CEARA’,
BRASIL
Racconto di viaggio AGOSTO 2005
Se pensate al brasile dei balli sfrenati e delle notti brave, delle belle ragazze more dalle forme sinuose, delle città con grattacieli altissimi e favelas poverissime……..questo non è il Brasile che cercate. Il Cearà è una distesa di 400 km di spiagge e natura incontaminata, di paesini di pescatori ed è uno degli stati più poveri del Brasile, ma forse anche uno dei più felici, se si esclude Fortaleza, città dove imperano, grazie soprattutto a noi italiani, droga, sfruttamento minorile e miseria.
Il Cearà si trova a Nord del paese, confina ad est con lo stato di Amazonas, dove si trova la foresta amazzonica, e a sud – ovest, con il Pernambuco, stato dal quale poi la costa prende l’orientamento ad ovest e scende fino a Rio e san Paolo.
CANOA
QUEBRADA
E’ a circa 160 km a sud di Fortaleza, qui si respira un’aria neo-hippy e le falesie di terra rossa dietro il bagnasciuga, sono davvero…..oniriche. Attraverso la spiaggia col buggy ( auto da sabbia) si arriva a Morro Branco e a Punta Grossa, spiagge famosissime per la loro bellezza selvaggia e particolare, ma troppo turistiche per noi, che andavamo a fare kite alle foci del Rio Jaguaribe, dove le jangadas (barche a vela triangolare dei pescatori), ti attraversano la strada e gli squaletti ti nuotano sotto….meno male che l’acqua è un po’ torbida e non li vedi!
Lungo il tragitto sulla spiaggia col buggy attraversiamo un palmeto e ci riforniamo di cibo e acqua, ovvero noci di cocco, perché al Rio non c’era neppure un baretto!!
Canoa è famosa per le aragoste, sono squisite anche se un po’ piccole perché quelle grandi le esportano, però costano talmente poco…..10$ il piatto con 3-4 crostacei più contorno.
Ad agosto ci sono molti italiani, ma anche tanti locals di Fortaleza che fuggono dal caos. Le posadas sono tutte belle e a buon mercato, circa 10$ con colazione infinita: dolci, frutta tropicale, pane, marmellata, frittate, uova, succhi…..
La gente è simpatica e cordiale, ci sono un sacco di negozietti carini e bancarelle di bijoux etnici, ma non perdetevi il jaggy’s bar, il baretto ambulante trainato da un asino che fa cocktails e succhi naturali sul momento, la pina colada viene servita nello stesso ananas scavato da cui il barman (?) prende la polpa. A proposito di animali, dato che ne girano liberamente per le strade e le spiagge di tutti i tipi, attenzione a non camminare troppo scalzi per il paese perché potrete prendere il “ biscia du pe” (verme del piede) , ossia la scabbia.
JULIANA E JULIANO
Juliana e Juliano meritano un capitolo a parte del nostro viaggio, sono due fratellini di 4 e 5 anni che abbiamo conosciuto a Canoa Quebrada. Rappresentano tutti i bambini del Brasile, e come tutti i bambini del mondo, non importa se ricchi o poveri, dovrebbero avere prima di tutto l’affetto e la cura dei genitori. Juliano è stato operato di un tumore sotto ad un ascella a tre anni e da questo trauma ha perso la capacità di parlare, forse un’anestesia sbagliata, forse neanche quella, chissà….Juliana, la sorella, invece parla in continuazione e traduce quello che vorrebbe dire il fratello.
Arrivavano in spiaggia alle dieci e vi restavano fino a sera, completamente in balia di loro stessi, la mamma, una ragazza giovane, aveva un altro bambino di circa un anno, che portava sempre in braccio e gli amici dei miei figli mi dicevano che la sera era spesso ubriaca e urlava per le strade; il padre lo si vedeva qualche volta bighellonare per la spiaggia e si fermava appena per salutarli.
I due bambini si erano affezionati a noi che giocavamo con loro: Juliana mi reclutava a fare la mamma sotto le vele dei kite come casetta e raccoglieva ogni sorta di rifiuto sulla spiaggia per il nostro gioco; Juliano prendeva le onde con una cassa di polistirolo per il pesce che i ragazzi gli avevano trasformato in un body board.
All’ora di pranzo abbiamo scoperto che nessuno gli dava da mangiare e così li facevamo venire con noi al bar della spiaggia dove anche i camerieri, inteneriti, portavano frutta e porzioni in più in regalo.
Juliana quando mi vedeva alla mattina mi correva incontro a braccia aperte e mi stava sempre vicina e spesso abbracciata a prendersi tutte le coccole che gli mancavano, Juliano, più timido, non osava avvicinarsi troppo, ma sorrideva spesso ed era molto allegro.
Sono bambini pieni di vita e felici con quello che il mare gli regala come gioco e non chiedono di più, forse potrebbero essere così anche i bambini abbandonati di Fortaleza, di San Paolo e Bahia, ma la città li inghiotte nella sua violenza e li trasforma in piccoli teppisti che, nella migliore delle ipotesi, rapinano le persone per strada.
PARARACURU’
E’ conosciuto quasi solo dai windsurfisti e dai kitisti, si trova a circa 180km a nord di Fortaleza, ed è un paese abbastanza brutto e grande, 30.000 abitanti, ma alle spiagge si arriva da una strada asfaltata in mezzo alle dune tutta saliscendi e che a tratti si copre di sabbia per il vento o viene invasa da asini e cavalli che vi passeggiano in mezzo indifferenti.
Le spiagge qui sono bellissime e di tutti i tipi, con palmeti e verde o deserte e bianche come quella dove facevamo kite, ma in acqua c’è troppa gente e nelle onde del reef in tanti è un po’ pericoloso….. Per la cena non perdetevi il “buena vista social club” da cui si godono un tramonto bellissimo e musica brasiliana di alto livello: molto chic, ma a buon mercato come tutto lì, Paracurù è meno caro di Canoa perché meno turistico. Non dimenticate di comprarvi qualche paio di Havaianas, le mitiche infradito, le fanno qui nel Cearà e costano dai 2 ai 4 € , certo si trovano anche in Italia, ma qui scoprirete quelle con gli animali della foresta amazzonica o con i disegni di un famoso fumettista brasiliano!
GUAJIRU’ E FLEIXERAS
A circa 70 km da Paracurù si arriva in una zona piena di palmeti e bananeti, ricca di vegetazione e completamente deserta, lungo la costa qualche paesino e neppure l’ombra di un turista, alloggiamo a Guajirù in una posada paradisiaca sulla spiaggia, andiamo a fare kite in una secca al largo dove siamo solo noi con le barche dei pescatori e le palme come piacevole sfondo sulla spiaggia. Tutti noi vediamo in acqua delle grosse ombre scure, che un po’ mi intimoriscono un po’ e chiediamo spiegazioni al padrone della posada che ci dice che sono branchi di tartarughe di mare; io e un altro ragazzo vediamo passare in acqua anche un strana biscia verde fosforescente che poi si scopre essere una murena dai colori brasiliani! Alla sera andiamo a fare un giro a Fleixeras col buggy dove, dai bar ricavati dalle verande delle case, ci guardano tutti come se fossimo alieni!!
Guajirù
Fleixeras
PREA’
Dopo Guajirù si procede ancora a Nord per circa 200 km e si arriva a Preà, la terza tappa del nostro viaggio, qui siamo alloggiati in un residence italiano, ma le abitazioni questa volta sono davvero speciali: sono fatte di legno, bambù e paglia, come le vecchie case dei pescatori. Il tetto è sollevato rispetto alle pareti e questo crea una circolazione dell’aria in alto che rende del tutto inutile l’aria condizionata. Unico inconveniente per chi ha un po’ paura degli animali, sono le piccole rane e i kalangos, grossi gechi brasiliani, che spesso entrano nella capanna.
Comunque se si ha un po’ di spirito selvaggio, ma neanche troppo perché le comodità ci sono tutte: luce elettrica, wc, lavandino, doccia, si potrà sperimentare come si dorme bene in una casa bio-architettonica!!! Neanche la luce del mattino che entra da tutte le parti, potrà disturbarvi!
Preà poi è un tranquillo paese di pescatori dove si arriva attraversando la campagna su una strada sterrata di 20 km, ha due negozietti e alcune lojas sulla spiaggia che vendono amache e vestiti fatti all’uncinetto o al telaio che sono ricchi di fantasie e colori. Se volete cenare nell’unico ottimo ristorante dei pescatori del paese, presentatevi lì per le sei o le sette al massimo perché più tardi lo troverete chiuso.
Qui il vento è troppo forte per il kite, al pomeriggio raggiunge e supera i 30 nodi, allora alla sera, quando il sole tramonta, si parte tutti in gruppo per il down-wind, seguendo il vento, e si arriva in kite a Jericoacoara, circa 10 km più a Nord, quando ormai è notte e il buggy viene a recuperarci, se ci trova, se no si aspetta un’ auto di passaggio sulla pista e si fa l’autostop.
JERICOACOARA
Jericoacoara significa “la roccia dove i coccodrilli prendono il sole”, nell’ antica lingua degli indios, ma qui di coccodrilli neppure l’ombra, forse al Rio più a Nord, dove andiamo ogni tanto a fare kite, ma noi non ne abbiamo visti.
E’ un paese davvero singolare perché si raggiunge solo dalle piste sulla spiaggia coi buggy o con le jeep, persino il pullman di linea che viene da Fortaleza passa sul bagnasciuga e ogni tanto lo si vede insabbiato con i passeggeri che scendono a spingere. Anche le strade del paese sono fatte di sabbia e tutti vanno in giro scalzi, ma attenzione al “bisciu du pe” che qui mi hanno detto è facile prendere.
Purtroppo ci sono troppi turisti, troppi italiani e troppa droga di tutti i tipi, forse perché questa sua posizione isolata dalle strade ne fa una specie di porto franco…..è stupendo comunque il tramonto sulla grossa duna del paese anche se è rovinato da una puzza di fogna terribile, quella di un paese che nel giro di pochi anni ha decuplicato la popolazione e non si è preoccupato delle acque nere!!! Questo indica che anche fare il bagno non è molto salutare qui in paese.
A Jeri, come lo chiamano i locals, abbiamo assaggiato un frullato energetico e buonissimo fatto con la noce di guaranà della foresta Amazzonica, banane e cereali; l’unico inconveniente è l’aspetto nero come la pece che tinge i denti e la bocca. E naturalmente caipirinha a fiumi che vendono dalle bancarelle in varie versioni all frutta, con maracujà, mango, ecc, e che shakerano usando un barattolo di vetro da marmellata.
CUMBUCO
Si trova a soli 20 km da Fortaleza ed è una delle località più turistiche e più conosciute del Cearà, purtroppo risente della vicina città e la malavita è molto diffusa qui, inoltre, siccome si trova vicino al grosso centro abitato, anche il mare non è molto pulito, noi ci siamo fermati solo un giorno per fare kite, ma anche qui troppa gente in acqua.
Abbiamo però finalmente assaggiato il cajù, frutto tipico che assomiglia ad un peperone, però è profumatissimo e dolce; è singolare perché non si mangia, ma si succhia facendogli un foro, la polpa, infatti, è una specie di gommapiuma imbevuta di liquido dissetante. In Brasile è molto diffuso perché il grosso picciolo arcuato del cajù viene tostato ed è l’anacardo. Ginevra ha provato ad assaggiarlo mordendolo, ma si è ustionata la bocca; in seguito abbiamo scoperto che attorno al seme c’è una buccia con un acido che gli indigeni usano per fare i tatuaggi perché ustiona la pelle.
FORTALEZA
Alla fine con un po’ di malinconia si arriva all’aeroporto per la partenza. Qui troviamo tante ragazze del posto che salutano ragazzi italiani e vedono finire il loro sogno di ristoranti, locali e vestiti, ma forse per qualcuna di loro che sarà esportata in Italia, il sogno continuerà, Sul nostro aereo siamo in una decina di donne, di cui quattro del nostro gruppo, su circa 280 passeggeri; questo la dice lunga sul tipo di vacanze che gli italiani vanno a fare in Brasile e mi lascia un ricordo di questo paese che ha un po’ di amaro in bocca…..
Marina arch.ma.grasso@alice.it