Malesia
Relax sul Mar Cinese
Meridionale
Un mese trascorso nella Malesia Peninsulare.
Diario di viaggio 2008
di
Cristina
Link
per vedere le foto
http://good-times.webshots.com/album/569571348GYbhta
Cambi
1
Eu = 52 Baht Tailandesi (THB) = 5 Ringgit Malesi (MYR) = 2 Dollari di Singapore
(SGD) = 1.8 Nuove Lire Turche (YTL)
1-2
agosto Milano - Istanbul - Bangkok
06.45
Malpensa – 10.30 Istanbul
23.35
Istanbul – 13.05 (+1) Bangkok
150
THB navetta AE1 da Aeroporto Survarnabhumi a Silom
Thonburi bus Service co. Ltd
Tel. 0-2134-8030 0-2622-3000
Da
Bangkok a Hat Yai, treno espresso nr. 41 delle 22.50, costo 675 THB sedile in
seconda classe, arrivo a Hat Yai alle 12.27
3-4-5 agosto Hat
Yai - Penang
300 THB da Hat Yai (Tailandia) a Georgetown (Malesia – Penang)
The International Passenger Ticket Agent Ltd Partnership
200 Chotivithyakul 5 Amphur Hat Yai Songkhla
Opposite Hat Yai Bus Terminal Office
Tel. 074-235586
SD Guesthouse 20 MYR
15 Love Lane
10200 Penang
Tel. +60 (4) 264
3743 fax 2645043
28 Muntri Street
10200 Penang
Tel. +60 (4) 261
6102 fax 263 5215
Bus da Penang a Kuala Lumpur 30 MYR
Sykt Abdul Karim Exspress Agent
5-6-7 agosto –
Kuala Lumpur
Combo
Guest House 80 MYR
69
Jalan Changkat Bukit Bintang
50200
Kuala Lumpur
Tel.-fax 03-2144 2144
Comboguesthouse@)hotmail.com
Bus
da Kuala Lumpur a Singapore 40 MYR Damai Express preso al volo a Puduraya
N.
30A Jalan Padi Ria 13, Bandar Baru Uda
81200
Johor Baru
Tel.
03 2142 8077
7-8-9
agosto Singapore
Madras
Hotel SGD 105 tripla
n.
28-32 Madras Street Singapore 208422
tel.
6392-7889 fax 6392-6188
madrashotel@pacific.net.sg
www.madrassingapore.com
Mayo Inn SGD 45 singola
9A Jalan Besar, Singapore 208786
Tel. 6295 6631 fax 6295 8218
Mayoinn@hotmail.com
2.40SGD Causeway Bay Link Bus sino a Johor Baru
8.80 MYR da Johor Baru a Mersing
International Express
Tel. Johor Baru 07-2226 246
Tel. Mersing
07-7992 246
35 MYR traghetto solo andata da Mersing a Tioman e idem al ritorno
Bluewater Express (Speed Ferry)
Counter n. 8 Jeti Pelabuhan Mersing
86800 Mersing Johor
Tel. 07-7994811 7998518
10-11-12-13 agosto
– Tioman
45MYR taxi da Tekek a Juara
40 MYR taxi da Juara a Tekek
30 MYR traghetto
Blue Express da Teked a Salang
Rainbow
Bungalows, Juara 40 MYR
Puteri
Salang Inn 40 MYR
n.
7 Jalan Mawar, Taman Sri Mersing, 86800 Mersing
tel. 07-799 3592
http://www.backpackingmalaysia.com/hostel/puteri-salang-inn-chalet/tioman
14 agosto Mersing
Country Hotel
n. 11 Jalan Sulaiman, 8600 Mersing
tel.
07-799 1799
3MYR
da Mersing a Endau
4.50
MYR da Pakan a Kuantan Ben Huat Omnibus
12.20
MYR da Kuantan a Jerantut (Ben Huat Omnibus)
15 agosto -
Jerantut
50 MYR Town Inn a Jerantut
Lot
3748 Jalan Tahan, Bandar Baru, Jerantut
Tel. 09-2666811
Email: towninn@streamye.com
www.towninnhotel.com
65 MYR bus + barca a Kuala Tahan
NKS travels
Jalan
Besar 27000 Jerantut
Tel.
09-2664499 09-2664488
www.taman-negara-nks.com
16-17
agosto - Tahan – Teman Negara National Park
Teresek
Bungalows, 40 MYR
90MYR
bus da Kuala Tahan a Kuala Besut + barca da Besut a Besar (Perhentians)
18-19-20-21-22-23
agosto – Pulau Besar (Perhentians)
70MYR Watercolour
http://www.watercoloursworld.com/accommodation.htm
90MYR
Barca diretto da Besar a Redang
23-24-25-26 agosto
Pulau Redang
Beach Villa Holiday
http://www.redangholiday.com/
499
MYR 2 notti pensione completa + escursioni
60MYR
barca da Redang a Merang
30MYR
taxi da Merang a Kuala Terengganu
2MYR
bus da Kuala Terengganu a Marang
SP
Bumi
40MYR
barca da Marang a Pulau Kapas
MGH Ferry Services
019-9618755 019-9618757
26-27-28 agosto
Pulau Kapas
Kapas
Island Resort 130MYR superior garden view
T-009
Blok Teratai, Taman Sri Kolam,
Jalan
Sultan Sulaiman, 2000 Kuala Terengganu
Tel.
6 (09) 631 6448
28
agosto Kota Bharu
60
MYR barca sino a Marang
30
MYR taxi da Marang a Kuala Terengganu
8.30
MYR bus SP Bumi a Jerteh
5.20
MYR bus MKSK Cityliner per Kota Bharu
Azam
Hotel
1872
A & B Jalang Padang Garong 1500 Kota Bharu
Tel.
609-747 8800
29
agosto da Kota Bharu (Malesia) a Sungai Kolok (Tailandia)
Taxi
a Pantan Panjang 40 MYR
10
MYR mototaxi a Sungai Kolok
30 agosto - Sungai
Kolok
Hotel Merlin
40 MYR
Bus 1500 THB
Siam Transport co Ltd
31 agosto -
Bangkok
Arrivo
a Bangkok ore 5.00
200
THB taxi per Suvarnabhumi
Bangkok
14.40 – Istanbul 21.05
1
settembre - Istanbul
Ozel
Sultanahmet Kiz Ogrenci Yurdu 10 Euro
Kucuk
Ayasofya Mahallesi Ucler Hamami Sokak nr. 4/6
Sultanhamet Istanbul
Istanbul 20.30 – Milano 22.30
Si può dire che,
turisticamente parlando, Bangkok possa essere considerato l'ombelico del Sud Est
Asiatico. Una miriade di compagnie aeree la collegano con l'Italia, la
concorrenza mantiene i prezzi ancora entro limiti ragionevoli, rispetto ad altre
località. Dalla capitale tailandese poi, grazie alle neo-nate low cost è
possibile arrivare in ogni dove, e, via terra, con poco costo e abbastanza poca
fatica, in molti dei paesi confinanti e non.
Se decido per le vacanze in
Oriente, in genere verso gennaio mi fisso una prenotazione verso Bangkok, e poi
soltanto molto dopo, quasi in estate, quando mi sono schiarita meglio le idee,
comincio a focalizzarmi su di una meta precisa.
Tutto ciò è esattamente
quanto successo anche nel 2008.
Volo prenotato con Turkish
Airlines, time limit fissato a fine giugno (non credo che adesso sia più
possibile, se ti trovano un volo in una classe economica pretendono subito il
pagamento), partenza il 1 agosto, con rientro al 1 settembre. Dapprincipio
pensavo al Vietnam. Verso giugno, visto che mi sento parecchio stanca,
desiderosa di rilassarmi, opto invece per la Malesia, e più precisamente per la
parte peninsulare, soprattutto le spiagge e le isole del lato est bagnato dal
Mar Cinese Meridionale. Tutto ciò assecondando la mia proverbiale pigrizia ed
avversione verso le prenotazioni, dato che avrei raggiunto le mie mete via
terra.
Itinerario ad anello,
discesa dal lato ovest, risalita dal lato est: da Bangkok a Hat Yai, Penang,
Kuala Lumpur, Singapore, Tioman, Mersing, Jerantut (Teman Negara), Perhentians,
Redang, Pulau Kapas, Kota Baru, Sungai Kolok, e ritorno a Bangkok.
Spiagge e mare belli,
snorkeling favoloso. Commenterò ogni cosa a tempo debito; riassumendo
brevemente per chi non avesse voglia di sorbirsi tutta la mappazza: Redang e
Perhentians sono stupende, ma troppo affollate, e troppo costruite. Tioman in
alcuni punti (Nipah, Juara) si presenta ancora poco contaminata, a Kapas
(preciso che ci ho soggiornato nei giorni feriali) ho raggiunto spiagge dove ero
l'unico essere vivente senza branchie o piume!!
Ho letto da qualche parte
su internet che la Malesia è la meta considerata più facile da visitare, per
chi è al primo impatto con l’Asia. In effetti, per molti versi è una nazione
modernissima, i collegamenti sono veloci ed efficienti, e le condizioni
igieniche buone. Mi ha stupito tantissimo la pulizia dei gabinetti pubblici,
anche nei punti di sosta nelle autostrade. Cose che qui ci sognamo, in Italia…
Prezzi abbordabili, anche se più cari rispetto alla Tailandia. Il clima sulle
isole è perfetto, all’interno abbastanza afoso. Basta consumare cibi leggeri,
e molta acqua e frutta, per reggere bene l’impatto. Buona esperienza di volo
con la Turkish Airlines.
1 agosto – Istanbul
Poiché la partenza del mio
volo è alle 6.45, passo la notte del 31 luglio all’aeroporto di Malpensa,
sdraiata sulle panche del Mc Donald’s.
Arrivo a Istanbul in
orario, e dopo essermi rifornita di qualche spicciolo, mi dirigo in centro città,
con una economica combinazione metro+ tram con cambio a Zeytinburnu (1.4 YTL +
1.4 YTL). Scendo a Sultanhamet.
www.turkeytravelplanner.com/Maps/ist_metro_map.html
Visito la Moschea Blu
durante la funzione del venerdì, mi fermo nel cortile interno, sotto le arcate,
ascoltando i cori di preghiera.
In seguito, mi aggiro nel
quartiere fra le varie pensioncine domandando i prezzi. La mia coincidenza
dell’andata parte la sera stessa, ma per il ritorno sono obbligata a
pernottare. Poiché atterrerò molto tardi, penso sia meglio già cercare un
appoggio.
Devo ammettere che rimango
stupita nel sentire le tariffe, essendomi aspettata un costo della vita tipo
Marocco. Quasi tutto oltre i 60 Eu, e se pretendono di meno sono delle vere e
proprie topaie. In una via defilata invece riesco a trovare una specie di
pensionato per studentesse, al momento vuoto, vista la stagione. Mi mostrano una
stanza singola con bagno, e balcone con vista su file di tetti, una moschea, ed
il mare, al costo di 10 Eu.
Prenoto lasciando una
caparra di 5 Eu. Passo qualche oretta ancora seduta in un caffè turistico,
assaggiando i tipici spuntini locali, e mi faccio una passeggiata nei dintorni.
Le stradine sono in discesa verso il mare, bordeggiate da case costruite in
legno. Rientro in aeroporto all’ora di cena. Segnalo che, accanto alla vetrata
dell’ingresso “partenze” al piano sottoterra, vicino all’uscita del metrò,
si trova un supermercato dove è possibile acquistare generi alimentari e
bevande a prezzi molto più bassi che in aeroporto, e si vendono molti dolcetti
prelibati (c’è anche un banco di pasticceria fresca). Se li acquisterete alla
coincidenza di ritorno, è un’ottima idea regalo.
2 agosto - Bangkok
Gli internazionali non
atterrano più a Don Muang. Ai tempi, era semplice, oltrechè conveniente (solo
10 THB) raggiungere il centro città, evitando anche un bel po' di traffico.
Bastava passare sull’attraversamento pedonale sopraelevato, raggiungere la
piccola stazioncina ferroviara omonima che si trova sul lato opposto della
strada, e saltare sul primo treno in terza classe diretto a Hualamphong. Da lì,
via metro si poteva andare ovunque, ed in bus a Banglamphu (la fermata del bus
è sulla destra, avendo la stazione alle spalle).
Dal nuovo scalo di
Suvarnabhumi, invece, le uniche opzioni per la città sono i taxi, costo sui 250
THB (ma i disonesti ne pretendono 400 o più), o l’Airport express, 4 linee,
dirette a Silom, Sukhumvit, Hualamphong, Banglamphu, dal costo di 150 THB, oltre
ai bus pubblici che però consiglierei solo per brevi tragitti in zone già
conosciute, e per provare l’ebbrezza quando si è già un po’ avvezzi alla
caotica città. Sono sempre strapieni di gente, difficile capire dove si deve
scendere, difficile farsi strada fra la massa per raggiungere le porte quando
finalmente si capisce dove si deve scendere, difficile sopportare il caldo umido
durante le soste ai semafori o i perenni ingorghi.
Il minivan per Hualamphong
è in fortissimo ritardo, come se si fosse evaporato nel traffico. Balzo quindi
sopra a quello diretto a Silom, spiegando all'autista di farmi scendere vicino
alla fermata della metropolitana. Vengo quindi scaricata nei pressi dell 'Hotel
Dusit Thani, e, un po' a fatica, chiedendo a destra e sinistra, riesco a
raggiungere uno dei tanti ingressi del subway. Due soldati posizionati proprio
alle scale mobili sono incaricati delle perquisizioni, ma devo dire che nei miei
confronti si dimostrano piuttosto fiduciosi. Mi fanno aprire sommariamente solo
lo zainetto più piccolo. In 3 secondi, e con 17 THB, arrivo quindi a
Hualamphong.
www.thaiwaysmagazine.com/bangkok_map/bangkok_skytrain_metro_map.html
Lascio i bagagli al
deposito, per liberarmi dalla zavorra. Non sono riuscita a prenotare in anticipo
il treno direttamente dall'Italia. Al momento in cui si svolge l’azione ancora
si è obbligati a rivolgersi via email al customer care delle ferrovie Thai.
www.railway.co.th/English/index.asp
Arrivati in stazione, si
ritira e si paga il biglietto. Il fatto è che il customer service,
probabilmente oberato di richieste, non risponde quasi mai, nonostante i
solleciti. Ci sono ovviamente delle agenzie di viaggi che, dietro lauto
compenso, eseguono la prenotazione e recapitano il biglietto in albergo, ma non
è il mio caso.
http://www.traveller2000.com/train/reservation.htm
http://www.thaifocus.com/travel/train/
So che ora le cose sono
cambiate ed è possibile prenotare on line.
www.thairailwayticket.com/Default.aspx?language=1
Alla biglietteria c'è uno
sportello dedicato ai forestieri, tuttavia anche negli altri non c'è mai
moltissima ressa. Ovviamente tutte le cuccette già sono occupate, ma per
fortuna riesco a trovare uno degli ultimi posti a sedere sul treno per Hat Yai
che parte alle 22,50, al costo di 675 THB. Mi prenoto anche, pagando subito, per
il 29 agosto, una cuccetta di seconda classe sull’espresso delle 14.20 da
Sungai Kolok a Bangkok. Dedico la parte restante del pomeriggio a gironzolare
nei dintorni della stazione, che conosco a menadito, e che non offrono molto, e
consumo una pessima cena al ristorante Hong Kong Noodles nella piazza di fronte
all'atrio di ingresso.
Appena possibile, mi
accomodo sul treno, il viaggio scorre senza particolari problemi, se non un po'
di ritardo.
3 agosto - da Hat Yai
(Tailandia) a Georgetown (Malesia)
Non so se Hat Yai possegga
argomenti tali da poter affascinare un viaggiatore. Il reticolo di vie
perpendicolari che si estende nei dintorni della stazione è paurosamente brutto
e squallido, così come i pochi alberghi della zona. Il punto di partenza dei
minibus per Penang secondo la Lonely Planet dovrebbe essere non molto distante,
ma non riesco a trovarlo. Finalmente un tuk tuk driver, con 40 THB mi fa
raggiungere una piccola agenzia, mentre si scatena un temporale di dimensioni
bibliche; si tratta del tipico acquazzone tropicale, con una portata d'acqua
portentosa, e scariche di tuoni che lacerano i timpani. Prenoto il mio posto su
un minivan, per 300 THB, lascio i bagagli in custodia in un bugigattolo e vado
in cerca di un posto ove mangiar pranzo, inzuppandomi completamente.
Non faccio in tempo ad
asciugarmi prima di partire, anche perché continua a piovere. Per fortuna
l'autista non accende il condizionatore. Gli altri occupanti del mezzo sono
tutti malesi, non so che ci siano venuti a fare, in questo angolo triste di
Tailandia, probabilmente i puttanieri, o a giocare d'azzardo, o a comprare
sigarette, visto il cambio favorevole.
Il passaggio della
frontiera non è niente di che, l'unico problema è che essendo l'unica farang
del gruppo, costringo gli altri ad attendermi perchè le registrazioni dei miei
dati personali impiegano molto più tempo delle loro.
Arriviamo a Georgetown,
capoluogo di Penang all'imbrunire. Il paesaggio che scorgo dal ponte che la
collega alla terraferma non è molto attraente: ciminiere, fabbriche, pozzi di
petrolio, Comunque, sarebbe troppo tardi per proseguire altrove.
L'autista accompagna tutti
a casa propria, tenendo me per ultima. Gli dico di portarmi in un luogo dove ci
siano pensioni economiche. Sono le ore 20. Mi lascia in Chulia Street. C'è un
po’ di movimento, e parecchi stranieri; abbandonata la via principale ed
addentrandomi nei vicoli antistanti l'ambiente diventa improvvisamente buio e
completamente tranquillo. Mi accorgo che la zona è piena di alberghetti. Il
primo dove mi fermo è, francamente, allucinante, e vogliono 20 dollari
americani!! Una mansarda caldissima è stata suddivisa in decine di cubicoli,
dalle pareti di compensato, piccoli ventilatori ronzanti sui comodini, e
squallido linoleum ai pavimenti, tutto sbrecciato. Gli occupanti di una tetra
sala comune hanno l'aria depressa, oltrechè sudata. Sembrano le stanze da 50
THB di Kao San Road, a Bangkok. Bisognerebbe essere fessi, per pagare 20 dollari
una catapecchia simile.. Sono più fortunata al secondo tentativo, e meno male,
visto che sono stanca, ed affamata. Finalmente un posto decente, La SD
guesthouse, 22 MYR. Anche qui la metratura è del genere “cabina
telefonica”, ma le stanze sono dotate di ventilatore a soffitto, intonacate e
piastrellate di fresco, ed i bagni in comune pulitissimi. Davvero, faccio a
fatica a girare attorno al letto, che per fortuna è matrimoniale.
Nella piccola hall si trova
una postazione internet, e sulla veranda sono seduti alcuni stranieri a godersi
un po' di fresco, con un’espressione felice e rilassata. Chiedo informazioni
per un luogo dove cenare, e raggiungo una food court nei paraggi. Qui c'è
veramente un mare di gente, soprattutto malesi. Si tratta, appunto di un grosso
spiazzo, pieno di tavoli. Le cucine dei numerosi stand ai bordi rappresentano
ogni angolo d’Asia. I bar di karaoke diffondono musica. Cena a base di pesce
per 11 MYR.
In strada la temperatura è
piacevole; nella stanza, con un’unica finestra che dà sul corridoio, fa
ovviamente più caldo, ma con il ventilatore acceso dormo benissimo.
4 agosto – Georgetown (Penang)
Non mi interessa
particolarmente Penang, questa non è la stagione migliore per la balneazione
sul lato occidentale della penisola malese. In ogni caso, anche d’inverno, le
ciminiere costituirebbero un ottimo deterrente. Tuttavia, non ho voglia di
ripartire subito. In veranda incontro un australiano che è qui stanziale da
circa 4 mesi; se lui è riuscito a trovare una buona ragione per sostare così
tanto, sicuramente scoverò qualcosa che mi intrattenga almeno 24 ore.. Vado nel
quartiere indiano, poco distante, a bermi un thé, il classico thé al latte
zuccheratissimo che si consuma tipicamente in India, costo 80 centesimi. Noto
che in zona ci sono parecchi ristorantini, tutti molto economici, sempre gestiti
da indiani, come pure gli altri negozi. Piantina della Lonely Planet alla mano,
opto per il consigliato tour a piedi fra le bellezze del centro in stile
coloniale, casette in legno variopinto, alti edifici postmoderni dalle pareti in
vetro, un paio di musei, ed alcuni alberghi di lusso. Arrivo sul lungomare e
rimango delusa nel constatare che in città non c’è spiaggia, ed il mare è
di un tremendo colore verde palude. E’ interessante che mi venga alla mente in
questo frangente, che già Herman Hesse, ai suoi tempi l’avesse definito
“verde cupo” nei racconti.
Faccio una pausa pranzo al
Blue Sky Restaurant, un locale all'aperto, gestito da cinesi, ed affollatissimo.
Poiché i tavoli sono già tutti occupati, mi fanno accomodare accanto ad una
signora americana. Il menu del giorno consiste in una sola pietanza, e qualche
variante: riso, pollo, verdure non bene identificate, ed una saporita salsa
all'aglio, 6.60 MYR. La mia compagna di tavolo si rivela molto simpatica; ha
viaggiato per mezzo mondo, e vissuto a lungo in Cina. Mi racconta che ci ha
allevato i figli. Nonostante le difficoltà, è riuscita con prole al seguito a
visitare ogni angolo del paese, Tibet incluso. Parla correntemente cinese, e non
appena gli altri avventori si accorgono di questo particolare, diventa
l'attrazione del locale, bombardata a raffica da milioni di domande.
Mi dilungo nella piacevole
conversazione sino a metà pomeriggio. Nei dintorni di Love Lane ci sono alcuni
templi cinesi, gironzolo un po', e per il desinare ritorno a Little India; una
buonissima cena in uno dei dhaba notati in mattinata mi costa 3 MYR, ed una
papaya acquistata da un ambulante 60 cent.
Rientrata alla SD, mi fermo
in veranda a filosofeggiare con un backpacker neozelandese 61enne, che campa non
ho capito bene come. Secondo lui, il peso del mio bagaglio (12 kg) è eccessivo
rispetto al mio (52 kg). Secondo la sua teoria, lo zaino ideale è quello che ti
permette di fare almeno 5 km a piedi, evitando taxisti e conducenti di tuk tuk.
Un purista, insomma..
5 agosto – da Georgetown
a Kuala Lumpur
Il gentilissimo
proprietario della SD Guesthouse è prodigo di consigli con chiunque lo
interroghi, non solo su Penang ma su qualunque località malese. Quando è il
mio turno, mi spiega con dovizia di particolari come raggiungere la stazione dei
bus, che si trova dall'altra parte del ponte, sulla terraferma, a Butterworth.
Ci vado in taxi.
Il mio pulman, bellissimo,
con poltroncine enormi e ultra-comode tipo prima classe sugli aerei, partirà
verso mezzogiorno. Il prezzo è 30
MYR. La cosa curiosa, che sperimenterò spesso, è che allo sportello di vendita
ti annotano sul biglietto il numero di targa dell’autobus, e poi sono cacchi
tuoi di andartelo a cercare, setacciando palmo a palmo tutta l’autostazione.
Arriviamo a KL, alla delirante maxi stazione Puduraya, verso le 16.30/17.
Durante il viaggio mi
sfoglio con distacco la guida, per vedere in che zona dirigermi, non appena
giunta nella capitale, senza però riuscire a venirne a capo. Sarà meglio
l’esotica Chinatown, l'avveniristico Golden Triangle, la colorata Little
India? Mah.. distratta dal paesaggio che mi scorre davanti, penso che forse non
è poi così importante, sicura come sono che troverò qualcosa anche senza
affannarmi troppo..
Non appena scesa sul
marciapiede a Puduraya e recuperati i miei bagagli, vengo immediatamente
assaltata da un gruppetto di taxisti; per sottrarmi, mi incammino a casaccio.
Una ragazza che era sul bus con me mi ferma e mi chiede gentilmente dove stia
andando. Rispondo che sono diretta verso la monorotaia, realizzando che, per
arrivarci, dovremo passare anche da Chinatown. In effetti, attraversiamo proprio
Petaling, in un casino indescrivibile. Mi fermo a visionare alcune guesthouses,
il quartiere sarà sì esotico, ma le sistemazioni economiche sono delle vere
fetecchie, per cui decido davvero di tentare con Bukit Bintang. Giunte a
Maharajalela, insisto per offrire alla giovane una bibita, un gelato, una birra,
una fetta di torta, un thè, qualsiasi cosa per sdebitarmi, lei rifiuta
cortesemente e si dilegua.
www.johomaps.com/as/malaysia/kualalumpur/klmetro.html
Traumatizzata dallo sbalzo
termico, approdo finalmente a Bukit Bintang. Le scale mobili mi conducono al
piano terra, mentre tutto attorno a me sembra appartenere ad un altro pianeta.
Alti edifici, un fiume di
macchine, locali alla moda e relativa fauna con vestiti adeguati, shopping
centers, le Petronas sullo sfondo. Non sono abituata a frequentare,
turisticamente parlando, contesti urbani così sviluppati! I miei precedenti,
negli scorsi 18 mesi sono stati India e Cambogia…
Ero già stata a Kuala
Lumpur una decina di anni fa, due giorni di stop in attesa di una coincidenza.
Era stata la mia prima vera sosta in Asia, ed ero rimasta scioccata. Partita
senza informarmi, pensavo a Salgari, ed invece i malesi indossavano jeans, e
ascoltavano “living la vida loca”.
Vorrei raggiungere un
alberghetto in zona che riscuote buoni consensi in rete, e chiedo indicazioni ai
passanti. Quando lo trovo, nel traffico e nel caldo appiccicoso, la mia
attenzione viene attratta da un’insegna sul lato opposto della via, Combo
Guesthouse, inchiodata ad un edificio giallo.
Poiché il palazzo è
fresco di ristrutturazione, mi ci precipito dentro, e mi accaparro una stanza
sul retro, nuova di pacca. Qui scopro che anche a Bukit Bintang non è tutto oro
quel che luccica. L’altra faccia della medaglia sono i cortili interni,
fetidi, e pieni di immondizia. Il pianerottolo della camera confina, attraverso
una grata, con quello del condominio adiacente. Se non ci fosse questo
diaframma, varcando la soglia per accedere al bagno che è di fronte sullo
stesso ballatoio, praticamente capiterei sul balcone dei vicini. Sento le loro
voci, i loro passi, e gli odori della loro cucina. Sulla stanza, ad ogni modo,
nulla da eccepire, e costa solo 80 MYR!! I gestori sono indiani. Gentili,
cordiali e curiosi proprio come gli indiani dell’India.
Per cena scendo in strada,
in una via trasversale si sono animati decine e decine di food stalls, mi
sembrano tutti uguali e infatti ne scelgo uno a caso, spendendo circa 17 MYR per
lo stesso cibo già assaggiato nel ristorante di Georgetown.
Per smaltire la sbobba,
decido di camminare sino alle Petronas, zigzagando fra gli alti edifici, la zona
mi sembra tranquilla e mi sento sicura a girare a piedi. Arrivo alle torri nel
momento in cui i grandi magazzini stanno per chiudere, un giro veloce
all’interno, e rientro alla pensione.
6-7 agosto Kuala Lumpur
I momenti più piacevoli
sono gli intervalli mangerecci. Compro alcuni biscotti e yogurth in un Seven
Eleven proprio sotto casa, e per il rito del thé mi sistemo sulle seggiole
all’aperto di un chiosco in una viuzza nei paraggi. Sono circa le 8, e la
temperatura è ancora gradevolissima. Tutti i clienti sono cinesi, gasatissimi
per l’inizio delle Olimpiadi. Un bicchierone di thé nero costa 1 MYR. Una
ragazza si siede al mio tavolino, mi mette davanti al naso un giornale scritto
in cinese (penso) ed inizia a parlarmi in cinese (penso). La scena è surreale,
non capisco come non riesca a rendersi conto che non sono assolutamente in grado
di captare nulla di quello che dice. Un po’ troppo semplicemente si potrebbe
arrivare alla conclusione che sia un po’ svitata senza considerare che spesso
la voglia di mettersi in contatto con chi è straniero è più forte di
qualsiasi barriera. Allo stesso modo, mia madre riversava fiumi di italiche
parole alle povere orecchie del mio ex fidanzato finlandese, pur di parlargli.
Le Petronas le avevo
visitate 10 anni fa, senza peraltro trarne particolare piacere, il panorama non
è niente di che, e non ho nessunissima voglia di ripetere l’esperimento,
visto anche le code che mi dovrei sobbarcare per la prenotazione.
La prima giornata mi sfuma
praticamente fra le dita, dedicata al disbrigo di alcune pratiche
all’ambasciata di Singapore, che riesco a raggiungere piuttosto agevolmente
con la metropolitana ed una lunga camminata, e nella ricerca di una fantomatica
stazione di autobus, la Putra, indicata erroneamente dalla Lonely Planet (prima
cantonata) come alternativa a Puduraya quale terminal di partenza per i bus
diretti alla costa est. Ne approfitto comunque per sondare l’efficienza dei
mezzi pubblici, sperimentando un inconveniente che non si nota dalle mappe: i
passaggi alle stazioni di interscambio non sono agevoli. Non è come a Cadorna,
ad esempio, che si riesce a passare dalla linea rossa alla verde semplicemente
salendo una scala. Sembrano vicini, ma non lo sono. In metropolitana, che fuori
dal centro scorre in superficie, raggiungo le periferie di questa sconfinata
capitale, i cui palazzoni non si differiscono molto dai nostri. Non ci sono
slums, e sullo sfondo campeggiano formazioni calcaree dalla linea tondeggiante,
ricoperte di vegetazione.
Alla fermata di Putra,
anziché la stazione dei bus citata dalla guida, trovo poco più che un
parcheggio, e pendolari stanchi ed annoiati desiderosi di rientrare a casa.
Ritorno quindi al KLCC per dare un’occhiata veloce allo skyline, ed alla
moschea nelle vicinanze.
Il centro commerciale vende
articoli di stra-lusso. Fra i clienti intenti ad aggirarsi fra le merci con aria
molto più interessata della mia, noto molte signore (alcune malesi, altre
turiste dei paesi del Golfo) completamente coperte da un drappo nero. La stoffa
svolazzante lascia a volte intravedere alcuni centimetri di quanto si trova
sotto, rivelando frammenti di abbigliamento sexy che mi lascia sorpresissima.
Per il giorno dopo, invece,
decido di seguire gli itinerari a piedi consigliati dalla Lonely Planet nei
quartieri cinese ed indiano.
Il mercato di Petaling è
affollatissimo di turisti, pieno di bancarelle dove fanno brutta mostra di sé
tutti i tarocchi possibili ed immaginabili. Nella zona alimentare, sezione
macelleria, l’odore del sangue accentuato dal caldo, e le precarie condizioni
igieniche colpiscono la mia fantasia.
Il quartiere indiano
consiste in una serie di edifici bassi, in alcuni casi dotati di porticati, ed
una miriade di negozi e ristoranti tipici.
In uno di questi, scelto a
caso, consumerò un’esperienza gastronomica memorabile. L’accoppiata listino
prezzi economico/locale pieno è garanzia di successo. L’esercizio è
posizionato direttamente all’aperto, al piano terreno, credo che alla sera
semplicemente chiudano le saracinesche, ma non ci sono muri o porte o vetri di
sorta. Un inserviente mi fa accomodare ad un tavolo già occupato da adolescenti
in divisa scolastica, graziosissime, che al mio arrivo si producono in una serie
di risatine soffocate tipo i topolini del film “Babe”. Le pietanze sono
esposte tipo self service, indico a caso le portate, che poi mi vengono servite,
senza piatto, direttamente su una foglia di banano. Tutti mangiano con le mani,
con il linguaggio universale dei gesti riesco però a farmi procurare almeno un
cucchiaio e forchetta.
A piedi raggiungo Merdeka
Square, e poi, sempre camminando, mi dirigo al mercato centrale, artigianato
globalizzato, prezzi molto cari, alcune bluse in stile hippie-chic molto
graziose, ma non compro nulla.
8 agosto da Kuala Lumpur a
Singapore
Mi alzo per tempo e, dopo
aver consumato l’ultimo thé dai cinesi simpatici, mi avvio verso la stazione
di Puduraya; l’interno è enorme, da un lato file di chioschi vendono
biglietti delle più svariate compagnie, dall’altro bancarelle vendono
spuntini, giocattoli e frutta. Alcune rampe di scale, contrassegnate da lettere,
portano alle varie piattaforme di partenza.
Senza sapere bene cosa
fare, ritorno all’esterno dove noto un bus extra lusso in partenza per
Singapore. Dopo aver verificato la disponibilità mi fanno accomodare a bordo su
una poltrona-salotto, al prezzo di 28 MYR.
Anche in questo caso, le
formalità doganali alla frontiera vengono sbrigate agevolmente, ed il bus
attende che tutti gli occupanti riprendano possesso dei loro stessi posti.
Specifico questo perché, in uscita da Singapore, con bus di linea urbana della
Causeway Bay Link, non accade altrettanto, per cui bisogna portarsi dietro tutti
i bagagli, e salire sul successivo.
Il torpedone mi scarica
nella zona di Beach Street, domando informazioni ed un ragazzo gentilissimo, che
addirittura si carica a spalle il mio zaino, mi accompagna sino alla fermata
della metropolitana di Lavender, da cui prendo un mezzo in direzione Bugis, nel
quartiere indiano, che è uno dei più economici dove pernottare (a parte la
zona a luci rosse, Geylang, che però, visti i trascorsi in Repubblica
Dominicana, vorrei evitare come la peste)…
Da subito la città mi pare
molto ordinata. Mentre mi faccio strada tra i vari isolati, aiutata dai
premurosi passanti, ecco il secondo acquazzone degno di nota della vacanza (a KL
stranamente ero stata graziata). Seguo un tipo dai capelli rossicci, in tipica
divisa da backpacker, sino alla sua tana, la Fragrance Guesthouse, una delle più
quotate sulla Lonely Planet, ma non hanno letti neppure nelle camerate. Idem per
altri posti economici sulla Dunlop Street.
Il torrente d’acqua che
si sta rovesciando in strada frena i miei slanci per cui, strisciando contro i
muri tipo Pantera Rosa per bagnarmi il meno possibile, approdo dapprima al Perak
Lodge, elegante e fuori budget, e successivamente al Madras Hotel che gli sta di
fronte, 105 SGD, molto rinomato anche questo, ma purtroppo sempre di una
categoria superiore a quello che le mie finanze consentono. In ogni caso non ho
molta scelta, mentre una ragazza cinese registra i dati del mio passaporto la
mia attenzione e le mie carezze sono tutte dedicate ad un gatto completamente
bianco che pigramente è disteso sul monitor del pc.
La camera è enorme, e
silenziosa, i materassi morbidi, le lenzuola odorano di detersivo. Dopo essermi
messa un po’ in sesto, all’ora di cena esco in esplorazione. Pasteggio in un
ristorante pakistano in Campbell Lane, appena svoltato l’angolo, non ricordo
l’insegna, circa 7 SGD
9 agosto – Singapore
Diventa di vitale
importanza, subito dopo una frugale colazione, thè al latte zuccherato presso
un chiosco indiano, trovare un albergo più economico. Percorro la Jalan Besar,
che è perpendicolare a Dunlop Street, sinchè approdo al Mayo Inn, decisamente
più spartano. Dopo aver visionato varie camere, mi approprio, dopo aver
sganciato 45 SGD, di una singola sul retro, molto silenziosa rispetto a quelle
luminose che si affacciano sulla assolata e trafficata Jalan Besar. La stanza,
dal pavimento moquettato, è comunque piuttosto spaziosa, e presenta, oltre ad
un lettino morbido, una scrivania, ed una cabina doccia, al posto del comodino.
C’è un ventilatore, e per fortuna anche una bella finestra, già spalancata.
Mi pare che ci sia un po’ di puzza di umido, e presto capirò il perché. I
sigilli siliconati della doccia lasciano un po’ a desiderare, per cui
l’acqua tracima sulla moquette. Il wc si trova invece sul pianerottolo, ed è
pulito.
Decido che la sistemazione
va più che bene, e, dopo aver depositato le mie cose, e preparato lo zainetto
mini con il minimo necessario per la giornata, mi avvio alla scoperta della città.
Mi dirigo, in
metropolitana, verso la famosissima Orchard Road, il cuore della Singapore
commerciale. Dopo aver curiosato in un sexy shop, che mi attrae più dei
lussuosi hopping malls, prendo un bus verso i Giardini Botanici. Il caldo si fa
sentire, anche se non è opprimente, ed una passeggiata nel verde è ciò che ci
vuole, oltre ad una bella scorta d’acqua. Consiglio a tutti coloro che non
vogliono prendersi un accidente di portarsi un golfino da indossare quando si
utilizzano i mezzi pubblici, l’aria condizionata non viene certo risparmiata!
L’ingresso costa 5 SGD.
Il percorso nel parco si
snoda attraverso prati, laghetti, cascate, ed una serie di serre con microclimi
e flora diversi, oltre alle zone dedicate alle orchidee, per cui i giardini
vanno famosi.
Sempre in autobus,
raggiungo la zona dell’Esplanade e Boat Quay. Qui ci sono altissimi
grattacieli, sedi di centri commerciali e banche, e sul lungofiume invece una
serie di basse costruzioni dai colori pastello, che ospitano ristoranti, pub ed
esposizioni d’arte.
Chiatte cinesi trasportano
i turisti in crociera sul fiume. Attraverso il Cavenagh Bridge arrivo invece
alla Parliament House, ed al Merlion Park, con la fontana a forma leonina
simbolo della città.
Pranzo con 11 SGD sulla
Circular Road Boat Quay, in un ristorante giapponese, Gyoza n. Osho. Cibo
ottimo, anche se non riesco ad identificarlo.
A metà pomeriggio, decido
di visitare l’isola di Sentosa. Potendo tornare indietro, non lo rifarei.
Il metodo più economico è
arrivarci in metro sino alla fermata di HarbourFront. Da qui un autobus conduce
all’isola per 3 SGD (1SGD per il trasporto e 2SGD come biglietto di
ammissione). Tutte le attrazioni sono a pagamento. A me interesserebbe solo
l’acquario, ma lo vendono in combinazione con lo show dei delfini (SGD 22.90),
a cui assisto di malavoglia, un po’ perché il mio posto è in pieno sole (non
ho messo la crema solare) un po’ perché detesto questo tipo di spettacoli
dove si molestano gli animali. All’underwater world c’è una ressa
incredibile, decine e decine di mocciosi agitati e genitori che cercano invano
di calmarli, un nastro trasportatore mi guida sotto al tunnel d’acqua dove
nuotano svariate specie di pesci.
Ritorno nella zona di Boat
Quay. All’ingresso dei centri commerciali, all’aperto, si stanno tenendo
delle svendite di prodotti offerti a prezzi di outlet. Attratta da profumi di
marca confezionati nelle scatole bianche da tester, costano davvero pochissimo,
acquisto una fragranza di Versace ed il freschissimo Green Tea di Elizabeth
Arden per un totale di 16SGD.
Quando è ormai buio,
ritorno al Merlin per vedere lo skyline illuminato. E’ bellissimo, e anche
molto romantico.
Rientro a Little India e
ceno in un ristorante vicino al mio albergo, lo Star Inn. Un piatto di riso e
verdure costa 3 SGD. Diciamo che mangio quel tanto che basta per campare, senza
appesantirmi, preferisco rimanere leggera, soprattutto con questo caldo.
10 agosto – Singapore
Dopo una frugale colazione
ad un chiosco indiano, come sempre, decido per quest’oggi di fare il giro
della città usando i classici bus turistici. Pagando 12SGD è possibile
comprare un biglietto che dura l’intera giornata, e salire e scendere a
piacimento alle varie fermate.
Tornata in Orchard Road,
prendo quindi il SIA Hop On Bus. Scendo in Serangoon Road, attratta dalle case
coloratissime, senza rendermi conto che è il lato opposto del quadrilatero di
Little India rispetto a quello dove solitamente bazzico. Ne approfitto comunque
per assaporare l’atmosfera vivace, ammirare la merce nelle vetrine con la luce
del giorno, e scattare qualche foto.
Consumo un pranzo a base di
frutta at Tekka Mall, un enorme mercato coperto dove si può trovare ogni genere
di cibo a prezzi economici (è nominato anche sulla Lonely Planet).
Riprendo un SIA Op On Bus
verso Chinatown. Le viuzze del quartiere, caratterizzate da lanterne e tetti a
pagoda sono piene di negozietti turistici, ed un mare di visitatori.
Rientrata verso il Clarke
Quay vagabondo fra le costruzioni pastello, e mi fermo per il classico thè
delle 5 in un locale piuttosto lussuoso, il Cofee Club. Decido di sedermi fuori
perché davvero dentro la temperatura è polare.
Ripreso il bus, vorrei a
questo punto recarmi a Marina Bay, per visitare più approfonditamente la zona e
raggiungere la famosa ruota che ho visto la sera prima tutta illuminata in
lontananza. Dico vorrei perché, rimasta da sola sul bus, l’autista borbotta
delle scuse che non riesco a capire, forse un guasto, e mi obbliga a scendere,
dicendo di aspettare il prossimo passaggio. Provo a protestare, ma lui è
irremovibile ed inizia a sbraitare. Non ho voglia di litigare, ed acconsento al
suo volere. La faccenda però mi sembra strana, ed avrei la tentazione di
chiamare la società erogatrice del servizio per chiedere chiarimenti, ma alla
fine il “chissenefrega” ha il sopravvento. Non sono molto distante dal
quartiere indiano, e decido di rientrare a piedi. Faccio una sosta al Sim Lim
Square, che dovrebbe essere un enorme shopping centre, a più piani, tutto
dedicato agli articoli elettronici. Noto però che, ai piani superiori, la
maggior parte dei negozi è chiusa. In ogni caso, c’è di che intrattenersi,
ed i prezzi sono molto inferiori, rispetto all’Europa. Diciamo che il mio
punto di riferimento solo le macchine fotografiche, in Italia prima di partire
mi ero annotata i costi di alcuni modelli. Una Lumix DMZ18, che da noi avevo
visto a 330 Eu, qui costa invece sui 250. Resta però il fatto che non ho voglia
di contrattare, ho paura di prendermi delle fregature, tanto più che la
garanzia che accompagna non vale nella UE. Molto presto, fra l’altro, con
tutte quelle luci, quelle voci, quelle vetrine piene di roba, e i commessi che
mi urlano dietro, inizio a provare perfino un senso di confusione e stordimento,
per cui sono felice di riguadagnare l’uscita.
Ritorno
all’affollatissimo Tekka Mall per la cena, 2.50 SGD.
11 agosto Tioman (Juara)
Di buona mattina, verso le
7.00, mi reco a piedi al terminal di Queen Street, per prendere il bus urbano
170 che mi condurrà a Johor Baru, al costo di 2.40 SGD. Il nome della compagnia
è Causaway Bay Link. All’arrivo alla frontiera, come già detto, è
necessario scendere con tutti i propri averi, adempiere alle formalità
burocratiche, e poi salire sul prossimo, conservando il biglietto. La stazione
dei bus di Johor Baru è “abbastanza” caotica; potrei definirla
“caotica” se non avessi visto quelle indiane. Riesco però a fare una
colazione decente e piuttosto agevolmente riesco a trovare lo sportello della
compagnia di pulman che porta a Mersing. Di nuovo mi annotano la targa sul
biglietto (MYR 8.80).Vedendo altri 3 o 4 stranieri, mi sento rassicurata di
essere nel posto giusto. Giunti a destinazione, io e gli altri turisti, una
coppia di cechi ed un giapponese, veniamo praticamente “sequestrati” dal
padrone di un’agenzia di viaggi, che cerca di venderci un biglietto di andata
e ritorno per Tioman, unitamente ad una sistemazione. Lo sopporto per un po’
perché nel frattempo fuori si è scatenato un acquazzone, ma non appena la
pioggia accenna ad una lieve diminuzione, mi incammino in strada attirandomi i
suoi anatemi.
Dopo essermi rifornita di
contanti ad un bancomat, raggiungo il molo. Il biglietto per la traversata costa
35 MYR. L’andata/ritorno proposto nelle agenzie è esattamente il doppio,
quindi non è che ti truffino, il problema è che però per il rientro
rimarresti legato agli orari della stessa compagnia anche se non sono comodi per
le tue necessità. Inoltre, se per sfortuna il giorno del ritorno la società
per qualche ragione dovesse annullare la corsa che a te serve, rimarresti
fregato, perché le altre non accetterebbero il biglietto, e saresti costretto a
pagarlo di nuovo.
Smette di piovere, il
traghetto ha solo posti a sedere all’interno, ma la traversata è piuttosto
piacevole, insieme ai ragazzi cechi ed al giapponese, con il quale inizio una
lunga e divertente conversazione sul tema “consigli per gli europei sul come
distinguere le varie etnie asiatiche”. Scambiare un vietnamita per un thai è
pur sempre una figuraccia..
Il piccolo traghetto
effettua fermate in tutte le principali spiagge. Io decido di scendere a Tekek,
la principale, per poi dirigermi a Juara, l’unica località balneare della
zona occidentale. Gli altri invece decidono di andare ad ABC, il villaggio più
“affollato”.
Gli italiani snobbano
Tioman. Io sono stata a Salang e Juara. Poiché i traghetti però fermano in
tutte le spiagge, posso dire alla fine di avere un quadro abbastanza completo.
Diciamo che forse, da cosa
ho visto dalla barca, credo che Genting e Nipah siano i posti migliori, i colori
del mare sono molto invitanti, e c’è possibilità di fare lunghe passeggiate
sulla spiaggia.
ABC dalla barca mi è parsa
troppo edificata, e con un brutto litorale. Salang ha invece una bella distesa
di sabbia bianca, e mare turchese, ma purtroppo molto ridotta, la parte a nord
è tutta rocciosa.
Per quanto riguarda Juara:
la spiaggia è splendida, di colore dorato, lunga, e spaziosa. Vi sono poche
pensioni, tutte economiche.
L’ambiente è molto
tranquillo e rilassante. Il punto forte è anche la sua debolezza.
L’isolamento rende difficili gli spostamenti, non ci sono traghetti pubblici,
i taxisti e i barcaioli ne approfittano. La strada da Tekek a Juara è pessima,
ripida, impossibile da percorrere a piedi con gli zaini, come inizialmente
immaginavo di fare, ma anche senza ci penserei due volte, prima di intraprendere
la passeggiata
Perhentians e Redang sono
molto più affollate. Dipende quindi da quello che uno cerca.
Sbarcata a Tekek, con due
giovani olandesi divido il taxi per Juara. La mia parte è 45 MYR.
Qui c’è un un’unica
strada, che corre dietro la spiaggia, un negozio, qualche alberghetto, e niente
altro.
Mi sistemo ai Rainbow
Bungalows, capanne in legno dipinte a colori vivaci. 40 MYR. La parte idraulica
del bagno lascia un po’ a desiderare, il non perfetto allineamento delle
tavole che costituiscono la parete fa in modo di disperdere presto alcuni
spiacevoli odori che ogni tanto si vengono a creare, forse per qualche reflusso
nel sifone. Non c’è acqua calda
E’ veramente un piccolo
paradiso, poca gente intorno, un silenzio quasi perfetto.
Accanto ai miei bungalows
c’è un ristorante, il Bushman, dove consumo colazioni e cene, negli altri
esercizi infatti i prezzi sono più cari. Pranzo o cena sugli 8-10 MYR,
colazione 5 MYR.
Nota dolente: i sand flies.
Sono delle specie di zanzare, difficili da notare al principio. Attivi dalle 16
in poi lasciano in ricordo pelle leopardata da bozzi pruriginosi. Tutti ne sono
afflitti, in varie misure. Dopo essermi beccata le prime punture, quindi ormai
tardi, in definitiva, mi cospargo di citronella, con esiti non del tutto
positivi. Desidero enfatizzare che queste bestiacce colpiscono a tradimento zone
del corpo difficili da controllare, ad esempio la schiena, ed i ponfi,
soprattutto se toccati, (ma sfido chiunque a non scorticarsi, il prurito è
intollerabile anche per un monaco zen) durano assai a lungo, molto peggio delle
zanzare normali, che pure non mancano, ma per fortuna ci sono le zanzariere ai
letti.
Il normale prezzo da
pagare, se si vuole vivere lontano dalla cosiddetta civiltà!!
Un ragazzo indiano
incontrato in spiaggia, mi fa desistere dalla brillante idea che mi era venuta
in mente di provare a puro scopo deambulatorio il trek fino a Tekek,
allertandomi sulla presenza di sanguisughe che copiose si sono attaccate ai suoi
arti.
Una coppia di bergamaschi
giunta in escursione con lancia dal Berjaya mi rassicura invece sulla bellezza
incontaminata di questa parte di isola.
12-13 agosto – Tioman (Salang)
Dopo due giorni di
meditazione su come sfuggire ai sand flies, decido di spostarmi a Salang. Mi
reco quindi al punto di incontro convenuto dove un taxi prenotato il giorno
prima mi aspetta (40 MYR), in preda a tremiti da febbre ed un fortissimo mal di
gola. L’aria condizionata della metropolitana di Singapore non mi ha dato
scampo, purtroppo gli antibiotici ad ampio spettro prescritti dalla mia
dottoressa non stanno sortendo alcun effetto. Sull’isola non credo ci siano
farmacie, ed il termometro l’ho scordato a casa, ma poiché sono in grado di
camminare sulla sabbia con lo zaino in spalla sotto una pioggia torrenziale
senza stramazzare a terra penso che di medicinali per il momento possa farne a
meno.
La jeep viene condivisa con
una famiglia di tedeschi. Rientrata a Tekek aspetto sul molo il traghetto Blue
Express (35 MYR).
Sulla strada verso Salang,
ultimo villaggio all’estremo nord, sostiamo ad ABC, un’accozzaglia di
baracche e bungalow in legno molto approssimativi su una spiaggia ridotta, mi
rallegro con me stessa per non averla scelta e fiduciosa attendo il mio approdo.
Ivi giunta, sopraffatta dagli acciacchi influenzali, rinuncio al setacciamento
capillare delle strutture ricettive e mi fiondo a caso verso le prime capanne
che incontro, a sud del molo, dove la spiaggia è anche più carina, candida e
soffice, orlata da vegetazione rigogliosa e bordata da mare turchese.
Il posto è squallido, la
proprietaria subito scende di prezzo notando la mia smorfia di insoddisfazione
mentre saggio la consistenza dei materassi, duri come pietre.
Con il secondo gruppo di
bungalow, al Puteri Salang Inn, va decisamente meglio, me ne aggiudico uno
discreto (40 MYR) immerso in un bel giardino, con un prato vellutato tipo campo
da golf. Dopo aver immortalato alcune scimmiette, e curiosato sotto una tettoia
che funge da reception, e poi come
salotto, con divani ed una discreta collezione di dvd e libri, e poi ancora come
cucina comune con bollitore, frigo, tavoli e lavandini vado in perlustrazione.
Le pensioni, i ristoranti ed alcuni piccoli negozietti si snodano lungo la
spiaggia, vegetazione e palme alle spalle, niente altro.
Verso nord la spiaggia si
fa rocciosa, soprattutto con la bassa marea. Vago in un grosso emporio che vende
un po’ di tutto, generi alimentari e souvenir compresi, e poi mi sistemo in un
ristorante verandato sul mare, il Salang Indah, affollato di gatti socievoli ed
esseri umani oziosi, intenti a trincare birra con il naso incollato ad un
televisore che trasmette le prime gare olimpiche.
I prezzi sono equi. 19 MYR
per un pesce grigliato. Anche però il Salang Sayang non è niente male.
Visti i prezzi esorbitanti
delle escursioni, tenuto conto del fatto che non ho nessuno con cui condividere
i costi, faccio a meno dello snorkeling, e mi dedico a percorrere in lungo ed in
largo a nuoto la baia turchese, alternando bagni di sole sulla bianca spiaggetta.
14 agosto da Tioman a
Mersing
Dopo un ottimo pranzo al
ristorante Salang Sayang (14 MYR, curry vegetables + riso, e macedonia), mi
imbarco sull’ultimo traghetto del pomeriggio (35 MYR), in partenza da Salang
verso le 17.00 e arrivo a Mersing che è già buio pesto. Constato a mie spese
la seconda cantonata della vacanza. La Lonely Planet cicca: il Plaza R&R
vicino al molo non ospita più il terminal dei bus a lunga percorrenza, e
neppure la miriade di ristoranti economici decantati sulla guida. Anzi, a dire
il vero è un deserto. Un signore, mi carica sulla sua auto piena di bambini
(altrimenti non mi sarei fidata) e mi ci accompagna. Terza cantonata della
vacanza, e questa volta è colpa della mia allergia alle prenotazioni
anticipate. Il bus rapido della Transnasional verso Kuantan del giorno dopo è
al completo, credo ci sia una specie di festività, per cui anche i Malesi sono
in ferie. Ascolto affranta l’addetto biglietteria, che, raccomandandomi di
partire non più tardi delle 7.30-8.00, mi elenca minuziosamente una sequela di
cambi e coicindenze per arrivare a Jerantut, base di partenza per il Teman
Negara National Park.
Esaurita questa essenziale
formalità, ecco che posso dedicarmi al soddisfacimento di piaceri più
corporali, nell’ordine: medicine efficaci per i miei malanni, cibo per lo
stomaco, un tetto per la notte.
Mi introduco con aria
esitante attraverso l’uscio della Farmasi Sutera, non so se fidarmi
dell’uomo dietro al bancone, poi penso che sicuramente se è lì deve per
forza averne la qualifica, e poi comunque si tratta solo di una faringite. Per
fortuna parla un inglese comprensibile, vuole vedere il bugiardino
dell’inefficace antibiotico sinora assunto, e me ne propina un altro. Alcune
compresse, prelevate da un barattolo, e consegnate in una bustina di cellophane,
sul cui bordo riporta a biro sia il principio attivo che la posologia. Con la
testa piena di punti interrogativi, mi metto alla ricerca di un albergo, in
centro al paese, Sicuramente ci sono spiagge e bungalows graziosi fuori città,
ma ormai non riuscirei a godermeli, vista la tarda ora, ed in prospettiva
dell’alzataccia che mi attende il mattino dopo. Mi infilo in un albergo
davvero squallido, il Country Hotel, gestito da cinesi, una specie di casermone
biancastro, illuminato da squallidi neon. La stanza è infestata da insetti
ronzanti e striscianti, per fortuna ho la mia zanzariera! Provo talmente tanta
rabbia e frustrazione da sfogare, per colpa del bus, della schifezza del posto
in cui mi trovo, che, complice forse la stanchezza e le non perfette condizioni
fisiche, mi passa la fame.
15 agosto da Mersing a
Kuantan a Jerantut
Una Via Crucis,
praticamente. Di buonissim’ora raggiungo a piedi il terminal. Il primo
scassatissimo pulman, per 3 MYR, in mezz’ora mi porta sino a Endau. Qui,
panico. L’autista mi lascia in una specie di cortile sterrato, e mi dice di
attendere. Aspetto almeno un’ora e mezzo, nessuno parla inglese, tutti mi
squadrano come fossi un marziano. Finalmente, intraprendo la seconda tratta da
Endau a Pekan, e da ultimo, con 4.50 MYR con la Ben Huat Omnibus, approdo a
Kuantan, una cittadina piuttosto gradevole costruita sul lungofiume. La strada
ora è diventata così larga e così ben asfaltata, delimitata da giardini così
curati ed interrotta qua e là da rotonde così ben decorate e piene di fiori,
che sembra di essere nelle aree di arrivo di un aeroporto! Il terminal dei bus
è sul lungofiume, tutto attorno, sotto a tettoie, chioschi che offrono numerose
varietà di cibo e bevande. Sono circa le 16.30. Mentre girovago nel piazzale e
già mi vedo costretta a trascorrere qui la notte, passo davanti ad un bus il
cui conducente sta gridando a gran voce la località di destinazione, e mi pare
di capire che sia Jerantut. Lo stesso nome mi accorgo che è scritto a
pennarello su un pezzo di cartone appiccicato sul parabrezza. A riprova
ulteriore, sul bus ci sono alcuni viaggiatori che mi confermano che la
destinazione è appunto quella. Fra i vari stranieri, riconosco la coppia di
cechi già incontrata a Tioman.
Il biglietto, sempre con la
linea Ben Huat Omnibus, costa 12.20 MYR. Stavolta non ci sono cambi, il
torpedone è poco affollato, fa persino una sosta pipì, insomma una favola!
Arriviamo a Jerantut per cena, ma è già buio.
Effettivamente, mi rendo conto che le mie indicazioni sugli orari sono
sempre imprecise, ma non ho l’abitudine di portare l’orologio. Solo in caso
di estremo bisogno, guardo quello del cellulare.
Alcuni turisti, al terminal bus, vengono presi in consegna da un
procacciatore d’affari che li porta ad un rinomato ostello, io preferisco
arrangiarmi da sola, giro un po’, domando ai passanti e raggiungo un
caseggiato cubico parte di cui è adibita ad hotel. Anche qui, gestione e
scritte in cinese, il Town Inn. Le camere però, per quanto semplici, sono
davvero graziose, ed il bagno pulito.
Ceno con 3 MYR ad un
baracchino in strada.
16 agosto – Teman Negara
National Park
Pago 65 MYR per una
combinazione bus + barca sino a Tahan, la porta di accesso al Teman Negara.
Il bus parte dall’hotel
Sri Emas, e ci conduce sino a Kuala Tembeling . La traversata sul fiume impiega
un paio di ore, intorno a noi un paesaggio di foresta pluviale piuttosto
monotono. Tahan è il villaggio che si trova di fronte all’ingresso del parco,
che è sulla sponda opposta, dove è stato edificato anche un hotel di lusso.
Diciamo che, per essere una riserva naturale, è piuttosto caotica e rumorosa.
Tahan ospita molte opzioni a basso budget, inclusi ostelli. Quasi tutte le
costruzioni, eccetto alcuni ristorante-barcone a livello dell’acqua, si
trovano in posizione sopraelevata, accessibile attraverso scalinate o ripide
salite.
Percorrerle con quel caldo
e uno zaino non è piacevole, ma è comunque fattibile. La vedo abbastanza dura
invece per i trolley e i valigioni di plastica rigida che, al Mutiara, vengono
trasportati alla reception da stuoli di facchini. A collegare le due rive ci
pensano una miriade di barchette a motore, altri natanti saettano lungo il corso
d’acqua, un discreto casino, insomma. La Lonely Planet dice che appena fuori
dal villaggio ci sono alcune sistemazioni immerse nella natura, alcune di esse
le ho intraviste dalla barca, e mi sembrano splendide, in rapporto a quanto
offre Tahan. Ho un appuntamento qui con un viaggiatore che ho conosciuto su
internet, e che ho incontrato a Milano, prima di partire. Lui, Antonio, è
ospite dell’albergo di lusso, in compagnia della sorella Elisabetta.
Arrivare a Tahan senza
prenotazione è abbastanza rischioso. Già a mezzogiorno faccio fatica a
reperire uno chalet da 40 MYR ai Teresek Bungalows. A partire dal primo
pomeriggio incontro giovani backpackers alla disperata ricerca di stanze che mi
chiedono se da me c’è ancora qualcosa di disponibile. Antonio è impegnato
nelle escursioni al parco che sono comprese nel pacchetto viaggio da lui
acquistato, mi spiega una receptionist nell’elegante atrio in legno scuro del
Mutiara Resort. Gli lascio quindi un bigliettino con i riferimenti della mia
guesthouse, sperando che non si spaventi, quando la vede…
Già che ci sono, faccio un
giretto nei paraggi. Già tutto attorno al Mutiara verdeggia la foresta con i
suoi intricati grovigli vegetali. Ovviamente, per assaporarla in tutta la sua
selvaggia solitudine bisognerebbe partecipare a quelle escursioni dove si
cammina per giorni e giorni, ma sinceramente non ne ho nessuna voglia, con tutta
la stanchezza da smaltire dopo 8 mesi stressanti di lavoro, uno dei quali, per
di più, trascorso a riprendermi dall’ultimo viaggio insonne sui bus notturni
dell’India.
Passo il resto del
pomeriggio a rilassarmi (per quanto possibile in un posto come Tahan) ed attendo
l’arrivo dell’amico milanese, che si presenta da me verso le 5. Mangiamo
insieme al Family Restaurant, uno dei barconi ancorati sulle rive del fiume. Di
per sé non sarebbe male, il problema è che le odiosissime longboat continuano
a fare anche di sera la spola, appestandoci con il gas dei loro motori a
scoppio, e rompendoci i timpani.
17 agosto Teman Negara
National Park
Per prima cosa, dopo aver
fatto colazione di nuovo al Family Restaurant, vado a prenotarmi per
l’indomani il trasporto sino a Kuala Besut e Perhentians, 90 MYR.
Ho quindi ora l’intera
giornata da dedicare all’esplorazione del Teman Negara.
La coda per salire sulla
Canopy Walkway è mostruosa, e fa caldissimo. Aspetto quasi un’ora, pagando un
ingresso di 5 MYR. Si tratta di una passerella costruita in legno e corde
ancorata ai tronchi degli alberi, e che si snoda per un percorso di circa 500 mt
a circa 40mt da terra. Non si vedono né scimmie né uccelli, immagino che tutto
il marasma li disturbi. Non è un ponte tibetano, e non è niente di difficile,
in certi punti si riesce a vedere il terreno di sotto, e fa una certa
impressione, soprattutto se si è a metà passerella sballottati dal passo
pesante di qualche vicino rozzo. Alcuni cerebrolesi, infatti, si divertono
mettendosi a saltare procurando vertigine, panico, nausea ed insulti da parte di
molti.
Ridiscesa a terra, cartina
alla mano mi metto a girovagare badando a non allontanarmi troppo e soprattutto
a non perdermi. I sentieri principali sono ben visibili, ma deviando un po’ da
questi si può riuscire a perdere il senso dell’orientamento. Sudata
incommensurabile per raggiungere il Teresek Peak, il cui viottolo di accesso è
stato “addomesticato” edificando una serie di gradini.
Faccio cena insieme ad
Antonio e sua sorella al Mutiara, il costo è 66 MYR ma c’è un buffet con
ogni ben di Dio.
Stabiliamo di trovarci per
il 19 a Pulau Besar, nell’arcipelago di Perhentians. Io parto l’indomani e
conto di arrivarci in serata, loro invece hanno un tour auto-organizzato con la
Ping Anchorage di cui sono molto soddisfatti, ed un autista privato li
accompagnerà a Kuala Besut dove sostano una notte.
18 agosto – Da Tahan a
Kuala Besut a Perhantian Besar
Questa volta non si passa
via fiume. Viaggio piuttosto monotono, (unico paesaggio degno di nota, le
formazioni calcaree di Gua Musang) sotto una pioggia piuttosto insistente, che
si calma soltanto in prossimità di Kuala Besut, ove giungiamo nel tardo
pomeriggio. Riusciamo a prendere l’ultimo traghetto per le isole Perhentians.
Chiedo di farmi scendere al Coral View. Il traghetto non tocca riva, ci sono
delle piccole barchette che si avvicinano e trasportano a terra i passeggeri,
con un sovrapprezzo di 3MYR. Veramente ne chiederebbero di più, ma mi rifiuto
di darglieli, per un percorso di 50 mt. Siamo alle solite, siamo su un’isola e
gli avvoltoi se ne approfittano.
Anche a Besar sarebbe
meglio prenotare in anticipo. Fatico infatti pure qui a trovare un posto da
dormire, tenendo conto che tutto costa almeno il doppio che a Tioman, con un
pessimo rapporto qualità prezzo. Parlo ovviamente delle strutture a basso
budget. Il posto economico più bello è il Mama’s Chalet, ma purtroppo non
hanno posto. I loro prezzi partono da 60 MYR per i bungalow nel giardino, e poi
da 90MYR in su per quelli vicino al mare. Ci consumerò anche parecchi pasti, e
mi sento davvero di consigliarlo.
Mi devo invece
accontentare, per 70 MYR, di un bungalow garden view al Watercolour Resort, ma
rispetto al Mama’s è davvero una schifezza. Per fortuna almeno ci sono le
zanzariere alle finestre, ma nel mio bagno c’è un vero e proprio zoo, incluso
uno scarafaggione. Provo anche ad andare al Coral View, e cerco di
mercanteggiare. Le receptionists dono davvero molto gentili, e cercano di
venirmi incontro il più possibile, ma resta comunque troppo. Non solo il
Watercolour fa schifo come albergo, ma anche al ristorante non si scherza.
Consumo una pessima cena, omelette, riso e frutta a 22 MYR e scoraggiata vado a
letto.
20-21-22-23 agosto –
Pulau Besar (Perhentian)
Nei giorni prossimi scoprirò
che per fortuna al Mama’s si mangia benissimo agli stessi prezzi del
Watercolour, ma ci sono anche altri piccoli baretti che sono più economici, ad
esempio il Thai Corner ed il Perhentians Cafè, situati uno accanto all’altro.
Spenderò sempre sui 15 MYR, e sui 7.5 MYR per la colazione.
Mi compro anche, per 11
MYR, una carta telefonica, la “I talk”, che mi consente di parlare con il
mio fidanzato in Italia, ed organizzarmi le prenotazioni per il prossimo
soggiorno a Redang.
Come già scritto sulla
Lonely Planet, ed altri in loco me lo confermano, su Redang infatti non ci sono
sistemazioni economiche e si va avanti a pacchetti viaggio.
Nel frattempo, ritrovo
Antonio e la Elisabetta, e conosco altri amici loro, tutti italiani. Formiamo a
questo punto un bel gruppo e, forti del nostro potere contrattuale, siamo in
grado di mercanteggiare con i boat taxi, per organizzare delle escursioni. Lo
snorkeling lontano da riva è favoloso. Il barcaiolo ci conduce anche in alcune
spiaggette bellissime, dove ci siamo solo noi.
Visitiamo anche Kecil. La
spiaggia qui è grande, e l’acqua molto limpida.
Mentre i miei amici si
sistemano in un baretto, mi faccio un giro. Qui ci sono molte sistemazioni, ma i
prezzi non sono molto più economici di Besar, e le strutture economiche,
esattamente come a Besar non sono granchè. Ci sono però dei localini, e quindi
alcuni di noi si ripropongono di ritornarci alla sera tanto per evadere un
po’. Besar, da questo punto di vista infatti, non ha niente da offrire.
Dopo aver passato un paio
di notti al Watercolour, ed aver ritentato con il Mama ma senza successo, vengo
generosamente ospitata da Antonio ed Elisabetta nella loro stanza al Coral View,
che ha un letto in più.
Sono alloggiati in una
delle suite che sorgono distaccate dal corpo centrale, vere e proprie villettine
con doppio ingresso, su una specie di lingua di sabbia con vista mare da
entrambe le parti. Al giorno, con la mezza pensione, pagano sui 100 Euro (in
due), e non è molto, visto quello che viene loro offerto. Si tratta infatti di
un bilocale, camera da letto ed un piccolo soggiorno, con bagno ed antibagno,
tutto di legno ed enormi vetrate.
Anche altri due ragazzi,
Mauro e Laura, sono disgustati dal Watercolour e si trasferiscono al Coral View.
Altri, invece, stanno da Abdul, sulla spiaggia accanto, che è raggiungibile via
boat taxi ma anche a piedi, con una passeggiata di circa 10 minuti attraversando
un promontorio ricoperto di fitta boscaglia, e infestato di zanzare. La spiaggia
degli Abdul’s Chalet, che è anche quella del Tuna Bay, è carina, ma la
migliore è quella del Perenthians Island Resort (PIR), la struttura più
lussuosa dell’isola, che però è molto affollata.
Io e gli altri ragazzi,
solitamente, ci sistemiamo in una piccola caletta fra l’estremità del Coral
View e il molo del PIR.
Fra l’altro, gli amici
alloggiati da Abdul riferiscono di avere notato che la pratica del lavaggio
biancheria pare considerata superflua al cambio di ospiti. Le lenzuola vengono
scosse energicamente, e poi spruzzate di deodorante.
Per il trasferimento a
Redang, anziché tornare sulla terraferma, perdendo un sacco di tempo, riusciamo
a trovare un boat taxi che ci porta direttamente; il costo della traversata è
450 MYR da dividere in 5, siamo infatti io Antonio Elisabetta Mauro e Laura.
23-24-25 agosto – Pulau
Redang
La traversata da Besar, in
condizioni di mare ottime, impiega meno di 2 ore, il resort in cui sono
prenotata, il Beach Villa Holiday è all’estremità nord della spiaggia
principale, la mia stanza si trova al secondo piano di una serie di tre
palazzine disposte a ferro di cavallo intorno al giardino, ma ci sono anche
alcuni chalet costruiti sul promontorio ed incastonati fra le rocce. Qui c’è
una vista magnifica. La sabbia è bellissima, ed il mare anche.
Alcuni alberghi verso il
sud della spiaggia, che risulta
molto più affollata della parte dove ci troviamo noi, sono meta di turisti
asiatici di varie nazionalità. Contribuiscono a creare parecchia confusione
quando si tratta di fare snorkeling nei luoghi più vicini a riva ed attorno ad
un agglomerato di rocce.
Costoro sono i perfetti
rappresentanti della categoria “turista non eco sostenibile”, e nel giro di
pochi minuti riescono a fare tutto quello che invece non si dovrebbe mai fare.
Per prima cosa non sanno nuotare, perché vedo che indossano tutti i giubbetti
salvagente. Seconda cosa, danno da mangiare ai pesci. Terza cosa, camminano
spudoratamente sui coralli. In spiaggia vediamo anche delle turiste
completamente coperte nelle loro tuniche nere. Fanno il bagno vestite, come
tutti del resto, tranne noi occidentali, e per cause di forza maggiore
preferiscono starsene all’ombra delle palme.
Lo snorkeling è
fantastico, un sacco di pesci già si vedono vicino a riva, nei pressi del
piccolo agglomerato roccioso già nominato.
Inoltre, organizzati dai
resort e già compresi nel prezzo ci sono alcune escursioni. Mi ha colpito in
modo particolare quella a Pulau Lima, che è una minuscola isoletta rocciosa non
molto distante. Poiché mi sono
fermata pochissimo, è stata solo una delle uniche due a cui ho potuto
partecipare, ma è stata fenomenale. La barca si ferma vicino a degli scogli,
l’acqua è limpidissima, e, sotto la superficie, coralli stupendi, e alcune
formazioni vegetali, simili a palloncini, di colore viola e giallo vivacissimi.
Un sogno. Non mi ricordo purtroppo la destinazione della seconda escursione,
comunque è un posto con una spiaggetta, una specie di gabbiotto che funge da
ufficio del parco marino, ed un campeggio, se non sbaglio. Il mare è pieno di
pesci già a qualche metro da riva, più ci si allontana, e più ancora se ne
riescono a vedere, alcuni hanno colori bellissimi, e le squame lucenti come
seta.
Per quanto riguarda la mia
stanza al resort, devo dire che è semplice ma molto pulita. Il vitto invece
lascia un po’ a desiderare, ripetitivo e sul genere mensa aziendale. Hanno il
coraggio di propinarci dei bastoncini di pesce tipo i Findus. In ogni caso,
riesco a sopravvivere più che decorosamente.
Le travi del soffitto del
ristorante, completamente costruito in legno scuro, nei momenti più tranquilli
sono meta delle scorribande di vivaci scoiattoli che, attratti dalle briciole,
si avvicinano a noi sino a pochi centimetri.
Il tempo sulle isole è
stato sempre soleggiato, di giorno, con qualche temporale alla sera.
25 agosto da Pulau Redang a
Pulau Kapas
Parto verso le 9 per Merang,
qui mi apposto sullo stradone poco lontano dal molo di attracco, nella speranza
che passi un bus che mi è stato indicato da alcuni clienti di un bar, ma non se
ne vede l’ombra per cui in taxi, con 30MYR mi faccio portare a Kuala
Terengganu, alla stazione dei bus. Il terminal è piuttosto grande, c’è
perfino una palazzina a due piani piena di negozi, ma molti di essi sembrano non
essere non attività. Finalmente il mio bus parte e con 2 MYR arrivo a Marang.
Poiché non ho assolutamente idea di dove si trovi il punto esatto in cui devo
scendere, spiego all’autista che dovrebbe avvisarmi quanto passa al molo per
Pulau Kapas. Lui annuisce con fare rassicurante salvo dimenticarsene al momento
giusto. Per fortuna io sono attenta, scorgo il cartello che indica la località
e, quando oltrepassiamo un ponte sotto al quale si vede una specie di
porticciolo capisco che forse lo stordito si è dimenticato di me. Lui inchioda
subito, scende in strada con me e attraversa. Notare che il suo bus ora è fermo
e nessuno sopra protesta. Dopo qualche minuto, sbracciandosi come un indemoniato
ferma un collega che va nella direzione giusta e mi fa salire, dicendomi che non
devo pagare niente. Questo non è in servizio, perché rifiuta di far salire
altre persone che nel frattempo si sono avvicinate. Quindi, con solo me, ritorna
al molo e mi deposita.
Sono circa le 14. C’è
una specie di passeggiata a mare, ma niente spiaggia, solo scogli. Giro un po’
in un mercato che vende ortaggi e frutta, tra cui i nauseabondi durian.,
poi mi reco al punto di partenza dei traghetti, acquisto il mio biglietto
in un’agenzia per 40 MYR solo andata. Cercano di propormi anche una
sistemazione per la notte, ma rifiuto. Attendo su una panchina, conversando con
una coppia malese in vacanza. Dopo un po’, in taxi, arrivano due fidanzati
italiani, con voluminose valigie rigide.
Arrivati sull’isola, che
non è molto distante, accompagno i due connazionali nel resort che hanno
prenotato telefonicamente, il Kapas Island Resort, chiedo i prezzi, e guardo il
loro bungalow.
Dopodichè, accompagnata
dalla ragazza, che gentilmente in alcuni tratti si offre anche di portarmi lo
zaino, mi batto una per una tutte le sistemazioni della costa, che comunque non
sono tante, tralasciandone una soltanto perché per raggiungerla è necessario
inoltrarsi nella boscaglia.
Pulau Kapas nei week end è
letteralmente assalita da orde di vancazieri, un po’ come noi torinesi ci
riversiamo in Liguria, ma durante i giorni feriali c’è pochissima gente,
quasi tutti stranieri.
Il Duta Puri Island non
sarebbe male, ma ha i bagni all’esterno, e la tizia alla reception è
scorbutica. Mi colpisce il Light House, che ha anche stanze a dormitorio. E’
costruito come una long house in legno scuro, ed è carino.
Per arrivare invece alla
parte opposta, in fronte a Pulau Gemia, ci sono invece una serie di scalinate
per rendere più agevole il percorso. In questa area, ci sono spiaggette
incantevoli dove non c’è anima viva.
Dopo tutto questo
affannarmi ritorno….esattamente da dove ero partita, ossia al Kapas Island
Resort, e mi prendo un bungalow per 130MYR. Il giardino è bellissimo, verde e
molto curato, popolato di gatti ed un paio di varani, nonché alcune scimmiette
che però restano prevalentemente a debita distanza, sugli alberi.
26-27-28 agosto – Pulau
Kapas
Consumo i pranzi ad un
warung che si trova all’attracco dei traghetti, la media è sui 12 MYR, per la
cena invece mi fermo al Duta Puri Island resort, che cucina cibo migliore del
resort dove mi trovo io, in ogni caso il costo si aggira sempre sui 20 MYR.
Passeggio su e giù lungo
la costa ovest dell’isola, dove si trovano tutte le sistemazioni. Il posto
migliore per lo snorkeling è la spiaggetta di fronte a Pulau Gemia, dove si
trova una spa di lusso.
Al momento in cui ci arrivo
la prima volta, ci sono delle barche di asiatici in escursione, sempre con i
loro giubbetti salvagente, ma presto se ne vanno, lasciandomi completamente
sola.
Mi fa un po’ impressione
immergermi da unico essere umano in mezzo a migliaia di pesci. Che
effettivamente, abbonderebbero già a pochi metri da riva, ma allontanandosi un
po’, e raggiungendo delle formazioni coralline si incontra davvero un sacco di
roba.
Alcuni pesci, di colore
marrone, non saprei dire la grandezza perché le dimensioni risultano sempre un
po’ falsate in acqua, sono abbastanza aggressivi, uno di essi, forse il capo
branco, mi punta, ma con una manata lo allontano. Il furbetto, allora, mentre io
già penso di aver vinto la partita e proseguo indisturbata a scrutare il
fondale, mi segue quatto quatto, e mi attacca da dietro, colpendomi ad una
coscia. Panico! Non è un morso, è qualcosa che assomiglia più ad una botta,
come se mi avesse cozzato contro, ma siccome mi ha sorpreso mi spavento
tantissimo, come se fossi stata attaccata da uno squalo. Al warung, quando lo
racconto, mi ridono dietro.
Un posticino degno di nota
è il gruppetto di bungalow che non sono riuscita a raggiungere nella prima
perlustrazione ancora zaino in spalla, quello che si trova oltre il Light House.
Credo si chiami Turtle Cove. Ci si arriva attraverso una ripidissima scalinata
fra la vegetazione, e si raggiunge una spiaggetta molto piccola, tutta di
proprietà del complesso, che è gestito da nord europei. Gli chalet sono
abbarbicati sulle rocce, con grandi vetrate e tendaggi bianchi, pulitissimi, un
vero paradiso romantico.
A dire il vero, invece, non
è che il mio bungalow sia un granchè, e ci sono in giro tantissime zanzare, se
non avessi la mia zanzariera protettiva sarebbe un massacro, ma anche così
parecchie beccate me le prendo.
In ogni caso, questa Pulau
Kapas mi è piaciuta tantissimo, il mare forse non è così turchese come a
Perhentians, ma in compenso la poca concentrazione di esseri umani gli fa
guadagnare un sacco di punti.
28 agosto – da Pulau
Kapas a Kota Bharu
Da oggi la vancanza è agli
sgoccioli, ed inizia il processo di avvicinamento a Bangkok. Barca per
Marang, taxi sino a Kuala Terengganu, (30 MYR), bus SP Bumi con destino
Jerteh (8.30 MYR). Qui la coincidenza con la MKSK Cityliner (5.20 MYR) è
pressoché immediata, e, nella fretta di accaparrarmi un posto a sedere
sull’affollatissimo mezzo, che ha tutta l’aria di un bus urbano, non riesco
neppure a fare una pausa pipì.
Arrivo a Kota Bharu nel
pomeriggio, mi faccio strada tra la folla del terminal bus, che si trova accanto
ad un mercato, ed ignorando gli scocciatori, mi metto alla ricerca di un hotel
che si trovi nei paraggi, che tanto l’indomani devo subito ripartire.
L’Azam Hotel (70 MYR) mi
pare abbastanza decente, faccio un giro nei paraggi cercando un ufficio postale
dove imbucare cartoline (regolarmente arrivate in Italia), faccio cena piuttosto
presto (verso le 18) al ristorante Golden (22 MYR) nominato sulla Lonely Planet,
dopodichè vado a visitare il night market di cui Kota Bharu va fiera. A parte
le bancarelle, più che altro vestiario, nei paraggi ci sono ancora alcuni
supermercati aperti per cui riesco anche a non tornare in camera troppo presto.
29 agosto – da Kota Bharu
(Malesia) a Sungai Kolok (Tailandia)
Oggi sarà una vera
tragedia, ma ancora non posso saperlo, in quanto non ho mai guardato le news in
TV, né letto giornali, e quindi non ho la più pallida idea di ciò che sta
succedendo in Tailandia.
Mi alzo piuttosto presto,
c’è un sole splendido, e vado a fare un giro al mercato vicino al terminal
dei bus. Il mio treno da Sungai Kolok parte dalle 14.20. La città si trova
vicinissima, e poiché ho deciso di servirmi di taxi, anziché dei bus pubblici,
che pure ci sono, non è il caso che mi affanni troppo.
Faccio colazione in una
pasticceria che è uno spettacolo, un salone enorme piastrellato di bianco,
affollatissimo di malesi.
Un taxi, per 40 MYR mi
conduce sino a Pantan Panjang, il punto dove si passa la frontiera.
Teoricamente, da qui, camminando per circa un paio di chilometri si dovrebbe
raggiungere la stazione ferroviaria di Sungai Kokok. Sennonché, i funzionari
Thai che mi mettono il timbro di ingresso mi dicono che oggi c’è sciopero, ed
i treni sono tutti bloccati. Inizio a sudare freddo. E’ circa mezzogiorno, mi
dicono di sbrigarmi, prendere un mototaxi, ed andare subito alla stazione dei
bus. Minchia, proprio quello che volevo evitare. Il bus ci mette una vita,
esattamente come il treno, ma è tremendamente più scomodo. Prima di ciò,
tuttavia, voglio andare in stazione e cercare di capire che succede, od
eventualmente prenotarmi per l’indomani. Meno male che mi ero tenuta un giorno
come “cuscinetto” da passare a far shopping selvaggio a Bangkok, eventualità
questa che è sfumata e già basta a rendermi triste.
L’ingresso alla stazione
è presidiato da soldati in tenuta da guerra, con le armi spianate. Sono un
po’ intimorita ma anche fermamente decisa a far valere le mie ragioni. Almeno,
se non posso prendere il treno, voglio indietro i soldi del biglietto. Mi fanno
passare, alla biglietteria un impiegato sgarbato mi sbatte in faccia i miei 900
THB, con zero spiegazioni.
Arrivo al bus terminal, che
non è niente altro che una viuzza qualsiasi con un’agenzia che vende i
biglietti. Troppo tardi: gli ultimi posti sono stati venduti a due inglesi che
ricordo di aver visto al confine. Questo pulman parte alle 13.30, e sino
all’indomani, alle 12, non ce ne sono altri. Rassegnata, compro un biglietto,
1300 THB. Dovrei essere a Bangkok verso le 5 del mattino, e quindi comodamente
in tempo per arrivare in aeroporto. Senonchè, mi dicono, l’aeroporto è
bloccato, e così pure quelli di Phuket e Chiang Mai, da ribelli che vogliono le
dimissioni del primo ministro, accusato di ogni genere di corruzione.
Mi metto alla ricerca di un
hotel, e capito al Merlin che, nonostante la menzione sulla Lonely Planet, è
niente altro che un bordello. Anche qua, come in altri posti di confine,
prostituzione e gioco d’azzardo la fanno da padrone. Accanto alla reception
c’è una specie di vetrina, tipo acquario, con ragazze in bella mostra,
proprio come in certe zone di Bangkok. La clientela è al 100% asiatica.
Addirittura, nell’ascensore che mi porta alla mia stanza, (costo 40 MYR) ci
sono due tizi che stanno contrattando i prezzi delle prestazioni con le
signorine.
La mia camera è
luminossima, a parte le grandi finestre è piena di specchi. D’altra parte,
visto dove mi trovo, non potrebbe essere altrimenti… In ogni caso è molto
pulita, il bagno è perfetto, il materasso comodo. Mi attacco alla televisione e
cerco di capire qualcosa dalla CNN, mando sms in Italia ma i miei amici non
sanno molto, ed il mio credito sta per terminare.
Esco a fare un giro, la
città pare davvero squallida. Ci sono un paio di alberghetti da paura, dove
scorgo altri turisti occidentali, oltre a me, ma hanno l’aspetto da tossici,
per cui mi rallegro di stare in un casino. In una via laterale riesco a scovare
un emporio, sembra più un ingrosso che altro, veramente fornitissimo. Ci sono
infatti, in un colpo solo, tutti i tipi di souvenirs che ho trovato, e non
comprato, nelle diverse regioni della Malesia: cianfrusaglie stampigliate con la
scritta “Terengganu”, le stesse cianfrusaglie, uguali identiche, con la
scritta “Kelantan”, poi “Pahang”, ecc ecc.
Compro dei gatti
acciambellati in legno, con collare di peltro, un po’ intarsiato. Sono molto
belli.
Consumo pranzo e cena nei
baracchini in strada, rispettivamente 25 ed 80 THB. Al pomeriggio si scatena un
acquazzone biblico, trascorro molto tempo a sonnecchiare e a rimirarmi negli
specchi.. Sul pianerottolo vicino agli ascensori incontro una ragazzina di circa
12 anni, che sa un po’ di inglese, e mi intrattengo a conversare un po’ con
lei. E’ figlia di una addetta alle pulizie. E’ veramente molto bella, dagli
occhi dolcissimi. Aspetta sua madre, leggendo. Vorrei dirle qualcosa tipo
“studia, e vattene da questo schifo di posto”, ma non credo di avere il
coraggio e neppure l’autorità ed il diritto per farlo.
30 agosto – Sungai Kolok
Il mio bus parte alle
12.00, sprofondata in una poltroncina comodissima non vedo l’ora di andarmene.
Gli altri passeggeri mi gufano contro dicendo che non solo non riuscirò ad
arrivare al mio aereo, ma neppure a Bangkok, io incrocio le dita e spero nella
buona sorte.
Facciamo una sosta di 20
minuti a Nathon Si Thammarat, in una specie di autogrill dotato di food court
(25 THB per una zuppa con noodles e verdure). Qui incontro finalmente altri
stranieri, pure loro diretti a Bangkok in un pulmino, che mi dicono di non
preoccuparmi troppo. Sarà, ma intanto non è che passi una bella nottata.
31 agosto – Bangkok
Arrivo alle 5 ad un
terminal enorme di autobus. Faccio veramente fatica a trovare un taxi con
tassametro. Pagherò la mia corsa 250 THB. Altri ne avrebbero preteso 400,
maledetti..
Tutto attorno pare
tranquillo, avrei ancora tempo anche per farmi un giro di shopping in città, ma
non voglio rischiare e mi faccio portare direttamente a Suvarnabhumi, senza
problemi, e senza incontrare cortei o posti di blocco.
L’ultimo colpo
apoplettico della vacanza me lo procura un funzionario del controllo passaporti.
Risulta che un tizio, maschio, di etnia Thai, con il mio stesso passaporto sia
transitato a Phuket intorno alla metà di agosto. E’ lampante che si tratti di
un errore dell’impiegato che ha imputato i dati al computer, dato che hanno già
notato che il timbro di ingresso nel paese porta la data del 29 agosto, ma mi
fanno comunque aspettare un sacco di tempo in attesa di ulteriori controlli, e
mi chiedono perfino se io sia stata Phuket. Scusatemi tanto, gli dico, ma come
facevo a essere a Phuket se, timbri davanti al naso, sono uscita dal paese il 2
agosto e rientrata il 29? Per rafforzare la mia posizione di innocenza, gli
mostro le ricevute degli hotel malesi del 15 e 16 (le conservo tutte). Alla fine
pure loro ci arrivano e sono libera di lasciare la zona dei metal detector ed
andare in quella franca.
All’imbarco, incontro due
ragazze milanesi che hanno trascorso gli ultimi due giorni a Bangkok, e non
sanno nulla degli scontri che invece io ho visto in TV.
Partiamo regolarmente alle
14.40, ed atterriamo a Istanbul alle 21.
La nostra coincidenza per
Milano parte domani alle 20.30, abbiamo quindi una giornata intera da passare in
Turchia.
Le due ragazze già
all’andata avevano dovuto pernottare in città, ma poiché non erano rimaste
affatto contente della loro pensione, piena di ubriaconi, le conduco con me,
sperando che possano trovare posto.
Scopro con gioia che il
gestore si ricorda di me, e della caparra di 5 Euro che gli avevo versato. E’
in grado pure di soddisfare le ragazze, che sono felicissime di poter dormire in
un posto pulito e tranquillo.
1 settembre – Istanbul
Faccio colazione in un bel
baretto frequentato solo da Turchi, a 7 YTL. Mi fiondo quindi al bazar, ma
rimango abbastanza delusa. Alcuni locali, soprattutto i caffè, sono splendidi e
conservano l’atmosfera di un tempo, con le volte ad arco decorate di blu e le
lampade in vetro colorato, ma la maggior parte dei negozietti sono bugigattoli
che vendono cianfrusaglie a prezzi carissimi, le cose d’argento, ad esempio
sono le stesse che si trovano in India, e costano 10 volte di più. I gestori
non vogliono neanche saperne, di contrattare. Ma che ne è stato di questa
antica arte, vanto del popolo arabo?
Pranzo all’ingresso del
bazar a 10 YTL.
Il gestore dell’ostello
mi ha lasciato tenere in stanza le mie cose senza costi aggiuntivi sino alle 17,
e mi permette anche di fare un’ultima doccia. A Malpensa infatti viene ad
aspettarmi il mio fidanzato, e ci tengo quindi a presentarmi un po’ in grazia
di Dio, per lo meno pulita.
Un ultimo giro fra le
casette colorate di Sultanhamet, e rientro in aeroporto (1.40 + 1.40 YTL). Mi
fermo a comprare gli ultimi dolcetti al supermercato situato il piano interrato.
L’aereo parte puntuale, e
sempre puntuale atterra
Cristina