contrattiamo elegantemente senza
esagerare e partiamo con destinazione imbarco per Isla Mujeres.
Sfioriamo solo
velocemente il traffico ed il caos di Cancun e siamo sempre più contenti di
aver fatto questa scelta; ci imbarchiamo su un veloce motoscafo alla volta della
prima tappa del nostro viaggio, la piccola e vicina isola delle donne di cui
scorgiamo a malapena le luci.
Sono le 19 ora
mexicana, siamo in viaggio, ivi compreso il trasferimento dal nostro Abruzzo a
Fiumicino-Aereoporto da sole 25 ore;
siamo a pezzi, stanchi, anzi stanchissimi ma con forze nascoste; l’odore del
mare ci avvolge completamente, qualche schizzo d’acqua ci bagna, guardiamo
Cancun e la sua immensa bandiera tricolore che si allontanano. Voglia di pace e
serenità.
Dopo una
tranquilla mezz’oretta di navigazione entriamo
nella lagunita della piccola Isla,
la percorriamo quasi internamente a bassissima velocità; arriviamo nel piccolo
molo appena di fronte a quello che sarà il nostro splendido hotel e dove
veniamo accolti subito benissimo; sbrighiamo le veloci pratiche di ingresso
mentre sorseggiamo un fresco e buonissimo vino bianco offertoci nella hall
dell’hotel; veniamo accompagnati poi nella (nostra) bellissima stanza al
secondo piano, corro ad aprire subito la finestra come faccio sempre quando
entro in una (nuova) stanza di un hotel; la vista è spettacolare, direttamente
sulla piccola bianca spiaggia sottostante illuminata solo discretamente dalle
luci del piccolo e romantico ristorantino sul mare; veniamo informati che la
cucina in Mexico chiude tardissimo. Abbiamo dunque tutto il tempo per cercare di
riprendere sembianze umane.
Mi dilungo forse
troppo su questo primo contatto con il Mexico, la sua gente e la bellezza di
questi luoghi che credo rimarranno per sempre dentro di noi ma giuro è
inevitabile, leggo e rileggo la prima parte del “viaggio” attento a non
saltare nulla, a non dimenticare nulla…; eh già il Mexico ti resta dentro,
credo sia vero.
Mangiamo
divinamente pescado; i piatti sono gustosi, i ragazzi che ce li servono
gentilissimi; insomma non sarà il Mexico vero della “calle”
ma vi assicuro è Mexico anche questo.
Il tavolino che
ci ospita è quasi a pelo d’acqua, vi restiamo seduti per parecchio tempo ed
il tempo sembra davvero essersi fermato; siamo entrati in una altra dimensione.
Abbiam cercato, riuscendoci, di vivere interiormente le sensazioni ricevute,
abbiam cercato di fissare nella nostra mente quelle visioni e quei luoghi come
se volessimo portarne via piccole fette con noi.
Lasciamo una
ricca propina ai gentilissimi ragazzi
e andiamo al letto. Dormiamo poco ma dormiamo e questo si rivelerà
importantissimo.
Apro una
piccolissima parentesi: adoriamo viaggiare, non ci piacciono i viaggi per forza
alternativi; mi rendo conto che lo stesso viaggio che abbia fatto noi lo avranno
fatto in tanti, persone anche diversissime da Noi, embè..
Sono stufo di
sentirmi dire: “…il Chiapas è il vero Mexico, lo Yucatan è pieno zeppo di
turisti etc. etc. etc…”, che palle!
Credo che non si
possa scegliere come meta del proprio viaggio il Mexico e non visitare lo
Yucatan, questione di gusti tutto qui e comunque rispetto per tutti quelli che
decidono di vivere in perenne movimento dovunque e comunque essi siano e
dovunque essi intendano andare.
Ci piace stare in
un luogo conoscerlo bene, magari tornarci anche più volte; non ci piace invece
fare incetta di km per sfiorare solo velocemente i luoghi e dire ci siam stati,
insomma siamo fatti così.
Ed in Chiapas, se
Dio vorrà, ci andremo di certo, ma questa sarà un’altra storia.
La mattina ci
svegliamo presto e ci mettiamo subito alla ricerca di un taxi che troviamo senza
difficoltà appena vicino all’Hotel; abbiamo assoluto bisogno di pesos. Il
taxista è gentile e pregno di consigli; ci porta ovunque, ci consiglia da dove
è possibile telefonare in Italia a basso costo; ci indica un Banco per prelevare e cambiare denaro; ci consiglia un paio di officine
dove poter noleggiare uno scooter ad un prezzo ragionevolissimo; ci indica poi Playa
Norte dove andremo domani; insomma una brava persona, con una pecca, una
sola: fan sfegatato di Laura Pausini che dice essere la sua fidanzata e che il
suo stereo spara ad altissimo volume ripetutamente. Orrore! Ma non riusciamo a
dirglielo.
Torniamo in hotel
con il nostro piccolo scooter appena noleggiato, indossiamo due caschi tipo nazi
che qui sono di gran moda ma non so quanto sicuri; ci tuffiamo subito in acqua
che è turchese davvero; in lontananza chiazze di un blue intenso che
assomigliano agli occhi di qualche fotomodella; la spiaggia è deserta; ah
settembre, se non ci sono uragani è il periodo migliore per visitare il Mexico
ci dissero ed è davvero così; prendiamo in prestito un kayak e ci allontaniamo
un poco, sembriamo (o lo siamo davvero) sospesi, sospesi sull’acqua; arriviamo
sin sugli occhi blue
dove l’acqua è più profonda,molto profonda, ci tuffiamo e rituffiamo
continuamente; siamo in paradiso, se mai esistesse vorremmo fosse così.
Dopo un’altra
succulenta cena sempre a base di freschissimo pescado
decidiamo di passeggiare nel piccolo e tranquillo pueblito; chiacchieriamo con i Messicani ogni volta che ci capita e
capita davvero spessissimo. Cerco e trovo poi il ristorante gestito da una
coppia di italiani conosciuti su internet dove, per sentito dire, si mangia
divinamente; purtroppo e questo già lo sapevamo, è chiuso e loro sono via per
qualche giorno; tra negozietti di artesania
ecco spuntare il ristorante ALBACHIARA; ho promesso a Lucio di lasciargli la
copia della Gazzetta dello Sport portata dall’Italia e lo faccio senza
problemi! Alla prossima amigo mio.
L’atmosfera
tranquilla dell’isola ci affascina, poca gente, pochi stranieri e quei pochi
che ci sono sembrano avere l’aspetto sveglio e poco turistico; qualche
vagabondo navigato, proliferazione di locali e bar bellissimi da vedere e da
provare.
La mattina dopo
facciamo tutto il periplo della piccola isola in scooter che è lunga solo 8 km,
larga da 300 a 800 mt, per fermarci ogni volta che ne abbiamo voglia e lo
scooter si rivelerà comodissimo; sostiamo un poco nella estremità sud dove ci
sono le piccole rovine maya degne di
una piccola e veloce visitina; ci fermiamo nella estremità nord dove c’è la
splendida Playa
Norte. La spiaggia è in lieve pendenza e l’acqua nemmeno a dirlo
cristallina e calma e arriva solo fino al petto anche se ci si allontana dalla
riva per molti metri; ci sistemiamo all’ombra di una palma e decidiamo di non
fare nulla. Non abbiam sentito assolutamente la mancanza di qualcosa da fare
tranne che bagnarci, asciugarci e passeggiare un poco.
Mangiamo un
buonissimo cocco per pranzo e nel primo pomeriggio decidiamo di fare snorkelling;
contattiamo direttamente in spiaggia due pescatori che accettano di
accompagnarci; ci immergiamo prima vicino al faro viejo dove c’è un
piccolo relitto e poi ci spostiamo vicino al nostro hotel, poco prima del
delfinario; stupende barriere coralline coloratissime e abitatissime.
Difficile da
descrivere per troppa bellezza, le parole immiserirebbero davvero.
Che bella
sorpresa Isla Mujeres domani a malincuore dobbiamo salutarla; il clima è
splendido, la temperatura costante sui 28°, poca umidità per queste latitudini
e assenza quasi totale di zanzare, solo fortuna?
Lasciamo
l’isola come detto a malincuore dopo aver consumato una buonissima colazione
nel solito tavolino a pelo d’acqua e dopo esserci bagnati per l’ultima volta
nelle sue splendide acque. Navighiamo tranquilli verso Cancun; all’arrivo al
piccolo porticciolo contattiamo un taxi e via velocemente verso la riviera Maya lontano
ancora una volta da Cancun e Playa del
Carmen, direzione
TULUM.
Vi arriviamo dopo
circa 3 ore; ci sistemiamo in un Hotel a qualche km da Tulum Publo e direttamente
sulla lunghissima e bianchissima Playa Paradiso.
Solita ottima,
gentile e professionale accoglienza che ci accompagnerà per tutto il viaggio
ovunque andremo; per un paio di giorni saremo al mare dalla mattina alla sera;
splendide cenette romantiche direttamente sulla spiaggia e lunghe passeggiate al
chiaro di luna; il solo camminare ai bordi del bagnasciuga si rilevava
un'esperienza piacevolmente indimenticabile.
Dopo i due giorni
di pieno relax visitiamo il sito Maya di
Tulum spostandoci in taxi (il taxi è un modo comodo per muoversi, costa un
po’ più del bus ma i taxisti sono gentilissimi ed è utilissimo parlare con
loro).
Il sito è poca
cosa anche se a me personalmente è piaciuto molto; è il primo assaggio Maya;
come dice la preziosa Lonely
Planet “…le maestose rovine in
cima alle scogliere, che dominano vasti tratti di spiaggia dall’aspetto
incontaminato, sembrano fatte apposta per figurare sulla copertina di una
rivista”; fa molto caldo ed un bagno rinfrescante nella splendida piccola
spiaggia sottostante El
Castillo è una necessità fisica.
Prima di tornare
in hotel ci rechiamo a Tulum Crucero,
ossia l’incrocio tra la statale 307 e la vecchia strada che conduceva alle
rovine e dove c’è un supermercato; vi entriamo con tanta curiosità, facciamo
un po’ di spesa comprando un po’ di cose inutili, qualche succo, un po’ di
frutta ed un repellente, usciamo e prenotiamo un carro
per recarci a Cobà che dista 50 km da Tulum.
Ci alziamo
presto, ritiriamo la macchina e via verso Cobà.
La strada è bella, larga e dritta almeno per i primi Km, mi stupiscono i numerosi cantieri per il miglioramento della viabilità e la continua cartellonistica stradale che invita a “manejar piano perché la famiglia tutta ci aspetta a casa”; numerosissime sono le topas che fanno ormai parte del paesaggio ci dice più di qualcuno, aiutano a guardarsi meglio attorno, fanno riflettere ed osservare, son fatte per i turisti; appena c’è un paesino, un agglomerato di case si è costretti a rallentare ed inevitabilmente ci si guarda attorno; non credo sia vero e Noi ne faremmo davvero a meno, sono fastidiosissime.
Superiamo un paio
di bus zeppi turisti e accellerando un poco in modo da poterci godere in
solitudine, almeno per un pò, il sito di Cobà;
il parcheggio è
semi vuoto, entriamo e siamo subito avvicinati una simpatica guida, ne
approfittiamo e la sua spiegazione sarà davvero esaustiva.
Scegliamo di
visitare la seconda parte di questo vastissimo sito da soli affittando le bici
che ci permetteranno di visitare gli angoli più remoti di Cobà e
godere nel mentre, di una piacevole brezza rinfrescante.
Forse ci
attardiamo un pochino ed arriviamo, che sono le 13, sotto l’edificio più
importante di Cobà: la Grande Piramide; come tutti gli edifici di queste
antiche rovine è restaurato alla meno peggio e questo gli conferisce, come al
resto del sito, un fascino davvero particolare e misterioso. Fa veramente caldo
ma vogliamo salire prima dell’arrivo dei turisti; lo facciamo con attenzione
ma abbastanza velocemente, la vista che si gode dalla sommità è spettacolare.
Arrivano anche
gli altri visitatori, sono nello slargo sottostante e sembrano delle piccole
formichine, iniziano a salire anche loro; scopriremo poi che sono spagnoli,
molto caciaroni, un po’ troppo; ma quelli del baffo nero, del mandolino, degli
spaghetti e del sempre rumore non siamo forse NOI?
Scendiamo senza
la minima difficoltà ma sempre con la medesima attenzione e via con le nostre
utilissime biciclette verso l’uscita, fermandoci spessissimo a curiosare dove
capita.
Il viaggio a
ritroso scorre tranquillo, ci fermiamo ad acquistare un po’ di artesania
grazie alla solita topas; poi via in spiaggia. La serata la passiamo a Tulum
Centro che altro non è che un piccolo pueblito nato e costruito
intorno alla strada principale trafficatissima.
Ci piace da matti
stare in strada, un frenetico andirivieni di persone, carretti, camion
giganteschi, macchine, moto, bambini e cani randagi; negozietti che vendono la
mercanzia più strana; molte peluquerie; decido di radermi i capelli, non
che ne abbia davvero bisogno; scelgo la peluqueria sulla strada principale,
quella dipinta di azzurro; la signora
è coloratissima e formosa; c’è mucha jente ma non sono tutti clienti,
decido dunque di aspettare; il locale è piccolissimo, c’è una tv in mezzo
alla stanza che trasmette una partita in diretta del campionato mexicano e molti
tifano per il D.F.. La signora taglia
e guarda la tv; al goal del D.F. dal retro , che altro non è che una casa,
appare, in tutto il suo splendore, il marito della peluquera,
assonnato ed a dorso nudo …insomma uno spettacolo…2-0 ed è il mio turno….
Di fianco alla
mia sedia una signora, neanche a dirlo coloratissima, in bigodini aspetta la
messa in piega (credo); la peluchera è simpatica, scambio quattro
chiacchiere mentre fa il suo facile lavoro, et woilà sono pronto e mia moglie
sembra apprezzare.
La mattina dopo
siamo in spiaggia, il tempo è bellissimo anche se, all’orizzonte, ci sono
delle nuvole nerissime; mucha iuvia in arrivo nel pomeriggio; decidiamo
allora di organizzarci e sempre in spiaggia prendiamo contatto con i ragazzi del
maya diving per l’escursione al cenotes;
ci porteranno al dos ojos alle 15.
Aspettiamo in
spiaggia sotto un sole caldissimo, le nuvole nere si avvicinano minacciose (e
bellissime) sempre più; dopo poco inizia a piovere e non ce ne accorgiamo quasi
ma ben presto alla iniziale pioggerellina si sostituisce un acquazzone
“biblico”; la temperatura rimane però costante.
L’escursione al
cenotes,per non risolverla in un semplice bagno in una grotta, vi
consigliamo vivamente di farvi aiutare da una guida, la nostra nemmeno a dirlo
è gentilissima e pregna di consigli; facciamo un sopralluogo in superficie
visitando le grotte nel bel mezzo della giungla, poi, finalmente ci immergiamo
indossando la preziosa e indispensabile muta. Seguiamo diligentemente la nostra
guida, iniziamo l’esplorazione. l’acqua è freschissima e limpidissima, il
fondale bellissimo; ogni tanto qualche piccolo pesciolino e qualche gambero ci
nuotano vicino; ci spostiamo nella parte più buia della grotta che si stringe
sempre più sia in larghezza che in altezza; accendiamo le torce, nuotiamo
aiutandoci anche aggrappandoci alle rocce; quasi camminiamo; ci muoviamo a
fatica in spazi angusti e bui, l’unica luce è quella della nostra torcia; la
luce alla nostre spalle è ormai sparita, buio totale, proseguiamo e
dall’altra parte comincia a filtrare un bagliore, prima fioca e man mano che
avanziamo più luminosa; siamo nell’altro occhio, lo esploriamo; il fondale è
forse più profondo e colorato dell’altro; oltre alla roccia c’è sabbia
finissima e bianchissima; le sensazioni che proviamo sono uniche, riesco anche a
graffiarmi superficialmente la cabeza battendo contro la roccia ma nulla
di grave, solo un ricordino sulla pelle.
Torniamo indietro
attraverso un altro cunicolo e siamo di nuovo al punto di partenza; in tutto
poco più di una oretta, sentiamo un po’ freddo ma appena usciti dall’acqua
già rimpiangiamo di aver già finito; il tempo di scaldarci al caldissimo sole
e via verso l’Hotel per l’ultima notte a Tulum.
Da TULUM il viaggio per Chitzen
–Itza è lungo, la strada è comoda, percorriamo la 180 che è dritta da annoiarsi, una lingua d’asfalto che taglia
la giungla in due; facciamo poi una breve sosta in un autogrill nei pressi di Valladolid;
siamo in autobus e con Noi ci sono altri italiani; arriviamo a Chichèn che è
ancora abbastanza presto e ci accorgiamo da subito che la pace ed il misticismo
di Cobà son solo un ricordo.
Veniamo
letteralmente assaliti da venditori di ogni genere di mercanzia che ovunque e
comunque cercano di venderci artesania;
disturbano non poco e soprattutto è
difficile davvero estraniarsi e calarsi nella dimensione Maya, un vero peccato.
I venditori sono ovunque, all’interno del sito ce ne saranno a centinaia,
giovani, vecchi, bambini.
Il sito merita
tempo, noi ne abbiamo e cerchiamo di non farci distrarre ma è davvero
difficile, impossibile.
Il sito è molto
bello, imponente, forse troppo perfettamente restaurato, a volte mi sembra
finto; inoltre non è purtroppo più possibile
salire sul famoso Castillo e ce ne
rammarichiamo non poco; camminiamo, curiosiamo e seguiamo passo passo la nostra
guida. Finita l’escursione ci dedichiamo all’acquisto di qualche piccolo
ricordino e dopo un veloce pasto piccante, ma non troppo, ripartiamo in
direzione Mèrida. Vi arriviamo con un
tempo uggioso ma la pioggia è poca, pericolo scampato anche oggi; il tempo di
una doccia, e ne abbiamo davvero bisogno, e via verso lo Zocalo, la Grande Piazza.
Merida è una
fiorente città con strade strette, edifici coloniali, numerosi caffè e
ristoranti in stile, nonché centro culturale della penisola.
Ci piace subito,
caotica nel suo ordine nascosto; è una gigantesca scacchiera con le strade che
si intersecano; la gente è forse più cittadina, meno gentile e disponibile del
solito ma nessun problema nel girarla anche di notte.
La piazza è
davvero enorme e molto bella; tutt’intorno edifici coloniali di antico
splendore; mangiamo in un ristorantino appena dietro la piazza; in questo
periodo di temporada baja insieme a
noi mangiano solo meridanos e una
coppia di tedeschi.
La carne è
strepitosamente buona; la presentazione dei piatti è poi curatissima; e per
finire spettacolino col classico caffè
maya, caffè turistico che a me personalmente non piace, ma è davvero un
bel vedere.
Il mattino dopo
si parte alla volta di Uxmal; arriviamo anche qui prestissimo, c’è meno folla di Chitzen,
nessun venditore all’interno e la odierna guida è davvero preparata.Il sito
è bellissimo; la posizione incantevole, i palazzi meravigliosi; camminiamo
tantissimo e saliamo e scendiamo per forse km; inizio ad avere un dolorino al
piede dx,una terribile vescichetta.
Torniamo la sera
a Merida distrutti, Uxmal ci è
piaciuta molto più di Chichèn; dopo la quanto mai necessaria doccia usciamo
per la seconda ed ultima serata Meridena, a caccia di cibo, siamo pazzi di
questa cucina! Prestiamo molta attenzione però all’acqua, beviamo solo quella
purificada e cerchiamo di eliminare le
bevande con ghiaccio che purificado non è.
Mangiamo e
beviamo benissimo anche stasera pagando il giusto e pensando che nella nostra
amata italia è sempre più difficile mangiar bene pagando un prezzo ragionevole.
Sveglia presto e
direzione Ek Balam nei pressi di Valladolid,
sito poco conosciuto ma sarà davvero una sorpresa.
Siamo gli unici
visitatori, c’è solo una famiglia di messicani con figli al seguito,
per il resto il sito è solo nostro; ingresso angusto, nessuna struttura
ricettiva solo un piccolo chioschetto per le bibite chiuso e soprattutto nessuno
strano braccialetto da mettere al braccio.
Appena dopo
l’ingresso c’è l’immancabile campetto per il gioco
della pelota, qualche altre piccola struttura come l’osservatorio e poi
dopo un piccolo e ombroso boschetto ci appare la facciata del maestoso edificio
principale, una struttura alta e massiccia che sfoggia una enorme bocca di
giaguaro, affascinante davvero.
Salire in cima è
una esperienza memorabile; dalla cima si possono vedere le piramidi di Cobà e
Chichèn; è il sito più bello che abbiam visitato, davvero felici di esserci
stati e siam sicuri che tra qualche anno ruberà la scena ai siti più
blasonati.
Ci trasferiamo
per il pranzo della vicina Valladolid; molto bella la piazza principale e molto bello (e
buono) il ristorante dove mangiamo; un classico edificio coloniale con patio
interno; quando ci sediamo a tavola inizia a piovere fortissimo e la pioggia
rende l’atmosfera ancora più piacevole.
Finito il pranzo
salutiamo i nostri compagni di viaggio che proseguiranno il loro viaggio verso
Cancun per un paio di giorni di mare; noi invece abbiamo altre intenzioni,
vogliamo andare ad Holbox, una località
balneare rimasta in gran parte allo stato originario.
Guardando la
mappa non siamo poi così lontani, proviamo a cercare un bus ma il trasferimento
è quasi impossibile per la lunghezza esagerata dei tempi di percorrenza;
contattiamo e contrattiamo il solito taxi che per circa 50
dollari, in 2 ore circa di
viaggio ci accompagna ad Holbox; il taxista sembra stranito dalla nostra richiesta; è una
isola al di fuori di tutte le rotte turistiche e dove ci dice “lui, sua moglie
e la sua amaca trascorrono le vacanze al mare”.
Ma dai, sarà
vero?
La strada è però
infame e lo è da subito.
Il nostro taxi
corre tanto, troppo.
Comincia a
piovere o meglio a diluviare; Monica dorme, ma come fa? Io no ma questa non è
una novità.
Attraversiamo
villaggi oppressi dalla vegetazione che sembra soffocarli. La guida diventa un
continuo frenare e accelerare, ogni parvenza di abitato si manifesta con gli
immancabili topas.
La strada
principale è interrotta, siam costretti a deviare su una parallela che passa
giusto in mezzo alle case; guadiamo pozzanghere gigantesche dove per i bimbi è
tutta una festa; osserviamo scene di vita quotidiana; poveri ma felici, povertà
e dignità.
Nulla sembra
togliere il sorriso a questa gente anzi basta una pioggia o un raggio di sole
per fare festa.
Immancabili i
coloratissimi negozi che vendono refrescos
come immancabili un paio di posti di blocco della polizia che superiamo
indenni con un semplice cenno di assenso…PASE!Que
te vaya bien.
Poi la giungla si
dirada ed un cartello all’improvviso dice:
Chiquilà.
Siamo arrivati
all’imbarco.
Holbox è li di fronte a Noi; il traghetto
è appena salpato, dobbiamo aspettare una oretta sulla banchina ma non abbiam
voglia e ci facciamo volutamente fregare qualche pesos in più da un gordo pescatore del luogo che con la sua lancia ci accompagna
sull’isola; sbarchiamo dopo una veloce traversata in un porticciolo minuscolo;
solo lance, niente motoscafi o velieri; ci orientiamo a naso, dobbiamo recarci
dall’altra parte dell’sola, la parte più riparata e sfruttata
turisticamente. I nostri zaini sono pesantissimi, facciamo un po’ di fatica,
comminiamo su una strada di sabbia, ci
superano piccoli carritos che
scopriremo essere gli unici mezzi di locomozione dell’isola, entriamo nella
piazzetta in piena ristrutturazione ed evidenti risultano i segni del recente
uragano Wilma (ottobre 2005) che aveva quasi totalmente allagato l’soletta;
piccoli negozietti, taverne ristoranti, un bel posto; camminiamo ancora un po’
e siamo sulla spiaggia; bellissima, sono le 16, il cielo è un po’ coperto;
scegliamo una posada bellissima e
coloratissima direttamente sulla/nella
playa; la nostra abitazione è di colore giallo intenso con verandina
direttamente sulla spiaggia; il tempo di posare i bagagli e siamo già in acqua.
Che pace ragazzi,
che incanto…
La serata la
passiamo nella verandina chiacchierando e bevendo birra; soffia una brezza
freschissima e piacevolissima, anche qui non sentiamo assolutamente la mancanza
di qualcosa da fare.
Nei mesi estivi
nelle acque di Holbox nuotano inoffensivi e giganteschi squali balena e
troverete tantissimi tra tour operator e semplici pescatori che vi
accompagneranno in un costosa ma irripetibile esperienza; purtroppo per Noi in
questo periodo niente squali balena!Sigh
La mattina dopo
appena svegliati e prima di fare qualunque altra cosa ci alziamo dal letto e
corriamo ancora mezzi addormentati in spiaggia; ci tuffiamo in acqua e ne
usciamo davvero rigenerati; crogioliamo al sole per tutta la giornata
intervallando il tutto con brevi passeggiate sulla battigia.
Il solo camminare
ai bordi del bagnasciuga si rilevava un'esperienza piacevolmente
indimenticabile. L'unico movimento o tramestio era dato dai versi dei pellicani
e dai loro tonfi nell'acqua quando si tuffavano alla ricerca di cibo.
Una menzione
particolare spetta alla colazione del bar colibri proprio nella piazzetta
principale, non aggiungo altro ma fateci una visitina.
Le giornate
trascorrono così, troppo velocemente; c’è una brezza che passa attraverso le
maglie dell’amaca e rende meno faticosa la spinta impercettibile che ci diamo
per dondolare. Beviamo la terza birra e continuiamo a non sentire assolutamente
la mancanza di qualcosa da fare, la fretta è assolutamente insensata.
In spiaggia però
quando cala la brezza bisogna trovare riparo per cercare di sfuggire ai
fastidiosissimi mosquitos, piaga di questa isoletta ma con qualche
accorgimento riusciremo, in parte, a farla franca. Nel tardo pomeriggio vaghiamo
per il simpatico
pueblo dalle case dai colori pastello compriamo
qualche souvenir, bellissime e consigliatissime le t-shirt, facciamo un po’ di
spesa, compriamo un pò di frutta, qualche immancabile habanero, qualche
cerveza e immancabili le patatine in sacchetto per l’aperitivo.
Decido poi di
“cogliere” una noce di cocco per rendere il nostro aperitivo ancora più
tipico; lo faccio senza difficoltà; tento di aprirla con il mio fido coltellino
svizzero ma l’impresa è davvero titanica e soprattutto pericolosa, infatti la
lama affilatissima del coltellino mi scivola e mi buca letteralmente la mano
destra; sembra un piccolo taglietto ma probabilmente la punta della lama ha
“forato” proprio e direttamente una vena, il sangue esce a fiotti, la sabbia
sotto i nostri piedi diventa rossa, corro in acqua cercando una medicazione alla
meno peggio…riesco dopo poco a bloccare il sangue tenendo la mano verso
l’alto e decido,accudito da mia moglie, di recarmi nella reception in
cerca di aiuto;la mano intanto è gonfia anzi
gonfissima…beh appena pigiato il campanello della reception mi corrono in
soccorso due gentilissime messicane e poi…svengo, si sono svenuto davvero
proprio davanti a loro!mi sono risvegliato dopo poco tutto pieno di sabbia,
intorno a me si era formato un capannello di persone che cercavano di aiutarmi,
chi facendomi aria, chi rinfrescandomi;insomma un semplice calo di pressione
dovuto allo spavento ma che spavento; gli amici messicani decidono comunque di
chiamare il medico che si rivelerà un ragazzino di appena 18 anni (o forse
meno)che non farà altro che misurarmi la pressione trovandola tra l’altro
bassissima; gentilissimo ma comicissimo.
Passata la paura
ci organizziamo per la cena; scegliamo il ristorantino Evelyn dove
mangiamo pescado freschissimo e buonissimo; il ristorante è di proprietà
di un gordo mexicano con lunga militanza come cuoco in italia, simpaticissimo,
bravissimo e soprattutto non “contaminato” negativamente dalla cucina
italiana…noi vogliamo mangiare mexicano!
Il resto della
serata la passiamo seduti al tavolino del ristorante bevendo qualcosa ed
osservando lo scorrere semplice della “vita” dagli abitanti dell’isola;
ragazzini che si rincorrono, ragazze sui carritos
in cerca dell’amore, un paio di amici ubriachi che sembrano prima litigare per
poi brindare insieme; domani si riparte per l’Italia e siamo un po’ tristi.
Ci svegliamo
presto, solito tuffo per il solito buon inizio di giornata, riempiamo
velocemente i nostri zaini cercando di non rompere le cosine acquistate nel
nostro girovagare e via di corsa in spiaggia; aspettiamo così al mare l’ora
del nostro imbarco prevista per le 13 orario ragionevole visto che abbiam
l’aereo per Roma da Cancun alle 19.30.
Ci imbarchiamo
all’ora prevista; il traghetto è pieno zeppo di giovani operai che tornano a
casa per il fine settimana, sono gli operai che lavora ai danni causati
dall’uragano Wilma; noi abbiamo poca voglia di parlare.
Arrivati a Chiquilà
contrattiamo velocemente con il solito taxi e via in direzione aeroporto
di Cancun. Il tempo è bruttissimo, nuvoloni neri, diluvia; il nostro autista è
muto; il taxi è vecchissimo e sporchissimo ma questo non è un problema siamo
come dicono qui constumbrati; il
viaggio prosegue tranquillo a parte una stradina sterrata imboccata
all’improvviso dal nostro taxi che si rivelerà preziosa per evitare il
traffico di Cancun; l’accesso e l’uscita della stessa prevedono però il
pagamento di una mancia agli operai che vi lavorano; ultimo saggio del Mexico; in Aeroporto ci imbarchiamo quasi subito; mangiamo qualcosa,
compriamo un paio di bottiglie di Tequila
e di Mescal e ci prepariamo al viaggio di regresso; l’aereo è pieno
zeppo, speriamo di riuscire a dormire un po’; appena dopo il decollo ci
riemozioniamo guardando dall’alto la piccola Isla Mujeres sotto di noi; la
riconosciamo subito, la mia Monica è convinta di scorgere persino il tavolino
che è stato nostro per un po’ di tempo so che non è vero ma mi piace pensare
che sia così. Il nostro viaggio è finito adesso ci aspetta il viaggio di una
vita con un po’ di Mexico dentro.
Que te vada bien. Hasta luego. Que viva Mexico
Rino