VIAGGIO IN MALI
Diario di viaggio dal 14/2/05 al 28/2/05
di Pina
Martedi 15-2: Siamo in tre donne, io Ornella e Liviana, arriviamo a Bamako alle 3.30 circa e, come prima sorpresa non trovo il bagaglio, con Ismail che le due donne hanno conosciuto sul volo Bologna-Casablanca, ci dirigiamo all’hotel Tamana prenotato via email ( lo stesso del rientro dal viaggio di agosto), andiamo a dormire alle 5 circa. La mattina dopo incontro con Aliou per consegnare i soldi di Isabella, quattro chiacchiere per provare un po’ il mio decrepito francese, cambio dei soldi al supermercato poi Ismail risolve il problema del mio bagaglio dicendo che me lo fara’ prendere da qualcuno il giovedi mattina (l’aereo arrivera’ di nuovo mercoledi notte) e portare venerdi a Mopti dall’autista che accompagnera’ un gruppo di turisti…un piccolo disappunto per il ritardo, 10000 cfa per il corriere e passa la paura…
Alle 4 del pomeriggio siamo alla gare routiere dove compro dei sandali da un ambulante (le mie amiche mi dovranno vestire fino a venerdi!), si parte solo alle 18 e si arriva a Segou alle 22,30, troviamo una stanza in una specie di residence all’evidenza poco frequentato e finalmente possiamo dormire un po’….
Mercoledi
16-2:
La mattina dopo colazione ci facciamo portare all’esplanade dove abbiamo
intenzione di affittare una piroga per un giro sul fiume: la vista del Niger
e’ affascinante con le sue acque calme e l’incredibile vita che si affolla
sulle sue rive, bimbi che fanno il bagno, donne che lavano panni,
stoviglie…capre, uomini affaccendati in mille piccoli lavori….contrattiamo
non senza fatica (siamo alle prime armi ma presto impareremo quest’arte
africana che accompagna ogni piccola-grande compravendita) un piccolo tour di 3
ore arrivando a Kalabougou, piccolo villaggio di terrecotte. Alle 4 del
pomeriggio siamo di nuovo in bus alla volta di Segou, il viaggio non puo’
dirsi riposante: tra bimbi e bagagli accatastati e le chiacchiere di Mamadou,
guida Dogon che per caso viaggia con noi, e che si propone per accompagnarci nel
trekking che abbiamo intenzione di fare la settimana successiva. Sono titubante
perche’ sulla Lonelyplanet c’e’ scritto di cercare direttamente a
Bandiagara ma alla fine mi convinco e riesco a strappare un ottimo prezzo, forte
dei preventivi che avevamo avuto via email gia’ dall’Italia: Mamadou si
rivelera’ una guida attenta, gentile e preparata e non avremo da pentirci
della scelta! Al Doux reves dove vorremmo alloggiare non c’e’ posto. E’
gia’ passata la mezzanotte e siamo fortunati a trovare posto al Le Fleuve,
albergo nuovo anche se un po’ spoglio. Mamadou vuole che scriviamo un
contrattino a sancire il nostro reciproco impegno e continua a parlare,
parlare…si e’ impegnato anche a trovare la 4x4 che portera’ Ornella e
Liviana a Timbuctu il venerdi e sabato ( io mi sono rifiutata di fare questa
ulteriore corsa per vedere, come sembra dalle guide, solo le macerie coperte di
sabbia di quella un tempo chiamata la “regina del deserto” famosa per i suoi
traffici transahariani e per i carichi di sale e spezie che arrivavano al Niger
mettendo in comunicazione il Mediterraneo e l’Africa occidentale….inoltre
devo aspettare il mio bagaglio..!), quando ci lascia sono le due di notte….
Giovedi
17-2: il
risveglio e’ precoce e ancora “funestato” dalla presenza di Mamadou che,
prima di partire per il suo tour, vuole presentarci colui che fornira’ la
macchina (cominciamo male, anche se capisco il suo bisogno di assicurarsi un
guadagno, sono tremendamente incazzata visto che dalla partenza abbiamo
totalizzato un numero incredibilmente basso di ore di sonno…fortuna che in
seguito andra’ meglio con lui…!) Sono stanchissima e con un gran mal di
testa ma ormai sveglia….alla banca per cambiare, incontriamo il direttore di
una cooperativa di handicappati che ci offre un cambio piu’ vantaggioso della
banca e accettiamo di visitare la casa di accoglienza per disabili e il piccolo
centro di artigianato. Raggiungiamo il porto, sulle cui rive si accatastano
calebasse, ( recipienti ricavati da enormi zucche) vettovaglie di ogni genere e
piccoli utensili del mercato, pittoresco, colorato e spesso maleodorante (sono
soprattutto i pesci essiccati che danno un certo odore…!) come tutti i mercati
africani…siamo troppo stanchi per questo bagno di…vita, affascinante e
respingente nello stesso tempo….ci concediamo il primo vero pasto del viaggio
alla cooperativa delle donne e torniamo in hotel a riposare.
Dopo
una passeggiata alla citta’ vecchia e sulle rive del fiume dorate dal
tramonto, mi trasferisco al Doux Reves perche’ non sopporto un’altra
levataccia (Ornella e Liviana si alzeranno all’alba per partire) e poi e’
meno caro…
Venerdi
18-2:
l’alberghetto e’ carino e pulito, ha un’atmosfera tranquilla e una bella
vista dalla terrazza, davanti alla porta stazionano alcune famiglie peul che
abitano capanne di paglia. Mi alzo con comodo e vado al Bar Bozo con
l’intenzione di affittare una piroga per il pomeriggio. Mattinata in ozio tra
letture, piccoli acquisti, chiacchiere con Ousmane il rasta e Ali la guida che
lavora per Airone e parla italiano. C’e’ un bel venticello e una bella vista
sul porto e sulle rive del Niger popolate da un’incredibile folla: chi lava (
se stesso, capre, utensili) chi carica-scarica qualcosa, molti vendono, molti
oziano, sono a gruppi di 5-6 persone. Il fiume dalla piroga mi calma la mente e
mi riempie il cuore, la piccola imbarcazione scivola senza peso, il piroghiere
affonda il palo con un movimento leggero ed elegante e si avanza…quasi per
magia. Sulle rive villaggi di paglia dei Bozo e di fango, dei Peul o dei Bella,
che un tempo erano schiavi dei Peul e che ancora oggi abitano in zone separate:
anche qui gente che lava e si bagna… si arriva al villaggio bozo Kakolodoga
che vanta una piccola ma bella moschea in banco: ora l’intero villaggio e’
un’isola sul fiume Bani, visibile dai due lati, ma tra qualche mese i due rami
si ricongiungeranno facendo sparire le capanne di paglia dei Bella (nomadi e
pastori come i Peul) e parte del villaggio stesso. Riprendiamo a scivolare
contro sole fino alla confluenza del Bani con il Niger, approdiamo
all’accampamento Tuareg non molto diverso dai precedenti, se non per un bel
mercatino di artigianato. Quando risaliamo sulla barchetta il sole si vela
improvvisamente di una nebbia leggera che abbrevia il tramonto. Scendo in
prossimita’ dell’hotel Tanaga dove finalmente incontro Tapo che ha il mio
sacco. In albergo risistemo il bagaglio, faccio una cena frugale ed una
chiacchierata con Marco che si aggrega per la visita ai Dogon.
Sabato
19:
decido di lasciare parte del bagaglio in albergo dove ritorneremo lunedi e
arrivo alla stazione che il primo taxi e’ gia’ partito. Comincio ad
aspettare fiduciosa che si riformi un gruppo per il successivo ma le ore
passano..cado in una specie di torpore che non mi fa sentire ne’ fame ne’
sete ne’ rabbia ne’ noia ne’ stanchezza, all’inizio due giocatori di
dama evidentemente avvezzi all’attesa mi incuriosiscono, poi piu’ niente:
come si diventa a passare le giornate cosi’? All’una sembra che si parte,
invece no…si cambia…il bache’ e’ inverosimilmente sgangherato, stipato
al punto che ho qualcuno seduto sui miei piedi e non riesco ad allungare le
gambe, il viaggio mette fine all’attesa ma a che prezzo? Arrivo dopo circa due
ore e mezza a Djenne’ inebetita dal vento, dalla polvere, dallo sfinimento,
con le ginocchia indolenzite…ma sulla decrepita vettura nessuno, oltre me,
da’ segni di disagio, nemmeno il piccolo dai grandi occhi..come fanno queste
mamme a fare bimbi cosi’ tranquilli? Come fanno questi bimbi che non sanno
piangere?
Arrivo
stravolta al campment, la stanza e’ brutta e piena di zanzare ma mi sento
quasi a casa………Africa che sai essere immobile e frenetica, sterile e
gravida, carica di umori, fuori dallo spazio e dal tempo! ancora una volta
sperimento nei tuoi confronti sentimenti contrastanti, ma non potrei accostarti
in altro modo, solo viaggiando cosi’con i tuoi mezzi e i tuoi tempi, mi sento
meno invadente !
Domenica
20: non
ho quasi dormito per il caldo e per un certo malessere che comincia a
concretizzarsi durante la mattinata, faccio comunque un giro rifiutando il
ragazzo che si propone come guida e seguendo da vicino un gruppo di francesi: la
moschea e’ incredibilmente bella, la piu’ grande moschea di fango del Sahel,
maestosa ed elegante al tempo stesso, peccato non si possa accedere
all’interno, poi c’e’ l’antico pozzo e belle case a due piani,
anch’esse in banco, ornate da porte e finestre di metallo colorato. Non mi
sento bene e torno al campeggio per incontrare le altre due amiche di ritorno da
Timbuctu-Mopti, finalmente cambiamo la stanza con una piu’ aereata, Ornella e
Liviana fanno un giro in citta’ io mi riposo e mi curo con i rimedi
erboristici ed omeopatici della mia farmacia da viaggio, mi infilo anche qualche
ago (ho il diploma di agopuntura)….la giornata va cosi’!
Lunedi
21: per
fortuna le cure hanno funzionato e sono pronta a tuffarmi nella mischia del
mercato settimanale che occupa l’ampia zona situata davanti alla moschea.
Migliaia di venditori e acquirenti vengono qui da chilometri e chilometri di
distanza (e’ un mercato per la gente del posto e non per i turisti), i suoi
colori, odori, rumori ed umori, insieme alla maestosa moschea che funge da
fondale fanno di questo spettacolo uno dei piu’ straordinari del viaggio. Da
uno dei carretti tipici ci facciamo portare ad un villaggio peul, attraversiamo
quello che nel periodo delle piogge e’ il porto sul Bani e ora appare
desolatamente devastato da plastica ed immondizie, arriviamo al villaggio dove,
come al solito, troviamo solo donne, bimbi e qualche vecchio: una di loro
indossa per noi i famosi e pesanti orecchini dorati ( una cordicella intorno
alla testa aiuta a sostenerli) e anch’io ne approfitto per una foto ricordo!)
Molte donne e ragazze usano tatuarsi di nero le labbra; sono molto belle! Ci
affrettiamo a tornare perche’ un taxi brousse ci riportera’ in serata a
Mopti, questa volta il viaggio e’ meno avventuroso e alle 18 circa siamo
all’hotel Doux Reves: e’ pieno e dobbiamo accontentarci dei materassi del
dormitorio ( non sara’ molto male, nello stanzone dormira’ solo un altro
avventore oltre noi). Doccia, cambio dei soldi (gli handicappati della
cooperativa e la padrona dell’albergo ci vengono incontro perche’ tutto e’
chiuso! La madame e’ una giovane donna francese arrivata qui anni fa con un
progetto di solidarieta’, ha deciso poi di stabilirvisi e ha dato vita ad una
coopeativa di ragazze madri o donne abbandonate con figli da mantenere, che
gestiscono un grazioso ristorante e a cui l’hotel e’ in qualche modo
collegato: e’ una persona piacevole e interessante.
Martedi
22:
oggi inizia il tour dai Dogon! Alla gare routiere incontriamo Marco, con una
macchina raggiungiamo Bandiagara dove Mamadou ci aspetta gia’ da un po’.
Lasciamo parte del bagaglio in un magazzino e partiamo per Dijguibombo, prima
tappa del nostro giro..visitiamo il villaggio costruito intorno al Togu-Na, la
casa della parola dove si ritrovano gli uomini per conversare e prendere
decisioni e il cui soffitto e’ incredibilmente basso per costringere alla
posizione seduta senz’altro piu’ favorevole ad un pacifico scambio di
opinioni ( chi si alzasse di scatto in preda all’ira dovrebbe vedersela con le
pesanti travi della copertura!).Dopo un pasto frugale ci mettiamo in cammino per
Kani Kombole’ dove per la prima volta si installarono i Dogon tra il IX e il X
sec. Qui dormiamo all’aperto su letti di bambu’; l’aria e’ dolce e la
luna piena ci fa compagnia...
Mercoledi
23:
dopo colazione ci avviamo per una breve camminata (4 Km) fino a Teli, il cui
nome – ci dice Mamadou – significa “place pour reposer”: (qui i Dogon si
sarebbero riposati appena arrivati e prima di cominciare a costruire il loro
insediamento) si trova in una bellissima piana e vanta antichissime case Tellem
scavate sulla parete friabile della falesia. Ripartiamo per Ende’ ma e’
gia’ caldo e questi altri 4 Km sembrano raddoppiati. A Ende’ ci riposiamo e
ristoriamo nel campment poi, mentre Marco e Liviana sono decisi a non muoversi
fino a sera, io Ornella e Mamadou ci dirigiamo verso la falesia, decisi a salire
fino alla casa dell’Hogon, uno dei pochi rimasti in tutta la falesia. Una
piacevole sorpresa ci attende lungo la strada e ci ripaga della fatica: c’e’
festa ad Ende’ per l’inaugurazione di un piccolo museo edificato con la
cooperazione belga e tedesca. Sono invitate le autorita’locali e straniere:
i ragazzi delle scuole del circondario arrivano in fila agitando
bandierine multicolori, gli abitanti accorrono indossando i loro abiti piu’
belli, il luogo della festa e’ ornato da tessuti bogolan appesi alle pareti di
fango e maschere tradizionali coloratissime si esibiscono in danze scatenate
accompagnate da tamburi e tam-tam. Lo spettacolo intenso e coloratissimo trova
il clou nelle danze dei cammelli, degli uccelli e dei cavalli eseguite dalle
donne, in quelle dei cacciatori in abiti eccentrici e nelle esibizioni
acrobatiche di maschere che volteggiano su altissimi trampoli. Mamadou e’
eccitatissimo e continua a ripeterci che siamo molto fortunate ad aver assistito
ad un’autentica festa (non inscenata per i turisti come spesso succede), ne
siamo pianamente convinte e il premio finale e’ dato dalla vista e dalla
benedizione dell’Hogon ( e’ sceso lui eccezionalmente per l’occasione e ci
ha risparmiato la scarpinata fino alla sua capanna!)
Alla
fine pero’siamo veramente sfinite e ci facciamo portare dal carretto fino ai
piedi della falesia (Dioudourou) da dove dobbiamo arrampicarci fino a Benigmatou.
La salita e’ dura dopo una giornata cosi’ intensa e l’unico sollievo e’
dato dalla frescura del tramonto, ci inerpichiamo tra rocce color ocra disegnate
in mille vezzi dall’erosione e arriviamo sulla spianata occupata dal villaggio
che e’buio: siamo morti ma le rocce sono spolverate da un bel venticello e
argentate dalla luna piena…piccoli fuochi illuminano l’accampamento e un
profumo di cucina ci dice che anche questa sera avremo qualcosa da mangiare:
e’ meraviglioso!
Giovedi
24:
la nottata non e’ stata altrettanto idilliaca per me (dormire all’aperto con
il vento che si e’ alzato ed un sacco a pelo troppo caldo –dentro- e troppo
freddo –fuori – e’ stato quasi impossibile, ma forse sono io, visto che i
miei compagni non si sono lamentati tanto!) ma la mattina e suggestiva: tutto
e’avvolto nella foschia e il villaggio sembra ancora piu’ sonnolento,
peccato solo che il panorama con la vista della piana semidesertica e della
falesia, non ci guadagna.
Percorriamo
ancora 8 Km su un terreno accidentato ma abbastanza piano, incontriamo le solite
donne bimbisuldorso e secchintesta in cerca d’acqua (fanno anche 20 Km al
giorni!), alcuni vecchi che domandano noci di cola e bimbi bellissimi in
quantita’. Lungo la strada abbiamo perfino la sorpresa di un fiumiciattolo che
affiora tra le rocce e nelle cui limpide acque alcune ninfee sono fiorite,
arriviamo all’accampamento e ci lasciamo andare al riposo e al pasto cui siamo
ormai avvezzi (riso o couscous e, se siamo fortunati delle patate, non abbiamo
voluto la carne!)
Marco
e Liviana hanno decisamente abbandonato – non sono dei grandi camminatori –
e sono fermamente decisi a non muoversi di li’, io Ornella e Mamadou scendiamo
verso Nombori, ai piedi e sull’altro versante della falesia, dove passeremo la
notte. La discesa tra le rocce e’ molto bella, siamo spesso in ombra e non fa
dunque molto caldo, il villaggio e’ tranquillo
e la piccola abitazione dove
ci fermeremo per il pasto e la notte, ingentilita da bouganvillee fiorite.
Venerdi
25: Nombori
mostra bellissime case Tellem abbarbicate sulla roccia, completamente
inaccessibili se non arrampicandosi e facendosi calare con delle corde come,
assicura Mamadou, facevano i Tellem…ma come avranno fatto a scavare e
costruire lassu’? Alla base della falesia c’e’ la casa dell’Hogon da
tempo disabitata. Dice Mamadou che al villaggio vorrebbero nominare di nuovo un
Hogon, sarebbe un’attrattiva e un richiamo ulteriore, ma nessuno vuole piu’
farlo ( e’ dura al giorno d’oggi, anche in un paese privo di forti diversivi
come quello dei Dogon, decidere di ritirarsi in una casupola posta
generalmente in alto, visitati solo dalla propria moglie per i pasti e
nell’impossibilita’ di scendere se non in casi eccezionali!), tra i cinque
papabili c’e’ addirittura chi medita di emigrare provvisoriamente dal
villaggio, visto che la designazione una volta avuta non si puo’ rifiutare.
Dal basso si vedono i granai femminili per gli abiti e il corredo della donna e
maschili, per le scorte alimentari, un tempo ornati dalle famose porte scolpite
magistralmente; da una roccia liscia e puntuta su cui ci arrampichiamo si ha una
meravigliosa vista della piana e delle dune rosse in lontananza. Risaliamo verso
Dourou tra le rocce spaccate e arriviamo molto prima l’ora del pranzo: abbiamo
scarpinato piu’ del previsto nei giorni scorsi e ci aspetta oggi una giornata
di riposo: la macchina verra’a prenderci solo domattina e nessuno, tranne me,
ha voglia di camminare ancora…pazienza, oziero’ anch’io!
Sabato
26: aspettiamo
invano la macchina prenotata all’inizio del trekking (ha trovato altri clienti
e ci ha accannato!) per fortuna Mamadou non si perde d’animo, chiede un
passaggio ad una moto e va a procurarsi un’altra macchina (scassatissima e con
i sedili sfondati)/ Arriviamo a
Bandiagara e ci facciamo portare al centro di Medicina Tradizionale voluto dallo
psichiatra Piero Coppo ed edificato grazie ad un
progetto di cooperazione italiana, purtroppo, contrariamente alle
informazioni avute, e’ chiuso il sabato, possiamo solo apprezzarne
dall’esterno i padiglioni a cupola, opera di un architetto italiano, che poco
hanno a che fare con le forme cubiche e cilindriche delle case locali ma che
hanno il pregio di essere stati costruiti senza l’impiego del legno e senza
l’ulteriore abbattimento di alberi. Taxi fino a Sevare’ e bus fino a Segou:
il viaggio e’ terribile ma la vista di questa gente tranquilla nonostante il
caldo, le soste per pregare, i bimbi con le loro esigenze fisiologiche, mi da’
la misura della nostra inadeguatezza.
Pernottamento
e cena all’hotel Savane.
Domenica
27:
il rientro a Bamako comincia male, con delle liti per una falsa partenza con il
bus di una compagnia assolutamente da evitare, la Djara, che ci fa perdere i
piu’ raccomandabili mezzi della Bani e della Bittar, dopo aver ulteriormente
discusso per esserci rifiutati di pagare per i bagagli (una vera tassa imposta
agli stranieri dagli scaricatori che avevamo quasi sempre evitato fino a quel
momento) riusciamo ad “imbarcarci” alle 13,30. Arriviamo a Bamako alle 19,30
decise a concederci per l’ultima sera il premio di una cena al San Toro, ma
gli ultimi acquisti ci lasciano senza moneta locale e per evitare di cambiare
ancora ci accontentiamo di brodino e patate fritte mentre una delegazione di
potentati locali accompagnati da robuste e sbrigative guardie del corpo con
tanto di cartellino VIP, scodellano accanto a noi prelibatezze locali di carne e
pesce…..riusciamo comunque a “scroccare” il concerto di kora ordinato per
l’occasione.
Alle
23 taxi per l’aereoporto e attesa snervante del volo che non parte alle 3,30
come previsto, ma alle 6 circa, le amiche perdono a Casablanca la coincidenza
del volo per Bologna e sono costrette a partire per Roma….
Lunedi
28: volo,
attesa a Casablanca e arrivo a casa alle 20,30 circa.
uno strano animale bimbo Pina e bimbo
moschea di fango orecchini fulani
l' hogon di Hendè festa maschera maschere
trampoli mamma mamme dono di noci di cola
la casa dei feticci si pesta si viaggia sartina
piccole donne turbante Pina con turbante vecchio
donna tatuata bambini donne al villaggio
NOTE:
Il
viaggio cosi’ come lo abbiamo fatto noi, con solo 12 giorni effettivi e
spostandoci con i mezzi locali, e’ risultato un po’ faticoso. Consiglierei
di mettere in conto 3 settimane per avere il tempo di fermarsi qualche giorno a
Djenne e Mopti e godere dell’atmosfera fuori dal tempo di queste cittadine,
per intraprendere inoltre la navigazione sul Niger in pinasse fino a Timbuctu
(solo cosi’. secondo me, vale la pena di spingersi fin quassu’) Per contro
viaggiare con mezzi e tempi locali
regala impressioni ed emozioni altrimenti impossibili: la gente e’ tranquilla
e gentile, solo ovviamente nei posti un po’ piu’ turistici si puo’ essere
fatti oggetto di richieste e contrattazioni estenuanti, anche in questo caso
comunque basta dire no con fermezza e gentilezza e si viene lasciati in pace. Il
Mali e’ un paese musulmano ma l’islam africano e’ molto temperato
dall’allegria e dalle tradizioni animiste della gente: a parte le soste per le
preghiere che allungano i tempi di percorrenza da una citta’ all’altra, non
abbiamo notato integralismi ma estrema tolleranza nelle abitudini alimentari e
di abbigliamento (quasi non si vedono donne velate).
INDIRIZZI:
Mamadou
Kelepily – guide officiel pays dogon –
Segou Rep. du Mali BP 368
- cell. 00223 6385237 – email: mamadoukelepily@hotmail.com
Association
des handicapes “ Sigi te mogo son” BP 53 tel 00223 2430670 – cell. 00223
6789767 – email: associationdeshandicapes@hotmail.com
– Mopti Rep du Mali
NOTE:
Per
una conoscenza del paese dei Dogon consiglio la lettura dei seguenti testi:
Taxi
brousse – Le radici nella sabbia – Diario Dogon - di Marco Aime
Guaritori
di follia - di Piero Coppo.
Pina Natale pinat@fastwebnet.it