LE AZZORRE FRA CALDERE E VULCANI
Diario di viaggio 2013
Abbiamo prenotato il viaggio alle Azzorre
spinti dal desiderio di aggiungere una meta di origine vulcanica alle altre che
abbiamo visitato negli scorsi anni. All'inizio si è trattato di un caso:
decidevamo una meta e scoprivamo dopo che il territorio era di origine vulcanica
(spesso con vulcani ancora in attività), negli anni successivi abbiamo finito
col scegliere proprio sulla base di questo criterio. Questa volta poi ci ha
ingolosito l'idea di avere una guida italiana che ci accompagnerà durante tutto
il viaggio: è un geologo che conosce bene l'arcipelago di destinazione per aver
fatto già diversi viaggi nelle isole che lo compongono.
29 giugno 2013 - Sabato
Il nostro volo di andata parte da Malpensa e
rientra a Linate. Questo ci costringe a farci accompagnare.
Ho calcolato che, essendo sabato (quindi senza i pendolari e senza la
circolazione dei mezzi pesanti), in poco più di mezz'ora dovremmo essere
all'aeroporto.
Arriviamo alle 9,30 al punto di incontro che
è il check in della TAP (compagnia aerea portoghese) e qui incontriamo la
nostra guida per le Azzorre,
Matteo, e gli altri sette
componenti della nostra comitiva.
Il volo è già annunciato in ritardo di
un'ora sulle 11,20 previste per la partenza. L'attesa, come sempre, è la parte
più stancate del viaggio; io disegno e mi distraggo in questo modo.
A Lisbona, dopo 2, 10 ore di viaggio ci
ritroviamo parecchie lungaggini per il ritiro dei bagagli e la ricerca del mezzo
che deve portarci all'albergo. Matteo, attraverso varie telefonate, scopre che
hanno mandato un pullman grande che non poteva posteggiare davanti
all'aeroporto. Senza grossi problemi ci spostiamo dove si trova il pullmann e
veniamo condotti in albergo che si trova di fianco al parco Edoardo VII. Il
soggiorno settimanale di due anni or sono ci ha consentito di conoscere bene
Lisbona e decliniamo l'invito di lasciare i bagagli e uscire subito per visitare
di corsa quel che abbiamo visto con calma a suo tempo.
Arturo e io ci riposiamo prima di uscire
dall'albergo Mirapark e percorrere l'avenida da Libertad alla ricerca di un
ristorante. Fa molto caldo e non tira un alito di vento. Ci sono molti turisti;
un'orchestra suona nella piazza vicino al ristorante, mentre una compagnia di
tamburi rumoreggia in un'altra.
Rientriamo tranquilli verso le 21. Il sole
è tramontato ma c'è ancora molta afa. Ci serve una seconda doccia prima di
andare a letto e l'accensione temporanea dell'aria condizionata per
addormentarci.
30 giugno 2013 - Domenica
Alle 5,30 il pullmann di ieri ci riporta all'aeroporto da dove partiamo per l'isola di Sao Miguel abbastanza in linea con la tabella di marcia. L'orario è -2 rispetto all'Italia, c'è un bel venticello e il clima è decisamente buono rispetto a Lisbona. La guida ci porta subito a visitare una piantagione di ananas spiegandoci che questa è una delle coltivazioni introdotte dopo che, nel XIX secolo, la monocoltura dell'arancio e della vite subirono una tremenda moria che fece abbandonare questo prodotto.
Vediamo le serre fredde con l'ananas a vari
stadi di crescita. Si parte da un pezzo di rizoma piantato a lieve profondità
in un miscuglio di terra e segatura, da questo nasce la pianta che verrà
mantenuta con un unico getto centrale eliminando eventuali polloni laterali. Il
fiore, rosso, è centrale e quando inizia il frutto si fanno bruciare delle
foglie all'interno delle serre perché questo facilita la contemporanea
maturazione dei frutti. Il tutto richiede 18 mesi e sembra che l'ananas delle
Azzorre sia piccolo, ma molto profumato. Sentiremo nei prossimi giorni se è
vero!
A questo punto rientriamo in taxi e giriamo
un po' il centro della cittadina. L'architettura di queste isole preferisce nei
monumenti importanti (soprattutto le chiese) una colorazione bianca a calce con
rifiniture in pietra lavica nera che le rendono molto caratteristiche. Ponta
Delgada è la più grande città delle Azzorre ed ha circa 65.000 abitanti (in
tutte le isole insieme si hanno 250.000 abitanti).
E' una cittadina piacevole con case basse, molto tranquilla e pulita, ma senza
nulla di notevole.
Nel pomeriggio andiamo tutti in taxi alla
Gruta do Carvao (grotta del carbone). Si tratta di una grotta a tubo, cioè di
una grotta non scavata dalle acque come avviene nelle classiche grotte carsiche,
ma prodotta da particolari condizioni in cui la lava si trova ad uscire dal
vulcano. Le formazioni di minerali secondari, come limonite ed ematite,
conferiscono a questo spazio tonalità rossastre.
Un giovanotto ci ha illustrato le caratteristiche della grotta di cui è aperto al pubblico solo un piccolo tratto.
Rientriamo a piedi fermandoci al giardino
Borges ad ammirare le piante che vi si trovano, fra cui un ficus centenario e
una araucaria notevolissimi. Matteo ci spiega che le Azzorre sono state scoperte
nel 1427 (la prima isola è stata
S. Maria). Esse non erano del tutto nuove dato che diverse carte geografiche del
1300 le riportano e si ritiene che cartaginesi e forse gli arabi, vi fossero
giunti molti secoli prima, ma è un dato di fatto che la colonizzazione è
avvenuta da parte dei portoghesi. Le
isole furono anche chiamate isole dei fiamminghi poiché inizialmente un buon
numero di coloni provenivano dalle Fiandre.
La vegetazione originaria dell'isola era costituita allora da arbusti e piante erbacee (lauro azorico, viburno tynus e altre). La maggior parte delle piante attuali è oggetto di introduzione da parte dell'uomo (ortensie, azalee, crittomerie e molte altre).
A sera andiamo tutti a mangiare al ristorante e Matteo, che si dimostrerà sempre informatissimo e prodigo di consigli, ci spiega quali tipi di pesce si trovano qui e che la carne è ottima perché la maggiore attività di queste isole è data dall'allevamento dei bovini.
Una zuppa di pesce è un primo piatto eccellente, poi alcuni di noi optano per la bistecca, altri per vari tipi di pesce. L'ananas si rivela profumato, dolcissimo e con in fondo un gusto che par quasi di liquore.
1 luglio 2013 - Lunedì
Ottima dormita. Cominciamo a conoscere la compagnia che è fatta di persone abituate a camminare, rispettose l'una dell'altra e interessate agli aspetti naturalistici del viaggio: un gruppo davvero piacevole.
Il cielo oggi è coperto e non sembra promettere il sole anche se qui il tempo è piuttosto variabile.
L'appuntamento è per le 9 quando l'autista Vicente ci porta verso il pico do Carvaio, all'inizio del sentiero che intendiamo percorrere. Iniziamo a camminare nella nebbia, c'è molta umidità e fa un po' freddo tanto che mettiamo le giacche a vento leggere.
Matteo si ferma ad illustrarci dal punto di vista geologico il terreno spiegandoci la differenza dei vari materiali e la loro origine, poi proseguiamo fino alla Vista do Rei, un punto panoramico da cui si ammira la splendida vista della caldera di Sete Cidades con il lago Verde e il lago Azzurro che ne occupano il fondo, mentre le pareti della caldera risultano ripide e verdissime grazie alla vegetazione (in gran parte introdotta dall'uomo). Ci sono alberi di crittomeria japonica, lauro azorico, ortensie e azalee con tronchi di notevole diametro e altezza. Sul fondo della caldera si vede anche il paesino di Sete Cidades con le casette bianche.
Il sentiero è una sterrata comoda con
parecchi arbusti di ortensia a lato; infine scendiamo per un sentiero ripido che
richiede attenzione per via del ghiaino che può far scivolare e arriviamo al
paese dove abbiamo la prenotazione per il pranzo in un ristorantino con un
eccezionale buffet di specialità locali. Mangiamo di gusto e spendiamo davvero
poco.
Il tempo si è un po' rimesso anche se continua il vento. Dopo pranzo Matteo apre la cartina geografica e ci fa una breve lezione di geologia. E' davvero bravissimo e appassionato nelle spiegazioni e noi, che amiamo questo genere di note, siamo davvero contenti dell'inizio del viaggio.
Ora facciamo un giro lungo il lago verde, su prati dove pascolano le mucche. Vediamo che le ortensie sono davvero dappertutto perché vengono usate come delimitatore di confine fra le proprietà: hanno colore variabilissimo e alcune hanno il petalo frastagliato. Alma nota che non sono così fiorite come si aspettava (è già stata alle Azzorre), ma io trovo che sia comunque un bello spettacolo.
Rientrando,
l'autista si ferma ad un belvedere che consente la vista del lago di Santiago
(sempre nella caldera, ma non visibile da altri punti). Bellissimo.
2 luglio 2013 - Martedì
Sveglia con partenza ancora alle 9. Andiamo con il taxi verso est , lungo la costa, fermandoci ad un belvedere sull'oceano e su Vilafranca do Campo, poi alla chiesetta di Nostra Senhora da Paz a cui si accede da una scalinata con azulejos (piastrelle in ceramica con disegni blu) dedicati alla Madonna e a Gesù.
Davanti a Vilafranca, Matteo ci spiega l'origine di una formazione rocciosa a ferro di cavallo sul mare; si tratta di una caldera erosa in parte dalle acque dell'oceano e che, essendo aperta sotto vento, ha l'acqua abbastanza calma ed è meta di gite domenicali delle persone che abitano nella cittadina.
Ora procediamo per la caldera di Furnas che
è più antica di quella di Sete Cidades; i suoi contorni sono meno nitidi per
l'erosione e c'è un bel lago anche qui. Lo percorriamo lungo il perimetro su un
sentiero pianeggiante incontrando una chiesetta assai suggestiva perché
costruita in mattoni rossi contro una vegetazione molto verde. Lo stile è un
misto di gotico e finto romanico e non si tratta di un'antica costruzione, ma di
un edificio voluto da alcuni ricchi nel XIX secolo.
Mentre camminiamo Matteo ci parla di una
pianta infestante che sta invadendo le isole. Si tratta di una specie
introdotta a scopo ornamentale nel 19° secolo dagli inglesi che vivevano su
queste isole portoghesi, coltivando arance e ananas. Essi portarono qui il
'giglio di zenzero', Hedychium gardnerianum, di origine indiana. In breve la
pianta fuggì dai giardini occupando il sottobosco a scapito della flora
autoctona. Il fiore è profumato e molto bello ma noi non lo abbiamo visto perché
fiorisce più avanti nella stagione. Si notavano solo i rizomi tagliati per
cercare di arrestarne la diffusione.
D'altronde anche le ortensie sono 'scappate'
dai giardini, ma queste sono accettate visto che si possono contenere con le
falciatrici.
Verso la metà della giornata arriviamo ad
una zona di fumarole. Qui ci sono dei buchi nel terreno in cui vengono
introdotte pentole piene di verdure e carni affinché i cibi cuociano in 3-4 ore
grazie al calore emesso dalla terra. Questo piatto viene servito nei ristoranti
e si chiama cozido azorico.
L'odore di zolfo è molto forte, a me non dà
fastidio, ma qualcuno è costretto ad allontanarsi perché lo trova molto
irritante. In alcune pozze l'acqua ribolle e ovviamente tutto intorno ci sono i
colori giallo, rosso e grigio di questo tipo di affioramenti.
Nel pomeriggio ci spostiamo in auto a Furnas
in un'altra zona di fumarole ancora più interessante dove possiamo anche bere
ad una sorgente con acqua naturalmente frizzante. Il sapore non è gran che, ma
dicono faccia molto bene.
Andiamo ora al giardino Terra Nostra donato
alla città dagli eredi di un console americano. E' un bel giardino con piante
notevoli: ficus, araucarie di molti tipi, liriodendri, camelie, azalee, chicas,
ecc. Poiché i miei compagni di viaggio si sono convinti che io sia una
botanica, mi chiedono i nomi delle piante e, nonostante affermi di non essere
un'esperta, ormai ho questa etichetta. Certo io mi fermerei di più di quanto
facciamo, ma non posso pretendere che gli altri seguano il mio ritmo blando...
In mezzo al giardino c'è un'enorme piscina
con acqua termale di un bel color arancio per la presenza di ferro. Matteo
ci ha avvisati di portare il costume e ci immergiamo: l'acqua per la verità è
un po' troppo calda (intorno ai 40°) e la sensazione sulla pelle non ha nulla a
che fare con quella che abbiamo provato in Perù quando mi guarì
miracolosamente dalle punture di zanzare che mi davano molto fastidio.
Il bagno ci rilassa e ci prepara alla cena
con 'cozido azorico' cotto proprio nelle fumarole viste oggi.
Serata piacevolissima che si conclude con il
viaggio di un'ora per il rientro in albergo.
3 luglio 2013 - Mercoledì
Come gli altri giorni il cielo è coperto.
Andiamo alla Lagoa do Fogo con il taxi. Poiché siamo saliti a 1000 metri siamo
immersi nelle nuvole e si vede davvero poco. Speriamo tutti in una schiarita e
cominciamo a scender un ripido sentiero a gradini irregolari che va al lago
della caldera.
La vegetazione è prevalentemente quella
originaria delle Azzorre perché qui c'era attività vulcanica quando l'isola è
stata scoperta e la zona è stata sempre ritenuta pericolosa, così gli
insediamenti umani non sono avvenuti.
Mentre scendiamo appare il lago, posto in
fondo alla caldera che, con la nebbiolina, ha ancora più fascino. Via via che
avanziamo il tempo schiarisce e ne vien fuori un panorama stupendo.
Arriviamo ad una spiaggia sabbiosa e mentre
la percorriamo ci avviciniamo ai nidi dei gabbiani che evidentemente
preferiscono avere i piccoli sul lago anziché lungo le coste. Gli adulti si
alzano in volo e ci minacciano volandoci sopra la testa a distanza ravvicinata.
La nostra guida preferisce farci tornare sui nostri passi per lasciarli in pace.
Mangiamo sulla spiaggia, poi Matteo ci fa
una lezione di geologia sulla tettonica a zolle e ci coinvolge simpaticamente
con domande su quanto ci ha già insegnato. Ci promette un 'domandone' finale al
quale ci sottoporrà prima della fine della vacanza.
Torniamo sul sentiero che va risalito perché
il giro del lago ci è impedito dal livello dell'acqua che ha coperto il
tracciato per un buon tratto. Intanto il sole ha fatto sollevare la nebbia e la
vista è stupenda.
Vicente ci porta con il taxi ad una sorgente
calda con cascata che si trova nel parco di Caldeira Velha; qui l'acqua che
scorre ha reso le rocce particolarmente rossastre. La vegetazione è
lussureggiante con erica arborea e altre piante tropicali. Alcuni tedeschi fanno
il bagno, ma per noi l'aria sarebbe un po' troppo fredda all'uscita dall'acqua e
ci fermiamo solo il tempo necessario per alcune fotografie.
Proseguiamo per la piantagione di te Cha
Gorreana con fabbrica annessa. Questa coltivazione è una di quelle introdotte
dopo la crisi dell'arancio. Il tè è la foglia della camelia sinensis: vengono
raccolte le prime tre foglioline di ogni rametto ed esse rappresentano la
miglior qualità. Queste, raccolte un tempo a mano, sono ora tagliate potando la
siepe di camelia ad altezza dei nuovi germogli. Questo raccolto viene in parte
messo a seccare e se ne ottiene il tè verde, mentre altre foglie subiscono
un'operazione di ossidazione che dà loro il colore scuro che conosciamo.
Nella fabbrica, costruita nel 1883, ci
sono tutte le macchine necessarie alla lavorazione, più le vecchie macchine del
XIX secolo. A fine visita un assaggio dei vari tè è a disposizione dei
visitatori.
Ultima tappa della giornata, il belvedere
davvero suggestivo di S. Iria, sulla costa nord.
A cena andiamo al ristorante O'Pescado dove
mangiamo dell'ottimo pesce. Spendiamo un poco più del solito, ma comunque poco
rispetto a casa.
4 luglio 2013 - Giovedì
Sono stata a lungo indecisa perché volevo
fare la gita in barca per vedere balene e delfini, ma alla fine ho rinunciato
visto che torneremo alle 12 e alle 14 si deve già andare all'aeroporto per
spostarci all'isola di Faial. Arturo ha detto da subito che la sua paura del mal
di mare gli consigliava di evitare la gita.
Dopo colazione facciamo la valigia poi,
lasciando il bagaglio in albergo, ci avviamo per le vie secondarie verso il
giardino botanico della sede del governo regionale. Come sempre ci piace girare
per nostro conto e conoscere l''aspetto meno turistico dei posti (anche se
abbiamo scoperto che queste isole non hanno un gran turismo). Le case sono basse
e ben tenute, le vie tranquille e con poco traffico.
Entriamo ancora al parco Borges a
fotografare alcuni fiori che non avevamo visto nella precedente visita, poi ci
spostiamo nel giardino del governo regionale delle Azzorre. Qui c'è un albero
di dimensioni gigantesche, si tratta di una Metrosideros Excelsa. Originaria
della Nuova Zelanda, è un albero sempreverde che produce molti fiori rossi
assai appariscenti e grosse radici aeree. A Sao Miguel l'abbiamo vista e
fotografata ripetutamente, ma mai con esemplari di questa dimensione davvero
stupefacente.
Restiamo nel giardino fino a mezzogiorno
dove mangiamo un po' di frutta, poi ci avviamo verso la piazza principale dove
incontriamo i nostri amici. Chi è andato in barca non ha visto balene, ma molti
delfini di specie diverse, con i piccoli. Hanno anche avvistato una testuggine
marina.
Ritorniamo tutti all'albergo e alle 14,30
andiamo in auto all'aeroporto dove scopriamo che il volo è stato spostato alle
18,30. Matteo è molto seccato e fa le sue rimostranze alla compagnia SATA che
non ci ha neppure avvertiti pur potendo farlo tranquillamente. E' evidente che
il nostro volo è stato cancellato, comunque c'è poco da fare. Anche Salvatore
si unisce al reclamo e finisce con lo spuntare una sorta di merendina
riparatrice al bar del piccolo aeroporto.
L'aereo parte comunque con altri 40' di
ritardo. La guida scalpita perché si rende conto che perdere una giornata in un
soggiorno di 7 è seccante, lui aveva in programma una piccola escursione dal
capoluogo di Faial. Non demorde e anche se arriviamo tardi ci fa portare dal
taxi sul monte Guia, promontorio che sovrasta la cittadina di Horta. In effetti
il panorama sulla baia di Horta meritava di salire quassù.
Ci resta il tempo di lasciare i bagagli e poi andare al ristorante prenotato che purtroppo è a 20' a piedi dall'albergo. Infatti avevano pensato ad una bella passeggiata che a questo punto è decisamente poco gradita. Mangiamo ottimo pesce e ci ritroviamo a letto solo dopo mezzanotte.
5 Luglio 2013 - Venerdì
Abbiamo dormito poche ore visto che oggi si
sale alla Montanha do Pico e bisogna prima prendere il traghetto per l'isola.
Così, alle 7,30 siamo all'imbarcadero per la vicina isola di Pico.
La traversata del canale che separa Faial e
Pico richiede circa 20' di navigazione.
Allo sbarco prendiamo un taxi fino alla
quota di 1100 metri circa dove c'è un centro di accoglienza. Ci fanno vedere un
breve filmato sulla sicurezza che fa venir voglia di tornare a casa perché
elenca tutti i pericoli e le raccomandazioni per evitarli, ci segnalano che se
avessimo bisogno di soccorso dovremmo pagarlo 1500 euro, registrano i nostri
nomi e poi ci danno l'autorizzazione a salire. La guida resta stupita che
abbiano introdotto da quest'anno una quota per accedere al sentiero di salita
(10 euro a persona).
Alle 8,50 iniziamo a camminare. Il sentiero
è ripido e faticoso, ma non difficile. La cima della montagna non si vede perché
è sempre immersa nelle nuvole. Via via che si sale ci si ritrova appunto in
queste nuvole finché non se ne esce trovandosele sotto: un mare di nuvole
bianche come capita di vederle durante i voli. Si continua a salire con una
certa fatica e si arriva alla caldera ampia circa 500 m.
A lato di questa si eleva un cono vulcanico
creatosi successivamente al vulcano principale. Questo rappresenta il punto più
alto della montagna (e anche del Portogallo) e richiede di salire per altri 100
metri di dislivello. Santo e io decidiamo di non proseguire oltre, io ho visto
che la discesa non sarà banale e voglio avere tutte le mie forze. Gli altri
stanno tutti avviandosi verso i 2351 m. della cima del Pequinho.
E' passato mezzogiorno e in attesa del
ritorno dei compagni, che sento chiacchierare mentre salgono (le loro voci
saranno chiarissime anche quando parlano sulla cima e durante la discesa) mangio
qualcosa e prendo il sole che scalda le rocce intorno a noi. Ora le due isole di
Faial e Pico sono visibili anche se le nuvole non sono scomparse del tutto. In
una mezz'ora gli altri sono di ritorno e fanno uno spuntino prima di iniziare la
discesa.
Dopo la fatica della salita, ci viene
raccomandata molta attenzione nei punti in cui lo sbrecciato e il terriccio
fanno scivolare i piedi. Si va invece benissimo sulla lava solidificata che
offre un'ottima presa ai piedi.
Per gli appassionati di vulcanologia le
forme della lava solidificata, la presenza di piccoli cristalli di olivina, di
augite e di altri minerali tipici è davvero interessante, io che amo anche la
botanica mi fermo ad ammirare alcuni sassi ricoperti di piante.
Comunque la discesa è lunga, in partenza
danno addirittura una durata superiore di mezz'ora alla salita. Io non ho tenuto
conto più di tanto dei tempi, so solo che alle 17 siamo al rifugio di partenza
e possiamo riprendere il taxi verso l'imbarco del traghetto.
Siamo tutti molto stanchi quando rientriamo
in albergo e solo un bagno caldo ci rimette in sesto.
A sera cena nel ristorante dell'hotel do
Canal dove siamo alloggiati. Matteo ha avuto un'ottima intuizione ipotizzando
che dopo la salita al Pico è bene non dover fare troppa strada.
6 Luglio 2013 - Sabato
Possiamo prendercela comoda visto che
l'appuntamento è per le 9. La colazione a buffet è abbondante in questo
albergo a 4 stelle, ma un po' vecchiotto.
Andiamo in auto alla caldera di Faial dove
una fitta nebbia ci sconsiglia di fare il percorso di tre ore previsto. Meglio
andare a Capelinho e tentare nel pomeriggio di tornare qui.
Di nuovo in auto fino alla zona in cui una
eruzione nel 1957 ha 'costruito' due crateri regalando nuova terra dove prima
non c'era. L'allungamento dell'isola verso ovest ha reso inutile il faro che si
trovava allora sulla punta estrema e che ora, ristrutturato, è diventato un
centro di documentazione sui fenomeni vulcanici.
Il paesaggio è affascinante, ci ricorda sia
alcuni panorami delle coste islandesi, sia la penisola di Paracas in Perù.
Matteo ci fa salire sulla cenere fino alla
sommità del picco più alto e ci illustra come sono avvenute le eruzioni che si
sono protratte per oltre un anno. In quell'occasione tutti i vulcanologi sono
accorsi qui per vedere l'attività eruttiva e come, di giorno in giorno, si
formavano i crateri. Il cratere più esterno è del tutto privo di vita, mentre
quello su cui ci troviamo comincia ad avere un po' d'erba. Questo è il
risultato dei gabbiani che vi fanno il nido portando col loro guano, sostanze
indispensabili alla vita vegetale come l'azoto. Questo ecosistema interessa
molto anche i biologi che possono studiare come evolva la vita dal nulla del
materiale vulcanico.
Sulla cenere sono appoggiate qua e là bombe
vulcaniche di diversa dimensione: dopo che ce le ha mostrate Matteo siamo in
grado di riconoscerle facilmente. Abbiamo il divieto assoluto di portar via
qualcosa ed io mi astengo, ma è difficile resistere al fascino di queste rocce.
Le bombe di lava sono roccia ardente di una
specifica viscosità che viene espulsa dal vulcano anche a grandi distanze.
Durante il volo assume forme aerodinamiche e tondeggianti molto caratteristiche.
Mangiamo lungo la costa. Qui si sarebbe
potuto fare il bagno in una piscina naturale sull'oceano, ma il mare è mosso e
c'è un'arietta poco invitante; solo uno di noi se la sente di provare l'acqua.
Ora decidiamo tutti insieme di entrare al
museo che è in gran parte dedicato alle Azzorre e all'eruzione del 1957. Una
parte parla della deriva dei continenti dato che questo arcipelago, con le sue
nove isole, si trova proprio alla confluenza delle placche americana, europea e
africana. La dorsale atlantica è lungo tutto l'oceano e arriva fino all'Islanda
dove con Arturo avevamo visto di persona la faglia con le due placche che si
allontanano annualmente di 1,5 cm. In questa zona il movimento delle placche ha
creato le isole che hanno anzianità molto diverse:
1.
la più antica è S. Maria che ha 10 milioni di anni
2.
Sao Miguel - 4 milioni di anni
3.
Terceira - 3 milioni di anni
4.
Flores - 2,5 milioni di anni
5. Sao
Jorge - 1,4 milioni di anni
6. Faial
- 800mila anni
7. Corvo
- 710mila anni
8.
Graciosa - 710mila anni
9. Pico
300mila anni
Sao Miguel si può poi dividere in tre parti
perché si è formata nel corso dei millenni in tempi diversi. Questo arcipelago
è un vero paradiso per chi ama la geologia.
Matteo insiste che ci sarà un domandone
finale e io sospetto che sarà proprio sulla tettonica a zolle.
Saliamo anche sul faro pensando di avere un
panorama che meriti, ma non è diverso da quello del Capelinho che è anzi a
maggior altezza rispetto al faro.
Torniamo verso la caldera del centro
dell'isola sperando che il tempo lassù sia migliorato, ma ancora una volta è
inutile perché le nuvole non hanno mai abbandonato la zona. In compenso
riusciamo a completare il giro dell'isola fermandoci ancora a qualche belvedere.
Prima di cena ci viene posto il domandone
finale: 'poiché la dorsale oceanica pone le isole su due diversi continenti, mi
sapete dire da dove passa?' Risposta: 'Le isole di Corvo e Flores sono sulla
placca americana, le altre su quella europea'.
A sera ceniamo in un locale che porta a
ciascuno una piastra caldissima su cui cuociamo carne e pesce. E' un modo
originale, ma un po' scomodo perché serve spazio per tutti i piatti necessari.
E' inevitabile chiudere la serata al Peter
Bar, locale famoso come punto di ritrovo di chi attraversa l'Atlantico. In
effetti ciascuno di questi viaggiatori ha lasciato una bandierina di ricordo. A
me il locale non sembra gran che, ma dicono che non si può dire di essere stato
alle Azzorre se non si è bevuto qui un gin tonic e noi ci siamo adeguati.
Ci salutiamo definitivamente con chi resterà
qui per un'altra settimana (un po' di invidia c'è...). Giulia è
particolarmente calorosa e spera tanto che ci si possa rivedere. Anch'io credo
che il nostro gruppo sia risultato particolarmente affiatato e mi piacerebbe
ritrovarci in un'occasione futura.
7 luglio 2013 - Domenica
Il volo da Horta parte alle 10,30 e arriva
alle 14 e quello da Lisbona a Linate parte alle 19,10 per arrivare alla 22,45.
Il volo per Lisbona è in ritardo, ma la
lunga attesa prevista in Portogallo non ci crea rischi di perdere quello per
Milano. Anche a Lisbona partiamo in ritardo notevole per Linate.
CONCLUSIONI
Il viaggio è stato a livello delle mie aspettative. Il periodo di vacanza dovrebbe essere di 15 giorni per vedere qualche altra isola e ho ritenuto una scelta intelligente quella dei nostri compagni che hanno prolungato il soggiorno.
Arturo e Nelly