CAUCASO
Diario di viaggio 2010
05/08/2010
Giovedì,
il contachilometri della moto BMW GS1150 nera segna 42.058 km e piove a dirotto
ed in modo cattivo quando esco dal garage di casa e continua fino a dopo aver
percorso la tangenziale di Bologna fino all’imbocco dell’Adriatica,
finalmente verso il mare. Sono state quasi 3 ore e oltre 200 km in cui siamo
riusciti a bagnarci bene nonostante l’abbigliamento antiacqua ed i camion che
sollevavano una bella montagna d’acqua. Poi il sole ed il lento diminuire del
traffico autostradale fino all’arrivo al porto di Bari dopo quasi 950 km alle
19,30. Il check-in del traghetto per l’Albania è abbastanza veloce e la
partenza della nave Rigel per Durazzo è prevista per le 23,00: dopo una cena
squallida nel self-service della nave andiamo a dormire ben prima della
partenza. Della notte ci ricordiamo solo qualche pianto di bambino e le voce
concitate degli albanesi che si fanno più squillanti man mano che si raggiunge
la meta finale. Sono tutti con
belle automobili targate in Italia e raggiungono le famiglie per le ferie
estive.
06/08/2010
Lo sbarco
avviene in ritardo ed una coda all’albanese ci attende per uscire con le moto
dal porto e ci conduce ai controlli doganali dei poliziotti albanesi,
confusionari e con vistose uniformi piene di alamari e insegne, e con un po’
di ritardo ci apprestiamo a fare un po’ di benzina, evitare di pagare
l’assicurazione della moto e dirigerci verso est con l’arrivo a Istanbul
previsto tra 2 giorni. L’uscita di Durazzo è lenta e la strada è trafficata
e non asfaltata, poi via verso Elbasan e la frontiera con la Macedonia
attraverso lo stesso percorso dell’anno scorso, con la frontiera in mezzo ed
dove un pigro doganiere albanese tenta di estorcere denaro per la mancata
assicurazione ma viene rimbalzato da tutti e 4 i motociclisti. Sulla strada
percorsa in Albania abbiamo notato numerosi hotel moderni appena costruiti
insieme a distributori di benzina e venditori di frutta insieme ad un gruppo di
zingari attivi a mendicare nel porto di Durazzo: i poveri tra i poveri !
Attraversamento veloce della Macedonia con passaggio vicino al lago Ohrid e la
cittadina di Struga e poi ancora frontiera in mezzo al nulla e l’ingresso in
Grecia per la prima sosta notturna nella città di Edessa a 100 km da Salonicco
dove festeggiamo con souvlaki e vino locale retzina aromatizzato di resina e
freddo. La notte viene passata all’hotel Alfa per 45€/notte nel centro di
questa cittadina nell’estremo nord della Grecia che si è dimostrata bruttina
ma accogliente.
07/08/2010
Oggi
dobbiamo percorrere quasi 700 km ed arrivare fino a Istanbul dove troveremo
anche Lucy che arriva in aereo da Milano Linate via Vienna ed alloggeremo
all’hotel Best Western Citadel nella zona di Sultanamet. Del lungo tragitto mi
ricordo solo il caldo ed il raro traffico fino alla frontiera con la Turchia. Le
due nazioni sono separate anche da un fiume ed il ponte che si percorre è
occupato alle due estremità da 2 soldati delle rispettive nazioni con elmetti e
armati che si fronteggiano in cagnesco. Le procedure turche durano una
mezz’oretta e alle 15,00 siamo dentro con le nostre moto registrate sul
passaporto. Man mano che ci si avvicina ad Istanbul il traffico aumenta ed il
modo di guidare di auto, pulmini, autobus, camion e grossi tir peggiora
vistosamente. Su quella che indicano come un’autostrada ci sono
tranquillamente fermate improvvise, inversioni a U, attraversamenti pedonali e
di animali. L’ingresso ad Istanbul lo facciamo prendendo riferimento
l’aeroporto ed il lungomare del Bosforo fino ad arrivare alle 19,30
all’hotel già prenotato e ricompattare i ranghi. Serata sulla terrazza di un
ristorante tipico vicino al nuovo hotel Four Season ricavato dalla vecchia
prigione medievale, dietro il nostro hotel e poi a letto presto stanchi,
soddisfatti e curiosi per le nostre prossime mosse.
08/08/2010
Giornata
senza moto, dedicata alla visita senza stress di Istanbul. Iniziamo con la
moschea di S. Sofia con i 4 minareti e poi con la moschea Blu con 6 minareti,
poi attraverso le viuzze storiche del bazar oggi chiuso perché domenica
arriviamo ad uno dei due ponti sul Corno d’Oro dove ci sono ancora le barche
che cuociono il pesce sulla piastra e lo servono nel panino agli avventori sulla
terraferma e ne approfittiamo dell’immediata partenza alle 14,00 di un
battello per una gita di un’ora e mezza sul Bosforo fino al ponte che collega
l’Europa con l’Asia e rientriamo in tempo per andare a fare un autentico
bagno turco per 40 Lt, il cambio è 1 lt = 0,5€ nella zona delle moschee. Il
bagno turco è in un vecchio edificio in muratura e marmo dove energumeni tirano
ciotole di acqua fresca addosso ai rari clienti immersi in vapori, e separati
per sesso. C’è poi il massaggio muscolare e lo scrub, effettuato con un
guanto di crine per togliere i residui di pelle. All’uscita
ci si sente sicuramente più rilassati e puliti però è anche stancante. Cena
“fregatura” su una delle terrazze sul Bosforo con cibo dozzinale e caro,
servito male e poco digeribile nella zona della Torre di Galata dopo essere
andati a vedere il Pera Hotel chiuso per restauri, nonostante un articolo sulla
stampa italiana lo desse già restaurato e riaperto. Aperitivo
prima sotto il ponte del pesce fritto dove hanno aperto numerosi bar e
ristoranti frequentati dalla gioventù turca.
09/08/2010
Partenza
alle 7,30 del mattino per evitare anche il traffico caotico delle città con i
suoi taxisti pazzi che sfrecciano da tutte le parti. Attraversiamo il ponte sul
Bosforo a pagamento verso Ankara ma il cartello “Welcome in Asia” non si
vede, poi è solo caldo opprimente e strada noiosa fino dopo Samsun dove
decidiamo di fermarci per la notte al paese di Terme in un fetido hotel stile
socialista per 100Lt/notte questa volta con prima colazione, e vedere il
tramonto del sole affacciati sul Mar Nero. Iniziamo a comprendere che la Turchia
è veramente lunga ed estesa ed i guidatori che si incontrano completamente
incoscienti.
Il prezzo
della benzina è di 3,46 Lire turche/litro come in Italia.
La cena
semplice preparata dal cuoco dell’hotel Diafana di Terme ci permette un sonno
tranquillo. Le donne hanno in genere il chador in testa mentre gli uomini, senza
occhiali da sole, hanno il telefonino perennemente in mano e si grattano i piedi
appena possono.
10/08/2010
Si
percorrono gli ultimi chilometri che ci separano dalla frontiera con la Georgia
costeggiando con una strada sinuosa il Mar Nero, fermandosi a Trebisonda sotto
il sole forse perché c’è qualcosa da vedere, oltre al caos della stazione
dei pulmini ed altri autobus, ma ci sono solo gli sguardi curiosi dei tassisti e
degli autisti in attesa dei passeggeri, poi via fino al confine di Hopa
superando una lunghissima fila di tir in attesa e piazzandoci davanti al
cancello che si apre a scatti fino al definitivo ingresso in Georgia. Visto
gratuito e registrazione della moto sul passaporto e foto di entrambi da parte
della burocrazia doganale mentre una massiccia fila di pedoni, gente che lavora
all’estero, con acquisti e pacchi voluminosi rientra anche loro a casa per le
ferie. La serata e la notte viene passata all’hotel Intourist di Batumi, una
cittadina balneare sul Mar Nero dove povertà e strade dissestate si mescolano
con la ricchezza dei macchinoni e del lusso dei nuovi hotel in stile americano.
È un ex repubblica sovietica e si nota anche nel modo di fare sia degli
impiegati e addetti dell’hotel e dei locali, che dall’architettura di
regime. L’hotel si paga in dollari americani, la cena la prendiamo in un
localone su più piani di fronte al porto, pieno di gente affannata che divora
carne alla brace ed il Kaciapuri la famosa pizza al formaggio georgiana. Per un
errore nelle comande ne arrivano due in più che vengono pagate ma anche
regalate agli avventori dei tavoli vicini che ne apprezzano il gesto. Il rientro
verso l’hotel avviene a torso nudo per il caldo opprimente e umido, tra
giovinastri che bevono rumorosamente e e si godono la serata tra le fontane che
spruzzano acqua a tempo di musica.
11/08/2010
Partenza
intorno alle 10,00 da Batumi con l’intenzione di arrivare a Tibilisi via Gori
entro sera. La strada che decidiamo di percorrere però a 50 km peggiora e
rimane sterrata per quasi 150 km con passaggi impegnativi e pietre grosse,
difficili da fare con le moto cariche e le passeggere dietro. Nonostante i
georgiani siano piuttosto scontrosi e antipatici nei rapporti diretti, ci sono
ancora i bambini lungo la strada che salutano con il sorriso quando si passa
attraverso i villaggi rurali lontani dalla civiltà normale. Il mezzo di
trasporto più diffuso è il pulmino collettivo e resterà tale anche in tutte
le altre nazioni e regioni che avremo modo di visitare; è di solito un Ford
Transit o un Fiat Ducato sempre pieno nei posti a sedere che velocemente
percorre le poche strade asfaltate che collegano i vari paesi. I georgiani non
parlano una parola di inglese: ci si riesce comunque ad intendere a gesti oppure
con le quattro parole in russo, ricordo di viaggi passati. Il costo della
benzina è meno della metà di quanto abbiamo finora pagato in Turchia. Nella
giornata riusciamo quindi a fare ben 227 km fino al paese di Borjomi famoso per
l’acqua minerale, venduta in tutto il Caucaso e per gli stabilimenti termali
presenti nelle città. Questo è quanto detto dalla rigida guida Lonely Planet.
Riusciamo a
trovare posto per la notte in un hotel/ospedale per 100 US$/notte inclusa la
prima colazione; è un’ottima sistemazione perché c’è la piscina termale
all’esterno e la possibilità di giocare a calcio balilla(?!) mentre la cena
viene servita a buffet all’ultimo piano, in una bella sala in legno con vista
sulle montagne circostanti. Il personale pur non parlando una parola d’inglese
si dimostra almeno sorridente. Dopo lo stremante sterrato la località termale
è un vero toccasana !
12/08/2010
Attraversiamo
orizzontalmente la Georgia per arrivare alla città di Gori, famosa per essere
la città natale di Stalin e basta ! Situata a meno di 50 km da Tibilisi prima
c’era almeno una statua nella piazza principale ma è stata tolta qualche mese
fa per essere presumibilmente riposizionata nel giardino del museo dedicato al
dittatore sovietico. L’ingresso è a pagamento e le sale sono tristi e male
illuminate, contengono numerose foto in b/n e qualche oggetto personale oppure
omaggio di qualche delegazione straniera in visita; meritevole è una statua con
falce e martello in acciaio cromato, molto art decò, e la sua pelliccia
invernale. In una sala finale c’è pure la sua maschera mortuaria mentre non
ricordo dove sia sepolto il corpo, se ancora a Mosca o da qualche altra parte.
Completa la raccolta nel giardino la casa natale in una baracca in legno e
mattoni con un “tempio greco” costruito intorno per sua protezione e la
carrozza ferroviaria con cui l’assassino è andato fino alla conferenza di
Yalta per smembrare l’Europa e portare la sua idea di comunismo fuori dai
confini della Russia, facendo ulteriori morti ai milioni già provocati
dall’idea che fallirà miseramente.
In un
piccolo negozio all’interno del museo stesso vendono qualche souvenir con
l’immagine dell’assassino ma sono molto felice e contento di non dover
spendere soldi inutilmente. Riprendiamo la moto e attraversando la via
principale chiamata con il nome del despota e andiamo alla volta della capitale
Tibilisi. Alloggio presso l’hotel Kapela dall’altra parte del fiume Mtkvari
con vista sul nuovo ponte in vetrocemento e sulla città vecchia. C’è ancora
tempo per visitare questa parte della capitale georgiana, tra pochi e scarsi
negozi, qualche mendicante ed il traffico sempre caotico e poco rispettoso dei
pedoni e intanto cerchiamo un posto bello per la cena e lo troviamo sulla
terrazza dell’hotel Kapela, dove si gode della vista sulla statua gigante
della “Madre Georgia” e sulla torre della televisione, illuminata con giochi
di luce, sulle mura della vecchia fortezza
e su parte della città vecchia che è in parte in ricostruzione. Il menù
è tipicamente georgiano anche se il vino scelto dagli amici si rivelerà
secondo loro non all’altezza della sua fama, come d’altra parte per tutte le
altre volte che avranno scelto il vino al posto della più sicura birra. Il cibo
è piuttosto diverso da quello turco: si sentono pesantemente le origini della
Russia in particolare per la presenza dello storione e del modo di prepararlo.
L’iconografia ufficiale è già stata rimossa dappertutto, soprattutto nei
grossi edifici pubblici lungo il viale Rustaveli in onore del più famoso poeta
e bardo georgiano, che finisce proprio sotto la sua statua, vicino ad uno
scomodo e inutile fast food Mc Donalds’ ed alla cabina di partenza della
funivia che portava alla torre della tv ora occupata abusivamente da una
famiglia con bambini, cani e bucato steso sulla cancellata. Rientro in hotel
lungo il fiume e passaggio sul nuovo ponte moderno.
13/08/2010
Oggi la
giornata è dedicata alle montagne della Georgia, ed
Il programma iniziale è quello di percorrere l’antica strada militare
georgiana che da Tibilisi porta nell’attuale Ossezia, ex repubblica sovietica
all’angolo con la Cecenia ed il Daghestan, praticamente penetrando fino nel
cuore della regione caucasica. Sono quasi 200 km di strada discreta tranne per
20 km di sterrato per il passaggio di un passo alpino sopra i 2000 metri di
quota, fino alla cittadina di Kazbegi, famosa anche per essere una base di
trekking sulle altre montagne del Caucaso.
Si
attraversano paesini vigliacchi e si arriva in quota dove uno strano anfiteatro
in cemento con scene di storia georgiana a mosaico accoglie i rari viaggiatori
ed i camionisti provenienti dall’Ossezia. Sulla strada vengono venduti
barattoli di miele prodotto in modo artigianale ed affittati colbacchi in pelo
lungo bianco e nero per le foto ricordo. Il confine è alla fine di una valle
molto stretta, con un fiume impetuoso in mezzo che scorre sul suo letto di
sassi. Non è possibile fare foto alle 4 auto che stanno attendendo che il
doganiere alzi la sbarra e li faccia passare negli uffici per i controlli tra le
altissime montagne brulle e con le pareti a picco incombenti su di noi. Stessa
strada per il rientro con la sosta vicino a Tibilisi alla fabbrica di birra
“Kinitkali” quella più diffusa, ma non ci fanno entrare. Aperitivo nel
budello della città vecchia, con un sacco di locali nuovi e molto fighetti, ma
desolatamente vuoti di clienti e cena in un piccolo ristorante quasi fast-food
con ottime costine di manzo alla brace e birra e con un costo nettamente minore
ed accettabile di quella della sera precedente. La città di Tibilisi è stata
nel suo complesso abbastanza deludente per quello che ne abbiamo potuto vedere,
mentre i panorami della Georgia sono spettacolari. Tramite il portiere
dell’hotel di Tibilisi riusciamo a farci prenotare l’hotel Erebuni di
Yerevan in Armenia e poter arrivare più tranquillamente.
14/08/2010
Attraversiamo
velocemente i 60 km che ci separano da una frontiera in mezzo al nulla, nella
campagna e dopo aver pagato 10us$ per il visto dell’Armenia ed aver incontrato
un ciclista solitario sud-tirolese che viaggia in bici con solo un piccolo
zainetto sulle spalle e con un mezzo meccanico ridotto all’essenziale,
percorriamo una strada tortuosa, piena di curve e di rare auto e camion, in
mezzo ad alte montagne brulle fino al Lago Sevan e la sua famosa penisola con i
2 monasteri: è lo spot immagine più famosa e diffusa di questa nazione che
conta più cittadini che risiedono all’estero, in America in particolare, che
in patria e che ha come simbolo il monte Ararat che però si trova in Turchia e
dove le frontiere tra i due paesi sono ancora chiuse. La sosta che facciamo al
lago Sevan è breve e essenziale, nel monastero si sta svolgendo una cerimonia
di battesimo mentre fuori stanno faticosamente salendo le ripide scalinate una
coppia di novelli sposi con tutto il corteo nuziale, elegante e con i tacchi
alti, tutti felici e molto sorridenti. Sulla penisola c’è anche la villa del
Presidente dell’Armenia ma non è controllata in modo ufficiale o militare;
solo un paio di giardinieri curiosi delle nostre moto e del percorso che abbiamo
finora seguito. Ci becchiamo pure un forte e violento il temporale estivo sulla
strada di avvicinamento a Yerevan riparati solo nella sua fase finale sotto uno
dei rari ponti incontrati, fino ad arrivare finalmente nella grande capitale
armena. Sosta di 2 giorni all’hotel Ezeburi dietro la grande piazza della
Repubblica dominata dalla galleria d’arte con le bandiere russe e armene
affiancate, dall’hotel di lusso Marriot e da giardini con bar e tavolini.
Nelle vie adiacenti c’è una vera e propria infinità di negozi privati,
alimentari e di abbigliamento con molta gente intorno. L’abbondanza
dell’offerta e gli scaffali pieni sono la prima differenza rispetto alla
Georgia mentre la voglia di lavorare dei locali e di collaborare con il turista
è rimasta la stessa: quasi nulla !
Supermercati
alimentari ben forniti in particolare di prodotti d’importazione russi:
alcolici a profusione con vodka e brandy in testa. Cena con musica locale a
tutto volume in un localone della famosa barbecue street di Yerevan, sempre
secondo la fetida guida turistica Lonely Planet e poi in taxi a tutta manetta
verso l’hotel del centro.
15/08/2010
Ferragosto
a Yerevan, la giornata di domenica estiva, con sole già dalla mattina, è
dedicata alla visita della città. Iniziamo con il mercatino delle porcherie e
cianfrusaglie varie detto “Vernissage” dietro l’hotel dove per 5000 amd,
400 amd = 1 €uro, acquistiamo un ascia/batticarne del periodo sovietico. È un
oggetto veramente utile che dovremo portare in giro in moto per il resto del
viaggio fino in Italia dove verrà sicuramente utilizzato molto nella
preparazione di numerosi piatti ed altri utilizzi in cucina ! Dopo, in taxi,
nonostante i taxisti qui siano quasi tutti abbastanza incapaci
nell’orientamento, riusciamo ad arrivare al museo/memoriale del genocidio
armeno. È una costruzione rotonda in cemento armato in parte sotterranea, ad
ingresso libero con una esposizione di fotografie e libri che illustrano il
genocidio perpetrato dai turchi negli anni 1910-20, con tanto di statistiche
numeriche dei morti e dei deportati. C’è anche un monumento ad ago che
sovrasta il complesso sulla città con sfondo il monte Ararat alto più di 5000
metri e con la cima ricoperta di neve e con la corona di nubi intorno.
Nonostante la cappa di smog e caldo che sale dagli edifici e dal cemento della
città, è ben visibile in direzione sud-ovest. Visitiamo un mercato di
abbigliamento sotto il memoriale, vicino allo stadio del calcio e poi via verso
la statua della Madre Armenia che ha sostituito negli anni ’60 una statua
enorme di Stalin, con uno scarno museo all’interno, custodito da vecchie
petulanti e poi a piedi fino alla “Cascata”, una grossa scalinata in marmo
ancora incompleta per temporanea mancanza di fondi, con aiuole fiorite e scale
mobili all’interno ed alla base la statua “Cat” e “Warrior” del
colombiano Botero. C’è pure una fabbrica di cognac nel centro di Yerevan, ma
nella giornata di domenica è naturalmente chiusa e non visitabile.
Domani
inizieremo il viaggio di rientro in Turchia, via Georgia, perché l’ipotesi di
arrivare in Nagorno-Karabakh non è perseguibile per mancanza di giorni. Dovremo
infatti saltare il mare e le spiagge alla fine se volessimo visitare la zona al
confine con l’Azerbaijan e contesa tra i due stati. Cena finale in un piccolo
ristorante dietro piazza Repubblica a base di pierogi e pelmeni ripieni in puro
stile sovietico, soprattutto spendendo esattamente la metà degli altri
ristoranti turistici: perché ?
Finiamo la
serata nella solita piazza principale dove grosse fontane spruzzano l’acqua a
tempo di famosi brani musicali per l’intrattenimento gratuito di giovani e
famiglie armene in questa sera di ferragosto.
16/08/2010
Sveglia
presto e obiettivo di rientrare in Turchia attraverso la Georgia: 2 frontiere in
un solo giorno. Lasciamo Yeveran e velocemente attraverso le colline non alte
arriviamo al confine di Bavra dove in poco tempo rientriamo in Georgia e con una
bella strada che costeggia un fiume tranquillo arriviamo al confine sperduto di
Vale–Posaf, dove incontriamo 3 motociclisti italiani che hanno preso il
traghetto Venezia-Tarsus (Siria), e attraverso la Turchia vogliono arrivare
anche loro in Armenia. Dopo i rituali timbri e la registrazione della moto sul
passaporto siamo di nuovo in Turchia, per arrivare intorno alle 17,00 alla
brutta cittadina di Kars e aver percorso 50 km di strada con brecciolino e
bitume liquido che sporca la moto in modo fastidioso fino ad futuro un lavaggio
con gasolio fatto manualmente. La cittadina è particolarmente squallida, le
strade sono sconnesse e polverose, ci sono negozi di telefonini insieme a quelli
che vendono formaggio e miele prodotti in questa zona. Prendiamo un te in una
tipica casa del te sopra il fiume inquinato da sacchetti di plastica con
vista sul forte sull’unica collina che sovrasta la città e poi a cena in un
ristorante famoso per le focacce prodotte da loro con la sala a forma di grotta.
Da bere niente birra, non l’ha nessuno, solo acqua pura oppure te’ nei
soliti bicchierini panciuti serviti sul piattino.
17/08/2010
Partenza
presto dall’hotel Karavanseray, 46 Lt/notte, pulito ma spartano ed essenziale
verso sud, passando vicino alle rovine di Ani,’antica capitale armena, ma
abbiamo poco tempo per visitarla quindi via verso le pendici del monte Ararat di
cui si inizia a vederne il profilo e soprattutto la cima innevata. Percorriamo
una bellissima strada che gira intorno a quasi metà della base del monte e che
attraversa una pianura con rari pastori e ancora più rari insediamenti umani
fino alla città kurda di Duguyabiz, famosa solo per il palazzo di Isha Pasha,
una costruzione a 7 km dal centro, su un fianco della montagna ma con una
collina di fronte che nasconde completamente l’Ararat. Siamo entrati nella
regione del Kurdistan e si iniziano a notare le caserme della polizia e
soprattutto della Jandarma, come fortini nelle posizioni strategiche, protette
da mezzi blindati all’ingresso e da sentinelle armate. Si passa anche in mezzo
ad un’area tipicamente vulcanica con i resti delle antiche colate laviche nere
che risaltano sul terreno chiaro e sabbioso. La meta di oggi è il lago Van che
è il più grosso della Turchia con la città omonima dove c’è anche qualche
hotel per la notte. Vediamo le prime propaggini di acqua azzurra e
costeggiandole arriviamo fino a Van, senza che sul lago ci siano barche o
bagnanti. Traffico caotico e brulichio di persone nel centro di Van, negozi di
frutta e verdura aperti fino al tramonto prima della pausa serale di preghiera
imposta dal Ramadan che quest’anno cade dal 9 al 29 agosto. Cena in una sala
vicino del hotel Tamara abbastanza mediocre ma almeno servono birra fresca. In
giro ci sono solo uomini e ragazzi, mentre le donne sono nascoste nelle case nel
puro stile mussulmano anche se siamo in una grande città, senza alcuna bandiera
turca in giro. Anche la questione kurda viene affrontata con molta discrezione
ed il silenzio è la migliore risposta ai nostri quesiti ai rari negozianti con
cui riusciamo ad avere un dialogo.
Dopo il
tramonto riaprono tutt i negozi e le persone escono per la passeggiata serale
curiosi di vedere le nostre compagne aggirarsi per i vicoli allegri di questa
città, piena di fontane e di un piccolo museo con pezzi archeologici ritrovati
nelle tombe delle vicinanze ed un’assenza della sezione dedicata ai massacri
compiuti dagli armeni ai danni dei turchi ed evidenziata invece dalla sempre più
inutile guida Lonely Planet.
18/08/2010
Partenza da
Van e sosta per una riparazione di fortuna alla borsa posteriore di Visconti
effettuata da un fabbro che non ha voluto una lira turca prima di procedere
sempre più a sud, verso Hakkari, la città turca più a est ed al confine
strategico tra Iran e Iraq. Riusciamo infatti ad arrivare fino a 7 km dal
confine iracheno prima di essere fermati e rimandati indietro dall’ennesimo
posto di blocco della Jandarma che non riesce a capire la presenza di 4 turisti
in motocicletta in queste zone, dove la guerriglia kurda costringe l’esercito
e la polizia ad istituire dei posti di blocco fissi sull’unica strada
asfaltata che attraversa montagne a strapiombo su un rapido fiume in cui fanno
il bagno rari pastorelli che ci salutano quando passiamo. Il controllo e la
registrazione dei passaporti e dei documenti della moto ci costringe a soste non
previste durante la preparazione del viaggio effettuato a Milano, e molto
gentilmente i militari quasi si scusano, comunicandoci nel frattempo i luoghi da
dove loro provengono, tutti lontani da qui ed in posti che la guerriglia non
l’hanno mai vista. Riusciamo ad arrivare accaldati e stanchi intorno alle
17,30 al paese di Sirnak che è anche l’unico luogo nel raggio di un centinaio
di chilometri che ha un hotel e prendiamo possesso di due camere al quarto ed
ultimo piano dell’unico hotel vicino alla piazza centrale, sporche e polverose
ma con acqua corrente ed una curiosa e gradevole vista sui tetti e le terrazze
del paese e sulle alte montagne circostanti. Aperitivo e cena nel bel locale
della piazza principale con breve interruzione da parte della polizia per una
perquisizione generale per tutti gli avventori, per la maggior parte gli anziani
del luogo che stavano tranquillamente bevendo il loro tè serale e solo poi ne
capiamo il motivo. Inizia una musica tradizionale dall’impianto
sonoro nella piazza e fa il suo ingresso un autobus colorato con la
bandiera del Kurdistan, verde, gialla e rossa, con un famoso politico locale ed
il suo seguito per un comizio serale ascoltato da tutta la popolazione del paese
che si è data appuntamento nella piazza. Dopo avergli stretto anche noi la mano
ed aver rifiutato un suo cortese invito a pranzo/cena, fatto a gesti da una
persona del suo seguito attendiamo l’inizio del comizio in mezzo alla piazza
insieme alle donne nel costume tradizionale kurdo, balli che ricordano il
sirtaki greco e qualche foto di Ocalan. Non riusciamo comunque a seguire tutto
il comizio fiume dell’esponente del BMP e a malincuore andiamo a letto
stravolti. Durante il breve tratto verso l’hotel riesco ad acquistare 2 keffie
kurde per 5 Lt ed il proprietario ci regala 4 bottiglie d’acqua per amicizia
momentanea e per lo stupore di avere 4 turisti italiani nel suo negozio. Notte
rumorosa nella stanza dell’hotel con canti e urla da parte di coloro che
rientravano dal comizio, corteo con tamburi elicotteri dell’esercito, cani,
gatti e asini che urlavano i loro versi, saracinesche metalliche che si
chiudevano e riaprivano prima dell’alba ed il muezzin che intonava le sue
preghiere.
19/08/2010
Partiamo
presto per costeggiare la lunga frontiera con la Siria e ci fermiamo pure
nell’unico punto aperto per cercare qualche inquadratura diversa, ma il
paesaggio di campi coltivati a meloni, case quadrate e polverose non cambia di
molto; rimane uguale anche il caldo opprimente soprattutto nelle ore centrali
della giornata.
Il confine
è delimitato da 2 reti metalliche e da torrette d’osservazione vuote, per
decine di chilometri mentre il traffico di camion inizia ad ingrossarsi.
All’ingresso di Diyabarkir una grossa base militare aeronautica ci permette di
vedere sfrecciare gli aerei da caccia turchi sopra le case, mentre sostiamo
vicino alle famosa mura della città in basalto nero. La frizione della mia BMW
GS1150 va in panne ed organizziamo un trasporto con un carro attrezzi
nell’unica officina BMW della città a 3 km dal centro e contattiamo
l’assicurazione Europe Assistance stipulata in Italia. Preventivo effettuato
dall’officina che non ha mai visto una motocicletta: euro 3.500, con il valore
della moto usata euro 3.800 e bisogna attendere 20 giorni come tempo di
riparazione. Richiedo un preventivo per il rimpatrio a mie spese della moto fino
in Italia e lo avrò quando sarò già ritornato in Italia !
Gli amici
proseguiranno quindi il viaggio come previsto mentre noi dovremo arrangiarci al
meglio, perché ho anche la moto segnata sul passaporto e non posso rientrare in
Italia senza, ed i turchi in questo ci badano molto, e non è una questione di
denaro ma di loro burocrazia statale interna. Alloggio per la notte all’hotel
Turistik un vero e proprio vecchio albergo in stile socialista, e durante la
serata calda esaminiamo tutte le possibilità di uscire da questo impasse, a
2000 km dalla prima frontiera con l’Europa. Abbiamo anche telefonato
all’ambasciata italiana a Istanbul ma incredibilmente non sapevano come
aiutarmi a distanza !
20/08/2010
Decidiamo
di trovare un furgone a noleggio o un camion che ci trasporti noi e la moto
insieme fino a Cesme dove c’è il traghetto già prenotato per Ancona e Lucy
ha l’aereo per Milano il prossimo giovedì 26 agosto ! Con l’aiuto di un
kurdo che fortunatamente parla l’inglese incontrato per caso in strada e che
si fa letteralmente in 4 per aiutarci troviamo un camion che per 1.700 LT ci
dovrebbe trasportare immediatamente insieme alla moto fino a Cesme, quasi 1.600
km, e previste più di 24 ore di viaggio ininterrotto. Salutiamo tutti i nostri
interlocutori ed i meccanici dell’officina che ci augurano in lingua kurda
buona fortuna e alle 13,00 dopo un check-up del mezzo a cui smontano,
rettificano e rimontano in mezz’ora il freno ed il disco anteriore, partiamo !
Il
paesaggio brullo e di noia mortale fino a Salinurfa, sempre a 80 all’ora sia
in autostrada che attraversando i paesini polverosi e superando i camion che
vanno più piano, la città di Adana, enorme ed estesa verso le 20,30 con una
breve sosta per te ed acqua. Il nostro autista.Sulyman non spiaccica una parola
in nessuna lingua, riesco a malapena ad imparare i numeri da 1 a 5 in turco:
“bir, iki, urch dort e arbesh”, e li aggiungo alla altre poche frasi che
conosco. Dormiamo per meno di 4 ore in un freddo pungente nel cassone del camion
fatti su in una lurida coperta e nell’abbigliamento pesante da moto e poi via,
sempre nel maledetto furgone a 80 km all’ora ! Dopo più di 26 ore di guida e
stravolti arriviamo in vista del mare e della città di Cesme. L’arrivo
all’hotel Radisson Blu, nella nuova zona di Ilica, direttamente sul mare
azzurro e ventoso avrebbe meritato di essere filmato: il furgone rumoroso e
colorato fermo davanti all’ingresso faraonico, i bagagli polverosi e la moto
da scaricare l’autista che pretendeva subito il pagamento della restante metà
della somma pattuita, l’agitazione degli addetti della sicurezza dell’hotel,
ma tutto è andato per il meglio. Ci siamo dovuti fidare di un consiglio ed un
aiuto di un kurdo sconosciuto, diceva di essere dell’etnia zaza, l’elite dei
kurdi, e della sua contrattazione con occhio esperto con un autista kurdo di
camion per un tragitto che ha attraversato più della metà della Turchia,
guidando quasi ininterrottamente per più di 24 ore, fermandoci solo per bere
qualche te e acqua nei distributori gestiti da kurdi, con cui socializzava. Non
siamo mai stati fermati dalla polizia ma sempre guardati con curiosità ed
amicizia da tutti ricevendo frutta e acqua in regalo. È facile adesso
ripercorrere questa vicenda sul lettino della spiaggia dell’hotel di lusso in
attesa del traghetto che riporterà a casa in Italia, ma come sembrava lontana
l’Italia da Diyarbakir e come ci si sente impotenti non parlando la lingua
locale !
26/08/2010
Giovedì,
dopo 4 giorni interi di mare e relax Lucy prende un taxi dall’hotel fino
all’aeroporto di Izmir dove avrà l’aereo di rientro in Italia, mentre io
ritrovo i compagni e con la frizione riparata in loco prendiamo un comodo
traghetto che in 2 notti di viaggio dovrebbe riportarci ad Ancona. L’arrivo è
previsto per sabato alle 18,00 ed abbiamo la cabina già prenotata
dall’Italia. La partenza è quasi in orario la nave non è al completo e ci
sono numerosi turisti italiani e francesi che rendono il viaggio meno noioso tra
le famiglie turche con i numerosissimi bambini urlanti e scatenati per le scale
della “Scotia Prince” una nave abbastanza piccola rispetto al percorso che
deve fare: il traghetto dell’andata per l’Albania era più grande. Il tempo
rimane bello per tutta la durata del viaggio e quindi riusciamo a non annoiarci
particolarmente, nonostante si debbano fare delle piccole code per accedere al
ristorante per la colazione con piatto misto salato compreso nel prezzo e la
cena al self-service, sempre dignitoso.
Conteggio
finale di 48.800 km sul contachilometri a Milano
à
6.742 km di viaggio
Spot migliori incontrati:
-
Istanbul: in barca sul Bosforo + il bagno turco
-
Strada sterrata di 150km fino a Borjomi
-
Serata sulla terrazza dell’hotel Kopala con cena con vista sulla
città vecchia di Tibilisi
-
Strada militare fino al confine Ossezia/Cecenia
-
La “Cascata” a Yerevan con le statue di Botero
-
Strada panoramica intorno al monte Ararat
-
Il Kurdistan attraverso l’unica strada asfaltata fino ai confini
con Iraq e Iran
Milano, 29/10/2010
Claudio
Claudio.Chiumello@it.hjheinz.com