BRASIL
Diario di viaggio 2016
6/11 Si parte!
Terza volta in
Brasile. Questo viaggio sarà dedicato a natura, relax e sarà accompagnato dal
calore e la simpatia del popolo brasileiro, che forse è il motivo che ci spinge
a tornare sempre qui. Si parte il 6/11 lasciandoci alle spalle lo scirocco di
Lecce e la pioggerellina romana. Si vola Alitalia. Costo del biglietto € 660
circa.
L’aereo è
comodo, quasi tutto pieno e già cominciamo a fare l’orecchio alla dolce
musica della parlata brasiliana. Sono nostri compagni di viaggio brasiliani che
lavorano in Italia che tornano a casa carichi di regali per amici e parenti,
ragazze che portano il fidanzato italiano a conoscere la loro famiglia, aria di
festa insomma. Si parte da Roma con 2 ore di ritardo. Santa pazienza! Il volo
fila via tranquillo anche se ancora non ci spieghiamo perché la compagnia di
bandiera dell’Italia, che è famosa nel mondo per la sua cucina, serva dei
pasti veramente penosi a bordo.
7/11 Rio-S.Teresa
Atterriamo a Rio
alle 11:30 locali. Ci aspetta un’amara delusione:
la nostra valigia non è arrivata. Espletiamo la pratica per il recupero del
bagaglio, preleviamo quanto basta per pagarci un taxi e, decisi a non farci
rovinare la vacanza da uno stupido contrattempo, ci facciamo accompagnare alla
casa che abbiamo prenotato con Airbnb nel quartiere di Santa Teresa. Lo abbiamo
scelto perché amiamo l’atmosfera un po’ decadente degli edifici di primo
Novecento di Rio e la sistemazione che abbiamo scelto in foto sembrava molto
originale e curata. Il taxi da Galeao a casa ci costa 60 reais, economico. Ci
aspetta Anna, la nostra host. L’accoglienza è calorosa, Anna ci spiega quello
che c’è da sapere sulla nostra casetta, che è una suite delle quattro che
gestisce in questa villa, villa Sophia. Anna è una brasiliana sui generis,
parla le lingue, ha viaggiato tantissimo e fa la fotografa. Ci offre un bel caffè
espresso, ci dà un bel po’ di informazioni e suggerimenti per aiutarci in
questi due giorni di permanenza a Rio e chiacchiera volentieri con noi.
Gentilmente ci presta delle infradito, perché io attualmente ho solo le scarpe
che indosso, un paio di scarponi da trekking… La nostra mini suite è
spaziosa, silenziosa e arredata in stile post-industriale, come il resto della
casa, con materiale di recupero anni ‘50-’60.
Dopo esserci
sistemati, usciamo a fare un giretto e troviamo un quartiere meravigliosamente
tranquillo, con le sue strade ripide di acciottolato, i suoi giardini
lussureggianti e gli edifici alcuni dei quali sembrano vecchie signore che
lasciano ancora intravedere la bellezza e la classe di un tempo. E’ rimasto
esattamente come ce lo ricordavamo quando l’abbiamo visto la prima volta, nel
2003. Meno male. La sera andiamo a mangiare da Espirito Santa, a 10 minuti a
piedi da casa. La cucina amazzonica di questo ristorante con una bella
terrazzina con vista è un po’ impegnativa per noi, comunque gli involtini di
granchio e la mia moqueca di verdure sono ottime, anche se forse siamo un po’
troppo stanchi e provati per apprezzare la cena fino in fondo. Porzioni
brasiliane. Avremmo fatto meglio a ordinare una portata per due. Il conto è
salatuccio, 46 euro circa in due.
Martedì 8/11 In
giro per Rio.
Ci svegliamo di
buon’ora dopo una bella dormita rigenerante, il tempo è splendido e usciamo
presto. Il delizioso bondinho, attualmente in fase di manutenzione, ci
accompagna comunque a Praça Carioca da Santa Teresa. Recuperata una sim
brasiliana (si dice cippi, valli a capire!) cominciamo il nostro giretto
turistico. Dal momento che le mete canoniche le abbiamo già visitate nei viaggi
precedenti, vogliamo andare a vedere il nuovissimo Museu do Amanha, progettato
dall’architetto spagnolo Santiago Calatrava, che con questa costruzione
avveniristica ha riqualificato una zona costiera di Rio che prima era
bruttissima. La costruzione si protende nel mare su una penisola davanti al
porto militare. E’ presto ma c’è già tanta gente in attesa, forse era
meglio prenotare l’entrata online come consigliavano, oggi è martedì ed è
gratis. Ci godiamo il chiacchiericcio di tanti piccoli alunni delle scuole in
visita qui con la scuola. Che carini! Entriamo abbastanza velocemente. Nel museo
ci attende un grande mappamondo a cristalli liquidi che cambia di continuo e
riproduce i flussi di correnti, la deriva dei continenti, le temperature del
pianeta. Veniamo introdotti dalle guide all’interno di una enorme palla nera
dove, nel buio più assoluto, uno schermo a 360° riproduce l’origine della
terra. Che impressione! Il resto del museo è dedicato alla storia della terra
fino all’antropocene, la nostra epoca e mostra quanto la presenza dell’uomo
ne abbia modificato l’aspetto e il desino. Qui se non cambia qualcosa siamo
fritti. Meglio goderci questo pianeta adesso senza abbandonarci a pensieri
tristi. Intanto fuori la giornata è calda e bellissima. Saliamo su un autobus
perché vogliamo fare una visita a Copacabana e sperimentiamo il traffico
caotico dei quartieri centrali della città. Fa caldissimo! Copacabana è sempre
un bel quartiere alberato e vivace e la spiaggia è lì, enorme e bellissima
come sempre che aspetta di essere guardata con ammirazione, come le carioca che
prendono il sole. Passeggiamo sulla spiaggia e poi andiamo in un ufficio di
cambio dove cambiamo bene finalmente a 3,45 senza commissioni. Non capisco come
mai c’è tanta differenza col cambio delle banche ma non ci poniamo troppe
domande. Intaschiamo il malloppo e ce ne andiamo a comprare le Havaianas
d’obbligo. Prendiamo la metro a Siqueira Campos per Cinelandia, elegante
quartiere di teatri, musei e uffici, dove ci fermiamo a pranzare ao kilo insieme
agli impiegati in pausa, buono ed economico. Chiamiamo una macchina Uber per la
prima volta in vita nostra. Incredibile questo servizio, che a Rio ormai
spopola. Il nostro autista si materializza dallo schermo del telefono
all’angolo della strada e in men che non si dica ci ritroviamo a casa a Santa
Teresa. La sera scendiamo a Lapa dove facciamo una breve sosta alla Escadaria
Selaron che desideravo tanto vedere e, dopo una cena in Rua da Lapa dal tedesco
Ernesto, buona la picanha, anche per me che non amo la carne.
Passiamo la
serata al Beco do rato, un baretto dove un gruppo di Rocinha suona pagode dal
vivo. Che bello vedere la gente divertirsi suonando e cantando in gruppo come se
fosse una cosa sola…i brasiliani in questo sono davvero impareggiabili.
Mercoledì 9/11
Oggi si parte per
Bonito, sarà un lungo viaggio. Salutiamo la nostra ospite Anna calorosamente, e
un autista Uber ci accompagna all’aeroporto Santos Dumont, molto vicino. Da
qui partono solo voli nazionali, l’aeroporto è piccolo ma ben organizzato. A
Campo Grande, con un caldo pazzesco, ci recupera il van che ci porterà a
Bonito. Lungo la strada, che non finisce mai, una striscia diritta di asfalto
nel nulla di fazendas dove non si vede altro che campi e terra rossa bordeaux
punteggiata da termitai, si chiacchiera con gli altri passeggeri: un ragazzo di
Rio che viaggia da solo e una signora che vive a Bonito che ci racconta la sua
lunga e avventurosa vita in giro per il mondo. Arriviamo la sera alla nostra
pousada che in realtà è più un ostello, la Pousada Sao Jorge,
dove finalmente diamo un volto a Adonai, il nostro referente, un simpatico
carioca dalla risata alla Eddie Murphy.
Sistemiamo le formalità e paghiamo i tour prenotati dall’Italia. Qui tutti i
tour devono obbligatoriamente passare dall’agenzia. I tour sono costosi, ma ne
vale la pena. Il totale che abbiamo pagato all’Agencia Sao Jorge comprensivo
di alloggio, tour, molti dei quali con pranzo in fazenda incluso, è stato di
circa 5000 RS. Ci sono regole molto rigide per preservare l’ambiente e
garantire la sicurezza dei partecipanti. La nostra stanza è a dir poco
claustrofobica, il rubinetto del bagno gira quando apri l’acqua, il
condizionatore fa il rumore di un trattore e quello delle altre stanze
altrettanto, ma tanto sappiamo che in camera passeremo pochissimo tempo e costa
poco. Ci adatteremo. Conserviamo i
voucher delle escursioni prenotate con largo anticipo dall’Italia e ci
accomodiamo (si fa per dire) nella nostra suite. Usciamo per mangiare qualcosa,
ma il pesce con la sottiletta gratinata ci lascia alquanto perplessi.
10/11 Gruta Lagoa Azul, Gruta Sao Miguel, Aquario Natural
Oggi abbiamo un
autista privato, si chiama Fabio, simpatico, chiacchierone, fa il poliziotto e
arrotonda facendo prevenzione contro la droga nelle scuole,
impartendo lezioni di musica e accompagnando i turisti per potersi permettere di
insonorizzare una stanza di casa per suonare. Insomma, in men che non si dica ci
racconta la sua vita. E’ una buona palestra per il mio portoghese, mi serviva
proprio.
La Gruta Lagoa
Azul è molto bella, sul fondo c’è acqua di una limpidezza impressionante, è
profonda 90 mt. e il raggio di sole che penetra dall’esterno la tinge di un
turchese acceso meraviglioso. Questo colore incredibile pare sia dovuto al fatto
che quest’acqua contiene molto magnesio. La guida è una donna simpatica, i
compagni di escursione paulisti e di Manaus allegri e comunicativi. Rientriamo
dopo un’oretta passeggiando nella giungla piena di suoni. Fabio ci accompagna
alla tappa successiva: Gruta di Sao Miguel. Quest’altra grotta è grande, ma
non ci impressiona più di tanto, anche perché noi siamo abituati alle grotte
meravigliose che abbiamo già visitato in Italia. Il punto di accoglienza è
molto ben tenuto e lì abbiamo il nostro primo impatto con gli “arara”, come
qui chiamano gli ara macao. Ce ne sono due enormi che svolazzano in giro e su
una palma vediamo tanti nidi di uccello tessitore. Che animali meravigliosi!
Prima di passare alla tappa successiva, Fabio ci accompagna a pranzo in un ottimo ristorante, che ci fa cambiare opinione sulla qualità della cucina locale. A Casa do Joao è un posto frequentatissimo da vip dello spettacolo brasiliani, e quando assaggiamo il pesce “pintado” accompagnato da salsa di maracujà capiamo perché. Il signor Joao è un ospite perfetto, allegro e gentile. Sa che gli italiani sono molto esigenti e i nostri complimenti lo inorgogliscono.
Ultima tappa:
Aquario Natural. Qui ci vengono fornite mute e maschere e ci tuffiamo con la
guida in un corso d’acqua dove ci ritroviamo circondati da pesci di mille
colori che ci nuotano intorno senza alcun timore, e ci lasciamo trascinare dalla
leggera corrente. Se non fosse che dobbiamo tenere il boccaglio, resteremmo a
bocca aperta. La “flutuaçao” ci incanta per un’oretta, dopodiché
risaliamo da un pontile e, dopo una breve passeggiata su una passerella di
legno, arriviamo dove il fiume si fa più profondo. Qui, vicino a una cascatella,
sperimentiamo la “tirolesa”, un bilanciere che scorre su una fune dal qual
ci si tuffa nel bel mezzo della pozza d’acqua. Ci sentiamo dei ragazzini e ci
divertiamo tanto. Rientriamo alla struttura di accoglienza, dove c’è una
bella piscina con idromassaggio tiepida ad aspettarci dove ci rinfranchiamo e ci
rilassiamo dopo l’acqua fresca del fiume. La sera non ce la facciamo a
resistere e torniamo a cena dal signor Joao. Altra mangiata di pesce dal
leccarsi i baffi.
11/11 Fazenda Rio do Peixe e Buraco dos Araras
Oggi ci muoviamo
in gruppo. Un van ci accompagna alla fazenda percorrendo una strada sterrata
rosso fuoco e durante il tragitto abbiamo anche la fortuna di vedere un
formichiere che ci attraversa la strada. Qui ci sono tantissimi termitai che
spuntano come montagnole dal terreno. Non avevamo mai visto una fazenda, e
questa devo dire che è proprio ben concepita. Non è grandissima, circa 1550
ettari (…), di cui il 20 per cento sono stati destinati a parco naturale
attrezzato per l’ecoturismo, grazie ad una legge che esenta dal pagamento
delle tasse questa parte di proprietà. Tutto è molto curato, ci sono locali
per gli spogliatoi, bagni, un’area adibita a ristorante, una zona relax con
amache di cuoio intrecciato, un percorso didattico che spiega come tutto qui
viene prodotto senza l’uso di diserbanti e pesticidi, dal vivaio delle piante,
alla capanna dove su un forno alimentato a legna si produce il doce di leite,
variante di latte condensato buonissimo, all’area di compostaggio degli scarti
organici, al frutteto, all’orto biologico. Non smetterei mai di curiosare, ma
Bruno, la nostra simpatica guida, ci richiama all’ordine, ci fa infilare muta
e stivaletti e ci accompagna…nella giungla. Attraverso un breve percorso a
piedi ci elenca uno per uno le specie di alberi che qui sono protetti, dalla
piroba rosa (il pregiatissimo legno di rosa) alla palma da cui si estrae il
cuore commestibile e poi la corteccia si riforma, all’albero dalla corteccia
che resiste al fuoco. Fra una battuta e l’altra ci fornisce spiegazioni su
flora e fauna della mata atlantica. Questo è un fiume che nasce dalla falda
carsica, Bruno ci mostra il punto dal quale il fiume emerge come per magia.
Arriviamo a un pontile e ci tuffiamo in acqua con un tempo che non promette
nulla di buono. Per fortuna l’acqua non è fredda come ieri, ma dobbiamo
aspettare per una mezzora in acqua immobili al centro dello specchio d’acqua
perché in un baleno si scatena la furia degli elementi: pioggia a catinelle e
un vento fortissimo che fa oscillare le cime degli alberi e a un certo punto con
un rumore impressionante fa spezzare un albero che finisce in acqua. Io sono
quasi certa che dovremo interrompere l’escursione, ma Bruno è fiducioso. In
effetti, dopo un po’ tutto torna tranquillo come se nulla fosse accaduto e
cominciamo la flutuaçao. Qui ci sono meno pesci, ma di dimensioni veramente
grandi, e anche qui non mostrano la minima paura nei nostri confronti.
Fluttuando fluttuando, la corrente comincia a farsi più forte. Bruno va avanti
per segnalarci un masso affiorante e ci invita a seguirlo. Io mi fingo
coraggiosa e vado per prima,ma quando la corrente mi cattura e mi sballottola,
mi fa veramente paura. Per fortuna tutto dura pochi secondi, e mi ritrovo in una
meravigliosa pozza di acqua profonda, sul fondo della quale c’è una polla di
acqua sorgiva che fa ribollire l’acqua del fondo sollevando la sabbia bianca.
Il colore dell’acqua è un incanto. Qui vicino il fiume si congiunge con un
altro corso d’acqua, il rio Bonito, e la corrente si calma. Io e Maurizio
preferiamo uscire dall’acqua e approfittare della barca che è venuta a
recuperarci, gli altri continuano a nuoto. E’ stata un’ottima scelta, perché
scivolare sulle acque tranquille in silenzio (la barca ha un motorino elettrico)
ascoltando i rumori della foresta è un’esperienza veramente indimenticabile.
Gli altri ci raggiungono e sguazzano ancora per un po’ nel fiume, non soffrono
il freddo, anche perché hanno tutti un bello strato di ciccia che li protegge.
Devo dire che sono rimasta colpita dalla disinvoltura con cui ragazze
decisamente sovrappeso, che da noi si vergognerebbero ad andare in spiaggia
anche col costume intero, qui indossano il tanga. Non credo che la gente mangi
molto correttamente qui in Brasile perché l’obesità è quasi la norma, e mi
meraviglio che un governo che si prodiga in una lotta senza quartiere contro il
fumo non cerchi di informare la gente perché si mangi meglio. Un camion ci
riaccompagna alla fazenda, dove troviamo ad attenderci un tipico pranzo locale.
Su un basso forno alimentato a legna, sopra a lastre di ferro, sono appoggiate
pentole di metallo colme di ogni bendiddio, dalla carne essiccata in umido alla
feijioada, pollo rosolato a puntino accompagnato da mandioca lessa e fritta,
banane fritte, riso, insalate dell’orto buonissime e chi più ne ha più ne
metta. Alla fine, una coppetta di doce di leite completa il tutto. Insomma, ci
alziamo da tavola praticamente rotolando.
Il buon Bruno ci
richiama all’ordine perché ci aspetta un’ultima escursione, al Buraco dos
Araras. Si tratta di una dolina larga 400 mt e profondissima con acqua sul
fondo, abitata da jacarè (alligatori), sucurì (anaconda) e pesci sulle cui
pareti rosso ocra gli araras vanno a mangiare l’argilla che serve loro per
disintossicarsi dalle sostanze velenose che ingeriscono con i semi che mangiano.
Fotografarli è molto difficile, ma
sentiamo il loro verso e ogni tanto una coppia di questi fedelissimi e monogami
uccelloni multicolori ci vola davanti agli occhi per poi sparire nella foresta.
Uno spettacolo giurassico che ci lascia incantati.
Torniamo in paese
che si è fatta sera e, incredibile ma vero, riusciamo a trovare anche la forza
di andare a cena in una churrascaria, anche se cerchiamo di tenerci
“leggeri”. Il succo di maracujà fresco più buono mai assaggiato conclude
questa giornata memorabile.
12/11 Le cachoeiras
Oggi andremo a
visitare una nuova fazenda. Stavolta il motivo conduttore della gita sarà una
cosa che adoro: le cascate. Sarà il rumore e l’energia dell’acqua, la
vegetazione che le circonda, sguazzare nell’acqua viva facendo meravigliosi
idromassaggi naturali…insomma, quando ci sono cascate io non me le faccio mai
scappare. Il van ci preleva presto dalla pousada, e arriviamo con un gruppetto,
manco a dirlo, tutti brasiliani, in questa fazenda che non è né grande né ben
tenuta come le altre, ma ci sono lavori in corso per ammodernarla. Però qui ci
sono araras dappertutto, sia multicolori che azzurri. Li vediamo appollaiati
sugli alberi e appena vengono sparsi semi di girasole si avvicinano senza timore
e si lasciano fotografare. I proventi del turismo ormai sono un’entrata
importante per le fazendas che, strano ma vero, non sono tutte floride come
pensavo. Qui il terreno è impervio e non adatto alle coltivazioni, così più
che altro si allevano animali. La passeggiata comincia con il solito percorso su
una passerella di legno, con la spiegazione da parte della guida su specie
animali e vegetali della giungla. Passeggiando passeggiando, si arriva alla
prima cascata. Non è alta, e forma un laghetto profondo e ampio dove si può
nuotare e varie pozze di acqua limpida dove si può sguazzare. Non ce lo
facciamo ripetere due volte, e in men che non si dica siamo tutti a mollo. Dopo
il bagno continuiamo il nostro percorso e lungo il fiume arriviamo ad un’altra
cascata. Il fiume t è pieno di pesci che accorrono a frotte quando la nostra
guida lancia loro del mais. Seguendo il corso del fiume lì vicino l’acqua fa
un salto di 3-4 metri e finisce in un buco nella roccia abbastanza ampio per
tuffarsi. L’acqua è profonda 5 metri, non ci sono problemi, e da quel
“pozzo” attraverso un canale naturale fra le rocce si ritorna al fiume.
Anche qui si fa una tappa, per poi spostarci più aventi dove c’è un’altra
cascata, questa molto più alta che copre una grotta, arredata da muschi e
felci. Rimango incantata a guardare senza riuscire a staccare gli occhi da
quello spettacolo, senza cadere nella tentazione di fare foto su foto e perdermi
la magia di quel posto. Che dire? Sono stata proprio accontentata! L’ultima
cascata con tirolesa ce la risparmiamo perché siamo stanchi e infreddoliti,
lasciamo i tuffi ai ragazzi e noi andiamo a stramazzare nel “redario”, una
grande tettoia aperta sotto la quale sono appese una cinquantina di amache di
cuoio intrecciato, fra canti di uccellini e il rumore del fiume vicino. Il
pranzo viene servito di lì a poco, e anche stavolta ci tocca una mangiata
pantagruelica a base di carne, pesce, pollo, feijoada, patate e tapioca,
insalate varie in quantità industriale e, per dessert, mostarda di frutta e
doce di leite.
La sera si cena in paese e si cerca di dormire, condizionatori a palla permettendo….
13/11 Pantanal
La gita più
impegnativa ce la siamo lasciata per l’ultimo giorno. Oggi si va a visitare
una fazenda nel Pantanal, che dista da Bonito circa 200 km. Il van passa a
prenderci alle 5:30 e, dopo un’ora e mezza di viaggio, una tappa per la
colazione in un posto strano addobbato con gli alberi di Natale, dopo due ore e
mezzo circa siamo alla Fazenda Sao Francisco, una fazendinha di 80.000 ettari,
ettaro più ettaro meno. Anche qui ci sono pappagalli dappertutto, quasi non ci
facciamo più caso… Gli organizzatori ci chiamano a raccolta in gruppi,
veniamo caricati su un camion aperto e si parte per l’escursione. Il Pantanal
è un’enorme distesa pianeggiante che, durante la stagione delle piogge, si
allaga quasi completamente. Qui si coltiva il riso e l’acqua viene convogliata
in canali artificiali (quasi 250 km. di canali) e delle pompe regolano il
livello dell’acqua. Dal momento che non ci sono grandi foreste in cui
nascondersi, a parte qualche piantagione di eucalipti, qui è più facile vedere
gli animali selvatici che nella giungla. Infatti lungo il percorso incontriamo:
capibara, bufali, un tucano, un formichiere, innumerevoli tuiuiù, il
trampoliere simbolo del pantanal, jacarè grandi e piccoli, barbagianni e
innumerevoli specie di volatili che adesso non saprei neanche elencare. Unica
nota stonata di questo paesaggio da National Geographic è un piccolo aereo che
irrorava alcune zone di risaia, il che mi fa pensare che questa fazenda non sia
bio come la prima che abbiamo visitato. Dopo l’escursione in camion torniamo
alla fazenda per il pranzo, un po’ meno ricco e vario dei precedenti e, dopo
una mezzoretta di relax, veniamo nuovamente chiamati a raccolta per una seconda
escursione. Veniamo portati col camion all’imbarco su una strana barca che
chiamano “chalana” per andare a osservare la fauna acquatica, stavolta.
Siamo su un ramo del fiume che al momento è una specie di lago, poi con le
piogge si riunirà al fiume principale. Qui vediamo molti esemplari di gaviao,
“fumaça”, che predilige le zone incendiate e caccia i piccoli animali che,
senza più la protezione della vegetazione, cercano inutilmente rifugio, sia il
gaviao preto, molto più grande e lento, che pesca nell’acqua. La nostra guida
ci arma di canne, tira fuori esca di carne e dice che dobbiamo pescare i
piranhas. Io sono perplessa e lascio che facciano gli altri. In effetti i
piranhas abboccano al volo. L’odore della carne richiama l’intero branco e
in men che non si dica quattro piccole prede sono nel secchio. Maurizio mi passa
la sua canna per fare qualche ripresa e io, con poca convinzione, butto la
lenza. Dopo due minuti due un pesce abbocca. Però, bello grandino, riprovo e
dopo un forte strattone mi ritrovo attaccato all’amo un piranha di almeno 350
grammi! E adesso che faccio? Tutti sono entusiasti, guide comprese, io vorrei
allontanarmi quanto prima da quell’animale pieno di denti e cedo la canna e la
gloria alla guida. Gli altri partecipanti ne approfittano per farsi le foto con
la mia preda. Guardo mentre il pesce viene staccato dall’amo. I suoi denti
affilati fanno veramente impressione. Per fortuna lo ributtiamo in acqua. Gli
altri più piccoli vengono utilizzati come esche per i jacarè che così vediamo
da vicino mentre saltano fuori dall’acqua per azzannare il pesce. Poi è la
volta dei gaviao. Il pesce viene lanciato in acqua e questi rapaci scendono in
picchiata e lo afferrano con gli artigli. A me sembra che così si forzi un
po’ la mano alla natura e questi uccelli alla lunga si abituino troppo
all’uomo, ma in fondo non c’è niente di male e anche io filmo e fotografo
questo spettacolo da National Geographic.
Stanchi ma veramente soddisfatti per la giornata intensa, ritorniamo alla fazenda per un breve rinfresco e poi si risale sul van per tornare a Bonito. La sera ceniamo da Juanita, ristorante ottimamente recensito su Tripadvisor, dove assaggiamo un ottimo tilapia alla piastra. Questi pesci di fiume sono saporiti e non hanno spine, sono buonissimi!
14/11 trasferimento a Belo Horizonte
Oggi si riparte da Bonito. Sono stati 5 giorni intensi e veramente pieni. Questa tappa ci è costata parecchio, ma ne è valsa veramente la pena. Vedere una natura così incontaminata e così ben gestita dal punto di vista turistico ci ha fatto toccare con mano il fatto che fare turismo sostenibile si può, e le comunità non possono che trarne beneficio. Bonito dovrebbe essere un esempio per tutti. Altrochè i resort di lusso!
Arriviamo a Campo Grande in autobus, poi prendiamo l’aereo per San Paolo, poi da lì un altro volo per Belo Horizonte. Arriviamo distrutti, meno male che avevamo prenotato per tempo un hotel nei pressi dell’aeroporto dove letteralmente stramazziamo su un letto vero e ci facciamo tutto un tiro fino alla mattina seguente.
15/11 Ouro Preto
Da Belo Horizonte
prendiamo un autobus alla rodoviaria. Qui le stazioni degli autobus funzionano
un po’ come quelle nostre dei treni, solo che ci sono tante diverse compagnie,
ognuna delle quali serve una determinata zona del paese. Noi prendiamo un bus
della “Passaro Verte” diretto a Ouro Preto e in 4 ore circa di viaggio
arriviamo, con un freddo inaspettato e la pioggia, a questa cittadina coloniale,
che un tempo nel XVIII secolo è stata capitale del Minas Gerais e adesso è
patrimonio mondiale dell’UNESCO. Dopo una corsa in taxi da infarto fra le
stradine ripidissime della città, arriviamo a casa, proprio vicino a una ex
miniera. La nostra host di airbnb si chiama Maria das Graças. Ci accoglie nella
sua graziosa casetta col tetto di tegole e un panorama mozzafiato sulla città,
dandoci le prime informazioni sulla città e consegnandoci le chiavi della
nostra stanza. L’appartamento ha 4 stanze e una zona comune ampia e comoda
dove troviamo una cucina ben attrezzata, tutto il necessario per la prima
colazione e tanto materiale informativo sulla città. Graça è un’ospite
molto premurosa, nei tre giorni della nostra permanenza ogni mattina verrà a
portarci il pane fresco e la frutta ed è disponibile per ogni nostra necessità.
Oggi è la festa nazionale brasiliana e in città c’è movimento sia di
turisti (praticamente tutti brasiliani) e (ahimè) di auto. Pranziamo “A casa
do Ouvidor”, vicino a Praça Tiradentes, dove ci ha indirizzati Graça. Il
pollo è come sempre saporitissimo e condito con okra accompagnati da polenta,
riso in bianco e farofa. La processione del congado passa sotto il balcone
mentre siamo lì e l’atmosfera di festa coinvolge anche il personale del
ristorante. Quello che mi colpisce di Ouro Preto è che in tutta la città non
c’è una, dico una costruzione che stoni con l’architettura coloniale
settecentesca di tutto il resto. E’ quasi tutto ben conservato o in fase di
restauro. Purtroppo la raccolta dei rifiuti lascia molto a desiderare e vediamo
ovunque mucchi si buste di spazzatura, forse anche perché, essendo oggi
festivo, nessuno è passato a ritirarla. Ma mancano anche cestini per le
cartacce e tutti buttano cicche di sigaretta e quant’altro per la strada.
Peccato. In ogni caso questa città piena di bellissime chiese barocche, piccole
botteghe di artigianato, gioiellerie che vendono le pietre preziose che qui si
estraggono in quantità, è veramente all’altezza delle nostre aspettative. Il
tempo non è bellissimo e fa veramente fresco. La sera la pioggia ci coglie di
rientro dal ristorante. Andiamo a dormire, stanchissimi, sperando che domani
migliori.
16/11 Mariana
La mattina ci
svegliamo col sole che illumina la bellissima
chiesa di Nossa Senhora da Conceiçao, fuori dalla nostra finestra. Oggi andremo
a visitare Mariana, un’altra cittadina coloniale, più piccola di Ouro Preto
ma con un glorioso passato. Un tempo è stata capitale del Minas Gerais, ospita
anch’essa bellissime chiese e edifici del XVIII secolo. Prendiamo il bus che
in mezz’ora ci porta a destinazione. E’ una bella giornata e passeggiare
nella piazza principale sotto l’ombra degli alberi è davvero piacevole.
Visitiamo il laboratorio di un bravissimo intagliatore di legno di arte sacra,
la piazza dove si affacciano due bellissime chiese barocche, il palazzo del
Governo e dove si trova il pelourinho, una grande pietra con catene e anelli di
ferro dove un tempo venivano legati gli schiavi per essere frustati in pubblico
come monito per la popolazione. Una sinistra reliquia di un passato di cui non
andare troppo fieri. La gente di Mariana continua a pagare un prezzo molto alto
allo sfruttamento minerario. Era il 5 novembre 2015 quando crollò la diga
costruita dalla multinazionale mineraria
Samarco provocando 19 morti nel vicino villaggio di Bento Rodrigues e
avvelenando il fiume Rio Doce e tutta la vita animale e le popolazioni indigene
che dal fiume traevano il loro sostentamento, fino al mare nello stato di Vitòria.
Oggi qui vedo striscioni che recitano “non esiste giustizia senza lavoro”.
Se la Samarco andasse via, gli abitanti di Mariana non avrebbero più di che
vivere. Adesso la Samarco sta ricostruendo il villaggio distrutto, si è
impegnata a disinquinare le acque del Rio Doce
(mi domando come) e ha pagato una multa salata al governo brasiliano (mi
domando se quei soldi serviranno veramente a risarcire le popolazioni). Il
solito ricatto lavoro-o-salute…ne sappiamo qualcosa anche noi che viviamo
vicino a Taranto e all’ILVA.
La cittadina è
molto attiva culturalmente, c’è un bel collegio ben tenuto, scuole d’arte
dove ragazzini di 8 anni dipingono bellissimi quadri naif, una biblioteca ben
tenuta e fornita anche di un reparto dedicato alle edizioni in Braille.
L’atmosfera è molto tranquilla ed è veramente piacevole passeggiare fra le
casette osservando scene di vita quotidiana. Pranziamo in un tipico ristorante
mineiro, Casarao, in piazza. Ottimo, abbondante e decisamente economico. Certo,
la cucina mineira non è leggerissima: tutto è a base di carne e fagioli,
tenuti in caldo su una grande cucina al legna in pignate dalle quali si può
attingere a volontà, ma è saporitissima e anche io, che non amo
particolarmente la carne, non riesco a resistere a un bel pezzo di salsiccia di
maiale e a un pezzo di pollo in umido.
Al nostro rientro
a Ouro Preto, dopo un bel riposino, prendiamo l’autobus vicino alla chiesa di
Sao Francisco per andare alla Rodoviaria a comprare il biglietto per il
trasferimento di dopodomani a Arraial do Cabo. Il bus fa un lungo giro per le
vie impervie della città. Rimaniamo stupiti dal fatto che non c’è una sola
costruzione che stoni, nessuna bruttura moderna altera il fascino dell’insieme
delle piccole costruzioni bianche con gli infissi colorati e la belle chiese
barocche e le strade sono tutte dell’acciottolato originale e quasi tutte sono
ben tenute. Al nostro rientro gironzoliamo in cerca di un posto dove cenare e
veniamo attratti dalla musica che viene da un locale. Si chiama cafè Geraes e
si trova nella Rua Direita, una delle strade principali del centro. Un cameriere
ci invita ad entrare e ci mostra l’interno, su due piani, molto originale e
raffinato. I tavoli sono apparecchiati con vecchi 33 giri al posto delle
tovagliette. I musicisti, un pianista e un saxofonista, suonano musica jazz e
brasiliana. Decidiamo di fermarci, naturalmente, e trascorriamo qui una
piacevolissima serata ascoltando buona musica e mangiando un ottimo baccalà
gratinato con patate e besciamella. Anche oggi toniamo a casa stanchi ma felici.
17/11 relax a Ouro Preto
La mattina,
allietati dal solito gallo che ci sveglia alle 4, un po’ insonnoliti,
decidiamo di prendercela comoda. E’ il nostro ultimo giorno a Ouro Preto e
ancora non abbiamo visitato nessuna delle innumerevoli e belle chiese che ci
sono in città. La chiesa di Sao Francisco almeno merita una visita, anche se
non siamo dei patiti dell’arte sacra. L’esterno è molto lavorato, con un
bel medaglione scolpito dal famoso Aleijadinho sul frontale, e l’interno ha un
bel soffitto di legno affrescato e sulle navate ci sono belle statue di santi
che mi hanno colpit perché, oltre ai vestiti veri di tessuto, hanno anche i
capelli veri! Annesso alla chiesa c’è il museo di Aleijadinho dove è narrata
la storia della vita di questo grande artista brasiliano del ‘700. Figlio di
un architetto di origine portoghese e di una schiava nera, studiò a Rio de
Janeiro, dove suo fratello faceva il trasportatore di metalli e pietre preziose
e lì conobbe, attraverso le illustrazioni dei libri, lo stile barocco e rococò
del tempo. Si dedicò subito alla pittura e soprattutto alla scultura, e in
seguito anche all’architettura. Il Minas Gerais accoglie moltissime delle sue
opere, fu un artista poliedrico che si può definire giustamente il Michelangelo
Buonarroti brasiliano.
Fuori dalla chiesa c’è il mercato permanente dell’artigianato della pietra. Gli artigiani scolpiscono all’aperto piccoli oggetti di pedra sabao, una pietra locale molto comune, morbida da lavorare e la intagliano e decorano colorandola e dandole le forme più diverse. Ci sono statuette sacre, scatoline deliziose, piatti, bigiotteria, pentole e padelle, tutto, assolutamente tutto, fatto di pietra. Un artigiano decora una scatolina sotto i nostri occhi in 5 minuti con una precisione e una velocità che ci lascia stupefatti. Non possiamo fare a meno di acquistare qualche ricordino, anche se il peso del bagaglio è tiranno, come sempre.
Trascorriamo il
resto della giornata a sistemare il bagaglio e organizzare gli ultimi giorni di
viaggio. Decidiamo di prolungare di due giorni il soggiorno a Arraial do Cabo
per fare un po’ di mare, e gli ultimi 3 giorni a Rio per chiudere in bellezza,
stavolta in una casa che troviamo su Airbnb a Leblon. La sera siamo molto
stanchi e non vogliamo fare niente di impegnativo, così optiamo per una pizza
che, devo dire, è più che buona, alla pizzeria Satélite, proprio di fronte al
ristorante di ieri.
18/11 Il viaggio infinito per Arraial do Cabo.
Guardando una cartina del Brasile, Ouro Preto e Arraial do Cabo sembrano quasi attaccate. Quando saliamo sull’autobus per Rio non immaginiamo che il nostro viaggio durerà ben 12 ore. Non è un trasferimento piacevole. Il tempo è brutto e piove quasi sempre e, se la cosa ci consola del fatto che non ci stiamo perdendo una bella giornata di vacanza, dall’altro attraversare il Minas Gerais ci intristisce non poco. Il tragitto da Ouro Preto e Ouro Branco è molto bello, si attraversa una zona di montagna che sembra un giardino botanico. Dopodichè comincia uno scenario di devastazione che proprio non ci aspettavamo. Quelle che furono belle colline ricoperte da foresta adesso sono tutte pelate e gli unici alberi che si vedono sono orribili piantagioni di eucalipti sotto i quali non cresce nulla. La deforestazione arriva praticamente fino a Rio. La terra frana, non più trattenuta dalle radici di alberi centenari, e sono evidenti le enormi cicatrici rosse di terra che deturpano le colline. Arrivati finalmente a Rio, ci accoglie un traffico infernale e il nostro autobus arriva con ben 2 ore di ritardo. Riusciamo a prendere al volo la coincidenza per Arraial do Cabo, dove arriviamo alle 22:00 stanchi morti e infreddoliti, perché fa freddo e piove, dopo le 12 ore di gelo polare dell’aria condizionata. Ci raccoglie il taxista che ci ha mandato la nostra ospite Airbnb, Telma, che ci riscalda con la sua accoglienza. Ha preparato per noi delle tortine di carne e uova con succo di frutta, prevedendo che saremmo arrivati stanchissimi. Lei e il suo compagno Sergio chiacchierano cordialmente con noi e ci riconciliamo col mondo. Andiamo a dormire rinfrancati, sperando che domani il tempo sia più clemente.
19/11 Arraial do Cabo – praia do forno
Al risveglio troviamo ad accoglierci una bella colazione e il sorriso di Telma. Abbiamo recuperato le forze e siamo pronti a una giornata di mare. Nonostante ci sia molto vento e il cielo sia coperto, ci dirigiamo lo stesso vero Praia do Forno. Oggi è sabato, e c’è un gran movimento sul trilho che scavalca una piccola collina e porta alla spiaggia. Il fine settimana è una cosa seria per i brasiliani che si muovono in comitiva attrezzati di contenitori termici pieni di ogni bendiddio ma soprattutto di birra. Ci sistemiamo alla fine della spiaggia dove si sta un po’ più tranquilli. Nel frattempo è uscito un bel sole e il vento ci permette di stenderci al sole, che, altrimenti, sarebbe davvero cocente. La giornata trascorre pigramente fra un bagno, un piatto di gamberi fritti con l’aglio e un guaranà. Quando rientriamo, verso le 3, sulla spiaggia sono tutti che cantano accompagnando la musica a tutto volume che esce degli stereo portati per l’occasione. Sono allegri, spensierati, ma soprattutto tutti ciucchi di birra, che scorre a fiumi. E’ un gran casino, ma un casino allegro e non ci dispiace. Unica nota dolente: ricordavo i brasiliani più rispettosi per l’ambiente. La spiaggia e il sentiero sono pieni di rifiuti di plastica e lattine nonostante i cartelli e i cestini. Qui devono darsi una bella regolata con controlli e sanzioni, altrimenti questa spiaggia paradisiaca rischia di soffocare nella monnezza.
I nostri ospiti ci accompagnano a vedere un bel tramonto su Praia Grande, dove c’è un belvedere. Fantastico, ci torneremo di sicuro.
Per la cena Telma
e Sergio ci consigliano un ristorante, il Pimenta Rosa, e ci accompagnano lì in
auto. Sono di una gentilezza disarmante. Mangiamo un buon pesce freschissimo con
patate e il solito riso e farofa, non è male, ma pensavamo di spendere qualcosa
di meno. Torniamo a casa a piedi, osservando stupiti le dune che dalla spiaggia
si propagano anche sulla strada e i marciapiedi. La natura qui è davvero
incontrollabile.
20/11 La camminata
La colazione che
oggi Telma ci ha preparato sotto la veranda ci lascia a bocca aperta. Tutto è
preparato con gusto e con cura e abbiamo veramente da mangiare di tutto:
brioches, frutta, pane, burro, marmellate e pane di açai. Oggi i nostri
anfitrioni, che ci hanno praticamente adottati, ci accompagnano in auto a vedere
i dintorni. Saliamo in auto in cima a una collina dalla quale di vede il mare
aperto. Praia Brava, tutta di rocce, offre uno spettacolo impressionante della
forza della natura con le sue onde gigantesche che sbattono sulle rocce e si
scontrano con mille spruzzi. Per Telma è normale che i ragazzi qui vengano a
fare surf, lo fa anche suo figlio. Io sarei morta di paura… Il tour prosegue
con un passaggio da Prainha, un po’ stretta e affolata oggi che è domenica, e
poi, in direzione di Cabo Frio, a Praia do Pontal che è lunghissima e arriva a
Cabo Frio. Prendiamo coraggio e chiediamo a Sergio di lasciarci a metà della
spiaggia per poter proseguire a piedi fino a Cabo Frio e così, armati di
cappello, protezione 50, frutta e parei sulle spalle, ci incamminiamo. E’ una
passeggiata meravigliosa su un bagnasciuga lunghissimo di sabbia candida, fra
onde azzurre solcate da surf. La spiaggia è semideserta, anche se chioschetti e
pousadas sono sparsi un po’ ovunque. Arriviamo a Cabo Frio belli cotti.
Prendiamo un taxi e ci facciamo accompagnare al ponte dove 11 anni fa mangiammo
pesce meraviglioso in un ristorante. Con sommo gaudio di entrambi lo ritrovo. Si
chiama “Restaurante da Ponte” e oggi è frequentatissimo da famiglie di
locali che pranzano fuori con la famiglia. Una cameriera cicciotta affettuosa ci
fa accomodare e in men che non si dica ci ritroviamo davanti un piattino di
gamberi fritti seguito subito dopo da un dourado alla piastra con il solito
accompagnamento di riso bianco, farofa e insalata. La passeggiatina ci ha messo
appetito e in un attimo divoriamo tutto quello che ci si presenta davanti. Dopo
andiamo in Rua do Biquine che si trova proprio vicino e qui passiamo in rassegna
i negozi alla ricerca Mau di magliette e io di costumi da bagno. Mi ubriaco di
colori, modelli, qui c’è una scelta praticamente infinita, e alla fine riesco
a scegliere un paio bikini. Torniamo a Arraial in bus, morti di stanchezza. Si
va a mangiare una pizza al volo perché non abbiamo molta fame, torniamo a casa
dove troviamo Telma e Sergio a tavola. Ci fermiamo a scambiare quattro
chiacchiere con loro e andiamo a sprofondare a letto in un meritato sonno.
21/11 Praia do forno again
Il programma di oggi era di fare un giro in barca, ma c’è molto vento e qualcosa e preferiamo la spiaggia. Sergio ci accompagna in auto alla Praia do Pontal dove siamo stati ieri perché ci piacerebbe fermarci lì, ma dopo che ci ha lasciati, ci rendiamo conto che c’è troppo vento e troppe onde e non sarebbe piacevole. Torniamo in paese con un bus e torniamo a Praia do Forno, che oggi è molto più tranquilla. Ci accomodiamo vicino a un barraquinho che ci mette a disposizione sedie e ombrellone in cambio di una consumazione, come si usa da queste parti, e trascorriamo una piacevole giornata di mare. Nel pomeriggio, dopo un bel pisolo, torniamo al belvedere dove ci godiamo uno dei tramonti più belli che abbiamo mai visto, facciamo un po’ di shopping e poi ci fermiamo a mangiare nei paraggi un pollo al curry poco indiano ma molto buono.
22/11 Passeio di
barco e cena elegante
La gita in barca
che facemmo a Arraial do Cabo 11 anni fa è uno dei più bei ricordi che ho del
Brasile, così non ci lasciamo scappare l’opportunità di ripeterlo. Telma
contatta per noi Marcelo, il suo nocchiero di fiducia, e di buon’ora ci
ritroviamo con un’altra decina di gitanti, tutti brasiliani, sulla barca. Meno
male che non è di quelle grandi. Abbiamo due fotografe molto simpatiche che
subito ci conquistano con il loro sorriso. Si esce dal porto alla volta di Praia
do Farol. Questa meravigliosa spiaggia con un albero di ficus vecchio di più di
500 anni è fortunatamente protetta. Il mare è verde smeraldo, l’acqua
perfetta, la sabbia sembra sale tanto è bianca, e la delimitano scogli di
granito tondeggianti. Dietro, la mata atlantica. Abbiamo solo mezzora per
approfittare di questa meraviglia, e ce la godiamo tutta. Dopo la barca ci
accompagna alla Gruta Azùl ma il mare è grosso fuori dall’entrata della baia
e non possiamo avvicinarci molto. Da qui quando è periodo si avvistano le
balene, ci sono i pinguini portati dalle correnti dell’Antartico e le
tartarughe sono di casa. La spiaggia successiva è anche questa molto bella, ma
non è protetta (e si vede). Ne approfittiamo per mangiare la frutta e un
salgadinho di corsa prima che la barca riparta alla volta di Praia do Forno, che
già conosciamo bene. Così chiediamo di scendere a terra e rientriamo in paese
percorrendo il sentiero. Preleviamo al bancomat, compriamo una bottiglia di vino
per stasera e torniamo a casa per un pisolino, perché stasera vogliamo essere
in forma. Telma ci ha invitati a cena e sta cucinando da stamattina. Al
risveglio, con calma ci sistemiamo e alle 8:30 Telma ci chiama per metterci a
tavola. La troviamo affranta perché il piatto che ci ha preparato non è venuto
bene, ma la zucca con gamberi e crema alla curcuma era delizioso, era solo la
presentazione che non era come da manuale. Vedendoci così di appetito tanto da
ripetere più volte, si rincuora e la serata si conclude in allegria.
23/11 si torna a Rio
Dopo un addio strappalacrime ci separiamo da Telma e Sergio di buon mattino per partire per Rio. Alla rodoviaria ci capita una coincidenza incredibile: reincontriamo Evelyn, l’amica svizzera che abbiamo conosciuto a Bonito durante un’escursione. Viaggia da sola e cerca un alloggio. In men che non si dica, contatto Telma che dice di farla andare da lei che provvederà. Manco a dirlo, si sono incontrate e, dopo una robusta colazione, non si sono lasciate più. Cose che possono accadere ovunque, ma in Brasile di più. Arriviamo a Rio dove c’è ad aspettarci l’autista Verena, amica di Telma, che ci accompagna alla nostra nuova casa. Siamo a Vidigal, proprio sotto la favela e di fronte allo Sheraton. Che contrasto tipicamente carioca! L’appartamento è bello, spazioso, con una vista spettacolare e la spiaggia proprio sotto la strada. Manca qualche piccola comodità tipo il fornello per farci il caffè, ma Ludmila, la nostra ospite, ci dice che possiamo tranquillamente usare i fornelli di casa sua, al piano di sopra. Il tempo non è bello, così ne approfittiamo per riposarci e la sera usciamo per una passeggiata a Copacabana, animatissima e piena di gente. Le bancarelle sono irresistibili, i prezzi buoni e ne approfittiamo per fare shopping. Una cena “ao kilo” e poi dritti a nanna.
24/11 Jardim Botanico
Ci muoviamo di
buon’ora per visitare il Jardim Botanico quando ancora non c’è tanta gente.
Il parco è ben attrezzato, ben tenuto e rimaniamo a bocca aperta nel visitare
le zone a tema passeggiando per i sentieri immersi nella vegetazione tropicale,
fra canti di uccelli e scimmiette. E’ meno spettacolare di quello che abbiamo
visitato a Singapore, ma più spontaneo. Sembra tutto un’unica meravigliosa
giungla. Usciamo dopo due ore con gli occhi e i telefonini pieni di immagini di
orchidee, ninfee, bromelie, cactus, palme e chi più ne ha più ne metta. Ci
dirigiamo verso il centro a Catete ove, in una libreria antiquaria di questo
interessante e animatissimo quartiere, trovo una vecchia copia di “Dona Flor e
i suoi due mariti” in lingua originale. Finalmente! Poco dopo riusciamo a
rintracciare la scuola di ballo di Jimmy de Oliveira, mostro sacro del ballo in
coppia di Rio. Stasera si balla a Laranjeiras. Ci facciamo un pensierino.
Mangiamo benissimo “ao kilo” e torniamo a casa. Anzi, Maurizio torna a casa,
mentre io me ne vado a Copacabana a fare shopping con la bici del bike sharing e
mi diverto come una matta. La pista intorno alla Lagoa Rodrigo das Freitas e
quelle lungo le spiagge sono meravigliose. Il tempo migliora e mi godo la vita
di spiaggia dei carioca. Dopo le mie spese torno a casa, dove trovo Maurizio
ancora in coma causa raffreddore. Speriamo che si rimetta. Siamo stanchi e
rinunciamo alla serata di danze e, dal momento che l’Italia comincia a
mancarci un po’, ceniamo alla pizzeria “Capricciosa” a Copacabana, dove la
margherita con mozzarella di bufala è veramente buona, quasi come a casa
nostra.
25/11 Ipanema e
contrattempi carioca
La giornata è bella, c’è il sole e, tutti contenti, recuperiamo un paio di bici e le lasciamo a Ipanema per concederci una mattina di spiaggia. Tutto fila liscio fra bagni fra le onde verdi e trasparenti e le note di samba finchè Maurizio non si accorge che i suoi bermuda col telefonino e il portafogli dentro sono spariti. Comincia tutto l’iter di blocco di carte di credito e denuncia alla polizia. Con la funzione dell’Iphone per rintracciare il telefono, lo inseguiamo con un Uber fino a Copacabana con un traffico da delirio, dove individuiamo il probabile ricettatore, che riesce a farlo sparire sotto gli occhi nostri e dei poliziotti che abbiamo coinvolto. Niente da fare. Peccato, il telefono, inservibile dopo che è stato bloccato, sarà probabilmente venduto per pezzi di ricambio. A Maurizio rimane l’amaro in bocca e le beghe e le spese per rifare documenti e carte varie. Digeriamo di buon grado e ce ne facciamo una ragione. A Ipanema bisogna controllare a vista tutti gli oggetti personali. Questi furti con destrezza a danno dei turisti sono frequentissimi. Saremmo dovuti stare più attenti.
26/11
Si conclude la nostra terza meravigliosa avventura brasiliana. Mogi ma felici, ci avviamo con Verena, che ci fa un prezzo veramente da amica, all’aeroporto e salutiamo il nostro adorato Brasile. Chissà per quanto riusciremo a resistere alla tentazione di tornarci!
Maurizio e Anna
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