Il cielo sulla Terra
Egitto
Racconto di viaggio 2007
GIORNO
1:
Il caldo mattino padano inizia a farmi preoccupare.
Chissa’ che temperature troveremo in Egitto, e’ pur vero che almeno questa
umidita’ micidiale non e’ certo tipica nei luoghi desertici o Nord-Africani
ma comunque resto un po’ pensieroso. Guardo le nostre valigie con il solito
dubbio di aver dimenticato qualcosa, ma alla fine scopro da solo che la cosa
e’ irrilevante. In fondo si va in un paese caldo, provvisto piu’ o meno di
tutto e soprattutto con un viaggio organizzato in crociera sul Nilo.
Eh ! Lo so, lo so, viaggiare per diversi anni solo zaino
in spalla anche nei luoghi meno frequentati di questo mondo, e poi ridursi a
fare una crociera sul Nilo iper-organizzata puo’ essere interpretato come un
improvviso colpo di sole o un rincoglionimento senile…. In realta’ nessuno
dei due e per vari motivi: primo in una sola settimana che abbiamo a
disposizione vediamo veramente un’infinita’ di luoghi che il viaggio auto
organizzato non ci permetterebbe per via degli infiniti trasferimenti tra
autobus e treni. In secondo luogo per la prima volta in vita mia cercavo un
po’ di relax da abbinare al viaggio e Paola ha condiviso felicemente questa
scelta. Terzo e NON ultimo ho 37 anni e non mi considero ancora un rimbambito se
non per le varie patologie mentali che alcuni mi attribuiscono fin dalla
nascita.
L’aereo ad ogni modo parte regolarmente, noi il nostro
giro lo inizieremo dal Cairo ma chissa’ poi perche’ andiamo a Luxor a poi
dobbiamo aspettare il volo serale per la capitale egiziana.
In realta’ quella che sembrava una scocciatura si e’
rilevata un piacevole intermezzo. Dall’aeroporto di Luxor infatti ci hanno
trasferito sulla nave da crociera e, in attesa del volo serale, abbiamo goduto
dei servizi di bordo, come la cabina dove cambiarci, la piscina, il pranzo e i
lettini per prendere il sole e rilassarci alla leggera brezza del Nilo. La
temperatura e’ piu’ che sopportabile e l’umidita’ milanese e’ solo un
ricordo.
In realta’ noto con piacere che le persone che
proseguono per il Cairo sono relativamente poche rispetto a quelle che si
fermano a Luxor, ridacchio sotto i baffi a pensare che forse faremo un tour
quasi personalizzato. Mi guardo un po’ in giro dalla sdraio a bordo vasca per
identificare i possibili compagni di viaggio ma poi desisto, troppe le persone e
troppo rilassante chiudere invece gli occhi e pensare che siamo qui per la prima
volta in un luogo che trasuda da tutti i pori il proprio passato e mi perdo con
lo sguardo sull’altra riva, la riva dei morti dove furono sepolti decine di re
e regine e dove forse c’e ‘ ancora qualcosa da scoprire.
Chissa’ poi perche’ ho aspettato cosi’ tanto tempo
ad andare in Egitto, per un appassionato di archeologia come me dovrebbe essere
una delle prime mete, eppure c’era sempre qualche luogo molto piu’ lontano
da scoprire e mi sono sempre detto per l’Egitto c’e’ tempo e’ qui
vicino. Un po’ lo stesso discorso dell’Italia, la vicinanza dei luoghi mi ha
spesso fatto rimandare. Eppure la cultura egiziana cosi’ come quella
mesopotamica sono considerate da tutti in maniera inequivocabile la culla della
nostra civiltà’, o almeno lo sono da quello che oggi conosciamo del nostro
passato. Teorie recenti e un po’ azzardate infatti attribuiscono gli albori
della civilta’ egizia ad un epoca molto piu’ lontana rispetto a quella
tradizionale situata a poco meno di 5000 anni fa. Un’epoca cosi’ lontana da
perdersi nel buio dei millenni quando in teoria la terra era popolata da poco
piu’ che rozzi cacciatori vestiti di pellame, capaci forse pero’ di
edificare le uniche meraviglie del mondo antico arrivate fino a noi: le
piramidi. Furono capaci di allinearle in modo da rappresentare cio’ che
vedevano nel cielo come i tre puntini luminosi e leggermente fuori
asse della cintura di Orione … e il Nilo li’ in mezzo con il suo sinuoso
cammino ad identificare la Via Lattea. L’Egitto cosi’ non era altro che una
enorme riproduzione di cio’ che abbiamo sulla testa un po’ come avere il
cielo sulla terra.
GIORNO 2:
Ne avevo visti di alberghi di lusso nella mia vita,
soprattutto, anzi solo durante i viaggi di lavoro, ma, parola mia, questo
Intercontinental City Stars Hotel del Cairo li batte tutti. Due piscine con bar
a bordo vasca o addirittura dentro l’acqua come isole ‘alcoliche’ dove
dissetarsi.
Locali e ristoranti al coperto e all’aperto, sale
fitness e SPA, musica serale e casino’ al piano inferiore, connessione diretta
con il palazzo dei grandi magazzini, insomma una citta’ nella citta’. Non
sono proprio abituato e mi sembra tutto un eccesso, soprattutto qui in Egitto,
ma si sa al lusso ci si abitua in fretta.
Gia’ la mattina a colazione non so cosa scegliere, la
colazione a buffet e’ tremenda e rischi sempre di prendere troppo e di tutto
senza accorgerti che non e’ un pranzo ma una colazione … appunto. Ad ogni
modo se tutti i problemi fossero questi, bhe’ ci metterei una firma.
Usciamo dall’albergo e inizia il mio senso di disagio,
saliamo su un bus insieme alle altre persone che parteciperanno a questo tour,
fortunatamente la media di eta’ e’ abbastanza bassa ma cio’ non toglie il
mio sentirmi fuori posto o il mio disagio. Non sono abituato a viaggiare in
gruppo, non sono abituato al tutto organizzato e soprattutto non sono abituato a
sentirmi parte di un gregge. Il ‘pastore’ e’ una guida egiziana che parla
benissimo italiano e si chiama
Essam, si dimostrera’ un ragazzo colto, simpatico e molto preparato. Io e
Paola ci guardiamo un po’ in giro e subito notiamo che, in generale, il gruppo
appare abbastanza eterogeneo. Iniziamo a scambiare qualche parola e dimentico
presto il mio disagio che potrebbe anche essere scambiato per snobismo e questo
proprio non mi va. In piu’ mi piace sempre l’idea di conoscere persone
diverse con cui confrontarmi, anche se queste appartengono magari ad un
‘mondo’ un po’ diverso dal mio.
La prima tappa e’ la cittadella del Cairo, una
fortificazione le cui origini risalgono ad epoca crociata, quando Saladino la
edifico’ per difendere la citta’ stessa dalle incursioni dei “difensori
della fede cristiana” e poi ampliata da dinastie successive come i mamelucchi.
La cittadella ospita la moschea di Mohammed Ali’, un
sovrano che a partire dal 1830 modifico’ pesantemente l’area edificando la
moschea che porta il suo nome.
Prima di arrivare l’autobus costeggia l’immenso
perimetro della citta’ dei morti che è ancora oggi il segno del rapporto
quotidiano tra vivi e defunti che segna la storia dell'Egitto dall'età dei
faraoni. E’ un immenso cimitero musulmano dove un infinito numero di case
pericolanti si aggrovigliano a tombe e mausolei di epoca storica. I derelitti
del Cairo abitano qui e il cimitero paradossalmente si e’ animato di uomini e
donne, di botteghe e di piccoli ristori, di strade impolverate e di carretti
trainati da muli in un luogo dove dovrebbero abitare solo i fantasmi.
Non tolgo lo sguardo dal finestrino e Paola legge subito
le mie intenzioni guardandomi con occhi interrogativi, del tipo “ non avrai
mica intenzione di andare li dentro??” … eh si’, lo ammetto il pensiero
corre veloce, forse troppo e le mie intenzioni si dipanano immediatamente sulla
mia faccia che diventa a quel punto un libro aperto. Va bhe’ .. vedremo,
vedremo …
L’arrivo al parcheggio della cittadella e’
contemporaneo ad altri autobus che vomitano turisti disciplinati in coda al
proprio accompagnatore.
Anche noi seguiamo Essam e lascio in un cantuccio la mia
anarchia turistica, in piu’ godiamo anche di spiegazioni dettagliate mentre da
soli avremmo dovuto leggere un bel malloppazzo di pagine della guida, come la
‘chicca’ dell’orologio non funzionante donato dal re di Francia Luigi
Filippo in cambio dell’obelisco che oggi abbellisce Place de la Concorde.
Essam all’interno della moschea si dilunga nella
descrizione della religione musulmana, smitizzando un po’ alcuni luoghi comuni
che arrivano da noi in occidente e facendo capire comunque che esiste una faccia
molto piu’ tollerante dell’Islam e quella faccia noi ci ostiniamo a non
vederla. Forse fa piu’ comodo cosi’, forse fa piu’ comodo identificare
tutto l’Islam con l’estremismo religioso, forse noi ‘occidentali’ siamo
sempre alla ricerca di un nemico a cui contrapporci per specchiarci cosi’
nella superiorita’ del nostro modo di vivere.
Forse e’ cosi’ ma non tutti sembrano convinti.
Dalla terrazza, che ospita anche un bel giardino, si gode
una bellissima vista sulla citta’ del Cairo, tante case, i palazzi moderni, i
minareti e laggiù in fondo perse nella foschia inquinata le piramidi !
Il pranzo e’ poco piu’ che una porcheria, consumato su
un battello sul Nilo fatto apposta per turisti, non ricordo neanche quello che
ho mangiato forse del pollo ma poteva anche essere antilope del deserto alla
piastra.
Il museo egizio sa di vecchio, odora di muffa e polvere,
decine di reperti accatastati, mobili con vetrine in cui fanno bella mostra
manufatti descritti da una piccola targa ingiallita dal tempo, non c’e’ un
ordine cronologico e quando ti fermi davanti ad una statua immensa sai che
potrebbe essere della prima dinastia come di epoca tolemaica, eppure mi piace,
mi piace il suo essere vecchio e impolverato e credo che in 50 anni non abbia
subito molte trasformazioni se non nei sistemi di sicurezza.
Le sale dedicate a Tutankhamon sono le piu’ spettacolari
i colori del trono, i gioielli, le bighe per i cavalli e l’immensa maschera
funeraria valgono da sole un viaggio fino a qui, mentre per la sala delle mummie
rinunciamo ad entrarci, visto che lo stesso Essam ne sconsiglia la visita e il
pagamento di un ulteriore biglietto, le mummie del museo di Torino sono piu’
numerose e meglio tenute.
Il tardo pomeriggio lo passiamo a girovagare per il bazar
all’aperto di Khan El Khalili, un groviglio di banchetti e negozi dove turisti
e locali si mescolano nella prospettiva di qualche acquisto; spesso pero’ la
merce e’ solo una vetrina per turisti con oggetti di scarso interesse e poco
valore. Resta comunque una bella passeggiata e un bel modo per conoscere un
po’ piu’ da vicino questa citta’.
La sera in albergo gironzoliamo per i vari locali dopo
un’ottima cena, la piscina illuminata, la musica da discoteca e il lusso
dell’hotel, in fondo anche questo vale il viaggio fatto fino a qui .. un po’
come per Tutankhamon!
GIORNO
3:
E arriva il giorno delle piramidi.
Nell’immaginario collettivo l’Egitto viene associato
alle piramidi, ne sono il simbolo, la meta piu’ visitata, l’unica meraviglia
del mondo antico giunta fino a noi. Eppure l’Egitto non e’ solo questo ma
viene addirittura sminuito da questa associazione, tanto la sua lunga storia e
le diverse dominazioni hanno prodotto un patrimonio artistico e culturale
immenso, probabilmente neanche classificabile.
Facciamo la solita colazione pantagruelica prima di salire
sull’autobus con il resto della truppa. Facciamo amicizia con un gruppetto di
4 ragazzi veneti con i quali c’e’ subito un buon feeling, con gli altri per
il momento non si va oltre un ‘ciao’ o scambi di convenevoli… magari
piu’ avanti…
La piana di Giza appare all’orizzonte come un’isola di
pietra in mezzo al deserto circondata da un abusivismo edilizio spaventoso, case
costruite a meta’, file di panni stesi tra una casa e l’altra, mancanza di
intonaco, fogne a cielo aperto, corrente elettrica probabilmente abusiva e
parabole satellitari ovunque. Mi sa che anche qui la politica dei condoni ha il
suo bel tornaconto, con la differenza che questo sterminato ammasso di mattoni
sta inglobando una delle opere piu’ straordinarie dell’uomo.
Arriviamo in bus all’ingresso posto nella parte alta
della piana e, sempre in autobus, raggiungiamo un posto panoramico appena sopra
la piramide di Micerino, in maniera da dominare l’intera area tra piramidi, la
lontana sfinge, l’infinita distesa di case e alle spalle il deserto, le dune,
la sabbia finissima, proprio nella sua immagine piu’ classica.
Qualche foto in giro anche ai beduini o presunti tali che
portano in giro goffi turisti sulle spalle dei cammelli. Uno spettacolo pietoso
ma con scene divertenti e poco gratificanti per il turista.
Ci avviamo lentamente sotto un sole che si fa sempre
piu’ rovente verso la base della piu’ piccola delle piramidi, quella di
Micerino. Finalmente tocco queste pietre millenarie, finalmente le vedo dal
basso in alto dopo solo averne assaporato la visione sui libri o in televisione.
I blocchi di pietra alla base sono immensi, inutile chiedersi come furono
trasportati qui perche’ le teorie si sprecano, resta il fatto che l’uomo ha
realizzato qualcosa di inimmaginabile. Scendiamo all’altezza della piramide di
Chefren dove pagando un ulteriore biglietto accediamo alla camera interna. Il
caldo e’ soffocante e l’umidita’ interna e’ quasi insopportabile, ma
alla fine facciamo il nostro giro ‘claustrofobico’. Guardo di fronte e si
erge cio’ che ha ispirato e stupito migliaia di persone, cio’ che ha colpito
l’immaginario collettivo piu’ di qualsiasi altra opera dell’uomo (e
qualcuno potrebbe anche commentare su questo): la piramide di Cheope. Purtroppo
non possiamo entrare viste le prenotazioni e visto l’accesso cosi’ limitato;
io e Paola ci limitiamo a girarci attorno, anzi la guardiamo da solo due lati
perche’ fare l’intero perimetro a piedi sarebbe impegnativo, con questo
caldo poi ….
Il bus ci porta all’ingresso principale dove una breve
sosta refrigerante e’ piu’ che benvenuta. L’ingresso conduce direttamente
all’area archeologica della sfinge attraverso una strada lastricata e un
continuo assedio di venditori. Anche qui le soste si sprecano non tanto per il
caldo ma per cercare la posizione migliore dove fotografare il volto di uno
degli enigmi piu’ grandi che ci sono arrivati dalla storia. Chi rappresenta ?
quando fu realmente costruita ? Secondo la scienza ufficiale non e’ altro che
la proiezione del volto di Cheope, altri sostengono diverse teorie piu’ o meno
complesse. Resta il fatto che la sfinge a li’ a testimonianza di un passato
mai pienamente compreso e che sicuramente riserva molte piu’ sorprese di
quelle che ci aspettiamo.
Bhe’ comunque ci facciamo fare una foto ricordo di noi
due con alle spalle la sfinge e
come sempre, come al solito il fotografo improvvisato o ci taglia la testa o i
piedi … va bhe’ rinunciamo ad una foto decorosa…
Le spiegazioni della restante parte archeologica di Essam
sono abbastanza veloci e ci riavviamo lentamente verso il bus con un caldo
tremendo ma comunque ancora sopportabile.
Altra tappa in un anonimo ristorante lungo la strada con
un arredamento pacchiano che dovrebbe far pensare al lusso e che in realta’
nasconde, neanche troppo bene, sporcizia ovunque. Ancora una volta cosa abbiamo
mangiato cade nell’oblio dei ricordi senza lasciare traccia.
La tappa pomeridiana e’ Menphi la capitale dell’antico
regno (fino al 2200 A.C.). Essam ci spiega qualche dettaglio maggiore sulla
visita e cerca anche di insegnarci a contare in arabo con il solo risultato che
ognuno pronuncia a modo suo le parole a seconda dell’Italica provenienza.
L’antica citta’ si trova una ventina di Km dal Cairo e
per arrivarci il bus costeggia per un tratto il Nilo per poi perdersi in una
strada ai margini del deserto.
Menes, il faraone fondatore della prima dinastia e di
Menphi (stando alla tradizione), fu anche l’unificatore dei due regni del
Basso e dell Alto Egitto, ma visto che di questo mitico regno si perdono i
ricordi nel buio della storia (si tratta di circa 5000 anni fa), l’attuale
sito archeologico e’ ricco di reperti molto piu’ recenti come l’enorme
statua di Ramses II del museo.
Con Paola ci soffermiamo a lungo sulle banchine
sopraelevate per osservare la figura imponente di quello che e’ ritenuto il
faraone piu’ importante di tutta la storia egiziana.
Saqqara e’ la necropoli di Menphi ed e’ situata ai
margini del deserto, quando i fittissimi palmeti degradano verso le dune di
sabbia e il nulla dell’orizzonte.
Ammetto che questo luogo mi ha sempre affascinato, quanto
e forse piu’ della piana di Giza forse per la sua antichita’ o forse per il
semplice fatto di ospitare uno dei primi tentativi di costruire piramidi nella
storia egiziana.
Djoser fece costruire per se’ questo incredibile
monumento funerario come una serie sempre piu’ piccola di mastaba sovrapposte
creando l’effetto a gradoni ancor oggi visibile. L’idea in realta’ fu del
suo architetto Imhotep, precursore forse di tutte le scienze mediche egizie.
Di tombe in questa area ne esistono molto come anche di
piramidi incompiute o mezze diroccate, alcune hanno anche angoli di inclinazione
diversi rendendo la geometria piramidale abbastanza bizzarra.
Usciamo verso orario di chiusura e la prospettiva della
piscina dell’albergo allieta un po’ la calura del tardo pomeriggio.
In realta’ lo stare fermo e chiuso in albergo per quanto
bello mi mette sempre un certo prurito ai piedi e quindi mentre Paola resta in
piscina a godersi il sole rimanete della giornata, decido di uscire e
contrattare con un taxi un passaggio alla piana di Giza.
Voglio fotografare le piramidi al tramonto senza entrare
nel sito, credo che la posizione migliore sia l’ingresso basso dove c’e’
la sfinge con lo sfondo delle tre piramidi. Concordo per 80 lire l’intero
tragitto che dura quasi un’ora, il traffico e’ tremendo e in alcuni tratti
mi ricorda molto l’anarchia che spesso incontro in India, non sembra esserci
nessuna regola e l’attraversamento pedonale diventa un’impresa impossibile o
quasi. Ad ogni modo l’uscita dal taxi davanti al sito comporta un affollamento
di gente attorno a me che chiede o vuole qualunque cosa, nonostante la
situazione poco piacevole mi sento a mio agio, queste scene vissute in tanti
luoghi mi riportano al viaggio vissuto come esperienza piu’ a contatto con la
gente, senza essere trasportati da un luogo all’altro in un involucro
trasparente come il bus e per il resto isolarsi tra le mura protettive del
grande albergo. Non che questo sia per forza deprecabile ma e’ solo un modo
diverso per concepire il viaggio ed in piu’, lo ammetto, questo albergo del
Cairo e’ una vera favola. Mi perdo al solito tra i miei pensieri e la gente
via via sciama fino a lasciarmi solo con la macchina fotografica al collo e
posso finalmente dedicarmi a guardare io la gente, a sentire le voci a guardare
dentro i negozi e capire che in fondo non si e’ mai soli veramente in questo
mondo. Il sole basso all’orizzonte mi ricorda il motivo della mia presenza qui
e un negoziante si offre per ospitarmi sul suo terrazzo che gode stando a lui di
una splendida vista su tutta la piana. So gia’ che questa offerta non sara’
gratuita, ma accetto e passo una mezz’ora tra i panni stesi ad asciugare e la
piacevole calura di fine giornata. Per la verita’ il tramonto non e’ un
granché e il pallidume della luce si diffonde anche nelle mie foto senza
lasciarmi quello stato di soddisfazione che raggiungo dopo una bella fotografia.
Il negoziante vuole farmi visionare il suo intero
campionario di tappeti, ma me la cavo con una mancia ed un veloce
ringraziamento.
Il resto del tempo lo dedico alla ricerca di un taxi che
mi riporti in albergo e passo il tragitto a guardare dal finestrino le ombre
della sera che si allungano in maniera smisurata fino a formare delle figure a
volte divertenti.
Paola mi accoglie con una faccia interrogativa del tipo
“Sei sopravvissuto ??” .. “Si, Si tutto bene, a parte che hanno cercato di
vendermi di tutto, piramidi, incluse”.
In camera, dopo una doccia rigeneratrice, ecco che combino
il danno: erroneamente cancello tutte le foto sulla mia macchina fotografica.
Caccio un urlo di rabbia e adesso che faccio !?!? .. le foto alle piramidi, alla
sfinge a Menphi e Saqqara, tutte perse …. Ma pian piano maturo un’idea o
meglio trasformo una piccola tragedia in un’opportunita’ che potrebbe
trasformare la giornata di domani in una giornata fai da te. Domani, infatti,
c’e’ in programma un giro delle chiese Copte del Cairo e poi pomeriggio
libero, noi dopo la visita a quella chiamata “la Sospesa” potremmo
sganciarci dal gruppo e raggiungere in maniera autonoma di nuovo Giza e Saqqara!
Paola mi guarda come se avesse gia’ intuito le mie intenzioni … bhe’ nulla
di meglio che la buonissima cena in albergo per spiegargliele.
GIORNO
4:
La chiesa copta e’ una delle chiese cristiane
d’oriente con liturgie simili a quella ortodossa. Fondata nel I secolo dopo
cristo in Egitto, ha resistito per diversi secoli all’islamizzazione della
regione ed ora vanta una serie di chiese molto interessanti nella parte vecchia
del Cairo.
Iniziamo il giro con la chiesa chiamata “la sospesa” che vanta bellissime
icone ed un soffitto che sembra lo scheletro di una nave girata.
La successiva in cui entriamo e’ quella di San Sergio
che racchiude la grotta dove soggiorno’ la sacra famiglia in visita in Egitto.
Tutto bello e interessante ma … ho fretta di mettere in
pratica il mio progetto e ne parliamo con Essam, il quale sembra un po’
stupito dalla nostra intenzione di staccarci dal gruppo per tornare a Giza e
Saqqara ma alla fine ci da anche qualche buon consiglio in merito alle tariffe
dei taxi.
Usciamo abbastanza velocemente dalla zona copta e
incrociamo subito una strada a grande percorrenza dove fermiamo un taxi. Ci
accordiamo per portarci prima alla piana di Giza e poi a Saqqara in maniera da
avere un prezzo migliore. Decidiamo di saltare Menphi per problemi di tempo …
peccato quelle belle foto alla statua di Ramses II perse per sempre.
Il caldo si fa sentire e come al solito ci troviamo a
visitare un luogo nel momento peggiore della giornata: mezzogiorno. Paola decide
di restare fuori per evitare di rivedere le stesse cose solo per rifare le foto,
ma anche per non ripagare il biglietto di ingresso. Mi riavvio lentamente
dall’ingresso basso verso le piramidi e sinceramente la salita in queste
condizioni climatiche e’ veramente provante. Mi aggiro per una ventina di
minuti tra quelle di Chefren e Cheope cercando di includere anche qualche volto
di passaggio tra quelle pietre millenarie. Pian piano incomincio la discesa
verso la sfinge, dove mi fermo il tempo necessario di raggiungere una certa
soddisfazione per le foto fatte. poi mi avvio verso l’uscita dove Paola mi ha
aspettato per quasi un’ora. La faccia e’ quella del tipo:
“ ma cosa mi tocca fare per amore …” , non so neanche se ha subito
l’abbordaggio di decine di egiziani, ma in ogni caso dopo una sosta al bagno
riprendiamo il taxi in direzione Saqqara. Passiamo quasi un’ora nel vecchio
taxi ripercorrendo zone gia’ parzialmente viste il giorno precedente, solo che
in questo caso nessuno sembra far caso a noi, mentre il giorno prima un bus
pieno di turisti suscitava maggiore interesse, non dico curiosita’ perche’
da queste parte di turisti ne vedono a tonnellate. Ecco di nuovo i palmeti ed
ecco di nuovo il deserto. Facciamo velocemente i biglietti ed entriamo in un
sito quasi vuoto se si eccettua una rumorosa comitiva giapponese. A differenza
di Giza, Saqqara non e’ affollata e’ completamente isolata dai rumori e
dalla vicinanza di una citta’, ha quell’odore di antico che Giza ha ormai
perso immersa com’e’ in una metropoli immensa come Il Cairo. Nessuno ti
assilla con richieste assurde o improponibili, nessuno ti nota, ti sembra di
essere veramente da solo. Passiamo un’oretta in pace, senza una meta o un
orario da rispettare e poi ci avviamo lentamente verso l’uscita non sapendo
ancora che il ritorno sarebbe stato molto piu’ lungo del previsto.
L’auto inizia a dare dei problemi gia’ alla partenza
quando sbottando e fumando si mette in moto, ma non fa molta strada e si ferma
qualche km piu’ in la’. Il taxista si improvvisa meccanico e l’auto dopo
qualche calcio ed un po’ di acqua nel radiatore riparte per poi fermarsi
definitivamente lungo una strada poco battuta alla periferia sud del Cairo.
Questa volta non ne vuole sapere, non riparte proprio e
noi scendiamo dall’auto per evitare di cremare dentro.
Ci fa un cenno di sconforto visto e mentre lui cerca di
riparare il danno, qualunque cosa fosse, noi ci incamminiamo lentamente lungo il
ciglio della strada per arrivare ad un baracchino dove prendere qualcosa da
bere.
Qui si che di turisti ne vedono pochi, ci sono 4
ragazzotti intenti a fumare
e quando arriviamo si prodigano nel pulirci un tavolo tra
i tanti disponibili, anzi oltre a noi non c’e’ proprio nessuno. In tutti i
posti che ho visitato esiste una costante nell’ampia gamma di beveraggi
disponibili: la Coca Cola e la Mirinda. Della seconda poi ne esistono numerose
varianti, al gusto banana, limone, fragola (ma non sono sicuro) e diverse altre
possibilita’.
In realta’ si tratta di un tale concentrato di zuccheri
e coloranti da lasciare la bottiglia colorata sulla sua superficie interna una
volta svuotata dal suo contenuto.
Non e’ un gran sollazzo per lo stomaco, ma in ogni paese
io ne ho provato una e l’Egitto non voglio che diventi certo l’eccezione,
l’unico problema e’ che la stappano e puliscono il collo della bottiglia con
la manica della camicia. In piu’ sembra scaduta da dieci anni….speriamo
bene.
Il pergolato in plastica rotta attenua un minimo la calura
e la mia Mirinda, dopo averne bevuto un paio di sorsate, viene allegramente
abbandonata sul tavolino, questa versione e’ troppo dolce e di sapore
indefinibile. Paola se la cava con un the’ alla menta. Aspettiamo una
mezz’ora prima di ricacciarci in strada e vedere qual’e’ la situazione
dell’auto ma sembra ancora tutto il alto mare. Anche volendo prendere un altro
taxi, qui non ne passano molti anzi praticamente nessuno, ed in piu’ ci
scoccia abbandonare il poveretto anche se non possiamo fare molto per aiutarlo.
Fortunatamente si ferma un furgone il cui autista e’ un
meccanico e cosi’ dopo un po’ riusciamo a ripartire singhiozzando.
Altro problema, il nostro autista non sa o non capisce
quale sia il nostro Hotel, quindi ci facciamo lasciare in una zona centrale del
Cairo nelle vicinanze del Nilo dopo inutili tentativi di spiegargli la nostra
meta. Vaghiamo cosi’ a piedi per qualche minuto senza una meta precisa ma in
attesa di qualche taxi da fermare.
Finalmente troviamo qualcuno che sembra sapere dov’e’
‘sto benedetto Intercontinental City Stars e saliamo. Bhe’ diciamo che
all’hotel ci arriviamo molto velocemente nonostante non sia proprio vicino e
il traffico sia molto caotico. Taglia le rotonde in contromano, sale sui
marciapiedi, punta diritto sui pedoni che attraversano e dove c’e’ libero,
raggiunge velocita’ impensabili per una simile carretta. Ci sono momenti che
temiamo di non arrivare sani, ci sono altri dove ringraziamo il traffico che
permette di ridurre la velocita’, ci sono altri ancora dove l’ennesima
sigaretta accesa provoca sbandamenti improvvisi al mezzo guidato con le
ginocchia (una mano per la sigaretta e l’altra appoggiata fuori dal
finestrino). E’ con estremo sollievo che pago il conto ormai a pomeriggio
inoltrato ed e’ con estremo sollievo che raggiungiamo la piscina per le ultime
ore di sole soddisfatto di essere riuscito a ritagliarmi una giornata completa
‘fai da te’ anche in un viaggio organizzato nei minuti come questo.
GIORNO
5:
La sveglia suona presto, molto presto ….
E’ tempo di lasciare questo bellissimo hotel e
trasferirci in aereo ad Abu Simbel uno dei luoghi simbolo dell’Egitto e
patrimonio del mondo intero, situato nell’estremo sud quasi al confine con il
Sudan.
L’aereo e’ di una compagnia ucraina e facciamo i
debiti scongiuri prima di salire, in realta’ e’ abbastanza nuovo e il
panorama delle dune desertiche sottostanti e’ spettacolare. Qualche sobbalzo
di troppo ci tiene spesso in agitazione, ma il tutto passa tra le gran risate
mie e di Paola quando un “genio” del nostro gruppo arriva a fare una domanda
ad Essam che mai nessuno si sarebbe aspettato….
Il paesaggio desertico non e’ tutto uguale ma
un’infinita distesa di sabbia e di dune tutte diverse e dalle forme alcune
volte bizzarre, anche dall’aereo non si vede la fine e non si vede l’inizio
di questo meraviglioso ‘nulla’.
Spesso si notano lunghe strisce nere tra le dune che
sembrano strade, mentre sono piu’ semplicemente sentieri recenti e non ancora
ricoperti dalla sabbia, qualche volta ombre, alcune altre zone pietrose ….
Bhe’ il ‘genio’ chiede “ma sono le
linee di confine ??” come se un confine fosse tracciato con un aratro nel
deserto, decine di volte con linee che si intersecano tra di loro… Essam lo
guarda stupito poi si riprende ed abbozza una risposta cercando di trattenersi
dal ridere, cosa che io e Paola non ci risparmiamo di certo.
La vista del lago Nasser dal cielo e’ incredibile per la
sua vastita’ e per le sue infinite diramazioni, creato per mano dell’uomo e
di quella grande opera ingegneristica costituita dalla diga di Assuan. Chissa’
quanti e quali tesori sono stati sepolti per sempre dalle acque del lago una
quarantina di anni fa, quando il presidente egiziano Nasser in collaborazione
con l’Unione Sovietica, realizzarono questo gigante di cemento. Ora le piene
stagionali del Nilo sono piu’ controllate, c’e’ una minor dipendenza dai
capricci di madre natura ed in piu’ la diga e’ anche fonte di energia
elettrica. Sembra tutto positivo, ma in fase di realizzazione non si tenne conto
del tremendo impatto ambientale su un ecosistema (uomo incluso) che sopravviveva
in quel modo da millenni ed in piu’ molte opere dell’uomo andarono perdute
per sempre. Molti templi e luoghi di interesse furono spostati invece dai loro
luoghi di origine per metterli al sicuro dalle acque del lago, uno di questo
e’ Abu Simbel. Niente in Egitto ci ha lasciati sbalorditi come questi due
templi in roccia, giganteschi, ricavati nel fianco della montagna, come
gigantesco fu il lavoro dell’uomo per costruirlo e, in epoca piu’ recente,
per spostarlo pietra dopo pietra fino a qui dove si trova ora.
Ramses II volle edificare questo luogo per intimorire con
la sua mole i vicini Nubiani ed in piu’ volle celebrare al suo interno, con un
ricchissimo insieme di geroglifici e bassorilievi, la presunta vittoria di
Kadesh contro gli Ittiti (vittoria probabilmente mai avvenuta e di esito storico
incerto, ma come si dice la pubblicita’ e’ l’anima del progresso … il
suo in questo caso).
Le quattro enormi statue all’ingresso sono oggetto di
mille fotografie e noi due restiamo come inebetiti a guardarle per un tempo
indefinito, neanche il caldo torrido riesce a distogliere il nostro sguardo
perennemente all’insu’.
Il tempio minore e’ dedicato alla moglie Nefertari ed
e’ composto da sei statue poste al suo ingresso, quattro sono dello stesso
Ramses II e due di Nefertari, resta un luogo meraviglioso nel suo complesso ed
in ogni dettaglio tanto che solo dopo un’ora e mezzo dal nostro ingresso
riusciamo a trascinarci fuori, verso l’uscita dove ci attende il resto del
gruppo accaldato ed in cerca di qualsiasi cosa faccia un po’ di ombra.
Riguardo le foto nel display e mi accorgo che nelle ultime
un’ombra costante e’ sempre presente nella parte alta dell’immagine: non
c’e’ dubbio e’ entrata della polvere o un minuscolo piumino che ha passato
l’otturatore della macchina fotografica, probabilmente mentre cambiavo gli
obiettivi. Ora che faccio !?!? Questa cosa mi rovina gia’ la mattinata passata
in questo posto unico e Paola mi guarda male giudicando incomprensibile la mia
incazzatura. Forse ha ragione, forse dovrei pensare di piu’ a cio’ che ho
potuto vedere, ma proprio non ce la faccio, o perlomeno non ce la faccio
finche’ non vedo l’aereo che ci portera’ un po’ piu’ a Nord ad Assuan,
luogo dove c’e’ la diga e dove ci imbarcheremo sulla motonave per la
crociera.
Air Menphis !?! E chi l’ha mai sentita ‘sta Air
Menphis …
Uno scassone grigio che avra’ almeno una trentina
d’anni, forse di piu’, saliamo e non c’e’ una cosa in ordine, odore di
vecchio, oblo’ opachi, non funzionano le luci e i sedili sono in quella
posizione fissa da chissa’ quanti anni. Il volo e’ breve, ma e’ come
andare sulle montagne russe, inversioni continue abbassamenti di quota
improvvisi ... insomma una volta sbarcati baciamo la terra sotto i nostri piedi.
La fermata con il bus sopra la diga e’ breve, giusto una
panoramica a 360 gradi sopra questo enorme serpente di cemento e poi si riparte
verso la zona di imbarco ma, non della motonave, bensi’ di piccole
imbarcazioni che ci porteranno all’isola di Philae.
Come per Abu Simbel, rimaniamo a bocca aperta, questa
isoletta in mezzo all’acqua ospita un insieme di monumenti che hanno
attraversato tutta la storia millenaria dell’Egitto; in origine era ritenuta
luogo di sepoltura di Osiride e come tale solo i sacerdoti vi accedevano, poi
nei secoli successivi fu invece meta di continuo pellegrinaggio religioso, fino
ad arrivare alle costruzioni piu’ ‘moderne’ di epoca Tolemaica ed infine
Romana. Ancora una volte gli infiniti bassorilievi la fanno da padrone e ancora
una volta mi ricredo sulle aspettative di questo viaggio: i luoghi piu’ belli
sono proprio qui nell’Alto Egitto, la piana di Giza per quanto monumentale e
antica e’ arida e vuota di espressione, qui ogni geroglifico, ogni
bassorilievo ti parla e ti racconta la sua storia. Alcuni dei piu’ grandi,
sulla facciata del tempio principale, sono stati scalpellati e parzialmente
distrutti da faraoni successivi a quelli dell’edificazione e, soprattutto,
dalla furia iconoclasta dei primi seguaci della religione cattolica e di quella
successiva dei musulmani. Resta un bellissimo spettacolo incorniciato dalla
calda luce del tardo pomeriggio.
Ci riavviamo lentamente verso la barca che percorre
velocemente il tratto che ci separa dalla terraferma in acque cristalline e
molto pescose a giudicare dal movimento frenetico delle innumerevoli feluche …
che differenza rispetto al putridume del Nilo lassu’ al Cairo.
Arriviamo velocemente alla nave con cui faremo l’ultima
parte del viaggio, vale a dire la crociera da Assuan fino a Luxor.
La nave e’ molto bella ed e’ sostanzialmente la stessa
che vedemmo il primo giorno, come molto bella e spaziosa e’ la nostra cabina
compresa di minisalottino.
Io sto ancora pensando alla mia macchina fotografica e mi
viene l’idea di smontare l’obiettivo, aprire al buio, come per scattare una
foto, l’otturatore e soffiarci dentro ma niente non funziona …. Ad un certo
punto e’ Paola la promotrice di un’idea che puo’ effettivamente risolvere
il problema. Me la espone a patto di prendere un altro gatto e allargare la
nostra ‘famiglia’… per amore della macchina foto cedo sostanzialmente
usiamo il phon in bagno al posto di soffiarci dentro e magicamente … funziona
!!!!!
La cena sulla nave e’ un buffet ricchissimo e molto
variegato e la passiamo, come il resto della serata, con i nostri nuovi amici
veneti.
GIORNO
6:
La lenta navigazione notturna culla il sonno piu’
profondo che solo la sveglia alle 6 di mattina interrompe bruscamente. Ci
attende lo sbarco verso le 7:30 per visitare il tempio di Kom Ombo e molti del
gruppo mancano all’appello avendo preferito rimanere tra le coperte.
Il tempio, di epoca tolemaica, fu dedicato al dio
coccodrillo Sobek e al solito dio falco Horus, presente anche a Philae e ad Abu
Simbel. Le imponenti colonne con i capitelli a forma di fiore di loto ci
appaiono subito dopo lo sbarco. Ancora una volta ci perdiamo tra le veloci
spiegazioni di Essam e il girovagare senza meta tra i resti del tempio e il suo
museo che annovera numerose mummie di … coccodrillo!
Riprendiamo la navigazione in direzione di Luxor passando
il tempo tra la piscina e le foto ai meravigliosi paesaggi lungo le sponde del
Nilo.
I contrasti tra il verde dei palmeti lungo le rive, il
riflesso dell’acqua calma del Nilo e le dune del deserto crea un paesaggio
degno di un quadro soprattutto, quando, dalle rive stesse, sbucano persone
intente a lavorare o pescatori che spingono al largo la loro piccola feluca.
La nave procede lentamente e questo paesaggio scorre
lentamente sotto i nostri occhi, a volte con piccole modifiche altre con delle
brusche interruzioni come improvvisi muraglioni di roccia che dal deserto
precipitano nel fiume.
L’approssimarsi di alcune case indica che stiamo
arrivando a Edfu il tempio dedicato a Horus il dio falco.
Ancora una volta non tutti scendono per la visita e ancora
una volta ci troviamo di fronte ad un tempio simile a Philae di epoca tolemaica
ma molto piu’ imponente nelle dimensioni e soprattutto nella ricchezza di
bassorilievi.
In alcuni casi si vedono ancora i colori originali
soprattutto nei fregi piu’ alti.
Ancora una volta, infine, il rientro e il lento navigare
conciliano con il mondo e la leggera brezza favorisce il pieno rilassamento dei
sensi in quel panorama dai forti contrasti.
La chiusa di Esna incuriosisce un po’ tutti tanto da
attirare una piccola folla sul ponte. Le operazioni di attraversamento sono
molto lente e la motonave entra in spazi poco piu’ grandi della sua larghezza.
Si entra attraverso una chiusa aperta che poi viene di nuova serrata alle nostre
spalle, il livello dell’acqua viene fatto alzare fino a raggiungere quello del
fiume a valle e poi viene aperta la chiusa frontale in maniera da far passare la
nave.
Un’operazione mica semplice, alla quale partecipa tutto
l’equipaggio senza pero’ dannarsi troppo l’anima.
Le ombre della sera si allungano e preannunciano il
tramonto che diffonde una colorazione su tutto il paesaggio dal giallo fino al
rosso intenso chiudendo magicamente questa giornata dai mille colori e
contrasti. Tramonti belli ne ho visti in vita mia, cosi’ intensi pochi per la
verita’, quasi come quello di Santorini ... ma questa e’ un’altra storia.
GIORNO
7:
La mattina ci svegliamo che siamo gia’ attraccati a
Luxor, l’antica Tebe.
La giornata come al solito e’ gia organizzata e colma di
impegni. La mattina andremo nella riva Ovest di Luxor, ovvero nella sua
necropoli, sulla riva dove tramonta il sole e la vita.
La valle dei re fu scelta come luogo di sepoltura della
classe regnante per tutto il medio regno, il tempo delle piramidi e mastabe era
finito, forse per questioni legate all’enorme sforzo economico e organizzativo
richiesto o forse, molto piu’ probabilmente, per cercare di arginare i sempre
piu’ frequenti ladri di tombe. Il luogo e’ una valle calcarea pressoché
desertica nella quale furono scavate decine di tombe di faraoni, mentre le
regine furono sepolte in una valle vicina, come del resto i nobili.
Il biglietto di ingresso e’ valido per la visita di tre
tombe, esclusa quella di Tutankhamon.
Essam ce ne sconsiglia la visita, in quanto e’ una tomba
spoglia e abbastanza piccola. In effetti quelle di Tutmosi III e Ramses IV sono
ricchissime di disegni e geroglifici colorati e non ancora consumati dalle
infiltrazioni d’acqua e dall’umidita’.
Tutankhamon e’ forse uno dei faraoni piu’ noti di
tutta la nomenclatura egizia seppure nella storia millenaria di questo paese
e’ stato solo una piccola comparsa e forse nemmeno quella. E’ ovvio pero’
che il suo nome e’ legato ad una delle piu’ grandi scoperte archeologiche di
sempre, mai era stata trovata una tomba intatta e le sue immense ricchezze sono
oggi conservate al museo del Cairo.
Forse nemmeno Howard Carter pensava di trovare una tale
quantita’ di oggetti dal valore inestimabile.
Io stesso mi chiedo se il corredo funebre di Tutankhamon
e’ cosi’ incredibile, chissa’ come doveva essere quello di faraoni ben
piu’ importanti e longevi di lui. Probabilmente la risposta e’ persa per
sempre tra i secoli di saccheggio e distruzione che questo luogo ha subito.
Il caldo e’ tremendo e il trenino che ci accompagna
lungo il wadi e’ una benedizione, anche se mi sembra tanto degno del villaggio
vacanze.
A parte la visita delle tombe il resto del tempo lo
dedichiamo ad osservare l’improbabile gioco a guardia e ladri tra il personale
di sorveglianza ed i turisti (per la verita’ quasi tutti italiani) che
scattano fotografie anche dove non e’ consentito, ovvero agli affreschi delle
tombe. In realta’ non ho mai ben capito questo divieto, una foto senza flash
non danneggia proprio nulla se non il venditore di cartoline all’esterno …
come al solito mi sa che sotto sotto si nasconde il solito motivo economico
piu’ che di tutela del patrimonio artistico.
La valle delle regine e’ a poca distanza, ma la tomba
della regina Nefertari non e’ visitabile purtroppo perche’ e’ in fase di
ristrutturazione. Peccato, dalle immagini che avevo visto e dai vari commenti
e’ sicuramente una delle piu’ belle tombe ipogee affrescate di tutto
l’Egitto. Il trenino ci porta a Deir El Bahari dove visitiamo il complesso
funerario della regina Hatshepsut, una delle poche regine che hanno realmente
governato l’Egitto (come Cleopatra del resto). La struttura e’ composta da
edifici colonnati posti su terrazze comunicanti attraverso delle scalinate ed
e’ qui che nel novembre del 1997 furono trucidati 60 turisti da gruppi
estremisti islamici. Mi percorre un brivido a pensare a quell’episodio dove le
persone furono uccise a colpi di mitra e poi finite con i pugnali. Pare che il
massacro sia durato 45 minuti.
Non faccio accenno di quell’episodio con Paola che e’
abbastanza suscettibile a questi argomenti ma, ogni tanto ho dei flash su delle
foto dell’epoca in cui rivoli di sangue scendevano dalle gradinate del tempio
di Hatshepsut.
Quando riesco a distrarmi da questi pensieri e’ gia’
ora di scattare qualche foto a questa meraviglia architettonica sotto un cielo
azzurro talmente terso da sembrare tirato ad olio. In alcuni rilievi e’ ancora
visibile il colore, mentre in altri non resta che un abbozzo del disegno
originale.
In autobus facciamo una breve sosta per vedere i colossi
di Memnon edificati da Amenhotep III a guardia del suo santuario funebre e poi
riprendiamo il percorso inverso ritornando alla riva orientale del Nilo.
Dopo un breve pranzo a bordo siamo di nuovo in giro per
rovine, anche se questa volta e’ il turno del secondo luogo piu’ visitato di
tutto l’Egitto dopo Giza: il tempio di Karnak.
Costruito in epoche successive a partire dalla XII
dinastia, e’ un quadrilatero enorme di cui solo una parte e’ visitabile ed
e’ costituita dal tempio dedicato ad Amon Ra.
Appena entrati ci perdiamo in una foresta di colonne
immense completamente coperte di geroglifici e scene di vita o rituali, talmente
alte e fitte da oscurare il sole che non penetra fin quaggiù. Il loro apice
sembra solo il cielo e per abbracciare la loro base ci vogliono piu’ di 14
persone. Vaghiamo cosi’ in questa foresta di pietra spesso con il naso all’insu’
fino ad uscirne solo per ritrovare un sole accecante che illumina un’infinita
distesa di ruderi, statue, obelischi e pareti che un tempo dovevano costituire
templi o portici sacri e che ora sono oggetto di un minuzioso lavoro di
ristrutturazione. Arriviamo nei pressi del lago sacro non prima di aver
scavalcato decine di resti e attraversato archi di pietra che non conducevano a
nulla, ma che un tempo erano l’ingresso di qualche luogo sacro, ora perduto
per sempre.
Anche noi ci uniamo alla folla che gira in senso orario
attorno alla statua gigante di Khepri, lo scarabeo sacro, forse alla ricerca di
un desiderio da esaudire o forse piu’ semplicemente per non perdere questa
possibilita’ seguendo il motto del “non si sa mai” …
Il percorso di ritorno e’ appositamente lento perche’
ogni angolo nasconde una nuova scoperta o semplicemente sembra appositamente
studiato per una bella fotografia, come il viale di sfingi dal corpo di leone e
testa di ariete, oppure la solita gigantesca statua di Ramses II, figlia della
sua solita megalomania o qualche bel colore ancora presente lassu’ in alto,
posizionato esattamente dove il sole pomeridiano ti entra direttamente negli
occhi.
Vorrei fermarmi di piu’, ma il tempo scorre e riusciamo
ad arrivare al tempio di Luxor solo nel tardo pomeriggio e la visita, al solito,
sara’ un po’ troppo veloce.
Il solito viale di sfingi ci accoglie nell’ingresso nord
dove le solite statue sedute gigantesche di Ramses II fiancheggiano la porta di
accesso. Di obelischi ne rimane uno solo mentre il secondo da bella mostra di
se’ a Place de la Concorde a Parigi.
Una delle particolarita’ di questo luogo e’ che quando
fu abbandonato in epoca araba le sabbie lo ricoprirono tutto o parzialmente e
furono edificati sopra degli edifici tra i quali la moschea di Abu El Aggag che
sovrasta oggi il cortile delle colonne.
Anche in questo caso ci aggiriamo tra le varie statue e
geroglifici presenti sul luogo non trascurando una delle raffigurazioni piu’
famose come quella del faraone che riunisce l’Alto e Il Basso Egitto
simboleggiati dal fior di loto e dal papiro.
In ultimo esistono anche delle raffigurazioni di origine
cristiana su pareti molto piu’ antiche, segno che parte di questo luogo e’
stato riutilizzato come luogo di culto da diverse religioni.
Usciamo che il sole del tramonto illumina in maniera
uniforme ogni angolo del luogo, ogni statua, ogni raffigurazione sembra prendere
vita da questa colorazione gialla uniforme e questo insieme monocromatico sembra
voler estendere un lungo braccio verso il Nilo e sparire sulla sponda opposta,
la riva dei morti.
Dopo cena decidiamo di andare a fare una passeggiata nel
suk di Luxor in cerca di qualche ricordo di questo paese da portare a casa.
Usciamo che’ e’ gia’ buio, ma le strade sono molto animate e il percorso
di andata lo facciamo a piedi lungo il Nilo nonostante la strenua opposizione di
qualcuno che voleva andare in carrozza o in taxi al peggio.
“ma non e’ che ci rapiscono ??” …
“Ma restiamo tutti insieme vero??” … “Ma non e’ che ci
perdiamo??” … La mia tolleranza ha abbondantemente superato il limite
(sempre molto basso per la verita’ in questi casi) e presto io e Paola ci
stacchiamo per entrare nel suk e perderci un po’ tra la gente.
Non sappiamo bene neanche noi cosa cercare se non
guardarci in giro senza una meta fissa.
Alla fine pero’ un’altra maschera abbellira’ la
nostra parete di casa, in particolare e’ quella del faraone eretico Akhenathon.
Un vecchio rigattiere tenta di venderci delle monete
antiche di epoca Alessandrina e Romana, ma, a parte la cifra spropositata che
chiede, non mi sembra corretto portare fuori dal paese di appartenenza simili
reperti per quanto non di inestimabile valore e di dubbia provenienza.
Alla fine il suk si svuota restano poche persone e le
botteghe chiudono le serrande, facciamo ancora qualche giro approfittando del
chiarore intenso della luna piena, ma quando sentiamo echeggiare i nostri passi
nei vicoli ormai vuoti capiamo che e’ ora di tornare e facciamo il percorso
inverso lungo il Nilo finalmente assaporando un po’ di pace e di silenzio in
questo luogo millenario.
GIORNO
8:
Per una volta i ritardi e i disguidi aerei fanno la nostra
fortuna.
Ci informano che il nostro volo di ritorno, previsto in
mattinata, e’ stato spostato verso il tardo pomeriggio. Sinceramente me lo
aspettavo, succede sempre cosi’, ma almeno non siamo distanti dall’aeroporto
e soprattutto non siamo in aeroporto!
Al solito ci offrono una cabina per i nostri bagagli e
decidiamo insieme ai nostri amici veneti cosa fare.
La mia idea iniziale di andare in taxi al tempio di
Dendera è accantonata perche’ dista 70Km da Luxor su strade non proprio
asfaltate e il tempo non ci permette di andare, visitare il luogo e tornare con
calma.
Allora decidiamo di visitare il museo di Luxor e poi in
taxi di andare nella valle dei nobili ed entrare in qualche tomba
particolarmente ricca di affreschi.
Il museo per la verita’ non offre nulla di speciale se
non per qualche reperto e descrizione piu’ dettagliata sulla civilta’
nubiana che per secoli ha conteso il predominio egizio su queste terre e piu’
a sud verso il Sudan.
Il taxista non parla molto l’inglese ma riusciamo lo
stesso a capirci e farci portare alla biglietteria di ingresso per la valle dei
nobili. Rifacciamo il percorso di ieri in bus, ma questa volta riusciamo piu’
a goderci il paesaggio le scene di vita lungo il Nilo e tra i palmeti la vita
quotidiana della gente di queste parti in definitiva. L’ingresso e’ regolato
da una biglietteria molto distante dalla valle dei nobili, pero’ nel costo di
ingresso sono comprese anche altre visite come quella per il complesso templare
di Medinat Hau..
Arriviamo in macchina ai piedi di una collina argillosa e
desertica, tenendoci alle spalle il Remsseum, sulla quale spiccano case mezze
diroccate e qualche recinto per gli animali. Incredibile, l’abusivismo
edilizio ha consentito di sviluppare un villaggio proprio sopra la necropoli,
molte case sono state abbattute, ma molte altre sono abitate. Ci arrampichiamo
su una ripida scarpata fatta di ciottoli su terreno desertico e dei bambini ci
vengono incontro proponendoci di guidarci alle tombe.
Non c’e’ nessun turista, non c’e proprio nessuno,
siamo solo noi e i bambini, il resto e’ silenzio si sente addirittura il
nostro respiro affannoso in salita sotto un sole cocente. Arriviamo a quello che
sembra essere l’ingresso per l’inferno, un buco nel parete rocciosa molto
profondo e senza una illuminazione; l’odore di vecchio e di umidita’ che si
respira lascia senza fiato soprattutto in funzione della temperatura esterna
estremamente calda ma anche molto secca. La guida e’ anche il guardiano del
luogo e finalmente dopo un tratto anche al buio arriviamo in una stanza
illuminata con soffitto a volta completamente affrescato con viti. Mi perdo a guardare l’infinita’ di grappoli d’uva molto
ben conservati nei colori e nei dettagli, come mi perdo ad osservare i
meravigliosi affreschi della sala laterale nella quale il nobile Sennefer,
cosi’ si chiamava, e’ ritratto insieme alla moglie.
Usciamo visibilmente soddisfatti, anche Paola e’
entusiasta e sicuramente una visita qui vale molto piu’ che una qualunque
tomba della valle dei re. Procediamo oltre, di tombe ce ne sono circa 400, noi
ne vorremmo visitare almeno altre due e ancora una volta rimaniamo incantati
dalle scene di vita quotidiana affrescate sulle pareti, i vasai, i costruttori,
i commercianti, dagli animali come le pantere, i leoni, gli elefanti e i
cammelli, migliaia di figure e tantissimi colori ben visibili (tomba di Rekhmire)
e … ancora una volta nessuno, nessuno a vedere questo spettacolo, siamo solo
noi e il silenzio di questa valle di morti.
Arriviamo in taxi a Medinat Habu, un complesso templare
enorme famoso in particolare per il tempio funerario di Ramses III, ma comunque
utilizzato e ingrandito anche da sovrani di epoche più recenti. Ancora una
volta non c’e’ praticamente nessuno e possiamo goderci il luogo in perfetto
silenzio. La cornice della montagna tebana alle spalle e il Nilo a poca distanza
ne fanno un luogo unico, con decorazioni e colori vivissimi, senza eguali in
tutte le nostre visite. E’ un peccato che un luogo come questo sia poco
visitato e addirittura trascurato, se non fosse stato per il ritardo aereo anche
noi avremmo perso uno dei piu’ bei siti visti fino ad ora. Le sfumature delle
vesti dei faraoni, l’avvoltoio dalle ali azzurre, la colonna di nemici
sconfitti e a capo chino in un’ impressionante colorazione rosso sangue, i
mille copricapi dei nobili e l’infinita processione di animali e dignitari in
colori accessi e sfavillanti.
Incredibile, veramente incredibile che tutto questo sia
rimasto quasi intatto per oltre 3000 anni, ma la foresta di colonne alle spalle
del porticato maggiore e’ li ad indicare che il tempo e’ trascorso anche
qui, riducendo gran parte degli edifici in rovina, lasciando pero’
intravedere, con i suoi affreschi, una parte di se’ e del suo remoto
splendore, uno spiraglio che ci permette ancora oggi di viaggiare nel tempo e
intuirne la passata grandezza.
Il taxi fa lentamente ritorno sulla sponda dei vivi
lasciando al suo passaggio una piccola nuvola di sabbia dentro la quale si
addensano gia’ i ricordi di questo viaggio; non riesco neanche a fare mente
locale su cio’ che mi ha piu’ colpito tanto confuse sono le immagini che
vedo formarsi. Forse Abu Simbel, forse le piramidi , forse la tomba di Sennefer
o il trono di Tutankhamon o forse piu’ semplicemente tutto questo paese e i
suoi innumerevoli tesori di epoche talmente lontane da noi da essere quasi
preistoria, eppure allora piu’ di adesso si riusciva a cogliere da vicino il
legame profondo dell’uomo con la natura, riuscendo probabilmente anche a
ricreare il cielo sulla terra, proprio su questa terra: l’Egitto.
Andrea