COSTA RICA

Diario di viaggio 2017

di Arturo e Nelly

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PREMESSA

Da tempo sognavo che per il nostro 45imo anniversario di matrimonio saremmo potuti andare in Costa Rica dove la presenza di molti parchi consente di godere della vista di foreste tropicali e di molti animali selvatici.

Me ne aveva parlato molti anni fa una collega di lavoro:"E' un paradiso terrestre" mi aveva detto e a me questa frase aveva acceso la fantasia.

Di solito organizziamo personalmente i nostri viaggi, ma l'età avanza e gli imprevisti possibili mi hanno spinto a rivolgermi ad una struttura chiamata Evaneos che offre viaggi organizzati da italiani che vivono nei vari paesi.

Il Costa Rica è un paese piccolo (è grande quanto la Lombardia) ed ha 5 milioni di abitanti. E' un paese anomalo per il centro America in quanto è politicamente stabile, molto scolarizzato e con una sanità efficiente. Vive in gran parte di turismo e non sono pochi gli italiani che vi si sono stabiliti definitivamente.

Ci siamo procurati un certo importo in dollari (in effetti abbiamo visto che solo in banca avrebbero accettato gli euro). Il  cambio dovrebbe essere di circa 560 colones per ogni dollaro.

L'assicurazione, fatta con Europe Assistance, mi ha un po' stupito perché praticamente non assicura le persone sopra i 75 anni da eventuali incidenti in loco. Io l'ho fatta comunque per sicurezza in modo che almeno quello che supportano ci tranquillizzi da eventuali problemi.


 

15 giugno 2017 - Giovedì

Alle 5,20 il taxi è davanti a casa per portarci a Linate. Dopo varie verifiche (compreso Huber che si è rivelato il più caro), abbiamo scelto di noleggiare l'auto con autista.

L'alternativa era il parcheggio, ma la partenza da Linate e il rientro da Malpensa ci hanno fatto preferire questa soluzione.

Check in e controlli rapidi al punto che alle 6,10 siamo già al gate anche se partiremo solo alle 8.

Partenza quasi in orario e arrivo a Madrid alle 10,45. Ora bisogna spostarsi al terminal T4S. Le indicazioni non sono chiarissime per chi non conosce l'aeroporto (MRS indica varie zone del T4S raggiungibili col trenino interno). Il tempo per spostarci e trovare i gate S29-S31 e vediamo che stanno già imbarcando i passeggeri. Siamo in molti e le operazioni di imbarco richiedono parecchio. Arturo si felicita della fortuna che abbiamo con i posti; gli rispondo che è abilità visto che i posti li ho scelti io... In effetti ho prenotato con parecchio anticipo e ho potuto scegliere pagando un piccolo sovrapprezzo.

Abbiamo davanti oltre 8000 km di viaggio e più di 11 ore di volo, sono davvero tante anche se l'aereo ha una postazione video per ogni sedile e consente di scegliere film, giochi e controllo costante dei dati di volo. Alle 19,40 stiamo sorvolando Cuba e S. Domingo: sappiamo che ci sono 8 ore di differenza con l'Italia per cui a S. Josè sono le 11,40. Arriviamo in orario, alle 14,30 circa, ma l'attesa dei bagagli si rivela lunghissima: oltre un'ora. Il cielo è coperto, ma la temperatura è gradevole. All'uscita troviamo il tassista che ci porta rapidamente all'albergo Adventure Inn.

Le prese qui sono quelle americane e vado alla reception a chiedere un riduttore. Un giovanotto ci vende per 5$ quel che ci serve. La giornata è stata lunghissima. Ho fatto il conto di oltre 34 ore di veglia (in aereo non siamo riusciti a dormire).

 


 

16 giugno 2017 - Venerdì

Abbiamo dormito discretamente, ma il cambio di orario si fa sentire, tanto che ci alziamo alle 4 ora locale per farci una doccia e mettere a posto le nostre cose.

Andiamo a colazione molto presto perché sentiamo il bisogno di mangiare dopo le ore di digiuno che sono state parecchie. C'è la frutta esotica: guava, guayava, melone, mandarino, alchechengi, anguria e granadine. Quest'ultima mi ricorda il Choquequirao in Perù, quando ho dormito sotto le stelle e due alberi me ne fornivano a piacere. Sono frutti profumati, gradevoli, ma pieni di semi.

Usciamo a prendere l'autobus per il centro città. In albergo ci hanno cambiato 20$ per poter pagare il biglietto e ci hanno dato 11000 colones. E' impossibile capire dove ci troveremo perché non sembrano esistere cartine dei mezzi pubblici. Ci lasciamo ispirare dalla discesa degli altri e dalle indicazioni di un ragazzo molto gentile che ci ha regalato anche 50 colones che ci mancavano.

Ci troviamo in avenida Central: molti negozietti sono chiusi perché è presto ma via via che procediamo vanno aprendosi: molti minuscoli bar, nessuna marca famosa, tanti banchetti per la vendita di biglietti della lotteria, diversi MacDonald, nessuna libreria.

Continuiamo a camminare qua e là. Ci attira il mercato storico sorto nel 1800, ma quando entriamo vediamo che i corridoi sono strettissimi, abbastanza sporchi e i negozietti poco invitanti. Alcuni banchi vendono piante medicinali un po' buttate alla rinfusa e questo è un aspetto interessante. Non siamo particolarmente schizzinosi, ma l'antichità del luogo poco si sposa con l'igiene.

Un primo museo che veniva consigliato è chiuso, mentre entriamo in quello della Banca del Costa Rica che non è amplissimo, ma ha oggetti piuttosto interessanti: statue in pietra, oggetti funerari e d'oro.

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Torniamo verso la via in cui l'autobus ci aveva lasciato e abbiamo la fortuna di trovare facilmente il mezzo che ci serve per rientrare in albergo.

Ci facciamo un bagno in piscina e ci rilassiamo.

S. José mi è parsa una città abbastanza insulsa. Di solito le città coloniali hanno zone con ville di bell'aspetto anche se ormai fatiscenti se non viene fatta manutenzione. Qui ho visto solo quei parallelepipedi di pochi piani dall'aria piuttosto triste. Non abbiamo trovato né un ufficio turistico, né una mappa dei mezzi pubblici, non c'erano mappe della città in giro e abbiamo visto una sola libreria in cui ne abbiamo comprata una. Neppure in albergo l'avevano.

I quartieri nuovi intorno alla città sembrano invece (almeno visti dall'aereo) moderni e piacevoli, immersi nel verde.

 

 

 


17 giugno 2017 - Sabato

Partenza alle 5,40 per la costa atlantica. Facciamo un gran giro per raccogliere dai vari alberghi le persone che verranno con noi. Per far ciò impieghiamo più di un'ora, poi si prende per Cariari fermandoci per una prima colazione tipica. Memori di ieri siamo preparati al gallo pinto (tipica colazione con fagioli rossi, riso, verdure e pollo o pesce) che va giù abbastanza bene.

Si riprende per una sterrata di circa 20 km. I villaggi sono tipici dei luoghi caraibici: case a un solo piano, molto piccole, in genere in legno e dipinte a colori vivaci. Sono molto carine se ben tenute, ma danno un senso di degrado se il clima le ha assalite. Sono sempre insediamenti piccoli, con pochi negozi e sempre una chiesa che però, pur essendo il Costa Rica prevalentemente cattolico, ha più spesso indicazioni di religioni protestanti di vario tipo o dei Testimoni di Geova.

Ad un certo punto la nostra guida, Pedro (che ha una vera passione per l'inno italiano che ci ha cantato integralmente storpiando un po' le parole), fa fermare l'autista e ci invita a scendere: si può fare la foto ad un bradipo! Su un alberello a lato strada, immobile, una massa di pelo sta sdraiata nell'incrocio di due rami. Gira a mala pena la testa. Io, che mi attendo molto da questo viaggio in termini di fauna, non mi aspettavo certo questo incontro e ne sono ovviamente entusiasta.

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Arriviamo alla Pavona, l'imbarco per il Tortuguero. Lungo il fiume e poi nella laguna, Pedro fa fermare spesso la barca per farci ammirare alcuni animali: la scimmia ragno che assai alta sugli alberi passa da un ramo all'altro con la sua proverbiale agilità, basilischi, un airone bianco-azzurro, una grossa tartaruga. E' difficile riuscire a vederli bene perché sono spesso mimetizzati nella vegetazione lussureggiante. Speriamo vada meglio domani, durante le nostre escursioni.

Il percorso è molto più lungo di quanto credevo, molte barche portano i turisti alle varie strutture presenti nel parco, noi siamo gli unici che scenderanno all'Evergreen Lodge della catena Pachira.

Quando scendiamo al molo ci accoglie una bibita fresca a base di frutta: sull'imbarcadero fiori tropicali disposti meravigliosamente. Kevin, un aitante giovanotto, ci dà le informazioni iniziali e ci porta alla nostra stanza Il lodge è disposto in un giardino e circondato dalla foresta umida: i fiori sono dappertutto. Un tucano fa un gran rumore, ma non riesco a vederlo. E' un posto fantastico!

Il luogo è incantevole: le abitazioni non hanno mura o finestre, ma pareti protette da una fitta reticella per consentire il circolo dell'aria. Il caldo-umido dà un po' fastidio, ma era previsto. Si sta invece meglio sull'imbarcadero dato che spira sempre un po' d'aria.

Nel pomeriggio Kevin ci porta al paese di Tortuguero: 1500 abitanti, 1,5 km di strada principale con case ai due lati, si gira solo a piedi o in bicicletta. Negozi di souvenir e cibo. Casette basse e non troppo curate. Fa molto caldo, è venuto fuori un sole pieno e perfino la nostra guida cerca l'ombra mentre ci fornisce le spiegazioni delle cose che vediamo: un frutto rosso con cui un tempo ci si dipingeva, vecchi macchinari di una fabbrica in disuso, le abitudini locali.

Ci porta anche a vedere la spiaggia sull'atlantico (il paese di Tortuguero sta su una striscia di terra posta appunto fra il mar dei Caraibi e la laguna omonima). Ci spiega che non è ancora la stagione delle tartarughe che vengono qui a deporre le uova, per cui non vale la pena di fare la gita notturna che in altri momenti viene prevista.

Rientriamo a metà pomeriggio. Ora sono le 17 e sono davanti al canale; l'aria è immobile e gli uccelli stanno smettendo di cantare., per un certo periodo si sentivano gridare le scimmie ragno dall'altra parte del canale, ma poi tutto è tornato tranquillo.

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18 giugno 2017 - Domenica

Ci siamo svegliati alle 3 abbastanza riposati. Non ho più voglia di dormire anche perché l'appuntamento è per le 5,50 per una gita in barca lungo i canali. Si entra in un canale e si costeggia cercando di vedere eventuali animali. Io non riesco a vedere nulla e Kevin diventa matto per mostrameli. Il fatto è che: 1- lui sa dove guardare, 2- gli animali sono mimetizzati con la vegetazione, 3- spesso parliamo di animali piccoli. Comunque fotografiamo iguane, basilischi, trampolieri e due scimmie cappuccine dal colore rossiccio. Arturo è seccato per la difficoltà di ottenere delle buone fotografie, ma siamo ben lontani dall'attrezzatura giusta e dal tempo necessario per effettuare le riprese,

La vegetazione è splendida e io sono molto contenta. Ho solo il dubbio che si sarebbe dovuti partire prima e magari preferire la canoa. Chiedo a Kevin e mi dice che arrivano ad avere anche mille visitatori in un giorno. Certo il posto è così bello che sarebbe un peccato non venire a visitarlo.

Alle 9,45 Kevin ci conduce in un breve giro nella foresta. Su un albero, un porcospino acciambellato si vede a malapena, diversi tucani e uccelli del paradiso si intravedono sui rami, un picchio risale un tronco. Kevin ci parla dei serpenti del luogo, alcuni molto velenosi, ma generalmente notturni poi ci mostra la formica che produce un morso molto doloroso e racconta che alcuni popoli sudamericani richiedevano come prova di coraggio quella di infilare le mani in un loro nido.

Rientriamo verso le 12 e una coppia tedesca dice che vicino al nostro imbarcadero ha visto un boa. Kevin si fa spiegare dove l'hanno visto acciambellato, ma ogni nostra ricerca resta infruttuosa. In compenso riusciamo a fotografare un caimano e una tartaruga d'acqua in un fiumiciattolo vicino al ristorante.

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Il caldo umido ci fa sudare parecchio e dopo pranzo ce ne andiamo in piscina. Siamo soli ed è una pacchia. Sollevo lo sguardo e vedo su un albero una scimmia, la riprendo insieme alle sue compagne mentre saltano fra gli alberi. Ovunque volano farfalle. Un tucano viene ripreso insieme al suo verso, ma quando vola via non c'è modo di seguirlo perché è troppo veloce.

A sera entrano in casa alcuni coleotteri neri (forse a causa della luce accesa), fuori ce ne sono centinaia e al mattino li troviamo morti lungo i sentieri, ma in camera danno un po' fastidio per cui li elimino.


 

19 giugno 2017 - Lunedì

Oggi si parte per il Sarapiquì. Ci alziamo presto anche se potremmo dormire ancora, ma questa è l'ora più bella. Salendo su una piattaforma aerea riusciamo a vedere le 'mono congo', cioè le scimmie nere che la sera e il mattino rompono i timpani con i loro urli. Sono chiaramente le stesse che ho ripreso ieri, ma ora le abbiamo vicinissime.

Dopo colazione costringo Arturo a fare un giretto in canoa. Bellissimo, anche se non è un kayak, ma una di quelle stupide canoe che noleggiano al mare, scomodissime: non hanno alcun tipo di appoggio sulla schiena e gli inviti per i piedi non sono fatti per la mia misura. Facciamo alcune belle foto e dopo mezz'ora siamo di ritorno.

Alle 14 partiamo col battello e durante il tragitto lungo il fiume riusciamo a riprendere un magnifico coccodrillo. Ci avviciniamo, ma quando entra in acqua il capitano della barca preferisce allontanarsi subito perché è molto pericoloso.

Il tragitto è lungo anche perché nel fiume siamo controcorrente. Resta comunque un tracciato molto piacevole.

Il piccolo bus che ci attende ci porta al Rancho Roberto dove un'auto ci aspetta per andare a Puerto Viejo de Sarapiquì.

Alloggiamo in una casa ecologia, una costruzione in legno con tre belle camere, ciascuna con bagno e una grande sala con angolo cottura dove si potrebbe fare da mangiare. Le pareti non sono piene, ma fatte di liste di legno con una fessura fra l'una e l'altra di alcuni centimetri. Solo una zanzariera copre tutta la parete per evitare agli insetti di entrare. Con un vecchio personaggio di Montesano direi 'molto pittoresco...'. Troviamo un biglietto molto carino di benvenuto e  con il programma per la nostra permanenza qui.

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Il collegamento WI-FI è presente nella casa in cui mangeremo, a cento metri da qui, mentre per lavare qualcosa bisogna rivolgersi alla padrona di casa che garantisce l'asciugatura in giornata.

In casa c'è una pila e, dato che alle 19 è già buio, la usiamo per andare a mangiare pollo, riso e patate. Rinunciamo ai piatti aggiuntivi di verdura e raccomando alla signora di non farci il gallo pinto per colazione, ma solo pane, burro e marmellata.

Rientriamo nella nostra casetta e siamo subito a letto dove ci addormentiamo ben presto.


 

20 giugno 2017 - Martedì

Ci svegliamo alle 5. Si sentono i galli cantare e qualche uccello. Ridiamo del fatto di essere venuti fin qui per sentire i galli. Alle 6 abbiamo appuntamento per il bird watching.

Greiner, la nostra guida, è venuto con un cannocchiale Swarovsky e ci fa vedere gli uccelli che ci sono attorno alla Wendy's House. Fa vedere ad Arturo che usando il suo cellulare può fotografare gli animali appoggiando l'obiettivo direttamente sull'oculare del cannocchiale.

Vediamo i vari tipi di tucano, pappagalli (red lored parrot), un uccellino arancione, una falco (crane hawk), un piccione rossiccio (short billed pigeon) e molti altri. Non dobbiamo fare grandi sforzi perché gli avvistamenti sono frequenti a quest'ora e il ragazzo è molto competente e attento a quello che potrebbe piacerci.

Dopo colazione con Greiner, lui che ci conduce lungo un facile sentiero fino ad una cascata che si trova a circa 20'. Non è nulla di speciale, ma la foresta ha alcuni begli esemplari di alberi. Greiner ci dice che quello molto alto e con radici ramificate (uguale al tipo ripreso alla Martinica dove io sembro una formichina vicino alla pianta), è ritenuto in India un albero sacro le cui radici arriverebbero al centro della terra e la sommità quasi al cielo: per loro è l'albero della vita.

Poiché torniamo piuttosto presto, consideriamo le alternative fra riposare adesso o nel pomeriggio anticipando la visita alla riserva naturale di Tirimbina. Decidiamo per quest'ultima soluzione.

Tirimbina è una struttura di notevole ampiezza gestita da un'organizzazione no-profit che ha due aree: una di foresta di seconda generazione e una più antica. Appena arrivati Greiner ci mostra alcuni ucccelli, un'iguana che sale su un albero e un bradipo che se la dorme beatamente mentre uno scoiattolo sale rapido su un albero e la piccola rana rossa velenosa (la sua pelle contiene alcaloidi tossici) si allontana rapidamente appena toccata con un bastoncino.

La vegetazione lussureggiante è così varia e densa che non si riesce a porre l'attenzione su nulla in particolare. Un ponte sospeso assai lungo consente di attraversare il fiume 20 metri sopra l'acqua. Vediamo numerosissimi gommoni fare rafting in acque agitate ma non particolarmente pericolose.

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Greiner ci dice che nel 2009 un terremoto ha completamente cambiato il corso del fiume Serapiquì e ci mostra il vecchio percorso.

Il sentiero fa un bell'anello: c'è un altro ponte sospeso e su un alberello vicino all'inizio del ponte tre iguane stanno a prendere il sole: bellissime! Vediamo anche un bradipo col suo piccolo; Greiner dice che impiegano anche 20 giorni per digerire un pasto.

Arturo comincia a sentirsi poco bene: forse il bicchiere d'acqua ghiacciata che ha bevuto questa mattina gli ha fatto male. Speriamo si riprenda presto. A questo punto preferisco cancellare l'escursione serale agli stagni. La padrona di casa, doña Rita, mi ha preparato come medicina il latte dei cocchi freschi dai suoi alberi, perché dice che sono un antibiotico naturale.


 

21 giugno 22017 - Mercoledì

Ci siamo svegliati alle 5. Arturo sta meglio. Io posso fare un po' di bird watching col mio binocolo. Vedo quattro tucani delle due specie che ci sono in questa zona (collared aracari e black mandibled toucan) e un uccello con coda gialla.

Andiamo a fare colazione e la signora Rita ci fa una speciale tisana che addolcisce con miele. Le api che fanno questo miele sono piccolissime; assomigliano ad una grossa zanzara e ci stanno volando intorno. Vedo un movimento tra gli alberi: è uno scoiattolo che si mangia una noce, un altro è su una palma.

Alle 10 il padrone di casa viene a prenderci e dopo aver salutato affettuosamente doña Rita, partiamo per la prossima meta che è nel parco del vulcano Arenal.

Alle 13 ci registriamo all'Arenal Observatory Lodge e andiamo al ristorante a mangiare un casado vegetale. La nostra stanza è lontana dal ristorante: c'è un servizio di trasporto che si può chiamare in qualsiasi momento, ma noi finiremo col farci i 500 metri a piedi più volte al giorno. Siamo davvero in un posto splendido: panorama sul lago con la nostra stanza che dà su un giardino tropicale pieno di fiori, uccelli, farfalle e colibrì.

Ce ne stiamo a far niente fino alle 16 quando sulla terrazza del ristorante possiamo ammirare un bel tramonto e riprendo due grossi uccelli della famiglia dei tacchini: il maschio è nero, la femmina marrone (great curassow).

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Alle 18 è buio, si nota bene che siamo vicini all'equatore per cui il giorno e la notte si dividono equamente le 24 ore.

22 giugno 2017 - Giovedì

Abbiamo dormito bene e ci svegliamo alle 5. Guardo gli uccelli sugli alberi: pappagalli verdi e due neri con una zona bianca sulla testa (pionus senilis). Difficilmente riesco a riprenderli anche perché la lentezza della videocamera ad accendersi è davvero esasperante.

Sento proprio il bisogno di acquistare il libro che hanno tutte le guide del bird watching sugli uccelli del Costa Rica.

Dopo colazione scegliamo fra i sentieri disponibili, uno abbastanza breve, definito difficile per via dell'irregolarità del fondo. In realtà è un normale sentiero di montagna che, data l'umidità può diventare scivoloso. La vegetazione è quella della foresta, ma di animali ne vediamo solo uno: un bel ragno. Alla fine del sentiero non c'è gran che da vedere: un torrentello d'acqua limpida, delle bellissime felci.

Torniamo su con molta calma giriamo per il parco e visitiamo il piccolo museo del vulcano Arenal. In una stanza sono appesi alcuni cartelloni delle varie fasi di attività del vulcano che erutta con una certa frequenza anche se non in modo drammatico. C'è anche in azione un sismografo che mostra l'attuale livello di attività. Possiamo quindi vedere che in questo momento, anche se ha sempre in cima un pennacchio di fumo, il vulcano è piuttosto tranquillo.

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Ora sono seduta in terrazza, col mio libro degli uccelli, il binocolo e la videocamera per studiare quel che mi sta intorno.

Una pozzanghera attira molti uccellini (fra cui l'azzurro thraupis episcopus) per un bagno ristoratore e io faccio molte riprese comodamente seduta.  Quando giriamo per il giardino obbligo Arturo a fotografare tutte le piante che hanno il cartellino: sono un po' fanatica per la botanica, lo so...

 


 

23 giugno 2017 - Venerdì

Questa mattina andiamo al Cerro Chato, un laghetto vulcanico su una montagna di 1100 m di altezza. Primi due chilometri su strada quasi in piano, poi inizia una salita ripida che da 700 m di altitudine porta ai 1100.

Il problema non è tanto che si salga, quanto che non si tratta di un sentiero. E' una ripida colata di fango e polvere compressa (forse materiale lavico) che bisogna rimontare aiutandosi con i ripiani formati dalla radici e da una serie di 'orme' forse create dal pesticcio dei piedi nel corso del tempo.

Dopo un'oretta comincia a piovere e Arturo teme che tutto si trasformi in un ruscello. Lo convinco che gli acquazzoni tropicali sono intensi ma di breve durata e che il terreno sta assorbendo abbastanza. Cessa la pioggia e continuiamo il cammino. Il lago è in fondo al cratere del vulcano Cerro Chato, estinto da molti secoli. L'acqua si vede piuttosto in basso e non crediamo si possa arrivarci. E' invece possibile fare un sentiero tutto intorno ma non ci pare ne valga la pena.

Qualche foto ricordo e ci accingiamo al ritorno. Abbiamo impiegato circa 3 ore dalla reception a qui: abbastanza in linea con le previsioni dato il tempo che impieghiamo per le fotografie durante la salita.

Arturo riesce a riprendere un ramarro e una splendida lucertola dalla coda azzurra (ameiva festiva).

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La vegetazione non ha riservato grandi novità e da questo punto di vista forse non valeva la pena, ma scopriremo nei giorni successivi che molti considerano questa escursione una vera e propria scalata e ci guarderanno con stupore per averla fatta.

Ora siamo nuovamente sulla strada. Ad un torrente ci chiniamo per pulire dal fango le scarpe e  lavarci le mani e qui accade una cosa molto spiacevole: la macchina fotografica che Arturo aveva messo in tasca per ripararla tenendola però a disposizione, scivola in acqua . La vediamo fare 'glu glu' mentre la tiriamo su rapidamente.

Al rientro in camera cerchiamo di asciugare la macchina fotografica. Arturo spera che, essendo acqua dolce, non crei danni. Se non dovessimo farcela ci rimarrebbe sono il cellulare per scattare foto.


 

24 giugno 2017 - Sabato

Oggi è previsto un 'van-boat-van', cioè di andare in auto al lago Arenal, attraversarlo in barca e di nuovo in auto fino alla nostra destinazione. L'attraversamento del lago è considerato una escursione e scopriamo che sono veramente molti i turisti che la fanno per spostarsi alla loro successiva meta.

All'imbarcadero numerosi avvoltoi (coragpys atratus) se ne stanno appollaiati sul tetto di una costruzione; ne vedremo parecchi anche in futuro poiché volano sempre in gruppo con larghi cerchi per avvistare le loro prede. Si cibano molto anche nelle discariche umane.

All'arrivo scopriamo che non c'è pontile, solo una scaletta in mezzo all'acqua. Il nostro accompagnatore, che ci ha decantato le bellezze del lago, dice che non è colpa loro se dovremo fare un pezzo a piedi con la valigia, ma che le autorità hanno vietato di far venire le auto fino a qui. Mi sembra che si sia riservato l'informazione fino all'ultimo per metterci davanti al fatto compiuto, ma per noi non è un grosso problema perché le nostre valigie sono decisamente piccole; altri hanno grosse valigie e zaini e qualcuno non è proprio stabilissimo sulle gambe. Comunque le scimmie sopra le nostre teste distraggono tutti dal problema e i 2-300 metri a piedi con bagaglio vengono superati senza troppi intoppi. Qualcuno si fa portare il bagaglio da un paio di ragazzetti che per una piccola mancia fanno il servizio di trasporto.

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In auto,  attraverso strade sterrate, arriviamo all'albergo El Viandante. I 25 km sono stati piuttosto lenti proprio a causa delle condizioni delle strade.

Continuiamo a tentare di far funzionare la nostra macchina fotografica, ma senza successo. Ne parlo con la reception e mi dicono che quando accade a loro, la mettono per 2-3 giorni su un deumidificatore e di solito il problema si risolve. Si offre di provare e accetto con gratitudine.

Questa località è sconcertante: le strade sono sterrate, i marciapiedi spesso interrotti o assenti, la via su cui è costruito il nostro albergo ha una pendenza al limite del percorribile.

 

25 giugno 2017 - Domenica

Notte d'inferno. Fuori tirava un gran vento e dentro una zanzara non ci dava pace. Alla fine abbiamo acceso il ventilatore per vedere se la zanzara si stancava e siamo riusciti a dormire le ultime due ore.

Alle 6 ci siamo alzati e siamo andati a fare colazione. Abbiamo scoperto che il proprietario dell'hotel è Renzo, l'organizzatore del nostro viaggio. Gli chiediamo se c'è un motivo per cui le strade sono sterrare, sorride dicendo che i grandi proprietari locali temono che se la strada fosse asfaltata i turisti verrebbero in giornata da altre località per vedere le varie riserve naturalistiche e non si fermerebbero qui. Strane opinioni.

Ci racconta anche dei cambiamenti climatici che ultimamente gli impediscono di consigliare il miglior periodo per venire in Costa Rica. A Monteverde si sta bene perché siamo a 1400 m. di altitudine, ma in estate dice che fa un caldo impossibile soprattutto sulla costa pacifica e qui a volte piove tutto il giorno. Il vento di questa notte poi era nulla in confronto a quello che a volte soffia impetuoso. Gli diciamo che allora noi siamo fortunati perché nonostante siamo nella stagione delle piogge fino ad ora abbiamo visto solo un paio di acquazzoni e piuttosto brevi.

Alle 7,10 viene a prenderci una guida per andare alla riserva biologica Bosque Nubioso Monteverde. Andiamo con la sua jeep e là troviamo una coppia di spagnoli ad aspettarci. Entriamo insieme a molti altri gruppi, ciascuno con la guida munita di cannocchiale per bird-watching. La guida ci avvisa: per vedere gli animali serve pazienza, tempo e fortuna.

Vediamo scimmie ragno e scimmie cappuccine, il quetzal (un volo così rapido che è più immaginato che visto), diversi uccelli e il coati. A domanda risponde che non vedo orchidee perché crescono in alto sugli alberi e che i funghi ci sono, ma hanno vita breve. Io ho la sensazione che non ci siano funghi mangerecci in assoluto o forse non ve n'è la tradizione.

Verso le 11 usciamo perché la gita durava tre ore e facciamo una colazione nel bar dove hanno messo acqua zuccherata su alcuni trespoli per attirare i colibrì. E' l'unico sistema per poterli riprendere dato che quando volano di fiore in fiore sono rapidissimi.

Chiediamo alla nostra guida se al ritorno ci lascia al Bosque de los Niños che Renzo ci ha consigliato. Si tratta di un bosco di seconda generazione, bello e che possiamo percorrere con i nostri tempi. Il problema delle gite con guida è che sono sempre piuttosto rapide mentre questi posti meriterebbero di starci giornate intere per vedere davvero degli animali. Inoltre quella di questa mattina aveva davvero molte persone contemporaneamente presenti.

Un uccello ci fa impazzire col suo verso che registriamo e che solo Arturo è riuscito a vedere di sfuggita. Vediamo il chamaepetes unicolor e lo elanoides forficatus. Prima di uscire un agouti paca attraversa il sentiero davanti a me. Le farfalle sono sempre numerose e impossibili da riprendere.

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Oggi mi sono fatta ridare la macchina fotografica che sembra leggermente migliorata: ora sono riuscita a impostare la data, ma l'obiettivo non esce.


 

26 giugno 2017 - Lunedì

Abbiamo dormito bene e riprendendo la macchina fotografica ho avuto la lieta sorpresa di vedere che si potevano rivedere le foto prese fino al momento dell'incidente. Anche l'obiettivo è uscito dopo un paio di prove. Resta solo l'anomalia dell'obiettivo che esce solo quando si scatta, ma è un problema risolvibile.

Dopo colazione siamo andati a piedi a Santa Elena che è la città vera rispetto a Monteverde che è una sorta di frazione. Vogliamo visitare il giardino delle orchidee che apre alle 8.

Il problema di camminare qui è che è tutto un su e giù con pendenze assurde: non sono mai stati previsti tornanti per alleggerire salite e discese, si fa un gran uso di quad e jeep; per i pedoni è abbastanza faticoso camminare.

Aspettiamo davanti al giardino fin quasi alle 9. Insieme a noi alcuni americani che ci dicono che è un 'tico-time' intendendo che qui se la prendono comoda. (Tico è il nome con cui i costaricani designano se stessi). Ci sarebbe un altro posto simile e tentiamo di raggiungerlo, ma ci perdiamo e un americano che vive qui, vedendoci perplessi, ci chiede se abbiamo problemi e ci indica la strada per tornare indietro.

Effettivamente ora il posto è aperto e gli americani se ne sono già andati. Un giovanotto sta illustrando qualcosa a due signore e noi ci aggreghiamo.

Impariamo un sacco di cose:

·        che le orchidee a cui siamo abituati sono tutte degli ibridi perché le vere orchidee sono all'80% piccole o piccolissime,

·        che tutte le orchidee sono epifite, cioè si attaccano ad altre piante per poter usufruire dell'umidità dell'aria e della luce,

·        che molte crescono in alto per ottenere più luce, ma che questo non vale per tutte,

·        che le foglie delle orchidee cono sempre parallelinervie e  che questo è un carattere distintivo utilissimo per non confondere con altre piante,

·        che il record per il maggior numero di specie di orchidee è detenuto dalla Colombia, mentre il Costa Rica ha quello del maggior numero di specie in così breve spazio..

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Tornando verso l'albergo lo superiamo e andiamo al giardino delle farfalle. Qui un sentiero passa attraverso quattro diverse serre in cui vengono liberate farfalle a seconda dell'ambiente: pianura, mezza montagna, alta montagna e spazio aperto. Una sala didattica mostra qualche bruco, degli insetti stecco e alcuni coleotteri giganti. In generale, al di là che le farfalle non sono di moltissimi tipi (una quarantina su 250 esistenti in questo paese), mi sembra tutto un po' raffazzonato.

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Purtroppo la macchina fotografica si è bloccata di nuovo e sembra surriscaldarsi. Almeno le foto di oggi ci sono...

Andiamo a cena al ristorante dove mangiamo ottimo pesce.

 


 

27 giugno 2017 - Martedì

Oggi partenza per Dominical, sulla costa dell'oceano Pacifico alla riserva Barù.

Mentre aspettiamo il mezzo che ci interessa, chiacchieriamo con Renzo delle sue escursioni qui intorno. Dice che non è autorizzato a portare i turisti alla Riserva di Monteverde perché riservata alle guide locali, ma che li conduce in molte altre del Costa Rica. Va anche spesso per conto suo e questo è il modo migliore per fare delle fotografie. Dice che è difficile camminare nella foresta primaria perché si cammina fra le radici e spesso possono esserci buche anche  di alcuni metri: se finisci là dentro ti puoi fare davvero male. Dalle sue parole mi confermo nell'impressione che quanto possiamo vedere noi come turisti è molto edulcorato dal sentiero comodo e sicuro; d'altronde non sarei certo avventurosa al punto da tentare la sorte da sola e in un ambiente sconosciuto.

L'auto che viene a prenderci è in ritardo e partiamo alle 8,30. Ci portano avanti per sterrata fino alle 9,30 poi si ferma ad un ristorante che è il punto in cui la Grey Line fa arrivare altri mezzi e carica le persone in funzione della destinazione. Ci vuole più di un'ora fra la sosta e lo smistamento di persone e valigie. Intanto mi rimiro un nido di piccole api e una iguana che prende il sole sul tetto di lamiera del ristorante.

Ripartiamo. Ai lati della strada piantagioni di palme da olio. Chiedo al tassista e mi dice che c'è una fabbrica qui vicino che lavora i frutti. Quali? Io non li vedo. Mi mostra dei camion carichi di grossi frutti di colore marrone.

Arriviamo a destinazione alle 14 e ci danno la stanza. Davanti alla nostra porta un'iguana scappa spaventata ma si vede che è a casa sua; si rifugia dentro un tubo messo per far scorrere l'acqua in caso di pioggia.

Ci facciamo subito un bagno in piscina per risollevarci dal caldo afoso, poi prendiamo il sentiero per l'oceano che sentiamo rumoreggiare già a 10 minuti dalla spiaggia. Qui c'è l'invito a non disturbare le tartarughe, ma non è il periodo della deposizione delle uova.

Rientriamo quasi subito guardandoci attorno: qualche uccellino, lucertole, e due animali che pasteggiano col cocco. Sono gli agouti, grossi roditori dal pelo rosso-marrone. Riesco a riprenderli comodamente, mentre ieri a Monteverde erano scomparsi velocissimi.

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Il giardino non è curato come quello dell'Arenal, ma ha parecchie piante nuove. Per esempio ci sono due piante con strani frutti che crescono direttamente sul tronco: uno ha le dimensioni di un grosso melone rotondo e veniva usato in passato dai contadini per conservare l'acqua fresca (dopo averlo svuotato e seccato opportunamente). Pare che la polpa non sia molto gustosa, ma abbia effetti curativi. L'altro frutto, ovale e rosso scuro è il frutto del cacao.

Ho dato della biancheria da lavare, ma non hanno potuto assicurarmi che sia asciutta per domani sera. "Dipende dal tempo" mi hanno detto alla reception - "se non piove dovrebbe essere possibile asciugare, però non possiamo garantire nulla". Andiamo subito a cena: gamberetti con riso, patate fritte e insalata, poi a letto.


 

28 giugno 2017 - Mercoledì

Mi sono svegliata a mezzanotte per spegnere il frigorifero che faceva troppo rumore. Alle 5 ci siamo alzati per andare sul sentiero pizote (nome locale del coati). E' di 3 km nella foresta e speriamo di vedere qualche animale. Una guida ci apre il cancello che di solito resta chiuso se non ci sono escursionisti. Il tracciato è largo, ben definito, con molte zone umide, alberi e vegetazione di una foresta litorale. Una torre per l'avvistamento degli uccelli non ci aiuta perché non si sente volare una mosca né tanto meno dei volatili. Avanziamo attenti ad ogni curiosità: nidi di termiti sugli alberi, formiche taglia foglie al lavoro, un grosso insetto verde simile ad una cicala, funghi del legno di vari colori, ma siamo un po' delusi. Fra l'altro Renzo ci aveva detto di aver visto qui i caimani a bordo sentiero e gli era sembrata una cosa pericolosa.

Ad un certo punto però incrociamo una famiglia di pecari che attraversa il sentiero: ci guardano incuriositi (noi ci siamo subito arrestati per non disturbarli), poi si sono dileguati.

Arriviamo dove il sentiero curva per chiudersi a cerchio. Qui ci sono gli edifici della fondazione scientifica dell'hacienda Barù. Il guardiano spera di fare due chiacchiere ma parla solo spagnolo e, anche se capiamo abbastanza, non siamo in grado di parlarlo.

Rientrati decidiamo di metterci il costume e prendere il sole, così restiamo fino alle 12 unici padroni del luogo. Ogni tanto mi godo l'arrivo di qualche animaletto (farfalle, iguane  o uccelli), ogni tanto ci buttiamo in piscina: una pacchia.

Nel pomeriggio, quando usciamo per percorrere un altro sentiero di 2 km, comincia a piovere. Ci rechiamo all'area coperta vicino al ristorante e facciamo due chiacchiere: non ho voglia di fare assolutamente nulla: né di disegnare, né di leggere, ma solo di osservare gli uccelli e di provare a riconoscerli con il mio libro. Dopo un po' ci vien voglia di tornare all'oceano e, visto che abbiamo un ombrello bello grande, ci avviamo.

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Ci attraversa la strada l'agouti di ieri che evidentemente è un habituè del giardino, ma non trovando nulla torna a casa sua.

Il rumore delle onde si sente ben prima di ieri, segno che l'oceano risente della pioggia.

Torniamo quasi subito indietro mentre la pioggia si rafforza; ho portato sfortuna io pensando che un temporalone tropicale non mi sarebbe dispiaciuto, essendo al riparo.

Alle 18 andiamo a cena e poi in camera sotto la pioggia battente. Trovo la nostra biancheria asciutta sul letto: bene.


 

29 giugno 2017 - Giovedì

Mi sveglio alle 5 per fare un giro in pace e guardare gli uccelli. Arturo vede atterrare un falco poco distante da noi e posso riprenderlo perché viene vicino per cibarsi con qualcosa che è a terra, poi Arturo mi chiama per vedere un bradipo appollaiato su un albero dietro la nostra camera: è steso sulla schiena e si vede solo una gran massa di pelo.

Dopo colazione un taxi ci porta fino all'imbarcadero sul fiume Sierpe in un'oretta. Qui c'è un bel ristorante bar in cui attendere ad un tavolo sotto un ombrellone. Sul fiume galleggiano giacinti d'acqua e a pochi metri da noi un coccodrillo se ne sta tranquillo sulla riva.

Un uomo vende cocco che taglia al momento per far bere il latte e mangiarne la polpa: invita tutti da gran imbonitore e ha l'aria del furbone.

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Arrivano via via altri turisti che salgono in barca con noi alle 11,30. La barca è come quelle del Tortuguero, con un telo contro il sole, ma sostanzialmente aperta. Il sole si copre e poco dopo la partenza, quando credevamo di gustarci una tranquilla traversata, si mette a diluviare. Dopo pochissimo capiamo che questo mezzo non potrà minimamente ripararci e che ci inzupperemo fino alle ossa. La pioggia ci sferza il viso e par quasi grandine: ci proteggiamo alla meno peggio, ma invano.

Intanto siamo usciti dal fiume Sierpe e siamo sull'oceano. Il pilota cerca di affrontare le onde in modo da effettuare un giro per evitare quelle più alte, si balla molto, ma sarebbe abbastanza divertente se l'acquazzone tropicale non impedisse anche di vedere a un palmo dal naso. Ora costeggiamo fino ad una baia dove ci si ferma. Perché? Chiedo delucidazioni ad una ragazza americana dipendente di un lodge e mi risponde che stiamo aspettando qualcuno: moli di attracco non ne vedo: dopo un po' arriva una jeep e diversi pacchi, ormai fradici vengono spostati dalla barca al mezzo. Siamo sconcertati: oltre alla pioggia battente anche le attese? Eppure attendiamo ancora con il pilota che va in cerchio e ci sembra matto; invece è perché aspetta che un'altra barca ci scarichi dei turisti dall'aria triste e infreddolita. Passano i loro bagagli che, forse perché partiti mentre già pioveva, sono avvolti in teli di plastica. Un nostro compagno ha messo le scarpe sotto la panca per ripararle ma la pioggia le ha riempite in un lampo.

Finalmente si riparte. In barca è salito un signore che si rivolge a noi dicendoci che appena ci fermeremo dovremo togliere il giubbotto di salvataggio, scendere e correre ad una tettoia: per le valigie provvederanno altri a scaricarle. Dopo poco la barca si avvicina ad una spiaggia, alcuni giovani la tengono vicino a riva come meglio possono date le onde, e noi scendiamo (ovviamente bagnandoci le scarpe). Il signore che ci ha dato le istruzioni si rivela essere Jorge, la nostra guida per i prossimi giorni. Egli ci fa strada mentre saliamo i cinquanta metri di dislivello che ci separano dal lodge Marenco. E' la ciliegina sulla torta!

La nostra stanza è ariosa, non ha vetri di sorta ma solo delle reticelle sui quattro lati. Ci spogliamo subito e cerchiamo di asciugarci, ma è davvero difficile. Sono molto preoccupata per l'asciugatura delle nostre cose, soprattutto per i due zainetti che sono fradici. Per fortuna Arturo aveva riposto i documenti in un sacchetto di plastica!

Andiamo subito a pranzo perché Arturo ha fame: riso condito, pesce e verdure: buono! Jorge mangia con noi e ci dà alcune informazioni: dice che siamo gli unici ospiti ed è a nostro completo servizio, consiglia di non lasciare cibo in giro perché le scimmie possono essere dispettose, è spiacente per la pioggia che ci ha accolto, ma la vista quando smetterà (già rasserena) ci compenserà di tutti i disagi.

Ci propone di andare a fare un giretto e accettiamo di buon grado.

Scendiamo alla spiaggia e percorriamo un sentiero sul litorale. Abbiamo modo di veder angoli bellissimi. Jorge ci mostra alcuni frutti che piacciono particolarmente a scimmie e uccelli. Giunti ad un fiume ci chiede di guadarlo ma io mi rifiuto: prima di tutto sono già le 16, poi l'acqua è abbastanza alta e mi bagnerei un'altra maglietta e i pantaloni. Jorge sembra sottovalutare le nostre difficoltà con l'umido e tutto il resto. Rientriamo per le 16,30.

Su un albero di fronte a noi arrivano i tucani (ramphatos ambigus).

Qui non c'è Wi-Fi, né ricezione del telefono, c'è luce solo dalle 17 al mattino perché usano il generatore per produrre corrente. A cena, nonostante avessi avvisato che avremmo voluto qualcosa di leggero, abbiamo il solito piatto con riso, verdure e pollo. Jorge però mi aveva spiegato che in cucina hanno un menu a cui devono attenersi. Cercheranno di seguire i nostri desideri dalla colazione di domani mattina.

Facciamo il punto della situazione: domattina sveglia alle 5, colazione alle 5,30, partenza in barca alle 6,10. Un'ora di barca per giungere al Corcovado che è il parco più famoso del Costa Rica. Io ci penso un po' su: non ho alcuna voglia di prendere altra acqua visto che non si asciuga nulla: le scarpe da trekking e i sandali sono fradici e noi abbiamo già provato a camminare alla Réunion e in Spagna in queste condizioni: se tornassimo bagnati come ieri non avremmo altro che un costume da bagno come ricambio. Mi consulto con Arturo, poi parlo alla guida dicendogli che preferiamo restare a far nulla. Lui dice che non può garantirmi che non piova (né io lo pretendo) e prende atto della nostra decisione.

La cuoca è felice perché non è costretta ad alzarsi all'alba solo per la nostra colazione e il pranzo al sacco.

Dopo cena facciamo due chiacchiere con Jorge che, entusiasta del suo paese, dice che solo a questa latitudine per vivere basta un paio di pantaloncini, le ciabatte e una maglietta, che non serve affannarsi: se si ha fame basta prendersi una noce di cocco - dice - mentre nei paesi nordici si è costretti a lavorare d'inverno per poter mangiare d'estate... Io gli dico che ciascuno di noi pensa che il proprio paese sia il più bello del mondo, ma non insisto troppo e lo lascio parlare perché in fondo mi serve capire come la pensano gli altri. Certo la sua teoria sembra interessante, ma vivere di cocco mi sembra decisamente riduttivo.

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30 giugno 2017 - Venerdì

Abbiamo dormito a sprazzi: l'oceano si sente molto forte e disturba il sonno se non si è abituati. La nostra stanza domina il mare e il panorama è davvero bello. Mi sono alzata alle 5, ma non ero stanca.

La luce è stata disponibile solo per un paio d'ore ieri sera e andare in bagno al buio non era proprio facile senza sbattere qua e là sui mobili. Evidentemente l'informazione relativa alla disponibilità di luce elettrica per tutta la notte è valida solo quando è alta stagione e i turisti sono molti (almeno così immagino sia).

Il problema dei panni bagnati resta per via della forte umidità dell'aria e Arturo mi consiglia di chiedere se hanno una corda per poter appendere le cose invece di appoggiarle qua e là sui mobili. Anche una pila in prestito non sarebbe male.

Colazione alle 7,30, poi Jorge ci invita ad ammirare su un albero vicino una splendida coppia di pappagalli multicolori: sono due ARA MACAO che stanno cibandosi tranquillamente su un alto ramo.

Anche questa mattina i tucani sono venuti ad appollaiarsi sull'albero vicino alla nostra stanza e ho ammirato diversi uccelli.

Dato che la giornata è completamente a nostra disposizione andiamo ad esplorare varie spiagge a nord del nostro lodge: sabbia grigia, piccole conchiglie adatte per fare braccialetti o collane, cocchi, l'albero delle mandorle tropicali che piacciono alle scimmie e molte bottiglie di plastica. Ieri Jorge ci ha fatto vedere che hanno quasi tutte un'etichetta con caratteri asiatici: dice che vengono gettate in mare dalle navi dirette al canale di Panama: un vero sfregio a queste belle coste.

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Credevamo di aver preso il sentiero per la zona di attracco di ieri mattina, invece non l'abbiamo raggiunta. Poco male, ma siccome ci hanno detto che forse l'unico punto in cui il telefono prende è là, volevamo mandare un messaggio a casa per avvisare che non ci sentiremo per un po'.

Rientriamo. Vicino alla porta di casa un basilisco prende il sole, dal ristorante riprendo un gruppo di pellicani in volo. Intanto piove e spiove a più riprese.

Ci hanno prestato una corda e siamo riusciti a tirarla nella nostra terrazza coperta; forse ci resterà solo il problema delle scarpe.

Uno stormo di avvoltoi volteggia sulla foresta. Uccellini di ogni tipo si posano sul nostro albero. Passa un avvoltoio solitario.

Restiamo tranquilli in camera fino alle 11,30, poi vado al ristorante dove ci sono delle comode sedie per rilassarsi. Quando viene Jorge gli mostriamo la cartina e ci facciamo spiegare che percorso avremmo fatto per andare al Corcovado che sembra vicinissimo. Ci dice che la barca porta al miglior punto di partenza e non all'inizio del parco che, in fondo, è già quello che vediamo da qui.

Arturo vuol sapere se, avendo visitato altri numerosi parchi, abbiamo perso molto rinunciando alla visita. Lui dice che gli animali si sono così abituati all'uomo che manco si spostano al passaggio dei turisti. E' facile vedere il tapiro, ma gli altri sono quelli che abbiamo visto fino ad ora. Aggiunge che gli sembra sia meglio quando fuggono l'uomo, gli sembrano più in sintonia con la natura.

Ci facciamo dire i nomi di alcuni uccelli e mi presta un suo pieghevole dei principali animali del Costa Rica per consultarlo.

La giornata resta variabile. Dopo pranzo andiamo lungo il sentiero di ieri pomeriggio. Jorge voleva venire ma gli ho spiegato che preferisco andare sola perché abbiamo tempi lunghi volendo guardarci in giro con comodo. A parte la discesa al mare è facile andare lungo le spiagge. Le scimmie cappuccine che hanno molto cibo mordicchiano i manghi e poi li buttano senza troppo ottimizzare il pasto: le vediamo spostarsi fra gli alberi.

C'è una grande pace ed è davvero rilassante camminare lungo la costa, ascoltando il rumore del mare e i suoni della vicina foresta.

Arrivano alcuni ragazzi col surf, sono del nostro lodge, in qualche modo imparentati con la cuoca. Si divertono a lanciarsi sulle onde della baia in cui ci troviamo, ma sono più spesso in acqua che sulla tavola.

Nel rientro a casa abbiamo un colpo di fortuna stratosferico: le scimmie cappuccine viste all'andata stanno su alcuni alberi e una batte vigorosamente una noce di cocco contro un ramo per aprirla. Eccezionale ripresa dato il mio dilettantismo cinematografico.

A cena, come abbiamo chiesto, ci hanno preparato una semplice zuppa e ne siamo stati soddisfatti.

Ci hanno prestato sia la corda che la pila (quando andiamo a dormire è già molto buio anche se non è tardi e c'è il rischio di cadere anche se sono pochi passi).


 

1 luglio 2017 - Sabato

E' iniziato a piovere alle 23 e praticamente non è più smesso. Anche ora che sono le 5 passate piove. Che fare? Qui, avendo l'impegno, l'agenzia che fornisce la gita non rinuncia. Ci consiglieremo con Jorge a colazione facendoci anche spiegare in cosa consiste la gita.

Mentre mangiamo due fette di pane tostato (qui lo ungono e lo mettono sopra una piastra ottenendo qualcosa di appena passabile), Jorge ci dice che per il tempo non può che confermarne l'instabilità anche se ora si sta rimettendo al bello, mentre per la gita al Caño se si ha fortuna si possono vedere balene e delfini e poi si fa snorkeling in un paio di posti e se l'acqua è limpida si possono ammirare diversi tipi di pesci. Non è come vedere la barriera corallina, ma a lui piace moltissimo.

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Arturo non è proprio intenzionato a fare bagni, ma prende le pinne che ci prestano.

La barca arriva alla spiaggia con mezz'ora di ritardo, noi l'abbiamo aspettata riprendendo un airone grigio che se ne stava tranquillo in un angolo della battigia.

Si costeggia per un buon tratto perché deve lasciare due persone alla spiaggia dove si mangerà a mezzogiorno, poi attraversa lo stretto di mare che ci separa dall'isola Caño. Uccelli marini si affollano in un punto: Jorge ci diceva che è segno che sotto un branco di delfini sta cacciando. Infatti eccoli uscire a coppie: tutti si affannano a fotografare, io tento qualche ripresa, ma il dondolio della barca non fa presagire certo riprese utili. Avvistiamo anche una tartaruga.

La traversata dura circa un'ora. L'isola è completamente ricoperta dalla foresta, la guida Alexander deve scendere per dichiarare ad una postazione di guardie ecologiche i dati delle persone che sta accompagnando. Riprendiamo poi la navigazione e ci ritroviamo insieme a tante altre barche di turisti che si tuffano in acqua. Qui avviene un cambio di fronte: io non intendo scendere in acqua, mentre Arturo è disposto a provare. Il posto non mi ricorda per nulla le acque limpide della Martinica dove avrei tanto voluto avere maschera e boccaglio e tutto l'insieme mi sembra deludente.

Arturo va in acqua e risale dopo una ventina di minuti un po' stanco. Gli altri lo seguono dopo 15'. Andiamo alla spiaggia dove io faccio un bagno e confermo ad Alexander che noi resteremo qui mentre lui prova a portare gli altri turisti in una zona diversa (non hanno visto gran che perché le correnti hanno reso l'acqua abbastanza torbida).

Ci guardiamo intorno: alla casa delle guardie ecologiche c'è un minuscolo museo con piccola esposizione di conchiglie. Nell'isola, in alternativa allo snorkeling, si sarebbe potuto percorrere un sentiero a piedi e decisamente io avrei preferito questa alternativa, ma non ne eravamo informati.

Quando torniamo in barca ci portano alla spiaggia S. Josè dove viene scaricato e approntato un pranzo freddo che gustiamo tutti insieme (guide comprese).

Siccome siamo vicini al nostro lodge, Arturo vorrebbe tornare a piedi. Alex dice che non ci sono problemi (temevo avesse un dictat di sicurezza per cui ci avrebbe riportati dove ci ha prelevato). Siamo contentissimi di poter camminare e ci incamminiamo lungo un sentiero che fa tutta la costa. Arriviamo al fiume Claro che abbiamo attraversato ieri. Mi tuffo nel posto più bello. Che meraviglia! Arturo mi segue con piacere. Mentre nuotiamo arriva Jorge con una coppia di statunitensi ospiti da oggi nel nostro lodge. Sghignazziamo un po' insieme. Anche lui e la ragazza della coppia si buttano. Lei dice che l'acqua è fredda abituata come è alla Florida, dove vive.

Ancora una volta le scimmie cappuccine ci guardano a 3-4 metri sul sentiero e si spostano senza fretta mentre passiamo.

E' stata una magnifica passeggiata.


 

2 luglio 2017 - Domenica

Sveglia alle 5, colazione alle 6 e imbarco alle 7,10. Siccome Jorge accompagna prima gli americani, noi andiamo per nostro conto all'imbarcadero.

La barca è la stessa dell'andata, ma a quest'ora il mare è calmo e il tempo (con cielo coperto) è buono. La traversata è un po' turbolenta solo per entrare nel fiume, ma è poca cosa confrontata con il percorso contrario di tre giorni or sono.

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Entrati nel fiume tutto diventa una bella passeggiata come al Tortuguero. Ad un certo punto il capitano entra in un canale secondario fra le mangrovie per farcele ammirare. E' perché è di buon umore? O si è accorto che quattro di noi erano presenti alla pioggia torrenziale e vuol farci un regalo? Comunque sia è una graditissima sorpresa. Scatto a caso un po' di foto col cellulare di Arturo perché la videocamera per la seconda volta è in tilt a causa della condensa (il clima continua ad essere umidissimo).

Arriviamo a Sierpe alle 8,30. Un'ora scarsa di traversata se si tien conto che abbiamo dovuto aspettare parecchio due turisti che sono saliti ad una sosta intermedia.

Attendiamo il bus collettivo per S. José. Mentre aspetto, uno dei capitani in attesa, vedendo che guardo in giro col binocolo mi dice che quello che sto guardando è un ibis, poi mi fa vedere l'airone tigre a due passi da noi e infine risponde ad una mia domanda dicendo che quel che vedo andare in canoa di giacinto in giacinto è un pescatore che raccoglie gamberi come esche.

La corrente sta andando verso l'interno, mentre due giorni fa andava verso il mare: è l'effetto della marea che due volte al giorno inverte il corso dell'acqua.

Alle 10 partiamo per S. José dove arriviamo stanchissimi al nostro albergo alle 15. Mangiamo al ristorante dell'hotel con pollo alla guayave e puré.


 

3 luglio 2017 - Lunedì

Il nostro volo parte alle 16 e dovrebbero venire a prenderci alle 13,30.

Dopo colazione usciamo per andare ad un vicino negozio di souvenir per prendere qualche oggettino da regalare ai ragazzi. Ho chiesto se hanno come oggetto da vendere quel grosso frutto rotondo che i contadini usavano un tempo per tenere in fresco l'acqua: lui lo conosce ma dice di non averlo.

Arriviamo all'aeroporto rapidamente perché il nostro albergo è ad Alajuela e non a S. José. Alle 15 siamo già al nostro gate.

Arriviamo a Madrid con mezz'ora di ritardo accumulato alla partenza. Abbiamo comunque tutto il tempo che serve per spostarci col trenino al T4 e poi al nostro gate.

Partenza in perfetto orario alle 12,50 e arrivo a Malpensa alle 15 del 4 luglio.

ADIOS COSTA RICA e TODA VIDA!

 

 

 

Arturo e Nelly

negando@alice.it

 

 

 

 

 

 

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