“L’amico Cubano”
Racconto di viaggio
Esiste
una Cuba
dalle splendide spiagge di sabbia bianca, mare turchese, paesaggi
mozzafiato ….un Paese in cui le bellezze naturali, il folklore, la storia si
fondono promettendo ai suoi
visitatori una vacanza indimenticabile e per certi aspetti unica. E’ la Cuba
più famosa, celebrata dalle riviste specializzate ed ormai consacrata come una
delle mete più ambite dai vacanzieri in cerca di relax a prezzi ancora
abbordabili….Ma la “mia” Cuba, quella che ho vissuto in un recente viaggio
è un’insieme di sfumature, di piccole cose apparentemente insignificanti,
eppure quelle e solo quelle che permettono di capire, a chi ha la sensibilità
di coglierle, la vera “anima” di un Paese.
Da
molto tempo desideravo visitare Cuba. Un sogno nato in gioventù, quando
l’effige del “Che” era l’icona delle nostre rabbiose manifestazioni
studentesche. In valigia portavo, oltre alla mia attrezzatura fotografica,
malinconici ricordi giovanili, la
speranza di scoprire il senso delle nostre lotte e le motivazioni del loro
fallimento. Con una certa emozione vidi, all’uscita dell’aeroporto Josè
Marti di La Havana i primi graffiti che parlavano di rivoluzione, di resistenza,
di speranza. La famosissima effige del “Che” così magnificamente
immortalata dal fotografo Alberto Corda era presente ovunque. Le poche auto, quasi tutte americane, degli anni 50,
apparivano una sfida al
progresso tecnologico, i campi, tutti perfettamente coltivati, brulicavano di
campesinos al lavoro. Pochi i negozi e desolatamente vuoti. La voglia di calarmi
in quella realtà e soprattutto di capire se quelle persone che macinavano
decine di chilometri al giorno a piedi o in bicicletta per raggiungere un posto
di lavoro che garantiva loro 30
dollari al mese fossero felici, come il mio cuore sperava, o disperate come
l’evidenza dimostrava. Avevo con me le credenziali rilasciatemi dal Consolato
Cubano attestanti la mia attività di fotografo e la conseguente necessità di
documentare le più significative realtà cubane. Avere libero accesso alle
scuole, agli Ospedali ed altre strutture pubbliche mi permetteva di “vedere”
ciò che ai turisti non era permesso. Concentrato sui miei programmi, entrai al
villaggio turistico presso il quale avrei trascorso il mio soggiorno e come per
incanto la poesia delle immagini lasciò spazio ad una fastidiosa sensazione di
falso. Tutto era confezionato a misura di turista
in cerca di relax. Era come se all’ingresso del villaggio turistico fosse
stato installato un gigantesco filtro attraverso il quale passasse solo ciò che
può rendere una vacanza rilassante e spensierata. Poteva essere un villaggio
turistico della Sardegna, delle Canarie o di chissà quale altro luogo se…non
fosse stato per i coktail a base di Rhum dai nomi che celebravano le tappe
fondamentali della storia cubana quali: “Plaja Giron”, Fidel o Hemingway…..o
per le lezioni di Mambo e Salsa propinate tra una lezione di aerobica e
demenziali giochi in piscina…mentre, la celebrazione dell’intrattenimento
serale si consumava con l’immancabile orchestrina al suono di “Hasta siempre
Comandante” e “Juantanamera”…Il rito della “vacanza da catalogo”era
compiuto: spiaggia perfetta, con
tutti i conforts, divertimento per tutti i gusti e per tutte le età condito da
quanto di più falso ed artificioso si possa ideare per soddisfare il turista
che intende, durante la vacanza, lasciare a casa non solo la quotidianità ma
anche e soprattutto le emozioni. Ben presto capii che dovevo cercare ciò che il
filtro lasciava fuori dal villaggio, ciò che poteva turbare, far pensare,
impaurire. L’anima di Cuba era lì ad un passo…fuori dalla porta di quel
finto paradiso….stava a me uscire e coglierla o restare lì dentro cercando di
convincermi che, almeno una volta all’anno,
è necessario “staccare la spina”….
Certo, a volte un po’ di superficialità
aiuta a non pensare o meglio a
pensare a ciò che gli altri vogliono che si pensi e, quindi, con qualche
resistenza, varcai la soglia che mi escludeva dal vero mondo cubano! Ben presto
realizzai che è difficile fare il “viaggiatore solitario” in un paese come
Cuba e…dopo una mezza giornata vagabondando quasi senza meta mi resi conto di
aver conosciuto un numero spropositato di persone!!!tutti pronti a riservarti un
sorriso, un gesto di amicizia, un aiuto disinteressato….fu proprio girovagando
per le strade di Camaguey che feci la conoscenza di Pedro. Era una studente
universitario che sbarcava il lunario aiutando nei numerosi cantieri edili
sparsi un po’ ovunque in città.
Si dichiarò disponibile a farmi da guida con la promessa di aiutarmi a conoscere
una Cuba un po’ diversa da quella dei depliants turistici ed io ovviamente fui
entusiasta della sua proposta. Fu così che provai la grande emozione di salire
su una di quelle vetuste auto americane degli anni 50
le quali, se esternamente riescono a mantenere una loro dignità
estetica, all’interno, il più delle volte,
vengono trasformate in una vera officina ambulante! Asportati i sedili
posteriori, lo spazio una volta ad essi riservato è occupato da una moltitudine
di attrezzi e da pezzi di ricambio
costruiti artigianalmente. Il tutto, ovviamente, per far fronte rapidamente e
senza gravi conseguenze, agli inevitabili e sempre più frequenti mancamenti del
veicolo !! con orgoglio mi fece presente che la sua vettura aveva appena
compiuto la bellezza di due milioni di chilometri e che, nonostante
l’apparenza, non dava segni di cedimento! Mi lasciò alle mie fotografie
dandomi appuntamento per la sera. Dopo un paio d’ore…vidi l’auto con il
cofano aperto, ferma in mezzo alla strada!!Pedro mentre armeggiava sul motore,
mi salutò con un sorriso e con un gesto eloquente mi fece capire che
probabilmente l’auto aveva appena percorso il suo ultimo chilometro !!!!alla
sera la vidi “sfrecciare” per la vie di Camaguey come..se nulla fosse
accaduto!!!!ed allora pensai che in fondo tutto ciò rappresenta al meglio
l’anima del Pueblo cubano: anni di sofferenze, di rinunce, di lotte per
mantenere con coraggio una propria dignità. E questa lunga, sfiancante lotta,
questo mondo che cambia alla velocità della luce e sempre ormai in un’ unica
direzione ha
trascinato Cuba molte volte sull’orlo del precipizio ed ogni
volta…..ha saputo trovare la forza per continuare con determinazione il suo
cammino….si, proprio come quella vecchia macchina che mi “sfrecciava”
davanti alla faccia degli anni e
dei rattoppi!!!!
Ricordo ancora con emozione le bellissime
serate sul terrazzo della casa di Pedro assieme alla sua famiglia. In occasione
di quelle serate cercai di capire da lui e dai suoi cugini, studenti
all’università di Camaguey, che cosa fosse rimasto della Revolution Cubana.
Iniziai a parlare genericamente di politica per scendere via via nei dettagli
formulando domande sempre più dirette sulla realtà cubana. Temevo le loro
risposte, temevo che ogni loro riflessione rappresentasse un duro colpo ai miei
sogni giovanili..sentivo che avrei potuto dare un addio definitivo
alle mie ideologie già messe, negli ultimi anni, a dura prova….ed
invece ciò che provai fu una sensazione di fiducia che mai e poi mai avrei
immaginato!!
Mai percepii presunzione o
commiserazione..erano molto attenti a non suscitare in me un sentimento di
invidia per ciò che loro avevano raggiunto o di pena per ciò che a loro manca. Critici con molta
obiettività nei confronti degli aspetti negativi della società cubana, con
altrettanto orgoglio, decantavano le conquiste sociali, uniche per un Paese
dell’America Latina, dichiarandosi
disposti a difenderle a qualsiasi prezzo. L’obiettività e la serenità pur in
presenza di un futuro così incerto furono gli aspetti che più mi colpirono.
C’era una sorta di fatalismo, forse tipico dei popoli caraibici fusa con una
orgogliosa convinzione di vivere con le loro scarse risorse in una realtà che
priva di molte cose ma che, nel
contempo, riesce a trasmettere loro valori da noi troppo spesso dimenticati. Uno
di loro prese una chitarra e si mise a suonare un brano a me sconosciuto eppure
incredibilmente familiare. Mi sentivo complice e contemporaneamente estraneo,
condividevo le loro riflessioni e nello stesso tempo le sentivo così
malinconicamente lontane dal mio mondo che avevo temporaneamente lasciato e che
forse non avrei mai avuto il coraggio di abbandonare.
Eppure quella sera, su quella terrazza
sul mare, accarezzato da una tiepida,
dolce brezza, con le note di una chitarra lasciai il mio mondo e mi abbandonai
ai più fantastici irrealizzabili sogni...perchè quella sera, grazie ai miei
improvvisati amici sentii scorrere nelle mie vene le lotte sulla Sierra Maestra,
l’assalto alla Moncada, la Baia dei Porci ed..il vero spirito delle nostre
manifestazioni studentesche nel segno di una speranza e di una illusione finita
troppo presto... Un giorno mi
disse che mi avrebbe riservato una sorpresa e dall’espressione del suo viso
capii che rappresentava qualcosa di unico....Quella sera mi fece accomodare nel
suo salotto e mi disse di attendere. Di lì a poco vidi entrare un vecchietto il
quale, con passo malfermo, si avvicinò e mi strinse la mano con
un sorriso. Pedro mi spiegò che era suo
nonno Evelito e che aveva molte cose da
raccontarmi. Scoprii così che Evelito aveva partecipato alla Revolution Cubana
sulla Sierra Maestra assieme a Fidel e al “Che”. Trascorsi serate
indimenticabili ad ascoltare i suoi racconti. Qualcosa che andava aldilà dei
libri di storia, o degli articoli
di giornale. Non era tanto la veridicità dei racconti di Evelito che mi colpiva
quanto l’anima..il cuore dell’uomo....capii che forse aldilà delle proprie
ideologie, delle convinzioni, ciò che conta e ciò che rende un uomo un vero
Uomo siano le modalità attraverso le quali vive e ricorda la sua vita.
Il tempo trascorse troppo in fretta e..venne il giorno in cui dovetti salutare i miei amici cubani. Il giorno della mia partenza, Pedro mi venne ad aspettare davanti al villaggio turistico ed assieme al suo indirizzo mi consegnò un “3 pesos” cubano con l’effige del “Che”. Mi abbracciò e mi disse sorridendo:”Conservalo con cura perchè...un uomo smette di essere uomo solo nel momento in cui rinuncia ai suoi sogni...”
Lasciai Cuba e feci scalo a Montego Bay in Giamaica. Mi accolsero luci, suoni, negozi di ogni genere. Mi sentivo proiettato in un mondo che sebbene rappresentasse il mio..sentivo terribilmente estraneo. Mi giungevano ancora le note della musica cubana che ascoltavo ogni sera sul terrazzo di Pedro.... il gesticolare delle mani di Evelito, la sua espressione che parlava di orgoglio infinito, di speranze mai abbandonate ....Solo venti minuti erano trascorsi da quando le coste cubane sparirono dalla mia vista....Venti minuti e mi pareva un vita....presi in mano i tre Pesos del “Che” e mi tornarono in mente le parole di Pedro. Forse non tutto era perduto. Cuba e la sua gente mi aveva aiutato a credere che i veri sogni non muoiono mai.
Antonio Liberti arcus@virgilio.it