MAROCCO
Diario di viaggio 2014
7/6
L’arrivo
L’arrivo a Marrakech in aeroporto non è stato dei migliori. Un’ora e mezza di fila per il controllo dei passaporti, pare sia una gentilezza riservata in particolare a chi vola Ryanair…comunque alla fine ce la facciamo, stanchi e nervosi e troviamo ad attenderci il taxista che ci accompagna al riad che abbiamo prenotato nella medina: Dar Nakhla. L’ho scelto sia per la posizione comoda, sia perché mi sembrava il meno finto-marocchino di tutti. In realtà lo è. Il soffitto a cassettoni della nostra stanza è spettacolare. E’ silenzioso perché nella medina le auto non circolano, e fresco. Certo avrebbe bisogno di qualche ritocco, anche perché costa 40 euro a notte (la doppia) e per quella cifra mi aspettavo un po’ più di attenzione ai dettagli, ma Samir, il receptionist, è gentile e disponibile. Nel riad troviamo ad aspettarci Monique, la nostra grande amica viaggiatrice, che ci ha raggiunti da Essaouira oggi. Siamo stanchi e frastornati, così, visto che si è fatta ora di cena, usciamo solo per un tajine popolare nei paraggi del b&b. Buono e autentico, pur senza troppi fronzoli.
8/6
Esplorando la medina di Marrakech
Cartina alla mano e dopo una abbondante colazione sulla terrazza del riad, usciamo alla scoperta dei dintorni. Visitiamo il Palace de la Bahia, molto bello coi suoi cortili interni pieni di verde e le maioliche coloratissime. Purtroppo, dopo aver visitato l’Alcazar di Siviglia e l’Alhambra di Granada penso che abbiamo già visto il meglio dell’architettura moresca. Ci è piaciuto, ma non tanto da lasciarci a bocca aperta. Entriamo in al mercato delle spezie che si trova lì vicino e subito ci acchiappa Aziz, un muratore specializzato che ha lavorato 30 anni in Italia e parla benissimo la nostra lingua. In seguito alla crisi economica, tre anni fa è tornato qui dove ha aperto tre negozi di spezie e pare che gli stia andando proprio bene. Ci vende sapone e guanto per l’hammam, legno di sandalo, scaglie di eucalipto e ci dà tante notizie interessanti sull’uso delle spezie e dei prodotti naturali per la salute e la cura del corpo. Il tutto condito da ottimo the berbero alla menta. Si prosegue alla volta delle tombe saudite, un giardino in cui sono state riportate alla luce antiche tombe e due e sale di un palazzo piene di sepolcri che sembra ancora in fase di ristrutturazione. All’uscita la tappa obbligata è il caffè al Kasbah cafè proprio di fronte all’ingresso delle tombe, con un terrazzino fresco, tranquillo e un buon espresso. Riprendiamo l’esplorazione della medina e ci perdiamo nelle viuzze dove si sta svolgendo un mercato. Qui vediamo, fra tanta gente, donne soprattutto, motorini, mucchi di interiora di pesce, fragole, albicocche e mucchi di erbe profumate, un angolo autentico di Marrakech. Naturalmente ci perdiamo e ci viene in aiuto un ragazzino che ci accompagna all’uscita della Mellah. Vorrebbe che entrassimo a fare acquisti in un negozio di spezie, ma non dobbiamo compare più nulla. Così gli lasciamo una mancia e andiamo via. Ci fermiamo a mangiare un piatto veloce lungo la strada. Purtroppo Monique è intollerante a patate e riso e, nonostante le sue raccomandazioni, le servono prima un’insalata con patate e poi un’omelette con riso…le intolleranze alimentari qui vengono interpretate come vezzi di turisti un po’ schifiltosi? Bah! Abbiamo comunque capito che in posti senza troppe pretese a Marrakech si può mangiare con 30-35 dirham. Non sarà il cibo la voce di spesa più consistente di questo viaggio. Torniamo al nostro riad per riposare un po’, sta cominciando a fare proprio caldo. Dopo il pisolo usciamo e prendiamo un taxi per andare alla stazione ferroviaria a comprare i biglietti per il treno per Tangeri di domani sera. Il termometro segna 39° mentre dai finestrini osserviamo la Marrakech moderna fatta di viali larghi alberati, strade ordinate, negozi, ristoranti, donne vestite all’occidentale. Le donne qui sono bravissime a switchare il loro look a seconda che si trovino nella città nuova o nella medina. La stazione in stile arabo moderno è bella e ben organizzata. Ci facciamo riaccompagnare dal nostro taxi, col quale avevamo pattuito 70 dirham dalla medina alla stazione e da lì a piazza Jemaa El Fna, alla piazza, icona della città di Marrakech la quale, fra carrozzelle trainate da cavalli, strani tuk tuk, serpentoni e danzatori, musicisti e datteri, barbieri e uffici di cambio, frutta secca e spiedini , paccottiglia di manifattura cinese e scimmiette ammaestrate, ci si è parata davanti in tutta la sua esoticità. Non è stata una sorpresa, ormai l’avevamo vista tutti in televisione tante volte, ma vedere quello spazio enorme pieno di colori, odori e suoni è uno spettacolo da non perdere. Fotografare gli artisti di strada è impossibile senza pagare, così dopo una spremuta d’arancia (40 dirham, un vero furto) e un giretto per curiosare, ci siamo rituffati nelle stradine della medina e siamo tornati al nostro riad. Monique è fuori combattimento per colpa del riso, così per cena usciamo solo io e Maurizio e andiamo al ristorantino accanto a quello dove ieri sera avevamo mangiato un buon tajine. I suoi spiedini misti sono buoni, mentre io ho la disavventura di ordinare un couscous di carne e verdure che nella mia memoria gastronomica di viaggiatrice farà il paio con l’orribile pad-thai di Cat Ba, Vietnam. Sciapo, due pezzetti striminziti di carne tutta grasso che non ha voluto neanche un gatto di passaggio, l’unica spezia che ravviso, e in quantità eccessiva, è la curcuma…insomma una schifezza. E’ stato un mio errore. Non si ordina il couscous, piatto elaboratissimo che richiede 6-7 ore di cottura in un ristorante alla buona dove si servono insalate e spiedini. Al ritorno al riad ci siamo fermati con Monique ad organizzare per la nostra prossima andata a Fes.
9/6/2014
Les Jardins de Majorelle
Oggi ce la prendiamo comoda. Questa è una vacanza all’insegna del relax, del piacere della compagnia degli amici, di buon cibo, di colori e di profumi. Con comodo facciamo colazione e ci incamminiamo verso la fermata dei taxi da dove ci facciamo accompagnare a i Jardins Majorelle. 40 dirham tariffa fissa per tre persone, non c’è verso di ottenere uno sconto. Attraversiamo gli eleganti quartieri moderni con palazzi in stile arabo moderno tutti, ma proprio tutti di color ocra. I giardini sono un’oasi di fresco e di verde inaspettata. Attraverso una volta altissima di canne di bambù ci addentriamo tra piante grasse provenienti da ogni parte del mondo, palme e fiori di tutti i colori con laghetti, fontane e dettagli coloratissimi del blu che prende il nome proprio dal pittore che fece creare intorno alla sua casa questo giardino, poi acquistato da Yves Saint Laurent e lasciato infine in eredità e alla città di Marrakech. L’ingresso costa 50 dirham, con visita al museo berbero 75. Alla fine della meravigliosa passeggiata nel verde guastata solo un po’ dalla presenza di tanti visitatori (consiglio di venirci ka mattina presto) ci fermiamo a prendere qualcosa di fresco al bar all’interno del giardino. I prezzi sono cari, 30 dirham per un frullato di menta, limone e zenzero, ma ne vale la pena perché è tutto buonissimo. Finita la visita, torniamo verso la medina al nostro riad per sistemare i bagagli, dato che oggi Monique ha lasciato la sua stanza e Samir ci ha consentito di rimanere fino a tardo pomeriggio nella nostra per rilassarci prima della partenza. Non prima di un delizioso tajine alle prugne e albicocche in un ristorante tranquillo e senza turisti, su comodi divani al fresco, Dar Mimoun. 70 dirham a testa meritati. Il pomeriggio trascorre in maniera molto rilassante con la preparazione del bagaglio. Alle 8 siamo in stazione per prendere il treno che parte per Tangeri. Il biglietto di 1° classe è costato 35 euro a testa, le cuccette sono spaziose, comode, pulite, le lenzuola sono di cotone e i cuscini comodi. Anche il bagno, per essere il bagno di un treno, è accettabile.
10/6/2014
Tangers e il Continental
Arriviamo a Tangeri alle 7 puntuali come un orologio svizzero, tanto per sfatare tanti luoghi comuni sul Marocco. All’uscita della stazione ci assale un tassista che vuole portarci a Tarifa col suo mercedesone d’annata. Poi di portarci al nostro hotel a Tangeri per 40 dirham. E’ decisamente troppo insistente e la mia soglia di sopportazione appena sveglia dopo una notte quasi insonne è molto bassa. Così gli urlo che non voglio salire sul suo taxi e di lasciarci in pace in perfetto dialetto salentino che non avrà potuto tradurre alla lettera, ma avrà sicuramente capito. Mi dirigo verso un pétit taxi dove vedo alla guida un ragazzo che mi ispira fiducia e trattiamo per 30 dirham. I compagni di viaggio mi seguono senza discutere, basiti. Senza troppi indugi si arriva al Continental (45 euro la doppia). Che charme questo vecchio hotel! Me ne innamoro subito come mi innamoro di tutti i posti che espongono con orgoglio la polvere della storia che ci è passata e conservano ancora un’atmosfera autentica anche se non perfetta e patinata, come vecchie signore. Le maioliche sbeccate, i broccati consunti non fanno che arricchire l’atmosfera dei patii di mosaici variopinti. I vecchi lampadari polverosi del ristorante sono probabilmente gli stessi sotto i quali cenò Winston Churchill. Le stanze sono abbastanza ordinarie, anzi decisamente non all’altezza del resto, ma sono pulite, i letti sono comodi e c’è la vista sul mare. Ci sistemiamo, ci riposiamo dalla lunga notte in treno e usciamo, curiosi di vedere questa nuova città. Balza subito all’occhio che l’atmosfera è molto più rilassata che a Marrakech. Anche i colori sono diversi, qui predominano bianco e azzurro sepolti sotto montagne di kaftani, tessuti, rocchetti di filo da ricamo, babbucce e ornamenti coloratissimi. La medina ha un sapore molto più autenticamente marocchino di quella di Marrakech. Qui sembra che tutta l’economia ruoti intorno alla produzione di caftani e jallaba. Ne vediamo di meravigliosi per tutte le occasioni e noi femminucce non riusciamo a trattenerci dallo shopping. La fame comincia a farsi sentire, ma mangiare nel souk è l’ultimo dei problemi. Basta avere un po’ di occhio e di olfatto e si trovano posticini frequentati da gente del posto come quello dove abbiamo pranzato a base di pesce bianco fritto, frittura di gamberi e calamari rigorosamente freschi (120 dirham a testa). Nel pomeriggio inoltrato finalmente arrivano gli amici che stavamo aspettando. Sono una coppia di sposini di Lecce e altri amici da tutta l’Italia. Siamo in tutto 14. Ceniamo con loro all’hotel dove la cucina è ottima: zuppa marocchina, pesce spada alla piastra, torta al limone (160 dirham). La tavolata è proprio internazionale: ci sono belgi, marocchini, italiani trapiantati in Marocco, un’indiana, un veneziano e tanti leccesi. Dopo cena si fanno due passi alla volta del bar frequentato dagli scrittori della beat generation, ma noi torniamo quasi subito all’hotel perché non ci troviamo una grande atmosfera, ma solo tante bottiglie di liquori, il che ci ha fatto pensare che fossero solo quelle che attiravano tanto Borges, in una città dove gli alcoolici sono proibiti praticamente ovunque.
11/6
Chaouen e i preparativi per le nozze
Oggi c’è molto vento e il tempo non è neanche bellissimo. Visto che tutti dormono, vado in spiaggia a fare una bella passeggiata. La spiaggia di Tangeri è lunghissima, ben tenuta, con un bel lungomare sia per le auto che pedonale. A quest’ora ci sono ragazzi che giocano a pallone o fanno footing, sperando di diventare, calciatori famosi. Tutto il lungomare è un immenso cantiere. Il re per Tangeri ha investito tantissimo. Il progetto del nuovo porto turistico diventerà presto realtà e il progetto esposto sul lungomare fa pensare che sarà molto bello. Si parla di un paio d’anni per terminare i lavori. Quando la truppa è finalmente riunita, si parte con un pullmino alla volta di Chefchaouen. Il driver pensa di farci cosa gradita mettendo un cd di Ramazzotti ma dopo un solo pezzo intuisce dai nostri ululati ch forse è il caso di cambiar musica. Così il viaggio continua accompagnato da musica araba fra le dolci colline punteggiate di oleandri rosa che conducono alla città dei Puffi. All’arrivo il minibus ci lascia nella piazza più vicina alla medina, poi proseguiamo a piedi fino al Dar Terrae, il piccolo hotel del nostro amico Cosimo dove alloggeremo in questi giorni. Per noi, che non eravamo stati mai qui, è un’emozione camminare fra le casine e le stradine della medina dipinte di tutte le sfumature d’azzurro. I negozi espongono merce coloratissima: coperte, tappeti, pigmenti naturali, oggetti d’artigianato in legno, ma anche oggetti d’uso quotidiano. Questa è una medina vivace e popolosa. All’arrivo Anna, la moglie di Bilal, ci accoglie con una favolosa pastella, una sfoglia croccante ripiena di carne di pollo, datteri, cannella, acqua di fiori d’arancio che è una delle cose più deliziose che ho mai mangiato. Dopo un riposino noi donne del gruppo andiamo, accompagnate da Anna, moglie di Bilal, il figlio adottivo di Cosimo che si occupa della gestione del riad, a noleggiare un vestito per la festa di matrimonio che si svolgerà domani. Qui è un’usanza abbastanza comune perché gli abiti da cerimonia sono molto belli, elaborati e costosi. E’ divertente ritrovarsi fra donne a buttare all’aria minuscoli negozi stracolmi di kaftani di mille colori e di mille lustrini e ricami. Ne visitiamo tre e alla fine torniamo, naturalmente, al primo, dove avevamo trovato le cose che ci piacevano di più. Poi si passa a prendere accordi, sempre con il prezioso aiuto di Anna, con la donna che verrà a farci l’henna stasera e con la parrucchiera per le nostre acconciature e il trucco di domani. La serata nel riad è dedicata all’henna della sposa e delle amiche. Un ricamo elaboratissimo per mani e piedi della sposa che alla fine sembrerà che abbia guanti e calze di pizzo, un ricamino più semplice per le amiche. Una tortura alla quale scelgo di non sottopormi. E chi sopporta di stare lì immobile finché l’henna non si asciuga? Si va a letto presto pregustando la festa di domani.
12/6
Le nozze
Perdersi per le stradine di Chaouen è un viaggio in tutte le sfumature dell’azzurro. Cosimo stamattina ci accompagna alla sorgente dove gli abitanti del paese amano andare a passeggiare e a godere il fresco del torrente. Ci sono lavatoi dove le donne vanno a fare il bucato, i ragazzini stanno lavando i tappeti e ne approfittano per giocare fra spruzzi di acqua fresca. Una scalinata conduce a piccoli bar tranquilli nel verde e, dopo la solita sosta the, ci riconduce in paese. A casa nel pomeriggio arrivano i nostri kaftan e la parrucchiera, e in breve noi donne siamo tutte in attività per prepararci alla festa di stasera. La vigilia del matrimonio qui è usanza che le amiche della sposa condividano con lei ogni momento dei preparativi. Quando anche la sposa è pronta la festa può cominciare. Naturalmente i nostri amici Andrea e Donatella si sono già sposati in Italia, qui ci sarà una festa formato ridotto, altrimenti dovrebbe durare tre giorni. Arrivano i musicisti con lunghissime trombe e tamburi e suonano una musica ipnotica e la serata trascorre fra balli, risate accompagnata da un favoloso couscous di pollo e legumi e dolci di mandorle e miele. I forzuti musicisti sollevano la sposa con una portantina con baldacchino tutta bianca e piena di sbrilluccichi, lei lancia caramelle di buon augurio a tutti, poi con noi fa anche un giro in paese a piedi fra la gente per far ammirare il suo bellissimo abito mentre Yasmina, la figlia quattordicenne di Cosimo, urla mantra di buon auspicio agli sposi come si usa qui. Una festa indimenticabile.
13/6
Oued Laou, al mare
Il risveglio di oggi è lento e faticoso, ma alla fine riusciamo tutti a rimetterci in piedi per passare una giornata al mare sulla costa nord a una settantina di chilometri da Chaouen, dove Cosimo ha una casa. La strada per arrivarci attraversa le montagne che scendono verso il mare ed è bellissima, le colline sembrano di velluto dorato, cosparse di campi di grano, lungo i torrenti crescono spontanei gli oleandri rosa, ovunque si vedono scene di vita bucolica. Qui l’agricoltura e l’allevamento non sono meccanizzati, le macchine agricole sono troppo costose e sono poco usate. Tutto viaggia a dorso d’asino e di donna e il lavoro dei campi è veramente duro. La casa di Cosimo si trova su un promontorio alto sul mare che spazia sul Mediterraneo. Nelle giornate più limpide si vede la costa della Spagna, ma purtroppo non oggi anche se la giornata è bella. Un gruppo di noi rimane su alla casa, i più avventurosi e assetati di mare scendono giù accompagnati da Yasmina, che saltella fra le rocce come una capretta mentre noi cerchiamo di seguirla senza cadere nel precipizio. Arrivati giù troviamo una spiaggia di sassi, ma più avanti c’è anche la sabbia di un insolito color pepe mero. Ci sistemiamo e, nonostante l’acqua non sia caldissima, facciamo il bagno perché il caldo, amplificato dalla sabbia scura, è veramente insopportabile. Dopo un paio d’orette in spiaggia, ben cotti, torniamo su e, col sole che picchia, l’esperienza è veramente memorabile. Meno male che siamo tutti in buona forma fisica e riusciamo a farcela senza troppi problemi ma solo una gran sudata. Ci riprendiamo dopo una spartana doccia in terrazza e una mangiata di fichi appena raccolti dal giardino. Due chiacchiere al fresco sotto il portico e il gruppo riparte. Ci fermiamo a mangiare in “paese” in un ristorante dove ci porta Cosimo, il nostro anfitrione. Il locale è semplice, ma il pesce che mangiamo è strepitoso. 4 chili e mezzo di pesce freschissimo a 14 euro a testa. Memorabile. Quando rientriamo a Chaouen è ormai sera, mangiamo una cosa veloce e ce ne andiamo tutti a nanna.
14/6
Tetouane, medina autentica
Oggi il gruppo si divide. Qualcuno parte, qualcuno si ferma a Tangeri per una notte, insomma io, Maurizio e Monique siamo soli e ci organizziamo una gita alla vicina Tetouane. La città dista una cinquantina di chilometri da Chaouen lungo la strada per Tangeri. Ha una grande medina dove si svolge un bel mercato. Arriviamo con comodo verso le dodici, qui i mercati aprono tardi, alle undici di mattina, e il momento clou è verso l’una. Abbiamo preso un grand taxi, una di quelle vecchie Mercedes adibite a taxi collettivo che qui usano in tanti per spostarsi fra una città e l’altra. Tariffa fissa 60 dirham a testa se vogliamo tutta la macchina per noi, altrimenti sarebbe di trenta, ma dovremmo aspettare che arrivino altre tre persone per riempire tutti i posti: due davanti e quattro dietro. La manovella del finestrino posteriore è un optional che il conducente ci porge quando cominciamo a boccheggiare per il caldo. Una sola per due finestrini, da scambiarsi da buoni amici. Tetouane è una tranquilla cittadina marocchina poco frequentata dai turisti. Nell’elegante piazza principale ci fermiamo per un caffè allo storico Cafè de Paris prima di inoltrarci nel mercato che si svolge sulla via principale e nella medina, dove si può entrare da una delle sette porte. All’interno è tutto un brulicare di piccolissimi negozietti che vendono di tutto: dal pollame alle spezie ala pasticceria, frutta fresca e secca, verdura ed erbe profumatissime, caricabatterie per ogni sorta di apparecchio elettronico, sifoni di doccia, scarpe ((tutto rigorosamente di seconda mano a voler essere buoni), tessuti e kaftan naturalmente, a tonnellate, e chi più ne ha più ne metta. Non incontriamo neanche un turista non marocchino. Nella bella piazza dove si trova il Palazzo Reale ci fermiamo in un grande negozio dove avevo visto donne marocchine che facevano acquisti e compriamo dei kaftan da regalare alle mamme dai ricami molto semplici e tessuti freschissimi (finalmente la viscosa) al prezzo vantaggiosissimo di 70 dirham ciascuno. Proseguiamo il nostro curioso vagabondare per le stradine della medina infilandoci in tutti i riad che ci attirano, scoprendo così dei deliziosi cortili freschi dove veniamo sempre accolti con grandi sorrisi e bicchieri di the verde bollente e dolcissimo alla menta. Quando cominciamo a sentire la stanchezza torniamo alla gare routière dove riprendiamo un grand taxi per Chaouen. La sera io vado a nanna presto e Maurizio esce con Bilal per andare a vedere la prima partita dell’Italia ai mondiali in uno di quei barracci per soli uomini.
15/6
Akchour: chiare, fresche, dolci acque
Oggi Maurizio ed io andremo al parco naturale di Akchour famoso per le belle cascate di acqua fresca, la vegetazione verdissima e il ponte naturale della montagna chiamato The Eye of God, l’occhio di Dio. Un grand taxi preso alla fermata di Chaouen ci porta lì in meno di un’ora, dista solo 30 km. Ci accompagnano Akhmed e Fouad, due fratelli che abitano accanto al nostro riad e ci faranno da guida. All’arrivo troviamo una piccola diga che forma un laghetto nel quale ragazzi si tuffano e nuotano. Ci cambiamo alla buona e, con le scarpe da ginnastica ai piedi e lo zainetto, cominciamo la salita. Non è agevole né sicura, si devono attraversare dei ponticelli di legno da acrobati e camminare nell’acqua fino al finocchio, ma ci facciamo coraggio perché la bellezza del bosco e la freschezza dell’acqua ci confortano della fifa e del caldo. Salendo incontriamo “ristorantini” che cucinano esclusivamente tajine dal profumo delizioso. C’è gente, oggi è domenica, ma ci sono anche tanti spazi comodi dove rilassarsi al fresco. Così arriviamo alla meta dove ci aspettano delle freschissime piscine naturali di acqua più che fresca che sono un vero sollievo per le gambe stanche e il caldo. Non riusciamo a staccare gli occhi dalle acque cristalline e dal grande foro nella roccia che lascia intravedere altre montagne piene di vegetazione. Nell’immaginario collettivo il Marocco è un paese arido e desertico, in realtà, soprattutto in questa zona, è verdissimo e fa fresco, soprattutto la sera e la mattina presto. Rientriamo a casa quasi contemporaneamente a Cosimo, Donatella e Andrea (gli sposi) che tonano da Tangeri. La sera siamo molto stanchi e ceniamo con gli altri con un delizioso panino con le sarde fatto con maestria e amore in un buchetto di negozio in un’antica piazzetta del paese (12 dirham).
16/6
Pausa relax
La giornata di oggi è dedicata al relax, all’organizzazione del trasferimento di domani a Fes e allo shopping degli immancabili ricordini da portare ad amici e parenti, accompagnati da Yasmina che conosce i posti dove possiamo evitare sfiancanti trattative con i negozianti. Cosimo ci accompagna da Aladdin, un negozio che solo a passarci vicino si solleticano le papille olfattive. Vende prodotti naturali cosmetici, per il benessere e per la cucina. Dall’estratto di arnica ai saponi naturali, alle spezie rare, ai balsami antietà ai deodoranti per gli armadi qui si trova proprio di tutto e senza dover girare troppo troviamo i regalini per tutti. Qui facciamo anche scorta di olio di argan, che non è proprio economico, ma questo è ricavato dalla prima spremitura a freddo delle noci di argan ed è di altissima qualità. La serata trascorre tranquilla in casa con gli amici che salutiamo prima della partenza di domani. Salutiamo anche Monique, che è stata nostra piacevolissima compagna di viaggio fin da Marrakech, peccato non poter proseguire insieme il viaggio a Fes!
17/6
Fes-al-Bali, un primo assaggio
Un po’ assonnati e con un’arietta fresca alle 10,30 si prende il pullman per Fes. Il biglietto costava poco, 70 dirham, e l’autobus della linea CTM è comodo e pulito. La strada che porta a Fes è tutta un susseguirsi di colline di campi di grano. Quello che dall’aereo mi sembrava sabbia in realtà sono le stoppie del grano appena mietuto, alternato a campi di arachidi a perdita d’occhio. All’ora di pranzo facciamo una sosta in un “autogrill” nel nulla. C’è un bar, un macellaio e una griglia per arrostire la carne. Ordinatamente scendiamo tutti, ci scegliamo la carne che viene messa in un piatto e passata ai grigliatori che arrostiscono una griglietta per ciascuno e poi ti consegnano il piatto fumante con la tua carne appetitosa e profumata o il tuo panino con la carne. Velocissimi ed efficienti. Che pranzetto! Arriviamo a Fes che sono quasi le tre di pomeriggio. Troviamo ad attenderci alla stazione dei bus un comodo pullmino mandatoci dal gestore del nostro b&b, il quale ci accompagna su in un parcheggio della medina. Qui veniamo presi in carico da Kibir, il factotum (anzi il facpocum) del nostro riad, che ci accompagna a destinazione. Per raggiungere il riad Dar Drissi percorriamo una strada animata piena di negozietti, poi ci infiliamo in un budello silenzioso e buio, i palazzi sono quasi appoggiati uno sull’altro e sostenuti da ponteggi, io e Mau siamo perplessi. Appena si apre il portone improvvisamente il buio diventa luce, la strada sporca diventa marmo bianco e maioliche, con tanto di fontanella. Un patio davvero sorprendente per quanto è grande, per come è finemente decorato e per il senso di frescura. Kibir (che ha una buffa somiglianza col nostro Checco Zalone) ci fornisce qualche veloce informazione sulla città e su dove si svolgono i concerti del Fes festival di musica, ci fa vedere il riad da cima a fondo e si dilegua. Prendiamo possesso della nostra stanza piccola ma dal soffitto decoratissimo e il bagno che sembra un hammam, ci rilassiamo un po’ sotto la tenda berbera che ombreggia la zona lounge della grande terrazza, si fa una doccia doccia e si esce. Raggiungiamo attraverso le stradine della medina la porta principale del souk: Bab Boujloud. Nei pressi ci sono tanti posti dove mangiare. Da un pasto completo al ristorante a una cosa veloce come bocadillos o verdure e carne alla piastra. Fuori dalla porta c’è un grandissimo largo che mi fa pensare a piazza Jemaa El Fna. Sul palco in fondo c’è un gruppo che suona musica andalusa, la cantante è brava e il percussionista è fantastico. Ci fermiamo fino alla fine del concerto e torniamo a casa pian pianino facendoci largo fra muli carichi, tanta gente e tante tante mercanzie. Per cenare ritorniamo in zona dove ci fermiamo in un ristorantino munito di megaschermo dove Maurizio riesce anche a seguire la partita di calcio. Ci hanno detto che la medina è sicura anche di notte, ma queste stradine col buoi sono veramente sinistre, i negozi sono tutti chiusi dopo una certa ora e ce ne torniamo quatti quatti al nostro riad.
18/6
La medina di Fes, un salto indietro nel tempo
Oggi si prosegue l’esplorazione della medina lungo la via principale che si chiama Talaa Kebira. Veniamo presto abbordati da una donna che ci conduce a una delle tante tanneries, concerie di pelle, che sono la caratteristica che rende questa medina unica. Meno male che è ancora presto e non fa caldo, altrimenti non credo che saremmo riusciti a sopportare l’odore che emana dalle vasche dove, con calce e colori naturali esrtatti da curcuma, menta, papavero e indigo vengono trattate le pelli che qui arrivano a dorso di mulo attraverso i cunicoli bui. I muli qui hanno la precedenza sui pedoni. Il negoziante ci fornisce rametti di menta per non sentire l’odore nauseabondo. Sembra una bolgia dantesca e il lavoro degli uomini, a volte solo ragazzini, è veramente durissimo. E’ d’obbligo la successiva visita all’esposizione dei manufatti in pelle, ce ne sono tonnellate, dalle cinte alle giacche e chi più ne ha più ne metta. Il tipo cerca di venderci una cintura a 25 euro ma per fortuna rifiutiamo. In seguito vedremo che a stessa cintura altrove costa 40/50 dirham (4/5 euro). Tourist trap evitata! Proseguiamo per la zona dei falegnami che costruiscono, oltre ai mobili, i baldacchini bianchi decoratissimi che vengono usati nelle cerimonie. Vicino ci sono i laboratori dove vengono fatti i finimenti per asini e cavalli. Purtroppo sono mestieri che vanno scomparendo e qui ne rimane solo uno. Tornando sui nostri passi visitiamo la zona dove si lavora il metallo: bronzo, ottone e rame. E poi dicono che gli arabi sono indolenti e non hanno voglia di lavorare! Gli artigiani lavorano per la strada e intorno è tutto un battere di martelli. Visitiamo una scuola coranica dai decori veramente impressionanti, peccato non si possa visitare tutta. Gironzolando per le viuzze ci fermiamo in un negozio di tessuti dove il venditore, dalla faccia simpatica e con un braccio solo, ci mostra quintali di coloratissime tovaglie e coperte tessute al telaio e non resistiamo alla tentazione. Sono veramente belle e diverse da quelle che abbiamo visto in giro, così compriamo un copridivano di mille colori fatto a mano al telaio con 6 pedali (pare sia una tecnica molto difficile). Ipnotizzati e frastornati dalle mille cose che ci circondano, pian piano torniamo al nostro riad, facendo tappa in un posticino molto modesto dove mangiamo sarde fritte e insalata. Nel pomeriggio usciamo per l’appuntamento musicale in piazza Boujoud. Oggi c’è un gruppo di ragazzi che suonano musica contemporanea marocchina mescolando i ritmi tradizionali con uno stile moderno. Passeggiando fuori dalle mura troviamo il giardino Batha, molto fresco e ben curato con le sue file ordinatissime di palme e le fontane e i ruscelli che ci ricordano i giardini dell’Alcazar di Siviglia. Anche qui c’è un gruppetto che suona. E’ stata una fortunata coincidenza che in questi giorni a Fes si tenga il Fesfestival, di musica internazionale ma soprattutto africana ed asiatica. I concerti più belli purtroppo li abbiamo persi, ma ogni giorno c’è musica sia in piazza alle 18, sia ai giardini Batha. Tornando indietro mi fermo dal ragazzo che vende scarpe dove avevo puntato e trattato ieri per un paio di babouches e riesco a spuntare un ulteriore sconto (70 dirham). Vuol darmi in omaggio un opuscolo di propaganda musulmano, rifiuto gentilmente. Per cena torniamo in un ristorante molto bello che avevamo notato la mattina. Si chiama Palais de Merinides e si trova nel palazzo che un tempo fu abitato da questa potente e ricca famiglia. Ci sono turisti e arabi, i prezzi non sono popolari (sui 35 euro in due) per queste parti, ma l’ambiente è bellissimo e il servizio e il cibo sono ottimi. La pastilla di qui è in assoluto la più buona che ho mangiato in questo viaggio, e il cosciotto di montone di Maurizio altrettanto. L’equilibrio dei sapori del pollo, le arachidi, miele, le spezie di questo piatto tipicamente marocchino è una cosa veramente unica.
19/6
La medina di Fes. Infinita.
Anche oggi si gironzola per la medina, dove ci sono sempre nuove cose da scoprire. Settori a tema come quello degli abiti da cerimonia pieni di lustrini e sete meravigliose, quello della frutta secca e le essenze profumate, quello delle erboristerie, quello degli occhiali, quello delle scarpe, quello degli oggetti in ottone e rame lavorato a mano. Aiutooooo!!!!! A un certo punto ci ritroviamo fuori da una delle porte in un grande spazio aperto (ah lo spazio, come ci mancava!) che corrisponde al corso del fiume che fu interrato in passato. C’è altra medina proseguendo avanti, ma ci sembra molto molto diroccata e poco sicura e preferiamo non proseguire l’esplorazione. Si intravedono attraverso le fessure di portoni consumati dal tempo e ponteggi logori meravigliosi mosaici colorati di antichi palazzi abbandonati da decenni. Che peccato!. L’UNESCO ha investito molto in questa città che ha conservato l’unica medina medievale tuttora esistente e abitata, ma ci sarebbe tantissimo ancora da lavorare per riportare tutti i palazzi agli antichi splendori. Ci accodiamo a un gruppo guidato e con loro veniamo condotti nel dedalo di viuzze in un punto dove i palazzi sono talmente vicini uno all’altro che quasi non si passa Oggi cominciamo ad essere stanchi della confusione. La sera ceniamo sul terrazzo di un ristorantino verso Place Bab Boujloud, il Blue Chameau, ottimo cous-cous di verdura, l’unico cibo locale che il mio stomaco possa reggere in questo momento. La sarda fritta ha colpito e il mio intestino è un po’ in disordine.
20/6
Oggi
è Maurizio ad avere i postumi delle sarde fritte. Vorrei risparmiargli la
confusione della medina, così cerco una buona spa dove si possa fare un hammam.
Ne trovo una nella ville nouvelle che si chiama Nausicaa e sembra ben
organizzata e pulita. Il taxi da
Bab Boujloud costa 20 dirham. La Fes nuova è una città moderna e pulita con
ampi viali alberati e fontane, un po’ anonima nel complesso.
Per il nostro primo hammam, visto che non conosciamo bene il rituale, ci
affidiamo a mani esperte. Lasciati i vestiti (tutto tranne gli slip) la signora
che mi porta per manina mi accompagna al bagno turco, una sala caldissima piena
di vapore, mi sciacqua con una doccia e mi dà una bustina di sapone in crema
all’olio d’oliva. Mi lavo, mi sciacquo e vado a stendermi su uno dei
tavoloni di marmo bianco. Ci sono una decina di tavoli come il mio, poi ci sono
dei sedili, sempre di marmo bianco decorato con maioliche colorate,dove le
donne, tutte con gli slip o completamente nude, disinvoltamente
si lavano i capelli davanti a delle specie di fontanelle versandosi
l’acqua con una ciotola, si depilano col rasoio, si tolgono i calli con la
pomice. Tanto sono pudiche in presenza di uomini, tanto le donne musulmane non
hanno inibizioni quando stanno fra di loro. Dopo un’energica sfregata su tutto
il corpo con un guanto ruvido e il sapone in pasta, la signora mi manda a fare
un’altra doccia con shampoo, mi
fa stendere su un altro tavolo e mi fa un massaggio con lo scrub e il fango.
Altra doccia e infine c’è la jacuzzi fredda, dove rimango per dieci minuti a
rinfrescare la pelle. Quando esco non ho più una sola cellula di pelle morta in
tutto il corpo, recupero i miei vestiti e mi rilasso qualche minuto in una sala
dove ci sono delle poltrone comodissime. Nel foyer trovo Maurizio che ha subìto
più o meno lo stesso trattamento con gli uomini, peccato che oggi non stia bene
e non se l’è potuto godere al
100%. Visto che è meglio che stia
a riposo, nel pomeriggio lo lascio nel riad e vado a fare due passi da sola,
tanto ormai mi oriento, perlomeno nella nostra zona. Oggi è venerdì e per i
musulmani è giorno di riposo e preghiera. Le moschee sono piene e i negozi
quasi tutti chiusi. Le strade della medina oggi sono dei bambini che si
scatenano con partite di pallone e corse a precipizio in bicicletta impossibili
gli altri giorni. Ce ne sono tanti, e sono molto carini. Scendo fino alla zona
dove si lavora il metallo che è proprio chiusa con un portone. Ne approfitto
per osservare quello che mi circonda che prima era ricoperto di mercanzie e,
accanto alla fontana Nejjarine noto l’ingresso del museo del legno. Il palazzo
è stato ben restaurato di recente dal re con gli aiuti dell’UNESCO. Ci sono
tre piani nei quali, in sale profumate di legno di cedro e cera d’api, sono
esposti manufatti della ricchissima tradizione marocchina. Purtroppo il tempo ha
distrutto quasi tutto ma qualche pezzo più antico, del XIII secolo, si è
conservato. L’abilità dei falegnami marocchini merita questo omaggio alla
loro bravura. La veduta dal terrazzo è spettacolare.
Gironzolando
fra i pochi negozietti rimasti aperti ne trovo uno che vende oli essenziali e
compro per altri 20 dirham una boccetta di olio essenziale di fiori d’arancio
delizioso e, sulla via del rientro, qualche buonissimo biscottino (1 dirham
cad.) in un forno semplicissimo. Mi fermo in un bar e pranzo a biscottini e
spremuta d’arancia. Al ritorno al riad Maurizio si è alzato e sta un po’
meglio. Passiamo comunque da una farmacia e
poi ce ne andiamo alla piazza per ascoltare il gruppo che suona oggi. E’
un’orchestra araba che qui va per la maggiore, c’è molta gente. Ascoltiamo
un paio di pezzi e pian pianino ci allontaniamo per mangiare due spiedini al
volo e ce ne andiamo a nanna presto. La mattina dopo si riparte per l’Italia.
CONSIGLI
VELOCI VELOCI
Osservazioni sul Marocco: quando si acquista qualcosa bisogna sempre trattare, e trattare di brutto, e comunque rassegniamoci, perché noi turisti pagheremo tutto più caro del prezzo reale, ma non è la regola. Abbiamo comprato a Fes oggetti di ceramica di ottima fattura da una coraggiosa signora che è l’unica donna a gestire un’attività commerciale nella medina di Fes e applica la politica del prezzo fisso. Nei riad chi supera l’altezza di un metro e cinquanta è meglio che cammini chinato perché le porte sono bassissime. Chi ha problemi con le scale è meglio che eviti i riad: hanno scale ripidissime e strette quasi sempre a chiocciola. Nella medina di Fes i ciucci e i carretti hanno la precedenza sui pedoni. Non pensate che il Marocco sia un paese torrido. Nel nord il sole è caldo, ma quando va via si alza un’aria fresca e bisogna coprirsi. I marocchini tengono molto all’igiene personale. Raramente gli ho sentito addosso odori sgradevoli, ne sento di più quando vado d’estate al mercato di Lecce. Le spremute di arancia sono dolcissime. Il segreto? Prima le sbucciano e poi le spremono, in modo da togliere l’amaro della buccia. La frutta marocchina è dolcissima e si usano pochissimi pesticidi e fertilizzanti chimici. Approfittatene. Le concerie sono trappole per turisti. NON COMPRATE NIENTE. Internet e wi-fi ci sono sempre, perlomeno nei centri abitati. I riad delle medine sono molto più silenziosi degli hotel delle zone moderne perché nella medina le auto non possono entrare. Per gli odori di cucine e quelli di fognatura però non posso garantire. Infatti a Fes ci hanno fatto compagnia entrambe per tutto il nostro soggiorno. I farmaci costano come in Italia. Se andate a Fes, fate in modo di esserci per un venerdì, solo così riuscirete a vedere veramente i palazzi della medina senza confusione. Prendete il treno tranquillamente. Sono puntuali e puliti. La prima classe è veramente conveniente. E’ meglio che le donne si coprano gambe e braccia. Non succede niente ad andare in giro con top e pantaloncini, ma è poco rispettoso nei confronti della religione musulmana e avere addosso gli occhi degli uomini marocchini non è divertente.
Maurizio
e Anna