COSTA RICA
Diario
di viaggio 2017
PREMESSA
Da
tempo sognavo che per il nostro 45imo anniversario di matrimonio saremmo potuti
andare in Costa Rica dove la presenza di molti
parchi consente di godere della vista di foreste tropicali e di molti animali
selvatici.
Me
ne aveva parlato molti anni fa una collega di lavoro:"E' un paradiso
terrestre" mi aveva detto e a me questa frase aveva acceso la fantasia.
Di
solito organizziamo personalmente i nostri viaggi, ma l'età avanza e gli
imprevisti possibili mi hanno spinto a rivolgermi ad una struttura chiamata
Evaneos che offre viaggi organizzati da italiani che vivono nei vari paesi.
Il
Costa Rica è un paese piccolo (è grande quanto la Lombardia) ed ha 5 milioni
di abitanti. E' un paese anomalo per il centro America in quanto è
politicamente stabile, molto scolarizzato e con una sanità efficiente. Vive in
gran parte di turismo e non sono pochi gli italiani che vi si sono stabiliti
definitivamente.
Ci
siamo procurati un certo importo in dollari (in effetti abbiamo visto che solo
in banca avrebbero accettato gli euro). Il
cambio dovrebbe essere di circa 560 colones per ogni dollaro.
L'assicurazione,
fatta con Europe Assistance, mi ha un po' stupito perché praticamente non
assicura le persone sopra i 75 anni da eventuali incidenti in loco. Io l'ho
fatta comunque per sicurezza in modo che almeno quello che supportano ci
tranquillizzi da eventuali problemi.
15
giugno 2017 - Giovedì
Alle
5,20 il taxi è davanti a casa per portarci a Linate. Dopo varie verifiche
(compreso Huber che si è rivelato il più caro), abbiamo scelto di noleggiare
l'auto con autista.
L'alternativa
era il parcheggio, ma la partenza da Linate e il rientro da Malpensa ci hanno
fatto preferire questa soluzione.
Check
in e controlli rapidi al punto che alle 6,10 siamo già al gate anche se
partiremo solo alle 8.
Partenza
quasi in orario e arrivo a Madrid alle 10,45. Ora bisogna spostarsi al terminal
T4S. Le indicazioni non sono chiarissime per chi non conosce l'aeroporto (MRS
indica varie zone del T4S raggiungibili col trenino interno). Il tempo per
spostarci e trovare i gate S29-S31 e vediamo che stanno già imbarcando i
passeggeri. Siamo in molti e le operazioni di imbarco richiedono parecchio.
Arturo si felicita della fortuna che abbiamo con i posti; gli rispondo che è
abilità visto che i posti li ho scelti io... In effetti ho prenotato con
parecchio anticipo e ho potuto scegliere pagando un piccolo sovrapprezzo.
Abbiamo
davanti oltre 8000 km di viaggio e più di 11 ore di volo, sono davvero tante
anche se l'aereo ha una postazione video per ogni sedile e consente di scegliere
film, giochi e controllo costante dei dati di volo. Alle 19,40 stiamo sorvolando
Cuba e S. Domingo: sappiamo che ci sono 8 ore di differenza con l'Italia per cui
a S. Josè sono le 11,40. Arriviamo in orario, alle 14,30 circa, ma l'attesa dei
bagagli si rivela lunghissima: oltre un'ora. Il cielo è coperto, ma la
temperatura è gradevole. All'uscita troviamo il tassista che ci porta
rapidamente all'albergo Adventure Inn.
Le
prese qui sono quelle americane e vado alla reception a chiedere un riduttore.
Un giovanotto ci vende per 5$ quel che ci serve. La giornata è stata
lunghissima. Ho fatto il conto di oltre 34 ore di veglia (in aereo non siamo
riusciti a dormire).
16
giugno 2017 - Venerdì
Abbiamo
dormito discretamente, ma il cambio di orario si fa sentire, tanto che ci
alziamo alle 4 ora locale per farci una doccia e mettere a posto le nostre cose.
Andiamo
a colazione molto presto perché sentiamo il bisogno di mangiare dopo le ore di
digiuno che sono state parecchie. C'è la frutta esotica: guava, guayava,
melone, mandarino, alchechengi, anguria e granadine. Quest'ultima mi ricorda il
Choquequirao in Perù, quando ho dormito sotto le stelle e due alberi me ne
fornivano a piacere. Sono frutti profumati, gradevoli, ma pieni di semi.
Usciamo
a prendere l'autobus per il centro città. In albergo ci hanno cambiato 20$ per
poter pagare il biglietto e ci hanno dato 11000 colones. E' impossibile capire
dove ci troveremo perché non sembrano esistere cartine dei mezzi pubblici. Ci
lasciamo ispirare dalla discesa degli altri e dalle indicazioni di un ragazzo
molto gentile che ci ha regalato anche 50 colones che ci mancavano.
Ci
troviamo in avenida Central: molti negozietti sono chiusi perché è presto ma
via via che procediamo vanno aprendosi: molti minuscoli bar, nessuna marca
famosa, tanti banchetti per la vendita di biglietti della lotteria, diversi
MacDonald, nessuna libreria.
Continuiamo
a camminare qua e là. Ci attira il mercato storico sorto nel 1800, ma quando
entriamo vediamo che i corridoi sono strettissimi, abbastanza sporchi e i
negozietti poco invitanti. Alcuni banchi vendono piante medicinali un po'
buttate alla rinfusa e questo è un aspetto interessante. Non siamo
particolarmente schizzinosi, ma l'antichità del luogo poco si sposa con
l'igiene.
Un
primo museo che veniva consigliato è chiuso, mentre entriamo in quello della
Banca del Costa Rica che non è amplissimo, ma ha oggetti piuttosto
interessanti: statue in pietra, oggetti funerari e d'oro.
Torniamo
verso la via in cui l'autobus ci aveva lasciato e abbiamo la fortuna di trovare
facilmente il mezzo che ci serve per rientrare in albergo.
Ci
facciamo un bagno in piscina e ci rilassiamo.
S.
José mi è parsa una città abbastanza insulsa. Di solito le città coloniali
hanno zone con ville di bell'aspetto anche se ormai fatiscenti se non viene
fatta manutenzione. Qui ho visto solo quei parallelepipedi di pochi piani
dall'aria piuttosto triste. Non abbiamo trovato né un ufficio turistico, né
una mappa dei mezzi pubblici, non c'erano mappe della città in giro e abbiamo
visto una sola libreria in cui ne abbiamo comprata una. Neppure in albergo
l'avevano.
I
quartieri nuovi intorno alla città sembrano invece (almeno visti dall'aereo)
moderni e piacevoli, immersi nel verde.
17
giugno 2017 - Sabato
Partenza
alle 5,40 per la costa atlantica. Facciamo un gran giro per raccogliere dai vari
alberghi le persone che verranno con noi. Per far ciò impieghiamo più di
un'ora, poi si prende per Cariari fermandoci per una prima colazione tipica.
Memori di ieri siamo preparati al gallo pinto (tipica colazione con fagioli
rossi, riso, verdure e pollo o pesce) che va giù abbastanza bene.
Si
riprende per una sterrata di circa 20 km. I villaggi sono tipici dei luoghi
caraibici: case a un solo piano, molto piccole, in genere in legno e dipinte a
colori vivaci. Sono molto carine se ben tenute, ma danno un senso di degrado se
il clima le ha assalite. Sono sempre insediamenti piccoli, con pochi negozi e
sempre una chiesa che però, pur essendo il Costa Rica prevalentemente
cattolico, ha più spesso indicazioni di religioni protestanti di vario tipo o
dei Testimoni di Geova.
Ad
un certo punto la nostra guida, Pedro (che ha una vera passione per l'inno
italiano che ci ha cantato integralmente storpiando un po' le parole), fa
fermare l'autista e ci invita a scendere: si può fare la foto ad un bradipo! Su
un alberello a lato strada, immobile, una massa di pelo sta sdraiata
nell'incrocio di due rami. Gira a mala pena la testa. Io, che mi attendo molto
da questo viaggio in termini di fauna, non mi aspettavo certo questo incontro e
ne sono ovviamente entusiasta.
Arriviamo
alla Pavona, l'imbarco per il Tortuguero. Lungo il fiume e poi nella laguna,
Pedro fa fermare spesso la barca per farci ammirare alcuni animali: la scimmia
ragno che assai alta sugli alberi passa da un ramo all'altro con la sua
proverbiale agilità, basilischi, un airone bianco-azzurro, una grossa
tartaruga. E' difficile riuscire a vederli bene perché sono spesso mimetizzati
nella vegetazione lussureggiante. Speriamo vada meglio domani, durante le nostre
escursioni.
Il
percorso è molto più lungo di quanto credevo, molte barche portano i turisti
alle varie strutture presenti nel parco, noi siamo gli unici che scenderanno
all'Evergreen Lodge della catena Pachira.
Quando
scendiamo al molo ci accoglie una bibita fresca a base di frutta:
sull'imbarcadero fiori tropicali disposti meravigliosamente. Kevin, un aitante
giovanotto, ci dà le informazioni iniziali e ci porta alla nostra stanza Il
lodge è disposto in un giardino e circondato dalla foresta umida: i fiori sono
dappertutto. Un tucano fa un gran rumore, ma non riesco a vederlo. E' un posto
fantastico!
Il
luogo è incantevole: le abitazioni non hanno mura o finestre, ma pareti
protette da una fitta reticella per consentire il circolo dell'aria. Il
caldo-umido dà un po' fastidio, ma era previsto. Si sta invece meglio
sull'imbarcadero dato che spira sempre un po' d'aria.
Nel
pomeriggio Kevin ci porta al paese di Tortuguero: 1500 abitanti, 1,5 km di
strada principale con case ai due lati, si gira solo a piedi o in bicicletta.
Negozi di souvenir e cibo. Casette basse e non troppo curate. Fa molto caldo, è
venuto fuori un sole pieno e perfino la nostra guida cerca l'ombra mentre ci
fornisce le spiegazioni delle cose che vediamo: un frutto rosso con cui un tempo
ci si dipingeva, vecchi macchinari di una fabbrica in disuso, le abitudini
locali.
Ci
porta anche a vedere la spiaggia sull'atlantico (il paese di Tortuguero sta su
una striscia di terra posta appunto fra il mar dei Caraibi e la laguna omonima).
Ci spiega che non è ancora la stagione delle tartarughe che vengono qui a
deporre le uova, per cui non vale la pena di fare la gita notturna che in altri
momenti viene prevista.
Rientriamo
a metà pomeriggio. Ora sono le 17 e sono davanti al canale; l'aria è immobile
e gli uccelli stanno smettendo di cantare., per un certo periodo si sentivano
gridare le scimmie ragno dall'altra parte del canale, ma poi tutto è tornato
tranquillo.
18
giugno 2017 - Domenica
Ci
siamo svegliati alle 3 abbastanza riposati. Non ho più voglia di dormire anche
perché l'appuntamento è per le 5,50 per una gita in barca lungo i canali. Si
entra in un canale e si costeggia cercando di vedere eventuali animali. Io non
riesco a vedere nulla e Kevin diventa matto per mostrameli. Il fatto è che: 1-
lui sa dove guardare, 2- gli animali sono mimetizzati con la vegetazione, 3-
spesso parliamo di animali piccoli. Comunque fotografiamo iguane, basilischi,
trampolieri e due scimmie cappuccine dal colore rossiccio. Arturo è seccato per
la difficoltà di ottenere delle buone fotografie, ma siamo ben lontani
dall'attrezzatura giusta e dal tempo necessario per effettuare le riprese,
La
vegetazione è splendida e io sono molto contenta. Ho solo il dubbio che si
sarebbe dovuti partire prima e magari preferire la canoa. Chiedo a Kevin e mi
dice che arrivano ad avere anche mille visitatori in un giorno. Certo il posto
è così bello che sarebbe un peccato non venire a visitarlo.
Alle
9,45 Kevin ci conduce in un breve giro nella foresta. Su un albero, un
porcospino acciambellato si vede a malapena, diversi tucani e uccelli del
paradiso si intravedono sui rami, un picchio risale un tronco. Kevin ci parla
dei serpenti del luogo, alcuni molto velenosi, ma generalmente notturni poi ci
mostra la formica che produce un morso molto doloroso e racconta che alcuni
popoli sudamericani richiedevano come prova di coraggio quella di infilare le
mani in un loro nido.
Rientriamo
verso le 12 e una coppia tedesca dice che vicino al nostro imbarcadero ha visto
un boa. Kevin si fa spiegare dove l'hanno visto acciambellato, ma ogni nostra
ricerca resta infruttuosa. In compenso riusciamo a fotografare un caimano e una
tartaruga d'acqua in un fiumiciattolo vicino al ristorante.
Il
caldo umido ci fa sudare parecchio e dopo pranzo ce ne andiamo in piscina. Siamo
soli ed è una pacchia. Sollevo lo sguardo e vedo su un albero una scimmia, la
riprendo insieme alle sue compagne mentre saltano fra gli alberi. Ovunque volano
farfalle. Un tucano viene ripreso insieme al suo verso, ma quando vola via non
c'è modo di seguirlo perché è troppo veloce.
A
sera entrano in casa alcuni coleotteri neri (forse a causa della luce accesa),
fuori ce ne sono centinaia e al mattino li troviamo morti lungo i sentieri, ma
in camera danno un po' fastidio per cui li elimino.
19
giugno 2017 - Lunedì
Oggi
si parte per il Sarapiquì. Ci alziamo presto anche se potremmo dormire ancora,
ma questa è l'ora più bella. Salendo su una piattaforma aerea riusciamo a
vedere le 'mono congo', cioè le scimmie nere che la sera e il mattino rompono i
timpani con i loro urli. Sono chiaramente le stesse che ho ripreso ieri, ma ora
le abbiamo vicinissime.
Dopo
colazione costringo Arturo a fare un giretto in canoa. Bellissimo, anche se non
è un kayak, ma una di quelle stupide canoe che noleggiano al mare,
scomodissime: non hanno alcun tipo di appoggio sulla schiena e gli inviti per i
piedi non sono fatti per la mia misura. Facciamo alcune belle foto e dopo
mezz'ora siamo di ritorno.
Alle
14 partiamo col battello e durante il tragitto lungo il fiume riusciamo a
riprendere un magnifico coccodrillo. Ci avviciniamo, ma quando entra in acqua il
capitano della barca preferisce allontanarsi subito perché è molto pericoloso.
Il
tragitto è lungo anche perché nel fiume siamo controcorrente. Resta comunque
un tracciato molto piacevole.
Il
piccolo bus che ci attende ci porta al Rancho Roberto dove un'auto ci aspetta
per andare a Puerto Viejo de Sarapiquì.
Alloggiamo
in una casa ecologia, una costruzione in legno con tre belle camere, ciascuna
con bagno e una grande sala con angolo cottura dove si potrebbe fare da
mangiare. Le pareti non sono piene, ma fatte di liste di legno con una fessura
fra l'una e l'altra di alcuni centimetri. Solo una zanzariera copre tutta la
parete per evitare agli insetti di entrare. Con un vecchio personaggio di
Montesano direi 'molto pittoresco...'. Troviamo un biglietto molto carino di
benvenuto e con il programma per la
nostra permanenza qui.
Il
collegamento WI-FI è presente nella casa in cui mangeremo, a cento metri da
qui, mentre per lavare qualcosa bisogna rivolgersi alla padrona di casa che
garantisce l'asciugatura in giornata.
In
casa c'è una pila e, dato che alle 19 è già buio, la usiamo per andare a
mangiare pollo, riso e patate. Rinunciamo ai piatti aggiuntivi di verdura e
raccomando alla signora di non farci il gallo pinto per colazione, ma solo pane,
burro e marmellata.
Rientriamo
nella nostra casetta e siamo subito a letto dove ci addormentiamo ben presto.
20
giugno 2017 - Martedì
Ci
svegliamo alle 5. Si sentono i galli cantare e qualche uccello. Ridiamo del
fatto di essere venuti fin qui per sentire i galli. Alle 6 abbiamo appuntamento
per il bird watching.
Greiner,
la nostra guida, è venuto con un cannocchiale Swarovsky e ci fa vedere gli
uccelli che ci sono attorno alla Wendy's House. Fa vedere ad Arturo che usando
il suo cellulare può fotografare gli animali appoggiando l'obiettivo
direttamente sull'oculare del cannocchiale.
Vediamo
i vari tipi di tucano, pappagalli (red lored parrot), un uccellino arancione,
una falco (crane hawk), un piccione rossiccio (short billed pigeon) e molti
altri. Non dobbiamo fare grandi sforzi perché gli avvistamenti sono frequenti a
quest'ora e il ragazzo è molto competente e attento a quello che potrebbe
piacerci.
Dopo
colazione con Greiner, lui che ci conduce lungo un facile sentiero fino ad una
cascata che si trova a circa 20'. Non è nulla di speciale, ma la foresta ha
alcuni begli esemplari di alberi. Greiner ci dice che quello molto alto e con
radici ramificate (uguale al tipo ripreso alla Martinica dove io sembro una
formichina vicino alla pianta), è ritenuto in India un albero sacro le cui
radici arriverebbero al centro della terra e la sommità quasi al cielo: per
loro è l'albero della vita.
Poiché
torniamo piuttosto presto, consideriamo le alternative fra riposare adesso o nel
pomeriggio anticipando la visita alla riserva naturale di Tirimbina. Decidiamo
per quest'ultima soluzione.
Tirimbina
è una struttura di notevole ampiezza gestita da un'organizzazione no-profit che
ha due aree: una di foresta di seconda generazione e una più antica. Appena
arrivati Greiner ci mostra alcuni ucccelli, un'iguana che sale su un albero e un
bradipo che se la dorme beatamente mentre uno scoiattolo sale rapido su un
albero e la piccola rana rossa velenosa (la sua pelle contiene alcaloidi
tossici) si allontana rapidamente appena toccata con un bastoncino.
La
vegetazione lussureggiante è così varia e densa che non si riesce a porre
l'attenzione su nulla in particolare. Un ponte sospeso assai lungo consente di
attraversare il fiume 20 metri sopra l'acqua. Vediamo numerosissimi gommoni fare
rafting in acque agitate ma non particolarmente pericolose.
Greiner
ci dice che nel 2009 un terremoto ha completamente cambiato il corso del fiume
Serapiquì e ci mostra il vecchio percorso.
Il
sentiero fa un bell'anello: c'è un altro ponte sospeso e su un alberello vicino
all'inizio del ponte tre iguane stanno a prendere il sole: bellissime! Vediamo
anche un bradipo col suo piccolo; Greiner dice che impiegano anche 20 giorni per
digerire un pasto.
Arturo
comincia a sentirsi poco bene: forse il bicchiere d'acqua ghiacciata che ha
bevuto questa mattina gli ha fatto male. Speriamo si riprenda presto. A questo
punto preferisco cancellare l'escursione serale agli stagni. La padrona di casa,
doña Rita, mi ha preparato come medicina il latte dei cocchi freschi dai suoi
alberi, perché dice che sono un antibiotico naturale.
21
giugno 22017 - Mercoledì
Ci
siamo svegliati alle 5. Arturo sta meglio. Io posso fare un po' di bird watching
col mio binocolo. Vedo quattro tucani delle due specie che ci sono in questa
zona (collared aracari e black mandibled toucan) e un uccello con coda gialla.
Andiamo
a fare colazione e la signora Rita ci fa una speciale tisana che addolcisce con
miele. Le api che fanno questo miele sono piccolissime; assomigliano ad una
grossa zanzara e ci stanno volando intorno. Vedo un movimento tra gli alberi: è
uno scoiattolo che si mangia una noce, un altro è su una palma.
Alle
10 il padrone di casa viene a prenderci e dopo aver salutato affettuosamente doña
Rita, partiamo per la prossima meta che è nel parco del vulcano Arenal.
Alle
13 ci registriamo all'Arenal Observatory Lodge e andiamo al ristorante a
mangiare un casado vegetale. La nostra stanza è lontana dal ristorante: c'è un
servizio di trasporto che si può chiamare in qualsiasi momento, ma noi finiremo
col farci i 500 metri a piedi più volte al giorno. Siamo davvero in un posto
splendido: panorama sul lago con la nostra stanza che dà su un giardino
tropicale pieno di fiori, uccelli, farfalle e colibrì.
Ce
ne stiamo a far niente fino alle 16 quando sulla terrazza del ristorante
possiamo ammirare un bel tramonto e riprendo due grossi uccelli della famiglia
dei tacchini: il maschio è nero, la femmina marrone (great curassow).
Alle
18 è buio, si nota bene che siamo vicini all'equatore per cui il giorno e la
notte si dividono equamente le 24 ore.
22
giugno 2017 - Giovedì
Abbiamo
dormito bene e ci svegliamo alle 5. Guardo gli uccelli sugli alberi: pappagalli
verdi e due neri con una zona bianca sulla testa (pionus senilis). Difficilmente
riesco a riprenderli anche perché la lentezza della videocamera ad accendersi
è davvero esasperante.
Sento
proprio il bisogno di acquistare il libro che hanno tutte le guide del bird
watching sugli uccelli del Costa Rica.
Dopo
colazione scegliamo fra i sentieri disponibili, uno abbastanza breve, definito
difficile per via dell'irregolarità del fondo. In realtà è un normale
sentiero di montagna che, data l'umidità può diventare scivoloso. La
vegetazione è quella della foresta, ma di animali ne vediamo solo uno: un bel
ragno. Alla fine del sentiero non c'è gran che da vedere: un torrentello
d'acqua limpida, delle bellissime felci.
Torniamo
su con molta calma giriamo per il parco e visitiamo il piccolo museo del vulcano
Arenal. In una stanza sono appesi alcuni cartelloni delle varie fasi di attività
del vulcano che erutta con una certa frequenza anche se non in modo drammatico.
C'è anche in azione un sismografo che mostra l'attuale livello di attività.
Possiamo quindi vedere che in questo momento, anche se ha sempre in cima un
pennacchio di fumo, il vulcano è piuttosto tranquillo.
Ora
sono seduta in terrazza, col mio libro degli uccelli, il binocolo e la
videocamera per studiare quel che mi sta intorno.
Una
pozzanghera attira molti uccellini (fra cui l'azzurro thraupis episcopus) per un
bagno ristoratore e io faccio molte riprese comodamente seduta.
Quando giriamo per il giardino obbligo Arturo a fotografare tutte le
piante che hanno il cartellino: sono un po' fanatica per la botanica, lo so...
23
giugno 2017 - Venerdì
Questa
mattina andiamo al Cerro Chato, un laghetto vulcanico su una montagna di 1100 m
di altezza. Primi due chilometri su strada quasi in piano, poi inizia una salita
ripida che da 700 m di altitudine porta ai 1100.
Il
problema non è tanto che si salga, quanto che non si tratta di un sentiero. E'
una ripida colata di fango e polvere compressa (forse materiale lavico) che
bisogna rimontare aiutandosi con i ripiani formati dalla radici e da una serie
di 'orme' forse create dal pesticcio dei piedi nel corso del tempo.
Dopo
un'oretta comincia a piovere e Arturo teme che tutto si trasformi in un
ruscello. Lo convinco che gli acquazzoni tropicali sono intensi ma di breve
durata e che il terreno sta assorbendo abbastanza. Cessa la pioggia e
continuiamo il cammino. Il lago è in fondo al cratere del vulcano Cerro Chato,
estinto da molti secoli. L'acqua si vede piuttosto in basso e non crediamo si
possa arrivarci. E' invece possibile fare un sentiero tutto intorno ma non ci
pare ne valga la pena.
Qualche
foto ricordo e ci accingiamo al ritorno. Abbiamo impiegato circa 3 ore dalla
reception a qui: abbastanza in linea con le previsioni dato il tempo che
impieghiamo per le fotografie durante la salita.
Arturo
riesce a riprendere un ramarro e una splendida lucertola dalla coda azzurra (ameiva
festiva).
La
vegetazione non ha riservato grandi novità e da questo punto di vista forse non
valeva la pena, ma scopriremo nei giorni successivi che molti considerano questa
escursione una vera e propria scalata e ci guarderanno con stupore per averla
fatta.
Ora
siamo nuovamente sulla strada. Ad un torrente ci chiniamo per pulire dal fango
le scarpe e lavarci le mani e qui
accade una cosa molto spiacevole: la macchina fotografica che Arturo aveva messo
in tasca per ripararla tenendola però a disposizione, scivola in acqua . La
vediamo fare 'glu glu' mentre la tiriamo su rapidamente.
Al
rientro in camera cerchiamo di asciugare la macchina fotografica. Arturo spera
che, essendo acqua dolce, non crei danni. Se non dovessimo farcela ci rimarrebbe
sono il cellulare per scattare foto.
24
giugno 2017 - Sabato
Oggi
è previsto un 'van-boat-van', cioè di andare in auto al lago Arenal,
attraversarlo in barca e di nuovo in auto fino alla nostra destinazione.
L'attraversamento del lago è considerato una escursione e scopriamo che sono
veramente molti i turisti che la fanno per spostarsi alla loro successiva meta.
All'imbarcadero
numerosi avvoltoi (coragpys atratus) se ne stanno appollaiati sul tetto di una
costruzione; ne vedremo parecchi anche in futuro poiché volano sempre in gruppo
con larghi cerchi per avvistare le loro prede. Si cibano molto anche nelle
discariche umane.
All'arrivo
scopriamo che non c'è pontile, solo una scaletta in mezzo all'acqua. Il nostro
accompagnatore, che ci ha decantato le bellezze del lago, dice che non è colpa
loro se dovremo fare un pezzo a piedi con la valigia, ma che le autorità hanno
vietato di far venire le auto fino a qui. Mi sembra che si sia riservato
l'informazione fino all'ultimo per metterci davanti al fatto compiuto, ma per
noi non è un grosso problema perché le nostre valigie sono decisamente
piccole; altri hanno grosse valigie e zaini e qualcuno non è proprio
stabilissimo sulle gambe. Comunque le scimmie sopra le nostre teste distraggono
tutti dal problema e i 2-300 metri a piedi con bagaglio vengono superati senza
troppi intoppi. Qualcuno si fa portare il bagaglio da un paio di ragazzetti che
per una piccola mancia fanno il servizio di trasporto.
In
auto, attraverso strade sterrate,
arriviamo all'albergo El Viandante. I 25 km sono stati piuttosto lenti proprio a
causa delle condizioni delle strade.
Continuiamo
a tentare di far funzionare la nostra macchina fotografica, ma senza successo.
Ne parlo con la reception e mi dicono che quando accade a loro, la mettono per
2-3 giorni su un deumidificatore e di solito il problema si risolve. Si offre di
provare e accetto con gratitudine.
Questa
località è sconcertante: le strade sono sterrate, i marciapiedi spesso
interrotti o assenti, la via su cui è costruito il nostro albergo ha una
pendenza al limite del percorribile.
25
giugno 2017 - Domenica
Notte
d'inferno. Fuori tirava un gran vento e dentro una zanzara non ci dava pace.
Alla fine abbiamo acceso il ventilatore per vedere se la zanzara si stancava e
siamo riusciti a dormire le ultime due ore.
Alle
6 ci siamo alzati e siamo andati a fare colazione. Abbiamo scoperto che il
proprietario dell'hotel è Renzo, l'organizzatore del nostro viaggio. Gli
chiediamo se c'è un motivo per cui le strade sono sterrare, sorride dicendo che
i grandi proprietari locali temono che se la strada fosse asfaltata i turisti
verrebbero in giornata da altre località per vedere le varie riserve
naturalistiche e non si fermerebbero qui. Strane opinioni.
Ci
racconta anche dei cambiamenti climatici che ultimamente gli impediscono di
consigliare il miglior periodo per venire in Costa Rica. A Monteverde si sta
bene perché siamo a 1400 m. di altitudine, ma in estate dice che fa un caldo
impossibile soprattutto sulla costa pacifica e qui a volte piove tutto il
giorno. Il vento di questa notte poi era nulla in confronto a quello che a volte
soffia impetuoso. Gli diciamo che allora noi siamo fortunati perché nonostante
siamo nella stagione delle piogge fino ad ora abbiamo visto solo un paio di
acquazzoni e piuttosto brevi.
Alle
7,10 viene a prenderci una guida per andare alla riserva biologica Bosque
Nubioso Monteverde. Andiamo con la sua jeep e là troviamo una coppia di
spagnoli ad aspettarci. Entriamo insieme a molti altri gruppi, ciascuno con la
guida munita di cannocchiale per bird-watching. La guida ci avvisa: per vedere
gli animali serve pazienza, tempo e fortuna.
Vediamo
scimmie ragno e scimmie cappuccine, il quetzal (un volo così rapido che è più
immaginato che visto), diversi uccelli e il coati. A domanda risponde che non
vedo orchidee perché crescono in alto sugli alberi e che i funghi ci sono, ma
hanno vita breve. Io ho la sensazione che non ci siano funghi mangerecci in
assoluto o forse non ve n'è la tradizione.
Verso
le 11 usciamo perché la gita durava tre ore e facciamo una colazione nel bar
dove hanno messo acqua zuccherata su alcuni trespoli per attirare i colibrì. E'
l'unico sistema per poterli riprendere dato che quando volano di fiore in fiore
sono rapidissimi.
Chiediamo
alla nostra guida se al ritorno ci lascia al Bosque de los Niños che Renzo ci
ha consigliato. Si tratta di un bosco di seconda generazione, bello e che
possiamo percorrere con i nostri tempi. Il problema delle gite con guida è che
sono sempre piuttosto rapide mentre questi posti meriterebbero di starci
giornate intere per vedere davvero degli animali. Inoltre quella di questa
mattina aveva davvero molte persone contemporaneamente presenti.
Un
uccello ci fa impazzire col suo verso che registriamo e che solo Arturo è
riuscito a vedere di sfuggita. Vediamo il chamaepetes unicolor e lo elanoides
forficatus. Prima di uscire un agouti paca attraversa il sentiero davanti a me.
Le farfalle sono sempre numerose e impossibili da riprendere.
Oggi
mi sono fatta ridare la macchina fotografica che sembra leggermente migliorata:
ora sono riuscita a impostare la data, ma l'obiettivo non esce.
26
giugno 2017 - Lunedì
Abbiamo
dormito bene e riprendendo la macchina fotografica ho avuto la lieta sorpresa di
vedere che si potevano rivedere le foto prese fino al momento dell'incidente.
Anche l'obiettivo è uscito dopo un paio di prove. Resta solo l'anomalia
dell'obiettivo che esce solo quando si scatta, ma è un problema risolvibile.
Dopo
colazione siamo andati a piedi a Santa Elena che è la città vera rispetto a
Monteverde che è una sorta di frazione. Vogliamo visitare il giardino delle
orchidee che apre alle 8.
Il
problema di camminare qui è che è tutto un su e giù con pendenze assurde: non
sono mai stati previsti tornanti per alleggerire salite e discese, si fa un gran
uso di quad e jeep; per i pedoni è abbastanza faticoso camminare.
Aspettiamo
davanti al giardino fin quasi alle 9. Insieme a noi alcuni americani che ci
dicono che è un 'tico-time' intendendo che qui se la prendono comoda. (Tico è
il nome con cui i costaricani designano se stessi). Ci sarebbe un altro posto
simile e tentiamo di raggiungerlo, ma ci perdiamo e un americano che vive qui,
vedendoci perplessi, ci chiede se abbiamo problemi e ci indica la strada per
tornare indietro.
Effettivamente
ora il posto è aperto e gli americani se ne sono già andati. Un giovanotto sta
illustrando qualcosa a due signore e noi ci aggreghiamo.
Impariamo
un sacco di cose:
·
che le orchidee a cui
siamo abituati sono tutte degli ibridi perché le vere orchidee sono all'80%
piccole o piccolissime,
·
che tutte le orchidee
sono epifite, cioè si attaccano ad altre piante per poter usufruire dell'umidità
dell'aria e della luce,
·
che molte crescono in
alto per ottenere più luce, ma che questo non vale per tutte,
·
che le foglie delle
orchidee cono sempre parallelinervie e che
questo è un carattere distintivo utilissimo per non confondere con altre
piante,
·
che il record per il
maggior numero di specie di orchidee è detenuto dalla Colombia, mentre il Costa
Rica ha quello del maggior numero di specie in così breve spazio..
Tornando
verso l'albergo lo superiamo e andiamo al giardino delle farfalle. Qui un
sentiero passa attraverso quattro diverse serre in cui vengono liberate farfalle
a seconda dell'ambiente: pianura, mezza montagna, alta montagna e spazio aperto.
Una sala didattica mostra qualche bruco, degli insetti stecco e alcuni
coleotteri giganti. In generale, al di là che le farfalle non sono di
moltissimi tipi (una quarantina su 250 esistenti in questo paese), mi sembra
tutto un po' raffazzonato.
Purtroppo
la macchina fotografica si è bloccata di nuovo e sembra surriscaldarsi. Almeno
le foto di oggi ci sono...
Andiamo
a cena al ristorante dove mangiamo ottimo pesce.
27
giugno 2017 - Martedì
Oggi
partenza per Dominical, sulla costa dell'oceano Pacifico alla riserva Barù.
Mentre
aspettiamo il mezzo che ci interessa, chiacchieriamo con Renzo delle sue
escursioni qui intorno. Dice che non è autorizzato a portare i turisti alla
Riserva di Monteverde perché riservata alle guide locali, ma che li conduce in
molte altre del Costa Rica. Va anche spesso per conto suo e questo è il modo
migliore per fare delle fotografie. Dice che è difficile camminare nella
foresta primaria perché si cammina fra le radici e spesso possono esserci buche
anche di alcuni metri: se finisci là
dentro ti puoi fare davvero male. Dalle sue parole mi confermo nell'impressione
che quanto possiamo vedere noi come turisti è molto edulcorato dal sentiero
comodo e sicuro; d'altronde non sarei certo avventurosa al punto da tentare la
sorte da sola e in un ambiente sconosciuto.
L'auto
che viene a prenderci è in ritardo e partiamo alle 8,30. Ci portano avanti per
sterrata fino alle 9,30 poi si ferma ad un ristorante che è il punto in cui la
Grey Line fa arrivare altri mezzi e carica le persone in funzione della
destinazione. Ci vuole più di un'ora fra la sosta e lo smistamento di persone e
valigie. Intanto mi rimiro un nido di piccole api e una iguana che prende il
sole sul tetto di lamiera del ristorante.
Ripartiamo.
Ai lati della strada piantagioni di palme da olio. Chiedo al tassista e mi dice
che c'è una fabbrica qui vicino che lavora i frutti. Quali? Io non li vedo. Mi
mostra dei camion carichi di grossi frutti di colore marrone.
Arriviamo
a destinazione alle 14 e ci danno la stanza. Davanti alla nostra porta un'iguana
scappa spaventata ma si vede che è a casa sua; si rifugia dentro un tubo messo
per far scorrere l'acqua in caso di pioggia.
Ci
facciamo subito un bagno in piscina per risollevarci dal caldo afoso, poi
prendiamo il sentiero per l'oceano che sentiamo rumoreggiare già a 10 minuti
dalla spiaggia. Qui c'è l'invito a non disturbare le tartarughe, ma non è il
periodo della deposizione delle uova.
Rientriamo
quasi subito guardandoci attorno: qualche uccellino, lucertole, e due animali
che pasteggiano col cocco. Sono gli agouti, grossi roditori dal pelo
rosso-marrone. Riesco a riprenderli comodamente, mentre ieri a Monteverde erano
scomparsi velocissimi.
Il
giardino non è curato come quello dell'Arenal, ma ha parecchie piante nuove.
Per esempio ci sono due piante con strani frutti che crescono direttamente sul
tronco: uno ha le dimensioni di un grosso melone rotondo e veniva usato in
passato dai contadini per conservare l'acqua fresca (dopo averlo svuotato e
seccato opportunamente). Pare che la polpa non sia molto gustosa, ma abbia
effetti curativi. L'altro frutto, ovale e rosso scuro è il frutto del cacao.
Ho
dato della biancheria da lavare, ma non hanno potuto assicurarmi che sia
asciutta per domani sera. "Dipende dal tempo" mi hanno detto alla
reception - "se non piove dovrebbe essere possibile asciugare, però non
possiamo garantire nulla". Andiamo subito a cena: gamberetti con riso,
patate fritte e insalata, poi a letto.
28
giugno 2017 - Mercoledì
Mi
sono svegliata a mezzanotte per spegnere il frigorifero che faceva troppo
rumore. Alle 5 ci siamo alzati per andare sul sentiero pizote (nome locale del
coati). E' di 3 km nella foresta e speriamo di vedere qualche animale. Una guida
ci apre il cancello che di solito resta chiuso se non ci sono escursionisti. Il
tracciato è largo, ben definito, con molte zone umide, alberi e vegetazione di
una foresta litorale. Una torre per l'avvistamento degli uccelli non ci aiuta
perché non si sente volare una mosca né tanto meno dei volatili. Avanziamo
attenti ad ogni curiosità: nidi di termiti sugli alberi, formiche taglia foglie
al lavoro, un grosso insetto verde simile ad una cicala, funghi del legno di
vari colori, ma siamo un po' delusi. Fra l'altro Renzo ci aveva detto di aver
visto qui i caimani a bordo sentiero e gli era sembrata una cosa pericolosa.
Ad
un certo punto però incrociamo una famiglia di pecari che attraversa il
sentiero: ci guardano incuriositi (noi ci siamo subito arrestati per non
disturbarli), poi si sono dileguati.
Arriviamo
dove il sentiero curva per chiudersi a cerchio. Qui ci sono gli edifici della
fondazione scientifica dell'hacienda Barù. Il guardiano spera di fare due
chiacchiere ma parla solo spagnolo e, anche se capiamo abbastanza, non siamo in
grado di parlarlo.
Rientrati
decidiamo di metterci il costume e prendere il sole, così restiamo fino alle 12
unici padroni del luogo. Ogni tanto mi godo l'arrivo di qualche animaletto
(farfalle, iguane o uccelli), ogni
tanto ci buttiamo in piscina: una pacchia.
Nel
pomeriggio, quando usciamo per percorrere un altro sentiero di 2 km, comincia a
piovere. Ci rechiamo all'area coperta vicino al ristorante e facciamo due
chiacchiere: non ho voglia di fare assolutamente nulla: né di disegnare, né di
leggere, ma solo di osservare gli uccelli e di provare a riconoscerli con il mio
libro. Dopo un po' ci vien voglia di tornare all'oceano e, visto che abbiamo un
ombrello bello grande, ci avviamo.
Ci
attraversa la strada l'agouti di ieri che evidentemente è un habituè del
giardino, ma non trovando nulla torna a casa sua.
Il
rumore delle onde si sente ben prima di ieri, segno che l'oceano risente della
pioggia.
Torniamo
quasi subito indietro mentre la pioggia si rafforza; ho portato sfortuna io
pensando che un temporalone tropicale non mi sarebbe dispiaciuto, essendo al
riparo.
Alle
18 andiamo a cena e poi in camera sotto la pioggia battente. Trovo la nostra
biancheria asciutta sul letto: bene.
29
giugno 2017 - Giovedì
Mi
sveglio alle 5 per fare un giro in pace e guardare gli uccelli. Arturo vede
atterrare un falco poco distante da noi e posso riprenderlo perché viene vicino
per cibarsi con qualcosa che è a terra, poi Arturo mi chiama per vedere un
bradipo appollaiato su un albero dietro la nostra camera: è steso sulla schiena
e si vede solo una gran massa di pelo.
Dopo
colazione un taxi ci porta fino all'imbarcadero sul fiume Sierpe in un'oretta.
Qui c'è un bel ristorante bar in cui attendere ad un tavolo sotto un
ombrellone. Sul fiume galleggiano giacinti d'acqua e a pochi metri da noi un
coccodrillo se ne sta tranquillo sulla riva.
Un
uomo vende cocco che taglia al momento per far bere il latte e mangiarne la
polpa: invita tutti da gran imbonitore e ha l'aria del furbone.
Arrivano
via via altri turisti che salgono in barca con noi alle 11,30. La barca è come
quelle del Tortuguero, con un telo contro il sole, ma sostanzialmente aperta. Il
sole si copre e poco dopo la partenza, quando credevamo di gustarci una
tranquilla traversata, si mette a diluviare. Dopo pochissimo capiamo che questo
mezzo non potrà minimamente ripararci e che ci inzupperemo fino alle ossa. La
pioggia ci sferza il viso e par quasi grandine: ci proteggiamo alla meno peggio,
ma invano.
Intanto
siamo usciti dal fiume Sierpe e siamo sull'oceano. Il pilota cerca di affrontare
le onde in modo da effettuare un giro per evitare quelle più alte, si balla
molto, ma sarebbe abbastanza divertente se l'acquazzone tropicale non impedisse
anche di vedere a un palmo dal naso. Ora costeggiamo fino ad una baia dove ci si
ferma. Perché? Chiedo delucidazioni ad una ragazza americana dipendente di un
lodge e mi risponde che stiamo aspettando qualcuno: moli di attracco non ne
vedo: dopo un po' arriva una jeep e diversi pacchi, ormai fradici vengono
spostati dalla barca al mezzo. Siamo sconcertati: oltre alla pioggia battente
anche le attese? Eppure attendiamo ancora con il pilota che va in cerchio e ci
sembra matto; invece è perché aspetta che un'altra barca ci scarichi dei
turisti dall'aria triste e infreddolita. Passano i loro bagagli che, forse perché
partiti mentre già pioveva, sono avvolti in teli di plastica. Un nostro
compagno ha messo le scarpe sotto la panca per ripararle ma la pioggia le ha
riempite in un lampo.
Finalmente
si riparte. In barca è salito un signore che si rivolge a noi dicendoci che
appena ci fermeremo dovremo togliere il giubbotto di salvataggio, scendere e
correre ad una tettoia: per le valigie provvederanno altri a scaricarle. Dopo
poco la barca si avvicina ad una spiaggia, alcuni giovani la tengono vicino a
riva come meglio possono date le onde, e noi scendiamo (ovviamente bagnandoci le
scarpe). Il signore che ci ha dato le istruzioni si rivela essere Jorge, la
nostra guida per i prossimi giorni. Egli ci fa strada mentre saliamo i cinquanta
metri di dislivello che ci separano dal lodge Marenco. E' la ciliegina sulla
torta!
La
nostra stanza è ariosa, non ha vetri di sorta ma solo delle reticelle sui
quattro lati. Ci spogliamo subito e cerchiamo di asciugarci, ma è davvero
difficile. Sono molto preoccupata per l'asciugatura delle nostre cose,
soprattutto per i due zainetti che sono fradici. Per fortuna Arturo aveva
riposto i documenti in un sacchetto di plastica!
Andiamo
subito a pranzo perché Arturo ha fame: riso condito, pesce e verdure: buono!
Jorge mangia con noi e ci dà alcune informazioni: dice che siamo gli unici
ospiti ed è a nostro completo servizio, consiglia di non lasciare cibo in giro
perché le scimmie possono essere dispettose, è spiacente per la pioggia che ci
ha accolto, ma la vista quando smetterà (già rasserena) ci compenserà di
tutti i disagi.
Ci
propone di andare a fare un giretto e accettiamo di buon grado.
Scendiamo
alla spiaggia e percorriamo un sentiero sul litorale. Abbiamo modo di veder
angoli bellissimi. Jorge ci mostra alcuni frutti che piacciono particolarmente a
scimmie e uccelli. Giunti ad un fiume ci chiede di guadarlo ma io mi rifiuto:
prima di tutto sono già le 16, poi l'acqua è abbastanza alta e mi bagnerei
un'altra maglietta e i pantaloni. Jorge sembra sottovalutare le nostre difficoltà
con l'umido e tutto il resto. Rientriamo per le 16,30.
Su
un albero di fronte a noi arrivano i tucani (ramphatos ambigus).
Qui
non c'è Wi-Fi, né ricezione del telefono, c'è luce solo dalle 17 al mattino
perché usano il generatore per produrre corrente. A cena, nonostante avessi
avvisato che avremmo voluto qualcosa di leggero, abbiamo il solito piatto con
riso, verdure e pollo. Jorge però mi aveva spiegato che in cucina hanno un menu
a cui devono attenersi. Cercheranno di seguire i nostri desideri dalla colazione
di domani mattina.
Facciamo
il punto della situazione: domattina sveglia alle 5, colazione alle 5,30,
partenza in barca alle 6,10. Un'ora di barca per giungere al Corcovado che è il
parco più famoso del Costa Rica. Io ci penso un po' su: non ho alcuna voglia di
prendere altra acqua visto che non si asciuga nulla: le scarpe da trekking e i
sandali sono fradici e noi abbiamo già provato a camminare alla Réunion e in
Spagna in queste condizioni: se tornassimo bagnati come ieri non avremmo altro
che un costume da bagno come ricambio. Mi consulto con Arturo, poi parlo alla
guida dicendogli che preferiamo restare a far nulla. Lui dice che non può
garantirmi che non piova (né io lo pretendo) e prende atto della nostra
decisione.
La
cuoca è felice perché non è costretta ad alzarsi all'alba solo per la nostra
colazione e il pranzo al sacco.
Dopo
cena facciamo due chiacchiere con Jorge che, entusiasta del suo paese, dice che
solo a questa latitudine per vivere basta un paio di pantaloncini, le ciabatte e
una maglietta, che non serve affannarsi: se si ha fame basta prendersi una noce
di cocco - dice - mentre nei paesi nordici si è costretti a lavorare d'inverno
per poter mangiare d'estate... Io gli dico che ciascuno di noi pensa che il
proprio paese sia il più bello del mondo, ma non insisto troppo e lo lascio
parlare perché in fondo mi serve capire come la pensano gli altri. Certo la sua
teoria sembra interessante, ma vivere di cocco mi sembra decisamente riduttivo.
30
giugno 2017 - Venerdì
Abbiamo
dormito a sprazzi: l'oceano si sente molto forte e disturba il sonno se non si
è abituati. La nostra stanza domina il mare e il panorama è davvero bello. Mi
sono alzata alle 5, ma non ero stanca.
La
luce è stata disponibile solo per un paio d'ore ieri sera e andare in bagno al
buio non era proprio facile senza sbattere qua e là sui mobili. Evidentemente
l'informazione relativa alla disponibilità di luce elettrica per tutta la notte
è valida solo quando è alta stagione e i turisti sono molti (almeno così
immagino sia).
Il
problema dei panni bagnati resta per via della forte umidità dell'aria e Arturo
mi consiglia di chiedere se hanno una corda per poter appendere le cose invece
di appoggiarle qua e là sui mobili. Anche una pila in prestito non sarebbe
male.
Colazione
alle 7,30, poi Jorge ci invita ad ammirare su un albero vicino una splendida
coppia di pappagalli multicolori: sono due ARA MACAO che stanno cibandosi
tranquillamente su un alto ramo.
Anche
questa mattina i tucani sono venuti ad appollaiarsi sull'albero vicino alla
nostra stanza e ho ammirato diversi uccelli.
Dato
che la giornata è completamente a nostra disposizione andiamo ad esplorare
varie spiagge a nord del nostro lodge: sabbia grigia, piccole conchiglie adatte
per fare braccialetti o collane, cocchi, l'albero delle mandorle tropicali che
piacciono alle scimmie e molte bottiglie di plastica. Ieri Jorge ci ha fatto
vedere che hanno quasi tutte un'etichetta con caratteri asiatici: dice che
vengono gettate in mare dalle navi dirette al canale di Panama: un vero sfregio
a queste belle coste.
Credevamo
di aver preso il sentiero per la zona di attracco di ieri mattina, invece non
l'abbiamo raggiunta. Poco male, ma siccome ci hanno detto che forse l'unico
punto in cui il telefono prende è là, volevamo mandare un messaggio a casa per
avvisare che non ci sentiremo per un po'.
Rientriamo.
Vicino alla porta di casa un basilisco prende il sole, dal ristorante riprendo
un gruppo di pellicani in volo. Intanto piove e spiove a più riprese.
Ci
hanno prestato una corda e siamo riusciti a tirarla nella nostra terrazza
coperta; forse ci resterà solo il problema delle scarpe.
Uno
stormo di avvoltoi volteggia sulla foresta. Uccellini di ogni tipo si posano sul
nostro albero. Passa un avvoltoio solitario.
Restiamo
tranquilli in camera fino alle 11,30, poi vado al ristorante dove ci sono delle
comode sedie per rilassarsi. Quando viene Jorge gli mostriamo la cartina e ci
facciamo spiegare che percorso avremmo fatto per andare al Corcovado che sembra
vicinissimo. Ci dice che la barca porta al miglior punto di partenza e non
all'inizio del parco che, in fondo, è già quello che vediamo da qui.
Arturo
vuol sapere se, avendo visitato altri numerosi parchi, abbiamo perso molto
rinunciando alla visita. Lui dice che gli animali si sono così abituati
all'uomo che manco si spostano al passaggio dei turisti. E' facile vedere il
tapiro, ma gli altri sono quelli che abbiamo visto fino ad ora. Aggiunge che gli
sembra sia meglio quando fuggono l'uomo, gli sembrano più in sintonia con la
natura.
Ci
facciamo dire i nomi di alcuni uccelli e mi presta un suo pieghevole dei
principali animali del Costa Rica per consultarlo.
La
giornata resta variabile. Dopo pranzo andiamo lungo il sentiero di ieri
pomeriggio. Jorge voleva venire ma gli ho spiegato che preferisco andare sola
perché abbiamo tempi lunghi volendo guardarci in giro con comodo. A parte la
discesa al mare è facile andare lungo le spiagge. Le scimmie cappuccine che
hanno molto cibo mordicchiano i manghi e poi li buttano senza troppo ottimizzare
il pasto: le vediamo spostarsi fra gli alberi.
C'è
una grande pace ed è davvero rilassante camminare lungo la costa, ascoltando il
rumore del mare e i suoni della vicina foresta.
Arrivano
alcuni ragazzi col surf, sono del nostro lodge, in qualche modo imparentati con
la cuoca. Si divertono a lanciarsi sulle onde della baia in cui ci troviamo, ma
sono più spesso in acqua che sulla tavola.
Nel
rientro a casa abbiamo un colpo di fortuna stratosferico: le scimmie cappuccine
viste all'andata stanno su alcuni alberi e una batte vigorosamente una noce di
cocco contro un ramo per aprirla. Eccezionale ripresa dato il mio dilettantismo
cinematografico.
A
cena, come abbiamo chiesto, ci hanno preparato una semplice zuppa e ne siamo
stati soddisfatti.
Ci
hanno prestato sia la corda che la pila (quando andiamo a dormire è già molto
buio anche se non è tardi e c'è il rischio di cadere anche se sono pochi
passi).
1
luglio 2017 - Sabato
E'
iniziato a piovere alle 23 e praticamente non è più smesso. Anche ora che sono
le 5 passate piove. Che fare? Qui, avendo l'impegno, l'agenzia che fornisce la
gita non rinuncia. Ci consiglieremo con Jorge a colazione facendoci anche
spiegare in cosa consiste la gita.
Mentre
mangiamo due fette di pane tostato (qui lo ungono e lo mettono sopra una piastra
ottenendo qualcosa di appena passabile), Jorge ci dice che per il tempo non può
che confermarne l'instabilità anche se ora si sta rimettendo al bello, mentre
per la gita al Caño se si ha fortuna si possono vedere balene e delfini e poi
si fa snorkeling in un paio di posti e se l'acqua è limpida si possono ammirare
diversi tipi di pesci. Non è come vedere la barriera corallina, ma a lui piace
moltissimo.
Arturo
non è proprio intenzionato a fare bagni, ma prende le pinne che ci prestano.
La
barca arriva alla spiaggia con mezz'ora di ritardo, noi l'abbiamo aspettata
riprendendo un airone grigio che se ne stava tranquillo in un angolo della
battigia.
Si
costeggia per un buon tratto perché deve lasciare due persone alla spiaggia
dove si mangerà a mezzogiorno, poi attraversa lo stretto di mare che ci separa
dall'isola Caño. Uccelli marini si affollano in un punto: Jorge ci diceva che
è segno che sotto un branco di delfini sta cacciando. Infatti eccoli uscire a
coppie: tutti si affannano a fotografare, io tento qualche ripresa, ma il
dondolio della barca non fa presagire certo riprese utili. Avvistiamo anche una
tartaruga.
La
traversata dura circa un'ora. L'isola è completamente ricoperta dalla foresta,
la guida Alexander deve scendere per dichiarare ad una postazione di guardie
ecologiche i dati delle persone che sta accompagnando. Riprendiamo poi la
navigazione e ci ritroviamo insieme a tante altre barche di turisti che si
tuffano in acqua. Qui avviene un cambio di fronte: io non intendo scendere in
acqua, mentre Arturo è disposto a provare. Il posto non mi ricorda per nulla le
acque limpide della Martinica dove avrei tanto voluto avere maschera e boccaglio
e tutto l'insieme mi sembra deludente.
Arturo
va in acqua e risale dopo una ventina di minuti un po' stanco. Gli altri lo
seguono dopo 15'. Andiamo alla spiaggia dove io faccio un bagno e confermo ad
Alexander che noi resteremo qui mentre lui prova a portare gli altri turisti in
una zona diversa (non hanno visto gran che perché le correnti hanno reso
l'acqua abbastanza torbida).
Ci
guardiamo intorno: alla casa delle guardie ecologiche c'è un minuscolo museo
con piccola esposizione di conchiglie. Nell'isola, in alternativa allo
snorkeling, si sarebbe potuto percorrere un sentiero a piedi e decisamente io
avrei preferito questa alternativa, ma non ne eravamo informati.
Quando
torniamo in barca ci portano alla spiaggia S. Josè dove viene scaricato e
approntato un pranzo freddo che gustiamo tutti insieme (guide comprese).
Siccome
siamo vicini al nostro lodge, Arturo vorrebbe tornare a piedi. Alex dice che non
ci sono problemi (temevo avesse un dictat di sicurezza per cui ci avrebbe
riportati dove ci ha prelevato). Siamo contentissimi di poter camminare e ci
incamminiamo lungo un sentiero che fa tutta la costa. Arriviamo al fiume Claro
che abbiamo attraversato ieri. Mi tuffo nel posto più bello. Che meraviglia!
Arturo mi segue con piacere. Mentre nuotiamo arriva Jorge con una coppia di
statunitensi ospiti da oggi nel nostro lodge. Sghignazziamo un po' insieme.
Anche lui e la ragazza della coppia si buttano. Lei dice che l'acqua è fredda
abituata come è alla Florida, dove vive.
Ancora
una volta le scimmie cappuccine ci guardano a 3-4 metri sul sentiero e si
spostano senza fretta mentre passiamo.
E'
stata una magnifica passeggiata.
2
luglio 2017 - Domenica
Sveglia
alle 5, colazione alle 6 e imbarco alle 7,10. Siccome Jorge accompagna prima gli
americani, noi andiamo per nostro conto all'imbarcadero.
La
barca è la stessa dell'andata, ma a quest'ora il mare è calmo e il tempo (con
cielo coperto) è buono. La traversata è un po' turbolenta solo per entrare nel
fiume, ma è poca cosa confrontata con il percorso contrario di tre giorni or
sono.
Entrati
nel fiume tutto diventa una bella passeggiata come al Tortuguero. Ad un certo
punto il capitano entra in un canale secondario fra le mangrovie per farcele
ammirare. E' perché è di buon umore? O si è accorto che quattro di noi erano
presenti alla pioggia torrenziale e vuol farci un regalo? Comunque sia è una
graditissima sorpresa. Scatto a caso un po' di foto col cellulare di Arturo
perché la videocamera per la seconda volta è in tilt a causa della condensa
(il clima continua ad essere umidissimo).
Arriviamo
a Sierpe alle 8,30. Un'ora scarsa di traversata se si tien conto che abbiamo
dovuto aspettare parecchio due turisti che sono saliti ad una sosta intermedia.
Attendiamo
il bus collettivo per S. José. Mentre aspetto, uno dei capitani in attesa,
vedendo che guardo in giro col binocolo mi dice che quello che sto guardando è
un ibis, poi mi fa vedere l'airone tigre a due passi da noi e infine risponde ad
una mia domanda dicendo che quel che vedo andare in canoa di giacinto in
giacinto è un pescatore che raccoglie gamberi come esche.
La
corrente sta andando verso l'interno, mentre due giorni fa andava verso il mare:
è l'effetto della marea che due volte al giorno inverte il corso dell'acqua.
Alle
10 partiamo per S. José dove arriviamo stanchissimi al nostro albergo alle 15.
Mangiamo al ristorante dell'hotel con pollo alla guayave e puré.
3
luglio 2017 - Lunedì
Il
nostro volo parte alle 16 e dovrebbero venire a prenderci alle 13,30.
Dopo
colazione usciamo per andare ad un vicino negozio di souvenir per prendere
qualche oggettino da regalare ai ragazzi. Ho chiesto se hanno come oggetto da
vendere quel grosso frutto rotondo che i contadini usavano un tempo per tenere
in fresco l'acqua: lui lo conosce ma dice di non averlo.
Arriviamo
all'aeroporto rapidamente perché il nostro albergo è ad Alajuela e non a S.
José. Alle 15 siamo già al nostro gate.
Arriviamo
a Madrid con mezz'ora di ritardo accumulato alla partenza. Abbiamo comunque
tutto il tempo che serve per spostarci col trenino al T4 e poi al nostro gate.
Partenza
in perfetto orario alle 12,50 e arrivo a Malpensa alle 15 del 4 luglio.
ADIOS
COSTA RICA e TODA VIDA!
Arturo e Nelly