Barcellona
España
Diario di viaggio
E' il 13 di Agosto, 15 ore di macchina, siamo partiti alle 24,00 da Roma. Lasciamo alle 15,00 due valigie a Cap D’Agde e proseguiamo per la Spagna e per Barcellona. Accendiamo la radio in territorio spagnolo, lungo la costa Brava, la prima cosa che sentiamo è un segnale orario….. “son los cinco de la tarda”. Che cosa desiderare di più, è come essere accolti da Garcia Lorca.
L’albergo prenotato da Francesco è a 20 Km da Barcellona a Terrassa una cittadina industriale. L’albergo è all’inizio della superstrada che porta a Barcellona, grandissimo e futuristico è tutto in vetro. Le stanze sono all’interno di una balconata di cinque piani piena di rampicanti, dove sale e scende un ascensore di vetro trasperente. La camera è grande spaziosa, così il bagno, il prezzo è basso e possiamo tenere con noi Gilli. L’albergo si chiama Don Candido. Sistemati i bagagli, lasciamo la bambina pelosa in albergo e andiamo a cenare a Barcellona. L’ingresso della città è sbalorditivo con grattacieli enormi, modernissima, la prima cosa che mi colpisce è l’enorme statua di Cristoforo Colombo alla fine di uno stradone, sopra una colonna, tende il braccio e indica con il dito la direzione, dove si trova l’America, il “Mirador” ci accoglie.
Per strada tanta gente, da un lato c’è una passeggiata lungo il mare con grattacieli modernissimi e strane strutture, dall’altra parte il quartiere antico, il Barrio Gotico, la Barcellona Medioevale.
Ed è lì che siamo diretti al locale che più mi ha incuriosito durante la mia preparazione del viaggio: La Pulperia. Ho visto un video su youtube, ho letto le recensioni, questa è la tipica taverna spagnola.
Con un colpo di fortuna incredibile troviamo parcheggio in pieno Barrio Gotico, vicino alla nostra meta. Ci avventuriamo nel dedalo di stradine, piccole tortuose e caldissime, è un susseguirsi di locali, l’odore è forte, si mischiano afrori e profumi più disparati. Abbiamo il nome della via “ della Mercede”. Non è facile da trovare e chiediamo a un signore, è incredibile com’è facile farsi capire e comprendere. Con tutti i viaggi fatti e le difficoltè incontrate con le lingue più disparate, dal gaelico, al danese, ungherese, tedesco, inglese, francese, fiammingo, arabo… Qui ci va di lusso. Ci accorgiamo che la via è a pochi passi, e il nostro locale è proprio di fronte a noi. L’insegna esterna ricorda i locali degli anni 60 ed anche l’ingresso sembra un tuffo in un trentennio fa. Un enorme bancone in formica con attorno sgabelloni di ferro. La gente saluta i camerieri, si siede, ordina e mangia scegliendo le pietanze attraverso il vetro a vista, i camerieri gridano per chiamare le pietanze dalla cucina, si lanciano bicchieri da un lato all’altro del bancone e poca importa se cadono e si rompono, loro ridono lo stesso. Mentre cerchiamo di capire cosa fare vediamo uscire dalla cucina in direzione del bancone un polipo lessato di dimensioni fuori dal normale, è una piovra con tentacoli grandissimi, la bestiola è sicuramente oceanica, è la peculiarità del posto da cui prende il nome. Anche i clienti schiamazzano, è un ambiente pazzesco. Noi ci dirigiamo verso l’intorno del locale non siamo ancora pronti alla prova bancone lì bisogna avere le idee chiare e sapere cosa scegliere, ci rifuggiamo tra gli stranieri nella parte dedicata al ristorante. In questa saletta ci sono pochi tavoli di legno e si sta pressati all’inverosimile, tendiamo l’orecchio e la vista per capire cosa scegliere. Guardo il tavolo acconto, ci sono dei pesciolini fritti con delle patate, dei calamari e l’incredibile “ Pulpo”. Partiamo da questo. Arriva il camerire con la lista e senza difficoltà troviamo queste pietanze, ordiniamo i calamari fritti, i pesciolini, due patate Bravas, il pulpo alla Galiziana, e due Tortillas di patate (Frittatone alto e gonfio di patate.) Sul vino chiediamo il bianco della casa, anche se sulle informazioni che avevo visto in giro su internet, il rosso era consigliato. Fa caldo, il tinto non è indicato, e, infatti, arriva un bianco freschissimo secco con note fruttate, buonissimo. Ne facciamo fuori due bottiglie, arrivano le pietanze sono eccezionali, il polipo poi è un tripudio di sensi. Divoriamo tutto e non contenti chiediamo il bis delle tortillas, il cameriere sorride divertito, qui sembra che spizzicano, noi invece abbiamo una fame Lupigna come direbbe il Montalbano di Camilleri. Dio come mi piace questo posto, mi sento orgogliosa di aver trovato questo posto senza i consigli delle guide, ho stupito Francesco portandolo in un posto che fa parte della sua idea di Spagna. Dopo aver spazzolato tutto con le note fruttate del vino che ricordano altri vini italiani, usciamo dal locale. E’ mezzanotte, ma qui la gente non se ne accorge. La valigia interiore che porto sempre con me, è per il momento sfanculata e mi sento libera. Come si sentono liberi due ragazzi, una coppia giovanissima che appoggiata all’angolo della Pulperia, indifferente della gente che passa, si bacia avvinghiata, lui le accarezza il sedere e le solleva la maglietta per toccare i seni, la ragazza è completamente persa nella passione. Si strofinano, si strusciano, ansimano. Noi di fronte dall’altro lato della strada coperti da un cartellone, guardiamo stupiti la scena. Penso, se non si sbrigano a trovare un posto fanno l’amore qui. Francesco è entusiasta dalla scena, adora la libertà di questi ragazzi che incuranti del mondo stanno vivendo la loro passione. Ci allontaniamo ma qui è un continuo di gente che si diverte, Barcellona ha uno spirito di gioia e spensieratezza, incredibile, sembra che il dolore non la sfiori. Sciamiamo per i vicoli, passeggiamo senza meta, è l’una e mezzo e siamo ancora in giro in mezzo alla gente in perenne movida. Ritorniamo infine alla macchina.
L’aria è calda profuma di mare e di frutti esotici, la luna illumina il cielo, abbassiamo i finestrini, mettiamo la musica a palla qui si può essere un po’ tamarri, torniamo in albergo.
Nella
rete della luna,
ragno del cielo,
s'impigliano le stelle
svolazzanti.
E’ sabato questa giornata la chiamo del Micino, non vi dirò perché è una cosa mia, non è detto che devo proprio dire tutto, è un diario non un interrogatorio…….. Nel mio programma, la giornata è dedicata allo shopping con buona pace di Francesco. Questa volta voglio anticiparmi e non arrivare all’ultimo giorno per sentirmi dire che abbiamo speso troppo. Nella mia moleskine ho scritto l’itinerario, prima di tutto il centro commerciale DIAGONAL MAR nella zona nuova di Barcellona, lì ho scoperto che c’è un punto vendita di Primark. Questa è’ una catena inglese presente nel Regno Unito e Irlanda del nord, (nell’Irlanda del sud per non avere lo stesso nome usato dagli odiati “invasori”, si chiama Pennys), c’è anche in Germania, Olanda e Spagna. Il magazzino è un tripudio di prezzi scontatissimi, su abbigliamento donna, uomo e bambino, ma ha anche scarpe, (da non comprare), borse, biancheria intima e per la casa (molto conveniente). Io quando posso e so che è vicino non mi faccio mancare una visitina a questo magazzino, riesco ogni volta trovare regali per tutti. La qualità è migliore di H&M. Come dicevo la mia giornata inizia con Primark, poi il giro alle Ramblas, la casa delle espadrillas e poi lascio al caso. La giornata è caldissima, Gilli è con noi. Con il navigatore troviamo senza problemi il magazzino posto su i primi tre piani di un grattacielo enorme. Il problema è il parcheggio, c’è tanta confusione, a Barcellona sono sbarcati i ragazzi della giornata mondiale della gioventù che quest’anno si terrà a Madrid. Le vie circostanti, il centro commerciale Diagonal Mar sono invase di ragazzi con bandiere dei loro paesi, con zaini sulle spalle e strani cappelli per il sole. Questi ragazzi festanti mi fanno tenerezza, cantano a squarciagola canzoni incomprensibili, sono stanchi accaldati ma eccitatissimi. Nel 2000 mi è capitato di fare assistenza con la Protezione Civile alla giornata mondiale della gioventù a Roma, il ricordo è terribile, questi poveri ragazzi erano ospitati per la maggior parte nelle discoteche del Pala Cavicchi diventate per l’occasione enormi camerate con letti a castello, con un caldo soffocante, con poche docce senza acqua calda, bagni chimici discutibili, mensa che ha mietuto numerose vittime (niente paura nessuna perdita ma un nutrito numero di gastroenteriti). Spero che qui l’organizzazione sia diversa, anche se a occhio e croce mi sembra di cogliere in questi ragazzi lo stesso sguardo allucinato e lo stesso colorito di quelli del 2000. E’ anche vero che molti di questi sono degli autentici esaltati, pronti a fare le cose più incredibili, mi ricordo che a Roma c’era una tizia che razzolava ogni giorno davanti ai secchioni della spazzatura. Dopo averla soccorsa nell’ospedale da campo per un febbrone altissimo, scoprimmo che la tipa si cibava degli scarti ……. Faceva penitenza! Di storie come queste ne avrei diverse, inoltre nei gruppi s’infilano un po’ tutti, nel senso che il ragazzo della parrocchia si porta dietro fratelli, sorelle, madri vestite da ragazzine, cugini, amici che forse non hanno mai messo piede in una chiesa. Francresco è sbalordito da questa ressa di gente che canta, sventola bandiere, prega, si confessa. Francesco in un attimo conia una nuova parola che andrà ad arricchire il suo vocabolario privato fatto da parole nuove e sconosciute. Guardando i ragazzi con aria funesta esordisce “ ma do vanno tutti sti CRISTIAMITI”. Il termine è chiaramente dispregiativo, ma effettivamente questi sembrano ancora più deliranti ed esaltati di quelli che avevo conoscuito nel 2000. Trovare posto per la macchina è impossibile le strade sono invase e tutti i posti sono stati requisiti da enormi pulman. Francesco decide di rimanere vicino alla macchina parcheggiata su un passo carrabile, mi accompagna giusto per fare colazione, in albergo costa una fortuna. Entriamo in un piccolo bar, dove si sono rifugiati increduli e sgomenti i pochi spagnoli in piedi alle dieci di sabato. Qui mi succede quella che io chiamo ricordo del passato, mi spiego senza sapere come e perché chiedo in perfetto spagnolo, latte con poco zucchero, macchiato con un po’ di caffè, con un cornetto senza marmellata. Io non conosco neanche uno di questi termini a parte caffè, ma senza sapere da dove attinge la mia memoria, ordino inserendo nella frase aggettivi, pronomi, verbi…, e non contenta mi metto a discutere con la cameriera chiedendo se posso portare la colazione fuori. Francesco è troppo preso dal furore contro questa invasione e teme scenari apocalittici per la nostra vacanza per accorgersi di questa mia performance. Il problema che questi sprazzi si esauriscono nel momento in cui mi rendo conto di quello che sta succedendo, ed, infatti, una volta al tavolino finisce tutto. Siamo al bar, davanti a noi colonne di ragazzi con a capo preti o suore sciamano in ogni direzione, io mi faccio coraggio, mollo Francesco e Gilli, e dopo aver stabilito il posto e l’ora in cui rivederci, vado da sola al Diagonal Mar. Attraverso la strada ed entro, un attimo dopo dalla stessa porta scorrevole entra una colonna di cristiamitii italiani vocianti con tanto di bandiere, e prete a capo che si sbraccia come un vigile. Sono proprio fuori di testa, ci manca solo che vengano a pregare davanti a Primark, aumento il passo e vado un po’ a vuoto, questo mi permette di allontanarmi dalla colonna e di trovare un negozio di scarpe dove rifugiarmi. Il negozio è incredibile si chiama MARYPAZ, ha sandalini, infradito, scarpette fantastiche per il mare costano dai tre ai 10 euro, coloratissime, con lacci, fiocchi, conchigline, sono allegrissime. Mi accorgo solo ora che anche qui ci sono i saldi è che qui sono quelli veri, mettono in saldo i capi di quest’anno non le ciofeche, fondi di magazzino orrendi come fa, una nostra nota catena i vestiti, veneta. Io compro tre paia da 3 euro, sono sandali da spiaggia bellissima, con la loro borsettina coordinata. Scopro che è una catena presente in tutta la Spagna ed anche a Parigi, chi volesse farsi un’idea può andare a vedere il sito, è possibile anche acquistare on line. Esco contenta, e noto che le orde si sono dissolte, ora posso cercare Primark. E’ al piano di sotto, è anche qui scopro che ci sono i saldi. Anche qui i prezzi partono da 3 euro, chissà forse è tipico di Barcellona partire da questa cifra. Faccio incetta di vestiti, gonne, pantaloncini…. Prendo così tanta roba che non mi rendo conto che ho solo 38 euro, ho l’Amix, ma sono quasi sicura che qui non la prendano. Sono quasi tentata di tornare indietro, ma ormai sono in fila. Arrivo alla cassa con apprensione, vedo sul display i prezzi che si susseguono, ma nulla supera i 5 euro e ci sono almeno quattro capi da 3 euro. Sono entusiasta, Primark si è superato, riesco a spendere 36 euro e mi rimane anche qualcosa……Incredibile. Carica di pacchi e impossibilitata a continuare il mio shopping a Diagonal de Mar, per mancanza di contanti e di mani per portare le buste, esco felice. I ragazzi sono ancora lì, ritorno verso il bar, dove mi dovrebbe aspettare Francesco, che non vedo. Sono puntuale o ho speso pochissimo e sono contenta. Passa un quarto d’ora, Francesco non c’è, faccio squillare il telefono e mi accorgo che è dietro una colonna, mi vede e mi viene incontro con lo sguardo stralunato che tanto mi piace, mi racconta dei Cristimiti, di come gli sono sembrati folli e poco educati, mi racconta che una colonna di questi esaltati gli è praticamente montata addosso senza chiedere scusa, tutti in fila, tutti che cantavano, senza cedere il passo o fermarsi. Riprendiamo la macchina e scappiamo. E’ mezzogiorno e mezzo e decidiamo di andare a pranzo, ho qualche indirizzo, la pulperia è aperta solo la sera, ho segnalazioni che ho preso da altri viaggiatori. Mi dirigo verso il MERCATO BARRIQUIA, all’interno di una delle Ramblas. Qui è praticamente impossibile trovare parcheggio, giriamo per una buona mezz’ora, ma dobbiamo arrenderci e tornare indietro in una grande piazza dove c’è un parcheggio sotterraneo. I prezzi sono esorbitanti, ma non c’è niente da fare. Risaliamo in superfice e ci accorgiamo che dobbiamo fare un bel pezzo di Ramblas per arrivare al mercato. Fa un caldo soffocante, passeggiare per le Ramblas è comunque un must irrinunciabile. Non compriamo nulla o quasi, solo i nostri magneti per il frigorifero di casa, i testimoni dei nostri viaggi. Il posto è veramente acchiappa turisti. E, infatti, acchiappa i Cristiamiti che camminano in lungo ed in largo. Lungo il passeggio ci sono straordinarie statue viventi, altro che i soliti faraoni polverosi e improvvisati delle nostre parti. Queste sono opere d’arte. Una mi colpisce è una specie di mostro, tra una lucertola e un pipistrello, è immobile, le gambe, cioè le zampe sono attorcigliate, le braccia finiscono con artigli lunghissimi. E’ sopra un piccolo piedistallo, alla base vedo un cartellino, c’è la foto di una ragazza con il nome e il numero di autorizzazione per sostare in questo posto. Incredibile è una donna ed è bravissima. Tutti si fanno le foto, si avvicina anche un gruppo di ragazzi, sono italiani, uno di loro si va a sedere sul piedistallo e fa lo sbruffone, un attimo e la statua si muove di scatto, le braccia squamose con gli artigli stringono la gola del ragazzo. Questo fa un salto e lancia il più forte “Porca…. Ma….” che abbia mai sentito. E’ meno male che sono in ritiro in attesa d’incontrare il Papa. Mi giro cercando il prete di questo debosciato, ma si è defilato. Questo tizio di parrocchia ne deve aver visto assai poco, deve essere un infiltrato. Il gruppo attorno a lui ride fragorasamente assolutamente indifferente al bestemmione che ancora echeggia nelle Ramblas. Francesco sempre più convinto sentenzia “ Cristiamiti te lo dovevi aspettare”! Io non bestemmio, detesto chi lo fa, non mi scandalizzano le “parolacce” le trovo anzi liberatorie, ma la bestemmia è odiosa, poi sentirla proferire da un ragazzo che dice di essere un testimone della fede, nuova colonna del cattolicesimo, è ancora più odioso ed ipocrita. Proseguiamo ancora un po’, incomincio a disperare di trovare il mercato, invece Francesco è bravo si è orientato bene, attraversiamo la strada ed in fondo ad una corta stradina troviamo il mercato. La Boqueria è il vero esempio di mercato popolare catalano, è il più grande di Spagna e si trova al numero 91 a metà delle Ramblas che dal porto va verso Piazza Catalunya (dove abbiamo il parcheggio). E’ bellissimo, il primo bancone è sbalorditivo un tripudio di frutta coloratissima, alcuni frutti sono sconosciuti hanno forme e colori incredibili, non riesco a capire da dove possono arrivare. La tizia del banco è affaccendatissima, taglia affetta la frutta, facendo delle incredibili macedonie che vende dentro dei bicchieroni di plastica. Dall’altra parte un analogo bancone ha invece enormi spiedini di frutta, accanto una bancarella di frutta secca, anche qui c’è qualsiasi cosa ed anche di più, sembra di essere al Jema El Fna di Marrakech. Vorrei fermarmi e comprare qualcosa, assaggiare quei frutti strani di cui non conosco neanche il nome, ma Francesco mi strattona, abbiamo fatto tardi è l’una e mezza e rischiamo di non trovare posto. Usciamo ai lati del mercato e vediamo che sulla stradina esterna che lo circonda, ci sono tutti ristorantini. Siamo indecisi, c’è la fila un po’ ovunque. Giriamo ed alla fine ci fermiamo davanti ad uno di questi, si chiama PETIT, infatti, è piccolissimo, internamente è una stanzetta, dove un tizio frigge e arrostisce pesce, fuori ci sono 10 tavolini. Riusciamo ad averne uno, siamo affamati, ma qui i prezzi sono cari, io prendo gamberoni grigliati sono ottimi ma solo questo piatto costa € 16,00, Mangiamo poco, ma è tutto buono. Di fronte a noi un altro ristorante ha altri tavolini ad uno di questi hanno ordinato una montagna di pesce, cozze, gamberoni, telline, cannolicchi, vongole, calamari, ricciole e tanto altro, scopro che il piatto costa 50 euro. Tutto sommato ne vale la pena, per 8 gamberoni, 7 cannolicchi che ha preso Francesco due insalate e due birre abbiamo speso 45 euro. Usciamo per niente sazi e con la sensazione che questa volta abbiamo scelto male. Dimenticavo finito l’”abbondante” pasto….. la cameriera ci ha portato una vaschetta d’acqua con petali di rosa per lavare e profumare le mani.
Riprendiamo la via delle Ramblas, sono le 15 tutto è infuocato, anche l’asfalto è morbido. Gilli arranca con difficoltà, ci fermiamo ad una fontana e le facciamo una doccetta veloce, siamo esausti non immaginavo che le Ramblas fossero così lunghe. E’ un agosto caldissimo, qui non si respira i colori sono sparati, mi sembra di vivere la poesia di Lorca…
Agosto,
controluce a tramonti
di pesca e zucchero
e il sole dentro la sera
come il nocciolo nel frutto.
La pannocchia serba intatta
la sua risata gialla e dura.
Agosto.
I bambini mangiano
pane nero e luna piena.
Ci rifuggiamo dentro una piazzetta e scopro di essere a Santa Maria del PI, bellissima chiesa con una piazzetta fresca e deliziosa, siamo al Barrio gotico, qui ci sentiamo bene, i vicoli stretti sono freschi ed anche l’ambiente è molto più carino, senza Cristiamiti, ma con catalani doc e turisti responsabili. Ci fermiamo un po’ la mia ultima tappa dello shopping prevede una capatina alla MANUAL ALPAGANTERA, la casa delle espadrillas. Una visita a questo negozio è come un pellegrinaggio, qui nascano le scarpe che più amo e che porto tutti gli anni d’estate, da quando avevo 14 anni (37 anni di scarpe di stoffa colorata), loro non mi hanno mai tradito, con para o rasoterra, sono fresche ecologiche, allegre e fanno bello qualsiasi piede, non a caso Grace Kelly in "High Society" le indossava sotto un bellissimo pantalone. Sono sciccose ed economiche, e poi quanti ricordi……A Roma non si trovano quasi più, ogni estate vado alla ricerca e quando le trovo ne compro 3,4 paia, non durano più di una stagione, ma sono belle anche per questo.
Con questa passione come non posso andare a vedere la bottega che dagli anni trenta fa espadrillas a mano? Giriamo per i vicoli ma riusciamo a trovarla con facilità, è ancora presto, è chiusa, ma dietro la porta c’è gia una fila di 5 persone che aspetta l’apertura. Francesco è un po’ stufo e rimane con Gilli, questa giornata di shopping l’ha stremato. All’apertura, entro nel negozio con profonda devozione e rispetto. Dentro è tutto in legno scuro, alla parete una scaffalatura piene di espadrillas di tutti i colori. Sulle vetrine basse ci sono quelle con la para ed i lacci, quelle che io adoro, I colori sono incredibili, come non ne ho mai visti, il verde è quello pistacchio, c’è il sabbia, il rosa confetto, il blu indaco, l’azzurro carta da zucchero, il glicine, sono commossa…..Adoro questo posto, peccato che le scarpe non sono proprie economiche. Sono fatte a mano, mentre quelle che compro a Roma vengono da chissà quale parte dell’India, ne sono consapevole, ma qui costano troppo per me. Il negozio è pieno, e una signora alla cassa mi dà il numero per essere servita. Il numero è fatto da una soletta di cartone colorata che ricorda la suola delle espadrillas con un numero sopra. Sono carinissime, peccato non potersele portare via. Compro solo due paia di scarpe in saldo a € 20, quelle dai colori incredibili partono dai 30 euro. Sono invece economiche quelle basse, con 6 euro hai le autentiche espadrillas, ne compro un paio rosso spagna per il mio nipotino Claudio. Vado a pagare alla signora che parla senza fermarsi, non capisco una sola parola, il momento magico di questa mattina è svanito, e poi parla catalano. Io sorrido, e la tipa piuttosto anta continua a parlare a macchinetta, vedo che batte i numeri su una cassa degli anni 60 quella con la manovella, con i numeroni neri. La cassa fa uno scatto un suono ed esce lo scontrino. Io sono interdetta ho la carta di credito l’Amix, la signora senza smettere di parlare prende la carta è da sotto il bancone tira fuori 3 o quattro terminali, striscia la carta e contemporaneamente registra tutto su un piccolo PC. Sono antichi solo per finta, questi sono avanti più di noi. Torniamo in albergo che sono le sei siamo sfiniti, decidiamo di fare un riposino e di ritornare a Barcellona per cenare.
Dormiamo, siamo sfiniti ci accorgiamo che sono le 20,30, saltiamo giù dal letto ed usciamo in tutta fretta.
Io vorrei tornare alla Pulperia ma Francesco tramite il Wi-Fi in albergo ha selezionato un posto nuovo. Arriviamo a Barcellona che sono le 21,30, Chiaramente è piena di gente che cammina chiacchiera, ride, si abbraccia e si bacia, adoro questo posto……. Noi siamo in cerca di un ristorante più intimo, in una zona meno chiassosa. Io sono nera, mi sono innervosita e non sono convinta del posto, ma come al solito Francesco dotato di un sedere non indifferente mi sorprenderà……Siamo in una zona tranquilla, il posto si chiama Don Alfonso. Scocciata scendo dalla macchina incurante del fatto che Francesco sta chiudendo il navigatore con la lentezza bradipa che lo contraddistingue. Ad istinto mi dirigo verso la via, dove dovrebbe essere questo ristorante e nel fare questo, perdo Francesco. Sono arrabiata perché Francesco mi ha rinfacciato la giornata di shopping, e pensare che mi sono contenuta, avrei voluto fare di più. Arrivo al ristorante e mi accorgo che Francesco non è dietro, ritorno alla macchina e non è neanche lì, non c’è niente da fare devo chiamarlo. Così parte una nuova guerra fredda. Entriamo a “CASA ALFONSO” che si trova in un palazzo considerato d’interesse artistico e si trova a Roger de Lluria al n° 6. Nel locale c’è poca gente, il posto a prima vista non mi piace, ma sono arrabbiata e poco attenta. Ci sediamo vicino ad un tavolino c’è una persona anziana che legge il giornale, è vestito di tutto punto con un vistoso fazzoletto nel taschino, ordina un vino tinto e ci squadra. Il locale ci sembra vuoto, sono quasi convinta che arrivare alle 22,00 ci metterà nella condizione di essere gli ultimi clienti, serviti male e in fretta. ….E invece, dopo circa dieci minuti il locale si riempie completamente, incredibile ma quelli in anticipo eravamo noi. Prendiamo la carta e non capiamo niente, proviamo a chiedere, ma i camerieri parlano un catalano stretto. Riusciamo a capire che fanno delle ottime tortillas, ne ordiniamo due con la famosa salsiccia Buttafarra e lo Jamon Iberico (buonissimo), ordiniamo poi i Pymentos, peperoncini rossi grossi ripieni di qualcosa d’indecifrabile ma buonissimo. La persona anziana seduta accanto a noi controlla e squadra ogni mossa di camerieri e clienti, mentre ingurgita in un sol boccone un piatto di Jamon con vino tinto e una bruschetta di pane abbrustolito con pomodorini che qui chiamano Coca……Nome forviante, Francesco aveva quasi sperato che fosse qualcosa di diverso da una bruschetta! Spazzoliamo tutto e ci spariamo un’intera bottiglia di vino rosso straordinario. La mia rabbia è finita chissà dove, Francesco è euforico, il signore accanto ci scruta. Io leggera come una farfallina incomincio a prendere appunti sulla mia moleskine, chiedendo a Francesco aiuto sulle portate che abbiamo divorato. Il cameriere, si avvicina e ci chiede se vogliamo dei dolci……Che domande siamo o non siamo nella patria del mio dolce preferito. Ordiniamo la crema catalana. Il signore accanto interviene, penso che è il solito anziano solo in cerca di qualcuno con cui parlare, anche se devo dire che ha un comportamento troppo famigliare e disinvolto per il posto. Mi osserva e quindi chiama un cameriere che si avvicina con deferenza al signore, i due parlottano. Il cameriere si rivolge a noi e dice che il Don Alfonso vuole offrirci una bottiglia di Champagne. Siamo allibiti, accanto avevamo il proprietario del ristorante, il tizio ha visto che ho preso appunti durante tutta la cena, e credo abbia pensato che sono una di quelle rompicoglioni in incognito, in giro per il mondo a fare recensioni per chissà quale rivista di cucina. I camerieri improvvisamente diventano gentilissimi, arrivano con una bottiglia di Champagne fantastica prodotta nell’azienda vinicola di Don Alfonso, seguita dalla più straordinaria crema catalana che ho mai mangiato. Le bollicine secche e fruttate esaltano il sapore della crema. Siamo estasiati e Don Alfonso è divertito e gongolante. Ripenso alla Crema catalana... morbida crema ricoperta da una carezza ruvida di zucchero. Metafora di Barcellona, forte, determinata la sua superfice, ma è solo zucchero, basta affondare un po’ e trovi la consistenza dolce di questo popolo. Don Alfonso è un gran signore di altri tempi e noi gli dedichiamo un brindisi, lui contento socchiude gli occhi, con non curanza. Finiamo lo champagne e la crema catalana, abbiano lo sguardo beato e perso, Francesco nell’andare via dopo aver fatto un ossequioso inchino all’Hidalgo Don Alfonso esclama, “ Madre de Dios” il riconoscimento massimo della giornata. Don Alfonso sorride compiacuito e ci saluta con la mano con gesto benedicente. Torniamo a Terrassa cantando a squarciagola. Gilli rimasta in albergo ci vede entrare con gli occhi allucinati, e ci abbaia quasi a rimproverarci. La mattina dopo è domenica, abbiamo un programma definito. Primo posto la casa Battilio, Francesco è rasserenato, ci baciamo tutto il viaggio, Arrriviamo che sono le undici e decidiamo di fare prima colazione, ci fermiamo davanti alla casa progettata da Gaudì. Lì c’è una catena di fast food specializzata, si chiama Tapa Tapa……Doveva essere una colazione ma vediamo che la gente già pranza e noi decidiamo di ottimizzare i tempi. Ordiniamo delle tortillas ed io assaggio il mio primo Gaspacio. Sono incuriosita, e devo dire che è buonissimo, qualcosa d’inaspettato, è saporito, morbido fresco, qualcosa da fare in casa in estate. Finiamo tutto e ci avviciniamo alla casa, qui scopriamo che i prezzi per entare sono esorbitanti € 20,00 a persona. Rimaniamo a guardare quella strana casa da fuori. Penso, perché il modernismo, così straordinario, fuori dai canoni è di destra per natura tradizionalista e rigida. Gaudì era un nazionalista. George Orwell che partecipò alla guerra aveva sperato che questa come la Sagrada Famiglia fossero bombardate dagli americani, considerandolo un tripudio alla destra. Non fu ascoltato, per fortuna, e fuggì dalla Spagna. Riprendiamo la macchina e ci dirigiamo verso la Sagrada. Troviamo parcheggio nonostante la folla di Cristiamiti e turisti. L’impressione è inquietante , scura ma bellissima. Incompiuta ti lascia senza fiato, oscura come le cattedrali gotiche, ma anche magica e misteriosa, sembra un sogno di un pazzo visionario. E’ strano ma anche le sue gru sembrano parte integrante dell’opera. La storia di questa cattedrale è strana, per alcuni misteriosa, fu l’ossessione di Gaudì, lui è parte integrante della sua costruzione, è sepolto lì. Continuare a realizzare il suo progetto è davvero complicato, i suoi disegni furono distrutti, gli architetti che hanno continuato il suo lavoro, hanno comunque apportato qualche modifica. Guardandola penso al libro di Ken Follet, i pilastri della terra, lo scalpellino Tom non c’è più, ne sono arrivati altri e la costruzione continua. La nostra giornata Gaudì continua, ci aspettano i giardini. Giriamo con la macchina e troviamo posto su una strada in salita ma è relativamente vicina. Entriamo dalla parte alta, sono le 14,00 e ci saranno quaranta gradi, Gilli ansima, Francesco è quasi liquefatto dal sudore, ed io ho le visioni…. I giardini superiori non sono bellissimi, non sono curati, erbaccia secca e alberi incolti, camminare è un problema, Saliamo e scendiamo, la discesa attraverso gradoni è complicata per Gilli ed anche per me, ci superano due ragazzi italiani che pensando di essere i soli e parlano ad alta voce …” che cazzo di cane lento, ” I cristiamiti sono ancora in giro…..Rispondo, “ Ma perché non Vi levate voi dalle scatole”. I tipi si girano e si dileguano, oltre che insopportabili e maleducati sono anche vigliacchi. Certo la chiesa non gli ha fatto bene, ed ha insegnato poco. Arriviamo alla rotonda, con le panchine decorate, forse fa troppo caldo, ma non mi colpiscono più di tanto. Ci rifuggiamo nel barretto all’ombra, siamo disidratati e distrutti. Siamo sotto degli alberi e sentiamo un gran baccano, alzo la testa e vedo dei pappagalli fantastici, non le cocorite, ma proprio quelli grandi verdi e rossi, sono bellissimi. Liberi si muovono tra i rami e fanno un baccano incredibile ce ne saranno una decina. Questo è la cosa più bella che ho visto fin ora. Riprendiamo e fotografiamo. Purtroppo dobbiamo andare via, incominciamo la nuova discesa, è qui la maledizione dei cristiamiti mi colpisce, con Gilli al guinzaglio, inciampo e ruzzolo per i gradini scoscesi. Francesco corre in mio aiuto, l’unico, l’altra massa di turisti m’ignora evitandomi, il sole deve aver rincoglionito tutti. La botta è forte ed io tremo tutta, io cado spesso, e mi faccio veramente male. In cinque minuti la gamba si gonfia e diventa nera, ma non è rotta, zoppicando trovo un posto dove sedermi, Francesco non sa più come consolarmi. Per distrarmi dalla botta e dallo choc, mi porta a comprare delle collane, un lucertolone e altri oggetti. Io cammino a fatica ma continuo, arriviamo al ramarro di Gaudì, bellissimo e unico, da solo vale la pena della visita al giardino. Usciamo dalla parte opposta da dove siamo entrati, ritornare alla macchina è dura ma non c’è niente da fare. Io mi sto riprendendo, anche se ancora traballo, Francesco si ferma davanti ad un negozio. Da quando siamo arrivati ha un desiderio, comprare la maglietta del Barça con dietro la scritta e il numero di Bojan, quest’anno è della Roma, e Francesco vuole sfoggiarla, magari al pub del Nappa.
Riesce a contrattare il prezzo, il problema è che i tizi non sanno bene che numero aveva il giocatore nella squadra, sono arabi …. Francesco ricostruisce la posizione del giocatore, nasce un conciliabolo ed alla fine si arriva a una decisione condivisa, alla maglietta oltre al nome è applicato anche il numero nove. Francesco è contentissimo. Torniamo in albero, io ho bisogno di disinfettare la gamba che continua ad essere gonfia, riposare un po’ mi farà bene. Crolliamo e ci addormentiamo, ci svegliamo alle 19.30. Nel programma che avevamo fatto questa sera alle 21,30 dovevamo andare a un Pub per vedere la partita Real Madrid – Barcellona, la finale di andata della " Coppa del Re". Prima però dobbiamo cenare. Decidiamo di tornare alla Pulperia, non dovrebbe essere troppo distante dall’Ovella Negra il pub dove vedremo la partita. Questa volta fatichiamo un po’ per trovare dove posteggiare, dobbiamo ricorrere al parcheggio, è domenica sera vigilia di ferragosto e Barcellona è piena di gente. Ritorniamo nel Barrio gotico la parte forse pià bella di Barcellona, e poi ritorniamo nella Pulperia, ora siamo pronti a sederci al bancone e ordinare come un Barcellonese. Facendo così ci accorgiamo che cambia il servizio e la considerazione, se vai ai tavolini in fondo nel ristorante, ti dichiari turista e ti trattano come tale, fregandoti, anche un po’. Seduti al bancone i camerieri ti ripettano e le cose sono più buone. Padroni della lingua (in ogni senso….) ordiniamo Pymentos fritti, calamari, tortillas, patate alla Bravas e vino tinto. I camerieri, sono con l’orecchio attaccato alla radio, la partita che vedremo sarà in differita. Riusciamo a capire che Messi segna ma non abbiamo idea qual è il risultato. Chiediamo al cameriere che ha appena lanciato un bicchiere ed un piatto ad un suo collega, se sa dov è l’Ovella Negra. Ci risponde chiedendoci se vogliamo vedere la partita, rispondiamo di sì e lui s’illumina di gioia ed orgoglio. Ci spiega e ci fa anche una cartina, ah dimenticavo Francesco è uscito con la maglia di Bojan, questo ci rende ancora più graditi. Certo ho dovuto spiegare il perché Francesco ha la maglia di Bojan del Barça, ma la cosa fa comunque piacere, infondo tra il Barcellona e Roma c’è una specie di gemellaggio. Guardiamo l’orologio dobbiamo sbrigarci, scendiamo dalle sedione al bancone, lasciandole a degli italiani, questi ci raccontano che abitano e lavorano a Barcellona da tre anni, ci danno qualche dritta, salutiamo e partiamo alla ricerca dell’Ovella Negra. Il Pub è ben recensito su Internet, frequentatissimo dai ragazzi di Barcellona, si può cenare, bere, guardare le partite, giocare a Biliardo, si trova in via Zamora al n° 78.
Ci avventuriamo a piedi Francesco orgoglioso con la sua maglia di Bojan, il posto è circa a metà della Ramblas partendo dalla piazza…..sulla destra. Lo troviamo facilmente. Dentro è grandissimo ci troviamo un tavolo ed ordiniamo un litro di sangria, favolosa…..Sbronza mitica ed intensa!Urliamo e tifiamo insieme a tutti, il Barça pareggia segna Messi. Il popolo dell’Ovella negra è soddisfatto infondo è la partita d'andata fuori casa, ed è favoloso sentire le battute su quell’antipatico di Murinho. Compriamo nel pub Tshirt e perizomi con logo, sono bellissimi. Rientriamo in albergo, io sono fuori di me ma sto un incanto, domani penitenza…….
E’ lunedì ed è ferragosto, oggi abbiamo deciso di fare un giro, andiamo alla scoperta di uno dei Monasteri più famosi al mondo quello della Madonna di Monserrat. Il giorno è quanto mai indicato, senza sapere compiamo un pellegrinassio nel giorno dell’Assunta. Questo Monastero ha un legame con la mia famiglia, la mia sorellina ha fatto la sua tesi sulla famiglia Cervantes attingendo da documenti, introvabili conservati nella Biblioteca spagnola che porta il nome del Monastero. La biblioteca si trova a via di Monserrat vicino a Campo de Fiori, su questo posto ci sono storie che vedono per protagonista Il Borgia, che sembra sia sepolto proprio nella chiesa, in una nicchia nascosta. Il corpo, si narra, fu gettato nel fiume Tevere dai romani inferociti, e raccolto segretamente dai preti spagnoli dell’ordine. La biblioteca che è anche una residenza per preti spagnoli dista pochi metri dalla residenza di Giulia Farnese, amante tra le più famose del papa Borgia, padre di Lucrezia e del famoso “ Valentino”. Il posto è veramente singolare, nasconde segreti e meraviglie dell’arte. A parte la disgressione, partiamo alla volta del Monastero. La Cattedrale si trova su un picco della montagna in un posto aspro con incredibili rocce che hanno forme spettacolari. Arriviamo con un traffico incredibile è una delle feste Mariane tra le più importanti e sembra che mezza Spagna si sia mossa per venire qua. Troviamo parcheggio con grandissima difficoltà, Francesco mi lascia all’ingresso ed è costretto a tornare indietro ed a trovare parcheggio a quasi un KM di distanza, per giunta in salita. Io mi trovo sola a girare. Scopro che questo monastero ha una funivia che porta dal paese basso fino a qui, e un trenino a grimagliera, che mi sarebbe piaciuto prendere. Entro nell’ampio atrio che porta alla Cattedrale sui muri sono indicati tutti pellegrinaggi a Monasteri famosi nella cristianità, c’è anche Roma con le indicazioni delle strade che conducono a San Pietro. Dentro la Cattedrale è un trionfo di stucchi ed oro, la Madonnina nera quasi si perde sul tabernacolo. Faccio un giro e dietro la chiesa vedo una fila di gente in coda per prendere l’acqua da una fontana. Leggo le indicazioni, questa fonte è chiamata “ l’acqua della vita”, considerata miracolosa. La gente riempie bottiglie addirittura taniche che porta via a casa, guarigione di tutti i mali sembra che quest’acqua compia miracoli. Io mi metto in fila ne bevo un sorso e ci infilo un braccialeto ed anelli. Privarsi di questa energia è da schizzinosi stupidi, penso, l’anno scorso era l’acqua dell’eterna giovinezza, quest’anno è l’acqua della vita…Per il prossimo devo attrezzarmi, meglio non spezzare la Catena! Questo posto è pieno di energia a prescindere da tutto quello che è stato costruito ed organizzato per sfruttare la fede e la sofferenza della gente. Arroccato su un cucuzzolo, questa Madonnina nera, dai tratti arabi irradia energia positiva e forza, nascosta tra queste montagne con le rocce che la difendono e la proteggono, che assumano tratti incredibili ed inquietanti. La natura spesso opera in maniera sovraumana, magica ed esoterica. Esco dalla Cattedrale e trovo Francesco che nel frattempo mi ha raggiunto con Gilli, resto nel piazzale con il cane mentre lui va a farsi un giro. Usciamo che è l’una, non abbiamo idea, dove mangiare, ci affidiamo alla Signorina Mercedes che ci segnala e guida in un posto che ha un nome misterioso ma simpatico LA QUEIXALADA, con sottotitolo la cucina di Don Cagno. E’ un ristorante fuori dalle rotte turistiche che oltre i nativi non conosce nessuno. Arriviamo alle 13,30 e siamo noi ed un’altra coppia, penso di essere arrivata in un posto desolato dimenticato da tutti in un giorno di festa dove la gente è a casa o al mare…..Invece tempo un’ora ed il locale si riempie di gente, qui pranzare alle 14,30 è cosa normale. Il posto diventa allegro e chiassoso, intravedo attraverso un arco, lo Chef nella cucina che si sbraccia e coordina il lavoro di quattro aiutanti. Capisco che questo è un posto famoso per la cucina, lo Chef, il signor Don Cagno, deve essere una celebrità del posto. Prendiamo il menù e scegliamo per assonanza senza sapere cosa mangeremo. Per antipasto a Francesco arriva del Camon iberico alla piastra con verdure grigliate. A me un coctail di scampi, a seguire a me un caciucco buonissimo con cozze, vongole, un pescione, cannolicchi, e gamberi affogati in un sugo straordinario, mai mangiato niente di più buono, mi annullo nel sapore incapace di parlare, intingo il pane appena sfornato scuro e forte. Francesco ha lo sguardo beato per un maialino affondato in cimiciurri e peperoni. Non ci scambiamo nanche una parola questa cucina è buonissima. Per finire ordiniamo la Crema catalana, non potrei farne a meno. E’ qui Don Cagno ci sorprende ulteriormente, arriva la più grossa crema catalana che abbia mai mangiato, da noi la mettono in qui coccetti sfigatini piccoli, a noi arriva in un piatto di coccio che portebbe contenere mezzo chilo di pasta. Lancio un “Uao” di gioia e segretamente ringrazio anche la Madonnina di Monserrat. Mai visto, niente del genere. La crosta di zucchero dura rimpie la superfice del grande piatto affondo il cucchiaio con devozione e scopro la crema più buona che abbia mai mangiato per consistenza e dolcezza. Deliziati, finiamo il vino della casa bianco, il CARINEMA. Chiediamo il conto e paghiamo veramente poco, consiglio a chi andrà a Barcellona in macchina, non perdere la visita al Monastero con il pranzo alla Queixelada, a pochi Km, da lì. Torniamo in albergo e ci riposiamo per qualche ora alle 18,00 inizia la festa di Gracia a Barcellona, una vera e autentica festa spagnola, fatta da e per gli abitanti di questo quartiere. Arriviamo a Barcellona che sono le 18,00 trovar un parcheggio, è un problema, tutte le strade di accesso al quartiere sono chiuse, troviamo un parking e lasciamo la macchina. Il quartiere è grande una volta era un piccolo villaggio ora inglobato nella città è caratterizzato da una popolazione viva e coesa, che nel giorno di ferragosto decora ogni via e vicolo a tema, tutti gli abitanti partecipano e cercano di rendere unica la loro strada. Un esempio, all’inizio di un vicolo c’è una gallina rossa sospesa per aria, sulla via tutti pulcini e uova in polistirolo, sono bufussimi sono raccolti in cesti, steccati. Un’altra è dedicata a Spongebob per la gioia dei bambini, tutto in questa via ricorda un fondale maino, dalle finestre e balconi scendono polpi, cavallucci marini, gamberi, ostriche con gli occhietti, tutti abbarbicati ad alghe verdi e turchine che riempiono tutta la strada. Avanziamo con dificoltà, siamo tutti a naso in sù e gli Oooooh di meraviglia si sprecano. Così come la via delle mille e una notte è fatta con lampadari fatti da bicchieri di plastica dipinti e metallizzati che riproducono le meravigliose lampade arabe. Andiamo di via in via, con un crescendo d’incredulità e meraviglia. Francesco s’irrita in mezzo alla gente, detesta la confusione, io invece ne ho un bisogno fisico ed emozionale amo confondermi nella festa, far parte del popolo mi riempie di gioia. Francesco sbuffa e mi rovina la festa, anche se rimane stupito dalla sfilata di strani personaggi vestiti come diavoli, che a un certo punto, accendono mortaretti a girandole posti in cima a dei lunghi bastoni. Le scintille ed il frstuono una volta accesi sono incredibili, i demoni si lanciano verso il pubblico ed un fuggi fuggi generale tra risate generali. Mi diverto da morire avvolta da mille scintille e dai tamburi che accompagnano il tutto. Mi sembra un Capodanno cinese dove sparano e fanno rumore per allontanare la negatività, qui deve essere qualcosa del genere. Francesco riprende, fantastico quando in circolo si accendono tutti e tra botti rumorosissimo si lanciano tra mille scintille sulla gente, hanno un mantello con fiamme disegnate sul fondo, un cappuccio nero con corna rosse attaccate. Il profano della festa popolare scaccia guai e spiriti maligni. Il riso della gente ritornata bambina suggella il tutto. Non vedo l’ora di rivedermi nel filmato, sono ritornata bambina. Finito lo spettacolo, la festa continua tra le vie. In giro scopriamo che un gruppo irlandese insegna le danze tradizionali Irish alla folla. Buffissimo gli abitanti di Gracia ballano in circolo le danze celtiche, loro che hanno la Sardana. Il ballo li unisce e li trascina facendoli divertire fino alle lacrime, sembra di assistere ad un rutuale di gruppo. Penso ai miei figli non mi hanno chiamato, è vero Ferragosto non è una festa, dove si scambiano gli auguri, ma se solo sapessero quanto mi mancano è come avrei voluto averli qui con me per vivere insieme queste esperienze. Loro non possono affrontare le spese del viaggio stanno costruendo la loro vita hanno altre priorità, ed io non posso permettermi di portare tutti in viaggio, figli e consorti compresi. Scrivo questi diari anche per loro, raccontare per condividere con loro. Bando alle nostalgie, Francesco è stremato comincia a salmodiare in mezza alla confusione “ quanta carne….” Quando dice questa frase, è il segnale che ha raggiunto il massimo della sopportazione. Io sono furiosa vorrei continuare a vivere la festa, ma dopo il salmo di Francesco la magia si è rotta. Lasciamo la festa, sarebbe ora di cena, ma oggi la pulperia è chiusa, ed infondo non abbiamo fame, ci rifuggiamo in un pub del Barrio, non è niente di che ma i ragazzi sono simpatici. Come spesso è successo nei nostri viaggi ceniamo con due birre qui in Spagna le San Mighel ghiacciate e delle patatine; del resto la “ birra nutre e disseta “ come dice uno dei proverbi scritti sul muro dell’amata Birreria Peroni di Roma. Io continuo ad essere arrabbiata, ma il ragazzo al banco è simpatico e non si può far a meno di scambiare qualche parola. Qui hanno un modo di fare simpaticissimo, ti parlano, con tale garbo ed allegria che in pochi minuti senza sapere perché gli racconti chi sei da dove vieni, dove stai e quando parti. Il tipo mi chiede di Roma, parla un italiano comprensibile, e mi chiede della squadra giallorossa, gli parlo del nuovo allenatore e mi dice che Louis Enrique aveva un cattivo rapporto con l’Italia da quando in una partita Tassotti gli ha rotto il naso e non è stato espulso. Mi dice che c'era stato un lungo periodo di odio verso il football italiano. Mi vede con la faccia preoccupata, e in un attimo mi sorride, mi dice che tutto è passato ora Roma e Barça sono legate. Mi dice anche che ha già comprato i baglietti per la partita di ritorno della" Coppa Del Re", la partita di andata non è stata gran che, ma che comunque il Barça è più forte. Avrà ragione nella partita di ritorno, il Barça vincerà con il goal del solito Messi, all’ultimo minuto. Lasciamo il pub, la rabbia è svanita, mi sento leggera, sarà perché ho bevuto due pinte senza aver mangiato…..Ma sto bene, Giriamo intorno alla colonna di Colombo e torniamo in albergo.
Ultimo giorno a Barcellona.
Prepariamo i bagagli, quelli che ci siamo portati per questi giorni gli altri ci stanno attendendo a Cap.
Salutiamo il nostro albergo a Terrassa ottimo, con ottimi prezzi. Arriviamo in città che sono le 10,00. Vorrei comprare a Francesco le espadrillas alla manual alpangatera. Niente da fare raggiungiamo il negozio, ma Francesco non è dell’umore giusto, non trova il numero del colore che preferisce. Ritorniamo alla macchina e giriamo ancora un po’ per la città, questo mi permette di salutare tutti i posti che ho amato in questi giorni, queli luoghi che diventano famigliari e che pur non visitandoli direttamente diventano i tuoi punti di riferimento. Penso alla grande colonna con Cristoforo Colombo che indica la direzione delle indie occidentali, è bellissima, per me è il centro, da qui partano i posti che ho visitato, giriamo intorno con la macchina, saluto e mando un bacino. Poi è la volta del grande grattacielo con la farfallina rosa e lilla in cima, saluto anche Lei. Mi piace accomiatarmi, è per me una forma di ringraziamento per avermi accolta ed accettata, esistono luoghi che hanno energia, li senti se sono ostili o benevoli. Un esempio per tutti Valencia ci aveva accolto qualche anno fa con dei draghi cattivi e feroci posti sopra un ponte, da lì la nostra permanenza a Valencia è stata difficile. Una città che non ci ha accettato e da cui siamo scappati in anticipo, qui invece ci siamo sentiti amati e protetti. Dovendo raggiungere entro le 15,30 Capa d’Agde decidiamo di andare a pranzare al posto indicato dagli italiani due sere prima. Il posto si chiama la “ PARADETA” nel quartiere Sitges C/ Sant Pere al n° 24, ci hanno raccontato che è un posto vicino ad un mercato dove vendono il pesce come una normale pescheria, salvo poi te lo cucinano al momento. Raggiungiamo il posto con qualche difficoltà, il grande mercato coperto è in ristrutturazione. Il posto è una vetrina su strada ed è ancora chiuso, aprirà alle 12,00. Né approfitta Francesco per avvicinare la macchina che abbiamo lasciato a circa un KM. Io rimango seduta con Gilli sul marciapiede. Fa un caldo incredibile ci saranno quaranta gradi, troviamo riparo in un portone aperto. Penso a quanto amavo da ragazza il caldo, lo scirocco siciliano mi dava le vertigini con i suoi profumi e la sua afa. Ora a distanza di anni non resisto. Francesco arriva dopo una mezz’ora, il negozio ha aperto ed è già entrata una coppia. Ci mettiamo in fila e scopriamo che il negozio sembra proprio una pescheria, ha i banconi con il pesce in vista, una bilancia e le classiche bustine della spesa. Guardiamo come funziona spiando i clienti davanti a noi, questo ci permette di capire e vedere i prezzi. Quando tocca a noi, abbiamo le idee chiare ordiniamo una seppia da fare grigliata, ci prende dal cesto un mostro preistorico che pesa un accidenti ma che costa al kilo pochissimo. Poi dei pesciolini piccoli che ci faranno fritti, anche questi tantissimi a prezzi irrisori, prendiamo poi dei gamberi e dei cannolicchi. Ci ordiniamo del vino bianco patatine fritte e insalata. Quelli dietro il banco della pascheria, pesano il pesce ci fanno il conto, poi li passano su dei vassoi alla cucina che è dietro un arco. Ci danno quindi un numero dicendoci di occupare il posto e di stare attenti, quando il nostro pesce sarà pronto, ci chiameranno con il numero. Ci accorgiamo che il locale è grande si apre con una sala con tavolini e sedie in un ambiente che sembra una taverna per pescatori. Passa qualche minuto e ci chiamano con il nostro numero il primo ad uscire è il mostro marino, la seppia, fatta alla griglia. Posta su una grande piatto è ancora più impressionante, ma la vera meraviglia è che è la cosa più buona che ho mangiato in quest’anno appartenente alla famiglia dei pesci. Non è collosa dura, è morbida, appetitosa, la divoriamo in cinque minuti e ci guardiamo aspettando di essere nuovamente chiamati, nel frattempo il locale si è riempito e quasi tutti hanno già mangiato la prima portata, siamo tutti con il numero in mano pronti allo start in attesa della chiamata. Francesco ha una falsa partenza scatta con un tizio, ma il piatto non è quello nostro. In realtà non ha neanche sentito il numero, è partito e basta. Sta per ritornare al tavolo quando sento il nostro numero, chiamo Francesco che si precipita al bancone, torna con un vassoio con due piattoni di pesciolini fritti, e in un altro di gamberi e cannolicchi. Questo posto è davvero fantastico abbiamo speso una sciocchezza e dabbiamo mangiato in quantità con del pesce freschissimo cotto al momento, una vera specialità, una meta per chi va a Barcellona, da visitare. Usciamo dal locale che sono le 13,30, nel momento in cui arriva la gente del posto, usciamo con la fila fuori dal locale. Ritorniamo alla macchina, ci vorrebbe una siesta, ma dobbiamo partite, bisogna arrivare in Francia a Le Cap entro le 15,30 per ritirare le chiavi del nostro appartamento e recuperare le nostre valigie. Mi dispiace lasciare questo posto, la Spagna l’avevo scoperta con Sant’Ander, poi con Valencia ed il giro lungo tutta la Comunidad Valenciana fino ad Alicante. Questo posto è diverso, tradizione e modernità convivono senza conflitti, si rispettano e si fondono insieme. L’allegria essenziale che racchiude questo posto favorisce l’armonia tra le persone, e i luoghi. Non è tramautico passare dal Barrio Gotico ai grattacielii del Diagonal del Mar, o dalle lunghissime Ramblas ai mega centri commerciali.
Cristoforo Colombo è sempre la in alto continua a indicare con l’indice la via per le Americhe, ma dubito che qualcuno voglia seguirlo, seduti sulle infuocate strade di Barcellona, si vede il mondo che sfila, si ride, si scherza, si balla, si ama con passione, si mangia e si beve con gusto. Non c’è alcun motivo di andare in cerca di un nuovo modo, se qui c’è né uno fantastico, non c’è alcun motivo di partire da qui.
Alle cinco della tarda, siamo in Francia.
M’hanno portato una conchiglia.
Dentro le canta
un mare di mappa.
Il cuore
mi si riempie di acqua
con pesciolini
d’ombra e d’argento.
M’hanno portato una conchiglia.
Come sempre, grazie, a tutti quelli che mi vogliono bene.
Agosto 2011.
Susanna