Il cielo sulla Terra

Egitto

Racconto di viaggio 2007

di Andrea Veggetti

 

 

GIORNO 1:

Il caldo mattino padano inizia a farmi preoccupare. Chissa’ che temperature troveremo in Egitto, e’ pur vero che almeno questa umidita’ micidiale non e’ certo tipica nei luoghi desertici o Nord-Africani ma comunque resto un po’ pensieroso. Guardo le nostre valigie con il solito dubbio di aver dimenticato qualcosa, ma alla fine scopro da solo che la cosa e’ irrilevante. In fondo si va in un paese caldo, provvisto piu’ o meno di tutto e soprattutto con un viaggio organizzato in crociera sul Nilo.

Eh ! Lo so, lo so, viaggiare per diversi anni solo zaino in spalla anche nei luoghi meno frequentati di questo mondo, e poi ridursi a fare una crociera sul Nilo iper-organizzata puo’ essere interpretato come un improvviso colpo di sole o un rincoglionimento senile…. In realta’ nessuno dei due e per vari motivi: primo in una sola settimana che abbiamo a disposizione vediamo veramente un’infinita’ di luoghi che il viaggio auto organizzato non ci permetterebbe per via degli infiniti trasferimenti tra autobus e treni. In secondo luogo per la prima volta in vita mia cercavo un po’ di relax da abbinare al viaggio e Paola ha condiviso felicemente questa scelta. Terzo e NON ultimo ho 37 anni e non mi considero ancora un rimbambito se non per le varie patologie mentali che alcuni mi attribuiscono fin dalla nascita.

L’aereo ad ogni modo parte regolarmente, noi il nostro giro lo inizieremo dal Cairo ma chissa’ poi perche’ andiamo a Luxor a poi dobbiamo aspettare il volo serale per la capitale egiziana.

In realta’ quella che sembrava una scocciatura si e’ rilevata un piacevole intermezzo. Dall’aeroporto di Luxor infatti ci hanno trasferito sulla nave da crociera e, in attesa del volo serale, abbiamo goduto dei servizi di bordo, come la cabina dove cambiarci, la piscina, il pranzo e i lettini per prendere il sole e rilassarci alla leggera brezza del Nilo. La temperatura e’ piu’ che sopportabile e l’umidita’ milanese e’ solo un ricordo.

In realta’ noto con piacere che le persone che proseguono per il Cairo sono relativamente poche rispetto a quelle che si fermano a Luxor, ridacchio sotto i baffi a pensare che forse faremo un tour quasi personalizzato. Mi guardo un po’ in giro dalla sdraio a bordo vasca per identificare i possibili compagni di viaggio ma poi desisto, troppe le persone e troppo rilassante chiudere invece gli occhi e pensare che siamo qui per la prima volta in un luogo che trasuda da tutti i pori il proprio passato e mi perdo con lo sguardo sull’altra riva, la riva dei morti dove furono sepolti decine di re e regine e dove forse c’e ‘ ancora qualcosa da scoprire.

Chissa’ poi perche’ ho aspettato cosi’ tanto tempo ad andare in Egitto, per un appassionato di archeologia come me dovrebbe essere una delle prime mete, eppure c’era sempre qualche luogo molto piu’ lontano da scoprire e mi sono sempre detto per l’Egitto c’e’ tempo e’ qui vicino. Un po’ lo stesso discorso dell’Italia, la vicinanza dei luoghi mi ha spesso fatto rimandare. Eppure la cultura egiziana cosi’ come quella mesopotamica sono considerate da tutti in maniera inequivocabile la culla della nostra civiltà’, o almeno lo sono da quello che oggi conosciamo del nostro passato. Teorie recenti e un po’ azzardate infatti attribuiscono gli albori della civilta’ egizia ad un epoca molto piu’ lontana rispetto a quella tradizionale situata a poco meno di 5000 anni fa. Un’epoca cosi’ lontana da perdersi nel buio dei millenni quando in teoria la terra era popolata da poco piu’ che rozzi cacciatori vestiti di pellame, capaci forse pero’ di edificare le uniche meraviglie del mondo antico arrivate fino a noi: le piramidi. Furono capaci di allinearle in modo da rappresentare cio’ che vedevano nel cielo come i tre puntini luminosi e leggermente  fuori asse della cintura di Orione … e il Nilo li’ in mezzo con il suo sinuoso cammino ad identificare la Via Lattea. L’Egitto cosi’ non era altro che una enorme riproduzione di cio’ che abbiamo sulla testa un po’ come avere il cielo sulla terra.

 

 

GIORNO 2:

Ne avevo visti di alberghi di lusso nella mia vita, soprattutto, anzi solo durante i viaggi di lavoro, ma, parola mia, questo Intercontinental City Stars Hotel del Cairo li batte tutti. Due piscine con bar a bordo vasca o addirittura dentro l’acqua come isole ‘alcoliche’ dove dissetarsi.

Locali e ristoranti al coperto e all’aperto, sale fitness e SPA, musica serale e casino’ al piano inferiore, connessione diretta con il palazzo dei grandi magazzini, insomma una citta’ nella citta’. Non sono proprio abituato e mi sembra tutto un eccesso, soprattutto qui in Egitto, ma si sa al lusso ci si abitua in fretta.

Gia’ la mattina a colazione non so cosa scegliere, la colazione a buffet e’ tremenda e rischi sempre di prendere troppo e di tutto senza accorgerti che non e’ un pranzo ma una colazione … appunto. Ad ogni modo se tutti i problemi fossero questi, bhe’ ci metterei una firma.

Usciamo dall’albergo e inizia il mio senso di disagio, saliamo su un bus insieme alle altre persone che parteciperanno a questo tour, fortunatamente la media di eta’ e’ abbastanza bassa ma cio’ non toglie il mio sentirmi fuori posto o il mio disagio. Non sono abituato a viaggiare in gruppo, non sono abituato al tutto organizzato e soprattutto non sono abituato a sentirmi parte di un gregge. Il ‘pastore’ e’ una guida egiziana che parla benissimo italiano e  si chiama Essam, si dimostrera’ un ragazzo colto, simpatico e molto preparato. Io e Paola ci guardiamo un po’ in giro e subito notiamo che, in generale, il gruppo appare abbastanza eterogeneo. Iniziamo a scambiare qualche parola e dimentico presto il mio disagio che potrebbe anche essere scambiato per snobismo e questo proprio non mi va. In piu’ mi piace sempre l’idea di conoscere persone diverse con cui confrontarmi, anche se queste appartengono magari ad un ‘mondo’ un po’ diverso dal mio.

La prima tappa e’ la cittadella del Cairo, una fortificazione le cui origini risalgono ad epoca crociata, quando Saladino la edifico’ per difendere la citta’ stessa dalle incursioni dei “difensori della fede cristiana” e poi ampliata da dinastie successive come i mamelucchi.

La cittadella ospita la moschea di Mohammed Ali’, un sovrano che a partire dal 1830 modifico’ pesantemente l’area edificando la moschea che porta il suo nome.

Prima di arrivare l’autobus costeggia l’immenso perimetro della citta’ dei morti che è ancora oggi il segno del rapporto quotidiano tra vivi e defunti che segna la storia dell'Egitto dall'età dei faraoni. E’ un immenso cimitero musulmano dove un infinito numero di case pericolanti si aggrovigliano a tombe e mausolei di epoca storica. I derelitti del Cairo abitano qui e il cimitero paradossalmente si e’ animato di uomini e donne, di botteghe e di piccoli ristori, di strade impolverate e di carretti trainati da muli in un luogo dove dovrebbero abitare solo i fantasmi.

Non tolgo lo sguardo dal finestrino e Paola legge subito le mie intenzioni guardandomi con occhi interrogativi, del tipo “ non avrai mica intenzione di andare li dentro??” … eh si’, lo ammetto il pensiero corre veloce, forse troppo e le mie intenzioni si dipanano immediatamente sulla mia faccia che diventa a quel punto un libro aperto. Va bhe’ .. vedremo, vedremo …

L’arrivo al parcheggio della cittadella e’ contemporaneo ad altri autobus che vomitano turisti disciplinati in coda al proprio accompagnatore.

Anche noi seguiamo Essam e lascio in un cantuccio la mia anarchia turistica, in piu’ godiamo anche di spiegazioni dettagliate mentre da soli avremmo dovuto leggere un bel malloppazzo di pagine della guida, come la ‘chicca’ dell’orologio non funzionante donato dal re di Francia Luigi Filippo in cambio dell’obelisco che oggi abbellisce Place de la Concorde.

Essam all’interno della moschea si dilunga nella descrizione della religione musulmana, smitizzando un po’ alcuni luoghi comuni che arrivano da noi in occidente e facendo capire comunque che esiste una faccia molto piu’ tollerante dell’Islam e quella faccia noi ci ostiniamo a non vederla. Forse fa piu’ comodo cosi’, forse fa piu’ comodo identificare tutto l’Islam con l’estremismo religioso, forse noi ‘occidentali’ siamo sempre alla ricerca di un nemico a cui contrapporci per specchiarci cosi’ nella superiorita’ del nostro modo di vivere.

Forse e’ cosi’ ma non tutti sembrano convinti.

Dalla terrazza, che ospita anche un bel giardino, si gode una bellissima vista sulla citta’ del Cairo, tante case, i palazzi moderni, i minareti e laggiù in fondo perse nella foschia inquinata le piramidi !

Il pranzo e’ poco piu’ che una porcheria, consumato su un battello sul Nilo fatto apposta per turisti, non ricordo neanche quello che ho mangiato forse del pollo ma poteva anche essere antilope del deserto alla piastra.

Il museo egizio sa di vecchio, odora di muffa e polvere, decine di reperti accatastati, mobili con vetrine in cui fanno bella mostra manufatti descritti da una piccola targa ingiallita dal tempo, non c’e’ un ordine cronologico e quando ti fermi davanti ad una statua immensa sai che potrebbe essere della prima dinastia come di epoca tolemaica, eppure mi piace, mi piace il suo essere vecchio e impolverato e credo che in 50 anni non abbia subito molte trasformazioni se non nei sistemi di sicurezza.

Le sale dedicate a Tutankhamon sono le piu’ spettacolari i colori del trono, i gioielli, le bighe per i cavalli e l’immensa maschera funeraria valgono da sole un viaggio fino a qui, mentre per la sala delle mummie rinunciamo ad entrarci, visto che lo stesso Essam ne sconsiglia la visita e il pagamento di un ulteriore biglietto, le mummie del museo di Torino sono piu’ numerose e meglio tenute.

Il tardo pomeriggio lo passiamo a girovagare per il bazar all’aperto di Khan El Khalili, un groviglio di banchetti e negozi dove turisti e locali si mescolano nella prospettiva di qualche acquisto; spesso pero’ la merce e’ solo una vetrina per turisti con oggetti di scarso interesse e poco valore. Resta comunque una bella passeggiata e un bel modo per conoscere un po’ piu’ da vicino questa citta’.

La sera in albergo gironzoliamo per i vari locali dopo un’ottima cena, la piscina illuminata, la musica da discoteca e il lusso dell’hotel, in fondo anche questo vale il viaggio fatto fino a qui .. un po’ come per Tutankhamon!

 

GIORNO 3:

E arriva il giorno delle piramidi.

Nell’immaginario collettivo l’Egitto viene associato alle piramidi, ne sono il simbolo, la meta piu’ visitata, l’unica meraviglia del mondo antico giunta fino a noi. Eppure l’Egitto non e’ solo questo ma viene addirittura sminuito da questa associazione, tanto la sua lunga storia e le diverse dominazioni hanno prodotto un patrimonio artistico e culturale immenso, probabilmente neanche classificabile.

Facciamo la solita colazione pantagruelica prima di salire sull’autobus con il resto della truppa. Facciamo amicizia con un gruppetto di 4 ragazzi veneti con i quali c’e’ subito un buon feeling, con gli altri per il momento non si va oltre un ‘ciao’ o scambi di convenevoli… magari piu’ avanti…

La piana di Giza appare all’orizzonte come un’isola di pietra in mezzo al deserto circondata da un abusivismo edilizio spaventoso, case costruite a meta’, file di panni stesi tra una casa e l’altra, mancanza di intonaco, fogne a cielo aperto, corrente elettrica probabilmente abusiva e parabole satellitari ovunque. Mi sa che anche qui la politica dei condoni ha il suo bel tornaconto, con la differenza che questo sterminato ammasso di mattoni sta inglobando una delle opere piu’ straordinarie dell’uomo.

Arriviamo in bus all’ingresso posto nella parte alta della piana e, sempre in autobus, raggiungiamo un posto panoramico appena sopra la piramide di Micerino, in maniera da dominare l’intera area tra piramidi, la lontana sfinge, l’infinita distesa di case e alle spalle il deserto, le dune, la sabbia finissima, proprio nella sua immagine piu’ classica.

Qualche foto in giro anche ai beduini o presunti tali che portano in giro goffi turisti sulle spalle dei cammelli. Uno spettacolo pietoso ma con scene divertenti e poco gratificanti per il turista.

Ci avviamo lentamente sotto un sole che si fa sempre piu’ rovente verso la base della piu’ piccola delle piramidi, quella di Micerino. Finalmente tocco queste pietre millenarie, finalmente le vedo dal basso in alto dopo solo averne assaporato la visione sui libri o in televisione. I blocchi di pietra alla base sono immensi, inutile chiedersi come furono trasportati qui perche’ le teorie si sprecano, resta il fatto che l’uomo ha realizzato qualcosa di inimmaginabile. Scendiamo all’altezza della piramide di Chefren dove pagando un ulteriore biglietto accediamo alla camera interna. Il caldo e’ soffocante e l’umidita’ interna e’ quasi insopportabile, ma alla fine facciamo il nostro giro ‘claustrofobico’. Guardo di fronte e si erge cio’ che ha ispirato e stupito migliaia di persone, cio’ che ha colpito l’immaginario collettivo piu’ di qualsiasi altra opera dell’uomo (e qualcuno potrebbe anche commentare su questo): la piramide di Cheope. Purtroppo non possiamo entrare viste le prenotazioni e visto l’accesso cosi’ limitato; io e Paola ci limitiamo a girarci attorno, anzi la guardiamo da solo due lati perche’ fare l’intero perimetro a piedi sarebbe impegnativo, con questo caldo poi ….

Il bus ci porta all’ingresso principale dove una breve sosta refrigerante e’ piu’ che benvenuta. L’ingresso conduce direttamente all’area archeologica della sfinge attraverso una strada lastricata e un continuo assedio di venditori. Anche qui le soste si sprecano non tanto per il caldo ma per cercare la posizione migliore dove fotografare il volto di uno degli enigmi piu’ grandi che ci sono arrivati dalla storia. Chi rappresenta ? quando fu realmente costruita ? Secondo la scienza ufficiale non e’ altro che la proiezione del volto di Cheope, altri sostengono diverse teorie piu’ o meno complesse. Resta il fatto che la sfinge a li’ a testimonianza di un passato mai pienamente compreso e che sicuramente riserva molte piu’ sorprese di quelle che ci aspettiamo.

Bhe’ comunque ci facciamo fare una foto ricordo di noi due con alle spalle la sfinge  e come sempre, come al solito il fotografo improvvisato o ci taglia la testa o i piedi … va bhe’ rinunciamo ad una foto decorosa…

Le spiegazioni della restante parte archeologica di Essam sono abbastanza veloci e ci riavviamo lentamente verso il bus con un caldo tremendo ma comunque ancora sopportabile.

Altra tappa in un anonimo ristorante lungo la strada con un arredamento pacchiano che dovrebbe far pensare al lusso e che in realta’ nasconde, neanche troppo bene, sporcizia ovunque. Ancora una volta cosa abbiamo mangiato cade nell’oblio dei ricordi senza lasciare traccia.

La tappa pomeridiana e’ Menphi la capitale dell’antico regno (fino al 2200 A.C.). Essam ci spiega qualche dettaglio maggiore sulla visita e cerca anche di insegnarci a contare in arabo con il solo risultato che ognuno pronuncia a modo suo le parole a seconda dell’Italica provenienza.

L’antica citta’ si trova una ventina di Km dal Cairo e per arrivarci il bus costeggia per un tratto il Nilo per poi perdersi in una strada ai margini del deserto.

Menes, il faraone fondatore della prima dinastia e di Menphi (stando alla tradizione), fu anche l’unificatore dei due regni del Basso e dell Alto Egitto, ma visto che di questo mitico regno si perdono i ricordi nel buio della storia (si tratta di circa 5000 anni fa), l’attuale sito archeologico e’ ricco di reperti molto piu’ recenti come l’enorme statua di Ramses II del museo.

Con Paola ci soffermiamo a lungo sulle banchine sopraelevate per osservare la figura imponente di quello che e’ ritenuto il faraone piu’ importante di tutta la storia egiziana.

Saqqara e’ la necropoli di Menphi ed e’ situata ai margini del deserto, quando i fittissimi palmeti degradano verso le dune di sabbia e il nulla dell’orizzonte.

Ammetto che questo luogo mi ha sempre affascinato, quanto e forse piu’ della piana di Giza forse per la sua antichita’ o forse per il semplice fatto di ospitare uno dei primi tentativi di costruire piramidi nella storia egiziana.

Djoser fece costruire per se’ questo incredibile monumento funerario come una serie sempre piu’ piccola di mastaba sovrapposte creando l’effetto a gradoni ancor oggi visibile. L’idea in realta’ fu del suo architetto Imhotep, precursore forse di tutte le scienze mediche egizie.

Di tombe in questa area ne esistono molto come anche di piramidi incompiute o mezze diroccate, alcune hanno anche angoli di inclinazione diversi rendendo la geometria piramidale abbastanza bizzarra.

Usciamo verso orario di chiusura e la prospettiva della piscina dell’albergo allieta un po’ la calura del tardo pomeriggio.

In realta’ lo stare fermo e chiuso in albergo per quanto bello mi mette sempre un certo prurito ai piedi e quindi mentre Paola resta in piscina a godersi il sole rimanete della giornata, decido di uscire e contrattare con un taxi un passaggio alla piana di Giza.

Voglio fotografare le piramidi al tramonto senza entrare nel sito, credo che la posizione migliore sia l’ingresso basso dove c’e’ la sfinge con lo sfondo delle tre piramidi. Concordo per 80 lire l’intero tragitto che dura quasi un’ora, il traffico e’ tremendo e in alcuni tratti mi ricorda molto l’anarchia che spesso incontro in India, non sembra esserci nessuna regola e l’attraversamento pedonale diventa un’impresa impossibile o quasi. Ad ogni modo l’uscita dal taxi davanti al sito comporta un affollamento di gente attorno a me che chiede o vuole qualunque cosa, nonostante la situazione poco piacevole mi sento a mio agio, queste scene vissute in tanti luoghi mi riportano al viaggio vissuto come esperienza piu’ a contatto con la gente, senza essere trasportati da un luogo all’altro in un involucro trasparente come il bus e per il resto isolarsi tra le mura protettive del grande albergo. Non che questo sia per forza deprecabile ma e’ solo un modo diverso per concepire il viaggio ed in piu’, lo ammetto, questo albergo del Cairo e’ una vera favola. Mi perdo al solito tra i miei pensieri e la gente via via sciama fino a lasciarmi solo con la macchina fotografica al collo e posso finalmente dedicarmi a guardare io la gente, a sentire le voci a guardare dentro i negozi e capire che in fondo non si e’ mai soli veramente in questo mondo. Il sole basso all’orizzonte mi ricorda il motivo della mia presenza qui e un negoziante si offre per ospitarmi sul suo terrazzo che gode stando a lui di una splendida vista su tutta la piana. So gia’ che questa offerta non sara’ gratuita, ma accetto e passo una mezz’ora tra i panni stesi ad asciugare e la piacevole calura di fine giornata. Per la verita’ il tramonto non e’ un granché e il pallidume della luce si diffonde anche nelle mie foto senza lasciarmi quello stato di soddisfazione che raggiungo dopo una bella fotografia.

Il negoziante vuole farmi visionare il suo intero campionario di tappeti, ma me la cavo con una mancia ed un veloce ringraziamento.

Il resto del tempo lo dedico alla ricerca di un taxi che mi riporti in albergo e passo il tragitto a guardare dal finestrino le ombre della sera che si allungano in maniera smisurata fino a formare delle figure a volte divertenti.

Paola mi accoglie con una faccia interrogativa del tipo “Sei sopravvissuto ??” .. “Si, Si tutto bene, a parte che hanno cercato di vendermi di tutto, piramidi, incluse”.

In camera, dopo una doccia rigeneratrice, ecco che combino il danno: erroneamente cancello tutte le foto sulla mia macchina fotografica. Caccio un urlo di rabbia e adesso che faccio !?!? .. le foto alle piramidi, alla sfinge a Menphi e Saqqara, tutte perse …. Ma pian piano maturo un’idea o meglio trasformo una piccola tragedia in un’opportunita’ che potrebbe trasformare la giornata di domani in una giornata fai da te. Domani, infatti, c’e’ in programma un giro delle chiese Copte del Cairo e poi pomeriggio libero, noi dopo la visita a quella chiamata “la Sospesa” potremmo sganciarci dal gruppo e raggiungere in maniera autonoma di nuovo Giza e Saqqara! Paola mi guarda come se avesse gia’ intuito le mie intenzioni … bhe’ nulla di meglio che la buonissima cena in albergo per spiegargliele.

 

GIORNO 4:

La chiesa copta e’ una delle chiese cristiane d’oriente con liturgie simili a quella ortodossa. Fondata nel I secolo dopo cristo in Egitto, ha resistito per diversi secoli all’islamizzazione della regione ed ora vanta una serie di chiese molto interessanti nella parte vecchia del Cairo.
Iniziamo il giro con la chiesa chiamata “la sospesa” che vanta bellissime icone ed un soffitto che sembra lo scheletro di una nave girata.

La successiva in cui entriamo e’ quella di San Sergio che racchiude la grotta dove soggiorno’ la sacra famiglia in visita in Egitto.

Tutto bello e interessante ma … ho fretta di mettere in pratica il mio progetto e ne parliamo con Essam, il quale sembra un po’ stupito dalla nostra intenzione di staccarci dal gruppo per tornare a Giza e Saqqara ma alla fine ci da anche qualche buon consiglio in merito alle tariffe dei taxi.

Usciamo abbastanza velocemente dalla zona copta e incrociamo subito una strada a grande percorrenza dove fermiamo un taxi. Ci accordiamo per portarci prima alla piana di Giza e poi a Saqqara in maniera da avere un prezzo migliore. Decidiamo di saltare Menphi per problemi di tempo … peccato quelle belle foto alla statua di Ramses II perse per sempre.

Il caldo si fa sentire e come al solito ci troviamo a visitare un luogo nel momento peggiore della giornata: mezzogiorno. Paola decide di restare fuori per evitare di rivedere le stesse cose solo per rifare le foto, ma anche per non ripagare il biglietto di ingresso. Mi riavvio lentamente dall’ingresso basso verso le piramidi e sinceramente la salita in queste condizioni climatiche e’ veramente provante. Mi aggiro per una ventina di minuti tra quelle di Chefren e Cheope cercando di includere anche qualche volto di passaggio tra quelle pietre millenarie. Pian piano incomincio la discesa verso la sfinge, dove mi fermo il tempo necessario di raggiungere una certa soddisfazione per le foto fatte. poi mi avvio verso l’uscita dove Paola mi ha aspettato per quasi un’ora. La faccia e’ quella del tipo:  “ ma cosa mi tocca fare per amore …” , non so neanche se ha subito l’abbordaggio di decine di egiziani, ma in ogni caso dopo una sosta al bagno riprendiamo il taxi in direzione Saqqara. Passiamo quasi un’ora nel vecchio taxi ripercorrendo zone gia’ parzialmente viste il giorno precedente, solo che in questo caso nessuno sembra far caso a noi, mentre il giorno prima un bus pieno di turisti suscitava maggiore interesse, non dico curiosita’ perche’ da queste parte di turisti ne vedono a tonnellate. Ecco di nuovo i palmeti ed ecco di nuovo il deserto. Facciamo velocemente i biglietti ed entriamo in un sito quasi vuoto se si eccettua una rumorosa comitiva giapponese. A differenza di Giza, Saqqara non e’ affollata e’ completamente isolata dai rumori e dalla vicinanza di una citta’, ha quell’odore di antico che Giza ha ormai perso immersa com’e’ in una metropoli immensa come Il Cairo. Nessuno ti assilla con richieste assurde o improponibili, nessuno ti nota, ti sembra di essere veramente da solo. Passiamo un’oretta in pace, senza una meta o un orario da rispettare e poi ci avviamo lentamente verso l’uscita non sapendo ancora che il ritorno sarebbe stato molto piu’ lungo del previsto.

L’auto inizia a dare dei problemi gia’ alla partenza quando sbottando e fumando si mette in moto, ma non fa molta strada e si ferma qualche km piu’ in la’. Il taxista si improvvisa meccanico e l’auto dopo qualche calcio ed un po’ di acqua nel radiatore riparte per poi fermarsi definitivamente lungo una strada poco battuta alla periferia sud del Cairo.

Questa volta non ne vuole sapere, non riparte proprio e noi scendiamo dall’auto per evitare di cremare dentro.

Ci fa un cenno di sconforto visto e mentre lui cerca di riparare il danno, qualunque cosa fosse, noi ci incamminiamo lentamente lungo il ciglio della strada per arrivare ad un baracchino dove prendere qualcosa da bere.

Qui si che di turisti ne vedono pochi, ci sono 4 ragazzotti intenti a fumare

e quando arriviamo si prodigano nel pulirci un tavolo tra i tanti disponibili, anzi oltre a noi non c’e’ proprio nessuno. In tutti i posti che ho visitato esiste una costante nell’ampia gamma di beveraggi disponibili: la Coca Cola e la Mirinda. Della seconda poi ne esistono numerose varianti, al gusto banana, limone, fragola (ma non sono sicuro) e diverse altre possibilita’.

In realta’ si tratta di un tale concentrato di zuccheri e coloranti da lasciare la bottiglia colorata sulla sua superficie interna una volta svuotata dal suo contenuto.

Non e’ un gran sollazzo per lo stomaco, ma in ogni paese io ne ho provato una e l’Egitto non voglio che diventi certo l’eccezione, l’unico problema e’ che la stappano e puliscono il collo della bottiglia con la manica della camicia. In piu’ sembra scaduta da dieci anni….speriamo bene.

Il pergolato in plastica rotta attenua un minimo la calura e la mia Mirinda, dopo averne bevuto un paio di sorsate, viene allegramente abbandonata sul tavolino, questa versione e’ troppo dolce e di sapore indefinibile. Paola se la cava con un the’ alla menta. Aspettiamo una mezz’ora prima di ricacciarci in strada e vedere qual’e’ la situazione dell’auto ma sembra ancora tutto il alto mare. Anche volendo prendere un altro taxi, qui non ne passano molti anzi praticamente nessuno, ed in piu’ ci scoccia abbandonare il poveretto anche se non possiamo fare molto per aiutarlo.

Fortunatamente si ferma un furgone il cui autista e’ un meccanico e cosi’ dopo un po’ riusciamo a ripartire singhiozzando.

Altro problema, il nostro autista non sa o non capisce quale sia il nostro Hotel, quindi ci facciamo lasciare in una zona centrale del Cairo nelle vicinanze del Nilo dopo inutili tentativi di spiegargli la nostra meta. Vaghiamo cosi’ a piedi per qualche minuto senza una meta precisa ma in attesa di qualche taxi da fermare.

Finalmente troviamo qualcuno che sembra sapere dov’e’ ‘sto benedetto Intercontinental City Stars e saliamo. Bhe’ diciamo che all’hotel ci arriviamo molto velocemente nonostante non sia proprio vicino e il traffico sia molto caotico. Taglia le rotonde in contromano, sale sui marciapiedi, punta diritto sui pedoni che attraversano e dove c’e’ libero, raggiunge velocita’ impensabili per una simile carretta. Ci sono momenti che temiamo di non arrivare sani, ci sono altri dove ringraziamo il traffico che permette di ridurre la velocita’, ci sono altri ancora dove l’ennesima sigaretta accesa provoca sbandamenti improvvisi al mezzo guidato con le ginocchia (una mano per la sigaretta e l’altra appoggiata fuori dal finestrino). E’ con estremo sollievo che pago il conto ormai a pomeriggio inoltrato ed e’ con estremo sollievo che raggiungiamo la piscina per le ultime ore di sole soddisfatto di essere riuscito a ritagliarmi una giornata completa ‘fai da te’ anche in un viaggio organizzato nei minuti come questo.

 

GIORNO 5:

La sveglia suona presto, molto presto ….

E’ tempo di lasciare questo bellissimo hotel e trasferirci in aereo ad Abu Simbel uno dei luoghi simbolo dell’Egitto e patrimonio del mondo intero, situato nell’estremo sud quasi al confine con il Sudan.

L’aereo e’ di una compagnia ucraina e facciamo i debiti scongiuri prima di salire, in realta’ e’ abbastanza nuovo e il panorama delle dune desertiche sottostanti e’ spettacolare. Qualche sobbalzo di troppo ci tiene spesso in agitazione, ma il tutto passa tra le gran risate mie e di Paola quando un “genio” del nostro gruppo arriva a fare una domanda ad Essam che mai nessuno si sarebbe aspettato….

Il paesaggio desertico non e’ tutto uguale ma un’infinita distesa di sabbia e di dune tutte diverse e dalle forme alcune volte bizzarre, anche dall’aereo non si vede la fine e non si vede l’inizio di questo meraviglioso ‘nulla’.

Spesso si notano lunghe strisce nere tra le dune che sembrano strade, mentre sono piu’ semplicemente sentieri recenti e non ancora ricoperti dalla sabbia, qualche volta ombre, alcune altre zone pietrose …. Bhe’ il ‘genio’ chiede “ma sono le linee di confine ??” come se un confine fosse tracciato con un aratro nel deserto, decine di volte con linee che si intersecano tra di loro… Essam lo guarda stupito poi si riprende ed abbozza una risposta cercando di trattenersi dal ridere, cosa che io e Paola non ci risparmiamo di certo.

La vista del lago Nasser dal cielo e’ incredibile per la sua vastita’ e per le sue infinite diramazioni, creato per mano dell’uomo e di quella grande opera ingegneristica costituita dalla diga di Assuan. Chissa’ quanti e quali tesori sono stati sepolti per sempre dalle acque del lago una quarantina di anni fa, quando il presidente egiziano Nasser in collaborazione con l’Unione Sovietica, realizzarono questo gigante di cemento. Ora le piene stagionali del Nilo sono piu’ controllate, c’e’ una minor dipendenza dai capricci di madre natura ed in piu’ la diga e’ anche fonte di energia elettrica. Sembra tutto positivo, ma in fase di realizzazione non si tenne conto del tremendo impatto ambientale su un ecosistema (uomo incluso) che sopravviveva in quel modo da millenni ed in piu’ molte opere dell’uomo andarono perdute per sempre. Molti templi e luoghi di interesse furono spostati invece dai loro luoghi di origine per metterli al sicuro dalle acque del lago, uno di questo e’ Abu Simbel. Niente in Egitto ci ha lasciati sbalorditi come questi due templi in roccia, giganteschi, ricavati nel fianco della montagna, come gigantesco fu il lavoro dell’uomo per costruirlo e, in epoca piu’ recente, per spostarlo pietra dopo pietra fino a qui dove si trova ora.

Ramses II volle edificare questo luogo per intimorire con la sua mole i vicini Nubiani ed in piu’ volle celebrare al suo interno, con un ricchissimo insieme di geroglifici e bassorilievi, la presunta vittoria di Kadesh contro gli Ittiti (vittoria probabilmente mai avvenuta e di esito storico incerto, ma come si dice la pubblicita’ e’ l’anima del progresso … il suo in questo caso).

Le quattro enormi statue all’ingresso sono oggetto di mille fotografie e noi due restiamo come inebetiti a guardarle per un tempo indefinito, neanche il caldo torrido riesce a distogliere il nostro sguardo perennemente all’insu’.

Il tempio minore e’ dedicato alla moglie Nefertari ed e’ composto da sei statue poste al suo ingresso, quattro sono dello stesso Ramses II e due di Nefertari, resta un luogo meraviglioso nel suo complesso ed in ogni dettaglio tanto che solo dopo un’ora e mezzo dal nostro ingresso riusciamo a trascinarci fuori, verso l’uscita dove ci attende il resto del gruppo accaldato ed in cerca di qualsiasi cosa faccia un po’ di ombra.

Riguardo le foto nel display e mi accorgo che nelle ultime un’ombra costante e’ sempre presente nella parte alta dell’immagine: non c’e’ dubbio e’ entrata della polvere o un minuscolo piumino che ha passato l’otturatore della macchina fotografica, probabilmente mentre cambiavo gli obiettivi. Ora che faccio !?!? Questa cosa mi rovina gia’ la mattinata passata in questo posto unico e Paola mi guarda male giudicando incomprensibile la mia incazzatura. Forse ha ragione, forse dovrei pensare di piu’ a cio’ che ho potuto vedere, ma proprio non ce la faccio, o perlomeno non ce la faccio finche’ non vedo l’aereo che ci portera’ un po’ piu’ a Nord ad Assuan, luogo dove c’e’ la diga e dove ci imbarcheremo sulla motonave per la crociera.

Air Menphis !?! E chi l’ha mai sentita ‘sta Air Menphis …

Uno scassone grigio che avra’ almeno una trentina d’anni, forse di piu’, saliamo e non c’e’ una cosa in ordine, odore di vecchio, oblo’ opachi, non funzionano le luci e i sedili sono in quella posizione fissa da chissa’ quanti anni. Il volo e’ breve, ma e’ come andare sulle montagne russe, inversioni continue abbassamenti di quota improvvisi ... insomma una volta sbarcati baciamo la terra sotto i nostri piedi.

La fermata con il bus sopra la diga e’ breve, giusto una panoramica a 360 gradi sopra questo enorme serpente di cemento e poi si riparte verso la zona di imbarco ma, non della motonave, bensi’ di piccole imbarcazioni che ci porteranno all’isola di Philae.

Come per Abu Simbel, rimaniamo a bocca aperta, questa isoletta in mezzo all’acqua ospita un insieme di monumenti che hanno attraversato tutta la storia millenaria dell’Egitto; in origine era ritenuta luogo di sepoltura di Osiride e come tale solo i sacerdoti vi accedevano, poi nei secoli successivi fu invece meta di continuo pellegrinaggio religioso, fino ad arrivare alle costruzioni piu’ ‘moderne’ di epoca Tolemaica ed infine Romana. Ancora una volte gli infiniti bassorilievi la fanno da padrone e ancora una volta mi ricredo sulle aspettative di questo viaggio: i luoghi piu’ belli sono proprio qui nell’Alto Egitto, la piana di Giza per quanto monumentale e antica e’ arida e vuota di espressione, qui ogni geroglifico, ogni bassorilievo ti parla e ti racconta la sua storia. Alcuni dei piu’ grandi, sulla facciata del tempio principale, sono stati scalpellati e parzialmente distrutti da faraoni successivi a quelli dell’edificazione e, soprattutto, dalla furia iconoclasta dei primi seguaci della religione cattolica e di quella successiva dei musulmani. Resta un bellissimo spettacolo incorniciato dalla calda luce del tardo pomeriggio.

Ci riavviamo lentamente verso la barca che percorre velocemente il tratto che ci separa dalla terraferma in acque cristalline e molto pescose a giudicare dal movimento frenetico delle innumerevoli feluche … che differenza rispetto al putridume del Nilo lassu’ al Cairo.

Arriviamo velocemente alla nave con cui faremo l’ultima parte del viaggio, vale a dire la crociera da Assuan fino a Luxor.

La nave e’ molto bella ed e’ sostanzialmente la stessa che vedemmo il primo giorno, come molto bella e spaziosa e’ la nostra cabina compresa di minisalottino.

Io sto ancora pensando alla mia macchina fotografica e mi viene l’idea di smontare l’obiettivo, aprire al buio, come per scattare una foto, l’otturatore e soffiarci dentro ma niente non funziona …. Ad un certo punto e’ Paola la promotrice di un’idea che puo’ effettivamente risolvere il problema. Me la espone a patto di prendere un altro gatto e allargare la nostra ‘famiglia’… per amore della macchina foto cedo sostanzialmente usiamo il phon in bagno al posto di soffiarci dentro e magicamente … funziona !!!!!

La cena sulla nave e’ un buffet ricchissimo e molto variegato e la passiamo, come il resto della serata, con i nostri nuovi amici veneti.

 

GIORNO 6:

La lenta navigazione notturna culla il sonno piu’ profondo che solo la sveglia alle 6 di mattina interrompe bruscamente. Ci attende lo sbarco verso le 7:30 per visitare il tempio di Kom Ombo e molti del gruppo mancano all’appello avendo preferito rimanere tra le coperte.

Il tempio, di epoca tolemaica, fu dedicato al dio coccodrillo Sobek e al solito dio falco Horus, presente anche a Philae e ad Abu Simbel. Le imponenti colonne con i capitelli a forma di fiore di loto ci appaiono subito dopo lo sbarco. Ancora una volta ci perdiamo tra le veloci spiegazioni di Essam e il girovagare senza meta tra i resti del tempio e il suo museo che annovera numerose mummie di … coccodrillo!

Riprendiamo la navigazione in direzione di Luxor passando il tempo tra la piscina e le foto ai meravigliosi paesaggi lungo le sponde del Nilo.

I contrasti tra il verde dei palmeti lungo le rive, il riflesso dell’acqua calma del Nilo e le dune del deserto crea un paesaggio degno di un quadro soprattutto, quando, dalle rive stesse, sbucano persone intente a lavorare o pescatori che spingono al largo la loro piccola feluca.

La nave procede lentamente e questo paesaggio scorre lentamente sotto i nostri occhi, a volte con piccole modifiche altre con delle brusche interruzioni come improvvisi muraglioni di roccia che dal deserto precipitano nel fiume.

L’approssimarsi di alcune case indica che stiamo arrivando a Edfu il tempio dedicato a Horus il dio falco.

Ancora una volta non tutti scendono per la visita e ancora una volta ci troviamo di fronte ad un tempio simile a Philae di epoca tolemaica ma molto piu’ imponente nelle dimensioni e soprattutto nella ricchezza di bassorilievi.

In alcuni casi si vedono ancora i colori originali soprattutto nei fregi piu’ alti.

Ancora una volta, infine, il rientro e il lento navigare conciliano con il mondo e la leggera brezza favorisce il pieno rilassamento dei sensi in quel panorama dai forti contrasti.

La chiusa di Esna incuriosisce un po’ tutti tanto da attirare una piccola folla sul ponte. Le operazioni di attraversamento sono molto lente e la motonave entra in spazi poco piu’ grandi della sua larghezza. Si entra attraverso una chiusa aperta che poi viene di nuova serrata alle nostre spalle, il livello dell’acqua viene fatto alzare fino a raggiungere quello del fiume a valle e poi viene aperta la chiusa frontale in maniera da far passare la nave.

Un’operazione mica semplice, alla quale partecipa tutto l’equipaggio senza pero’ dannarsi troppo l’anima.

Le ombre della sera si allungano e preannunciano il tramonto che diffonde una colorazione su tutto il paesaggio dal giallo fino al rosso intenso chiudendo magicamente questa giornata dai mille colori e contrasti. Tramonti belli ne ho visti in vita mia, cosi’ intensi pochi per la verita’, quasi come quello di Santorini ... ma questa e’ un’altra storia.

  

GIORNO 7:

La mattina ci svegliamo che siamo gia’ attraccati a Luxor, l’antica Tebe.

La giornata come al solito e’ gia organizzata e colma di impegni. La mattina andremo nella riva Ovest di Luxor, ovvero nella sua necropoli, sulla riva dove tramonta il sole e la vita.

La valle dei re fu scelta come luogo di sepoltura della classe regnante per tutto il medio regno, il tempo delle piramidi e mastabe era finito, forse per questioni legate all’enorme sforzo economico e organizzativo richiesto o forse, molto piu’ probabilmente, per cercare di arginare i sempre piu’ frequenti ladri di tombe. Il luogo e’ una valle calcarea pressoché desertica nella quale furono scavate decine di tombe di faraoni, mentre le regine furono sepolte in una valle vicina, come del resto i nobili.

Il biglietto di ingresso e’ valido per la visita di tre tombe, esclusa quella di Tutankhamon.

Essam ce ne sconsiglia la visita, in quanto e’ una tomba spoglia e abbastanza piccola. In effetti quelle di Tutmosi III e Ramses IV sono ricchissime di disegni e geroglifici colorati e non ancora consumati dalle infiltrazioni d’acqua e dall’umidita’.

Tutankhamon e’ forse uno dei faraoni piu’ noti di tutta la nomenclatura egizia seppure nella storia millenaria di questo paese e’ stato solo una piccola comparsa e forse nemmeno quella. E’ ovvio pero’ che il suo nome e’ legato ad una delle piu’ grandi scoperte archeologiche di sempre, mai era stata trovata una tomba intatta e le sue immense ricchezze sono oggi conservate al museo del Cairo.

Forse nemmeno Howard Carter pensava di trovare una tale quantita’ di oggetti dal valore inestimabile.

Io stesso mi chiedo se il corredo funebre di Tutankhamon e’ cosi’ incredibile, chissa’ come doveva essere quello di faraoni ben piu’ importanti e longevi di lui. Probabilmente la risposta e’ persa per sempre tra i secoli di saccheggio e distruzione che questo luogo ha subito.

Il caldo e’ tremendo e il trenino che ci accompagna lungo il wadi e’ una benedizione, anche se mi sembra tanto degno del villaggio vacanze.

A parte la visita delle tombe il resto del tempo lo dedichiamo ad osservare l’improbabile gioco a guardia e ladri tra il personale di sorveglianza ed i turisti (per la verita’ quasi tutti italiani) che scattano fotografie anche dove non e’ consentito, ovvero agli affreschi delle tombe. In realta’ non ho mai ben capito questo divieto, una foto senza flash non danneggia proprio nulla se non il venditore di cartoline all’esterno … come al solito mi sa che sotto sotto si nasconde il solito motivo economico piu’ che di tutela del patrimonio artistico.

La valle delle regine e’ a poca distanza, ma la tomba della regina Nefertari non e’ visitabile purtroppo perche’ e’ in fase di ristrutturazione. Peccato, dalle immagini che avevo visto e dai vari commenti e’ sicuramente una delle piu’ belle tombe ipogee affrescate di tutto l’Egitto. Il trenino ci porta a Deir El Bahari dove visitiamo il complesso funerario della regina Hatshepsut, una delle poche regine che hanno realmente governato l’Egitto (come Cleopatra del resto). La struttura e’ composta da edifici colonnati posti su terrazze comunicanti attraverso delle scalinate ed e’ qui che nel novembre del 1997 furono trucidati 60 turisti da gruppi estremisti islamici. Mi percorre un brivido a pensare a quell’episodio dove le persone furono uccise a colpi di mitra e poi finite con i pugnali. Pare che il massacro sia durato 45 minuti.

Non faccio accenno di quell’episodio con Paola che e’ abbastanza suscettibile a questi argomenti ma, ogni tanto ho dei flash su delle foto dell’epoca in cui rivoli di sangue scendevano dalle gradinate del tempio di Hatshepsut.

Quando riesco a distrarmi da questi pensieri e’ gia’ ora di scattare qualche foto a questa meraviglia architettonica sotto un cielo azzurro talmente terso da sembrare tirato ad olio. In alcuni rilievi e’ ancora visibile il colore, mentre in altri non resta che un abbozzo del disegno originale.

In autobus facciamo una breve sosta per vedere i colossi di Memnon edificati da Amenhotep III a guardia del suo santuario funebre e poi riprendiamo il percorso inverso ritornando alla riva orientale del Nilo.

Dopo un breve pranzo a bordo siamo di nuovo in giro per rovine, anche se questa volta e’ il turno del secondo luogo piu’ visitato di tutto l’Egitto dopo Giza: il tempio di Karnak.

Costruito in epoche successive a partire dalla XII dinastia, e’ un quadrilatero enorme di cui solo una parte e’ visitabile ed e’ costituita dal tempio dedicato ad Amon Ra.

Appena entrati ci perdiamo in una foresta di colonne immense completamente coperte di geroglifici e scene di vita o rituali, talmente alte e fitte da oscurare il sole che non penetra fin quaggiù. Il loro apice sembra solo il cielo e per abbracciare la loro base ci vogliono piu’ di 14 persone. Vaghiamo cosi’ in questa foresta di pietra spesso con il naso all’insu’ fino ad uscirne solo per ritrovare un sole accecante che illumina un’infinita distesa di ruderi, statue, obelischi e pareti che un tempo dovevano costituire templi o portici sacri e che ora sono oggetto di un minuzioso lavoro di ristrutturazione. Arriviamo nei pressi del lago sacro non prima di aver scavalcato decine di resti e attraversato archi di pietra che non conducevano a nulla, ma che un tempo erano l’ingresso di qualche luogo sacro, ora perduto per sempre.

Anche noi ci uniamo alla folla che gira in senso orario attorno alla statua gigante di Khepri, lo scarabeo sacro, forse alla ricerca di un desiderio da esaudire o forse piu’ semplicemente per non perdere questa possibilita’ seguendo il motto del “non si sa mai” …

Il percorso di ritorno e’ appositamente lento perche’ ogni angolo nasconde una nuova scoperta o semplicemente sembra appositamente studiato per una bella fotografia, come il viale di sfingi dal corpo di leone e testa di ariete, oppure la solita gigantesca statua di Ramses II, figlia della sua solita megalomania o qualche bel colore ancora presente lassu’ in alto, posizionato esattamente dove il sole pomeridiano ti entra direttamente negli occhi.

Vorrei fermarmi di piu’, ma il tempo scorre e riusciamo ad arrivare al tempio di Luxor solo nel tardo pomeriggio e la visita, al solito, sara’ un po’ troppo veloce.

Il solito viale di sfingi ci accoglie nell’ingresso nord dove le solite statue sedute gigantesche di Ramses II fiancheggiano la porta di accesso. Di obelischi ne rimane uno solo mentre il secondo da bella mostra di se’ a Place de la Concorde a Parigi.

Una delle particolarita’ di questo luogo e’ che quando fu abbandonato in epoca araba le sabbie lo ricoprirono tutto o parzialmente e furono edificati sopra degli edifici tra i quali la moschea di Abu El Aggag che sovrasta oggi il cortile delle colonne.

Anche in questo caso ci aggiriamo tra le varie statue e geroglifici presenti sul luogo non trascurando una delle raffigurazioni piu’ famose come quella del faraone che riunisce l’Alto e Il Basso Egitto simboleggiati dal fior di loto e dal papiro.

In ultimo esistono anche delle raffigurazioni di origine cristiana su pareti molto piu’ antiche, segno che parte di questo luogo e’ stato riutilizzato come luogo di culto da diverse religioni.

Usciamo che il sole del tramonto illumina in maniera uniforme ogni angolo del luogo, ogni statua, ogni raffigurazione sembra prendere vita da questa colorazione gialla uniforme e questo insieme monocromatico sembra voler estendere un lungo braccio verso il Nilo e sparire sulla sponda opposta, la riva dei morti.

Dopo cena decidiamo di andare a fare una passeggiata nel suk di Luxor in cerca di qualche ricordo di questo paese da portare a casa. Usciamo che’ e’ gia’ buio, ma le strade sono molto animate e il percorso di andata lo facciamo a piedi lungo il Nilo nonostante la strenua opposizione di qualcuno che voleva andare in carrozza o in taxi al peggio.

“ma non e’ che ci rapiscono ??” …  “Ma restiamo tutti insieme vero??” … “Ma non e’ che ci perdiamo??” … La mia tolleranza ha abbondantemente superato il limite (sempre molto basso per la verita’ in questi casi) e presto io e Paola ci stacchiamo per entrare nel suk e perderci un po’ tra la gente.

Non sappiamo bene neanche noi cosa cercare se non guardarci in giro senza una meta fissa.

Alla fine pero’ un’altra maschera abbellira’ la nostra parete di casa, in particolare e’ quella del faraone eretico Akhenathon.

Un vecchio rigattiere tenta di venderci delle monete antiche di epoca Alessandrina e Romana, ma, a parte la cifra spropositata che chiede, non mi sembra corretto portare fuori dal paese di appartenenza simili reperti per quanto non di inestimabile valore e di dubbia provenienza.

Alla fine il suk si svuota restano poche persone e le botteghe chiudono le serrande, facciamo ancora qualche giro approfittando del chiarore intenso della luna piena, ma quando sentiamo echeggiare i nostri passi nei vicoli ormai vuoti capiamo che e’ ora di tornare e facciamo il percorso inverso lungo il Nilo finalmente assaporando un po’ di pace e di silenzio in questo luogo millenario.

 

GIORNO 8:

Per una volta i ritardi e i disguidi aerei fanno la nostra fortuna.

Ci informano che il nostro volo di ritorno, previsto in mattinata, e’ stato spostato verso il tardo pomeriggio. Sinceramente me lo aspettavo, succede sempre cosi’, ma almeno non siamo distanti dall’aeroporto e soprattutto non siamo in aeroporto!

Al solito ci offrono una cabina per i nostri bagagli e decidiamo insieme ai nostri amici veneti cosa fare.

La mia idea iniziale di andare in taxi al tempio di Dendera è accantonata perche’ dista 70Km da Luxor su strade non proprio asfaltate e il tempo non ci permette di andare, visitare il luogo e tornare con calma.

Allora decidiamo di visitare il museo di Luxor e poi in taxi di andare nella valle dei nobili ed entrare in qualche tomba particolarmente ricca di affreschi.

Il museo per la verita’ non offre nulla di speciale se non per qualche reperto e descrizione piu’ dettagliata sulla civilta’ nubiana che per secoli ha conteso il predominio egizio su queste terre e piu’ a sud verso il Sudan.

Il taxista non parla molto l’inglese ma riusciamo lo stesso a capirci e farci portare alla biglietteria di ingresso per la valle dei nobili. Rifacciamo il percorso di ieri in bus, ma questa volta riusciamo piu’ a goderci il paesaggio le scene di vita lungo il Nilo e tra i palmeti la vita quotidiana della gente di queste parti in definitiva. L’ingresso e’ regolato da una biglietteria molto distante dalla valle dei nobili, pero’ nel costo di ingresso sono comprese anche altre visite come quella per il complesso templare di Medinat Hau..

Arriviamo in macchina ai piedi di una collina argillosa e desertica, tenendoci alle spalle il Remsseum, sulla quale spiccano case mezze diroccate e qualche recinto per gli animali. Incredibile, l’abusivismo edilizio ha consentito di sviluppare un villaggio proprio sopra la necropoli, molte case sono state abbattute, ma molte altre sono abitate. Ci arrampichiamo su una ripida scarpata fatta di ciottoli su terreno desertico e dei bambini ci vengono incontro proponendoci di guidarci alle tombe.

Non c’e’ nessun turista, non c’e proprio nessuno, siamo solo noi e i bambini, il resto e’ silenzio si sente addirittura il nostro respiro affannoso in salita sotto un sole cocente. Arriviamo a quello che sembra essere l’ingresso per l’inferno, un buco nel parete rocciosa molto profondo e senza una illuminazione; l’odore di vecchio e di umidita’ che si respira lascia senza fiato soprattutto in funzione della temperatura esterna estremamente calda ma anche molto secca. La guida e’ anche il guardiano del luogo e finalmente dopo un tratto anche al buio arriviamo in una stanza illuminata con soffitto a volta completamente affrescato con viti.  Mi perdo a guardare l’infinita’ di grappoli d’uva molto ben conservati nei colori e nei dettagli, come mi perdo ad osservare i meravigliosi affreschi della sala laterale nella quale il nobile Sennefer, cosi’ si chiamava, e’ ritratto insieme alla moglie.

Usciamo visibilmente soddisfatti, anche Paola e’ entusiasta e sicuramente una visita qui vale molto piu’ che una qualunque tomba della valle dei re. Procediamo oltre, di tombe ce ne sono circa 400, noi ne vorremmo visitare almeno altre due e ancora una volta rimaniamo incantati dalle scene di vita quotidiana affrescate sulle pareti, i vasai, i costruttori, i commercianti, dagli animali come le pantere, i leoni, gli elefanti e i cammelli, migliaia di figure e tantissimi colori ben visibili (tomba di Rekhmire) e … ancora una volta nessuno, nessuno a vedere questo spettacolo, siamo solo noi e il silenzio di questa valle di morti.

Arriviamo in taxi a Medinat Habu, un complesso templare enorme famoso in particolare per il tempio funerario di Ramses III, ma comunque utilizzato e ingrandito anche da sovrani di epoche più recenti. Ancora una volta non c’e’ praticamente nessuno e possiamo goderci il luogo in perfetto silenzio. La cornice della montagna tebana alle spalle e il Nilo a poca distanza ne fanno un luogo unico, con decorazioni e colori vivissimi, senza eguali in tutte le nostre visite. E’ un peccato che un luogo come questo sia poco visitato e addirittura trascurato, se non fosse stato per il ritardo aereo anche noi avremmo perso uno dei piu’ bei siti visti fino ad ora. Le sfumature delle vesti dei faraoni, l’avvoltoio dalle ali azzurre, la colonna di nemici sconfitti e a capo chino in un’ impressionante colorazione rosso sangue, i mille copricapi dei nobili e l’infinita processione di animali e dignitari in colori accessi e sfavillanti.

Incredibile, veramente incredibile che tutto questo sia rimasto quasi intatto per oltre 3000 anni, ma la foresta di colonne alle spalle del porticato maggiore e’ li ad indicare che il tempo e’ trascorso anche qui, riducendo gran parte degli edifici in rovina, lasciando pero’ intravedere, con i suoi affreschi, una parte di se’ e del suo remoto splendore, uno spiraglio che ci permette ancora oggi di viaggiare nel tempo e intuirne la passata grandezza.

Il taxi fa lentamente ritorno sulla sponda dei vivi lasciando al suo passaggio una piccola nuvola di sabbia dentro la quale si addensano gia’ i ricordi di questo viaggio; non riesco neanche a fare mente locale su cio’ che mi ha piu’ colpito tanto confuse sono le immagini che vedo formarsi. Forse Abu Simbel, forse le piramidi , forse la tomba di Sennefer o il trono di Tutankhamon o forse piu’ semplicemente tutto questo paese e i suoi innumerevoli tesori di epoche talmente lontane da noi da essere quasi preistoria, eppure allora piu’ di adesso si riusciva a cogliere da vicino il legame profondo dell’uomo con la natura, riuscendo probabilmente anche a ricreare il cielo sulla terra, proprio su questa terra: l’Egitto.

 

Andrea

atahualpa70@gmail.com

 

 

 

 

 

Home ] AFRICA ] AMERICA ] ASIA ] EUROPA ] OCEANIA ]