ISRAELE
Diario di viaggio, novembre 2004
Ciao a tutti! Questo non è un vero e proprio
“diario”, ma è più una specie di racconto per condividere con
voi questo viaggio………
Tutto è cominciato il 9 novembre, quando ho
ricevuto la telefonata di una cara amica che mi diceva:
“Il 15 parto, vado in Israele! Ti va di
venire con me?”. Ovviamente le ho detto subito sì! Ho sempre avuto
una grande passione per il Medio Oriente e poi, visto il momento storico che
stiamo vivendo, mi sembrava
una buona idea andare lì giù per rendersi conto con i propri occhi di
quello che sta succedendo. Del resto da “giovane”
sognavo di diventare un’inviata di guerra! Com’era prevedibile,
tutte le persone che mi conoscono mi hanno trattato
come una povera matta! Perfino alcuni amici palestinesi mi
hanno sconsigliato di partire: Arafat sta male, meglio aspettare periodi
politicamente più
stabili. Dopo qualche giorno, il 12 novembre, in tutto il mondo rimbalza la
notizia della morte di Arafat,
mentre il 14 ci sono disordini a Gaza………ma noi abbiamo deciso di partire e non ci ferma più
nessuno!
15 Novembre
Il 15 mattina siamo all’aeroporto di Bari. Il
nostro è un volo speciale per Tel Aviv: scopro che siamo
in tutto 180, divisi in tanti piccoli gruppi. Il mio è composto da una
decina di persone, tutte simpaticissime e
tutte con interessi e motivazioni diverse. Faccio subito amicizia con un
ragazzo che ha la mia stessa età, fa il giornalista e deve realizzare un
servizio sulla Terra Santa e sui pellegrinaggi. E con Carmine, un simpatico
signore che conosce benissimo lo stato d’
Israele: ci va più volte l’anno da oltre vent’anni e sarà la mia
“guida” in questo viaggio.
Dopo le varie formalità si parte. Arriviamo a Tel
Aviv alle 14 (le 13 in Italia). Ci sono 28 gradi.
L’aeroporto Ben Gurion è uno dei più belli che
abbia mai visto: modernissimo, luminoso, gigantesco……
Ci immergiamo subito nell’ atmosfera particolare
che regna in questo paese. Innanzitutto è strano
guardarsi intorno e vedere i diversi abbigliamenti: il verde delle divise
dei soldati, il nero degli abiti degli
ebrei ortodossi con i loro soprabiti e i loro cappelli a falde larghe da cui
spuntano i caratteristici ricciolini, le
tuniche colorate degli uomini e delle donne arabe con i loro veli.
Andiamo verso gli sportelli per il controllo dei
passaporti e per consegnare un modulo che abbiamo
Mi presento allo sportello, ma prima di consegnare il tutto chiedo
gentilmente all’impiegata di non timbrare il mio
passaporto: con il timbro d’ Israele sarebbe
impossibile da utilizzare per entrare in
un paese arabo. L’impiegata è gentile e mi accontenta, ma ad alcuni del
gruppo che sono capitati ad altri
sportelli non è andata così e si sono ritrovati col timbro. Del resto la cosa
è a discrezione dello Stato d’ Israele
(o meglio dell’impiegato), quindi questi poverini dovranno rifare il
passaporto!
Ritiriamo i bagagli e poi saliamo sul pullman. Da
lontano vediamo Tel Aviv: è una città modernissima, piena di palazzoni e
grattacieli. Imbocchiamo la superstrada che porta verso nord e che corre
parallela al mare. Non c’è molto traffico. Siamo diretti a Nazareth.
Dopo un bel po’ di chilometri, ci troviamo vicini
a Netanya. E’ una città araba: riesco a vedere bene le moschee e i minareti,
ma ad un tratto tutto scompare……… Già, tra noi e il
panorama adesso c’è la “security fence”, cioè il muro di Sharon.
Non ho parole per descrivere la sensazione
che ho provato vedendo tutti quei blocchi di cemento. E’ una cosa
agghiacciante!
Sono le 17 ed è quasi buio. La stanchezza prende il sopravvento e mi appisolo, ma vengo svegliata qualche minuto dopo da una brusca frenata: una specie di tir con un rimorchio ha tagliato la strada al nostro autobus. La cosa curiosa è che il tir trasporta delle vetture speciali: carri armati!
Arriviamo
a Nazareth. E’ una cittadina piccolissima e tranquilla. Andiamo a visitare il
Santuario.
Nella chiesa inferiore c’è la grotta dell’
Annunciazione; in quella superiore invece, le pareti sono
piene di mosaici e dipinti che rappresentano la Madonna e che provengono
da tutto il mondo.
Alloggiamo all’Hamayan Hotel: le stanze sono
molto belle, grandi e soprattutto pulitissime e si mangia
16
Novembre
Partiamo
da Nazareth, diretti verso il lago di Tiberiade. All’inizio il paesaggio è
secco e brullo, ma man mano che ci avviciniamo al lago diventa sempre più verde e
rigoglioso. Questa è una zona molto fertile
e tra le varie coltivazioni spiccano quelle del mango e del banano. La strada è
tutta in discesa perché il lago si trova
nella depressione del Giordano, a 210 metri sotto il livello del mare.
In pratica il fiume Giordano lungo il suo corso
forma questo lago e poi va a finire nel Mar Morto che è ancora più in basso, a
400mt sotto il livello del mare. Fa un caldo da morire: ci sono 30 gradi
e moltissima umidità. Ci fermiamo a Cafarnao, il paese di S. Pietro per
visitare gli scavi archeologici.
La tappa successiva è Tabgha. In questa zona ci
sono 3 importantissimi santuari: quello della Moltiplicazione
dei pani e dei pesci, in cui sono conservati alcuni dei mosaici più belli di
tutto Israele, quello delle Beatitudini,
e quello del Primato di Pietro che è proprio in riva al lago.
Visto il caldo ne approfittiamo per rinfrescarci un
po’ mettendo i piedi a mollo………Qui vicino c’è anche l’ imbarcadero
da dove è possibile prendere un battello per fare il giro del lago.
L’acqua è calmissima
e la gita risulta davvero piacevole. E’ strano poi pensare che a poche decine
di metri da noi ci sono la Giordania e la Siria:
all’orizzonte si vedono le alture del Golan.
Santuario della
Moltiplicazione dei pani e dei pesci
Il lago di Tiberiade
Barca Pescatore
Il sole sta per tramontare: risaliamo
sull’autobus e andiamo verso il fiume Giordano, in un punto
in cui ci sono dei camminamenti che portano fino dentro l’acqua. Il
posto è stupendo e, nonostante sia quasi
buio, riusciamo benissimo a vedere che il fiume è pieno di pesci, anche molto
grossi.
Prima di noi è arrivato un gruppo di battisti: per
questa confessione religiosa, il battesimo va amministrato a persone adulte,
quindi li troviamo tutti lì, con indosso delle tuniche bianche,
intenti ad immergersi completamente in acqua per celebrare il loro rito.
Riprendiamo l’autobus diretti a Gerusalemme.
Questa volta passiamo attraverso l’altra grande
strada che collega il nord e il sud del paese, e che corre parallela al
fiume Giordano. In lontananza si vedono
le luci di Gerico, la città più antica del mondo: la strada per arrivarci è
stata chiusa dall’esercito israeliano,
e dunque per noi è irraggiungibile! Purtroppo è buio e quindi non riusciamo
nemmeno a godere dello spettacolo del deserto di Giuda che stiamo
attraversando. Si intravede qua e là
solo qualche accampamento beduino visto che le tende sono illuminate con delle
torce.
Ci siamo quasi: dopo una curva ci appare
Gerusalemme! Non trovo le parole per descriverne la bellezza e l’emozione che
si prova alla vista delle mura possenti che la circondano e dell’ oro della
Cupola della Roccia che è visibile praticamente da tutta la città.
Alloggiamo al Notre Dame Center. In realtà più
che un albergo sembra un piccolo castello, una specie
di fortino, ma è in una posizione strategica, centralissima, esattamente di
fronte ad una delle otto porte di
Gerusalemme: Porta Nuova. Ovviamente io e la mia amica siamo curiose di
vedere subito qualcosa di questa meravigliosa città e quindi non
resistiamo alla tentazione di fare un
giretto dopo cena per conto nostro. A noi si aggregano altre due persone.
Decidiamo di andare verso il Muro
del Pianto. Attraversata Porta Nuova, ci troviamo davanti un labirinto di viuzze
strettissime: è un quartiere arabo e lungo la strada ci sono diversi
internet cafè. Uno di questi ha sulla
porta una foto gigantesca di Arafat e accanto una bandiera rossa con la faccia
di Che Guevara e la scritta “Hasta la
victoria ” ! Più in là ci troviamo a passare per il cardo romano e poi per
il quartiere ebraico: da pochi giorni è finita
una delle feste tradizionali più importanti,
la Festa dei Tabernacoli, detta anche delle Capanne. Infatti sui tetti delle
terrazze ci sono ancora le foglie di
palma usate come copertura. La cosa che più mi colpisce, è la tranquillità
che, almeno apparentemente, regna in città.
Forse perché me l’ero sempre immaginata come un posto
blindato, con i soldati che ti fermano e ti controllano ad ogni angolo! E
tra l’altro, nonostante siano le 22
passate c’è in giro un sacco di gente! Arriviamo alla nostra meta. Lo
spettacolo è straordinario: davanti a
noi c’è una specie di piazza enorme, delimitata dal muro, illuminata a giorno
e colma di ebrei in preghiera nonostante
l’ora. L’accesso al piazzale è possibile sempre, ma non è libero
perché bisogna prima passare attraverso il posto
di blocco e sotto il metal detector. Oltre il muro si vede la cupola dorata
della moschea di Omar, la Cupola della Roccia, chiamata così perché ricopre
la roccia su cui Abramo stava sacrificando Isacco e da cui Maometto è
asceso al cielo: ecco perché questo
posto è così conteso da tutti! Peccato che non possiamo vederla da vicino
visto che l’accesso alla spianata e
alla moschea è interdetto dal 2000!
Dopo i controlli entriamo nel piazzale. C’è una parte comune con le fontane per le abluzioni, mentre lo spazio dedicato alla preghiera, proprio sotto il muro, è diviso in due, una parte per gli uomini ed una più piccola per le donne.
Il muro è in pratica una grossa sinagoga a cielo
aperto. Ci sono sedie, banchetti e scaffali con i testi sacri consultabili. Per
i curiosi, all’indirizzo www.aish.com/wallcam
c’è una webcam che permette di
vedere il muro e la gente in preghiera. Gli uomini devono entrare a capo
coperto, tutti, anche se non sono ebrei.
Se qualcuno è sprovvisto del copricapo, gli viene fornita una
kippa di cartoncino. Le donne invece, non hanno vincoli di questo tipo.
Tutti quanti però, in segno di
rispetto e di affetto verso Dio, dopo aver pregato, devono allontanarsi
camminando all’ indietro,
senza mai dare le spalle al muro, fino ad un certo punto della piazza che
è delimitato da lastroni di pietra di un
grigio più scuro. Ovviamente anche noi, per rispetto, ci adeguiamo.
Avvicinandosi al muro, colpisce il fatto
che la gente prega muovendosi tutta, come se dondolasse: questo perché
per gli ebrei si prega non solo con la mente, col cuore e con le parole,
ma con tutte le ossa del
corpo. Una cosa carina, è che tra i mattoni del muro, nelle fessure,
molti mettono dei piccoli bigliettini con
le loro preghiere, richieste o ringraziamenti al signore. L’ ho fatto
anch’io.
17 Novembre
Cominciamo la nostra visita di Gerusalemme dalla
zona del Monte degli Olivi. La prima tappa è il
Santuario del Padre Nostro: sulle pareti c’è questa preghiera in tutte le lingue. Qui vicino si trova anche un bel vedere dal quale si gode di un panorama mozzafiato sulla valle di Giosafat e su tutta la città.
Muro del pianto La Cupola della Roccia
La
valle di Giosafat è piena di tombe ebraiche e chi va a visitarle, invece dei
fiori lascia sulla lapide un sasso.
Attraverso una stradina strettissima e molto scoscesa, scendiamo attraverso la
valle per andare a visitare
il santuario
del Dominus Flevit, una costruzione deliziosa la cui forma ricorda
una lacrima. Proseguendo, si arriva alla Tomba della Madonna e poi all’ Orto
degli Olivi. Qui ci sono otto olivi che hanno più di duemila anni (quindi c’erano già ai
tempi di Gesù). Accanto si trova la Chiesa dell’Agonia
o Chiesa delle Nazioni, che racchiude al suo interno la roccia sulla quale,
secondo la tradizione, Gesù ha sudato sangue. La chiesa rende molto bene
l’idea della passione in quanto è molto buia, con le vetrate blu, lilla, viola, e c’è
un’atmosfera che invita alla meditazione e al silenzio.
Poco
distante da qui si trovano anche i villaggi di Betfage e Betania.
Torniamo
al centro di Gerusalemme. Passiamo attraverso un’altra delle otto porte della
città, la Porta Santo Stefano, e procediamo fino a raggiungere la Via
Dolorosa. Qui c’ è proprio il suk di
Gerusalemme: la strada è strettissima, affollatissima e con decine e decine di
botteghe e bancarelle.
Davvero suggestivo.
Orto degli Olivi
Via
Dolorosa
La
nostra passeggiata termina al Santuario del Santo Sepolcro, che racchiude al suo
interno sia il sepolcro vero e proprio, sia il Calvario. Qui la situazione è
un po’ particolare: le chiavi del santuario sono di proprietà di due famiglie musulmane che tutte le mattine
alle 04,00 e tutte le sere alle 19,00 aprono e chiudono la porta d’ingresso. All’interno
officiano a turno, un giorno per uno, i francescani,
gli armeni e gli ortodossi.
18
Novembre
Stamattina
siamo diretti a Betlemme. Nonostante disti da Gerusalemme solo una decina
di chilometri,
essendo in Palestina, bisogna passare attraverso un posto di blocco israeliano.
I
controlli non sono molto severi, ma solo perché stiamo uscendo da Israele. Su
di noi incombe anche qui la security fence.
Security
fence
Colonia ebraica
Al posto di blocco
Il primo posto in
cui ci fermiamo è Beit Sahur, il campo dei pastori, dove c’è una bellissima chiesetta
e una grotta con un delizioso presepe. Già da qui ci si rende conto che la zona
è poverissima,
e la stessa impressione l’abbiamo tutti appena
entriamo a Bethlemme. Il nostro autobus si ferma in un mega-parcheggio costruito nel 2000 in occasione del
giubileo. Da qui proseguiamo a piedi scortati dalla polizia turistica fino alla piazza principale
e alla Basilica della Natività.
Dappertutto
ci sono immagini di Arafat e anche sulla facciata del municipio che si trova
nella piazza
c’è una scritta che saluta e ricorda il
presidente. Arrivati alla basilica mi sono venute in mente le immagini viste in tv qualche anno fa, quando per quelle stesse
strade giravano i carri armati, e tra gli spari alcuni giornalisti italiani e
alcuni palestinesi avevano trovato rifugio in chiesa, accolti dai francescani. Per entrare nella basilica, si attraversa una porta
non più alta di un metro e mezzo: l’ ingresso
originario è stato
abbassato per evitare ai turchi di entrarci con i
cavalli. Dentro c’è la grotta della natività, e il punto preciso è segnalato da una
stella.
Dopo
la visita, abbiamo un paio d’ore di tempo prima di ripartire. Decido di
avventurarmi da sola per
Com’era
prevedibile, appena uscita dalla chiesa vengo circondata da una decina di
ragazzi. Non è molto bello sentirsi una specie di attrazione, ma ripeto, dovevo
aspettarmelo: sono straniera, donna, e per di più sola. Quasi tutti parlano inglese e vogliono
vendermi un sacco di roba. Gli dico che non ho intenzione di comprare ma di parlare con loro per sapere
come si vive lì. Ma anche loro sono curiosi. “Quanti anni hai? 15?” Mi viene da ridere: ne ho
27 ma non vogliono credermi! “Sei sposata?” Quando gli dico di no rimangono letteralmente
sconvolti. “Ma perché?” Bella domanda……
Si
offrono tutti volontari: mi dicono che non sono ricchi ma se mi accontento del
loro cuore……
Nel
frattempo si è sparsa la voce della mia presenza: arrivano pure un paio di
ragazzi che parlano italiano e anche
piuttosto bene perché hanno lavorato qualche mese a Milano. Uno dei due è un poliziotto. Dicono che hanno voglia di fare due chiacchiere così
ripassano la lingua. Raccontano che a Bethlemme da circa 4 anni di turisti se ne vedono pochi, e negli
ultimi tempi poi, con la storia della guerra in Iraq non si vede praticamente più nessuno. La gente ha
paura e gli unici intrepidi sono proprio gli italiani. Ma anch’io sono curiosa: loro cosa fanno?
dove passano il tempo? dove posso andare in queste due ore? cosa posso vedere oltre alla Basilica? Li
ho spiazzati: si guardano indecisi e alla fine mi dicono: “in piazza !” Già, l’unico punto di
aggregazione è la piazza, che praticamente è a 10 metri da noi. Chiacchieriamo un altro po’ ma poi comincia
a diluviare e siamo costretti a fuggire tutti. La piazza si è completamente svuotata e piove
troppo, allora decido di raggiungere il
Presepe
Felafel
Bethlemme
La
piazza
Bambino
La stella
Sono tenerissimi e gli riempio
le tasche di caramelle e cioccolatini che ho in borsa. Ripartiamo perché nel
pomeriggio dobbiamo terminare la nostra visita di Gerusalemme. Ripassiamo per lo stesso posto di
blocco ma stavolta siamo in ingresso, quindi ci trattengono parecchio e fanno un controllo più
minuzioso. Finalmente passiamo e ci dirigiamo verso la capitale per vedere la zona del monte Sion.
Visitiamo la Chiesa della Dormizione della Madonna, il Cenacolo, la sinagoga con la Tomba di
Davide.
Donna
Animali
Arafat
19
Novembre
Purtroppo
oggi è il nostro ultimo giorno in Israele. Abbiamo tempo solo per una visita
velocissima al Patriarcato Latino di Gerusalemme, e poi partiamo direzione Tel
Aviv. Attraversiamo con l’autobus i quartieri nuovi di Gerusalemme: vediamo l’università,
il Parlamento, il museo del libro.
All’
aeroporto ci aspetta una mattinata faticosa. Impieghiamo quasi 4 ore per salire
sull’aereo perché, oltre ai
soliti controlli sotto i metal detector (ne facciamo ben 3, sia noi che i
bagagli), ad ognuno viene fatto un piccolo interrogatorio (dove siamo stati,
se abbiamo sempre tenuto i bagagli con noi, se qualcuno ci ha dato qualcosa), e vengono
aperte e disfatte tutte le borse.
Giornali,
libri e riviste sono controllati pagina per pagina, gli spazzolini da denti
elettrici vengono smontati, ed a qualcuno tirano fuori anche tutta la biancheria
sporca!
Alla
fine riusciamo a decollare, anche se con un’ora e mezza di ritardo……
Antonella Luciana Foschini